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Document 62006CJ0293

Massime della sentenza

Causa C-293/06

Deutsche Shell GmbH

contro

Finanzamt für Großunternehmen in Hamburg

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Hamburg)

«Libertà di stabilimento — Imposta sulle società — Effetti valutari in occasione del rientro del capitale iniziale conferito da una società stabilita in uno Stato membro ad un centro di attività stabile di sua appartenenza, situato in un altro Stato membro»

Conclusioni dell’avvocato generale E. Sharpston, presentate l’8 novembre 2007   I - 1131

Sentenza della Corte (Quarta Sezione) 28 febbraio 2008   I - 1147

Massime della sentenza

Libera circolazione delle persone – Libertà di stabilimento – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Deduzione delle perdite

[Trattato CE, artt. 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) e 58 (divenuto art. 48 CE)]

Il combinato disposto degli artt. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) e 58 del Trattato CE (divenuto art. 48 CE) osta a che uno Stato membro escluda una perdita valutaria, subita da una società con sede statutaria sul territorio di tale Stato, all’atto del rientro del capitale iniziale che essa aveva conferito ad un centro di attività stabile di sua appartenenza, situato in un altro Stato membro, ai fini della determinazione della base imponibile nazionale. Tali disposizioni ostano altresì a che una perdita valutaria possa essere dedotta a titolo di onere di esercizio di un’impresa con sede in uno Stato membro solamente nel caso in cui il centro di attività stabile appartenente a quest’ultima, situato in un altro Stato membro, non abbia realizzato utili esenti da imposta.

Infatti, siffatto regime tributario aumenta il rischio economico a cui è soggetta una società stabilita in uno Stato membro che intenda creare un’entità in un altro Stato membro, qualora si utilizzi una valuta diversa da quella dello Stato di origine e configura pertanto un ostacolo alla libertà di stabilimento. Tale ostacolo non è giustificato dalla necessità di salvaguardare la coerenza del regime tributario, atteso che non sussiste nessuna relazione diretta tra perdite valutarie, da un lato, e guadagni sul cambio, dall’altro. L’ostacolo di cui sopra non può peraltro essere giustificato dall’esistenza di una convenzione contro le doppie imposizioni. È ben vero che la libertà di stabilimento non può essere intesa nel senso che uno Stato membro sia obbligato a determinare le proprie norme tributarie in funzione di quelle di un altro Stato membro, al fine di garantire, in ogni situazione, una tassazione che elimini qualsivoglia disparità derivante dalle normative tributarie nazionali, in quanto le decisioni adottate da una società riguardo allo stabilimento di strutture commerciali all’estero possono, a seconda dei casi, essere più o meno favorevoli o sfavorevoli per tale società. Ma lo svantaggio fiscale in questione verte su una circostanza operativa particolare che può essere presa in considerazione unicamente dalle autorità fiscali della società principale.

Neppure la limitazione della contabilizzazione delle perdite valutarie subite dal suddetto centro di attività stabile in funzione dei suoi risultati può essere giustificata con l’argomento che l’impresa detentrice di tale stabilimento rischierebbe di godere di un doppio vantaggio in conseguenza della perdita valutaria. Infatti, lo Stato membro che abbia rinunciato ad esercitare il proprio potere impositivo concludendo una convenzione contro le doppie imposizioni non può invocare l’assenza di potere impositivo rispetto ai risultati di un centro di attività stabile appartenente ad una società stabilita sul territorio di tale Stato al fine di giustificare il diniego di deduzione delle spese sostenute da tale società che, per loro stessa natura, non possono essere prese in considerazione nello Stato membro in cui tale centro di attività è situato.

(v. punti 30, 32, 40, 43-45, 47, 50-51, 53, dispositivo1-2)

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