Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62008CJ0182

    Massime della sentenza

    Causa C-182/08

    Glaxo Wellcome GmbH & Co. KG

    contro

    Finanzamt München II

    (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

    «Libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali — Imposta sulle società — Acquisto di quote sociali di una società di capitali — Condizioni per la presa in considerazione, in sede di determinazione della base imponibile dell’acquirente, della diminuzione di valore delle quote sociali dovuta alla distribuzione di dividendi»

    Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 9 luglio 2009   I ‐ 8596

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) 17 settembre 2009   I ‐ 8632

    Massime della sentenza

    1. Libera circolazione dei capitali – Disposizioni del Trattato – Ambito di applicazione

      (Trattato CE, artt. 52 e 73 B (divenuti artt. 43 CE e 56 CE)

    2. Libera circolazione dei capitali – Restrizioni – Normativa tributaria – Imposta sulle società

      (Trattato CE, art. 73 B (divenuto art. 56 CE)

    1.  Una normativa di uno Stato membro, in forza della quale la diminuzione di valore delle quote sociali dovuta alla distribuzione di dividendi non influisce sulla determinazione della base imponibile di un soggetto passivo residente, qualora questi abbia acquistato quote di una società di capitali residente da un socio di quote non residente, laddove, in caso di acquisto di tali quote da un socio residente, detta diminuzione di valore comporta la riduzione della base imponibile dell’acquirente, deve essere esaminata esclusivamente con riferimento alla libera circolazione dei capitali. Infatti, dal momento che l’obiettivo della normativa in oggetto è quello di impedire ai soci non residenti di giovarsi di un beneficio fiscale che non spetta loro, sorto come diretta conseguenza di cessioni di quote che possono essere per l’appunto effettuate all’unico scopo di beneficiare di tale vantaggio e non al fine di esercitare la libertà di stabilimento o in conseguenza dell’esercizio di detta libertà, si deve ritenere che il profilo della normativa in esame relativo alla libera circolazione dei capitali prevalga su quello connesso alla libertà di stabilimento. Conseguentemente, ammesso che la normativa di cui trattasi abbia effetti restrittivi sulla libertà di stabilimento, tali effetti sarebbero l’inevitabile conseguenza di un possibile ostacolo alla libera circolazione dei capitali e, quindi, non giustificano un esame autonomo della stessa normativa alla luce dell’art. 52 del Trattato CE.

      (v. punti 50-52)

    2.  L’art. 73 B del Trattato CE (divenuto art. 56 CE) deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa di uno Stato membro, in forza della quale la diminuzione di valore di quote sociali dovuta alla distribuzione di dividendi non influisce sulla determinazione della base imponibile di un soggetto passivo residente qualora questi abbia acquisito quote in una società di capitali residente da un socio non residente, laddove, in caso di acquisizione di quote da un socio residente, siffatta diminuzione di valore riduce la base imponibile dell’acquirente. Questa affermazione trova applicazione nei casi in cui una tale normativa non va al di là di quanto necessario per salvaguardare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri nonché per impedire costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica e realizzate al solo scopo di usufruire indebitamente di un beneficio fiscale. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa si limiti a quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

      Invero, il fatto che venga accordata ad un soggetto passivo residente la possibilità di dedurre dai propri utili imponibili le perdite afferenti all’ammortamento parziale di cui sopra solo nel caso di acquisto di quote da un socio residente fa sì, indubbiamente, che le quote detenute dai non residenti siano meno attraenti ed è, di conseguenza, idoneo a dissuadere il predetto soggetto passivo residente dall’acquistarle. Una simile disparità di trattamento è altresì atta a dissuadere gli investitori non residenti dall’acquistare quote della società residente e a costituire, pertanto, un ostacolo per tale società alla raccolta di capitali provenienti dagli altri Stati membri con la conseguenza che siffatta normativa configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 73 B del Trattato.

      Suddetta disparità di trattamento non riflette un’obiettiva diversità di situazioni dei predetti soci residenti, giacché, per quanto attiene alle perdite risultanti da un ammortamento parziale delle quote sociali possedute in una società residente, tali soci si trovano in una situazione paragonabile, sia che si tratti di quote acquisite da un residente sia che si tratti di quote acquisite da un non residente. Infatti, la distribuzione degli utili riduce il valore di una quota sociale a prescindere dal fatto che essa sia stata precedentemente acquisita da un residente o da un non residente e, in entrambi i casi, tale diminuzione di valore è a carico del socio residente.

      Inoltre, difettando un nesso diretto tra il beneficio fiscale di cui trattasi e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale, la normativa in questione non può essere giustificata dalla necessità di preservare la coerenza del regime tributario di imputazione integrale. A tale proposito, gli svantaggi derivanti dalla detta normativa sono subiti direttamente dal socio residente che abbia acquistato tali quote da un non residente. Per detto socio residente, l’impossibilità di dedurre dai propri utili imponibili le perdite afferenti all’ammortamento parziale delle quote possedute nella società residente, allorché la diminuzione del valore delle quote risulta dalla distribuzione dell’utile, non viene compensata da alcuna agevolazione fiscale.

      Tuttavia, una simile normativa può essere giustificata dalla necessità di preservare una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri, in quanto le operazioni diverse dalla distribuzione dei dividendi, che consentono al socio non residente di beneficiare dello stesso risultato dal punto di vista economico di cui usufruirebbe ove gli fosse accordato il vantaggio del credito d’imposta sull’imposta sulle società versata dalla società di cui esso detiene le quote, potrebbero altrettanto compromettere la possibilità dello Stato di residenza della detta società di esercitare il proprio diritto di tassare un reddito generato da un’attività economica esercitata nel suo territorio. Limitando il diritto del nuovo socio residente di dedurre dai propri utili imponibili l’importo delle perdite derivanti dalla diminuzione di valore delle quote sociali interessate, laddove queste non eccedano l’importo di blocco, che corrisponde alla differenza tra il prezzo di acquisto versato dal socio residente e il valore nominale delle quote, tale normativa è idonea ad impedire pratiche che avrebbero l’unico scopo di consentire al socio non residente di usufruire di un credito d’imposta per l’imposta sulle società versata dalla società residente. Inoltre, l’aumento della base imponibile del nuovo socio residente, risultante da tale limitazione, mira ad evitare che i redditi normalmente imponibili nello Stato membro interessato vengano trasferiti, in quanto parte del plusvalore realizzato dal vecchio socio non residente corrispondente al credito d’imposta non dovuto, senza subire un’imposizione in tale Stato membro. Siffatta normativa è, di conseguenza, atta a conseguire gli obiettivi di salvaguardia di una ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri e di lotta a costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica, il cui solo scopo è l’ottenimento di un beneficio fiscale.

      Tuttavia, occorre verificare che tale normativa non vada al di là di quanto necessario per conseguire gli obiettivi così perseguiti. A questo riguardo, spetta al giudice nazionale accertare che, posto che il calcolo dell’importo di blocco si fonda sui costi di acquisto delle quote interessate, gli effetti di detta normativa non vadano al di là di quanto necessario per assicurare che non sia indebitamente accordato al socio non residente un importo equivalente al credito d’imposta. Difatti, non può escludersi che le quote sociali siano cedute ad un valore superiore al loro valore nominale per ragioni diverse da quelle dirette a consentire al socio di beneficiare di un credito d’imposta per l’imposta sulle società versata dalla società residente, ovvero, in ogni caso, che gli utili non distribuiti come anche la possibilità di usufruire di un credito d’imposta afferente alle suddette quote costituiscano solo una componente del prezzo di vendita delle stesse. Inoltre, la presa in considerazione dell’importo di blocco e l’aumento della base imponibile del socio residente sono produttivi di conseguenze anche rispetto ad altre imposte alle quali il socio può essere assoggettato e, segnatamente, rispetto al calcolo dell’imposta sulle professioni da esso dovuta, effetti che andrebbero al di là di quanto necessario per conseguire gli obiettivi perseguiti dalla normativa.

      Al giudice nazionale spetta altresì verificare che la limitazione della presa in considerazione del deprezzamento delle quote sociali dovuto alla distribuzione dei dividendi dall’anno di acquisto di tali quote sociali e nel corso dei successivi nove, così come previsto dalla normativa, non ecceda quanto necessario perché siano conseguiti gli obiettivi perseguiti dalla stessa. Infine, per essere conforme al principio di proporzionalità, una misura preordinata ad un obiettivo di impedire costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica e realizzate al solo scopo di usufruire indebitamente di un vantaggio fiscale, dovrebbe consentire al giudice nazionale di procedere ad un esame caso per caso, prendendo in considerazione le peculiarità di ciascuna fattispecie, sulla base di elementi oggettivi, al fine di tener conto del comportamento abusivo o fraudolento dei soggetti interessati.

      Dal momento che la normativa non consente di limitare la propria applicazione alle costruzioni di puro artificio, accertate in base ad elementi oggettivi, ma si estende a tutti i casi in cui il soggetto passivo residente abbia acquistato quote in una società residente da un socio non residente ad un prezzo che, per qualsivoglia ragione, eccede il valore nominale di tali quote sociali, gli effetti di siffatta normativa vanno al di là di quanto necessario per conseguire l’obiettivo di impedire montature di puro artificio, prive di effettività economica e realizzate al solo scopo di usufruire indebitamente di un beneficio fiscale.

      (v. punti 56-59, 73-74, 78, 80-81, 84, 88, 91-94, 96-102 e dispositivo)

    Top