Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 62002CJ0189

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Procedura — Mezzi istruttori — Audizione dei testi — Potere discrezionale del Tribunale — Incidenza del principio generale di diritto comunitario del diritto ad un equo processo

    (Regolamento di procedura del Tribunale, art. 68, n. 1)

    2. Procedura — Atto introduttivo del ricorso — Requisiti di forma — Esposizione sommaria dei motivi dedotti — Motivi di diritto non esposti nel ricorso — Rinvio ad elementi figuranti in un allegato — Irricevibilità

    [Regolamento di procedura del Tribunale , art. 44, n. 1, lett. c)]

    3. Concorrenza — Regole comunitarie — Impresa — Nozione

    [Trattato CE, artt. 85 e 86 (divenuti artt. 81 CE e 82 CE)]

    4. Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazione commessa da un’impresa — Imputazione ad un’altra impresa in considerazione dei vincoli economici e giuridici che intercorrono tra loro — Presupposti — Insufficienza di un controllo unico del capitale

    [Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

    5. Concorrenza — Intese — Partecipazione di un’impresa ad un’iniziativa anticoncorrenziale — Carattere sufficiente, per far sorgere la responsabilità dell’impresa, di un’approvazione tacita senza pubblica presa di distanza né denuncia alle autorità competenti

    [Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

    6. Concorrenza — Intese — Pregiudizio alla concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Accertamento sufficiente

    [Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

    7. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Motivo dedotto per la prima volta in sede di impugnazione — Irricevibilità

    (Statuto CE della Corte di giustizia, art. 51)

    8. Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Ammende — Determinazione — Criteri — Innalzamento del livello generale delle ammende — Ammissibilità — Presupposti

    [Trattato CE, artt. 85, n. 1, e 86 (divenuti artt. 81, n. 1, CE e 82 CE); regolamento del Consiglio n. 17)]

    9. Diritto comunitario — Principi — Tutela del legittimo affidamento — Limiti — Repressione delle infrazioni alle regole di concorrenza — Determinazione dell’importo delle ammende — Metodo di calcolo delle ammende — Potere discrezionale delle istituzioni — Ininfluenza della comunicazione sulla cooperazione

    (Comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

    10. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità delle infrazioni — Circostanze attenuanti — Obbligo per la Commissione di attenersi alla sua prassi decisionale anteriore — Insussistenza

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

    11. Diritto comunitario — Principi generali del diritto — Irretroattività delle disposizioni penali — Ambito di applicazione — Ammende inflitte a seguito di una violazione delle regole di concorrenza — Inclusione — Violazione eventuale a seguito dell’applicazione ad un’infrazione anteriore alla loro introduzione degli orientamenti per il calcolo delle ammende — Carattere prevedibile delle modifiche introdotte dagli orientamenti — Violazione insussistente

    [Convenzione europea dei diritti dell’uomo, art. 7; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

    12. Atti delle istituzioni — Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazioni alle regole di concorrenza — Atto di portata generale — Effetti

    (Comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

    13. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Fatturato complessivo dell’impresa interessata — Fatturato realizzato con le merci oggetto dell’infrazione — Presa in considerazione rispettiva — Limiti

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

    14. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Competenza della Corte — Rimessa in discussione, per motivi di equità, della valutazione operata dal Tribunale sull’ammontare delle ammende inflitte alle imprese — Esclusione — Controllo limitato alla verifica della presa in considerazione, da parte del Tribunale, dei fattori essenziali di valutazione della gravità dell’infrazione e del complesso degli argomenti addotti contro l’ammenda inflitta

    [Trattato CE, art. 85 (divenuto art. 81 CE); Statuto CE della Corte di giustizia, art. 51; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15]

    15. Concorrenza — Orientamenti per il calcolo delle ammende — Metodo di calcolo che tiene conto di diversi elementi di flessibilità a scapito del fatturato dell’impresa precedentemente privilegiato — Conformità con l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

    16. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Importo massimo — Calcolo — Distinzione tra importo finale e importo intermedio dell’ammenda — Conseguenze

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

    17. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Situazione finanziaria dell’impresa interessata — Presa in considerazione — Obbligo — Insussistenza

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

    18. Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda in contropartita di una cooperazione dell’impresa interessata — Presupposti — Potere discrezionale della Commissione

    [Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04, capitolo D, punti 1 e 2)

    19. Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Indicazione dei criteri di calcolo dell’ammenda prevista — Indicazione prematura — Insussistenza dell’obbligo di annunciare un eventuale cambiamento di politica in fatto di entità generale delle ammende

    (Regolamento del Consiglio n. 17)

    20. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado — Motivi — Insufficienza di motivazione — Competenza della Corte — Presa in considerazione dei fatti accertati dal Tribunale — Inclusione

    [Trattato CE, art. 190 (divenuto art. 253 CE)]

    21. Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata — Decisioni — Sanatoria di una carenza di motivazione nel corso del procedimento contenzioso — Inammissibilità

    [Trattato CE, art. 190 (divenuto art. 253 CE)]

    Massima

    1. Anche se una domanda di assunzione di testimoni, formulata nell’atto introduttivo del ricorso, indica con precisione i fatti sui quali il testimone o i testimoni devono essere sentiti e i motivi che ne giustificano l’audizione, spetta al Tribunale valutare la pertinenza della domanda rispetto all’oggetto della lite e alla necessità di procedere all’assunzione dei testimoni citati.

    L’esistenza di un potere discrezionale in merito, in capo al Tribunale, non può essere contestata invocando il principio generale di diritto comunitario, che si ispira all’art. 6, n. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo il quale ogni persona ha diritto a un equo processo e, più specificamente, quello derivante dal n. 3, lett. d), di questo stesso articolo, secondo il quale ogni accusato ha diritto, in particolare, di ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico, principio questo che costituisce un aspetto particolare del diritto a un equo processo.

    Infatti, quest’ultima disposizione non riconosce all’accusato un diritto assoluto di ottenere la comparizione di testimoni dinanzi a un tribunale e incombe in linea di principio al giudice nazionale decidere circa la necessità o l’opportunità di citare un testimone.

    Il citato art. 6, n. 3, non impone quindi la convocazione di ogni testimone, ma mira ad una totale parità di armi che garantisca che il procedimento contenzioso, considerato nel suo insieme, abbia offerto all’accusato un’adeguata e sufficiente occasione di contestare i sospetti che pesavano su di lui.

    (v. punti 68-71)

    2. Dall’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale emerge che gli elementi di diritto e di fatto sui quali si fonda un ricorso devono derivare, in modo per lo meno sommario, dallo stesso testo del ricorso e che quindi non basta che in questo vi sia un riferimento a elementi del genere che figurino in un allegato allo stesso.

    Analogamente, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere fondato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale.

    (v. punti 94, 97, 100)

    3. Nell’ambito del diritto della concorrenza la nozione di impresa abbraccia qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico del detto soggetto e dalle sue modalità di finanziamento. Essa non richiede che l’unità economica interessata sia dotata di personalità giuridica.

    (v. punti 112-113)

    4. Il comportamento anticoncorrenziale di un’impresa può essere imputato ad un’altra qualora essa non abbia determinato in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, bensì abbia applicato in sostanza le direttive impartitele dalla seconda, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici e giuridici che intercorrevano tra loro.

    Al riguardo, il fatto che il capitale sociale di due distinte società commerciali appartenga a un medesimo soggetto o a una medesima famiglia non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza, tra tali due società, di un’unità economica per effetto della quale, in virtù della normativa comunitaria in materia di concorrenza, i comportamenti dell’una possano essere imputati all’altra e una di esse possa essere tenuta a pagare un’ammenda per l’altra.

    (v. punti 117-118)

    5. È sufficiente che la Commissione dimostri che un’impresa ha partecipato a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, affinché sia sufficientemente provata la partecipazione della detta impresa all’intesa. Ove sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni del genere, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione alle dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro.

    Al riguardo, il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e pregiudica la sua scoperta. Tale complicità rappresenta una modalità passiva di partecipazione all’infrazione, idonea quindi a far sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo.

    Inoltre, la circostanza che un’impresa non dia alcun seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale non è atta a escludere la responsabilità della medesima per la sua partecipazione a un’intesa, a meno che essa non abbia preso pubblicamente le distanze dal suo contenuto.

    (v. punti 142-144)

    6. Ai fini dell’applicazione dell’art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), è sufficiente che un accordo abbia per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza, a prescindere dai suoi effetti concreti. Di conseguenza, nel caso di accordi che si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti, si verifica un’infrazione alla detta disposizione qualora tali riunioni abbiano un oggetto siffatto e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato. In un caso del genere, la responsabilità di una determinata impresa per l’infrazione in questione risulta validamente accertata allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l’oggetto, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse.

    La circostanza di una partecipazione all’intesa di imprese dominanti o particolarmente forti, tali da poter adottare misure di ritorsione nei confronti degli altri partecipanti, nettamente meno forti, nel caso in cui questi prendessero pubblicamente le distanze dal contenuto delle riunioni il cui oggetto è anticoncorrenziale, la maggiore o minore assiduità dell’impresa alle dette riunioni nonché l’attuazione più o meno completa delle misure concordate hanno conseguenze non già sul sussistere della responsabilità dell’impresa stessa, bensì sull’ampiezza di tale responsabilità e dunque sull’entità della sanzione.

    (v. punti 145, 150)

    7. Consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni del Tribunale di primo grado è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un ricorso d’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi ad esso.

    (v. punto 165)

    8. Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17, se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria in materia di concorrenza; al contrario, l’efficace applicazione delle norme comunitarie della concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

    Infatti, il compito di sorveglianza assegnato alla Commissione dagli artt. 85, n. 1, e 86 del Trattato (divenuti artt. 81, n. 1, CE e 82 CE) comprende non solo la funzione di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese.

    (v. punti 169-170, 227)

    9. Gli operatori economici non possono riporre un legittimo affidamento nella conservazione di una situazione esistente che può essere modificata dalla Commissione nell’ambito del suo potere discrezionale. Tale principio si applica chiaramente nell’ambito della politica di concorrenza che è caratterizzata da un ampio potere discrezionale della Commissione, in particolare per quanto riguarda la determinazione dell’ammontare delle ammende.

    Le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che può dare luogo ad un’ammenda non possono quindi riporre un legittimo affidamento nel fatto che la Commissione non supererà il livello delle ammende praticato anteriormente. Ne deriva che un legittimo affidamento non può neppure essere fondato su un metodo di calcolo delle ammende.

    Inoltre, il legittimo affidamento che gli operatori possono fondare sulla comunicazione sulla cooperazione si limita all’assicurazione di poter beneficiare di una certa percentuale di riduzione, ma non si estende al metodo di calcolo delle ammende né, tanto meno, ad un livello determinato dell’ammenda che possa essere calcolato nel momento in cui l’operatore decide di concretizzare la sua intenzione di cooperare con la Commissione.

    (v. punti 171-173, 187-188, 228)

    10. Nella determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere per infrazione alle regole di concorrenza, il solo fatto che la Commissione abbia concesso, nell’ambito della sua prassi decisionale anteriore, un determinato tasso di riduzione per un determinato comportamento non implica che essa sia tenuta a concedere la medesima riduzione proporzionale in occasione della valutazione di un comportamento analogo nell’ambito di un procedimento amministrativo successivo.

    (v. punto 192)

    11. Il principio d’irretroattività delle norme penali, sancito dall’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo come diritto fondamentale, costituisce un principio generale del diritto comunitario il cui rispetto si impone ove vengano inflitte ammende per violazione delle norme sulla concorrenza e richiede che le sanzioni irrogate corrispondano a quelle che erano state fissate all’epoca in cui la violazione è stata commessa.

    La nozione di «diritto» ai sensi del detto art. 7, n. 1, corrisponde a quella di «legge» utilizzata in altre disposizioni della citata Convenzione ed include il diritto di origine sia legislativa che giurisprudenziale. Tale disposizione, che sancisce in particolare il principio di previsione legale dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), benché non possa essere intesa come un divieto di graduale chiarimento delle norme sulla responsabilità penale, può opporsi all’applicazione retroattiva di una nuova interpretazione di un divieto di legge. Ciò avviene, in particolare, nel caso si tratti di un’interpretazione giurisprudenziale il cui risultato non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui l’infrazione è stata commessa, alla luce, in particolare, dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione legale in questione.

    Sulla falsariga di questa giurisprudenza relativa a nuovi sviluppi giurisprudenziali, la modifica di una politica repressiva, nella fattispecie la politica generale della Commissione in materia di concorrenza, per quanto riguarda le ammende, in particolare se essa è attuata attraverso l’adozione di norme di comportamento quali gli orientamenti adottati dalla Commissione per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, può produrre alcuni effetti rispetto al principio d’irretroattività. Infatti, per quanto riguarda in particolare i loro effetti giuridici e la loro portata generale, siffatte norme di comportamento ricadono, in linea di principio, nella nozione di «diritto» ai sensi dell’art. 7, n. 1, della citata Convenzione.

    Al fine di verificare il rispetto del principio d’irretroattività, occorre esaminare se la modifica in questione fosse ragionevolmente prevedibile all’epoca in cui le infrazioni interessate sono state commesse. A questo proposito, la portata della nozione di prevedibilità dipende in larga parte dal contenuto del testo di cui si tratta, dal settore interessato, nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere a un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale in particolare per professionisti, abituati a dover far prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Così ci si può attendere da loro una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta.

    Alla luce del fatto che l’efficace applicazione delle norme comunitarie della concorrenza implica che la Commissione possa sempre adeguare, entro i limiti indicati dal regolamento n. 17, il livello delle ammende alle esigenze della politica comunitaria della concorrenza e, pertanto, che essa possa aumentare il livello delle ammende rispetto a quello praticato nel passato, non soltanto procedendo ad un aumento del livello del detto ammontare nell’infliggere ammende nelle sue decisioni individuali, ma anche effettuando tale maggiorazione mediante l’applicazione a casi concreti di norme di comportamento dotate di portata generale, quali gli orientamenti, ne consegue che questi ultimi e, in particolare, il nuovo metodo di calcolo delle ammende da essi previsto, supposto che esso abbia un effetto aggravante sul livello delle ammende inflitte, erano ragionevolmente prevedibili per imprese all’epoca, anteriore alla loro adozione, in cui le loro infrazioni sono state commesse.

    (v. punti 202, 216-219, 222-224, 227-231)

    12. Adottando norme di comportamento dirette a produrre effetti esterni, come nel caso degli orientamenti che riguardano operatori economici, ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, l’istituzione in questione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento. Non si può quindi escludere che, in presenza di talune condizioni e a seconda del loro contenuto, siffatte norme di comportamento dotate di una portata generale possano produrre effetti giuridici.

    Al riguardo, gli orientamenti adottati dalla Commissione per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, anche se non costituiscono il fondamento giuridico della decisione che infligge un’ammenda ad un operatore economico, dato che quest’ultima è basata sugli artt. 3 e 15, n. 2, del regolamento n. 17, stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende inflitte da tale decisione e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese.

    (v. punti 210-213)

    13. La gravità delle infrazioni dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che a tal fine sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere in considerazione.

    Tra i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità dell’infrazione figurano il comportamento di ciascuna impresa, la parte svolta da ciascuna di esse nel porre in essere le pratiche concordate, il vantaggio che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli scopi della Comunità.

    Ne consegue, da un lato, che, per determinare l’importo dell’ammenda, si può tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimativa e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto della frazione di tale fatturato riferibile alle merci oggetto dell’infrazione, che è quindi atta a fornire un’indicazione della sua gravità; dall’altro, che non si deve attribuire né all’uno né all’altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione e, quindi, che la determinazione dell’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte di tale fatturato.

    (v. punti 241-243, 257, 292, 312)

    14. Nell’ambito di un ricorso d’impugnazione il controllo della Corte è volto, da un lato, a verificare se il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un determinato comportamento alla luce degli artt. 85 del Trattato (divenuto art. 81 CE) e 15 del regolamento n. 17 e, dall’altro, ad accertare se il Tribunale abbia risolto esaurientemente le questioni poste dal complesso degli argomenti invocati dal ricorrente e diretti alla revoca o alla riduzione dell’ammenda.

    Invece, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un ricorso d’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza anche di merito, sull’ammontare delle ammende inflitte ad imprese che hanno violato il diritto comunitario.

    (v. punti 244-245, 303)

    15. La Commissione, esponendo, nei suoi orientamenti, il metodo che essa intendeva applicare per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, è rimasta nell’ambito normativo costituito da tale disposizione e non ha assolutamente superato i limiti del potere discrezionale attribuitole dal legislatore.

    Tale metodo, se si scosta dalla prassi precedente della Commissione che accordava maggiore importanza al fatturato delle imprese sanzionate, non viola in nessun modo le disposizioni del detto articolo, quali interpretate dalla giurisprudenza, che non impongono assolutamente di calcolare le ammende a partire da importi basati sul fatturato delle imprese interessate. Al contrario, prevedendo la presa in considerazione di un gran numero di elementi tra i quali figurano, in particolare, gli utili realizzati grazie all’infrazione o il bisogno di garantire l’effetto dissuasivo delle ammende, per determinare la gravità dell’infrazione, pur non escludendo in alcun modo la presa in considerazione del fatturato, e quindi introducendo elementi di flessibilità, esso consente alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in piena conformità alle dette disposizioni.

    (v. punti 252, 254, 258, 260-261, 267)

    16. Il limite massimo dell’importo dell’ammenda di cui all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 deve essere inteso nel senso che l’importo dell’ammenda infine inflitta a un’impresa non può superare tale limite. Questa disposizione non vieta quindi alla Commissione di fare riferimento, nel suo calcolo, ad un importo intermedio che superi questo stesso limite. Essa non osta neppure a che operazioni di calcolo intermedie che tengano conto della gravità e della durata dell’infrazione siano effettuate su un importo superiore al detto limite. Se al termine del calcolo si verifica che l’importo finale dell’ammenda deve essere ridotto nella misura in cui esso supera tale limite massimo, il fatto che alcuni fattori quali la gravità e la durata dell’infrazione non si ripercuotano realmente sull’importo dell’ammenda inflitta è solo una mera conseguenza dell’adeguamento del detto importo finale a tale limite massimo.

    Tale limite massimo è diretto ad evitare che siano inflitte ammende che le imprese, date le loro dimensioni, quali determinate dal loro fatturato complessivo, ancorché in maniera approssimativa ed imperfetta, non saranno, prevedibilmente, in grado di saldare. Si tratta quindi di un limite, uniformemente applicabile a tutte le imprese ed articolato in funzione delle dimensioni di ciascuna di esse, diretto ad evitare ammende di un livello eccessivo e sproporzionato. Tale limite massimo ha quindi uno scopo distinto ed autonomo rispetto a quello dei criteri della gravità e della durata dell’infrazione. Il suo unico effetto consiste nella possibilità che l’importo dell’ammenda calcolato sulla base di tali criteri sia ridotto fino al livello massimo autorizzato. La sua applicazione implica che l’impresa interessata non paghi l’ammenda che, in linea di principio, sarebbe dovuta in forza di una valutazione fondata sui detti criteri.

    (v. punti 277-283, 323)

    17. La Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’ammontare dell’ammenda, a prendere in considerazione la situazione finanziaria di passività di un’impresa, dal momento che il riconoscimento di un tale obbligo procurerebbe un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno idonee alle condizioni del mercato.

    (v. punto 327)

    18. La Commissione dispone di un potere per valutare che elementi di informazione forniti da un’impresa e idonei, in linea di principio, a rientrare in situazioni che consentirebbero una riduzione dell’ammenda ai sensi del capitolo D, punto 2, della comunicazione sulla cooperazione, non debbono necessariamente condurla a riconoscere a tale impresa una riduzione in forza della detta comunicazione.

    Inoltre, una riduzione sulla base della comunicazione sulla cooperazione è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata potessero essere considerati, al riguardo, una prova di un’effettiva cooperazione da parte della stessa. Come risulta dalla stessa nozione di cooperazione, quale evidenziata nel testo della comunicazione sulla cooperazione, e in particolare nell’introduzione e nel capitolo D, punto 1, di tale comunicazione, solo quando il comportamento dell’impresa interessata testimonia un siffatto spirito di cooperazione può essere accordata una riduzione sulla base della detta comunicazione.

    Pertanto, un’impresa che ha fornito informazioni incomplete e parzialmente inesatte non potrebbe far valere un siffatto comportamento.

    (v. punti 393-397)

    19. Dal momento che la Commissione, nella sua comunicazione degli addebiti, dichiara espressamente che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e indica i principali elementi di fatto e di diritto che possono implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto di averla commessa «intenzionalmente o per negligenza», essa adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese di essere sentite. In tal modo, essa fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’accertamento dell’infrazione, ma altresì contro l’inflizione di un’ammenda.

    Tuttavia, dare indicazioni circa l’entità delle ammende previste, prima che le imprese siano state poste in grado di esporre le loro difese circa gli addebiti mossi nei loro confronti, equivarrebbe ad anticipare in modo inopportuno la decisione della Commissione.

    Analogamente, la Commissione non è neppure tenuta ad annunciare, nella comunicazione degli addebiti, la possibilità di un eventuale cambiamento della sua politica in fatto di entità generale delle ammende, possibilità che dipende da considerazioni generali di politica della concorrenza non direttamente connesse alle particolari circostanze dei procedimenti in esame.

    (v. punti 428, 434-435)

    20. La questione della portata dell’obbligo di motivazione costituisce una questione di diritto soggetta al controllo della Corte nel contesto di un ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, dato che il controllo della legittimità di una decisione che è esercitato in tale contesto deve necessariamente prendere in considerazione i fatti sui quali si è basato il Tribunale per giungere alla conclusione secondo la quale la motivazione è sufficiente o insufficiente.

    (v. punto 453)

    21. L’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di consentire alla Corte di esercitare il suo controllo sulla legittimità della decisione e di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per giudicare se la decisione sia fondata oppure sia eventualmente inficiata da un vizio che consenta di contestarne la validità.

    La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza del ragionamento alla base della decisione nel corso del procedimento dinanzi alla Corte.

    (v. punti 462-463)

    Top