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Document 61999CJ0238

    Massime della sentenza

    Parole chiave
    Massima

    Parole chiave

    1. Tribunale - Organizzazione - Composizione delle sezioni - Assenza o impedimento di un giudice - Carattere definitivo o temporaneo - Irrilevanza

    (Statuto CE della Corte di giustizia, art. 15; regolamento di procedura del Tribunale, artt. 10, n. 1, e 32, n. 1)

    2. Procedura - Autorità di cosa giudicata - Sentenza della Corte, che statuisce definitivamente sulla controversia, emessa su ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Portata

    [Trattato CE, art. 176 (divenuto art. 233 CE); Statuto CE della Corte di giustizia, art. 54, primo comma]

    3. Concorrenza - Procedimento amministrativo - Decisione della Commissione che accerta un'infrazione adottata successivamente all'annullamento di una prima decisione per vizi procedurali - Principio del ne bis in idem - Violazione - Insussistenza

    4. Ricorso di annullamento - Sentenza di annullamento - Portata - Presa in considerazione tanto della motivazione quanto del dispositivo della sentenza - Adozione di un nuovo atto sulla base degli atti preparatori validi che lo hanno preceduto - Ammissibilità

    5. Diritto comunitario - Principi - Diritti della difesa - Ambito d'applicazione - Concorrenza - Procedimento amministrativo - Portata del principio dopo l'annullamento di una prima decisione della Commissione - Audizione delle imprese - Consultazione del comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti - Consigliere-auditore

    (Regolamento del Consiglio n. 17, artt. 10, n. 3, e 19, n. 1; regolamento della Commissione n. 99/63, artt. 1 e 4)

    6. Ricorso di annullamento - Sentenza di annullamento - Effetti - Annullamento di una decisione della Commissione che accerta un'infrazione delle regole di concorrenza - Effetti nei confronti dei destinatari che non hanno proposto ricorso - Insussistenza

    [Trattato CE, artt. 85 e 189 (divenuti rispettivamente art. 81 CE e art. 249 CE) e art. 173 (divenuto, in seguito a modifica, art. 230 CE)]

    7. Concorrenza - Procedimento amministrativo - Prescrizione in materia di azioni - Sospensione - Decisione della Commissione che costituisce oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia - Portata

    [Regolamento (CEE) del Consiglio n. 2988/74, artt. 2 e 3]

    8. Diritto comunitario - Principi - Rispetto di un termine ragionevole - Ambito di applicazione - Concorrenza - Procedimento amministrativo - Procedimento giurisdizionale - Criteri di valutazione

    (Regolamento del Consiglio n. 17)

    9. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Motivi - Violazione dell'obbligo di rispettare un termine ragionevole nei procedimenti amministrativi in materia di concorrenza - Valutazione rientrante nella competenza del Tribunale - Valutazione da svolgere in concreto - Sindacato della Corte - Limiti

    (Art. 225 CE; Statuto CE della Corte di giustizia, art.51, n. 1)

    10. Concorrenza - Procedimento amministrativo - Poteri di accertamento della Commissione - Accertamenti svolti su mandato - Collaborazione volontaria dell'impresa - Conseguenze quanto alla possibilità di accertare un'ingerenza eccessiva dell'autorità pubblica

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 14, n. 2)

    11. Diritto comunitario - Principi - Diritti della difesa - Rispetto nell'ambito dei procedimenti amministrativi - Concorrenza - Decisione di richiesta d'informazioni indirizzata ad una impresa - Violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione - Valutazione che deve essere svolta in concreto dal Tribunale - Sindacato della Corte - Limiti

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 11, nn. 2 e 5)

    12. Concorrenza - Procedimento amministrativo - Poteri di accertamento della Commissione - Uso di informazioni raccolte nel corso di un accertamento effettuato nell'ambito di un altro procedimento - Limiti

    (Regolamento del Consiglio n. 17, artt. 14, nn. 2 e 3, e 20, n. 1)

    13. Concorrenza - Procedimento amministrativo - Accesso al fascicolo - Oggetto - Rispetto dei diritti della difesa - Violazione - Conseguenze

    (Regolamento del Consiglio n. 17, art. 14, n. 1; regolamento della Commissione n. 99/63, artt. 3 e 7-9)

    14. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Motivi - Violazione dei diritti della difesa derivante da un diniego di accesso a documenti opposto nei confronti di un'impresa in un procedimento amministrativo ai sensi delle regole di concorrenza - Motivo che presuppone una valutazione dei fatti che rientra nella competenza esclusiva del Tribunale e che esula, salvo in caso di snaturamento, dal sindacato della Corte

    (Art. 225 CE; Statuto CE della Corte di giustizia, art. 51)

    15. Procedura - Misure di organizzazione del procedimento - Fase orale - Invito a presentare collettivamente motivi comuni - Ammissibilità

    (Regolamento di procedura del Tribunale, art. 64, n. 2)

    16. Procedura - Deduzione di motivi nuovi in corso di causa - Motivo fondato su elementi emersi durante il procedimento - Elementi emersi in seguito ad una misura di organizzazione del procedimento che autorizza l'accesso al fascicolo della Commissione - Ammissibilità

    (Regolamento di procedura del Tribunale, art. 48, n. 2, primo comma)

    17. Procedura - Replica - Requisiti di forma - Esposizione sommaria dei motivi dedotti - Rinvio ad una argomentazione sviluppata durante la fase orale in relazione a motivi contenuti nel ricorso - Ricevibilità

    [Regolamento di procedura del Tribunale, artt. 44, n. 1, lett. c), e 48, n. 2]

    18. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Motivi - Motivo relativo alla mancata pronuncia del Tribunale su un motivo dedotto dinanzi ad esso - Modalità di presentazione

    [Regolamento di procedura della Corte, art. 112, n. 1, lett. c)]

    19. Atti delle istituzioni - Motivazione - Obbligo - Portata - Decisione ai sensi delle regole di concorrenza - Decisione sanzionatoria che interviene dopo l'annullamento di una decisione precedente avente lo stesso oggetto

    [Trattato CE, artt. 85, n. 1, e 190 (divenuti artt. 81, n. 1, CE e 253 CE) e art. 89 (divenuto, in seguito a modifica, art. 85 CE)]

    20. Concorrenza - Ammende - Decisione che infligge ammende - Obbligo di motivazione - Portata - Indicazione degli elementi di valutazione che hanno permesso alla Commissione di misurare la gravità e la durata dell'infrazione

    [Trattato CE, art. 190 (divenuto art. 253 CE); regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2, secondo comma]

    21. Concorrenza - Intese - Pregiudizio per la concorrenza - Criteri di valutazione - Oggetto anticoncorrenziale - Constatazione sufficiente

    [Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

    22. Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado - Competenza della Corte - Contestazione, per motivi di equità, della valutazione compiuta dal Tribunale in ordine all'importo di ammende inflitte a imprese che hanno violato le regole di concorrenza del Trattato - Esclusione - Contestazione di tale valutazione per motivi relativi alla violazione del principio di non discriminazione - Ammissibilità

    [Trattato CE, art. 85, n. 1 (divenuto art. 81, n. 1, CE)]

    23. Ricorso di annullamento - Competenza del giudice comunitario - Contenzioso delle sanzioni adottate nei confronti delle imprese che hanno violato le regole di concorrenza del Trattato - Competenza anche di merito - Sentenza di annullamento pronunciata senza esercizio di detta competenza - Effetto

    [Trattato CE, art. 172 (divenuto art. 229 CE); regolamento del Consiglio n. 17, art. 17]

    Massima

    1. Ai fini dell'applicazione delle regole enunciate dagli artt. 15 dello Statuto della Corte di giustizia, 10, n. 1, e 32, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, relativi alla composizione dei collegi giudicanti del Tribunale, il carattere definitivo o temporaneo dell'impedimento di un giudice non è determinante. Se un'assenza o un impedimento a carattere temporaneo giustificano la modifica della composizione affinché i membri rimangano in numero dispari, lo stesso vale, a maggior ragione, nel caso di impedimento definitivo derivante, ad esempio, dalla scadenza del mandato di un giudice.

    ( v. punti 35-38 )

    2. La Corte, allorché statuisce essa stessa definitivamente sulla controversia in applicazione dell'art. 54 dello Statuto della Corte di giustizia, accogliendo uno o più motivi dedotti dalla ricorrente, non risolve ipso iure tutti i punti di fatto e di diritto prospettati da quest'ultima.

    L'autorità di cosa giudicata di una pronuncia giurisdizionale che delimita gli obblighi incombenti, ai sensi dell'art. 176 del Trattato (divenuto art. 233 CE), alle istituzioni in caso di annullamento di un loro atto riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente da questa decisi.

    ( v. punti 44, 47-48 )

    3. Il principio ne bis in idem, principio fondamentale del diritto comunitario, sancito peraltro dall'art. 4, n. 1, del Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, vieta, in materia di concorrenza, che un'impresa venga condannata o perseguita una seconda volta per un comportamento anticoncorrenziale per il quale sia stata sanzionata o dichiarata non responsabile in forza di una precedente decisione non più impugnabile.

    L'applicazione di tale principio presuppone dunque che vi sia stata una pronuncia sui fatti materiali costituenti la violazione o che la legittimità del giudizio formulato intorno a quest'ultima sia stata verificata.

    Pertanto, il principio ne bis in idem vieta soltanto una nuova valutazione nel merito dei fatti materiali costituenti la violazione, la quale avrebbe come conseguenza l'inflizione di una seconda sanzione, che si cumulerebbe con la prima, nel caso in cui venisse nuovamente ritenuta sussistere una responsabilità, ovvero l'inflizione di una prima sanzione, nell'ipotesi in cui la responsabilità, esclusa dalla prima pronuncia, fosse reputata sussistere dalla seconda.

    Per contro, il detto principio non osta di per sé ad una riattivazione delle procedure sanzionatorie aventi ad oggetto lo stesso comportamento anticoncorrenziale nel caso in cui una prima decisione sia stata annullata per motivi di forma senza che sia intervenuta una pronuncia sul merito dei fatti contestati, poiché in tal caso la decisione di annullamento non ha valore di «assoluzione» nel senso attribuito a tale termine nelle materie riguardanti la repressione degli illeciti. In un'ipotesi siffatta, le sanzioni irrogate dalla nuova decisione non si cumulano con quelle inflitte dalla decisione annullata, bensì vi si sostituiscono.

    ( v. punti 59-62 )

    4. L'annullamento di un atto comunitario non incide necessariamente sugli atti preparatori che lo hanno preceduto, poiché, in linea di principio, il procedimento diretto a sostituire l'atto annullato può essere ripreso dal punto preciso in cui l'illegittimità sanzionata si è verificata.

    ( v. punto 73 )

    5. Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento che può concludersi con l'inflizione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa.

    Gli artt. 19, n. 1, del regolamento n. 17 e 4 del regolamento n. 99/63, che applicano detto principio, obbligano la Commissione a fondare la propria decisione finale soltanto sugli addebiti in ordine ai quali le imprese e le associazioni di imprese interessate hanno potuto esprimere il loro punto di vista.

    Pertanto, il rispetto dei diritti della difesa esige che sia data ad ogni impresa o associazione di imprese interessata la possibilità di essere sentita sugli addebiti che la Commissione intende muovere nei confronti di ciascuna di esse nella decisione finale che accerta l'infrazione alle regole di concorrenza.

    Qualora la Commissione, dopo l'annullamento di una decisione che infligge sanzioni ad imprese che hanno violato l'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità della sua adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, adotti una nuova decisione, dal contenuto sostanzialmente identico e fondata sugli stessi addebiti, essa non è obbligata a procedere ad una nuova audizione delle imprese di cui trattasi, con la conseguenza che non è neanche tenuta a procedere ad una nuova consultazione del comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti, né a fare intervenire nuovamente il consigliere-auditore.

    ( v. punti 85-87, 114, 118, 122, 126 )

    6. Una decisione adottata in materia di concorrenza nei confronti di più imprese, benché predisposta e pubblicata sotto forma di decisione unica, deve essere considerata come un complesso di decisioni individuali che dichiarano, nei confronti di ciascuna impresa destinataria, la sussistenza della o delle infrazioni addebitatele, infliggendole, se del caso, un'ammenda. Tale decisione può essere annullata soltanto nella parte riguardante i destinatari che abbiano visto accolti i loro ricorsi dinanzi al giudice comunitario e rimane vincolante nei confronti dei destinatari che non abbiano proposto ricorsi di annullamento.

    ( v. punti 99-100 )

    7. L'art. 3 del regolamento n. 2988/74, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza, tutela la Commissione dinanzi agli effetti della prescrizione in situazioni in cui essa deve attendere la decisione del giudice comunitario, nell'ambito di procedimenti sul cui svolgimento essa non ha il controllo assoluto, prima di sapere se l'atto impugnato è viziato o no da illegittimità. Pertanto, l'art. 3 riguarda ipotesi in cui l'inerzia dell'istituzione non è la conseguenza di una mancanza di diligenza.

    Ora, ipotesi siffatte si concretizzano tanto in caso di ricorsi contro gli atti interruttivi elencati all'art. 2 del regolamento n. 2988/74 suscettibili di impugnazione quanto in caso di ricorsi contro una decisione che infligge un'ammenda o una sanzione.

    Sulla scorta di tali premesse, sia il tenore letterale dell'art. 3 che la ratio di tale norma ricomprendono tanto i ricorsi proposti contro gli atti di cui all'art. 2 che sono impugnabili quanto i ricorsi diretti contro la decisione finale della Commissione.

    Di conseguenza, un ricorso diretto contro la decisione finale che infligge sanzioni sospende la prescrizione delle azioni sanzionatorie fino a che il giudice comunitario non si sia definitivamente pronunciato sul detto ricorso.

    ( v. punti 144-147 )

    8. Il principio generale del termine ragionevole deve essere necessariamente rispettato, in materia di concorrenza, tanto nei procedimenti amministrativi attivati a norma del regolamento n. 17 e suscettibili di sfociare nell'adozione delle sanzioni previste da quest'ultimo, quanto nei procedimenti giurisdizionali in caso di ricorso contro la decisione della Commissione. Per valutare se tale rispetto sia stato garantito nella fase del procedimento amministrativo possono distinguersi due fasi successive, la prima delle quali va dalla data di adozione delle misure della Commissione che implicano l'addebito di una violazione e che determinano importanti ripercussioni sulla situazione delle imprese sospettate fino alla comunicazione degli addebiti, e, la seconda, che va dalla comunicazione degli addebiti all'adozione della decisione finale.

    Il carattere ragionevole del termine è valutato alla luce delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, alla luce della rilevanza della controversia per l'interessato, della complessità del caso in esame, nonché del comportamento del ricorrente e di quello delle autorità competenti.

    Tuttavia, l'elencazione di tali criteri non è esaustiva e la valutazione del carattere ragionevole del termine non richiede un esame sistematico delle circostanze del caso di cui trattasi alla luce di ciascuno dei detti criteri quando la durata del procedimento appaia giustificata alla luce di uno solo di essi. La funzione di tali criteri è quella di stabilire se il tempo impiegato per definire una pratica sia o no giustificato. Pertanto, la complessità del caso ovvero un comportamento dilatorio del ricorrente può essere considerato valida giustificazione di un termine a prima vista troppo lungo. Per contro, un termine può ritenersi eccedere i limiti della ragionevolezza anche alla luce di un solo criterio, in particolare qualora la sua durata derivi dal comportamento delle autorità competenti. Se del caso, la durata di una fase del procedimento può essere a prima vista qualificata ragionevole qualora appaia conforme al tempo medio di definizione di un caso del tipo di quello in questione.

    ( v. punti 179, 181-183, 187-188, 207, 210 )

    9. Il carattere ragionevole di un termine in un procedimento amministrativo non può essere esaminato facendo riferimento ad un limite massimo preciso, determinato astrattamente, ma dev'essere valutato di volta in volta alla luce delle circostanze del caso di specie.

    Una prima valutazione a carattere generale è intesa a stabilire se la durata della fase di cui trattasi appaia, prima facie, eccessivamente lunga in rapporto al procedimento avviato. In caso affermativo, occorre verificare in concreto se siano riscontrabili ritardi non giustificabili dalle circostanze proprie del caso di specie.

    In proposito, per quanto riguarda un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, il Tribunale accerta e valuta sovranamente i fatti pertinenti, salvo in caso di loro snaturamento, per poi qualificarli giuridicamente, sotto il controllo della Corte, alla luce del principio del rispetto di un termine ragionevole.

    ( v. punti 192-194 )

    10. Emerge dall'art. 14, n. 2, del regolamento n. 17 che, a differenza di quelli ordinati con decisione ai sensi dell'art. 14, n. 3, dello stesso regolamento, gli accertamenti effettuati in base a semplice mandato si fondano sulla collaborazione volontaria delle imprese. Se un'impresa ha effettivamente collaborato a un accertamento effettuato in base a un mandato, l'addebito attinente ad una ingerenza eccessiva dell'autorità pubblica nella sua sfera di attività private è infondato, in mancanza di elementi che dimostrino che la Commissione ha oltrepassato i limiti della collaborazione offerta dall'impresa.

    ( v. punti 252-254 )

    11. Una violazione del diritto a non contribuire alla propria incolpazione presuppone, da un lato, l'esercizio di una coercizione sull'autore presunto di un'infrazione per ottenere da quest'ultimo talune informazioni e, dall'altro, un'offesa effettiva al diritto di cui trattasi.

    Per quanto riguarda le domande di informazioni inviate ai sensi dell'art. 11, n. 2, del regolamento n. 17, un'impresa non ha l'obbligo di rispondervi.

    Per quanto riguarda le decisioni recanti richieste di informazioni, adottate a norma dell'art. 11, n. 5, del regolamento n. 17, la valutazione dell'esistenza di un'offesa al diritto di non contribuire alla propria incolpazione presuppone una valutazione di natura fattuale, tanto al livello del contenuto delle richieste quanto a quello delle risposte ricevute, che, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi ad esso, non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte.

    ( v. punti 275-285 )

    12. Dagli artt. 20, n. 1, e 14, nn. 2 e 3, del regolamento n. 17 risulta che le informazioni raccolte durante gli accertamenti non devono essere utilizzate per scopi diversi da quelli indicati nel mandato di accertamento o nella decisione di accertamento.

    Tale prescrizione è intesa a tutelare, oltre al segreto professionale, cui fa esplicito riferimento l'art. 20 del regolamento n. 17, anche i diritti della difesa delle imprese, diritti che, allo stesso tempo, rientrano tra i principi fondamentali del diritto comunitario e sono sanciti dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, la cui interpretazione da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo deve essere presa in considerazione dal giudice comunitario.

    Tali diritti sarebbero gravemente compromessi qualora la Commissione potesse fondarsi, nei confronti delle imprese, su prove che, conseguite durante un accertamento, siano estranee all'oggetto ed allo scopo di questo.

    Tuttavia, non se ne può concludere che alla Commissione sia fatto divieto di avviare un procedimento d'indagine al fine di accertare l'esattezza o di completare informazioni di cui essa sia venuta incidentalmente a conoscenza durante un accertamento precedente qualora dette informazioni provino l'esistenza di comportamenti in contrasto con le norme del Trattato in materia di concorrenza.

    Da un lato, infatti, le imprese non vengono minimamente private della tutela offerta dall'art. 20 del regolamento n. 17 qualora la Commissione richieda nuovamente un documento. In tale ipotesi, esse si trovano, sotto il profilo della difesa dei loro diritti, nella stessa situazione in cui si troverebbero se la Commissione non disponesse ancora del documento, essendo a quest'ultima vietata l'utilizzazione diretta quale prova, nell'ambito di un secondo procedimento, di un documento ottenuto in un procedimento antecedente. Dall'altro, la circostanza che la Commissione abbia ottenuto per la prima volta dei documenti nell'ambito di una determinata procedura non dà una garanzia assoluta che questi documenti non possano essere legittimamente richiesti nell'ambito di una procedura diversa ed utilizzati come prove.

    ( v. punti 274, 298-301, 305-306 )

    13. L'accesso al fascicolo nell'ambito dei procedimenti in materia di concorrenza ha lo scopo, in particolare, di permettere ai destinatari di una comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché possano pronunciarsi in modo efficace, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui la Commissione è pervenuta nella detta comunicazione degli addebiti. Il diritto d'accesso al fascicolo della Commissione mira a garantire un esercizio effettivo dei diritti della difesa, diritti che, allo stesso tempo, rientrano tra i principi fondamentali del diritto comunitario e sono sanciti dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

    La violazione del diritto di accesso al fascicolo della Commissione nel corso del procedimento preliminare all'adozione della decisione può, in linea di principio, comportare l'annullamento di tale decisione quando siano stati lesi i diritti della difesa dell'impresa interessata.

    In tale ipotesi, la violazione intervenuta non è sanata dal semplice fatto che l'accesso è stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un eventuale ricorso diretto all'annullamento della decisione contestata. Qualora l'accesso sia stato autorizzato in tale fase, l'impresa interessata non deve dimostrare che, se essa avesse avuto accesso ai documenti non forniti, la decisione della Commissione avrebbe avuto un contenuto differente, ma soltanto che avrebbe potuto utilizzare detti documenti per difendersi.

    ( v. punti 315-318 )

    14. La valutazione del Tribunale riguardante la questione se taluni documenti, ai quali non ha avuto accesso un'impresa cui è stata contestata una violazione delle norme del Trattato in materia di concorrenza, avrebbero potuto essere utilizzati dalla detta impresa per la propria difesa attiene ad una questione di fatto. Pertanto, salvo in caso di snaturamento degli elementi di prova addotti, essa non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al sindacato della Corte.

    ( v. punti 330-331 )

    15. A norma dell'art. 64, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, le misure di organizzazione del procedimento hanno, in particolare, lo scopo di garantire il corretto svolgimento della fase orale.

    Pertanto, il Tribunale può, nel rispetto del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa, anch'essi sanciti dall'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, invitare le parti a presentare collettivamente i motivi comuni al fine di evitare la ripetizione di argomentazioni identiche, mentre ciascuna parte conserva la facoltà di presentare in forma complementare gli argomenti ad essa propri.

    ( v. punti 348-349 )

    16. Ai sensi dell'art. 48, n. 2, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale, la deduzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che essi non si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

    Tale disposizione non esclude in alcun modo che determinati elementi di diritto o di fatto possano essere stati scoperti per effetto di una misura di organizzazione del procedimento che, in presenza di una pluralità di ricorrenti, ha autorizzato l'accesso al fascicolo della Commissione all'insieme di queste ultime, ivi comprese quelle che non avevano dedotto un motivo relativo alla violazione del loro diritto di accesso al detto fascicolo.

    Inoltre, la detta disposizione autorizza la presentazione di qualsiasi motivo nuovo che si fondi su tali elementi. Pertanto, in circostanze quali quelle considerate al punto precedente, non può escludersi che una ricorrente possa dedurre, quale motivo nuovo, un motivo riguardante proprio la violazione del suo diritto di accesso al fascicolo.

    ( v. punti 369-371 )

    17. Il riprendere in forma esaustiva o anche sommaria, in una replica, un insieme di argomenti sviluppati in precedenza nell'ambito di una fase orale in relazione a motivi contenuti nel ricorso introduttivo non costituisce un presupposto ai fini dell'esame, da parte del Tribunale, degli argomenti stessi. Infatti, il detto complesso argomentativo, sin dalla fase orale, risulta inserito tra i fatti di causa ed è noto al giudice adito. Esso deve dunque essere oggetto di un esame da parte di tale giudice, poiché, ove pertinente e collegato a motivi già dedotti, non costituisce un motivo nuovo ai sensi dell'art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

    ( v. punto 385 )

    18. Qualora una parte ricorrente per impugnazione sostenga che il Tribunale non si è pronunciato su un determinato motivo, non può censurarsi tale parte ricorrente, sotto il profilo della ricevibilità del motivo di impugnazione, per il fatto di non citare alcun passaggio od alcuna parte della sentenza impugnata che costituirebbe l'oggetto specifico della doglianza proposta, allorché, in ipotesi, viene fatto valere un vizio di omessa pronuncia. Per lo stesso motivo, non può opporsi alla parte ricorrente suddetta di limitarsi a ripetere o a riprodurre il motivo dedotto in primo grado.

    ( v. punto 423 )

    19. Limitandosi a menzionare il Trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione motiva sufficientemente la sua scelta di adottare, dopo l'annullamento di una decisione precedente a causa di un vizio procedurale concernente esclusivamente le modalità della sua adozione definitiva da parte del collegio dei commissari, una nuova decisione che sanziona imprese che hanno violato l'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE). Infatti, nell'adempimento della missione conferitale dall'art. 89 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 85 CE), la Commissione dispone di un potere discrezionale di avviare procedimenti sanzionatori, nell'ambito della politica generale che essa si è fissata in materia di concorrenza.

    ( v. punti 447-449 )

    20. Nell'ambito di applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), la portata dell'obbligo di motivare il metodo di calcolo dell'ammenda inflitta, incombente alla Commissione in forza dell'art. 190 del Trattato (divenuto art. 253 CE), deve essere determinata alla luce delle disposizioni dell'art. 15, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 17, a norma del quale «occorre tener conto, oltre che della gravità dell'infrazione, anche della sua durata».

    I requisiti della formalità sostanziale costituita dal detto obbligo di motivazione risultano soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell'infrazione.

    Tali requisiti non impongono alla Commissione di indicare nella sua decisione i dati in forma numerica relativi al metodo di calcolo delle ammende, fermo restando comunque che la Commissione non può, avvalendosi esclusivamente e meccanicamente di formule aritmetiche, rinunciare a far uso del proprio potere discrezionale.

    Per quanto riguarda una decisione che infligge ammende a svariate imprese, la portata dell'obbligo di motivazione dev'essere valutata, in particolare, alla luce del fatto che la gravità delle infrazioni va accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l'efficacia dissuasiva delle ammende, senza che a tal fine sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione.

    ( v. punti 462-465 )

    21. Ai fini dell'applicazione dell'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE), è sufficiente che un accordo abbia per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza, a prescindere dai suoi effetti concreti.

    Di conseguenza, nel caso di accordi che si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti, si verifica un'infrazione alla detta disposizione qualora tali riunioni abbiano un oggetto siffatto e mirino in tal modo ad organizzare artificialmente il funzionamento del mercato. Risulta validamente accertata la responsabilità di una determinata impresa per l'infrazione in questione allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l'oggetto, anche se non ha poi attuato l'una o l'altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse.

    La maggiore o minore assiduità dell'impresa alle riunioni nonché l'attuazione più o meno completa delle misure concordate hanno conseguenze non già sul sussistere della responsabilità dell'impresa stessa, bensì sull'ampiezza di tale responsabilità e dunque sull'entità della sanzione.

    ( v. punti 508-510 )

    22. Non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell'ambito di un ricorso contro una sentenza del Tribunale di primo grado, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell'esercizio della sua competenza anche di merito, sull'ammontare delle ammende inflitte ad imprese in seguito alla violazione, da parte di queste ultime, del diritto comunitario. Nondimeno, l'esercizio di siffatta competenza non può comportare, in sede di determinazione dell'importo delle dette ammende, una discriminazione tra le imprese che hanno preso parte ad un accordo o ad una pratica concordata in contrasto con l'art. 85, n. 1, del Trattato (divenuto art. 81, n. 1, CE).

    ( v. punti 614, 617 )

    23. Gli artt. 172 del Trattato (divenuto art. 229 CE) e 17 del regolamento n. 17, letti in connessione con l'art. 87, n. 2, lett. d), del Trattato [divenuto, in seguito a modifica, art. 83, n. 2, lett. d), CE], i quali attribuiscono al giudice comunitario una competenza giurisdizionale anche di merito in ordine agli atti della Commissione che infliggono ammende in materia di concorrenza, riguardano soltanto l'intensità del controllo esercitato dal giudice comunitario sulle decisioni della Commissione in materia di concorrenza. Al di là del semplice controllo di legittimità, che consente soltanto di respingere il ricorso di annullamento o di annullare l'atto impugnato, la competenza giurisdizionale anche di merito di cui il giudice comunitario dispone lo legittima a riformare l'atto censurato, anche in assenza di annullamento, tenendo conto di tutte le circostanze di fatto, al fine di modificare, ad esempio, l'importo dell'ammenda inflitta.

    Tuttavia, la semplice presentazione di un ricorso in sede giurisdizionale non comporta un trasferimento definitivo, al giudice comunitario, del potere di infliggere sanzioni. La Commissione viene definitivamente privata del suo potere una volta che il giudice abbia effettivamente esercitato la propria competenza giurisdizionale anche di merito. Per contro, quando il giudice si limita ad annullare una decisione a motivo di un'illegittimità, senza statuire direttamente sull'effettiva sussistenza della violazione e sulla sanzione, l'istituzione da cui promana l'atto annullato può riprendere il procedimento dal punto in cui si è verificata l'illegittimità accertata ed esercitare nuovamente il proprio potere sanzionatorio.

    ( v. punti 692-693 )

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