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Document 62007TJ0240

Massime della sentenza

Parole chiave
Massima

Parole chiave

1. Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Nozione — Concorso di volontà riguardo al comportamento da adottare sul mercato

(Art. 81, n. 1, CE)

2. Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Nozione — Contatto incompatibile con l’obbligo di ogni impresa di determinare autonomamente il suo comportamento sul mercato — Scambio di informazioni — Presunzione — Presupposti

(Art. 81, n. 1, CE)

3. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Modalità di prova — Ricorso a un insieme di indizi

(Art. 81, n. 1, CE)

4. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Modalità di prova — Prove documentali

(Art. 81, n. 1, CE)

5. Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali — Presunzione d’innocenza — Procedimento in materia di concorrenza — Applicabilità

(Art. 81, n. 1, CE)

6. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Uso come mezzi di prova di dichiarazioni presentate nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione da altre imprese che hanno partecipato all’infrazione — Ammissibilità — Presupposti

(Artt. 81 CE e 82 CE)

7. Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova della violazione a carico della Commissione — Limiti

(Art. 81, n. 1, CE)

8. Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE)

9. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Forza probatoria delle deposizioni volontarie contro un’impresa da parte dei principali partecipanti a un’intesa al fine di beneficiare dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

(Art. 81, n. 1, CE; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

10. Concorrenza — Intese — Infrazione complessa comprendente elementi dell’accordo ed elementi della pratica concordata — Qualificazione unica come «accordo e/o pratica concordata» — Ammissibilità

(Art. 81, n. 1, CE)

11. Concorrenza — Intese — Partecipazione a riunioni aventi un oggetto anticoncorrenziale

(Art. 81, n. 1, CE)

12. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Diniego di comunicazione di un documento — Conseguenze — Necessità di distinguere, a livello di onere della prova incombente all’impresa interessata, tra i documenti a carico e quelli a favore

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 2)

13. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Accesso al fascicolo — Documenti non ricompresi nel fascicolo istruttorio e non presi in considerazione dalla Commissione per essere utilizzati a carico — Documenti che possono essere utili alla difesa delle parti

(Artt. 81, n. 1, CE, e 82 CE; accordo SEE, artt. 53, 54 e 57; regolamento del Consiglio n. 139/2004; comunicazione della Commissione 2005/C 325/07, punto 27)

14. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Documento che costituisce prova a carico — Nozione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 2)

15. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Obbligo della Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie

16. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Manifestazione anticipata da parte della Commissione del proprio convincimento circa la sussistenza della violazione

17. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole — Criteri di valutazione — Violazione — Conseguenze

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003)

18. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Richiesta di informazioni — Obbligo generale di prudenza che incombe alle imprese o associazioni d’imprese

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 11)

19. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Margine di discrezionalità riservato alla Commissione — Limiti — Rispetto degli orientamenti adottati dalla Commissione — Sindacato giurisdizionale

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

20. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Considerazione dell’impatto concreto sul mercato — Portata

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

21. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Considerazione della produzione di effetti su una zona geografica particolare — Portata

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

22. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

23. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Ripartizione delle imprese interessate in diverse categorie — Presupposti

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, sesto comma)

24. Concorrenza — Ammende — Decisione con cui vengono inflitte ammende — Obbligo di motivazione — Portata — Indicazione degli elementi di valutazione che hanno permesso alla Commissione di valutare la gravità dell’infrazione — Indicazione sufficiente

(Art. 253 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, nn. 2 e 3)

25. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Carattere dissuasivo — Criteri di valutazione del fattore di dissuasione

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, quarto comma)

26. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Carattere dissuasivo — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, nn. 2 e 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, quarto comma)

27. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Cessazione dell’infrazione sin dai primi interventi della Commissione — Portata

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

28. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Mancata attuazione effettiva degli accordi illegittimi

(Art. 81, n. 1, CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

29. Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Ammende — Determinazione — Criteri — Inasprimento generale delle ammende — Ammissibilità — Presupposti

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003)

30. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole — Violazione — Conseguenze — Riduzione secondo equità dell’importo dell’ammenda

(Artt. 81 CE e 288, secondo comma, CE)

Massima

1. Perché ci sia accordo, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese in causa abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in un modo determinato. Può ritenersi concluso un accordo ai sensi di tale disposizione quando sussista una comune volontà sul principio stesso della restrizione della concorrenza, anche se gli elementi specifici della restrizione considerata costituiscono ancora oggetto di trattative.

L’esistenza di un accordo ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE non è rimessa in questione né dalla circostanza che il concorso di volontà tra le imprese interessate non si estenda alle modalità concrete dell’attuazione dell’aumento dei prezzi, né dal fatto che quest’ultimo non si sia mai concretamente prodotto sul mercato.

(v. punti 44-45, 183)

2. La nozione di pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento tra imprese che, senza spingersi fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce scientemente una cooperazione pratica tra le stesse ai rischi della concorrenza.

A tal riguardo, l’art. 81, n. 1, CE osta a qualsivoglia contatto diretto o indiretto tra operatori economici che possa influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che l’operatore economico interessato ha deciso o ha intenzione di seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di limitare la concorrenza.

Si deve presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono presenti sul mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento sul mercato stesso. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione abbia luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo.

(v. punti 46-47, 186)

3. Sotto il profilo della produzione della prova relativa ad una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare in termini sufficientemente validi l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. A tal fine è necessario che la Commissione raccolga elementi di prova precisi e concordanti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione.

Tuttavia, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi richiamato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito.

In considerazione della notorietà del divieto degli accordi anticoncorrenziali, non può imporsi alla Commissione di produrre documenti attestanti in modo esplicito un contatto tra gli operatori interessati. Gli elementi frammentari e sporadici di cui la Commissione potrebbe disporre dovrebbero in ogni caso poter essere completati con deduzioni che permettano di ricostituire le circostanze rilevanti. L’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può pertanto essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

(v. punti 48-51)

4. Qualora la Commissione abbia fatto valere elementi di prova documentali a sostegno del suo accertamento dell’esistenza di un accordo o di una pratica anticoncorrenziale, le parti che contestano tale accertamento dinanzi al Tribunale sono tenute non semplicemente a presentare un’alternativa plausibile alla tesi della Commissione, ma anche a sollevare l’insufficienza delle prove prese in considerazione nella decisione impugnata per dimostrare l’esistenza dell’infrazione.

(v. punto 52)

5. Quanto alla portata del controllo giurisdizionale, allorché è adito con una domanda d’annullamento di una decisione emanata a norma dell’art. 81, n. 1, CE, il Tribunale deve in generale esercitare un controllo completo relativamente alla questione se siano o meno soddisfatte le condizioni di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE.

L’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione, conformemente al principio della presunzione d’innocenza, il quale, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, si applica, segnatamente, ai procedimenti relativi a violazioni delle regole di concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nell’imposizione di multe o ammende.

(v. punti 53-54)

6. Nessuna disposizione né alcun principio generale del diritto dell’Unione vieta alla Commissione di avvalersi, nei confronti di un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese incriminate. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli artt. 81 CE e 82 CE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuita dal Trattato CE.

Certamente la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova. Una siffatta dichiarazione non può pertanto essere sufficiente, di per sé sola, per acclarare l’esistenza dell’infrazione, ma deve risultare corroborata da altri elementi di prova. Occorre tuttavia considerare che il grado di corroborazione richiesto, sia in termini di precisione sia in termini d’intensità, nell’ipotesi di una dichiarazione particolarmente credibile è minore di quanto non lo sarebbe riguardo ad una dichiarazione non particolarmente affidabile.

In tal senso, se si dovesse ritenere che un complesso di indizi concordanti consenta di corroborare l’esistenza e taluni aspetti specifici delle pratiche richiamate da una siffatta dichiarazione particolarmente credibile, essa potrebbe bastare di per sé, in tal caso, ad attestare altri aspetti della decisione della Commissione.

Inoltre, purché un documento non contrasti manifestamente con la dichiarazione sull’esistenza o sul contenuto essenziale delle pratiche incriminate, è sufficiente che attesti elementi significativi delle pratiche da esso descritte per avere un certo valore a titolo di elemento di corroborazione nell’ambito del complesso delle prove dedotte a carico.

(v. punti 70, 92-94)

7. La Commissione è spesso tenuta a provare l’esistenza di un’infrazione in condizioni poco favorevoli a tale compito, in quanto possono essere passati diversi anni dall’epoca dei fatti costitutivi dell’infrazione e diverse tra le imprese oggetto della verifica non hanno collaborato attivamente con la stessa.

Anche se spetta necessariamente alla Commissione dimostrare che sia stato concluso un accordo illecito di ripartizione dei mercati, sarebbe eccessivo richiedere che essa fornisca inoltre la prova del meccanismo specifico mediante il quale tale scopo doveva essere raggiunto. Infatti, un’impresa colpevole di un’infrazione potrebbe sfuggire troppo facilmente a qualsiasi sanzione qualora potesse appellarsi alla vaghezza delle informazioni presentate quanto al funzionamento di un accordo illecito in una situazione in cui l’esistenza dell’accordo ed il suo scopo anticoncorrenziale risultino tuttavia sufficientemente dimostrati. Le imprese possono difendersi utilmente in una tale situazione, a condizione che abbiano la possibilità di commentare tutti gli elementi di prova dedotti a loro carico dalla Commissione.

(v. punto 78)

8. Discende dal testo stesso dell’art. 81 CE che gli accordi e le pratiche concordate tra imprese sono vietati, a prescindere da qualsiasi effetto sul mercato, ove possiedano un oggetto anticoncorrenziale. In tal senso, ove la Commissione abbia accertato l’esistenza di accordi e di pratiche concertate aventi un oggetto anticoncorrenziale, tale accertamento non può essere contraddetto dalle indicazioni relative alla mancata applicazione degli accordi collusivi o all’assenza di effetti sul mercato.

(v. punti 79-80)

9. Benché una certa diffidenza nei confronti di deposizioni volontarie dei principali partecipanti ad un’intesa illecita sia generalmente opportuna, vista la possibilità che tali soggetti tendano a minimizzare l’importanza del loro contributo all’infrazione e ad esagerare quella del contributo degli altri, il fatto di chiedere il beneficio dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione al fine di ottenere una riduzione dell’ammenda non crea necessariamente un incentivo a presentare elementi probatori deformati sugli altri partecipanti all’intesa in esame. Infatti, ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità e la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la sua possibilità di beneficiare pienamente della comunicazione sulla cooperazione.

(v. punto 91)

10. A fronte di una situazione di fatto complessa, la duplice qualifica dei comportamenti anticoncorrenziali come «serie di accordi e/o pratiche concordate», in quanto tali comportamenti presentavano sia elementi da qualificare come «accordi» sia elementi da qualificare come «pratiche concordate», deve essere intesa non come una qualifica che richieda simultaneamente e cumulativamente la prova che ciascuno di tali elementi di fatto integri gli elementi costitutivi di un accordo e di una pratica concordata, ma nel senso che essa designi un complesso unico di elementi di fatto, taluni dei quali sono stati qualificati come accordi ed altri come pratiche concordate ai sensi dell’art. 81 CE, il quale non prevede qualifiche specifiche per questo tipo di infrazione complessa.

(v. punto 191)

11. Qualora un’impresa abbia assistito, pur senza svolgere un ruolo attivo, ad una riunione nel corso della quale si è parlato di una concertazione illecita, si considera che essa abbia partecipato a tale concertazione, a meno che non provi di essersi apertamente dissociata da quest’ultima o di aver informato gli altri partecipanti che avrebbe partecipato alla riunione con un’ottica diversa dalla loro.

(v. punto 195)

12. Il diritto di accesso agli atti costituisce il corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa e comporta che la Commissione debba dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame della totalità dei documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa. Questi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a favore, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e altre informazioni riservate.

Quanto ai documenti a carico, la mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che l’addebito possa essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. L’impresa interessata ha pertanto l’onere di dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella propria decisione sarebbe stato diverso se fosse stato doveroso espungere dai mezzi di prova tale documento non comunicato.

Per contro, quanto all’assenza di trasmissione di un documento a favore, l’impresa interessata deve solo provare che la sua mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che avrebbe potuto utilizzare i suddetti documenti a favore per la sua difesa, dimostrando in particolare che avrebbe potuto invocare elementi che non concordavano con le valutazioni effettuate dalla Commissione in fase di comunicazione degli addebiti, ed avrebbe dunque potuto incidere, in qualsiasi modo, sulle valutazioni contenute nella decisione.

(v. punti 235-238)

13. La comunicazione degli addebiti è un atto volto a circoscrivere l’oggetto del procedimento avviato contro un’impresa e a garantire l’efficace esercizio dei diritti della difesa. È in questa prospettiva che la comunicazione degli addebiti è circondata da garanzie procedurali che applicano il principio del rispetto dei diritti della difesa, tra le quali figura il diritto di accesso ai documenti che fanno parte del fascicolo della Commissione.

Le risposte alla comunicazione degli addebiti non fanno parte del fascicolo dell’istruttoria propriamente detto. Quanto ai documenti non appartenenti al fascicolo costituito al momento della notifica della comunicazione degli addebiti, la Commissione è tenuta a divulgare dette risposte ad altre parti interessate solo nel caso in cui risulti che esse contengono nuovi elementi a carico o a favore. Del pari, a termini del punto 27 della comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nei casi relativi all’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE, degli artt. 53, 54 e 57 dell’accordo SEE e del regolamento n. 139/2004, come regola generale, le parti non hanno accesso alle risposte alla comunicazione degli addebiti delle altre parti interessate dall’indagine. Una parte può avere accesso a tali documenti solo se essi possono costituire nuove prove, di natura incriminante o assolutoria, riguardo agli elementi a carico della parte in questione, addotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti.

A questo proposito, per quanto riguarda, da una parte, i nuovi elementi a carico, qualora la Commissione intenda basarsi su di un elemento tratto da una risposta ad una comunicazione degli addebiti per dimostrare l’esistenza di un’infrazione, le altre imprese coinvolte in detto procedimento devono essere messe in condizione di pronunciarsi riguardo a tale nuovo elemento di prova.

Per quanto riguarda, d’altra parte, i nuovi elementi a favore, la Commissione non ha l’obbligo di renderli accessibili di sua iniziativa. Nell’ipotesi in cui la Commissione abbia respinto, nel corso del procedimento amministrativo, la domanda di un ricorrente diretta ad ottenere l’accesso a documenti che non compaiono nel fascicolo istruttorio, la violazione dei diritti della difesa può essere constatata solo ove venga dimostrato che il procedimento amministrativo avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso nel caso in cui il ricorrente avesse avuto accesso ai documenti di cui trattasi nel corso di tale procedimento.

(v. punti 239-244, 253)

14. Un documento può essere considerato come prova a carico soltanto quando è utilizzato dalla Commissione a sostegno dell’accertamento di un’infrazione commessa da un’impresa.

Al fine di provare una violazione dei diritti della difesa nei suoi confronti, non è sufficiente che l’impresa interessata dimostri che essa non si è potuta pronunciare nel corso del procedimento amministrativo su un documento utilizzato in un qualsiasi punto della decisione impugnata. È necessario che essa dimostri che la Commissione ha utilizzato tale documento, nella decisione impugnata, quale elemento di prova supplementare per accertare un’infrazione alla quale l’impresa avrebbe partecipato.

(v. punto 245)

15. Tra le garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi, si annovera, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie.

(v. punto 268)

16. L’esistenza di un’infrazione deve essere valutata unicamente in funzione degli elementi di prova raccolti dalla Commissione. Quando la concreta esistenza di un’infrazione è effettivamente accertata al termine del procedimento amministrativo, la prova di una prematura dichiarazione della Commissione, resa durante tale procedimento, riguardante la sua convinzione in ordine all’esistenza di detta infrazione non è tale da eliminare la veridicità della prova dell’infrazione stessa.

(v. punto 278)

17. L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione, del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto.

Ai fini dell’applicazione di tale principio, occorre operare una distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo, vale a dire la fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti e quella corrispondente al resto del procedimento. La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, facendo uso dei poteri conferitile dal legislatore, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione, e deve consentire a detta istituzione di prendere posizione circa il seguito del procedimento. La seconda fase si estende invece dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata.

Una durata di 65 mesi della prima fase del procedimento, in mancanza di informazioni o di giustificazioni complementari da parte della Commissione relativamente agli atti di indagine condotti durante tale periodo, deve essere ritenuta eccessiva. Tuttavia, la constatazione di una violazione del principio del termine ragionevole può determinare l’annullamento della decisione che accerta un’infrazione solo se la durata del procedimento ha influito sull’esito del procedimento.

(v. punti 286-288, 290, 292, 295)

18. In virtù dell’obbligo generale di prudenza che incombe ad ogni impresa o associazione d’imprese, queste ultime sono tenute ad assicurare la buona conservazione nei loro libri o archivi degli elementi che consentono di documentare la loro attività, al fine, in particolare, di disporre delle prove necessarie nell’eventualità di azioni giudiziarie o amministrative.

Quando a un’impresa siano state inviate domande d’informazioni da parte della Commissione ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17, essa deve, a fortiori, agire con una diligenza maggiore e adottare tutte le misure utili al fine di conservare le prove di cui può ragionevolmente disporre.

(v. punto 301)

19. La Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato.

Inoltre, in settori quali la determinazione dell’importo di un’ammenda ai sensi del regolamento n. 1/2003, in cui la Commissione dispone di tale potere discrezionale, il controllo di legittimità operato su dette valutazioni si limita a quello dell’assenza di errore manifesto nella valutazione. Il margine di discrezionalità della Commissione e i limiti che essa vi ha apportato non pregiudicano, per contro, l’esercizio, da parte del giudice dell’Unione, della sua competenza giurisdizionale estesa al merito che lo abilita a sopprimere, ridurre o aumentare l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione.

(v. punti 308-310)

20. La gravità di un’infrazione dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, rispetto ai quali la Commissione dispone di un margine di discrezionalità.

In particolare, ai sensi del punto 1 A, primo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Nell’ambito della sua competenza giurisdizionale estesa al merito, spetta al Tribunale verificare se l’importo dell’ammenda irrogata sia proporzionato alla gravità dell’infrazione e soppesare la gravità dell’infrazione e le circostanze invocate dall’impresa.

Ai sensi del punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, di tali orientamenti le infrazioni molto gravi sono costituite essenzialmente, in particolare, da «restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati». Le intese di questo tipo rientrano tra le forme più gravi di pregiudizio alla concorrenza, in quanto sono dirette, per il loro oggetto, alla pura e semplice eliminazione di quest’ultima tra le imprese partecipanti, ponendosi in contrasto, in tal modo, con gli obiettivi fondamentali dell’Unione. Le intese orizzontali sui prezzi o di ripartizione dei mercati possono essere qualificate come infrazioni molto gravi sul solo fondamento della loro stessa natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

Se è vero che l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato è un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione stessa, si tratta di un criterio che si accompagna ad altri, quali la natura propria dell’infrazione e l’ampiezza del mercato geografico. Allo stesso modo, dal punto 1 A, primo comma, degli orientamenti risulta che tale impatto deve essere preso in considerazione unicamente quando sia misurabile.

(v. punti 314-316, 319-320, 324-325)

21. L’intero territorio di uno Stato membro rappresenta una parte sostanziale del mercato comune. Infrazioni quali gli accordi o le pratiche concordate miranti specificamente alla fissazione dei prezzi o alla ripartizione della clientela possono già solo per loro stessa natura essere qualificate come molto gravi, senza che sia necessario che tali comportamenti siano caratterizzati da un’estensione geografica particolare.

Tale conclusione è, inoltre, rafforzata dal fatto che, mentre secondo la descrizione indicativa delle infrazioni gravi negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA trattasi per lo più di restrizioni orizzontali o verticali applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune, secondo quella delle infrazioni molto gravi, viceversa, non vi è alcuna necessità di un concreto impatto sul mercato, né di spiegamento degli effetti in una zona geografica particolare.

Ne risulta che il fatto che la dimensione del mercato geografico in questione rivesta una dimensione nazionale non osta, comunque, alla qualificazione dell’infrazione commessa come molto grave. La dimensione del mercato del prodotto in questione, in linea di principio, non è un elemento che debba essere obbligatoriamente preso in considerazione, ma solo uno dei fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione e stabilire l’importo dell’ammenda.

(v. punti 337, 339-342)

22. La Commissione dispone, nell’ambito del regolamento n. 17 e del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 CE e 82 CE, di un margine di discrezionalità nel fissare gli importi delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza e della facoltà di adeguare in qualsiasi momento il livello delle ammende alle esigenze di tale politica.

La precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza. Le decisioni relative ad altri casi hanno solo un carattere indicativo dell’eventuale esistenza di discriminazioni, dato che è poco verosimile che le relative circostanze, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi in questione, siano identiche.

La Commissione valuta la gravità delle infrazioni in funzione di un gran numero di elementi che non derivano da un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere in considerazione. Inoltre, essa non è tenuta ad applicare una formula matematica precisa, che si tratti dell’importo totale dell’ammenda applicata ovvero della sua scomposizione in diversi elementi. Ciò premesso, la comparazione diretta delle ammende imposte ai destinatari delle due decisioni relative a infrazioni distinte rischia di snaturare le funzioni specifiche svolte dalle diverse fasi del calcolo di un’ammenda. Gli importi finali delle ammende, infatti, riflettono circostanze specifiche proprie di ogni intesa.

(v. punti 345, 347, 350-351)

23. A termini del punto 1 A, sesto comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, per un’infrazione di una determinata gravità si può decidere, nelle fattispecie che vedano coinvolte più imprese, come i cartelli, di ponderare l’importo di partenza generale per determinare un importo di partenza specifico tenendo conto del peso specifico e, dunque, dell’impatto concreto sulla concorrenza dell’infrazione di ogni impresa, in particolare qualora esista una disparità notevole nelle dimensioni delle imprese autrici di un’infrazione della stessa specie.

La considerazione del peso specifico, e dunque dell’impatto concreto dell’infrazione di ogni impresa sulla concorrenza, riguarda la ripartizione in categorie dei membri di un’intesa, alla luce delle proprie dimensioni sul mercato, nel corso di un periodo di riferimento, e non comporta la valutazione dell’impatto sul mercato dell’infrazione complessivamente intesa.

L’applicazione del trattamento differenziato sulla base di tale disposizione non impone la considerazione dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

(v. punti 356-358)

24. I requisiti formali sostanziali nei quali consiste l’obbligo di motivazione delle modalità di calcolo dell’ammenda risultano soddisfatti, secondo costante giurisprudenza, allorché la Commissione indichi, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione.

Nell’ambito dell’esposizione dei motivi che giustificano il livello dell’ammenda, la Commissione non è tenuta a indicare i dati che, in particolare per quanto riguarda l’effetto dissuasivo ricercato, hanno ispirato l’esercizio del suo potere discrezionale.

(v. punti 360, 375)

25. Per stabilire l’importo dell’ammenda, la Commissione deve verificare il suo carattere dissuasivo.

A tal proposito, la Commissione può prendere in considerazione, in particolare, le dimensioni e la forza economica dell’impresa interessata.

Del pari, il punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA prevede la necessità di prendere in considerazione la capacità economica effettiva degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e di fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantire un carattere sufficientemente dissuasivo.

Alla luce del margine discrezionale nella determinazione dell’importo delle ammende di cui dispone la Commissione al fine di orientare le condotte delle imprese nel senso del rispetto delle norme sulla concorrenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, nel passato, ammende di una determinata entità per taluni tipi di infrazione non può privarla, pertanto, della possibilità di elevare tale livello in qualsiasi momento, per assicurare l’attuazione della politica della concorrenza e per rinforzare l’effetto dissuasivo delle ammende.

(v. punti 367-369, 372 )

26. La certezza del diritto costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che impone, in particolare, che una normativa che comporti conseguenze sfavorevoli nei confronti dei singoli sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli amministrati.

Tale principio ha come corollario il principio di legalità dei reati e delle pene, in forza del quale la legge deve definire chiaramente le infrazioni e le pene poste a loro repressione.

Se è vero che l’art. 23, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 CE e 82 CE, lascia alla Commissione un ampio potere discrezionale, esso ne limita nondimeno l’esercizio, stabilendo criteri oggettivi ai quali essa deve attenersi.

Pertanto, da un lato, l’importo dell’ammenda applicabile è soggetto ad un limite massimo calcolabile e assoluto, sicché l’importo massimo dell’ammenda che può essere inflitta a un’impresa è determinabile anticipatamente.

Dall’altro, l’esercizio di detto potere discrezionale è parimenti circoscritto dalle norme che la Commissione stessa si è imposta negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, e la prassi amministrativa della Commissione è d’altronde soggetta in toto al sindacato del giudice dell’Unione.

Un operatore accorto può quindi, avvalendosi se del caso dei servizi di un consulente legale, prevedere con un certo grado di precisione il metodo di calcolo e l’entità delle ammende in cui può incorrere per un comportamento determinato, e la circostanza che tale operatore non possa conoscere con precisione in anticipo il livello delle ammende che la Commissione infliggerà in ogni fattispecie non può costituire una violazione del principio di legalità delle pene. Inoltre, le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che possa concludersi con un’ammenda devono tenere conto della possibilità che, in qualsiasi momento, la Commissione decida di aumentare l’importo delle ammende rispetto a quello applicato in passato. Il fatto che la Commissione possa in qualsiasi momento rivedere il livello generale delle ammende nell’ambito dell’attuazione di un’altra politica concorrenziale è pertanto ragionevolmente prevedibile per le imprese interessate.

(v. punti 383-386)

27. Ai sensi del punto 3 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, l’importo di base dell’ammenda fissata dalla Commissione viene ridotto, segnatamente, qualora l’impresa incriminata cessi l’infrazione sin dai primi interventi della Commissione.

La concessione di una siffatta riduzione dell’importo di base dell’ammenda è legata alle circostanze di specie, che possono condurre la Commissione a non concederla ad un’impresa che sia parte di un accordo illecito. Segnatamente, riconoscere il beneficio di una circostanza attenuante in fattispecie in cui un’impresa sia parte di un accordo manifestamente illegittimo, di cui sapesse o non potesse ignorare che costituiva un’infrazione, potrebbe incitare le imprese a perseguire un accordo segreto fintantoché possibile, sperando che il loro comportamento non venga mai scoperto, nella consapevolezza che, nel caso in cui il loro comportamento fosse effettivamente scoperto, esse potrebbero comunque ottenere una riduzione dell’ammenda interrompendo a quel punto l’infrazione.

Un siffatto riconoscimento priverebbe l’ammenda inflitta di qualsivoglia effetto dissuasivo e pregiudicherebbe l’effetto utile dell’art. 81, n. 1, CE. Si tratta, infatti, di una circostanza attenuante che, in considerazione dell’effetto utile di tale disposizione, deve essere interpretata restrittivamente, in quanto solo le circostanze del caso di specie possono giustificare la sua considerazione.

In particolare, la cessazione di un’infrazione intenzionalmente commessa non può essere considerata come una circostanza attenuante allorché sia stata determinata dall’intervento della Commissione.

Il semplice fatto che la Commissione, nelle decisioni precedenti, abbia considerato che taluni elementi costituivano circostanze attenuanti ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda non implica che essa sia tenuta ad effettuare la medesima valutazione in una decisione successiva.

(v. punti 394-397, 401)

28. Sebbene la sola circostanza che un’impresa non dia seguito agli accordi illeciti non sia tale da escludere la sua responsabilità, si tratta nondimeno di una circostanza di cui si deve tenere conto, in quanto circostanza attenuante, nel contesto della fissazione dell’importo dell’ammenda.

(v. punto 409)

29. Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 CE e 82 CE, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica della concorrenza. Al contrario, l’efficace applicazione delle norme della concorrenza esige che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

Un’impresa non può validamente sostenere che la sua sanzione avrebbe potuto essere meno elevata se la Commissione avesse terminato prima il procedimento amministrativo, dato che la Commissione ha aumentato il livello generale delle sanzioni nel corso del procedimento amministrativo.

Alla luce di tali rilievi, non può ritenersi che la durata del procedimento amministrativo, sebbene sia stata eccessiva, abbia inciso sul contenuto della decisione impugnata, per il semplice fatto che medio tempore la Commissione ha aumentato il livello delle ammende.

(v. punti 418-420)

30. Un’irregolarità procedurale, anche se non è tale da comportare l’annullamento di una decisione adottata dalla Commissione nei confronti di una società per una violazione delle norme sulla concorrenza, può giustificare una riduzione dell’ammenda. Il superamento del termine ragionevole è tale da fondare la decisione della Commissione di ridurre secondo equità l’importo di un’ammenda, ove la possibilità di accordare una tale riduzione rientra nell’ambito dell’esercizio delle sue prerogative. L’esercizio di tale prerogativa da parte della Commissione non impedisce al Tribunale, nell’esercizio della sua competenza anche nel merito, di concedere un’ulteriore riduzione dell’importo dell’ammenda.

Infatti, la riduzione della sanzione, avendo per oggetto la compensazione della violazione del principio del termine ragionevole, deve essere fissata ad un livello adeguato rispetto alla sanzione inflitta all’impresa. Tuttavia, detta riduzione è effettuata secondo equità e non deve essere preceduta da un’analisi dei requisiti relativi all’impegno della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE.

(v. punti 425-426, 428, 432)

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