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Document 62003TJ0198

Massime della sentenza

Parole chiave
Massima

Parole chiave

1. Ricorso di annullamento — Atti impugnabili — Nozione — Atti produttivi di effetti giuridici obbligatori

(Art. 230, quarto comma, CE; regolamento del Consiglio n. 17; decisione della Commissione 2001/462, art. 9, terzo comma)

2. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Informazioni raccolte dalla Commissione in applicazione del regolamento n. 17 — Segreto professionale

(Art. 287 CE; regolamento del Consiglio n. 17, artt. 19, n. 2, e 20, n. 2)

3. Ricorso di annullamento — Interesse ad agire

(Artt. 230, quarto comma, CE e 287 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 20)

4. Concorrenza — Norme comunitarie — Infrazioni — Decisione che constata un’infrazione o infligge un’ammenda

[Artt. 81, n. 1, CE, 82 CE e 83, n. 2, lett. a), CE; regolamento del Consiglio n. 17, artt. 3, 15, n. 2, e 21, n. 1]

5. Diritto comunitario — Principi generali del diritto — Legalità

6. Atti delle istituzioni — Pubblicità

(Artt. 254 CE e 255 CE; art. 1 UE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 21, n.  1)

7. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Determinazione delle informazioni coperte dal segreto professionale

(Art. 287 CE; regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio nn. 45/2001 e 1049/2001; regolamento del Consiglio n. 17, artt. 20, n. 2, e 21, n. 2)

8. Concorrenza — Norme comunitarie — Infrazioni — Decisione che constata un’infrazione o infligge un’ammenda

(Regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio nn. 45/2001 e 1049/2001, art. 4; regolamento del Consiglio n. 17, art. 20)

9. Concorrenza — Norme comunitarie — Infrazioni — Decisione che constata un’infrazione o infligge un’ammenda

(Regolamento del Consiglio n. 17, artt. 2, 3, 6, 7, 8 e 21, nn. 1 e 2)

10. Concorrenza — Ammende — Decisione che infligge ammende

(Regolamento del Consiglio n. 17)

11. Ricorso di annullamento — Motivi

(Art. 230, quarto comma, CE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 45/2001)

12. Atti delle istituzioni — Atti della Commissione — Potere discrezionale della Commissione in merito alla pubblicità da dare loro

Massima

1. Costituiscono atti o decisioni impugnabili con ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, i provvedimenti che producono effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica.

A tal riguardo, l’art. 9 della decisione 2001/462, relativa al mandato dei consiglieri-uditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza, ha lo scopo di attuare, sul piano procedurale, la protezione prevista dal diritto comunitario per le informazioni di cui la Commissione sia venuta a conoscenza nell’ambito delle procedure di applicazione delle norme in materia di concorrenza. I suoi primi due commi, che si riferiscono alla protezione dei segreti commerciali, riguardano in particolare la rivelazione di informazioni a persone, imprese o gruppi di imprese per l’esercizio del loro diritto al contraddittorio nell’ambito di un procedimento di applicazione delle norme in materia di concorrenza. Per quanto riguarda, invece, la divulgazione di informazioni al pubblico in generale, mediante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, tali disposizioni si applicano solo mutatis mutandis, secondo il disposto dell’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462. Ciò implica, in particolare, che il consigliere‑uditore, ove adotti una decisione ai sensi di tale disposizione, è tenuto a garantire che sia rispettato il segreto professionale circa le informazioni che non necessitano di una protezione così particolare come quella accordata ai segreti commerciali, e segnatamente circa le informazioni che possono essere comunicate a terzi aventi un diritto di essere sentiti in merito, ma il cui carattere riservato osta ad una divulgazione al pubblico.

Per di più, conformemente alla detta decisione, il consigliere‑uditore è altresì tenuto ad assicurare il rispetto delle disposizioni del regolamento n. 45/2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati, quando adotta una decisione che autorizza, ai sensi del citato art. 9, la divulgazione di informazioni.

Di conseguenza il consigliere-uditore, nell’adottare una decisione ai sensi dell’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462, non deve limitarsi ad esaminare se la versione di una decisione adottata ai sensi del regolamento n. 17 e destinata ad essere pubblicata contenga segreti commerciali o altre informazioni che godono di un’analoga protezione. Egli deve altresì verificare se tale versione contenga altre informazioni che non possono essere divulgate al pubblico perché protette specificamente da norme di diritto comunitario o perché appartengono a quelle informazioni che, per loro natura, sono protette dal segreto professionale. Pertanto, la decisione del consigliere‑uditore produce effetti giuridici in quanto determina se il testo da pubblicare contenga informazioni del genere.

(v. punti 26, 28, 31-34)

2. L’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17 precisa che fruiscono della protezione prevista dal diritto comunitario per le informazioni di cui la Commissione sia venuta a conoscenza nell’ambito delle procedure di applicazione delle norme in materia di concorrenza le informazioni raccolte in applicazione del regolamento n. 17 che, per loro natura, sono protette dal segreto professionale, il quale copre una sfera più ampia di quella del segreto commerciale.

Al riguardo, occorre operare una distinzione tra la protezione che è necessario accordare a informazioni coperte dal segreto professionale rispetto a persone, imprese o associazioni d’imprese che godono di un diritto ad essere sentite nell’ambito di un procedimento di applicazione delle norme in materia di concorrenza e la protezione che va accordata a simili informazioni rispetto al pubblico in generale.

Infatti, l’obbligo per i dipendenti di ruolo e per gli agenti delle istituzioni di non divulgare le informazioni in loro possesso protette dal segreto professionale, enunciato all’art. 287 CE e attuato, nel settore delle norme in materia di concorrenza applicabili alle imprese, dall’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, è attenuato nei confronti delle persone cui l’art. 19, n. 2, del detto regolamento dà il diritto di essere sentite. La Commissione può comunicare a tali persone talune informazioni coperte dal segreto professionale ove tale comunicazione sia necessaria per il regolare svolgimento dell’istruttoria. Tuttavia, tale facoltà non vale per i segreti commerciali, ai quali viene garantita una tutela del tutto particolare. Informazioni protette dal segreto professionale non possono essere invece divulgate al pubblico in generale, a prescindere dal fatto che si tratti di segreti commerciali o di altre informazioni riservate.

La necessità di un simile trattamento differenziato si giustifica dal momento che la nozione di segreti commerciali comprende informazioni di cui non soltanto la divulgazione al pubblico, ma anche semplicemente la trasmissione ad un soggetto di diritto diverso da quello che ha fornito l’informazione può ledere gravemente gli interessi di quest’ultimo.

(v. punti 28-30)

3. L’art. 20 del regolamento n. 17 e l’art. 287 CE, relativi al segreto professionale, mirano, in particolare, a proteggere gli interessati da un procedimento di applicazione delle norme in materia di concorrenza ai sensi del regolamento n. 17 dal danno che può derivare dalla divulgazione di informazioni che la Commissione ha ottenuto nell’ambito di tale procedimento. Pertanto, un’impresa implicata in tale procedimento ha, in linea di principio, un interesse ad agire avverso la decisione del consigliere-uditore, di pubblicare la versione non coperta dal segreto della decisione della Commissione che le infligge un’ammenda per violazione delle norme in materia di concorrenza.

La pubblicazione della comunicazione degli addebiti da parte di un terzo non incide sull’interesse ad agire della detta impresa. Infatti, quand’anche si ritenesse che le informazioni contenute in tali documenti siano identiche a quelle che figurano nelle parti controverse della decisione che infligge ammende, la portata di quest’ultima è completamente diversa da quella di una comunicazione degli addebiti. Quest’ultima offre alle parti interessate la possibilità di esprimere le loro osservazioni su elementi che la Commissione addebita loro provvisoriamente. La decisione che infligge ammende contiene invece una descrizione dei fatti che la Commissione considera accertati. Pertanto, la pubblicazione della comunicazione degli addebiti, per quanto possa essere dannosa per gli interessati, non può privare i destinatari della decisione che infligge ammende dell’interesse a far accertare che la versione pubblicata di tale decisione contiene informazioni protette dalla divulgazione al pubblico.

Parimenti, l’interesse del destinatario di una decisione ad impugnarla non può essere negato argomentando che tale decisione è stata già eseguita, posto che l’annullamento di una siffatta decisione può produrre di per sé conseguenze giuridiche, soprattutto qualora venga ingiunto alla Commissione di disporre tutti i provvedimenti connessi all’esecuzione della sentenza del Tribunale e di astenersi dal reiterare tale condotta.

Infine, il fatto che non sussistano più le condizioni che hanno indotto un ricorrente a chiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata non comporta il venir meno dell’interesse al suo annullamento.

(v. punti 42-45)

4. L’obbligo della Commissione di pubblicare, ai sensi dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17, le decisioni che essa adotta in applicazione dell’art. 3 di tale regolamento si applica a tutte le decisioni che constatano un’infrazione o infliggono un’ammenda, senza che occorra sapere se esse contengano anche un’ingiunzione di porre fine all’infrazione o se una simile ingiunzione sia giustificata, tenuto conto delle circostanze della fattispecie.

(v. punto 58)

5. Il principio di legalità è riconosciuto, in diritto comunitario, nel senso che esso impone che una sanzione, anche di carattere non penale, può essere inflitta solo qualora abbia un fondamento giuridico chiaro ed inequivocabile.

Tuttavia, dal principio di legalità non si può dedurre il divieto di pubblicare gli atti adottati dalle istituzioni qualora tale pubblicazione non sia esplicitamente prevista dai Trattati o da un altro atto di portata generale. Allo stato attuale del diritto comunitario, un divieto del genere sarebbe incompatibile con l’art. 1 UE, ai termini del quale, in seno all’Unione europea, «le decisioni [sono] prese nel modo più trasparente possibile».

(v. punti 68-69)

6. Il principio di trasparenza, consacrato dall’art. 1 UE, ai sensi del quale «le decisioni [sono] prese nel modo più trasparente possibile», si riflette nell’art. 255 CE, il quale garantisce, a determinate condizioni, un diritto dei cittadini di consultare i documenti delle istituzioni. Esso è inoltre sancito dall’art. 254 CE, che subordina l’entrata in vigore di taluni atti delle istituzioni alla loro pubblicazione, e da molte altre disposizioni del diritto comunitario che, alla stregua dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17, obbligano le istituzioni a render conto al pubblico delle loro attività. Conformemente a tale principio, e in mancanza di disposizioni che prescrivano o vietino esplicitamente una pubblicazione, la facoltà delle istituzioni di rendere pubblici gli atti che esse adottano è la regola alla quale sussistono eccezioni qualora il diritto comunitario, in particolare tramite disposizioni che garantiscono il rispetto del segreto professionale, osti ad una divulgazione di tali atti o di talune informazioni in essi contenute.

(v. punto 69)

7. Né l’art. 287 CE né il regolamento n. 17 indicano esplicitamente quali informazioni, oltre ai segreti commerciali, siano protette dal segreto professionale. A tal riguardo, non si può dedurre dall’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, che questo sia il caso di tutte le informazioni raccolte in applicazione del detto regolamento, salvo quelle la cui pubblicazione è obbligatoria ex art. 21. Infatti, alla stregua dell’art. 287 CE, l’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, che attua tale disposizione del Trattato in fatto di norme in materia di concorrenza applicabili alle imprese, osta unicamente alla divulgazione delle informazioni «che, per la loro natura, sono protette dal segreto professionale».

Affinché determinate informazioni ricadano, per loro natura, nell’ambito del segreto professionale, è necessario, innanzi tutto, che siano conosciute soltanto da un numero ristretto di persone. Deve poi trattarsi di informazioni la cui divulgazione può causare un danno grave alla persona che le ha fornite o a terzi. Infine, è necessario che gli interessi che possono essere lesi dalla divulgazione dell’informazione siano oggettivamente degni di protezione. La valutazione della riservatezza di un’informazione necessita quindi di una ponderazione tra gli interessi legittimi che ostano alla sua divulgazione e l’interesse generale che impone che le attività delle istituzioni comunitarie si svolgano nel modo più trasparente possibile.

Una ponderazione dell’interesse generale alla trasparenza dell’azione comunitaria con gli interessi che possono opporvisi è stata effettuata dal legislatore comunitario in vari atti di diritto derivato, in particolare con il regolamento n. 45/2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati, e con il regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. Sebbene la nozione di «segreto professionale» appartenga al diritto primario in quanto figura all’art. 287 CE e il diritto derivato non possa in nessun caso modificare le disposizioni del Trattato, l’interpretazione data dal legislatore comunitario al Trattato in merito ad una questione che non è stata espressamente disciplinata costituisce nondimeno un indizio importante del modo in cui la disposizione dev’essere intesa.

Ne consegue che, qualora simili disposizioni di diritto derivato vietino la divulgazione di informazioni al pubblico o escludano la consultazione da parte del pubblico di documenti che le contengono, tali informazioni devono essere considerate protette dal segreto professionale. Invece, qualora il pubblico abbia un diritto di consultare documenti che contengono determinate informazioni, tali informazioni non possono essere considerate protette, per loro natura, dal segreto professionale.

(v. punti 70-72, 74)

8. Per quanto riguarda la pubblicazione delle decisioni della Commissione adottate in applicazione del regolamento n. 17, l’art. 20 del detto regolamento vieta, oltre alla divulgazione di segreti commerciali, la pubblicazione in particolare di informazioni che rientrano tra le deroghe al diritto di consultazione di documenti previste dall’art. 4 del regolamento n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, o che sono protette in forza di altre norme di diritto derivato, quali il regolamento n. 45/2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati. Viceversa, esso non osta alla pubblicazione di informazioni che il pubblico ha il diritto di conoscere attraverso il diritto di consultazione dei documenti.

(v. punto 75)

9. L’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17 dev’essere interpretato nel senso che esso limita l’obbligo imposto alla Commissione dall’art. 21, n. 1, di pubblicare le sue decisioni adottate in applicazione degli artt. 2, 3, 6, 7 e 8, all’indicazione degli interessati e del «contenuto essenziale» di tali decisioni per facilitare il compito della Commissione di informare il pubblico in merito a queste ultime, considerati in particolare i vincoli linguistici connessi a una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Tale disposizione non limita invece la facoltà della Commissione, qualora essa lo ritenga opportuno e qualora le sue risorse lo consentano, di pubblicare il testo integrale delle sue decisioni, fatto salvo il rispetto del segreto professionale.

Sebbene la Commissione sia dunque soggetta ad un obbligo generale di pubblicare soltanto versioni non riservate delle sue decisioni, non è necessario, per rispettarlo, interpretare l’art. 21, n. 2, nel senso che esso accordi un diritto specifico ai destinatari delle decisioni adottate ai sensi degli artt. 2, 3, 6, 7 e 8 del regolamento n. 17, consentendo loro di opporsi alla pubblicazione da parte della Commissione nella Gazzetta ufficiale (e, eventualmente, anche sul sito Internet della detta istituzione) delle informazioni che, benché non riservate, non siano «essenziali» per la comprensione del dispositivo di tali decisioni.

Peraltro, l’interesse di un’impresa, aderente ad un’intesa, a che i dettagli del suo comportamento che costituisce infrazione non siano divulgati al pubblico non merita alcuna particolare protezione, tenuto conto dell’interesse del pubblico di conoscere, nel modo più trasparente possibile, i motivi di ogni azione della Commissione, dell’interesse degli operatori economici di sapere quali siano i comportamenti che possano esporli a sanzioni e dell’interesse delle persone lese dall’infrazione di conoscerne i dettagli, per poter far eventualmente valere i loro diritti nei confronti delle imprese sanzionate.

(v. punti 76-78, 88)

10. L’inclusione, in una decisione che infligge ammende, di accertamenti in fatto che si riferiscono ad un’intesa non può dipendere dal presupposto che la Commissione sia competente a constatare un’infrazione ad essa relativa o che essa abbia effettivamente accertato una simile infrazione. In effetti, è legittimo che la Commissione descriva, in una decisione che accerta un’infrazione e infligge una sanzione, il contesto storico e materiale in cui si inserisce il comportamento contestato. Lo stesso dicasi per la pubblicazione di tale descrizione, dato che essa può essere utile a consentire al pubblico interessato di capire appieno i motivi di una simile decisione. Al riguardo, spetta alla Commissione valutare l’opportunità di includere elementi del genere.

(v. punto 89)

11. Il regolamento n. 45/2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati, mira a tutelare le persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali. Una persona giuridica non fa parte della cerchia delle persone alle quali questo regolamento assicura la protezione e non può dunque avvalersi di una pretesa violazione delle norme da esso stabilite.

(v. punto 95)

12. Al di fuori degli obblighi di pubblicità impostile in particolare dal regolamento n. 17, la Commissione dispone di una grande discrezionalità nel valutare, caso per caso, la pubblicità da dare ai suoi atti. Al riguardo, essa non è in alcun modo tenuta a trattare atti della stessa natura in modo identico. In particolare, il principio di uguaglianza non vieta alla Commissione di diffondere anticipatamente testi di cui è prevista la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, ma di cui essa non dispone ancora della versione in tutte le lingue ufficiali, sul suo sito Internet nelle lingue disponibili o in quella(e) maggiormente conosciuta(e) dal pubblico interessato. A tale proposito, il fatto di disporre unicamente di determinate versioni linguistiche costituisce una differenza sufficiente a giustificare tale trattamento differenziato.

(v. punto 102)

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