This document is an excerpt from the EUR-Lex website
Document 62001CJ0397
Massime della sentenza
Massime della sentenza
1. Politica sociale — Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttiva 89/391, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro — Direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro — Ambito di applicazione — Attività degli operatori del soccorso — Inclusione — Attività non rientrante tra i servizi di protezione civile e i trasporti stradali esclusi dall’ambito di applicazione
(Direttive del Consiglio 89/391/CEE, art. 2, e 93/104/CE, art. 1, n. 3)
2. Politica sociale — Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro — Durata massima dell’orario lavorativo settimanale — Deroga — Consenso del lavoratore — Contratto di lavoro dell’interessato riferentesi ad un contratto collettivo che permette il superamento di tale durata — Insufficienza
[Direttiva del Consiglio 93/104, art. 18, n. 1, lett. b), sub i)]
3. Politica sociale — Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro — Attività degli operatori del soccorso — Normativa nazionale che consente il superamento della durata massima dell’orario lavorativo settimanale mediante un contratto collettivo o un accordo aziendale — Inammissibilità
(Direttiva del Consiglio 93/104, art. 6, punto 2)
4. Politica sociale — Protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori — Direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro — Art. 6, punto 2 — Effetto diretto — Obblighi e poteri del giudice nazionale — Disapplicazione delle norme nazionali che consentono il superamento della durata massima dell’orario lavorativo settimanale fissata da tale articolo
(Direttiva del Consiglio 93/104, art. 6, punto 2)
1. Gli artt. 2 della direttiva 89/391, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, e 1, n. 3, della direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, devono essere interpretati nel senso che l’attività degli operatori del soccorso, esercitata nell’ambito di un servizio di soccorso medico d’urgenza, rientra nella sfera di applicazione delle dette direttive.
A questo proposito, tale attività non rientra nell’esclusione di cui all’art. 2, n. 2, primo comma, della direttiva 89/391, che riguarda talune attività specifiche del pubblico impiego. Tale esclusione è stata adottata, infatti, al solo fine di garantire il buon funzionamento dei servizi indispensabili alla tutela della sicurezza, della salute e dell’ordine pubblico in circostanze di gravità e ampiezza eccezionali che si caratterizzano per il fatto di non prestarsi, per loro natura, a una pianificazione dell’orario di lavoro delle squadre di intervento e di soccorso.
Del pari, l’attività degli operatori del soccorso, anche se consiste, perlomeno parzialmente, nell’utilizzo di un veicolo e nell’accompagnamento del paziente durante il tragitto verso l’ospedale, non può essere qualificata come attività di trasporti stradali e deve essere quindi esclusa dall’ambito di applicazione dell’art. 1, n. 3, della direttiva 93/104.
(v. punti 55, 63, 72, 74, dispositivo 1)
2. L’art. 18, n. 1, lett. b), sub i), primo trattino, della direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che prevede la facoltà di disapplicare l’art. 6 della stessa direttiva contenente la norma che fissa l’orario massimo di lavoro settimanale dev’essere interpretato nel senso che esso esige un’accettazione esplicitamente e liberamente espressa da parte di ogni singolo lavoratore affinché il superamento dell’orario massimo di lavoro settimanale di 48 ore, quale previsto all’art. 6 della direttiva di cui trattasi, sia valido. A tal fine, non è sufficiente che il contratto di lavoro dell’interessato faccia riferimento a un contratto collettivo che consente tale superamento, laddove non sia affatto certo che, nel momento della conclusione del contratto, il lavoratore interessato avesse contezza della restrizione apportata ai diritti che la direttiva 93/104 gli conferisce.
(v. punti 85-86, dispositivo 2)
3. L’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che, in relazione ai periodi di permanenza obbligatoria garantiti da operatori del soccorso nell’ambito di un servizio di soccorso medico di urgenza, ha l’effetto di consentire, eventualmente per mezzo di un contratto collettivo o di un accordo aziendale fondato su tale contratto, un superamento dell’orario massimo di lavoro settimanale di 48 ore fissato dalla detta disposizione.
Infatti, da un lato, risulta sia dal tenore letterale dell’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104 sia dalla finalità e dall’economia della stessa che la norma che stabilisce la durata massima settimanale di 48 ore lavorative costituisce una norma del diritto sociale comunitario dotata di un’importanza particolare di cui debbono godere tutti i lavoratori in quanto prescrizione minima finalizzata ad assicurare la protezione della loro sicurezza e della loro salute, cosicché non sembra compatibile con quanto prescritto dalla detta disposizione una normativa nazionale che autorizzi periodi di lavoro superiori alle 48 ore settimanali, compresi i servizi di permanenza obbligatoria. D’altro lato, i periodi di permanenza obbligatoria garantiti dagli operatori del soccorso devono essere presi integralmente in considerazione nel momento della determinazione dell’orario massimo di lavoro giornaliero e settimanale, indipendentemente dalla circostanza che essi comportano necessariamente fasi di inattività più o meno estese tra gli interventi urgenti.
(v. punti 94-95, 100-101, 120, dispositivo 3)
4. L’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, soddisfa tutte le condizioni necessarie per produrre un effetto diretto, giacché addossa agli Stati membri, in termini non equivoci, un’obbligazione di risultato precisa e assolutamente incondizionata quanto all’applicazione della regola da esso enunciata, che consiste nella previsione di un limite di 48 ore per la durata media dell’orario di lavoro settimanale. Le circostanze che la direttiva lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità per l’adozione delle modalità d’attuazione dell’art. 6 e che essa consente loro di derogarvi non incidono sul carattere preciso e incondizionato del punto 2 di quell’articolo.
Il giudice nazionale cui sia sottoposta una controversia che ha luogo esclusivamente tra singoli e che, nell’applicare le norme del diritto interno adottate al fine dell’attuazione degli obblighi previsti dalla direttiva, deve prendere in considerazione tutte le norme del diritto nazionale ed interpretarle, per quanto possibile, alla luce del testo e della finalità di tale direttiva per giungere a una soluzione conforme all’obiettivo da essa perseguito deve pertanto fare tutto ciò che rientra nella sua competenza per evitare il superamento dell’orario massimo di lavoro settimanale fissato in 48 ore in virtù dell’art. 6, punto 2, della direttiva 93/104.
(v. punti 104-106, 119-120, dispositivo 3)