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Document 62005CJ0303
Massime della sentenza
Massime della sentenza
1. Questioni pregiudiziali — Competenza della Corte — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale
[Artt. 34, n. 2, lett. b), UE e 35, n. 1, UE]
2. Unione europea — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari relative alla cooperazione giudiziaria
(Art. 34, n. 2, UE; decisione quadro del Consiglio 2002/584, art. 31, n. 1)
3. Unione europea — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri
(Decisione quadro del Consiglio 2002/584, artt. 1, n. 3, e 2, n. 2)
4. Unione europea — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri
(Decisione quadro del Consiglio 2002/584, art. 2, n. 2)
1. In conformità all’art. 35, n. 1, UE, la Corte è competente, alle condizioni previste da tale articolo, a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità o l’interpretazione delle decisioni quadro, il che implica necessariamente che, anche in mancanza di un’espressa competenza in tal senso, essa possa essere chiamata ad interpretare disposizioni del diritto primario come l’art. 34, n. 2, lett. b), UE, quando è invitata a valutare se la decisione quadro sia stata legittimamente adottata sul fondamento normativo di quest’ultima disposizione.
(v. punto 18)
2. La decisione quadro 2002/584, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, che prevede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e, più nello specifico, delle norme relative alle condizioni, alle procedure e agli effetti della consegna tra autorità nazionali di persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione di sentenze o per sottoporle all’azione penale, non è stata adottata in violazione dell’art. 34, n. 2, lett. b), UE.
Infatti, l’art. 34, n. 2, UE, nella parte in cui elenca e definisce, in termini generali, i diversi tipi di strumenti giuridici di cui ci si può avvalere per realizzare gli obiettivi dell’Unione enunciati al Titolo VI del Trattato UE, non può essere interpretato nel senso di escludere che il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri mediante l’adozione di una decisione quadro in forza del detto n. 2, lett. b), possa riguardare settori diversi da quelli menzionati all’art. 31, n. 1, lett. e), UE e, in particolare, la materia del mandato d’arresto europeo.
Inoltre, l’art. 34, n. 2, UE non stabilisce neanche un ordine di priorità tra i diversi strumenti elencati in tale disposizione. È vero che il mandato d’arresto europeo avrebbe anche potuto essere disciplinato con una convenzione; tuttavia, rientra nella discrezionalità del Consiglio la possibilità di privilegiare lo strumento giuridico della decisione quadro quando siano presenti le condizioni per l’adozione di tale atto.
Quest’ultima conclusione non è inficiata dalla circostanza che, in conformità all’art. 31, n. 1, della decisione quadro, a partire dal 1° gennaio 2004 quest’ultima sostituisce, nelle sole relazioni tra gli Stati membri, le corrispondenti disposizioni delle precedenti convenzioni relative all’estradizione elencate in tale disposizione. Qualsiasi altra interpretazione che non trovi sostegno né nell’art. 34, n. 2, UE né in altre disposizioni del Trattato UE rischierebbe di privare dell’aspetto essenziale del suo effetto utile la facoltà riconosciuta al Consiglio di adottare decisioni quadro in settori precedentemente disciplinati da convenzioni internazionali.
(v. punti 28‑29, 37‑38, 41‑43)
3. Il principio della legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), che fa parte dei principi generali del diritto alla base delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, è stato parimenti sancito da diversi trattati internazionali, in particolare dall’art. 7, n. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tale principio implica che la legge definisca chiaramente i reati e le pene che li reprimono. Questa condizione è soddisfatta quando il soggetto di diritto può conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, nel caso, con l’aiuto dell’interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilità penale.
A tal proposito, l’art. 2, n. 2, della decisione quadro 2002/584, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, nella parte in cui sopprime il controllo della doppia incriminazione per le categorie di reati menzionati in tale disposizione, non è invalido per violazione del richiamato principio di legalità dei reati e delle pene. Infatti, la decisione quadro non è volta ad armonizzare i reati in questione per quanto riguarda i loro elementi costitutivi o le pene di cui sono corredati. Se è vero che il citato art. 2, n. 2, della decisione quadro sopprime il controllo della doppia incriminazione per le categorie di reati menzionate in tale disposizione, la loro definizione e le pene applicabili continuano a rientrare nella competenza dello Stato membro emittente, il quale, come peraltro recita l’art. 1, n. 3, della stessa decisione quadro, deve rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’art. 6 UE e, di conseguenza, il principio di legalità dei reati e delle pene.
(v. punti 49‑50, 52‑54)
4. L’art. 2, n. 2, della decisione quadro 2002/584, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, nella parte in cui sopprime il controllo della doppia incriminazione per i reati menzionati in tale disposizione, non è invalido per violazione dei principi di uguaglianza e di non discriminazione.
Infatti, per quanto riguarda, da un lato, la scelta delle 32 categorie di reati elencate da tale disposizione, il Consiglio ha ben potuto ritenere, in base al principio del reciproco riconoscimento e considerato l’elevato grado di fiducia e di solidarietà tra gli Stati membri, che, vuoi per la loro stessa natura, vuoi per la pena comminata - d’un massimo edittale di almeno tre anni - le categorie di reati di cui trattasi rientrassero tra quelle che arrecano all’ordine e alla sicurezza pubblici un pregiudizio tale da giustificare la rinuncia all’obbligo di controllo della doppia incriminazione. Pertanto, anche ritenendo paragonabili la situazione di persone sospettate di aver commesso reati rientranti nell’elenco dell’art. 2, n. 2, della decisione quadro, o condannate per aver perpetrato siffatti reati, e quella di persone sospettate di aver commesso, o condannate per aver commesso, reati diversi da quelli elencati in tale disposizione, la distinzione risulta, in ogni caso, oggettivamente giustificata.
Per quanto attiene, dall’altro lato, al fatto che la mancanza di precisione nella definizione delle categorie di reati in questione rischierebbe di generare disparità nell’attuazione della decisione quadro nei diversi ordinamenti giuridici nazionali, è sufficiente rilevare che l’oggetto di quest’ultima non è l’armonizzazione del diritto penale sostanziale degli Stati membri e che nessuna disposizione del Titolo VI del Trattato UE subordina l’applicazione del mandato d’arresto europeo all’armonizzazione delle normative penali degli Stati membri nell’ambito dei reati in esame.
(v. punti 57‑60)