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Document 61999TJ0070

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Ricorso di annullamento - Persone fisiche o giuridiche - Atti che le riguardano direttamente e individualmente - Regolamento che prevede la revoca dell'autorizzazione alla commercializzazione di taluni additivi nell'alimentazione degli animali, tra cui la zinco-bacitracina, all'interno della Comunità - Ricevibilità

    [Trattato (CE), art. 173, quarto comma (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, quarto comma, CE); regolamento CE del Consiglio n. 2821/98]

    2. Atti delle istituzioni - Scelta del fondamento giuridico - Criteri - Atto di adesione

    3. Diritto comunitario - Principi - Certezza del diritto - Normativa comunitaria - Esigenza di chiarezza e prevedibilità - Indicazione espressa del fondamento normativo - Limite

    4. Agricoltura - Politica agricola comune - Attuazione - Presa in considerazione delle esigenze in materia di protezione della salute - Applicazione del principio di precauzione

    [Trattato CE, artt. 130 R, nn. 1 e 2 (divenuto, in seguito a modifica, art. 174, nn. 1 e 2, CE) e 129, n. 1, terzo comma (divenuto, in seguito a modifica, art. 152 CE)]

    5. Agricoltura - Politica agricola comune - Potere discrezionale delle istituzioni comunitarie - Possibilità di adottare comunicazioni - Sindacato giurisdizionale - Limiti

    6. Agricoltura - Politica agricola comune - Impiego della zinco-bacitracina come additivo nell'alimentazione degli animali - Sussistenza di incertezze scientifiche in merito all'esistenza o alla portata di rischi per la salute umana - Applicazione del principio di precauzione - Portata - Limiti

    [Trattato CE, art. 130 R, nn. 1 e 2 (divenuto, in seguito a modifica, art. 174, nn. 1 e 2, CE)]

    7. Agricoltura - Politica agricola comune - Valutazione scientifica dei rischi - Esigenza relativa ad un livello elevato di protezione della salute - Portata

    [Trattato CE, art. 129, n. 1, primo comma (divenuto, in seguito a modifica, art. 152 CE)]

    8. Agricoltura - Politica agricola comune - Potere discrezionale delle istituzioni comunitarie - Estensione - Sindacato giurisdizionale - Limiti

    9. Agricoltura - Politica agricola comune - Applicazione del principio di precauzione - Portata - Limiti - Rispetto delle garanzie attribuite dall'ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi

    10. Agricoltura - Politica agricola comune - Potere delle istituzioni comunitarie - Possibilità di revocare l'autorizzazione di un additivo nell'alimentazione animale senza avere preliminarmente ottenuto un parere scientifico dei comitati scientifici competenti - Carattere eccezionale

    11. Ricorso di annullamento - Atto impugnato - Esame della legittimità in funzione degli elementi d'informazione disponibili al momento dell'adozione dell'atto

    [Trattato CE, art. 173 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE)]

    12. Agricoltura - Politica agricola comune - Impiego della zinco-bacitracina come promotore di crescita nell'alimentazione degli animali - Rischio per la salute umana - Potere discrezionale delle istituzioni comunitarie - Errori manifesti di valutazione - Insussistenza

    [Regolamento (CE) del Consiglio n. 2821/98; direttiva del Consiglio 70/524/CEE, art. 3 A, lett. e)]

    13. Diritto comunitario - Principi - Proporzionalità - Atti delle istituzioni - Carattere proporzionato - Criteri di valutazione - Potere discrezionale del legislatore comunitario in materia di politica agricola comune - Sindacato giurisdizionale - Limiti

    [Trattato CE, artt. 40 e 43 (divenuti, in seguito a modifica, artt. 34 CE e 37 CE)]

    14. Diritto comunitario - Principi - Diritti della difesa - Rispetto nell'ambito dei procedimenti legislativi - Limiti

    Massima

    1. Una persona è individualmente interessata da un regolamento se questo, tenuto conto delle disposizioni specifiche del caso di specie, lede un diritto specifico che essa poteva esercitare.

    Inoltre, concludendo o, quanto meno, sospendendo il procedimento avviato su domanda di un operatore economico allo scopo di ottenere una nuova autorizzazione per la zinco-bacitracina come additivo nell'alimentazione degli animali, e nell'ambito del quale esso beneficiava di garanzie procedurali, il regolamento n. 2821/98, che prevede la revoca dell'autorizzazione alla commercializzazione di determinati additivi nell'alimentazione degli animali, tra cui la zinco-bacitracina, all'interno della Comunità, colpisce questo operatore a motivo di una situazione di diritto e di fatto che lo caratterizza rispetto a ogni altro soggetto. Tale circostanza è inoltre atta ad individualizzarlo nel senso dell'art. 173, quarto comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230, quarto comma, CE).

    ( v. punti 90-92, 96 )

    2. Nell'ambito del sistema di competenze della Comunità, la scelta del fondamento normativo di un atto deve basarsi su elementi oggettivi, che possono costituire oggetto di sindacato giurisdizionale. Tra detti elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell'atto.

    A questo riguardo, una disposizione di un atto di adesione può costituire il fondamento normativo di misure legislative.

    ( v. punti 106-107 )

    3. Il principio della certezza del diritto, che è un principio generale dell'ordinamento comunitario, esige che la legislazione comunitaria sia chiara e la sua applicazione prevedibile dai possibili interessati. Tale esigenza richiede che ogni atto inteso a produrre effetti giuridici tragga il proprio valore giuridico da una norma del diritto comunitario che va esplicitamente indicata come fondamento normativo e che prescrive la forma giuridica di cui l'atto dev'essere rivestito. Tuttavia, l'omissione del riferimento ad una precisa disposizione del Trattato può non costituire un vizio sostanziale, qualora sia possibile determinare il fondamento normativo di un atto con l'ausilio di altri elementi di questo. Detto espresso riferimento è però indispensabile quando la sua omissione lascia gli interessati e la Corte nell'incertezza circa il preciso fondamento normativo.

    ( v. punto 112 )

    4. In conformità con l'art. 130 R, n. 2, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 174, n. 2, CE), il principio di precauzione costituisce uno dei principi sui quali si fonda la politica della Comunità in materia ambientale. Tale principio si applica ugualmente quando le istituzioni comunitarie adottano, nell'ambito della politica agricola comune, misure di tutela della salute umana. Si evince, infatti, dall'art. 130 R, nn. 1 e 2, del Trattato CE che la protezione della salute umana rientra tra gli obiettivi della politica della Comunità in materia ambientale, che tale politica, la quale mira ad un elevato livello di tutela, è fondata, fra l'altro, sul principio di precauzione e che le esigenze di tale politica devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie. Inoltre, come previsto dall'art. 129, n. 1, terzo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 152 CE) e conformemente ad una giurisprudenza costante, le esigenze di protezione della salute costituiscono una componente delle altre politiche della Comunità e devono pertanto essere prese in considerazione dalle istituzioni comunitarie nell'attuazione della politica agricola comune.

    ( v. punto 135 )

    5. Le istituzioni comunitarie possono imporsi indirizzi per l'esercizio dei loro poteri discrezionali mediante atti non previsti dall'art. 189 del Trattato CE (divenuto art. 249 CE), in particolare con comunicazioni, nei limiti in cui tali comunicazioni contengano regole indicative sulla condotta che tali istituzioni devono tenere e non deroghino alle norme del Trattato. In tal caso il giudice comunitario verifica, in attuazione del principio della parità di trattamento, se l'atto impugnato sia conforme agli indirizzi che le istituzioni si erano autoimposte con l'adozione e la pubblicazione di tali comunicazioni.

    ( v. punto 140 )

    6. Quando sussistono incertezze scientifiche riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute umana, le istituzioni comunitarie possono, in forza del principio di precauzione, adottare misure di protezione senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi.

    Ne consegue, anzitutto, che, secondo il principio di precauzione quale sancito dall'art. 130 R, n. 2, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 174, n. 2, CE), le istituzioni comunitarie potevano adottare una misura preventiva relativa all'impiego della zinco-bacitracina come additivo nell'alimentazione degli animali anche se, a causa del permanere di una situazione di incertezza scientifica, la realtà e la gravità dei rischi per la salute umana connessi a tale utilizzo non erano ancora pienamente dimostrate. A fortiori, ne deriva ugualmente che le istituzioni comunitarie non erano tenute, per poter agire in via preventiva, ad attendere che gli effetti negativi dell'impiego di tale prodotto come promotore di crescita si concretizzassero. Inoltre, nel contesto dell'applicazione del principio di precauzione - che è per definizione un contesto d'incertezza scientifica - non si può esigere che una valutazione dei rischi fornisca obbligatoriamente alle istituzioni comunitarie prove scientifiche decisive sulla realtà del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio.

    Tuttavia, una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente. Dal principio di precauzione, come interpretato dal giudice comunitario, deriva, al contrario, che una misura preventiva può essere adottata esclusivamente qualora il rischio, senza che la sua esistenza e la sua portata siano state dimostrate «pienamente» da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell'adozione di tale misura.

    L'adozione di misure, anche se preventive, sulla base di un approccio puramente ipotetico del rischio sarebbe ancor più inadeguata nella materia degli additivi nell'alimentazione degli animali. Infatti, in un tale ambito, non può esistere un livello di «rischio zero» nei limiti in cui l'assenza totale del minimo rischio attuale o futuro connesso all'aggiunta di antibiotici nell'alimentazione degli animali non può essere scientificamente provata. D'altronde, un tale approccio sarebbe tanto meno appropriato in una situazione in cui la legislazione prevede già, come una delle possibili espressioni del principio di precauzione, un procedimento di autorizzazione preventiva dei prodotti interessati.

    Il principio di precauzione può, dunque, essere applicato solamente a situazioni in cui il rischio, in particolare per la salute umana, pur non essendo fondato su semplici ipotesi non provate scientificamente, non ha ancora potuto essere pienamente dimostrato.

    In un tale contesto, la nozione di «rischio» corrisponde dunque ad una funzione della probabilità di effetti nocivi per il bene protetto dall'ordinamento giuridico dovuti all'impiego di un prodotto o di un processo.

    Di conseguenza, la valutazione dei rischi ha ad oggetto la stima del grado di probabilità che un determinato prodotto o processo provochi effetti nocivi sulla salute umana e della gravità di tali potenziali effetti.

    ( v. punti 152-161 )

    7. Nell'ambito della valutazione dei rischi spetta alle istituzioni comunitarie determinare il livello di rischio - ossia la soglia critica di probabilità di effetti nocivi per la salute umana e della gravità di tali potenziali effetti - che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superato, rende necessario, nell'interesse della tutela della salute umana, il ricorso a misure preventive malgrado l'assenza di certezza scientifica.

    Anche se alle istituzioni comunitarie è precluso adottare un'impostazione puramente ipotetica del rischio e orientare le proprie decisioni ad un livello di «rischio zero», esse devono tuttavia tener conto dell'obbligo, loro incombente in forza dell'art. 129, n. 1, primo comma, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 152 CE), di garantire un livello elevato di tutela della salute umana che, per essere compatibile con tale disposizione, non dev'essere necessariamente il più elevato possibile sotto il profilo tecnico.

    La determinazione del livello di rischio reputato inaccettabile dipende dal giudizio espresso dall'autorità pubblica competente sulle particolari circostanze di ciascuna fattispecie. A tal proposito detta autorità può considerare, in particolare, la gravità dell'impatto della sopravvenienza di tale rischio sulla salute umana, ivi compresa la portata dei possibili effetti nocivi, la persistenza, la reversibilità o gli effetti tardivi eventuali di tali danni nonché la percezione più o meno concreta del rischio sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili.

    In materia di additivi nell'alimentazione degli animali, le istituzioni comunitarie sono chiamate a procedere a complesse valutazioni di ordine tecnico e scientifico. Alla luce di quanto esposto, la realizzazione di una valutazione scientifica dei rischi è preliminare all'adozione di qualunque misura preventiva.

    La valutazione scientifica dei rischi è comunemente definita, tanto a livello internazionale quanto a livello comunitario, come un processo scientifico che consiste nell'identificare e nel caratterizzare un pericolo, nel valutare l'esposizione e nel connotare il rischio.

    La valutazione scientifica dei rischi, nel rispetto delle disposizioni applicabili, dev'essere delegata dall'autorità pubblica competente ad esperti scientifici che, in esito a tale iter scientifico, le forniranno pareri scientifici.

    I pareri degli esperti scientifici rivestono la massima importanza in tutte le fasi dell'elaborazione e dell'attuazione della nuova legislazione e per la gestione di quella esistente. L'obbligo delle istituzioni comunitarie di assicurare un livello elevato di protezione della salute umana, previsto dall'art. 129, n. 1, primo comma, del Trattato CE, comporta infatti che queste ultime devono garantire che le loro decisioni siano adottate in piena considerazione dei migliori dati scientifici disponibili e che siano fondate sui più recenti risultati della ricerca internazionale.

    Inoltre, per assolvere alle loro funzioni, i pareri scientifici sulle questioni relative alla salute del consumatore devono, nell'interesse del consumatore e dell'industria, fondarsi sui principi dell'eccellenza, dell'indipendenza e della trasparenza.

    Nel contesto dell'applicazione del principio di precauzione, la realizzazione di una valutazione scientifica completa dei rischi può rivelarsi impossibile a causa dell'insufficienza dei dati scientifici disponibili. Per portare a termine una tale valutazione scientifica completa può infatti essere necessario effettuare una ricerca scientifica molto approfondita e lunga. Orbene, salvo privare il principio di precauzione del suo effetto utile, l'impossibilità di realizzare una valutazione scientifica completa dei rischi non può impedire all'autorità pubblica competente di adottare misure preventive, se necessario a scadenza molto breve, qualora tali misure appaiano indispensabili in considerazione del livello di rischio per la salute umana reputato dalla detta autorità inaccettabile per la società.

    L'autorità pubblica competente deve procedere ad una ponderazione degli obblighi ad essa incombenti e decidere se attendere che si rendano disponibili i risultati di una ricerca scientifica più approfondita o agire sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili. Poiché si tratta di misure volte alla tutela della salute umana, tale ponderazione dipende, tenuto conto delle circostanze peculiari di ogni fattispecie, dal livello di rischio reputato da tale autorità inaccettabile per la società.

    Perciò, la valutazione scientifica dei rischi, effettuata dagli esperti scientifici, deve fornire all'autorità pubblica competente un'informazione sufficientemente affidabile e solida al fine di permettere a quest'ultima di cogliere l'intera portata della questione scientifica posta e di determinare la propria politica con cognizione di causa. Di conseguenza, salvo adottare misure arbitrarie che non possono in alcun caso essere legittimate dal principio di precauzione, l'autorità pubblica competente deve badare a che le misure che essa adotta, anche se si tratta di misure preventive, siano fondate su una valutazione scientifica dei rischi il più possibile esaustiva, tenuto conto delle circostanze peculiari del caso di specie. Malgrado l'incertezza scientifica sussistente, tale valutazione scientifica deve permettere all'autorità pubblica competente di valutare, sulla base dei migliori dati scientifici disponibili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, se il livello di rischio che essa reputa accettabile per la società sia stato superato. E su tale base che la detta autorità deve decidere se sia necessario ricorrere all'adozione di misure preventive e, se del caso, di determinare quali misure essa ritiene opportune e necessarie per evitare che il rischio si concretizzi.

    ( v. punti 164-176 )

    8. Le istituzioni comunitarie dispongono, in materia di politica agricola comune, di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la definizione degli scopi perseguiti e la scelta degli opportuni strumenti d'azione. In tale contesto, il sindacato del giudice comunitario relativamente al merito deve limitarsi a verificare se l'esercizio di un tale potere discrezionale non sia viziato da errore manifesto o da sviamento di potere, o ancora se le istituzioni comunitarie non abbiano palesemente oltrepassato i limiti del loro potere discrezionale.

    Le istituzioni comunitarie dispongono di un ampio potere discrezionale, in particolare per quanto riguarda la determinazione del livello di rischio reputato inaccettabile per la società.

    Allorché un'autorità comunitaria è chiamata, nell'esercizio delle sue attribuzioni, a compiere valutazioni complesse, il potere discrezionale di cui gode si applica parimenti, in una determinata misura, alla constatazione degli elementi di fatto alla base della sua azione.

    Ne deriva che il controllo giurisdizionale relativo all'assolvimento di tale compito da parte delle istituzioni comunitarie dev'essere limitato. In tali circostanze il giudice comunitario non può, infatti, sostituire il suo apprezzamento degli elementi di fatto a quello delle istituzioni comunitarie, alle quali il Trattato ha conferito tale compito in via esclusiva. Egli deve, invece, limitarsi a verificare se l'esercizio da parte delle istituzioni comunitarie del loro potere discrezionale in tale ambito non sia inficiato da errore manifesto o da sviamento di potere, o ancora se le istituzioni comunitarie non abbiano manifestamente oltrepassato i limiti del proprio potere discrezionale.

    ( v. punti 177-180 )

    9. Il principio di precauzione permette alle istituzioni comunitarie di adottare, nell'interesse della salute umana ma sulla base di conoscenze scientifiche ancora lacunose, misure di protezione che possono ledere, finanche in modo profondo, posizioni giuridiche tutelate e, a questo proposito, conferisce alle istituzioni comunitarie un margine discrezionale notevole.

    In tali casi il rispetto delle garanzie previste dall'ordinamento giuridico comunitario nei procedimenti amministrativi riveste un'importanza ancor più fondamentale. Tra tali garanzie figura in particolare l'obbligo per l'istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie.

    Ne consegue che lo svolgimento di una valutazione scientifica dei rischi il più esaustiva possibile, sulla base di pareri fondati sui principi dell'eccellenza, della trasparenza e dell'indipendenza, costituisce una garanzia procedurale rilevante al fine di assicurare l'oggettività scientifica delle misure e di evitare l'adozione di misure arbitrarie.

    ( v. punti 181-183 )

    10. Anche se, in forza della normativa applicabile, le istituzioni comunitarie possono revocare l'autorizzazione di un additivo senza aver ottenuto il previo parere dei comitati scientifici competenti, si deve osservare che le istituzioni comunitarie, qualora siano chiamate a valutare elementi di fatto particolarmente complessi di ordine tecnico e scientifico, unicamente in circostanze eccezionali e solo ove sia assicurata la presenza di adeguate garanzie di oggettività scientifica, possono adottare una misura preventiva di revoca dell'autorizzazione di un additivo senza disporre di un parere del comitato scientifico istituito a tale fine a livello comunitario in merito ad elementi scientifici pertinenti.

    ( v. punti 209, 213 )

    11. Nell'ambito di un ricorso di annullamento fondato sull'art. 173 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE), la valutazione delle istituzioni comunitarie può essere rimessa in discussione unicamente qualora appaia erronea alla luce degli elementi di fatto e di diritto di cui esse disponevano o dovevano disporre al momento dell'adozione dell'atto impugnato.

    ( v. punto 248 )

    12. Le istituzioni comunitarie non hanno commesso errori manifesti di valutazione concludendo, sulla base degli elementi di fatto di cui disponevano al momento dell'adozione del regolamento n. 2821/98, che prevede la revoca dell'autorizzazione alla commercializzazione di determinati additivi nell'alimentazione degli animali, tra cui la zinco-bacitracina, all'interno della Comunità, che l'utilizzazione di questo additivo come promotore di crescita costituiva un rischio per la salute umana. Risulta, al contrario, che le istituzioni comunitarie potevano ragionevolmente considerare che esistevano motivi seri attinenti alla salute umana, ai sensi dell'art. 3 A, lett. e), della direttiva 70/524, relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali, per i quali la zinco-bacitracina, in quanto antibiotico che riceve al contempo una doppia utilizzazione, come additivo nell'alimentazione degli animali e come farmaco per l'uomo, doveva essere riservata all'uso medico.

    ( v. punto 313 )

    13. Il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

    Il legislatore comunitario dispone tuttavia in materia di politica agricola comune di un potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che gli artt. 40 e 43 del Trattato CE (divenuti, in seguito a modifica, artt. 34 CE e 37 CE) gli attribuiscono. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l'istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento.

    ( v. punti 324-325 )

    14. Il diritto ad essere sentiti nell'ambito di un procedimento amministrativo concernente una persona specifica, che dev'essere rispettato anche se non vi sia alcuna disciplina circa la procedura, non può essere trasposto nel contesto di una procedura legislativa che conduce all'adozione di una misura di portata generale. La circostanza che un operatore economico sia direttamente ed individualmente interessato dal regolamento impugnato non può modificare tale conclusione.

    ( v. punto 388 )

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