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Document 62000CJ0187

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 20 marzo 2003.
Helga Kutz-Bauer contro Freie und Hansestadt Hamburg.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Arbeitsgericht Hamburg - Germania.
Politica sociale - Parità di trattamento tra uomini e donne - Regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età - Direttiva 76/207/CEE - Discriminazione indiretta - Giustificazione oggettiva.
Causa C-187/00.

Raccolta della Giurisprudenza 2003 I-02741

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2003:168

62000J0187

Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 20 marzo 2003. - Helga Kutz-Bauer contro Freie und Hansestadt Hamburg. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Arbeitsgericht Hamburg - Germania. - Politica sociale - Parità di trattamento tra uomini e donne - Regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età - Direttiva 76/207/CEE - Discriminazione indiretta - Giustificazione oggettiva. - Causa C-187/00.

raccolta della giurisprudenza 2003 pagina I-02741


Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parti


Nel procedimento C-187/00,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dall'Arbeitsgericht Hamburg (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Helga Kutz-Bauer

e

Freie und Hansestadt Hamburg,

domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40),

LA CORTE

(Sesta Sezione),

composta dal sig. R. Schintgen, presidente della Seconda Sezione, facente funzione di presidente della Sesta Sezione, dai sigg. C. Gulmann e V. Skouris, e dalla sig.ra F. Macken (relatore) e dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la sig.ra Kutz-Bauer, dal sig. K. Bertelsmann, Rechtsanwalt;

- per la Freie und Hansestadt Hamburg, dal sig. T. Scholle, Rechtsanwalt;

- per il governo tedesco, dai sigg. W.-D. Plessing e T. Jürgensen, in qualità di agenti;

- per Commissione delle Comunità europee, dal sig. J. Sack, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della sig.ra Kutz-Bauer, della Freie und Hansestadt Hamburg, del governo tedesco e della Commissione, all'udienza del 23 ottobre 2001,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 5 febbraio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 3 maggio 2000 e con ordinanza integrativa 29 giugno 2000, pervenute in cancelleria il 19 maggio e, rispettivamente, il 4 luglio 2000, l'Arbeitsgericht Hamburg ha sottoposto a questa Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, due questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia che oppone la sig.ra Kutz-Bauer alla Freie und Hansestadt Hamburg (in prosieguo: la «città di Amburgo») per non essere stata ammessa al regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età previsto da un contratto collettivo applicabile al pubblico impiego.

Normativa comunitaria

La direttiva 76/207

3 Dall'art. 1, n. 1, della direttiva 76/207 risulta che questa mira ad attuare, negli Stati membri, il principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, ivi compresa la promozione, e l'accesso alla formazione professionale, nonché le condizioni di lavoro e, alle condizioni di cui al n. 2 dello stesso articolo, la sicurezza sociale.

4 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207:

«Ai sensi delle seguenti disposizioni il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia».

5 L'art. 5 della direttiva 76/207 dispone:

«1. L'applicazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni inerenti al licenziamento, implica che siano garantite agli uomini e alle donne le medesime condizioni, senza discriminazioni fondate sul sesso.

2. A tal fine, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché:

a) siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento;

b) siano nulle, possano essere dichiarate nulle o possano essere modificate le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi o nei contratti individuali di lavoro, nei regolamenti interni delle imprese nonché negli statuti delle professioni indipendenti;

c) siano riesaminate quelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento, originariamente ispirate da motivi di protezione non più giustificati; per le disposizioni contrattuali di analoga natura, le parti sociali siano sollecitate a procedere alle opportune revisioni».

La direttiva 79/7/CEE

6 Ai termini dell'art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24):

«1. La presente direttiva si applica:

a) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti:

- malattia,

- invalidità,

- vecchiaia,

- infortunio sul lavoro e malattia professionale,

- disoccupazione.

b) Alle disposizioni concernenti l'assistenza sociale, nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lett. a) o a supplire ad essi».

7 L'art. 4, n. 1, della direttiva 79/7 stabilisce che il principio della parità di trattamento implica l'assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia.

8 L'art. 7, n. 1, lett. a), della direttiva 79/7 stabilisce che questa non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione la fissazione del limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni.

Normativa tedesca

9 In Germania, i regimi delle pensioni di vecchiaia e di lavoro a tempo parziale per motivi di età sono disciplinati ai livelli federale e regionale. Esse costituiscono pure oggetto di contratti collettivi.

Disposizioni tedesche relative alla pensione

10 Le condizioni per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia sono stabilite nel libro VI del Sozialgesetzbuch (codice sociale tedesco; in prosieguo: il «SGB VI»).

11 L'art. 35 del SGB VI, relativo alla pensione di vecchiaia ordinaria, dispone:

«Gli assicurati hanno diritto a una pensione di vecchiaia

1) qualora abbiano compiuto il 65_ anno di età

2) ed abbiano osservato il periodo minimo di contribuzione».

12 L'art. 38 del SGB VI, nella versione vigente fino al 31 dicembre 1999, disciplinava la pensione di vecchiaia per disoccupazione e a seguito di lavoro a tempo parziale per ragioni di età. Esso stabiliva che gli assicurati avevano diritto ad una pensione di vecchiaia qualora, in particolare, avessero compiuto i 60 anni, esercitato un'attività di lavoro a tempo parziale per ragioni di età per 24 mesi di calendario ed osservato un periodo minimo di contribuzione di 15 anni.

13 L'art. 39 del SGB VI, nella versione in vigore fino al 31 dicembre 1999, prevedeva che gli assicurati di sesso femminile avessero diritto ad una pensione di vecchiaia qualora, in particolare, avessero compiuto l'età di 60 anni.

14 Ai sensi dello Hamburgisches Ruhegeldgesetz (legge del Land di Amburgo sulla pensione di vecchiaia), i lavoratori di sesso maschile devono lavorare sino al compimento del 65_ anno di età per fruire di una pensione di vecchiaia al tasso pieno erogata dal regime legale, mentre i lavoratori di sesso femminile hanno diritto ad una siffatta pensione al tasso pieno fin dal compimento del 60_ anno d'età.

15 Lo Hamburgisches Ruhegeldgesetz prevede che la riscossione da parte delle donne di una pensione di vecchiaia al tasso pieno non appena ne abbiano la possibilità non abbia come conseguenza una riduzione o la sospensione della loro pensione integrativa.

Norme tedesche relative al lavoro a tempo parziale per motivi di età

16 Il regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età è disciplinato dall'Altersteilzeitgesetz (legge sul lavoro a tempo parziale per ragioni di età) del 23 luglio 1996 (in prosieguo: l'«AltTZG», BGBl. 1996 I, pag. 1078).

17 Dall'art. 1, n. 1, dell'AltTZG risulta che questo mira a facilitare ai lavoratori di una certa età il passaggio progressivo dalla vita attiva alla pensione.

18 Ai sensi dell'art. 1, n. 2, dell'AltTZG, il Bundesanstalt für Arbeit (Ufficio federale del lavoro; in prosieguo: il «Bundesanstalt») sostiene, mediante prestazioni previste da tale legge, il lavoro a tempo parziale dei lavoratori che, non oltre il 1_ luglio 2004, riducono l'orario di lavoro una volta raggiunti i 55 anni di età e consentono quindi l'assunzione di lavoratori che, in mancanza, si troverebbero disoccupati.

19 In conformità alle disposizioni dell'AltTZG, il lavoro a tempo parziale per motivi di età può o assumere la forma di una riduzione uniforme dell'orario di lavoro sull'intero periodo considerato o rientrare nella formula «in blocco» secondo cui un periodo lavorato a tempo pieno è seguito da un periodo durante il quale il lavoratore conserva il suo status di dipendente anche se cessa di lavorare.

20 Ai sensi dell'art. 2, n. 1, sub. 1 e 2, dell'AltTZG, le prestazioni sono concesse a lavoratori che abbiano compiuto i 55 anni di età e che abbiano concluso con il loro datore di lavoro un accordo che comprenda almeno il periodo che va fino al momento in cui essi hanno diritto ad una pensione di vecchiaia e che riduce il loro orario di lavoro.

21 Ai sensi dell'art. 3, n. 1, sub 2 e 3, dell'AltTZG, un datore di lavoro è tenuto ad assumere un disoccupato perché lavori o a fianco del lavoratore posto in regime di lavoro a tempo parziale per motivi d'età o, se il lavoratore ha fruito del regime di lavoro a tempo parziale «in blocco», successivamente al collocamento in pensione del suddetto lavoratore.

22 Il ricorso al regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età viene incoraggiato, da una parte, con una retribuzione più alta, pari almeno al 70% dello stipendio netto a tempo pieno a norma dell'art. 3, n. 1, sub 1, lett. a), dell'AltTZG.

23 Dall'altra, in forza dell'art. 4 di tale legge, il Bundesanstalt für Arbeit rimborsa le spese sostenute dal datore di lavoro a causa dell'aumento della retribuzione del lavoratore a tempo parziale e dei contributi previdenziali.

24 Tuttavia, tali spese non vengono rimborsate nel caso in cui il datore di lavoro non soddisfi le condizioni di cui all'art. 3, n. 1, sub 2 e 3, dell'AltTZG quanto all'assunzione di un disoccupato. Inoltre, ai sensi dell'art. 8, n. 2, della stessa legge, un datore di lavoro non è dispensato dall'obbligo di pagare al lavoratore la retribuzione più elevata prevista dall'art. 3, n. 1, sub 1, lett. a), dell'AltTZG ove non soddisfi più le condizioni per essere rimborsato dal Bundesanstalt.

25 Dall'art. 5, n. 1, dell'AltTZG risulta che l'intervento finanziario del Bundesanstalt cessa, in particolare, quando il lavoratore compie il 65_ anno di età o alla data in cui può aver diritto ad una pensione di vecchiaia a tasso pieno.

26 Il Tarifvertrag zur Regelung der Altersteilzeitarbeit (contratto collettivo relativo al lavoro a tempo parziale per motivi di età) del 5 maggio 1998 (in prosieguo: il «TV ATZ») costituiva il contratto collettivo sul lavoro a tempo parziale per motivi di età applicabile al pubblico impiego al momento dei fatti del procedimento principale. Esso è stato stipulato in considerazione delle possibilità offerte dall'AltTZG.

27 Il preambolo del TV ATZ è formulato come segue:

«Le parti al contratto mirano, mediante tale contratto, a consentire ai dipendenti di una certa età il passaggio graduale dalla vita attiva alla pensione ed a creare, in tal modo, possibilità di assunzione per dipendenti in formazione (apprendisti) e disoccupati».

28 Ai termini dell'art. 2, nn. 1 e 2, del TV ATZ:

«1. Il datore di lavoro può stipulare con i dipendenti che lavorano a tempo pieno, che abbiano compiuto almeno 55 anni e che possono far valere un periodo di attività (...) di 5 anni e che hanno lavorato durante i 5 ultimi anni almeno 1 080 giorni civili in considerazione del tempo di lavoro settimanale stabilito per legge, una modifica del loro contratto di lavoro in contratto di lavoro a tempo parziale per motivi di età sulla base dell'[AltTZG] (...)

2. I dipendenti che abbiano compiuto il 60_ anno di età e che soddisfino le condizioni previste al paragrafo 1 hanno diritto di stipulare una contratto di lavoro a tempo parziale per motivi di età (...)».

29 Gli artt. 4, n. 1, e 5, nn. 1 e 2, del TV ATZ prevedono una retribuzione pari a quella prevista per il lavoro a tempo parziale maggiorata del 20% dell'importo pagato per il lavoro a tempo parziale. Comunque, il beneficiario del regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età ha la garanzia di riscuotere una retribuzione pari all'83% dell'importo netto della retribuzione che gli sarebbe dovuta per un lavoro a tempo pieno.

30 L'art. 9, nn. 1 e 2, del TV ATZ dispone:

«1. Il rapporto di lavoro cessa alla data indicata nell'accordo di lavoro a tempo parziale per motivi di età.

2. Lasciando impregiudicate le altre condizioni di cessazione previste in contratti collettivi (...), il rapporto di lavoro cessa

a) al termine del mese civile che precede quello a partire dal quale il dipendente può aver diritto ad una pensione di vecchiaia in ragione dell'età o, quando è dispensato dall'iscrizione obbligatoria al regime generale di pensione, ad una prestazione comparabile erogata da un'istituzione pensionistica o assicurativa o da una compagnia di assicurazioni; tale principio non si applica alle pensioni cui è possibile aver diritto prima di aver raggiunto l'età della pensione pertinente per l'assicurato, ovvero

b) all'inizio del mese civile a partire dal quale il dipendente riscuote una pensione di vecchiaia, una prestazione compensativa per i minori, una prestazione analoga rientrante nel diritto pubblico o, ove non sia più soggetto all'obbligo di assicurazione nel regime legale di sicurezza sociale, ad una prestazione analoga erogata da un'istituzione assicurativa o pensionistica o da una compagnia di assicurazioni (...)».

Il giudizio principale e le questioni pregiudiziali

31 La sig.ra Kutz-Bauer, nata il 21 agosto 1939, è dipendente della città di Amburgo, in qualità di direttrice della Landeszentrale für politische Bildung (Centro regionale per la formazione politica).

32 Essa ha chiesto al suo datore di lavoro di stipulare un contratto che l'ammettesse, per il periodo di cinque anni dal 1_ settembre 1999 alla data del 31 agosto 2004 in cui essa avrebbe compiuto i 65 anni, a fruire del regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età secondo la formula di lavoro «in blocco». In base a questa formula, ella avrebbe esercitato la sua attività a tempo pieno per due anni e mezzo e si sarebbe astenuta dal lavoro per il resto di tale periodo di cinque anni.

33 Previa disamina, la città di Amburgo ha respinto tale domanda con lettera 21 dicembre 1998. La sig.ra Kutz-Bauer avrebbe soddisfatto i criteri personali che danno diritto al lavoro a tempo parziale per motivi di età in conformità all'art. 2 del TV ATZ. Tuttavia, ai sensi dell'art. 9, n. 2, della TV ATZ, un contratto di lavoro a tempo parziale per motivi di età stipulato tra le parti nella causa principale avrebbe avuto come conseguenza di far cessare immediatamente il loro rapporto di lavoro.

34 La seconda richiesta della sig.ra Kutz-Bauer è stata respinta con lettera della città di Amburgo datata 6 luglio 1999 con la motivazione che sarebbe certamente esistito un diritto ad un contratto di lavoro a tempo parziale per motivi di età una volta compiuti i 60 anni, ma che il rapporto di lavoro sarebbe cionondimeno cessato automaticamente in pari data in forza dell'art. 9 del TV ATZ, giacché non ne sarebbe derivato, in base allo Hamburgisches Ruhegeldgesetz, alcuna riduzione della pensione integrativa.

35 Dinanzi al giudice a quo, la sig.ra Kutz-Bauer ha fatto valere che il rifiuto di riconoscerle un diritto al lavoro a tempo parziale per motivi di età costituiva una discriminazione indiretta basata sul sesso in contrasto con la direttiva 76/207.

36 Ritenendo che la soluzione della controversia ad esso sottoposta richiedesse l'interpretazione delle disposizioni della direttiva 76/207, l'Arbeitsgericht Hamburg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se una disposizione di un contratto collettivo per il pubblico impiego che consente ai dipendenti di sesso maschile e a quelli di sesso femminile di chiedere di lavorare a tempo parziale per motivi di età sia incompatibile con gli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva 76/207/CEE, qualora conceda il diritto di lavorare a tempo parziale per motivi di età solo fino alla data in cui si può far valere il diritto a una pensione senza decurtazioni in base al regime legale di assicurazione per la vecchiaia e qualora la categoria di persone che può già ottenere una pensione senza decurtazioni all'età di 60 anni sia costituita quasi esclusivamente da donne, mentre la categoria che può ottenere una pensione senza decurtazioni solo dall'età di 65 anni è costituita quasi esclusivamente da uomini.

2) Se i giudici nazionali siano competenti, qualora disposizioni di contratti collettivi e disposizioni legislative siano incompatibili con le direttive 76/207/CEE e 79/7/CEE, ad applicare le corrispondenti disposizioni a favore delle categorie svantaggiate, senza tener conto delle limitazioni incompatibili con il diritto comunitario, finché norme non discriminatorie siano adottate dalle parti del contratto collettivo o dal legislatore».

Sulla prima questione

37 Con la prima questione, il giudice a quo chiede se gli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva 76/207 debbano interpretarsi nel senso che ostano ad una disposizione di un contratto collettivo applicabile al pubblico impiego che autorizza i dipendenti di sesso maschile e quelli di sesso femminile a fruire del lavoro a tempo parziale per motivi di età, quando tale disposizione concede il diritto ad un siffatto lavoro a tempo parziale solo fino alla data in cui si può far valere per la prima volta il diritto ad una pensione di vecchiaia a tasso pieno erogata dal regime legale di assicurazione per la vecchiaia e qualora la categoria di persone che può ottenere una siffatta pensione all'età di 60 anni sia costituita quasi esclusivamente da donne, mentre la categoria che può ottenere una siffatta pensione solo dall'età di 65 anni è costituita quasi esclusivamente da uomini.

Osservazioni presentate alla Corte

38 Tanto la sig.ra Kutz-Bauer quanto la Commissione sostengono che la disparità di trattamento tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile istituita dal TV ATZ nel regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 76/207, in particolare degli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, di tale direttiva, in quanto detto regime inciderebbe sulle condizioni di lavoro oggetto di quest'ultima disposizione.

39 Secondo la Commissione, un contratto che definisca un regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età non fa parte dei regimi legali che garantiscono una tutela contro il rischio di vecchiaia e ai quali si applica la direttiva 79/7, in conformità al suo art. 3. Non sarebbe quindi necessario esaminare la questione se le disposizioni della direttiva 79/7 possano limitare la portata dell'art. 2, n. 1, della direttiva 76/207.

40 La Commissione sostiene inoltre che l'art. 7, n. 1, della direttiva 79/7 può naturalmente applicarsi solo a prestazioni che rientrano nella sicurezza sociale e che gli argomenti invocati dalla città di Amburgo non possono ostare all'applicazione degli artt. 2 e 5 della direttiva 76/207. La prima questione andrebbe quindi risolta in senso affermativo.

41 Per contro, il governo tedesco fa valere che, tenuto conto della finalità e della sistematica del regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età in questione nel procedimento principale, a tale regime si applica la direttiva 79/7. Il detto regime mirerebbe, da un canto, a facilitare ai lavoratori di una certa età il passaggio progressivo dalla vita attiva alla pensione e, dall'altro, ad offrire ai giovani lavoratori possibilità di assunzioni liberando posti di lavoro.

42 Inoltre, secondo tale governo, concorrono nella fattispecie principale le condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza 30 marzo 1993, causa C-328/91, Thomas e a. (Racc. pag. I-1247), per l'applicazione della deroga di cui all'art. 7, n. 1, della direttiva 79/7. La normativa tedesca riguardante il lavoro a tempo parziale per motivi di età tenderebbe infatti a garantire la coerenza tra il regime di sostegno finanziario di un siffatto lavoro ed il regime pensionistico. Per evitare una sovrapposizione tra i regimi dell'assicurazione disoccupazione e dell'assicurazione vecchiaia, occorrerebbe evitare che dei lavoratori subordinati che possono già riscuotere una pensione di vecchiaia a tasso pieno profittino inoltre degli stanziamenti di sostegno del Bundesanstalt für Arbeit.

Soluzione della Corte

43 Al fine di dare una soluzione utile al giudice a quo, occorre accertare in via preliminare se il regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età in questione nella causa principale rientri nella direttiva 76/207 o se, in base alla tesi del governo tedesco, rientri nella direttiva 79/7.

44 In proposito, si deve constatare che il regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età mira a ridurre il tempo di lavoro normale, o con una riduzione uniforme della durata del lavoro per l'intero periodo considerato, o con un'uscita anticipata dalla vita professionale. In entrambi i casi, il suddetto regime incide sull'esercizio dell'attività professionale dei lavoratori interessati modificando il loro tempo di lavoro.

45 Si deve, quindi, constatare che il regime in questione nella causa principale stabiliva norme relative a condizioni di lavoro, ai sensi dell'art. 5, n. 1, della direttiva 76/207.

46 Contrariamente a quanto sostiene il governo tedesco, tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto che il contratto collettivo in questione nella causa principale mirava a consentire ai dipendenti di una certa età il passaggio graduale dalla vita attiva alla pensione ed a creare, in tal modo, possibilità di assunzione per dipendenti in formazione e disoccupati. La circostanza che il suddetto contratto perseguisse questi due obiettivi non è sufficiente per far rientrare il regime in questione nella causa principale nell'ambito di applicazione della direttiva 79/7.

47 E' quindi a buon diritto che la prima questione verte sull'interpretazione degli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva 76/207.

48 Dalla prima questione pregiudiziale risulta che la categoria di persone che può già ottenere una pensione senza decurtazioni da parte del regime legale di assicurazione pensione all'età di 60 anni è costituita quasi esclusivamente da donne, mentre la categoria che può ottenere una siffatta pensione solo dall'età di 65 anni è costituita quasi esclusivamente da uomini.

49 Dal fascicolo risulta che, mentre tanto i lavoratori di sesso femminile quanto i lavoratori di sesso maschile possono fruire del regime di lavoro a tempo parziale a decorrere dall'età di 55 anni col consenso del loro datore di lavoro, i lavoratori che hanno il diritto a fruire del suddetto regime per un periodo di cinque anni, a partire dall'età di 60 anni, sono per la maggior parte di sesso maschile.

50 Ciò posto, si deve constatare che disposizioni come quelle in esame nella causa principale si risolvono di fatto in una discriminazione delle lavoratrici rispetto ai lavoratori e devono, in linea di principio, essere considerate in contrasto con gli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva 76/207. La situazione sarebbe diversa solo nel caso in cui la differenza di trattamento fra le due categorie di lavoratori fosse giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso (v., in tal senso, sentenze 13 luglio 1989, causa 171/88, Rinner-Kühn, Racc. pag. 2743, punto 12; 17 giugno 1998, causa C-243/95, Hill e Stapleton, Racc. pag. I-3739, punto 34, e 6 aprile 2000, causa C-226/98, Jørgensen, Racc. pag. I-2447, punto 29).

51 Spetta al giudice nazionale, che è il solo competente per valutare i fatti e per interpretare la normativa nazionale, stabilire se questo è il nostro caso. Occorre in proposito accertare, alla luce di tutti gli elementi pertinenti e tenendo conto della possibilità di conseguire con altri mezzi gli obiettivi perseguiti dalle norme in questione, se i suddetti obiettivi risultino estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso e se tali norme siano, come strumenti destinati a conseguire determinati scopi, idonee a contribuire alla loro realizzazione (v., in tal senso, sentenza 9 febbraio 1999, causa C-167/97, Seymour-Smith e Perez, Racc. pag. I-623, punto 72).

52 Tuttavia, ancorché spetti al giudice nazionale, nel contesto di un rinvio pregiudiziale, accertare l'esistenza di siffatte ragioni obiettive nel caso concreto per il quale è stato adito, la Corte, chiamata a fornire al giudice nazionale risposte utili, è competente a fornire indicazioni, tratte dal fascicolo della causa a qua come pure dalle osservazioni scritte ed orali sottopostele, idonee a mettere il giudice nazionale in grado di decidere (v. sentenze Hill e Stapleton, cit., punto 36, e Seymour-Smith e Perez, cit., punto 68).

53 In proposito occorre ricordare, come risulta dai punti 9 e 26 della presente sentenza, che il lavoro a tempo parziale per motivi di età è disciplinato in Germania ai livelli federale e regionale, nonché dalle convenzioni collettive e che il TV ATZ è stato stipulato in considerazione delle possibilità offerte dall'AltTZG.

54 Il governo tedesco fa valere che uno degli obiettivi perseguiti da un regime come quello in questione nella causa principale è di lottare contro la disoccupazione incoraggiando al massimo il collocamento a riposo dei lavoratori che non ne hanno ancora maturato il diritto e liberando così posti di lavoro. Consentire ad un lavoratore che ha già maturato il diritto ad una pensione a tasso pieno di optare per il regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età significherebbe, da una parte, che si manterrebbe occupato un posto di lavoro che tale regime intende destinare ad un lavoratore in cerca di impiego e, dall'altro, che il regime previdenziale sosterrebbe oneri supplementari, il che sottrarrebbe talune risorse ad altre finalità.

55 Quanto all'argomento ricavato da tale governo dall'incentivazione dell'avviamento al lavoro occorre ricordare che spetta agli Stati membri scegliere i provvedimenti atti a realizzare gli obiettivi che perseguono in materia di occupazione. La Corte ha ammesso che gli Stati membri dispongono di un'ampia discrezionalità nell'esercizio di questa competenza (v. sentenza Seymour-Smith e Perez, cit., punto 74).

56 Inoltre, come la Corte ha rilevato al punto 71 della sentenza Seymour-Smith e Perez, cit., è incontrovertibile che l'incentivazione dell'avviamento al lavoro costituisce un obiettivo legittimo di politica sociale.

57 Tuttavia, occorre ricordare che la discrezionalità di cui godono gli Stati membri in materia di politica sociale non può risolversi nello svuotare di ogni sostanza l'attuazione di un principio fondamentale del diritto comunitario, quale quello della parità di trattamento tra i lavoratori e le lavoratrici (v. sentenza Seymour-Smith e Perez, cit., punto 75).

58 Come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 51 della presente sentenza, semplici affermazioni generiche, riguardanti l'attitudine del regime in questione nella causa principale a promuovere l'avviamento al lavoro, non sono sufficienti a dimostrare che l'obiettivo perseguito dalle norme controverse è estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso né a fornire elementi sulla scorta dei quali poter ragionevolmente ritenere che gli strumenti scelti siano o possano essere idonei a contribuire alla realizzazione di questo obiettivo.

59 Quanto all'argomento del governo tedesco relativo agli oneri supplementari che deriverebbero dall'ammissione delle lavoratrici al regime in questione nella causa principale anche qualora queste abbiano maturato il diritto ad una pensione di vecchiaia a tasso pieno, si deve ricordare che, sebbene considerazioni di bilancio possano costituire il fondamento delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e possano influenzare la natura ovvero la portata dei provvedimenti di tutela sociale che esso intende adottare, esse non costituiscono tuttavia, di per sé, un obiettivo perseguito da tale politica e non possono, pertanto, giustificare una discriminazione a sfavore di uno dei sessi (sentenza 24 febbraio 1994, causa C-343/92, Roks e a., Racc. pag. I-571, punto 35).

60 D'altronde, ammettere che considerazioni di bilancio possano giustificare una differenza di trattamento tra uomini e donne, la quale, in loro mancanza, costituirebbe una discriminazione indiretta basata sul sesso, comporterebbe che l'applicazione e la portata di una norma tanto fondamentale del diritto comunitario come quella della parità tra uomini e donne possano variare, nel tempo e nello spazio, a seconda dello stato delle finanze pubbliche degli Stati membri (sentenze citate Roks e a., punto 36, e Jørgensen, punto 39).

61 La città di Amburgo, vuoi in quanto pubblica autorità, vuoi in quanto datore di lavoro, non può nemmeno giustificare una discriminazione derivante da un regime di impiego a tempo frazionato per motivi d'età con il solo motivo secondo cui l'eliminazione di una discriminazione del genere comporterebbe un aumento delle sue spese (v., in tal senso, sentenza Hill e Stapleton, cit., punto 40).

62 Quindi, spetta alla città di Amburgo dimostrare dinanzi al giudice di rinvio che la differenza di trattamento derivante dal regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età in questione nella causa principale è giustificata da fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso. Ove detta prova venga fornita da tale parte nella causa principale, la sola circostanza che le disposizioni di tale regime che ne vietano l'accesso ai lavoratori che hanno maturato il diritto ad una pensione di vecchiaia a tasso pieno colpiscano una percentuale notevolmente più alta di lavoratrici rispetto ai lavoratori non può considerarsi una violazione degli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva 76/207.

63 Alla luce di quanto precede, la prima questione va risolta nel senso che gli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva 76/207 devono interpretarsi nel senso che ostano ad una disposizione di un contratto collettivo per il pubblico impiego che consenta ai dipendenti di sesso maschile ed a quelli di sesso femminile di fruire del lavoro a tempo parziale per motivi di età, qualora tale disposizione conceda il diritto di lavorare a tempo parziale solo fino alla data in cui si può far valere per la prima volta il diritto ad una pensione a tasso pieno in base al regime legale di assicurazione per la vecchiaia e qualora la categoria di persone che può ottenere una siffatta pensione all'età di 60 anni sia costituita quasi esclusivamente da donne, mentre la categoria di persone che possono ottenerla solo dall'età di 65 anni è costituita quasi esclusivamente da uomini, a meno che tale disposizione non sia giustificata da criteri obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso.

Sulla seconda questione

64 Con la seconda questione, il giudice a quo chiede, in sostanza, se i giudici nazionali siano tenuti, qualora disposizioni legislative o disposizioni di contratti collettivi creino una discriminazione in contrasto con la direttiva 76/207 e siano quindi incompatibili con questa, a eliminare la suddetta discriminazione applicando tali disposizioni a vantaggio dei membri del gruppo sfavorito, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa, in via di contrattazione collettiva o mediante altro procedimento.

Osservazioni presentate alla Corte

65 La sig.ra Kutz-Bauer fa valere che un giudice nazionale deve applicare le disposizioni legislative e le disposizioni derivate da contratti collettivi corrispondenti disapplicando le restrizioni in contrasto con il diritto comunitario e sfavorevoli ai lavoratori di sesso femminile.

66 La Commissione sostiene che, ai termini dell'art. 5, n. 2, della direttiva 76/207, spetta al legislatore nazionale trarre le conseguenze giuridiche da una violazione del principio della parità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro e, in particolare, prevedere misure efficaci per consentire a qualsiasi interessato di far valere i suoi diritti in giudizio. Secondo la Commissione, tale principio può implicare che, in determinate circostanze, sia necessario riconoscere un effetto retroattivo all'abolizione o alla modifica di norme discriminatorie, o anche, ove ciò non sia possibile, prevedere un adeguato risarcimento per i lavoratori che abbiano subìto la discriminazione. In mancanza di tale intervento del legislatore nazionale, il lavoratore che ha costituito oggetto di una discriminazione potrebbe avvalersi, nei confronti dello Stato membro che agisce nella sua qualità di datore di lavoro, dell'art. 5 della direttiva 76/207 al fine di ottenere la disapplicazione di qualsiasi disposizione nazionale in contrasto con tale articolo.

67 Per quanto riguarda la soluzione della seconda questione, la città di Amburgo si limita a rinviare alla sentenza 7 febbraio 1991, causa C-184/89, Nimz (Racc. pag. I-297), che riguardava anch'essa le conseguenze che si collegano alla constatazione, da parte di un giudice nazionale, dell'incompatibilità di un contratto collettivo con una norma del diritto comunitario, e cioè, nella causa all'origine di tale sentenza, l'art. 119 del Trattato CE (gli artt. 117-120 del Trattato CE sono stati sostituiti dagli artt. 186 CE - 143 CE).

Soluzione della Corte

68 Occorre in via preliminare ricordare che, ai termini dell'art. 5, n. 2, lett. a) e b), della direttiva 76/207, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché:

«a) siano soppresse le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento;

b) siano nulle, possano essere dichiarate nulle o possano essere modificate le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti collettivi (...)».

69 Si deve anche rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi al giudice nazionale nei confronti dello Stato membro (v., segnatamente, sentenza 12 luglio 1990, causa C-188/89, Foster e a., Racc. pag. I-3313, punto 16).

70 Quanto all'art. 5, n. 1, della direttiva 76/207, che pone il divieto di qualsiasi discriminazione basata sul sesso per quanto riguarda le condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento, la Corte ha già dichiarato che tale articolo è sufficientemente preciso per essere fatto valere da un singolo nei confronti dello Stato ed applicato da un giudice nazionale per escludere l'applicazione di qualsiasi norma nazionale non conforme ad esso (v. sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall/Southhampton and South-West Hampshire Area Health Authority, detta «Marshall I», Racc. pag. 723, punti 52 e 56, e Seymour-Smith e Perez, cit., punto 40).

71 Peraltro, un amministrato come la sig.ra Kutz-Bauer sarebbe in grado di avvalersi dell'art. 5, n. 1, della direttiva 76/207 nei confronti di una pubblica autorità quale la città di Amburgo (v., in tal senso, sentenze citate Marshall I, punto 49, e Foster e a., punti 19 e 21).

72 La Corte ha anche affermato che, in presenza di una discriminazione indiretta ad opera di una disposizione di un contratto collettivo, i membri del gruppo sfavorito da tale discriminazione devono essere trattati allo stesso modo degli altri lavoratori (v., in tal senso, sentenze 27 giugno 1990, causa C-33/89, Kowalska, Racc. pag. I-2591, punto 19, e Nimz, cit., punto 18).

73 Secondo la costante giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24), il giudice nazionale, incaricato di applicare, nell'ambito della propria competenza, le norme di diritto comunitario, ha l'obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all'occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.

74 Analoghi rilievi devono farsi altresì nell'ipotesi in cui la disposizione contraria al diritto comunitario risulti dal contratto collettivo di lavoro. Sarebbe infatti in contrasto con la natura stessa del diritto comunitario che al giudice competente per l'applicazione di tale diritto fosse negato il potere di fare quanto necessario per disapplicare, nel contempo, le clausole di un contratto collettivo che eventualmente costituiscono ostacolo alla piena efficacia delle norme comunitarie (v., sentenza Nimz, cit., punto 20).

75 Alla luce di tali considerazioni, la seconda questione va risolta nel senso che, qualora disposizioni legislative o di contratti collettivi creino una discriminazione in contrasto con la direttiva 76/207 e siano quindi incompatibili con questa, i giudici nazionali sono tenuti ad eliminare la suddetta discriminazione, con tutti i mezzi possibili, e in particolare applicando le suddette disposizioni a favore del gruppo sfavorito, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa, mediante contrattazione collettiva o altrimenti.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

76 Le spese sostenute dal governo tedesco e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE

(Sesta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dall'Arbeitsgericht Hamburg con ordinanze 3 maggio e 29 giugno 2000, dichiara:

1) Gli artt. 2, n. 1, e 5, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, devono interpretarsi nel senso che ostano ad una disposizione di un contratto collettivo per il pubblico impiego che consenta ai dipendenti di sesso maschile ed a quelli di sesso femminile di fruire del lavoro a tempo parziale per motivi di età, qualora tale disposizione conceda il diritto di lavorare a tempo parziale solo fino alla data in cui si può far valere per la prima volta il diritto ad una pensione a tasso pieno in base al regime legale di assicurazione per la vecchiaia e qualora la categoria di persone che può ottenere una siffatta pensione all'età di 60 anni sia costituita quasi esclusivamente da donne, mentre la categoria di persone che può ottenerla solo dall'età di 65 anni è costituita quasi esclusivamente da uomini, a meno che tale disposizione non sia giustificata da criteri obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso.

2) Qualora disposizioni legislative o di contratti collettivi creino una discriminazione in contrasto con la direttiva 76/207 e siano quindi incompatibili con questa, i giudici nazionali sono tenuti ad eliminare la suddetta discriminazione, con tutti i mezzi possibili, e in particolare applicando le suddette disposizioni a favore del gruppo sfavorito, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa, mediante contrattazione collettiva o altrimenti.

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