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Document 62005CJ0381

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e comparativa — Direttiva 84/450

    (Direttiva del Consiglio 84/450, art. 2, punto 2 bis)

    2. Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e comparativa — Direttiva 84/450

    [Direttiva del Consiglio 84/450, artt. 2, punto 2 bis, e 3 bis, n. 1, lett. b)]

    3. Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e comparativa — Direttiva 84/450

    (Direttiva del Consiglio 84/450, art. 3 bis, n. 1)

    4. Ravvicinamento delle legislazioni — Pubblicità ingannevole e comparativa — Direttiva 84/450

    [Direttiva del Consiglio 84/450, artt. 2, punto 2 bis, e 3 bis, n. 1, lett. f) e g)]

    Massima

    1. L’art. 2, punto 2 bis, della direttiva 84/450, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, dev’essere interpretato nel senso che può essere considerato pubblicità comparativa il riferimento, in un messaggio pubblicitario, a un tipo di prodotto e non a un’impresa o a un prodotto determinati, se permette di identificare tale impresa o i prodotti da essa offerti come quelli cui il detto messaggio si riferisce concretamente. La circostanza che più concorrenti dell’operatore pubblicitario oppure beni o servizi che essi offrono possano essere identificati come quelli cui si riferisce concretamente il messaggio pubblicitario è irrilevante ai fini del riconoscimento del carattere comparativo della pubblicità.

    (v. punto 24, dispositivo 1)

    2. Per stabilire se tra l’operatore pubblicitario e l’impresa che è identificata nel messaggio pubblicitario sussista un rapporto di concorrenza ai sensi della direttiva 84/450, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, non si può prescindere dalla considerazione dei beni o servizi offerti da tale impresa.

    Infatti, perché esista un simile rapporto tra imprese, i beni che esse offrono devono presentare un certo grado di sostituibilità reciproca.

    Per valutare la sussistenza di tale rapporto devono quindi essere considerati lo stato attuale del mercato e delle abitudini di consumo nonché le loro possibilità di evoluzione, la parte del territorio comunitario in cui la pubblicità è diffusa, ma anche, se necessario, gli effetti che sul mercato nazionale interessato può avere l’evoluzione delle abitudini di consumo constatate in altri Stati membri e, infine, le caratteristiche del prodotto che l’operatore pubblicitario intende promuovere e l’immagine che intende imprimergli.

    I criteri per accertare la sussistenza di un rapporto di concorrenza ai sensi dell’art. 2, punto 2 bis, della detta direttiva e quelli per verificare se il confronto soddisfi la condizione enunciata all’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della stessa non sono identici. Infatti il detto art. 2, punto 2 bis, presuppone l’esistenza di un rapporto di concorrenza tra imprese mentre l’art. 3 bis, n. 1, lett. b), richiede una valutazione individuale e concreta dei prodotti oggetto specifico del confronto nel messaggio pubblicitario al fine di concludere eventualmente per una loro effettiva sostituibilità.

    (v. punti 31-32, 42, 47, 49, dispositivo 2)

    3. Una pubblicità che faccia riferimento a un tipo di prodotto, senza tuttavia identificare un concorrente o i beni offerti da un concorrente, non è illecita ai sensi dell’art. 3 bis, n. 1, della direttiva 84/450, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55. La sua liceità dev’essere valutata sulla base di altre disposizioni di diritto nazionale o, eventualmente, di diritto comunitario, anche se dovesse risultarne un minore grado di tutela dei consumatori o delle imprese concorrenti.

    (v. punto 56, dispositivo 3)

    4. L’art. 3 bis, n. 1, lett. f), della direttiva 84/450, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, come modificata dalla direttiva 97/55, dev’essere interpretato nel senso che non ogni raffronto tra prodotti privi di denominazione d’origine e prodotti che ne sono provvisti è illecito.

    Infatti, ai sensi del detto n. 1, lett. g), la pubblicità comparativa è lecita se non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti. L’effetto utile della disposizione sarebbe in parte compromesso se fosse vietato comparare prodotti privi di denominazione d’origine con prodotti che invece recano tale denominazione.

    (v. punti 65-66, 72, dispositivo 4)

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