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Document 52012DC0750
COMMUNICATION FROM THE COMMISSION Annual Growth Survey 2013
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Analisi annuale della crescita 2013
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Analisi annuale della crescita 2013
/* COM/2012/0750 final */
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Analisi annuale della crescita 2013 /* COM/2012/0750 final */
INTRODUZIONE Il progetto di relazione
comune sull'occupazione, prescritta dall'articolo 148 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si iscrive nel quadro del pacchetto
sull'analisi annuale della crescita per l'avvio del "semestre europeo
2013". La relazione, intesa a fornire un orientamento economico più
deciso, rafforza i messaggi fondamentali in materia di occupazione al centro
dell'analisi annuale della crescita. Il suo contenuto si basa sulla situazione
sociale e occupazionale in Europa, sull'attuazione degli orientamenti a favore
dell'occupazione[1],
sull'esame dei programmi nazionali di riforma in base al quale il Consiglio ha
adottato le raccomandazioni specifiche per paese nel luglio 2012 e sulla
valutazione dell'applicazione di questi programmi sino a oggi. La relazione viene pubblicata in un momento in cui: la ripresa dell'occupazione ha subito una battuta
d'arresto, l'occupazione è in calo e le prospettive per il 2013 sono cupe. La
creazione di posti di lavoro è rimasta debole e la situazione è peggiorata
nonostante le potenzialità non sfruttate di alcuni settori fonte di occupazione
e del mercato unico. La segmentazione del mercato del lavoro si è ulteriormente
accentuata con un aumento dei contratti temporanei e del lavoro a tempo
parziale. La pressione fiscale sul lavoro rimane elevata e in alcuni Stati
membri è ulteriormente cresciuta. La disoccupazione è nuovamente in aumento e ha
raggiunto livelli senza precedenti nella zona euro, con tassi di disoccupazione
di lunga durata allarmanti, soprattutto negli Stati membri costretti a forti
misure di risanamento dei conti pubblici. Più di un giovane su cinque sul
mercato del lavoro è disoccupato ed esiste il rischio di una generazione
perduta. La differenza dei tassi di disoccupazione tra gli
Stati membri è drammaticamente salita e riflette gli effetti di shock
asimmetrici e la diversa capacità dei mercati del lavoro di rispondere alle
crisi. È iniziato un aggiustamento delle retribuzioni e del costo del lavoro,
ma gli effetti delle riforme non sono ancora pienamente visibili. Si confermano
segnali di un peggioramento del processo di incontro tra domanda e offerta di
lavoro (job-matching) sui mercati del lavoro europei e si avverte il
rischio che la crescente disoccupazione strutturale diventi un fenomeno
cronico. Il reddito medio delle famiglie è in calo in molti
Stati membri e dai dati recenti emerge una tendenza verso livelli più elevati e
forme più gravi di povertà e di esclusione sociale, con un aumento della
povertà lavorativa e della polarizzazione sociale in molti Stati membri. Dal 2010 gli effetti della protezione sociale come
stabilizzatore automatico conoscono un affievolimento con conseguente
innalzamento dei tassi di povertà. Si rilevano differenze significative tra gli
Stati membri per quanto riguarda l'efficienza della spesa in termini di
riduzione della povertà. La situazione
dell'occupazione e del mercato del lavoro in Europa, e in particolare in alcuni
Stati membri, impone un'azione più decisa delle autorità pubbliche e delle
parti sociali. L'attuazione di riforme ambiziose è in corso, ma sono necessari
ulteriori sforzi di modernizzazione dei nostri mercati del lavoro e ulteriori
sforzi di investimento nel capitale umano per creare le condizioni di una
ripresa che sia fonte di occupazione.
1.
Tendenze del mercato del lavoro e andamento dello sviluppo sociale
Le
prospettive economiche e occupazionali sono negative e nel corso degli ultimi
mesi sono peggiorate. Il 2012 sarà un anno negativo dal punto di vista
dell'occupazione e il modesto incremento del PIL previsto per il 2013 non sarà
sufficiente a creare occupazione e a ridurre la disoccupazione. Prospettive più
positive per il mercato del lavoro sono attese per il 2014. Attualmente l'UE è
l'unica grande regione del mondo in cui la disoccupazione è ancora in aumento. La ripresa
dell'occupazione ha subito una battuta d'arresto e l'occupazione è in calo. Nell'UE il numero degli occupati di età compresa tra i 20 e i 64 anni
si è contratto dello 0,2% dal secondo trimestre 2011 al secondo trimestre del
2012. Nel periodo 2008-2011 l'occupazione si è ridotta dell'1,7%, mostrando una
maggiore resistenza rispetto a quella degli Stati Uniti (- 5,8%) nello
stesso periodo. Il calo è stato però più accentuato nella zona euro, in particolare
nei paesi che hanno avviato un più massiccio risanamento dei conti pubblici.
Dall'inizio della crisi economico-finanziaria nel 2008 a oggi si sono persi in
totale 5 milioni di posti di lavoro, 4 dei quali nella zona euro.
Dall'insorgere della crisi le fluttuazioni dell'occupazione complessiva sono
state determinate principalmente dal lavoro a tempo parziale e dai contratti di
lavoro temporaneo, ma anche i posti di lavoro con contratti a tempo
indeterminato sono stati colpiti. Figura 1: occupazione e disoccupazione nell'UE-27,
periodo 2005-2012. Fonte:
Eurostat, conti nazionali e indagine sulla forza lavoro (LFS) dell'UE. Un dato positivo è che il
tasso di occupazione dei lavoratori più anziani è
aumentato di 1,8 punti percentuali tra il 2008 e il 2011, contro una
riduzione di 1,5 punti percentuali del tasso di occupazione generale. Anche le
donne hanno resistito alla crisi economica relativamente meglio rispetto agli
uomini: i loro tassi di occupazione sono rimasti praticamente invariati
rispetto al 2008, mentre il tasso di occupazione degli uomini si è ridotto di
2,6 punti percentuali nello stesso periodo. Parallelamente si è registrato un
calo di 3,8 punti percentuali del tasso di occupazione giovanile. La disoccupazione è di
nuovo in aumento e ha raggiunto livelli finora sconosciuti nella zona euro. Nell'UE il tasso di disoccupazione complessivo è attualmente del 10,6%,
mentre nella zona euro raggiunge l'11,6 %, il livello più alto dalla creazione
dell'UEM. Nel maggio del 2012 il numero dei disoccupati nell'UE ha superato,
per la prima volta, i 25 milioni di unità e da allora il numero è cresciuto
ancora di 0,75 milioni, con un incremento complessivo di quasi 9 milioni di
unità dal 2008. La disoccupazione presenta un andamento crescente nella maggior
parte degli Stati membri; solo in sei paesi è diminuita negli ultimi 12 mesi
fino ad agosto 2012. La disoccupazione di lunga
durata ha raggiunto livelli allarmanti. Nel secondo
trimestre del 2012, 11,1 milioni di europei, pari al 4,6% della popolazione
attiva[2],
erano disoccupati da più di dodici mesi: un incremento di 4,8 milioni di unità
rispetto al 2008. Nel 2011 il 70% del totale dei disoccupati di lunga durata
nell'UE-27 era concentrato nei sei Stati membri più grandi: la Spagna contava
oltre il 21% del totale dei disoccupati di lunga durata dell'UE e ha
contribuito nella misura di 1,6 milioni di unità all'aumento di 3,7 milioni del
numero dei disoccupati di lunga durata nel periodo 2008-2011. Dall'insorgere della crisi la
probabilità per un disoccupato, sia di breve sia lunga durata, di
trovare un'occupazione è diminuita nella maggior parte degli Stati membri.
Questa diminuzione è stata particolarmente accentuata negli Stati membri
costretti a drastiche misure di risanamento dei conti pubblici. In Spagna la
probabilità per un disoccupato di trovare un'occupazione è scesa dal 50% al 30%
e in Grecia è calata dal 25% al 15%, mentre è rimasta stabile nei Paesi Bassi
ed è salita nella Repubblica ceca e in Estonia. Figura
2: tasso di disoccupazione di lunga durata (in percentuale sulla popolazione
attiva), nel 2008 e nel 2011. Fonte: Eurostat,
indagine sulla forza lavoro (LFS) dell'UE. La disoccupazione di lunga
durata è aumentata per tutti i gruppi della popolazione, ma soprattutto per i
giovani e per le persone con un livello di istruzione più basso. Va detto però che nel 2011 il rischio della disoccupazione di lunga
durata era superiore al 55% per i lavoratori più anziani, contro un dato del
30% circa per i giovani. Nel 2011 la disoccupazione di lunga durata tra i
lavoratori scarsamente qualificati è stata il quadruplo rispetto a quella tra i
lavoratori altamente qualificati. Inoltre il tasso di disoccupazione di lunga
durata registrato nel 2011 tra i cittadini dei paesi terzi è risultato doppio
rispetto a quello rilevato in riferimento ai lavoratori medi dell'UE. Alcuni
Stati membri sono riusciti a limitare la portata della disoccupazione di lunga
durata o grazie a una maggiore brevità della recessione o grazie all'efficacia
delle loro istituzioni del mercato del lavoro. Oltre un giovane su cinque
sul mercato del lavoro è disoccupato. La situazione
dei giovani sul mercato del lavoro, con oltre 5,52 milioni di giovani
disoccupati, rappresenta un'emergenza d'ordine sia economico che sociale. Negli
ultimi dodici mesi il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in una
larga maggioranza di Stati membri, è rimasto al di sopra del 50% in due Stati
membri e al di sopra del 30% in sei. Nel 2011 il tasso di occupazione dei
giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni in possesso almeno di
un'istruzione secondaria superiore si è ridotto di 4,2 punti percentuali
rispetto al 2008 attestandosi sul 77,2% – indice questo delle crescenti
difficoltà nel passaggio dal mondo dell'istruzione a quello del lavoro. Le prospettive
occupazionali di coloro che abbandonano prematuramente la scuola sono cupe. Si può affermare che essi
rappresentino il sottogruppo più vulnerabile della manodopera giovanile in
Europa. In tutta l'UE è disoccupata oltre la metà dei giovani che ha abbandonato
la scuola. Il tasso di abbandono scolastico precoce è sceso passando dal 14,1%
nel 2010 al 13,5% nel 2011. Per quanto riguarda i tassi di abbandono scolastico
precoce, continuano a sussistere differenze tra gli Stati membri, ma i paesi
che hanno introdotto politiche globali ed efficaci per contrastare il fenomeno
sono anche quelli che hanno registrato miglioramenti significativi. L'abbandono
scolastico precoce resta più frequente tra i giovani che provengono da contesti
svantaggiati, come i migranti, le minoranze etniche quali i rom e i giovani di
sesso maschile. Continua
a salire la percentuale dei "NEET", i giovani che non sono né
occupati né impegnati in corsi di studio o formazione. L'aspetto più
preoccupante risiede nel fatto che gli incrementi maggiori sono stati rilevati
negli Stati membri nei quali i livelli erano già più elevati. Nonostante il
maggiore incremento sia stato registrato tra i giovani di sesso maschile, i
tassi di giovani NEET restano più elevati tra i giovani di sesso femminile in
quasi tutti i paesi europei. Figura 3: percentuale di NEET nella fascia di età
compresa tra i 15 e i 24 anni. Fonte:
Eurostat, indagine sulla forza lavoro (LFS). La
dispersione dei tassi di disoccupazione tra gli Stati membri è aumentata
considerevolmente negli ultimi anni, in particolare
nella zona euro. Le differenze sono sensibili anche a livello regionale e
locale, con sacche di disoccupazione giovanile e di lunga durata molto elevata
a livello subnazionale. Nell'agosto 2012 il più basso livello di disoccupazione
è stato registrato in Austria (solo il 4,5%), mentre ha raggiunto il 25,1% in
Spagna. Una quota importante della disoccupazione è concentrata in un numero
relativamente ristretto di paesi. In effetti il numero dei disoccupati in Italia,
Spagna e nei paesi che beneficiano dei programmi di sostegno finanziario
(Grecia, Irlanda, Portogallo e Romania) rappresenta quasi la metà della
disoccupazione complessiva dell'UE e la percentuale è aumentata in misura
significativa nel corso della crisi. Figura
4: variazione (in punti
percentuali) del tasso di disoccupazione negli ultimi 12 mesi e negli ultimi
tre mesi ad agosto 2012 ed evoluzione della distribuzione dei tassi di
disoccupazione tra agosto 2009 e agosto 2012. Fonte:
Eurostat. Osservazioni:
Eurostat. Per quanto riguarda
il secondo grafico, per 5 SM mancano i dati relativi ad agosto 2012. Dati
impiegati: giugno per EE e LV, luglio per EL, HU e UK. In materia di occupazione
e di indicatori sociali il divario tra Stati membri si approfondisce. Ciò è particolarmente evidente tra i paesi meridionali e i paesi
periferici dell'Europa. Finora gli Stati membri che hanno dimostrato maggiore
resilienza sono i paesi dell'Europa settentrionale e centrale. Per quanto gli
shock sembrino essere asimmetrici, molto spesso hanno ottenuto risultati
migliori i paesi caratterizzati da mercati del lavoro relativamente non
segmentati, da forti sistemi di protezione sociale e dalla capacità di modulare
temporaneamente l'orario di lavoro e le ore lavorate (flessibilità interna). Dati
recenti dimostrano che le retribuzioni e il costo del lavoro hanno iniziato a
sostenere il processo di rientro degli squilibri esterni. Nel 2011 i mercati del lavoro europei hanno mostrato chiari segnali di
una migliore dinamica salariale, con un modesto aumento dei costi unitari
nominali del lavoro (NULC) registrato successivamente alla riduzione reale del
2010. Nel 2011 il salario reale per dipendente è diminuito in circa la metà
degli Stati membri e ha conosciuto una progressione percentuale inferiore a
quella della produttività, confermando così la tendenza avviata nel 2010 verso
una riduzione della quota salariale. L'andamento dei costi unitari nominali del
lavoro varia, in una qualche misura, da uno Stato membro all'altro. In generale,
l'evoluzione del costo unitario del lavoro tende sempre più spesso a sostenere
il processo di rientro degli squilibri esterni, con una differenziazione
progressivamente più netta tra i paesi nei quali è più forte l'esigenza di
ridurre la disoccupazione e realizzare il riequilibrio esterno e i paesi dove
la ripresa economica è più sostenuta e si registra un avanzo delle partite
correnti. Figura 5: tasso annuo di crescita del costo unitario
nominale del lavoro (2° trimestre 2011 – 2° trimestre 2012) e andamento in otto
Stati membri (quelli che hanno ricevuto una raccomandazione specifica per paese
sul tema dei salari) (2° trimestre 2008 – 2° trimestre 2012). Nota:
dati trimestrali destagionalizzati. Fonte:
Eurostat. Per quanto riguarda il primo grafico il confronto per Cipro è
effettuato tra i dati relativi al 1° trimestre 2011 e il 1° trimestre 2012
(mancanza di dati per il 2° trimestre 2012). Fonte: Eurostat. La
tendenza pre-crisi, caratterizzata da una dinamica dei salari reali più forte
nei paesi con risultati insoddisfacenti in termini di disoccupazione, ha subito
un'inversione nel 2010. Questi sviluppi hanno
contribuito al graduale miglioramento della competitività dei settori orientati
all'esportazione. La domanda di manodopera e i salari sembrano più sostenuti
nel settore dei beni e servizi scambiabili internazionalmente di quei paesi che
hanno nettamente avviato o quasi ultimato il processo di correzione del
disavanzo corrente. Inoltre i dati dimostrano che fino al 2009 la dinamica dei
salari reali è stata più forte, mentre dal 2010 questa tendenza si è invertita.
Il reddito medio delle
famiglie è in calo in molti Stati membri. Tra il 2009
e il 2011 il reddito lordo disponibile delle famiglie è diminuito in due Stati
membri su tre e il divario tra paesi si è acuito. Nella maggior parte degli
Stati membri il protrarsi della crisi economica e di quella del mercato del
lavoro, come pure la contestuale necessità di proseguire il risanamento dei
conti pubblici (con tagli delle prestazioni e innalzamento delle imposte),
hanno nel tempo attenuato la capacità di protezione propria degli
stabilizzatori automatici nazionali dal momento che i beneficiari hanno
completato il periodo di fruizione delle prestazioni o hanno subito una
decurtazione del loro importo. Di conseguenza, i redditi delle famiglie si sono
contratti, soprattutto in quegli Stati membri colpiti da una recessione
prolungata. Le misure di risanamento dei conti pubblici attuate a partire dal
2010 sembrano aver contribuito a una sensibile riduzione del reddito
disponibile delle famiglie. Figura 6: variazione del reddito lordo disponibile
delle famiglie durante la crisi. Fonte:
Eurostat, conti nazionali. Nella popolazione dell'UE,
la percentuale delle famiglie che conosce una situazione di difficoltà
finanziaria resta eccezionalmente elevata e in
generale è ulteriormente salita negli ultimi mesi. Nel 2012
l'aumento rispetto all'anno precedente dell'indicatore di difficoltà
finanziaria è stato particolarmente sensibile in Spagna e in Italia (+ 10 punti
percentuali) per il primo quintile della popolazione, mentre in sei Stati
membri si è registrata una diminuzione di questo dato. Dati recenti indicano
livelli più elevati e forme più profonde di povertà e di esclusione sociale. Dal 2008 la percentuale di soggetti a rischio di povertà o di
esclusione sociale è in aumento in molti Stati membri: il numero degli Stati
membri interessati da un aumento del fenomeno è maggiore di quello in cui il
fenomeno si è ridotto. Alcuni gruppi (tra cui i bambini, le famiglie
monoparentali, la popolazione in età attiva e più specificamente i giovani)
sono stati particolarmente colpiti. L'andamento dell'intensità della povertà
conferma che i soggetti a rischio di povertà si stanno progressivamente
impoverendo in molti paesi, in particolare in quelli in cui il rischio
complessivo di povertà è elevato. Nel 2010 nell'UE il reddito mediano dei
soggetti a rischio di povertà era del 22% al di sotto della soglia di povertà,
a dimostrazione di un aggravarsi dell'intensità della povertà nella maggior
parte degli Stati membri dal 2008. Figura 7: evoluzione del numero di persone a rischio
di povertà o di esclusione sociale (AROPE – at risk of poverty or social
exclusion) negli Stati membri dell'UE tra il 2008 e il 2011. Fonte:
Indagine UE sul reddito e sulle condizioni di vita (SILC); * dati: SILC 2011
(2010). La povertà lavorativa e la
polarizzazione sociale sono in aumento in molti Stati membri. Nel 2011 i lavoratori poveri rappresentavano un terzo degli adulti in
età lavorativa a rischio di povertà. Nel 2010 l'8,4% degli occupati viveva al
di sotto della soglia di povertà e il rischio era significativamente più
elevato per le famiglie con figli a carico (10,7%). L'incidenza della povertà
lavorativa è aumentata tra le donne, ma resta più elevata per gli uomini. Tra
il 2006 e il 2010 la povertà lavorativa è cresciuta in misura significativa in
uno Stato membro su tre, compresi alcuni degli Stati membri più ricchi con le
economie e i mercati del lavoro più flessibili. Possono aver contribuito a
questa evoluzione fattori quali gli adeguamenti salariali, la riduzione
dell'orario di lavoro, i regimi di disoccupazione parziale e un maggiore
ricorso ai contratti di lavoro temporaneo e a tempo parziale.
2.
Principali sfide del mercato del lavoro
Le recenti tendenze del
mercato del lavoro, pur essendo in parte il prodotto di fluttuazioni cicliche,
in particolare della profonda crisi economica, sono dovute anche a sfide
strutturali e istituzionali del mercato del lavoro che incidono sull'attività economica
e sui risultati dei mercati del lavoro. La creazione netta di
posti di lavoro (ossia la crescita dell'occupazione) ha subito una diminuzione
continua sia a livello dell'UE che negli Stati membri, salvo che nel 2010. A decorrere dalla metà del 2011 si è tornati a registrare tassi
negativi di crescita dell'occupazione nell'Europa nel suo complesso. Questo è
il risultato netto del calo tendenziale degli avviamenti al lavoro (disoccupati
che hanno trovato un'occupazione) e dell'aumento tendenziale delle cessazioni
dei rapporti di lavoro – una situazione che impone politiche di stimolo della
domanda di lavoro e un modello di crescita che sia maggiormente fonte di
occupazione[3].
Contemporaneamente, però, i programmi per la creazione di posti di lavoro finanziati
dai Fondi strutturali e dal Fondo di coesione registrano risultati nettamente
positivi in termini sia di creazione lorda di posti di lavoro sia di sostegno
alla creazione di imprese. Figura 8: indice di disoccupazione e indice degli
avviamenti al lavoro nell'UE-27, 1° trimestre 2007 – 4° trimestre 2011 Fonte:
calcoli effettuati dai servizi della Commissione sulla base di dati statistici
di Eurostat. Il potenziale di alcuni
settori chiave in termini di creazione di posti di lavoro potrebbe essere
sfruttato maggiormente se si affrontasse il problema delle carenze di abilità. Si stima che l'ecoindustria dovrebbe creare entro il 2020 circa 8
milioni di posti di lavoro: di questi, fino a 2,8 milioni dovrebbero derivare
da misure di impiego di efficiente delle risorse, 2 milioni dall'attuazione di
politiche di efficienza energetica e altri 3 milioni dallo sviluppo del settore
delle energie rinnovabili[4].
Si prevede che nel 2012 saranno 3,4 milioni le persone occupate proprio
nell'ecoindustria in tutta l'UE, con un aumento di 2,7 milioni di unità
rispetto al 2008, a dimostrazione del fatto che il settore "verde"
offre potenzialità di crescita dell'occupazione anche nell'attuale contesto
economico. Tra il 2005 e il 2009 il settore delle energie rinnovabili ha
contribuito alla creazione di oltre 300 000 nuovi posti di lavoro. Nel
periodo 2008-2011 il settore della sanità e dei servizi sociali ha creato circa
1 866 000 nuovi posti di lavoro. Inoltre in questo settore è atteso
un aumento della domanda di nuovi addetti, che secondo le stime comporterà in
totale 8 milioni di opportunità di lavoro tra il 2010 e il 2020. Per quanto
concerne il settore delle TIC, si prevede che 700 000 offerte di lavoro
riguarderanno gli specialisti delle TIC. Entrambi i settori si trovano ad
affrontare sfide simili per sostituire una forza lavoro che invecchia con
lavoratori più giovani. In genere sono state segnalate notevoli carenze di
abilità nei settori dell'economia verde, delle TIC e dell'assistenza sanitaria,
soprattutto in relazione a profili professionali caratterizzati da un elevato
grado di specificità tecnica. La pressione fiscale sul
lavoro rimane elevata e in alcuni Stati membri è persino aumentata, ma il costo
del lavoro sta diminuendo a seguito di cambiamenti della composizione del
prelievo fiscale. Un elevato cuneo fiscale costituisce
un disincentivo al lavoro per i percettori di reddito secondario, per i
lavoratori scarsamente qualificati e a basso reddito; può inoltre avere un
impatto negativo sui corrispondenti tassi di occupazione a livello aggregato.
Nel 2011 il cuneo fiscale era in media del 39,6% nell'UE 27 rispetto al 21% in
Svizzera, al 29,5% negli USA e al 30,8% in Giappone e in Canada. Il cuneo
fiscale in Europa è aumentato in media di 0,3 punti percentuali tra il 2010 e
il 2011, interessando anche i lavoratori a basso reddito. In genere gli aumenti
più elevati sono stati registrati negli Stati membri con un cuneo fiscale già
elevato. Tuttavia ciò è stato dovuto principalmente a cambiamenti a livello di
imposta sul reddito delle persone fisiche, accompagnati in diversi casi da
riduzioni dei costi della sicurezza sociale a carico dei datori di lavoro con
conseguente riduzione dei costi del lavoro. Figura 9: cuneo fiscale complessivo per le persone a
basso reddito (utilizzando come indicatore indiretto o proxy per questo
gruppo il 67% del salario medio) nel 2011 e variazione su base annua tra il
2010 e il 2011. Breve
descrizione: * i dati per i paesi UE non appartenenti all'OCSE (BG, LV, LT,
MT e RO) sono disponibili solo per il 2010; ** i dati di Cipro sono relativi al
2007. Per questi paesi le variazioni del cuneo fiscale si riferiscono al
periodo 2009-2010 (per CY al periodo 2006-2007). Fonte: OCSE. La segmentazione del
mercato del lavoro ha continuato ad aumentare con la diffusione dei contratti
di lavoro temporaneo e a tempo parziale. Tra il 2007 e
il 2011 la percentuale di lavoratori dipendenti occupati, non per scelta, in
posti di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale è aumentata in 21 dei 27
Stati membri. Esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, ma sono i
paesi mediterranei e la Polonia a essere caratterizzati dalla più forte
segmentazione. L'asimmetria normativa in materia di tutela del lavoro tra posti
di lavoro a tempo indeterminato e posti di lavoro a tempo
determinato/temporanei è la principale causa di segmentazione del mercato del
lavoro. Nel 2011 il 60,4% delle persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni
con contratti di lavoro temporaneo si trovava in tale situazione non per scelta.
La probabilità di essere assunti con un contratto a tempo indeterminato è
inferiore negli Stati membri che dispongono di una normativa più rigida in
materia di tutela del lavoro. Figura
10: percentuale di lavoratori dipendenti con contratti a tempo determinato o a
tempo parziale non per scelta (nel 2007 e nel 2011) e passaggi dall'impiego
temporaneo all'impiego a tempo indeterminato (dati del 2010). Breve
descrizione: * i dati per la Slovenia si riferiscono al 2011; ** i dati per
l'Irlanda sono disponibili solo per il 2007. Fonte:
Eurostat, indagine sulla forza lavoro (LFS) e indagine sul reddito e sulle
condizioni di vita (SILC). Nei mercati del lavoro
dell'UE i giovani sono fortemente sovrarappresentati nell'occupazione
temporanea e la loro situazione sta progressivamente
peggiorando. Nel 2011 il 42,5% circa dei lavoratori giovani dell'UE era assunto
con un contratto di lavoro temporaneo, contro un dato del 14,0% per la media
della popolazione in età lavorativa. I dati dimostrano che tra i giovani il
lavoro temporaneo può, in una certa misura, costituire un trampolino di lancio
per un'occupazione permanente; non è tuttavia così in numerosi altri Stati
membri, nei quali i tassi di passaggio dai contratti di lavoro temporaneo a
quelli a tempo indeterminato sono particolarmente bassi. Figura 11: lavoratori dipendenti con contratto di
lavoro a tempo indeterminato e temporaneo, lavoratori autonomi e totale degli
occupati (età tra i 15 e i 64 anni), 1° trimestre 2007 – 1° trimestre 2012. Fonte:
Eurostat. Ai posti di lavoro a tempo
parziale si deve una quota significativa della crescita dell'occupazione
registrata durante la crisi. Mentre l'occupazione
totale ha subito una flessione totale tra il 2008 e il 2010 e il numero dei
lavoratori a tempo pieno si è ridotto di 6,2 milioni di unità, il numero
dei lavoratori a tempo parziale è aumentato, nello stesso periodo, di 1,1
milioni di unità. Il lavoro a tempo parziale, in costante espansione negli
ultimi anni, ha raggiunto una quota del 18,8% nel 2011. Circa un terzo delle
donne occupate sono lavoratrici a tempo parziale, mentre il dato per gli uomini
è solo dell'8,1% – riflesso del fatto che i servizi di assistenza all'infanzia
sono offerti soltanto al 28% dei bambini di età inferiore ai tre anni e all'84%
dei bambini di età superiore ai tre anni. Di recente sui mercati del
lavoro europei si registrano segnali di un peggioramento del processo di
incontro tra domanda e offerta. Per quanto riguarda la
maggior parte degli Stati membri la curva di Beveridge, che mette in rapporto
la disoccupazione e il tasso dei posti di lavoro vacanti, si è ulteriormente
spostata verso destra. Tre Stati membri si muovono però lungo la curva
di Beveridge (Belgio, Austria e Finlandia) sin dall'inizio del 2008 e per uno
Stato membro la curva si è spostata verso l'origine (Germania), a dimostrazione
di un miglioramento dei mercati del lavoro e del processo di incontro tra
domanda e offerta. Tale peggioramento potrebbe essere dovuto alla mancata
corrispondenza fra abilità e titoli di studio necessari per un determinato
lavoro, alla crescente disoccupazione di lunga durata, a una risposta
inadeguata ai cambiamenti demografici e a inefficienze delle prestazioni
offerte dai servizi per l'impiego. Potrebbe, però, essere anche la conseguenza di
frizioni e di ostacoli alla mobilità geografica e professionale e di
un'asimmetria delle informazioni tra datori di lavoro e lavoratori. I cittadini
europei devono ancora affrontare ostacoli giuridici, amministrativi e pratici
quando si spostano al di là delle frontiere nazionali. Sono previste ulteriori
riforme per fare di EURES[5]
uno strumento di reclutamento, collocamento e di incontro fra domanda e offerta
di lavoro all'interno dell'UE orientato dalla domanda: la riforma consentirebbe
agli Stati membri di sviluppare i propri servizi EURES in base alle loro
specifiche esigenze economiche, ad esempio indirizzando il sostegno alle
occupazioni per le quali risulta problematico trovare personale e a categorie
specifiche di lavoratori, compresi i giovani. Figura 12: curva di Beveridge, UE-27, 1° trimestre
2008 – 3° trimestre 2012. Fonte:
Eurostat. I dati utilizzati sono: i) il tasso di disoccupazione (%) e
ii) l'indicatore del deficit di manodopera (%) sulla base dei risultati
dell'indagine UE sulle imprese. Persiste il rischio che la
disoccupazione strutturale diventi un fenomeno cronico.
Il constatato spostamento verso l'esterno della curva di Beveridge potrebbe
essere temporaneo, giacché il mercato del lavoro cerca di reagire e di
adattarsi all'evoluzione dell'attività economica, ad esempio attraverso
variazioni della dinamica salariale, la riqualificazione o un rafforzamento
delle politiche attive del mercato del lavoro. Lo spostamento può tuttavia
anche essere riconducibile a problemi strutturali di più lunga durata che
rischiano di innalzare il livello della disoccupazione strutturale in modo
permanente. I dati indicano che il livello della disoccupazione strutturale
misurato con il tasso NAWRU (tasso di disoccupazione in coincidenza del quale
non si registrano spinte inflazionistiche sui salari) è aumentato nella maggior
parte dei paesi dell'UE dall'inizio della crisi e che tale incremento ha
seguito un'evoluzione parallela al peggioramento della curva di Beveridge. Figura 13: tasso NAWRU (tasso di disoccupazione in
coincidenza del quale non si registrano spinte inflazionistiche sui salari) (in
percentuale) per Stato membro. Fonte:
AMECO. Di recente la spesa per le
politiche attive del mercato del lavoro per disoccupato è diminuita. I dati dimostrano che le politiche attive del mercato del lavoro hanno
un effetto positivo sui livelli di occupazione, in particolare per le donne e i
lavoratori scarsamente qualificati. Gli Stati membri con il più basso livello
di disoccupazione di lunga durata sono anche tra quelli nei quali è più elevata
la partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro, anche se altri
fattori possono aver contribuito al raggiungimento di questi buoni risultati.
Il calo delle risorse reali per disoccupato destinate alle politiche attive del
mercato del lavoro è stato comunque di oltre il 20% tra il 2007 e il 2010[6]. Figura
14: partecipazione
a politiche attive del mercato del lavoro nel 2010 e tasso di disoccupazione di
lunga durata nel 2011. Fonte:
Eurostat. A decorrere dal 2009 ha
iniziato ad affievolirsi l'effetto cuscinetto che il sistema di protezione
sociale esercita sul reddito delle famiglie come stabilizzatore automatico. Durante la prima fase della crisi, le prestazioni sociali hanno svolto
un ruolo importanti in termini di sostegno al reddito delle famiglie. Nella
zona euro, nel 2009 e nei primi due trimestri del 2010 le prestazioni sociali
nette e la riduzione delle imposte hanno contribuito positivamente alla
variazione del reddito lordo disponibile delle famiglie, ma nella seconda fase
della crisi economica questo effetto positivo ha iniziato ad attenuarsi. Alla
fine del 2010 il contributo delle prestazioni sociali alla variazione del
reddito lordo delle famiglie ha iniziato a diventare negativo. In alcuni paesi
un numero sempre crescente di persone non gode più di alcun regime di
protezione. L'attenuazione degli effetti della protezione sociale è connessa
alla riduzione, nel tempo, delle prestazioni cui si ha diritto, alla graduale
soppressione delle iniziali misure discrezionali di sostegno al reddito e, in
alcuni paesi, ai tagli della spesa sociale nel quadro dei programmi di
risanamento dei conti pubblici. A fronte di
modelli di spesa e di strutture della protezione sociale tra loro analoghi, si
riscontrano differenze significative tra gli Stati membri in termini di
efficienza della spesa, ossia in termini di risultati e di effetto di riduzione
della povertà conseguiti per unità di spesa. La fiscalità e i sistemi delle
prestazioni sociali sono fra i principali strumenti per prevenire e affrontare
la povertà reddituale. Nel 2010 la spesa per prestazioni di protezione sociale
(pensioni escluse) ha ridotto la povertà nell'UE dal 26% al 16%, ossia del 37%.
Eppure Stati membri con livelli analoghi di spesa per la protezione sociale
ottengono risultati molto diversi e viceversa. Alcuni paesi riescono a ridurre
il tasso di povertà tra i bambini e gli anziani o le assenze per malattia
spendendo meno di altri. Alcuni paesi sono in grado di garantire prestazioni di
livello più elevato in quanto riescono a ridurre la durata di erogazione delle
prestazioni tramite un rapido reinserimento lavorativo dei beneficiari. Un
corretto bilanciamento tra prestazioni universali e prestazioni condizionate al
reddito (means tested) e tra prestazioni in denaro e in natura potrebbe
contribuire all'attivazione lavorativa. La misurazione della spesa per la
protezione sociale in rapporto alla riduzione della povertà indica che alcuni
sistemi sono più efficienti di altri. Bulgaria, Lettonia, Polonia e Romania
formano un gruppo di paesi caratterizzati da un basso livello di spesa con
scarsi risultati; Spagna, Italia, Portogallo, Cipro (e Grecia) conseguono
risultati analoghi ma con una spesa più elevata. Questi paesi si collocano al
di sotto della media UE anche in termini di riduzione della povertà infantile. Quanto alla piena attuazione delle strategie di inclusione attiva
restano da affrontare grandi sfide: si tratta
di concentrarsi contemporaneamente su un adeguato sostegno al reddito, su mercati
del lavoro inclusivi e sull'accesso a servizi di qualità. Ora in molti Stati
membri si nota un'evoluzione verso politiche di welfare attivo e verso
l'eliminazione dei disincentivi finanziari al lavoro. Tra uno Stato membro e
l'altro continuano comunque a sussistere differenze nel grado di copertura
offerta dall'assistenza sociale e dai regimi di reddito minimo e resta
problematico raggiungere i gruppi che conoscono le forme più gravi di povertà
(come le persone senza fissa dimora e i rom). La garanzia di un adeguato
sostegno al reddito costituisce uno strumento efficace per facilitare il
passaggio al lavoro, promuovere l'inclusione sociale e stimolare la domanda
aggregata. Servizi di assistenza all'infanzia di qualità e a prezzi accessibili
favoriscono la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro e offrono ai
bambini le migliori opportunità per la vita, ma i dati dimostrano che i tassi
di partecipazione delle famiglie più vulnerabili sono generalmente più bassi a
causa di fattori quali la disponibilità e l'accesso a questi servizi, la loro
accessibilità economica, i criteri di ammissione e la scelta dei genitori.
3.
Attuazione delle riforme strutturali del mercato del lavoro
Sulla base dell'analisi
annuale della crescita per il 2012 della Commissione, il Consiglio europeo del
1º e 2 marzo 2012 ha stabilito gli orientamenti politici che
devono essere seguiti dagli Stati membri per la presentazione dei programmi
nazionali di riforma contenenti i progetti di riforma del mercato del lavoro al
fine di conseguire i grandi obiettivi dell'UE fissati negli orientamenti a
favore dell'occupazione. Sulla base delle proposte della Commissione, il
Consiglio ha adottato raccomandazioni specifiche per paese, sottolineando i
settori in cui gli Stati membri dovrebbero procedere a riforme politiche
nell'ambito del quadro generale degli orientamenti per le politiche a favore
dell'occupazione. La sezione che segue presenta
le misure adottate dagli Stati membri nel quadro dei programmi nazionali di
riforma e in relazione alle priorità stabilite nell'analisi annuale della
crescita per il 2012.
3.1.
Mobilitare il lavoro a favore della crescita
Vari Stati membri (Belgio,
Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Irlanda e Portogallo) sono impegnati a
rafforzare le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) e i servizi pubblici per
l'impiego (SPI). In Belgio sono state incrementate le integrazioni salariali per i
cosiddetti "lavoratori della conoscenza" (ricercatori del settore
pubblico o privato). Nella Repubblica ceca il lavoro socialmente utile è utilizzato come
misura di attivazione, sotto il coordinamento dell'ufficio del lavoro. In Estonia
il nuovo programma per l'occupazione per il periodo 2012-2013 prevede una gamma
più ampia di politiche attive del mercato del lavoro ed estende la platea dei
beneficiari delle varie misure.
In Ungheria le politiche attive del mercato del lavoro
sono state rafforzate: l'attenzione si concentra sulla formazione degli addetti
degli SPI, sullo sviluppo di modelli di servizi orientati al cliente, su un pacchetto
di servizi per le microimprese e le PMI, sull'estensione delle funzioni del
portale e dei servizi elettronici degli SPI e sulla modifica delle iniziative
riguardanti il lavoro di pubblica utilità. In Irlanda si sta
rafforzando il principio della condizionalità in modo che i lavoratori a tempo
parziale siano incoraggiati ad accedere all'occupazione a tempo pieno. Infine, in
Portogallo si stanno adottando misure per accrescere l'efficacia degli SPI e
sono stati introdotti meccanismi di integrazione salariale a favore dei
disoccupati. Nel 2011
e 2012 la pressione fiscale sul lavoro è rimasta elevata, con un incremento
complessivo del costo del lavoro, anche se qualche passo avanti è stato
compiuto per alcune categorie di lavoratori vulnerabili, come quelli
scarsamente qualificati e quelli a basso reddito. Molti Stati membri
(Belgio, Danimarca, Cipro, Finlandia, Grecia, Spagna, Irlanda, Italia, Francia,
Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Regno Unito) hanno di recente
innalzato l'imposta sul reddito delle persone fisiche, spesso attraverso
un incremento delle aliquote fiscali. Spesso si è trattato di un intervento su
base temporanea, sotto forma di maggiorazioni generali o di contributi di
solidarietà a carico dei percettori di alti redditi (Grecia, Italia, Cipro,
Lussemburgo, Portogallo, Spagna). Anche l'Austria e la Repubblica ceca hanno in
programma l'introduzione a breve di misure analoghe. In molti paesi sono stati
innalzati anche i contributi sociali (Austria, Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia,
Ungheria, Lettonia, Polonia, Portogallo e Regno Unito). Le
misure volte a ridurre la fiscalità sul lavoro hanno avuto come principale
obiettivo quello di aumentare gli incentivi al lavoro per determinate categorie
e generalmente hanno comportato modifiche della base imponibile. In Belgio, ad esempio, tutta una serie di riduzioni degli oneri
sociali riguarda i giovani, i lavoratori a basso reddito e quelli anziani, i
neoassunti nelle PMI o i lavoratori autonomi. Misure di sgravio fiscale sono
state concesse in Finlandia e in Ungheria ai percettori di redditi medi e bassi
attraverso un aumento dei crediti di imposta e delle detrazioni di base. La
Svezia ha innalzato la soglia di reddito esente per il reddito da lavoro delle
persone di età superiore ai 65 anni, con l'obiettivo di allungare la permanenza
al lavoro. Si stanno adottando varie misure per
promuovere la creazione di imprese e il lavoro autonomo (Austria,
Belgio, Bulgaria, Estonia, Spagna, Irlanda, Malta, Ungheria, Polonia,
Portogallo e Regno Unito). In Austria un progetto pilota
fornisce un sostegno supplementare agli apprendisti e alle aziende che offrono
posti di apprendista, anche con un sostegno in termini di servizi di consulenza
legale e di mediazione. In
Belgio si assiste all'adozione di misure volte a migliorare l'accesso delle
imprese al credito, a promuovere la semplificazione amministrativa o a ridurre
i contributi sociali nel settore alberghiero e della ristorazione. In Bulgaria
il lavoro autonomo viene promosso attraverso servizi di consulenza, formazione
e assistenza per l'avvio di attività imprenditoriali o mediante il conferimento
di attrezzature e la prestazione di servizi di riparazioni a piccole imprese di
nuova costituzione. In Spagna la creazione delle
imprese viene semplificata attraverso la riduzione degli oneri amministrativi
sulle imprese più piccole e prevedendo la possibilità di orari di apertura
prolungati nelle zone turistiche. In Irlanda è offerta tutta una serie
di interventi di sostegno: sovvenzioni in conto capitale, fondi per mutui e
garanzie, incentivi per la creazione di imprese, ecc. A Malta le misure
in corso di adozione riguardano la riduzione della burocrazia per i lavoratori
autonomi ed è stato annunciato un nuovo "sistema di microgaranzie"
per aiutare i lavoratori autonomi e le piccole imprese a ottenere garanzie per
i prestiti bancari. In Polonia l'imprenditorialità, il lavoro autonomo e l'attività
d'impresa vengono promossi attraverso il FSE. In Portogallo agli
imprenditori e ai lavoratori autonomi viene fornito l'accesso al credito,
mentre ai disoccupati che vogliono creare la propria impresa viene offerta
assistenza tecnica. Nel Regno Unito è stato rafforzato il National Loan Guarantee Scheme
(programma di garanzia statale sui crediti), in modo da incoraggiare le banche
a prestare con maggiore facilità alle PMI. Alcuni Stati membri hanno adottato misure di modifica
delle indennità di disoccupazione per agevolare il rientro al lavoro
(Belgio, Spagna, Irlanda, Italia e Svezia). In Belgio l'adozione della riforma
del sistema delle indennità di disoccupazione comporta che esse si riducano
prima e più rapidamente che in passato. In Spagna
l'indennità di disoccupazione è stata ridotta per diverse categorie. In Portogallo
una nuova legge riduce la durata massima e gli importi delle prestazioni di
disoccupazione nell'ottica di ridurre il rischio della dipendenza dalle
prestazioni e la disoccupazione di lunga durata. In Svezia sono state adottate norme più
rigorose in materia di diritto alle prestazioni, unitamente a tassi di
sostituzione del reddito più bassi e alla fissazione di una durata massima più
breve per le indennità di disoccupazione. In Spagna l'impegno riguarda il rafforzamento
della responsabilità reciproca, collegando la condizionalità alla
partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro. In Irlanda è stata
introdotta una maggiore attenzione al principio della condizionalità,
soprattutto in relazione ai disoccupati di lunga durata. In Italia il nuovo
sistema dell'assicurazione sociale per l'impiego sostituirà gradualmente
l'attuale sistema delle indennità di disoccupazione. Vari
Stati membri hanno adottato misure in materia di determinazione dei salari
in modo che la loro evoluzione sia in linea con quella della produttività
(Grecia, Spagna e Portogallo). In Spagna la recente riforma del mercato del
lavoro attribuisce la priorità alle decisioni assunte a livello aziendale per
quanto riguarda l'orario di lavoro e i salari e rende più facile alle aziende
derogare ai contratti di categoria. In Portogallo l'esclusione dall'obbligo di
applicazione dei contratti collettivi qualora le associazioni dei datori di
lavoro siano espressione di meno del 50% della forza lavoro totale garantisce
un'evoluzione dei salari coerente con le condizioni dell'impresa. In Germania il sistema del
salario minimo per settore si sta estendendo a un numero crescente di settori. In Ungheria il
1° luglio 2012 è entrato in vigore il nuovo codice del lavoro, che comporta un
incremento del 19% del salario minimo. In Grecia le misure in materia di
determinazione dei salari stabiliscono una riduzione dei salari minimi e
prevedono un salario minimo differenziato per i giovani. Vari Stati membri (Austria, Bulgaria,
Germania, Spagna, Lettonia e Ungheria) hanno adottato misure volte a promuovere
la mobilità del lavoro. In Austria l'introduzione della Rot-Weiß-Rot
Karte, un sistema a punti (basato su una serie di criteri) per l'accesso
dei cittadini di paesi terzi al mercato del lavoro, è stata completata
estendendone l'applicazione anche ai lavoratori qualificati delle professioni
che soffrono di carenza di manodopera. In Bulgaria l'adozione di un quadro
nazionale delle qualifiche garantirà la trasparenza della formazione
professionale degli studenti e dei lavoratori e delle esigenze dei datori di
lavoro in rapporto ai sistemi di istruzione e formazione. In Germania è stata
approvata una legge che abbassa la soglia di reddito per gli immigrati di paesi
terzi in possesso di un'istruzione universitaria. In Lettonia è stato proposto
un sistema che prevede un'indennità di trasferimento a favore dei lavoratori
che si trasferiscono per andare a lavorare in un'altra località o in un altro
comune. In Ungheria il governo sostiene la mobilità
erogando ai disoccupati iscritti nelle liste di collocamento che si
trasferiscono a 100 km dal luogo di origine un contributo finanziario a
copertura delle spese di affitto. Gli
Stati membri stanno adottando misure volte a ridurre l'uscita precoce dal
mercato del lavoro (Austria, Belgio, Spagna, Danimarca, Irlanda, Paesi
Bassi, Ungheria e Regno Unito). In Austria sono state introdotte riforme per
ridurre il numero di pensioni di invalidità. In Belgio è stato innalzato il
limite di età per l'accesso dei lavoratori più anziani al sistema del
"credito di tempo" (crédit-temps) ed è stato soppresso il
sistema del prepensionamento a tempo parziale. In Danimarca i progetti di
riforma delle pensioni di invalidità impongono che siano state esperite le
possibilità di attivazione prima che si possa prendere in considerazione il
pensionamento anticipato. In Spagna sarà accelerato il calendario per
l'innalzamento dell'età pensionabile prevista per legge, passerà da 61 a 63
anni l'età per il pensionamento anticipato con l'applicazione di maggiori
penalizzazioni e per due anni verrà sospeso l'accesso al pensionamento
parziale. In Irlanda nuove iniziative consentiranno ai percettori di
un'indennità di malattia o di invalidità di lavorare e di ricevere un sostegno
al reddito e l'età pensionabile per legge passerà a 68 anni entro il 2028. Nei
Paesi Bassi si stanno adottando misure per innalzare progressivamente a 67
anni, entro il 2023, l'età pensionabile, che successivamente potrà essere
collegata alla speranza di vita. In Ungheria il pensionamento anticipato è
stato di norma eliminato. Il governo del Regno Unito ha recentemente annunciato
progetti che mirano a collegare l'età pensionabile alla speranza di vita. Le
misure si concentrano anche sulla promozione del prolungamento della vita
attiva (Austria, Belgio, Bulgaria, Germania, Estonia, Finlandia,
Lussemburgo, Polonia e Regno Unito). In Austria i lavoratori più anziani con
problemi di salute possono usufruire di misure attive del mercato del lavoro,
di misure di reinserimento professionale e di riqualificazione, di indennità per
lavoro a tempo parziale e di sussidi all'occupazione. In Belgio nel caso dei
licenziamenti collettivi le aziende con più di 20 dipendenti devono fare in
modo che la distribuzione per età dei lavoratori licenziati sia identica a
quella dell'azienda e sono tenute a elaborare un piano annuale per i lavoratori
di 45 anni e più. Nella Repubblica ceca l'età
pensionabile sarà innalzata di due mesi ogni anno senza alcun tetto massimo,
conformemente alla riforma pensionistica adottata alla fine del 2011. In Estonia l'attenzione si concentra sui
lavoratori più anziani, sulla partecipazione all'apprendimento permanente e
sulla salute di tali lavoratori. In Finlandia vanno intesi come uno strumento
per il prolungamento della vita attiva gli sforzi compiuti per migliorare la
qualità della vita lavorativa e il benessere al lavoro. In Lussemburgo le imprese con oltre 150 dipendenti sono obbligate a
fornire maggiore sostegno ai lavoratori più anziani in azienda. In Polonia
si stanno compiendo sforzi per offrire maggiori opportunità di apprendimento
alle persone più anziane e migliorare la qualità dell'insegnamento loro
riservato. Nel Regno Unito l'età pensionabile standard è stata soppressa
nell'ottobre del 2011.
Alcuni Stati membri hanno
adottato misure che non favoriscono il prolungamento della vita attiva. Nella Repubblica ceca sarà inasprito il
prelievo fiscale sul lavoro dei pensionati e ciò rischia di ridurre la
partecipazione dei lavoratori più anziani al mercato del lavoro. In Francia è
stata reintrodotta la possibilità di andare in pensione a 60 anni per coloro
che abbiano iniziato a lavorare a 18 anni di età, purché in regola con i
contributi sociali. In Ungheria è stata fissata un'età pensionabile
obbligatoria per tutti i dipendenti pubblici, tranne quelli del settore medico.
3.2.
Sostegno all'occupazione, in particolare dei
giovani
È stata adottata una serie di
misure a sostegno dell'occupazione dei giovani, in particolare di quelli che
non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione. La Finlandia
sta varando un meccanismo globale di "Garanzia per i giovani"
per offrire ai giovani, entro tre mesi dall'inizio del periodo di
disoccupazione, la garanzia di un lavoro, di un tirocinio o un'opportunità di
studio, di apprendistato o di reinserimento nel mercato del lavoro. Alcuni paesi (Belgio, Bulgaria,
Spagna, Cipro, Irlanda, Polonia, Portogallo, Svezia e Slovenia) stanno
promuovendo iniziative volte a rafforzare gli apprendistati di qualità e
i contratti di tirocinio. In Belgio, per i disoccupati di età inferiore ai 25
anni che non abbiano trovato un lavoro al termine di sei mesi di inserimento
professionale è stato introdotto un vasto programma di tirocini aziendali. In
Bulgaria negli uffici centrali e regionali della pubblica amministrazione
vengono promossi tirocini, prioritariamente a beneficio dei giovani con
disabilità. In Irlanda sono adottate
iniziative di attivazione e miglioramento della qualificazione dei giovani
attraverso 5 000 tirocini della durata di 6-9 mesi. In Spagna sono state intraprese iniziative per mettere a punto
un patto per l'istruzione e l'apprendistato e per istituire un sistema duale di
formazione professionale. In Polonia un
progetto pilota si rivolge ai disoccupati di età inferiore ai 30 anni offrendo
il sostegno di un tutor personale e assegni di formazione e di tirocinio. In
Portogallo godono di un sostegno i tirocini professionali e gli inserimenti al
lavoro. In Slovenia ai giovani disoccupati di età inferiore ai 30 anni viene
offerto un periodo di occupazione di 15 mesi e il governo promuove
apprendistati volontari presso l'amministrazione tributaria e le istituzioni
responsabili della prevenzione della corruzione. In Svezia il governa eroga
fino a 2 750 EUR l'anno per studente per stimolare l'offerta di posizioni
di apprendista sui luoghi di lavoro e una proposta prevede un ulteriore
innalzamento di questa sovvenzione nel periodo 2014-2016. Altre azioni concrete a
sostegno dei giovani che non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o
formazione comprendono i programmi riguardanti la formazione professionale (Germania,
Lettonia e Finlandia), la formazione sul lavoro (Lituania) e il sostegno
finanziario (Ungheria). In Germania i giovani provenienti da un contesto
migratorio hanno ora maggiori possibilità di accesso a un programma di
formazione professionale. In Lituania il progetto "Accrescere
l'occupazione giovanile", che si rivolge ai giovani di età inferiore ai 29
anni, sussidia i salari e sovvenziona le spese sostenute per organizzare
l'acquisizione di abilità sul lavoro. In Lettonia ai disoccupati di età
compresa tra i 15 e i 24 anni è offerta la possibilità, durante un periodo di
nove settimane, di cimentarsi in tre diversi mestieri in un istituto di
formazione professionale. In Ungheria è stata introdotta la "garanzia
primo impiego", che offre ai datori di lavoro il rimborso totale della
retribuzione, cioè del salario lordo e dei contributi sociali. In vari Stati membri sono
stati istituiti partenariati con le parti sociali per promuovere
contratti di apprendistato o di tirocinio di qualità (Bulgaria, Repubblica
ceca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Romania e Slovacchia). In Bulgaria
esistono misure volte a finanziare o sostenere i costi di investimento e i
costi del lavoro legati alla creazione di posti di lavoro per i giovani. Nella Repubblica ceca un progetto finanziato dal
Fondo sociale europeo si fa carico delle spese sostenute dalle imprese per i
tirocini, in particolare quelli di laureati e di persone prive di esperienza di
lavoro che devono integrare i loro profili di competenze. In Irlanda nuove
misure offrono ai disoccupati altri posti di formazione: ciò grazie alla
collaborazione e all'impegno dei datori di lavoro, delle imprese e degli
istituti di istruzione e formazione. In Romania le imprese che assumono giovani
di età inferiore ai 25 anni riceveranno per ogni lavoratore assunto l'esenzione
per un anno dal pagamento dei contributi sociali. In Slovacchia i posti di
lavoro nel settore privato saranno sovvenzionati per un anno fino a concorrenza
del salario minimo, con i datori di lavoro che dovrebbero contribuire per
almeno sei mesi. Solo in pochi Stati membri
(Ungheria, Slovacchia e Italia) sono state adottate misure di riforma della normativa
in materia di tutela del lavoro. In Ungheria le modifiche riguardano la
disciplina della pluriattività, l'articolazione dell'orario di lavoro
flessibile e la semplificazione delle norme sui licenziamenti. Il Portogallo ha
ridotto i trattamenti di fine rapporto, calcolandoli sulla base di 20 giorni
per ogni anno di lavoro sia per i contratti a tempo indeterminato sia per
quelli a tempo determinato e ha reso più agevole la definizione di
licenziamento individuale per motivi economici. In Italia la legge che
disciplina i licenziamenti individuali illegittimi nelle aziende con oltre 15
dipendenti è stata modificata al fine di incrementare la flessibilità in uscita
dal mercato del lavoro e sono state introdotte misure volte a limitare gli
abusi dei contratti di lavoro atipici. In Slovacchia le misure sono intese a limitare
la durata massima e il numero dei contratti successivi a tempo determinato e a
sopprimere le deroghe previste per le agenzie di lavoro temporaneo. Solo pochi Stati membri
stanno compiendo passi avanti nell'adeguamento dei sistemi di istruzione e
formazione secondo le esigenze del mercato del lavoro (Belgio, Irlanda,
Lituania, Malta e Slovacchia). In Irlanda le misure mirano ad aiutare
disoccupati ed ex lavoratori autonomi a rimanere il più vicino possibile al
mercato del lavoro: si offre loro l'accesso a opportunità di formazione e di
istruzione superiore a tempo parziale in modo che possano migliorare la loro
qualificazione o riqualificarsi in settori nei quali è probabile che si
concretizzino occasioni di lavoro sostenibili. In Lituania si procederà per
tappe a una mappatura delle qualifiche al fine di fornire agli interessati
migliori informazioni sulla struttura della domanda di abilità e individuare le
specializzazioni più richieste. A Malta gli studenti sono incoraggiati a
proseguire l'istruzione conseguendo le qualifiche richieste dall'industria e
mediante un credito d'imposta che copre fino all'80% delle spese di iscrizione
sostenute. In Slovacchia la legge recentemente adottata in materia di
istruzione e formazione professionale mira a rafforzare il nesso tra l'IFP e le
esigenze del mercato del lavoro. Anche in Belgio tutte le Comunità del paese
hanno adottato misure per riformare la formazione professionale per accrescerne
la qualità, la flessibilità e rafforzarne la pertinenza alle esigenze del
mercato del lavoro. Una serie di misure è stata
adottata per valutare la qualità e rivedere i finanziamenti delle università
(Italia, Lettonia e Malta). L'Italia ha preso misure per ridurre la generosità
dei finanziamenti, mentre le tasse universitarie sono destinate a subire un
aumento compreso tra il 25% e il 100%. Per quanto riguarda le borse di studio,
solo Malta ha annunciato che verranno mantenuti i due sistemi di borse di
studio. La Lettonia ha avviato una valutazione su vasta scala di oltre 800 programmi
di istruzione superiore ed è in cantiere una serie di riforme, tra cui la
riforma del processo di accreditamento, lo sviluppo di un nuovo modello di
finanziamento delle università e la riforma della gestione delle università. Nonostante il semestre
europeo inviti ad accordare la priorità alla spesa pubblica che sia in grado di
favorire la crescita, i dati indicano che si sta procedendo a tagli a scapito
degli investimenti nell'istruzione. Numerosi Stati
membri hanno diminuito la spesa per l'istruzione per due anni consecutivi, nel
2011 e 2012 (Estonia, Italia, Lettonia, Lituania e Regno Unito) oppure nel 2011
o nel 2012 (Belgio, Bulgaria, Irlanda, Francia, Cipro, Ungheria, Polonia,
Romania, Slovacchia e Finlandia). Anche in Spagna il dibattito sul risanamento
dei conti pubblici si concentra sul settore dell'istruzione. Il bilancio per questo settore resta, invece,
immutato o è in aumento nella Repubblica ceca, in Danimarca, Lussemburgo, a
Malta e in Austria.
3.3.
Tutelare i gruppi più vulnerabili
Una serie di Stati membri (Estonia,
Lettonia e Spagna) si è preoccupata di affrontare l'efficacia dei sistemi di
protezione sociale. In Estonia le prestazioni offerte dall'assicurazione di
disoccupazione aumenteranno in misura considerevole a decorrere dal 2013, a
corredo e a compensazione della riforma della legislazione del lavoro del 2009.
In Irlanda, malgrado tagli generalizzati delle prestazioni sociali, le persone
vulnerabili percepiscono ancora un sostegno al reddito, anche se minore. In
Lettonia le indennità di disoccupazione non dipenderanno più dall'anzianità
assicurativa, ma si fonderanno sul principio di una copertura decrescente per
un periodo massimo di nove mesi. In Spagna l'attivazione del regime di reddito
minimo sarà legata alla lunghezza della carriera lavorativa del richiedente. Alcuni Stati membri hanno
compiuto passi avanti per quanto riguarda l'attuazione di strategie di
inclusione attiva, concentrandosi su un adeguato sostegno al reddito, su
mercati del lavoro inclusivi e sull'accesso a servizi di qualità (Austria,
Danimarca, Finlandia, Francia, Malta, Polonia e Svezia). In Austria è stato
adottato un piano d'azione per le persone con disabilità, che comprende misure
nei seguenti ambiti: lotta alla discriminazione, accessibilità, assistenza, istruzione,
occupazione e autonomia di vita. In Danimarca nel giugno 2012 è stata approvata
un'importante riforma delle pensioni di invalidità. Il diritto di accesso a
queste prestazioni viene limitato alle persone di età superiore ai 40 anni e
vengono previste équipe di riabilitazione a sostegno dei servizi sanitari,
sociali, del lavoro e dell'istruzione. A Malta le organizzazioni del
volontariato sono incoraggiate a dare lavoro alle persone svantaggiate fruendo
dell'assegnazione di aiuti finanziari. In Svezia il governo intende rafforzare
ulteriormente la posizione dei gruppi vulnerabili nel mercato del lavoro
attraverso un maggior numero di misure attive del mercato del lavoro a favore
dei disoccupati di lunga durata e delle persone che occupano una posizione
precaria nel mercato del lavoro. In Portogallo è stato istituito un mercato
sociale degli affitti al fine di garantire alle categorie più vulnerabili
l'accesso a un alloggio di qualità e a prezzi accessibili. Tra quelle adottate, solo
poche misure riguardano l'accesso a servizi a sostegno dell'integrazione nel
mercato del lavoro e nella società (Repubblica ceca, Irlanda e Polonia).
Nella Repubblica ceca è in fase di varo, a livello locale, un programma pilota
su piccola scala che offre alloggi migliori e una riqualificazione alle
famiglie socialmente escluse (soprattutto rom) che garantiscono la frequenza
costante della scuola elementare da parte dei loro figli. In Irlanda il FSE
sostiene i programmi finalizzati a rendere gli immigrati indipendenti finanziariamente
e più integrati socialmente: ciò attraverso il lavoro o il proseguimento
dell'istruzione e della formazione. In Polonia sono stati ampliati i criteri di
reddito per l'accesso al sostegno a favore dei lavoratori poveri ed è stato
aumentato l'importo delle prestazioni in denaro dell'assistenza sociale anche
per gli stranieri e i rifugiati che partecipano a corsi di formazione
linguistica. [1] Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010,
sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore
dell'occupazione (Gazzetta ufficiale L 308 del 24.11.2010, pag. 46). [2] Attualmente i disoccupati di lunga durata rappresentano
oltre il 44% dei disoccupati. [3] Cfr. il "pacchetto
occupazione" della Commissione europea dell'aprile 2012. [4] Documento di lavoro dei servizi della Commissione
"Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dall'economia verde"
[SWD(2012) 92 final, del 18.3.2012]. [5] La rete di 31 servizi europei dell'occupazione che
sostiene la mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri, i paesi del SEE e la
Svizzera. [6] Stime OCSE sulla base di OECD Labour Market
Programmes (OCSE - programmi per il mercato del lavoro) e di OECD Main
Economic Indicators Databases (OCSE – Basi dati dei principali indicatori
economici). Introduzione Nell’economia dell’UE
prosegue il doloroso processo di correzione a seguito della crisi finanziaria. Prima dell’estate nella zona euro sussistevano tensioni finanziarie e
il rallentamento dell’economia mondiale ha ridotto il potenziale contributo
delle esportazioni alla ripresa. Le prospettive a breve termine per l’economia
dell’UE rimangono quindi poco incoraggianti, ma si prevede un graduale ritorno
alla crescita per il 2013 seguito da un ulteriore rafforzamento nel 2014.
Questa prospettiva rende ancora più problematici gli aggiustamenti necessari in
molti Stati membri dell’UE. In particolare, le deboli prospettive di crescita
frenano gli investimenti e la creazione di posti di lavoro e accelerano le
riduzioni di personale a causa dei minori margini di flessibilità nell’organizzazione
del lavoro. L’economia dell’UE
continua a dover affrontare problemi molto seri. In
particolare, le economie di diversi Stati membri devono ancora far fronte a un
forte deleveraging dei settori privato e pubblico, che riflette il
riassorbimento degli squilibri finanziari, a loro volta legati a precedenti
livelli non sostenibili di spesa finanziati dal credito, dovuti in alcuni casi
a bolle dei prezzi delle attività nel settore privato e in altri alla mancanza
di rigore a livello di bilancio nel settore pubblico. Ora questo incide sulla
crescita, perché la spesa viene ridotta e le entrate sono utilizzate per
rimborsare il debito. Vi sono segnali che il
processo di aggiustamento delle economie dell’UE va avanti, e questo è positivo. Dopo l’estate la situazione del mercato finanziario è migliorata
grazie all’attuazione sostenuta del programma di riforme, compresi i progressi
riguardanti l’architettura dell’UEM, e alle decisioni politiche importanti
adottate nella zona euro, anche da parte della BCE. Anche le notevoli riforme
intraprese dagli Stati membri vulnerabili stanno dando risultati: il leveraging
è diminuito nei settori pubblico e privato e la competitività sta migliorando
nei paesi più sfavoriti da questo punto di vista, creando i presupposti per
operare un ulteriore aggiustamento. Le esportazioni contribuiscono sempre più a
riassorbire gli elevati disavanzi delle partite correnti, il che fa sperare nel
carattere duraturo delle misure correttive. Il forte divario di crescita fra i
paesi dell’UE rispecchia il processo di aggiustamento in corso: una crescita
temporaneamente inferiore o negativa è spesso sintomatica di profondi
aggiustamenti, i quali tuttavia aprono la strada ad una crescita e a una
convergenza più sostenibili, che dovrebbero essere visibili già nel 2014. Il processo di
deleveraging e di aggiustamento è inevitabile e il compito dei decisori
politici consiste principalmente nel gestirlo e nell’attenuarne le
ripercussioni socioeconomiche. In considerazione degli
elevati livelli di debito e delle sfide a lungo termine per le finanze
pubbliche, l’aggiustamento di bilancio deve proseguire nell’ambito di una
strategia di risanamento differenziata e favorevole alla crescita. Considerati tuttavia i suoi potenziali effetti negativi sulla crescita
a breve termine, il risanamento di bilancio deve essere gestito in modo da
favorire la crescita, il che significa che: –
il ritmo del risanamento deve essere differenziato
a seconda del margine di manovra di bilancio di cui ciascun paese dispone per
trovare un giusto equilibrio fra i potenziali effetti negativi sulla crescita e
i rischi per la sostenibilità del debito. Il patto di stabilità e crescita e il
ruolo centrale dei saldi di bilancio strutturali forniscono un quadro adeguato
per un aggiustamento a ritmi differenziati; –
pur ponendo l’accento sul risanamento sul lato
della spesa, è necessario trovare una combinazione di entrate e spese che nel
complesso favorisca la crescita, con misure specifiche entro il margine di
bilancio disponibile per tutelare i principali fattori di crescita garantendo
al tempo stesso l’efficienza della spesa. Per rafforzare la credibilità
del risanamento e i suoi effetti positivi occorre ancorare il processo in un
quadro di bilancio credibile a medio termine e attuare contemporaneamente
riforme volte a risolvere i problemi di sostenibilità a lungo termine legati
all’invecchiamento della popolazione. Un deleveraging ordinato
nel settore privato richiede un settore finanziario solido e efficiente. Occorre quindi proseguire il risanamento e la ristrutturazione a
livello finanziario, in particolare nel settore bancario, dato il suo ruolo
importante nell’economia dell’UE, promuovendo al tempo stesso nuove fonti di
finanziamento. Un quadro strategico micro e macroprudenziale coerente ed
efficace è indispensabile per ripristinare la fiducia nella stabilità del
settore bancario, stimolare un flusso sostenibile di capitale a favore delle
attività produttive e assicurare un finanziamento stabile dell’economia. Occorrono riforme
strutturali per facilitare l’aggiustamento e migliorare le condizioni generali
per la crescita. Le riforme strutturali, che
migliorano la competitività, l’adattabilità delle retribuzioni e la
flessibilità dei prezzi, sono di fondamentale importanza per aumentare le
capacità di aggiustamento e incentivare il trasferimento di risorse dai settori
in declino a quelli in espansione. Occorrono riforme che promuovano la
creazione di posti di lavoro e gli investimenti nell’innovazione, nelle
competenze e nella crescita inclusiva per ovviare al rischio di isteresi e
attenuare gli effetti sociali negativi della crisi. Per una crescita sostenuta
è fondamentale che l’onere dell’aggiustamento sia equamente ripartito fra tutte
le fasce della società. In ultima analisi, tuttavia, la ripresa della crescita
presuppone una combinazione coerente di politiche macrofinanziarie e
strutturali. Occorre quindi agire con determinazione su tutti questi fronti per
contrastare la dinamica negativa e migliorare la situazione economica in modo
sostenibile. I paesi della zona euro si
trovano in una situazione particolare a causa delle maggiori interconnessioni
economiche e finanziarie e dei relativi effetti di ricaduta. I flussi di capitale
privato nella zona euro hanno registrato una brusca inversione di tendenza,
allontanandosi dai paesi vulnerabili. La conseguente
penuria di finanziamenti esterni è stata colmata attraverso la fornitura di
liquidità proveniente dal settore ufficiale, il che ha evitato un aggiustamento
disordinato. Le differenze fra le condizioni di finanziamento per i settori
pubblico e privato, tuttavia, si sono costantemente accentuate nella zona euro
a causa delle sempre maggiori distorsioni interne. Questo ha portato all’adozione
di politiche estremamente rigorose negli Stati membri vulnerabili della zona
euro, perché al necessario risanamento di bilancio si aggiungono condizioni di
finanziamento rigide. Questo ostacola l’aggiustamento, accentuando
ulteriormente le divergenze tra i risultati economici dei paesi della zona euro
e minando la stabilità dell’intera area monetaria. La principale priorità per
la zona euro è proseguire sulla via delle riforme strutturali e invertire la
frammentazione finanziaria, migliorare le condizioni di finanziamento nei paesi
vulnerabili e favorire l’afflusso e un’allocazione efficiente del capitale a
sostegno dell’aggiustamento. Questo è indispensabile
sia per la crescita che per l’aggiustamento. L’esigenza di ridurre gli
squilibri macroeconomici impone di differenziare il ritmo del deleveraging
pubblico tra i paesi con un avanzo e quelli con un disavanzo. La politica
monetaria unica conferisce infine un ruolo ancora più determinante nella zona
euro alle riforme strutturali che aumentano la flessibilità dei salari e dei
prezzi e agevolano l’aggiustamento. Per affrontare le sfide è
assolutamente indispensabile perseverare sulla via delle riforme. Il meccanismo europeo di stabilità è diventato operativo l’8 ottobre 2012
e la BCE ha deciso di introdurre le “operazioni monetarie definitive” nel
settembre 2012. Questi importanti sviluppi contribuiscono utilmente ad
affrontare la sfida più immediata, che consiste nello stabilizzare la
situazione finanziaria e nel ripristinare la fiducia. Poiché in genere deve
passare un certo lasso di tempo prima che le riforme strutturali diano i
massimi risultati, la ristrutturazione e il riequilibrio delle economie si
materializzeranno solo a medio termine. Si stanno infine definendo i contorni
di un’autentica UEM come obiettivo a lungo termine, con l’adozione di misure
concrete per sostenere il processo di riforma. Questo ha allentato recentemente
le tensioni sui mercati finanziari, ma i mercati rimangono fragili e sono
diventati dipendenti dal proseguimento delle politiche di sostegno. Ciò significa
che qualsiasi blocco del processo di riforma potrebbe riacutizzare
immediatamente le tensioni e annullare i recenti miglioramenti. 1. Risanamento
di bilancio favorevole alla crescita La solidità e la
sostenibilità delle finanze pubbliche sono una conditio sine qua non per la
stabilità macroeconomica e, di conseguenza, per la crescita. Questo è particolarmente vero per la zona euro, dove la politica
monetaria unica non può reagire a circostanze nazionali specifiche e i bilanci
nazionali devono riacquistare la capacità di svolgere un ruolo di
stabilizzazione in caso di shock specifici nei singoli paesi. Al tempo stesso,
la crisi attuale ha dimostrato che le politiche di bilancio non sostenibili
hanno effetti di ricaduta molto più pesanti sugli Stati membri della zona euro,
soprattutto attraverso il canale finanziario. Si impone quindi una maggiore
responsabilità per quanto riguarda gli sviluppi di bilancio a livello
nazionale. Questo è all’origine della governance di bilancio basata su regole
prevista nel trattato e nel patto di stabilità e crescita. Il rispetto di
queste regole è indispensabile per il buon funzionamento dell’UEM. Il risanamento di bilancio
ha ripercussioni negative sulla crescita a breve termine, perché le restrizioni
di bilancio riducono la spesa aggregata, ma i benefici si fanno sentire a medio
termine. Durante le crisi finanziarie l’incidenza
della politica di bilancio sulla crescita può essere più elevata del solito,
perché i cosiddetti moltiplicatori fiscali sono considerati più elevati che in
condizioni economiche normali[1].
A breve termine, questo può avere ripercussioni negative anche sui rapporti
debito pubblico-PIL derivanti dal risanamento, ove i rapporti iniziali, e
quindi il fabbisogno di risanamento, siano elevati. In alcuni Stati membri,
tuttavia, non esiste un’alternativa valida al risanamento, la cui assenza
potrebbe avere conseguenze ancora più negative. In
presenza di livelli di debito elevati e in aumento, occorre esaminare la
sostenibilità del debito, che è un concetto a medio termine. Dall’analisi della
Commissione[2]
si evince che solo se si verificassero ipotesi assai poco plausibili (estrema
miopia dei mercati, reazioni molto insolite dei premi di rischio) il
risanamento avrebbe conseguenze negative a medio termine sul debito. Creare
condizioni e aspettative di un risanamento permanente è importante anche per
scongiurare ripercussioni sul debito, perché le prospettive di un’inversione
del risanamento possono annullarne i potenziali effetti positivi sui premi di
rischio. Al tempo stesso, nel caso degli Stati membri con un accesso ridotto al
mercato, la valutazione dei costi del risanamento, anche a breve termine,
dipende dallo scenario alternativo preso in considerazione. Quando la
sostenibilità di bilancio è a rischio, il mancato risanamento può determinare
un aumento dei premi di rischio o la perdita di qualsiasi accesso al mercato,
il che potrebbe dar luogo a un aggiustamento molto più radicale con conseguenze
molto più negative per la crescita che in caso di risanamento e di
miglioramento della sostenibilità di bilancio. Anche se alcuni paesi dell’UE
godono di un maggior margine di manovra, occorre valutare accuratamente i
rischi associati a un rallentamento del risanamento di bilancio. Alcuni Stati membri beneficiano attualmente di tassi di interesse
eccezionalmente bassi sul loro debito pubblico e potrebbero presumibilmente
contrarre un maggior volume di prestiti senza rischiare di innescare dinamiche
non sostenibili. Anche in questi paesi, tuttavia, il debito è arrivato a
livelli mai raggiunti in tempo di pace. Inoltre, in quasi tutti i paesi si
prevede un aumento della spesa pubblica dovuto all’invecchiamento della
popolazione e, in alcuni casi, alle scarse prospettive di crescita. Non si può
quindi escludere che un indebolimento dell’impegno a favore di politiche di
bilancio sostenibili rischi di modificare il clima di mercato, con serie
ripercussioni non solo per i paesi interessati, ma anche per la capacità di
gestione della crisi dell’intera zona euro, che dipende dal merito di credito
di questi paesi. Grafico 1. Debito e disavanzo pubblico negli Stati membri dell’UE (previsioni per il 2012, in % del PIL) Fonte: Servizi della Commissione, previsioni economiche europee, autunno 2012 È necessario ripristinare
in modo permanente la stabilità di bilancio in considerazione delle notevoli
sfide poste alle finanze pubbliche dell’UE (grafico 1),
derivanti dalla necessità di ridurre gli elevati livelli di debito a fronte
di scarse prospettive di crescita, pressioni sulla spesa a lungo termine e
oneri fiscali già relativamente elevati. Il principio generale di un
risanamento di bilancio favorevole alla crescita rimane quindi valido. La
strategia promossa dalla Commissione nelle precedenti analisi annuali della
crescita si è dimostrata efficace, anche se, come si è già detto, non è stato
possibile evitare ripercussioni negative a breve termine e gli effetti positivi
si faranno sentire pienamente solo a medio termine. L’effetto del risanamento
sulla crescita può dipendere anche dalla sua composizione. Per garantire la natura permanente del risanamento e migliorare le
aspettative in termini di sostenibilità di bilancio, occorre inoltre attuare in
parallelo riforme volte ad aumentare la sostenibilità a lungo termine delle finanze
pubbliche e sostenere il processo mediante un solido quadro istituzionale. Il
ritmo del risanamento Il
ritmo del risanamento deve continuare a differenziarsi a seconda del margine di
bilancio dei singoli paesi. Considerate in particolare
le persistenti pressioni di mercato sui paesi fortemente indebitati, i paesi
che hanno perso l’accesso ai mercati finanziari o che subiscono pressioni di
mercato molto forti devono continuare a rispettare gli impegni assunti a
livello di bilancio. Gli altri Stati membri devono continuare a rispettare gli
impegni assunti nel patto di stabilità e crescita, che consente agli
stabilizzatori automatici di funzionare lungo il percorso concordato di
aggiustamento di bilancio strutturale garantendo nel contempo la sostenibilità
a lungo termine delle finanze pubbliche. Il patto di stabilità e
crescita offre un quadro flessibile e efficiente per differenziare il ritmo del
risanamento. Le regole del PSC consentono di modulare
il ritmo del risanamento in funzione delle caratteristiche specifiche di
ciascuno Stato membro. Nell’ambito del PSC ai singoli paesi vengono assegnati
obiettivi nominali, per motivi di trasparenza e per ancorare le politiche di
bilancio. Le raccomandazioni del Consiglio, tuttavia, specificano anche lo
sforzo strutturale necessario, che dovrebbe rispecchiare le posizioni di
bilancio sottostanti senza tener conto degli effetti ciclici e delle misure una
tantum. Se un paese ha compiuto lo sforzo strutturale concordato ma non
raggiunge i propri obiettivi solo a causa di una crescita inferiore al
previsto, il termine per la correzione del disavanzo eccessivo può essere
prorogato. In passato ci si è avvalsi di questa possibilità in diverse
occasioni, da ultimo nel caso di Spagna e Portogallo. La composizione del risanamento Ferma restando la
necessità di promuovere risanamenti basati sulla spesa, occorre combinare in
modo efficiente e favorevole alla crescita misure sul fronte delle spese e
delle entrate. L’analisi dei precedenti risanamenti
indica che i risanamenti basati sulla spesa hanno maggiori probabilità di
successo. Inoltre, considerati gli oneri tributari relativamente elevati
esistenti nell’UE, ulteriori aumenti fiscali potrebbero incidere negativamente
sulla futura crescita e dovrebbero quindi essere introdotti con una certa
prudenza. Nel complesso, per limitare gli effetti negativi a breve termine
sulla crescita, i risanamenti dovrebbero combinare adeguatamente misure
favorevoli alla crescita sul fronte delle spese e delle entrate. L’efficienza della spesa e
la qualità delle finanze pubbliche in generale diventano sempre più importanti
in considerazione delle sfide a lungo termine per le finanze pubbliche. Visti i livelli record del debito e l’incidenza a lungo termine dell’invecchiamento
demografico, le pressioni sulla spesa pubblica rimarranno probabilmente anche
al di là dell’attuale aggiustamento di bilancio. Diventa quindi sempre più
importante riesaminare l’efficienza della spesa per conciliare il bisogno di
finanze pubbliche sostenibili con l’erogazione di servizi pubblici di livello
soddisfacente. Le migliori pratiche internazionali dimostrano che in molti
paesi dell’UE si possono ottenere notevoli risparmi di risorse pubbliche a
livelli invariati di servizi. Il proseguimento delle
riforme del settore pubblico e l’introduzione delle migliori pratiche nell’ambito
di un bilancio basato sui risultati potrebbero dare un contributo fondamentale
al miglioramento dell’efficienza della spesa pubblica.
L’interazione fra le riforme delle pubbliche amministrazioni conseguenti ai
riesami della spesa (spending review) e il bilancio basato sui risultati è
notevole in termini di obiettivi e di tempistica. Mentre il bilancio basato sui
risultati predilige un approccio olistico e richiede una visione a lungo
termine per l’introduzione e l’ottenimento di risultati, le riforme della
pubblica amministrazione possono produrre rapidamente notevoli risultati in
termini di efficienza della spesa pubblica e di risparmio, purché siano
precedute da rigorosi riesami della spesa e inserite in strategie a più lungo
termine. Le riforme della pubblica amministrazione potrebbero concentrarsi
utilmente sui settori in cui secondo gli indicatori, compresi i raffronti tra i
diversi paesi e al loro interno, vi sono le maggiori possibilità di risparmio
(si veda anche la sezione 3). Altre misure pertinenti per l’efficienza
della spesa, tra cui trasferimenti sociali, aiuti di Stato o altre sovvenzioni
meglio strutturati e più mirati, l’identificazione dei progetti più produttivi
nel campo degli investimenti pubblici o una maggiore efficienza nella fornitura
di beni e servizi pubblici, possono rispecchiare la varietà degli obiettivi
socioeconomici delle diverse voci di spesa, compresi i problemi di
distribuzione. A prescindere dallo strumento scelto per migliorare l’efficienza
della spesa pubblica, il processo deve comunque essere accompagnato da una
gestione delle prestazioni a tutti i livelli della pubblica amministrazione. I risparmi a livello di
spesa non devono riguardare le voci che hanno un’incidenza positiva sulla
crescita e sul potenziale di crescita. Gli eventuali
tagli devono essere ridotti al minimo nei settori connessi allo sviluppo del
capitale umano e al progresso tecnologico. La situazione è meno chiara per
quanto riguarda gli investimenti pubblici nelle attività fisse. Questi
investimenti favoriscono la crescita potenziale solo nella misura in cui le
nuove infrastrutture contribuiscono agli investimenti privati, cioè soprattutto
nei settori dei trasporti, delle comunicazioni e di determinati servizi
pubblici. Inoltre, gli investimenti pubblici nelle attività fisse comportano
vantaggi solo fino a un certo punto; nel caso degli Stati membri che dispongono
già di un livello di infrastrutture soddisfacente, sarebbe più opportuno porre
l’accento sulla manutenzione e, possibilmente, sul potenziamento. Per
quanto riguarda le entrate di bilancio, nonostante le recenti riforme molti
Stati membri devono ancora affrontare notevoli problemi di politica tributaria. Alcuni Stati membri dell’UE potrebbero trarre vantaggio, anche se in
misura diversa, da misure sul fronte delle entrate per risanare le finanze
pubbliche e garantirne la sostenibilità. Queste misure, tuttavia, devono mirare
a migliorare l’efficienza dei sistemi fiscali, garantendo al tempo stesso un’equa
ripartizione dell’onere del risanamento fra tutte le componenti della società.
Per aumentare le entrate sarebbe preferibile ampliare la base imponibile
anziché innalzare le aliquote o creare nuove imposte. Questo potrebbe
richiedere una revisione delle spese fiscali e delle altre lacune nell’imposizione
del reddito delle persone fisiche e delle imprese, limitando al tempo stesso le
aliquote IVA ridotte o le esenzioni IVA oppure riportando le aliquote ridotte a
un livello più vicino all’aliquota standard. Si potrebbero inoltre riesaminare
anche le esenzioni dalle accise per aumentare le entrate e contribuire
efficacemente ad altre politiche pubbliche (come quelle nel campo della sanità
e dell’ambiente). Il
miglioramento della governance fiscale può completare utilmente le misure volte
ad aumentare le entrate. Alcune misure di lotta all’evasione
fiscale, come l’abolizione del segreto bancario, hanno apparentemente procurato
un gettito fiscale supplementare già a breve termine. È spesso difficile,
tuttavia, quantificare ex ante l’aumento del gettito derivante da una migliore
governance fiscale, che non deve quindi essere sopravvalutato nell’ambito di
una politica di bilancio oculata, specialmente a breve termine. Il
miglioramento della disciplina fiscale potrebbe assumere diverse forme, come il
ridimensionamento dell’economia sommersa, la lotta contro la frode e l’evasione
potenziale nel campo dell’IVA o la promozione dell’efficienza dell’amministrazione
fiscale. Molti Stati membri devono potenziare l’amministrazione fiscale per
aumentare il gettito, ridurre il costo elevato delle entrate nette riscosse e
alleggerire i notevoli oneri amministrativi per le piccole e medie imprese. Si
potrebbero prendere in considerazione riforme neutre dal punto di vista delle
entrate per aumentare il potenziale di crescita e di occupazione delle economie
europee. Questo vale soprattutto per gli Stati membri
che hanno la possibilità e l’esigenza di passare dalle imposte sul lavoro a
imposte meno atte a creare distorsioni (imposte sul consumo, imposte
patrimoniali ricorrenti e tasse ambientali). Questo spostamento del carico
fiscale dovrebbe essere possibile considerato che un gettito fiscale composto
da una quota elevata di imposte dirette e contributi previdenziali e una quota
modesta di imposte indirette indica che esistono margini in questo senso. Una
riforma neutra dal punto di vista delle entrate potrebbe comportare altresì una
riduzione delle elevate aliquote fiscali sul reddito delle imprese. Nell’elaborare la strategia di risanamento e di
riforma tributaria occorre tener presenti anche altre questioni connesse alla
struttura di imposte specifiche. In primo luogo, l’imposta sulle società riserva spesso un trattamento
privilegiato al finanziamento tramite debito a scapito di quello tramite
capitale azionario. In secondo luogo, la fiscalità nel settore immobiliare
residenziale si basa in misura eccessiva sulle imposte sulle transazioni
anziché sulle imposte ricorrenti sui beni immobili, meno dannose, e la
detraibilità degli interessi ipotecari causa una distorsione a favore dell’indebitamento
e un rischio di investimenti immobiliari eccessivi. Infine, le tasse ambientali
potrebbero dare un contributo importante al conseguimento degli obiettivi
concordati in questo campo e dovrebbero offrire col tempo incentivi adeguati
per ridurre le emissioni dannose, in particolare quelle di gas serra. Le
riforme fiscali dovranno riflettere sia l’efficienza economica che l’equità
sociale, in funzione delle preferenze collettive. Nel decidere le riforme
fiscali si dovrà tener conto anche degli effetti distributivi. Puntare alla sostenibilità
a lungo termine Il risanamento è reso ancora più necessario dalle sfide che l’invecchiamento
demografico comporta per le finanze pubbliche. La relazione 2012 sulla sostenibilità di bilancio[3] indica che
il debito nell’UE rimarrà stabile fino al 2020 grazie alle recenti misure di
risanamento e ai progressi delle riforme, che hanno praticamente stabilizzato
la spesa connessa all’invecchiamento della popolazione. Questo tipo di costi,
tuttavia, è destinato ad aumentare dal 2021 in poi e si prevede che il debito
nell’UE cresca nuovamente, avvicinandosi al 90% del PIL entro il 2030. Per
invertire questa dinamica è indispensabile un impegno sostenuto da parte degli
Stati membri. Il miglioramento del saldo strutturale dello 0,5% del PIL all’anno
fino all’obiettivo a medio termine e il suo mantenimento a lungo termine, in
linea con il PSC, porterebbero il livello del debito quasi al 60% del PIL entro
il 2030. Sebbene alcuni paesi
stiano già cercando di ovviare alle pressioni che l’invecchiamento demografico
esercita sulla spesa, occorre adottare altre misure oltre all’attuazione dei
piani attuali. Negli ultimi dieci anni molti Stati
membri hanno compiuto notevoli sforzi per riformare i sistemi pensionistici,
ottenendo risultati positivi e tangibili a livello di bilancio. A lungo
termine, tuttavia, si prevede un ulteriore aumento della spesa pubblica per le
pensioni a livello aggregato di UE[4]
(+1,5% del PIL entro il 2060). Questo impone di adoperarsi con maggiore impegno
per riformare i sistemi pensionistici, soprattutto nei paesi in cui, secondo le
previsioni, la spesa per le pensioni dovrebbe superare di gran lunga la media
UE e il processo di riforma non è ancora stato avviato seriamente. Nel 2012 si
è raccomandato alla maggior parte degli Stati membri di adeguare la politica
delle pensioni entro la fine dell’anno. Sebbene diversi Stati membri abbiano
fatto buoni progressi, limitando tra l’altro l’accesso ai prepensionamenti e
armonizzando l’età pensionabile per uomini e donne, altri devono intensificare
o attivare il programma di riforma. Collegare l’età della
pensione alla speranza di vita contribuirebbe a consolidare l’equilibrio tra
anni di lavoro e anni di pensione. Questa misura, che
dovrebbe essere attuata preferibilmente secondo regole automatiche per evitare
trattative frequenti e difficili, è un modo efficace per ridurre il rischio di
longevità, ovviando nel contempo ai problemi di sostenibilità e di adeguatezza
mediante l’offerta di incentivi per lavorare più a lungo e, di conseguenza,
aumentare i diritti pensionistici maturati. Per poter contribuire efficacemente
ad innalzare l’età pensionabile effettiva, le riforme dei sistemi pensionistici
devono essere affiancate da politiche atte a sviluppare le opportunità
occupazionali per i lavoratori più anziani e a sostenere un invecchiamento
attivo e in buona salute, integrate da politiche fiscali e previdenziali che
offrano incentivi a rimanere più a lungo nella vita attiva e diano accesso alla
formazione permanente. Grafico 2. Andamento di bilancio – zona euro Fonte: servizi della Commissione Gli Stati membri hanno
attuato con determinazione il risanamento di bilancio riducendo notevolmente i
disavanzi. Secondo le previsioni autunnali della
Commissione per il 2012, il disavanzo medio delle pubbliche amministrazioni
nell’UE dovrebbe diminuire di 0,8 p.p. nel 2012 e arrivare al 3,6% del PIL. Il
quadro è sostanzialmente analogo per la zona euro, in cui il disavanzo scenderà
al 3,3% del PIL. Il proseguimento del risanamento di bilancio nel 2013 dovrebbe
riportare il disavanzo delle pubbliche amministrazioni nella zona euro al di
sotto del 3% del PIL per la prima volta dal 2008 (grafico 2). La composizione
del risanamento può essere giudicata globalmente favorevole alla crescita nella
maggior parte degli Stati membri, con un equilibrio globale tra entrate e
spese. I principali risparmi di spesa registrati tra il 2007 e il 2012
riguardano gli investimenti, il consumo intermedio e la fattura salariale
pubblica. Al tempo stesso, la quota dei trasferimenti sociali è aumentata in
generale, soprattutto nei paesi colpiti più duramente dalla crisi economica. Il risanamento di bilancio
sarebbe stato addirittura più forte in termini strutturali che in termini
nominali. Si prevede che gli aggiustamenti strutturali
per il 2012 superino 1 punto percentuale sia nell’UE che nella zona euro. Per
ottenere questo risultato, in media gli Stati membri si sono attenuti ai loro
obiettivi nominali, adottando misure correttive nel corso dell’anno a fronte
del deterioramento del contesto macroeconomico. Il percorso di risanamento
dovrebbe proseguire regolarmente nel 2013, poiché gli Stati membri devono
compiere lo sforzo di bilancio richiesto loro nell’ambito della procedura per i
disavanzi eccessivi o devono ancora convergere verso i loro obiettivi a medio
termine. Nel 2013 questo dovrebbe ridurre il disavanzo strutturale di oltre 0,5
p.p. nell’UE. Governance e istituzioni
di bilancio Per l’adozione di decisioni valide in materia di bilancio sono
indispensabili quadri di bilancio solidi a livello nazionale. A norma dei trattati, le decisioni
definitive in materia di bilancio spettano alle autorità nazionali. È quindi
fondamentale che gli Stati membri prendano misure a livello nazionale per
rafforzare la prevedibilità e la credibilità dei loro impegni a favore di una
politica di bilancio oculata. La direttiva sui quadri di bilancio nazionali e
il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (TSCG)
migliorano notevolmente i quadri di bilancio nazionali. Un corretto recepimento
della direttiva per la fine del 2013 dovrebbe garantire solidi quadri di
bilancio in tutti gli Stati membri dell’UE, comprendenti statistiche tempestive
e complete, una pianificazione a medio termine, previsioni realistiche e la
definizione di norme di bilancio nazionali che favoriscano il rispetto degli
obblighi previsti dal trattato a livello di bilancio. 25 Stati membri si sono
inoltre impegnati, attraverso il TSCG, a integrare in norme nazionali
vincolanti l’obiettivo di un bilancio in pareggio o in attivo, in modo da
ancorare uno dei principi di base del PSC nei quadri nazionali. L’adempimento
dovrebbe essere ulteriormente rafforzato da meccanismi nazionali di correzione
automatici, da strutturare in base a principi comuni e da attivare in
circostanze ben precise. La governance di bilancio
a livello europeo è stata potenziata e la Commissione ha sottoposto ulteriori
miglioramenti ai colegislatori. Il six-pack[5] ha rafforzato il braccio
preventivo della sorveglianza di bilancio nell’UE e la capacità di individuare
e correggere prima possibile gli squilibri di bilancio, introducendo al
contempo nuovi strumenti quali un parametro di riferimento per la spesa e una
regola numerica per il debito. Dato che, per gli Stati membri che hanno la
stessa moneta, le politiche di bilancio hanno ricadute più forti, le sanzioni
finanziarie per inadempimento nei confronti degli Stati membri della zona euro
sono state rafforzate, ma anche applicate in modo più graduale e in una fase
più precoce. La Commissione ha proposto ulteriori miglioramenti della
sorveglianza di bilancio per gli Stati membri della zona euro nei due
regolamenti che costituiscono il two-pack. Il regolamento sulla sorveglianza
rafforzata razionalizza e aumenta la sorveglianza di bilancio applicabile agli
Stati membri che rischiano di avere o che hanno difficoltà finanziarie, mentre
il regolamento sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio rende più
rigoroso il monitoraggio degli Stati membri oggetto di una procedura per i
disavanzi eccessivi, per garantire la correzione tempestiva di questi
disavanzi. Esso rafforza anche l’azione preventiva a livello di UE ponendo
solide basi per un coordinamento effettivo delle politiche di bilancio nell’UEM,
tra cui un calendario di bilancio comune e la presentazione coordinata alla
Commissione dei piani di bilancio annuali nazionali prima dell’adozione in
Parlamento. 2. Ripristinare la stabilità finanziaria Gli ultimi dodici mesi
hanno visto il protrarsi delle tensioni finanziarie sui mercati finanziari dell’UE,
ma ultimamente vi sono segni di miglioramento. I
circoli viziosi tra debito sovrano della zona euro, banche e crescita hanno
ulteriormente alimentato le tensioni finanziarie e minato la fiducia. Le azioni
strategiche incisive intraprese dai responsabili politici a livello di UE e
nazionale hanno recentemente migliorato il clima, ma gli spread del debito
sovrano nei paesi vulnerabili rimangono elevati e volatili. Al tempo stesso
altri paesi dell’UE hanno beneficiato di un massiccio afflusso di capitale
privato e registrato tassi di interesse eccezionalmente bassi, e talvolta
negativi, sui loro titoli sovrani. La stretta interconnessione fra i mercati
sovrani e il settore bancario dell’UE è ancora fonte di notevoli rischi per la
stabilità finanziaria nell’UE, in particolare nella zona euro. Il settore bancario dell’UE è tuttora caratterizzato da problemi di
liquidità e da problemi di finanziamento strutturali. Un certo numero di banche incontra ancora
difficoltà per ottenere finanziamenti sul mercato, specialmente negli Stati
membri vulnerabili. Gli abbassamenti dei rating sovrani hanno ridotto le
garanzie disponibili per le operazioni bancarie con l’Eurosistema e causato la
diminuzione dei meriti di credito delle banche, aumentandone i costi di
finanziamento. Nella prima metà del 2012, le difficoltà di finanziamento negli
Stati membri vulnerabili della zona euro sono state aggravate da fughe dei
depositi, mentre gli Stati membri dell’UE con rating più elevati hanno
registrato un afflusso di depositi. Il deterioramento delle prospettive di
crescita e, di conseguenza, delle possibilità di generare reddito ha esercitato
pressioni sul finanziamento interno delle banche. In risposta alle difficoltà
di finanziamento, le banche hanno privilegiato le operazioni di prestito
garantite rispetto a quelle non garantite e l’emissione di obbligazioni
garantite, il che ha determinato un forte e preoccupante aumento delle attività
soggette a gravami nei bilanci bancari. Grafico 3. Prestiti bancari alle famiglie e alle imprese non finanziarie – zona euro Fonte: servizi della Commissione La scarsità dei
finanziamenti provenienti dal mercato e l’aumento dei rischi di credito a causa
del ristagno della crescita incidono negativamente sulla capacità delle banche
di erogare prestiti all’economia reale. Le difficoltà
di finanziamento sono particolarmente gravi per le piccole e medie imprese, che
costituiscono la spina dorsale dell’economia dell’UE e la principale fonte di
occupazione. I problemi di ottenimento di crediti sono particolarmente seri nei
paesi vulnerabili in cui le banche in difficoltà hanno ridotto l’erogazione di
prestiti, anche se la domanda di crediti è minore a causa delle deboli
prospettive di crescita e della necessità di ridurre il debito delle imprese e
delle famiglie (grafico 3). Al tempo stesso, sebbene le banche abbiano
proseguito i necessari aggiustamenti dei loro bilanci, non vi sono stati segni
di deleveraging disordinato o eccessivo. I flussi di capitale provenienti da
fonti pubbliche, che hanno parzialmente compensato la fuga di capitale privato,
e la ricapitalizzazione coordinata diretta dall’Autorità bancaria europea hanno
svolto un ruolo determinante al riguardo. La necessità di un deleveraging,
tuttavia, è stata diversa a seconda dei paesi, visto che le banche degli Stati
membri vulnerabili hanno adeguato i loro bilanci più rapidamente delle altre.
In considerazione di questi fattori, è positivo che nella zona euro
considerata nel suo insieme il credito bancario al settore privato si sia
stabilizzato nel 2012 e che l’ultimo studio della BCE sull’attività creditizia
delle banche (Bank Lending Survey) indichi una lieve diminuzione dei problemi
di finanziamento. La ricomparsa dei rischi
sovrani ha invertito il processo di integrazione finanziaria nella zona euro. L’introduzione dell’euro, ma anche la valutazione globale del rischio
di credito precedente alla crisi, hanno stimolato l’integrazione del mercato finanziario
nella zona euro e agevolato i flussi di credito fra i paesi della zona euro. Con
lo scoppio delle bolle dei prezzi delle attività in alcuni paesi e l’avvento
della crisi del debito sovrano, i flussi transfrontalieri hanno registrato un
crollo e i capitali si sono trincerati dietro le frontiere nazionali. In
particolare, il flusso di capitale privato dagli Stati membri situati a nord
della zona euro verso quelli situati a sud registrato negli ultimi dieci anni è
drasticamente diminuito, perché le banche hanno ridotto la propria esposizione
transfrontaliera nei confronti dei governi e del settore privato dei paesi
vulnerabili. La conseguente mancanza di finanziamenti esterni è stata colmata
attraverso liquidità provenienti dall’Eurosistema e, in fasi successive,
attraverso prestiti UE/FMI nell’ambito di programmi di assistenza finanziaria.
Le distorsioni derivanti dalla detenzione di debito sovrano nazionale si sono
inoltre accentuate, rafforzando il circolo vizioso tra emittenti sovrani deboli
e banche deboli. I paesi della zona euro
hanno applicato condizioni di finanziamento diverse. L’aumento
dei premi di rischio per i prestiti transfrontalieri ha accentuato la
frammentazione finanziaria e, di conseguenza, il divario fra i paesi della zona
euro in termini di tassi di interesse sui prestiti alle imprese e alle
famiglie. Attualmente i tassi di interesse applicati al settore privato dei
paesi vulnerabili sono nettamente superiori a quelli applicati negli altri
Stati membri, in particolare quelli considerati mercati “rifugio” (grafici 4 e 5). Grafico 4. Tassi di interessi sui prestiti alle imprese || Grafico 5. Prestiti alle imprese || Note: Nuove imprese, durata fino a 1 anno Fonte: servizi della Commissione || Note: Indice del tasso di crescita delle riserve nazionali su base annuale. Fonte: servizi della Commissione Il disfunzionamento dei
mercati del credito in tutta la zona euro costituisce una notevole minaccia per
il funzionamento dell’unione monetaria. L’aggiustamento
e la ristrutturazione in corso negli Stati membri vulnerabili della zona euro
incidono pesantemente sulla crescita. Il loro processo di aggiustamento dipende
dal ripristino di normali condizioni di prestito da parte del sistema bancario,
che attualmente non svolge il suo ruolo di intermediazione nel mercato unico.
La vigilanza micro e macroprudenziale con una dimensione transfrontaliera
dovrebbe contribuire all’integrazione del sistema bancario per ripristinarne la
funzione di intermediario finanziario. Per ripristinare le
condizioni necessarie alla normale erogazione di prestiti all’economia occorre
eliminare le cause di fondo delle difficoltà delle banche. A livello di UE sono state
adottate audaci misure politiche per spezzare il circolo vizioso tra le banche
deboli e i loro emittenti sovrani, nonché ovviare alle difficoltà di
finanziamento, alla frammentazione finanziaria e al deterioramento dei
meccanismi di trasmissione monetaria nella zona euro. Nel percorso verso un’autentica
UEM, nel giugno 2012 i capi di Stato dell’UE hanno deciso di comune accordo di
avviarsi, come prima tappa tangibile, verso un’Unione bancaria dotata di un
meccanismo di vigilanza unico. A seguito dell’accordo,
la Commissione ha presentato proposte volte a creare il meccanismo di vigilanza
unico e a conferire poteri di vigilanza alla Banca centrale europea. Al tempo
stesso, l’Autorità bancaria europea verrebbe allineata al nuovo quadro di
vigilanza bancaria per garantire coerenza a livello di UE. Il meccanismo di
vigilanza unico mira a eliminare le differenze tra le prassi in materia di
vigilanza, che hanno contribuito alla frammentazione del mercato finanziario
europeo e messo in pericolo il settore bancario. Il meccanismo di vigilanza
unico garantirà che tutti gli Stati membri partecipanti abbiano piena fiducia
nella qualità e nell’imparzialità della vigilanza bancaria, una condizione
necessaria affinché i flussi di capitale sostengano il riequilibrio a breve
termine e non creino altri squilibri in futuro (si veda anche la sezione 3). La creazione del meccanismo
europeo di stabilità (MES) ha dotato la zona euro di un firewall forte e
permanente. Grazie alla sua notevole capacità di
finanziamento (500 miliardi di EUR) e a una serie di strumenti flessibili, il
MES è perfettamente in grado di spezzare il circolo vizioso tra banche e
emittenti sovrani e di contribuire a far tornare la fiducia. Oltre all’erogazione
di prestiti e alle linee di credito per gli Stati membri della zona euro con
problemi di liquidità, il MES dispone di un’ampia serie di strumenti e, una volta
soddisfatti determinati requisiti, può intervenire sui mercati primari e
secondari dei titoli a condizioni che non comportano necessariamente la
richiesta di un vero e proprio programma di aggiustamento macroeconomico. La possibilità di
utilizzare il MES per ricapitalizzare direttamente le banche sarà estremamente
utile per spezzare infine il circolo vizioso tra banche e emittenti sovrani
nella zona euro. Il MES può anche erogare prestiti
destinati specificamente alla ricapitalizzazione delle banche. Finora,
tuttavia, è stato possibile concedere questi prestiti solo agli Stati membri,
che a loro volta li avrebbero usati per ricapitalizzare le loro banche in
difficoltà. Pur migliorando in parte la situazione dei governi con problemi di
liquidità, questo approccio è stato un semplice palliativo al problema dell’interconnessione
fra banche e emittenti sovrani, in particolare per il fatto che questi prestiti
sono registrati nei conti pubblici degli Stati membri e aumentano il loro
debito pubblico. Per risolvere il problema, nel giugno 2012 il vertice
della zona euro ha deciso di autorizzare il MES a ricapitalizzare direttamente
le banche una volta creato il meccanismo di vigilanza unico. Questo sarà
determinante per scollegare i rischi delle banche e degli emittenti sovrani
della zona euro e rappresenterà un notevole progresso verso la soluzione della
crisi della zona euro. La Banca centrale europea
ha adottato misure efficaci per attenuare i problemi di finanziamento delle
banche e riparare il meccanismo di trasmissione monetaria. Le due operazioni triennali di rifinanziamento a lungo termine
eseguite dalla BCE nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012 hanno ovviato ai gravi
problemi di rifinanziamento delle banche della zona euro permettendo loro di
accedere a finanziamenti a medio termine a basso costo. Tuttavia, in
considerazione dei persistenti problemi di finanziamento e dei gravi problemi
di funzionamento del meccanismo di trasmissione monetaria riscontrati in alcuni
Stati membri della zona euro, la BCE ha introdotto un nuovo strumento, le “operazioni
monetarie definitive” (Outright Monetary Transactions - OMTs), per
salvaguardare la corretta trasmissione della politica monetaria nella zona
euro. Le OMT sono operazioni definitive sui mercati secondari dei titoli
sovrani soggette a condizioni rigorose ed effettive in relazione a un programma
di aggiustamento finanziato dal MES. Sebbene lo strumento non sia ancora stato
utilizzato, l’annuncio della sua creazione ha già determinato miglioramenti sui
mercati dei titoli sovrani e possiede, insieme ai piani per la realizzazione
dell’unione bancaria, un notevole potenziale per allentare le tensioni
finanziarie nella zona euro e ripristinare le condizioni necessarie per una
sana erogazione di prestiti all’economia. Sebbene le tensioni sui
mercati siano state allentate grazie ad azioni politiche incisive, i mercati
rimangono fortemente dipendenti dal proseguimento delle politiche di sostegno e
dal rispetto degli impegni. Le vulnerabilità
sottostanti sono ancora presenti nel sistema finanziario dell’UE, e in
particolare in quello della zona euro. Al tempo stesso, il protrarsi della
crisi nella zona euro ha reso l’andamento dei mercati fortemente dipendente
dalle misure politiche. La certezza in merito alle azioni politiche e l’energica
attuazione delle misure e delle politiche di riforma nazionali concordate sono
pertanto indispensabili per contenere la volatilità dei mercati. L’impegno a
costruire un’autentica UEM, e in particolare una vera e propria Unione
bancaria, ripristinerà in modo permanente la stabilità finanziaria. 3. Riforme strutturali per sostenere la
crescita e correggere gli squilibri Nell’attuale congiuntura,
è assolutamente prioritario migliorare la fiducia e rilanciare la crescita a
breve termine creando, al tempo stesso, i presupposti per una crescita
sostenibile in futuro. Visti i condizionamenti di cui
sono oggetto le politiche macroeconomiche, le riforme strutturali sono un
elemento fondamentale della strategia di crescita e di riequilibrio, volta a
sfruttare il potenziale delle economie dell’UE. A mano a mano che la crisi
avanzava, i paesi vulnerabili hanno avviato profonde riforme. Anche se questi
Stati membri devono agire con maggiore urgenza, la crescita a breve e
medio-lungo termine è un problema comune all’intera UE, che richiede una
risposta collettiva. Nonostante le notevoli differenze fra le situazioni
economiche dei singoli Stati membri, un’impostazione coordinata delle riforme
in tutti gli Stati membri e a livello di UE imprimerebbe uno slancio politico,
ridurrebbe i vincoli di politica economica e agevolerebbe il processo di
riforma. Grafico 6. Saldi delle partite correnti – zona euro e Stati membri || Grafico 7. Costi unitari del lavoro e compenso nominale per dipendente – zona euro || Fonte: servizi della Commissione || Fonte: servizi della Commissione La crescita economica dell’UE
è attualmente frenata dagli squilibri macroeconomici persistenti e dalla
necessità di correggere gli eccessi passati in termini di assunzione di
prestiti e di consumo. Una crescita temporaneamente
più debole è caratteristica intrinseca di un profondo aggiustamento, perché le
economie vengono ristrutturate, le risorse sono trasferite dal settore dei beni
non scambiabili internazionalmente a quello dei beni scambiabili e i bilanci di
tutti i comparti dell’economia devono adeguarsi. L’aggiustamento richiesto è
proseguito negli ultimi dodici mesi, nonostante il contesto economico
difficile, e sta dando risultati. I dati principali relativi ai saldi delle
partite correnti, i dati commerciali e la domanda interna indicano che l’aggiustamento
è in corso nell’UE, anche nei paesi della zona euro, ma che occorre compiere
ulteriori progressi (grafico 6). L’aggiustamento è in corso anche nei paesi
tenuti al rispetto di un programma e negli altri paesi vulnerabili, compresi
quelli in cui fino a poco fa i progressi apparivano limitati. Oltre al fatto
che gli squilibri delle partite correnti sono in diminuzione, l’evoluzione dei
costi unitari del lavoro favorisce un ulteriore riequilibrio in futuro (grafico
7). In alcuni paesi con un disavanzo è in corso un adeguamento dei salari
nominali sia nel settore pubblico che in quello privato. Grafico 8. Partite correnti e posizione patrimoniale netta sull’estero (NIIP): paesi con un avanzo e con un disavanzo Fonte: servizi della Commissione L’attuale aggiustamento
delle posizioni esterne appare sostanzialmente strutturale. I paesi con un disavanzo hanno registrato una forte contrazione delle
importazioni e una certa espansione delle esportazioni. Sebbene finora la
contrazione delle importazioni sia stata dominante, i miglioramenti in termini
di competitività preparano la futura crescita delle esportazioni e, secondo le
previsioni economiche autunnali della Commissione, il contributo delle esportazioni
al riequilibrio dovrebbe aumentare nel periodo di riferimento. A condizione che
il miglioramento della competitività sia costante, l’aumento delle esportazioni
dovrebbe permettere lo sviluppo dei settori orientati all’esportazione e
rendere permanente l’aggiustamento. Il riequilibrio esterno dei flussi delle
partite correnti, tuttavia, non basta a invertire le tendenze non sostenibili
degli stock (posizione patrimoniale netta sull’estero e debito estero) (grafico
8). Nella maggior parte dei paesi con un disavanzo, il rapporto debito
estero/PIL continua ad aumentare; nei casi in cui sta diminuendo, questo è
dovuto principalmente alla forte rivalutazione delle passività. Sarà necessario
un notevole aggiustamento il cui costo, specialmente in termini di occupazione,
dipenderà dalla capacità di aggiustamento dei singoli Stati membri. I progressi
compiuti per quanto riguarda la riduzione degli squilibri bilaterali delle
partite correnti tra paesi con un disavanzo e paesi con un avanzo sono
diventati molto più tangibili. Nei paesi con un avanzo si delinea anche un
riequilibrio verso la domanda interna, sebbene l’aggiustamento degli avanzi
delle partite correnti indichi anche che le partite correnti dell’intera zona
euro sono diventate eccedentarie. Anche se probabilmente l’effetto
delle riforme strutturali sulla crescita e sul riequilibrio si materializzerà
appieno solo a medio-lungo termine, si possono constatare miglioramenti già a
breve termine. I processi di riforma comportano
solitamente costi di aggiustamento e di transizione a breve termine, anche
perché in genere non sono equamente distribuiti fra imprese e persone.
Tuttavia, le riforme strutturali potrebbero avere anche effetti espansionistici
immediati, nella misura in cui migliorano la fiducia e le aspettative degli
operatori economici. Occorre dare priorità alle riforme con la minore incidenza
sui costi di bilancio (quali le riforme volte a rafforzare la competitività e
la concorrenza nei mercati dei prodotti o la riduzione degli oneri normativi e
amministrativi per le imprese), ponendo però l’accento anche sulla creazione
delle condizioni generali più favorevoli (ad esempio un dialogo sociale
rafforzato) per sostenere gli interventi nei settori tradizionalmente più
difficili da riformare, come il mercato del lavoro. Occorre inoltre tener conto
delle sinergie fra i diversi settori oggetto di riforme. A titolo di esempio,
le riforme del mercato occupazionale volte a moderare i costi unitari del
lavoro potrebbero favorire maggiormente la competitività se fossero abbinate a
riforme dei mercati dei prodotti volte ad aumentare la concorrenza e a ridurre
i margini. Su un piano più generale, occorre esaminare attentamente le
interazioni fra i diversi settori da riformare e prevedere una tempistica
appropriata, tenendo conto delle situazioni specifiche dei singoli Stati
membri. La
regolamentazione e la vigilanza finanziaria sono chiamate a svolgere un ruolo
importante per garantire un riequilibrio ordinato e prevenire cicli dannosi di
forti espansioni seguite da crolli improvvisi. Il
necessario processo di deleveraging in atto nel settore privato di alcuni paesi
dell’UE, anche in relazione alle condizioni finanziarie rigorose di cui alla
sezione 2, potrebbe incidere negativamente sulla crescita a breve termine. Questo
processo, tuttavia, è una conditio sine qua non per la correzione degli
squilibri interni ed esterni eccessivi. D’altro canto, i livelli eccessivi di
aumento del credito e di leverage nel settore finanziario registrati prima
della crisi provocano un accumulo di vulnerabilità nel settore che comporta un
forte rischio di correzione disordinata, con conseguenze estremamente negative
per la crescita economica. In tale contesto è fondamentale sviluppare strumenti
macro e microprudenziali efficaci per garantire che, una volta normalizzate le
condizioni di finanziamento in tutta l’UE, il riequilibrio prosegua sulla base
di flussi sostenibili di capitale verso le attività più produttive e il
fabbisogno di investimenti a lungo termine dell’economia dell’Unione, evitando
inoltre il riaccumulo di squilibri eccessivi. Le riforme strutturali
volte a migliorare la produttività rimangono prioritarie per sostenere le
prospettive di crescita a breve termine e garantire un riequilibrio duraturo
dell’economia dell’UE. L’esperienza dimostra che le
riforme volte ad aumentare l’efficienza sui mercati dei prodotti, dei servizi e
del lavoro possono stimolare la produttività e l’innovazione nonché aumentare i
livelli di produzione e di occupazione. Anche le riforme strutturali specificamente
destinate a promuovere l’innovazione, gli investimenti nelle TIC, il loro uso e
l’ulteriore liberalizzazione degli scambi possono avere un’incidenza diretta
sulla produttività. Queste riforme favoriscono altresì la riallocazione della
manodopera e del capitale a vantaggio dei settori ad alto potenziale di
crescita (comprese la crescita verde e l’economia digitale) e possono dare un
contributo determinante alla riduzione degli squilibri interni ed esterni, ad
esempio migliorando la competitività e i risultati in termini di esportazioni.
Le riforme strutturali sono di particolare importanza nella zona euro, dove i
prezzi relativi non possono essere influenzati dalle fluttuazioni dei tassi di
cambio nominali. Aumentando le opportunità
di crescita verde si potrebbero migliorare le prestazioni a livello macro e
microeconomico. Il passaggio a sistemi di produzione a
basse emissioni di carbonio ed efficienti nell’impiego delle risorse attenuerà
le pressioni degli shock dei prezzi dei prodotti di base sui livelli di costo e
sulle aspettative inflazionistiche, ridurrà la dipendenza dalle risorse e dall’energia,
e di conseguenza anche il disavanzo commerciale in campo energetico, e renderà
l’economia dell’UE più competitiva a lungo termine. L’UE ha elaborato politiche
finalizzate a un uso più efficiente delle risorse, comprendenti obiettivi
ambiziosi che avranno implicazioni per tutti gli Stati membri. Queste politiche
risulteranno veramente efficaci solo se saranno sostenute da un quadro
normativo stabile e prevedibile per orientare gli investimenti, dal
trasferimento dell’onere fiscale dal lavoro alle imposte ambientali e sul
consumo, dalla graduale eliminazione delle sovvenzioni dannose per l’ambiente,
da misure volte a promuovere l’affermarsi di nuovi mercati e tecnologie verdi e
dal passaggio a modelli di produzione e di consumo più ecologici. Lo slancio impresso alla
liberalizzazione dei mercati dei prodotti e dei servizi deve essere mantenuto. Sono necessari altri interventi per eliminare le restrizioni
ingiustificate e migliorare la concorrenza sui mercati dei prodotti e dei
servizi, ad esempio per quanto riguarda il commercio al dettaglio, le
professioni regolamentate, l’edilizia, il turismo, i servizi alle imprese e le
industrie di rete. Questo richiede anche un’azione a livello di UE,
perché un mercato unico funzionante può migliorare il potenziale di crescita e
contribuire al riassorbimento degli squilibri. Per sfruttare pienamente il
potenziale del mercato unico occorrono miglioramenti ambiziosi, con un maggiore
impegno a livello nazionale in termini di attuazione della normativa e di
riforme, come stabilito negli Atti per il mercato unico I e II. In tale
contesto, gli Stati membri devono adottare, in particolare, misure ambiziose
per attuare la direttiva sui servizi, in considerazione del suo potenziale di
crescita e di aggiustamento[6]. Grafico 9. Indice di efficacia del governo, Stati membri dell’UE, 2011 Note: l’indice di efficacia del governo della Banca mondiale indica il modo in cui i cittadini giudicano la qualità dei servizi pubblici e della pubblica amministrazione e il loro grado di indipendenza dalle pressioni politiche, la qualità della definizione e dell’attuazione delle politiche e la credibilità dell’impegno governativo nei confronti delle politiche stesse. I valori dell’indice sono compresi tra -2,5 e 2,5. Fonte: Banca mondiale È assolutamente
prioritario migliorare il contesto imprenditoriale, anche riflettendo su come
aumentare l’efficienza del settore pubblico. Un
contesto imprenditoriale aperto ed efficace è un catalizzatore di crescita,
perché promuove l’attività delle imprese e ne riduce i costi superflui. L’esperienza
dimostra che la complessità delle procedure amministrative e burocratiche ha
una notevole incidenza negativa sul livello di imprenditorialità, innovazione e
competitività e l’afflusso di IED potrebbe dare un notevole contributo alla
riduzione degli squilibri. Gli oneri normativi eccessivi tendono inoltre a
favorire l’economia sommersa. Una pubblica amministrazione efficiente dovrebbe
erogare servizi all’intera economia senza imporre oneri burocratici eccessivi
agli operatori economici (grafico 9). Ovviando ai problemi della pubblica
amministrazione si contribuirebbe al risanamento di bilancio migliorando al
contempo la competitività e le prospettive di crescita. In particolare, le
riforme del sistema giudiziario ridurrebbero i rischi e l’incertezza associati
alla creazione di imprese e alla loro attività, stimolando gli investimenti e
contribuendo alla diminuzione dei costi di transazione e al rafforzamento della
concorrenza. A tal fine, diversi Stati membri hanno già preso provvedimenti per
razionalizzare la funzione pubblica e aumentarne l’efficacia. Fra i principali
settori oggetto di riforma figurano i sistemi giudiziari e un maggiore uso dell’e‑government
e degli appalti elettronici. La disoccupazione è
diventata un problema molto serio in diversi paesi dell’UE, con implicazioni
sempre più forti a livello economico, sociale e politico (grafico 10). All’aumento della disoccupazione fa riscontro l’accentuarsi
delle divergenze tra i mercati occupazionali dell’Unione. La disoccupazione è
aumentata nella maggior parte degli Stati membri, raggiungendo in alcuni casi
livelli record, ma in alcuni è diminuita. L’allungamento dei periodi di
disoccupazione e la minore corrispondenza fra domanda e offerta di lavoro in
molti Stati membri dell’UE, in alcuni casi a causa di spostamenti settoriali,
comportano il rischio che la disoccupazione diventi sempre più strutturale, con
ripercussioni negative sul potenziale di crescita a lungo termine. Grafico 10. Tasso di crescita dell’occupazione e di disoccupazione – UE Fonte: servizi della Commissione Le riforme strutturali
contribuiscono in misura determinante a combattere la disoccupazione, oltre a
promuovere la crescita e l’aggiustamento. Per ridurre
significativamente i tassi di disoccupazione occorre creare i presupposti per
una rinnovata fiducia e una domanda stabile di manodopera. Al tempo stesso,
ridurre i tassi di disoccupazione è indispensabile per rafforzare la fiducia e
garantire la sostenibilità sociale e politica delle riforme in corso. Nell’immediato,
tuttavia, la priorità è gestire gli elevati e persistenti tassi di
disoccupazione in condizioni di debole crescita e, in alcuni paesi, in un
contesto di deleveraging e di riequilibrio esterno. Viste le diverse condizioni
dei mercati del lavoro nell’UE, la risposta politica deve essere coordinata, ma
adeguata in funzione delle circostanze specifiche di ciascun paese. Sin dall’inizio della
crisi diversi paesi dell’UE si sono adoperati attivamente per riformare il
mercato del lavoro. In alcuni casi sono stati adottati
piani di riforma ambiziosi per creare condizioni più favorevoli all’occupazione
(grafico 11). Le recenti azioni di riforma appaiono sostanzialmente conformi
alle priorità definite a livello europeo, in particolare le misure che
contribuiscono a rendere i mercati del lavoro più dinamici, a lottare contro la
precarietà e a migliorare la competitività. Alcuni paesi con elevati tassi di
disoccupazione e forti squilibri esterni si sono prefissi di migliorare l’adattabilità
delle retribuzioni e la capacità di adeguamento del loro mercato del lavoro, in
particolare attraverso la riforma della normativa sulla tutela dell’occupazione
e del sistema di fissazione dei salari. Le politiche di tutela del reddito,
attivazione e assistenza per la ricerca di un impiego sono state adattate in
funzione dei problemi sempre più seri del mercato occupazionale, ma finora non
tutti i paesi hanno adottato le misure necessarie per affrontare le loro sfide
politiche. Grafico 11. Numero di misure relative al mercato del lavoro per settore, totale UE Nota: la formazione non rientra nelle politiche attive del mercato del lavoro. Fonte: servizi della Commissione, base dati LABREF della DG ECFIN. La lotta alla
disoccupazione e il sostegno alla creazione di posti di lavoro devono essere al
centro dell’agenda politica. Occorre mantenere lo
slancio impresso alla riforma del mercato occupazionale, specialmente nei paesi
con gravi difficoltà in questo campo. Le possibilità di una ripresa
sostenibile della crescita potenziale dipendono dal modo in cui si affrontano
le strozzature sul mercato del lavoro e i rischi di isteresi occupazionale.
Occorrono urgentemente risposte politiche appropriate per ovviare ai problemi
strutturali e istituzionali del mercato occupazionale (segmentazione, minore
corrispondenza fra domanda e offerta di manodopera e disoccupazione strutturale
persistente). I paesi con i maggiori problemi per quanto riguarda il mercato
del lavoro devono continuare ad adoperarsi con impegno per attuare riforme
strutturali ambiziose che favoriscano l’aggiustamento (normativa sulla tutela
dell’occupazione, fissazione dei salari) e la corretta attuazione delle misure
adottate. Possono essere prese in considerazione anche misure specifiche per
rilanciare la domanda di manodopera riducendo l’onere fiscale sul lavoro,
specialmente per le categorie poco retribuite, sempre che le condizioni di
bilancio lo permettano, e sostenendo l’imprenditoria e l’economia sociale.
Occorrono inoltre misure mirate per promuovere l’assunzione di categorie
specifiche di lavoratori che rischiano di uscire dalla vita attiva (come i
disoccupati di lunga durata o i giovani lavoratori senza esperienza
professionale), anche attuando politiche attive del mercato del lavoro efficaci
in termini di costi e sfruttando il potenziale dei settori fonte di
occupazione. Allegato. Indicatori macroeconomici selezionati [1] Sebbene non vi siano dati concreti a sostegno di alcune
recenti affermazioni riguardanti la notevole entità dei moltiplicatori, si veda
ad esempio il riquadro I.5 “Forecast errors and multiplier uncertainty” nelle
previsioni economiche europee, autunno 2012, Economia europea 7/2012 [2] Vedi European Commission (2012)
Report on Public finances in EMU 2012, Economia europea 4/2012, DG Affari
economici e finanziari. [3] Vedi European Commission (2012) “Fiscal Sustainability
Report 2012”, Economia europea 8/2012. [4] Vedi European Commission and Economic Policy
Committee (2012) “2012 Ageing Report: Economic and budgetary projections for
the 27 EU Member States (2010-2060)”, Commissione europea, Economia europea, n.
2. [5] Un pacchetto legislativo composto da cinque regolamenti
e una direttiva, entrato in vigore il 13 dicembre 2011, che ha rafforzato
il patto di stabilità e crescita e introdotto una nuova serie di regole per la
vigilanza degli squilibri macroeconomici. Si veda anche:
http://ec.europa.eu/economy_finance/articles/governance/2012-03-14_six_pack_en.htm
[6] Secondo i servizi della Commissione i guadagni associati
all’attuazione della direttiva sui servizi negli Stati membri si aggirano
intorno allo 0,8% del PIL dell’UE, mentre un’attuazione leggermente più
ambiziosa, grazie alla quale ciascun paese raggiungerebbe la media UE per
quanto riguarda gli ostacoli alla prestazione transfrontaliera di servizi e
allo stabilimento, comporterebbe un guadagno supplementare pari allo 0,4% del
PIL. In uno scenario estremamente ambizioso, in cui ciascuno Stato membro
raggiungerebbe la media dei cinque paesi in testa alla classifica, si potrebbe
ottenere una crescita supplementare del PIL pari all’1,8% a livello di UE. Introduzione La crisi economica e
finanziaria che colpisce attualmente l’Unione europea ha innescato profondi
cambiamenti, dando il via a una ristrutturazione radicale delle nostre economie
che è tuttora in corso. Pur essendo fonte di perturbazioni e di difficoltà di
natura politica e sociale, questo processo è necessario per porre le basi di
una crescita e di una competitività future che siano intelligenti, sostenibili
e inclusive. Per portare avanti le riforme
necessarie, l’Unione deve poter dimostrare che le sue politiche sono efficaci,
che col tempo daranno risultati e che saranno attuate in modo da incidere
equamente sulle nostre società. Gli Stati membri e le istituzioni dell’UE hanno
il compito comune di correggere i problemi del passato e di avviare l’Unione
lungo un percorso di sviluppo più sostenibile per il futuro. Riconoscendo che
le nostre economie sono strettamente collegate fra di loro, l’UE sta
rimodellando la sua governance economica per migliorare le risposte politiche
alle sfide attuali e future. La presente analisi annuale
della crescita segna l’inizio del semestre europeo 2013 e spiega come
utilizzare questa responsabilità condivisa per guidare il cambiamento nell’intera
UE, creando i presupposti per far ripartire la crescita e la creazione di posti
di lavoro. Il contesto Nel 2012 la situazione
economica dell’UE è rimasta fragile. Per l’intero anno si prevede una
contrazione del PIL dello 0,3% nell’UE e dello 0,4% nella zona euro. Ci vorrà
tempo per progredire verso una ripresa sostenibile[1]. Dopo anni di crescita debole,
la crisi ha conseguenze sociali particolarmente pesanti, che i sistemi
previdenziali hanno inizialmente attutito, ma che ora si sono estese a tutti i
settori. La disoccupazione ha registrato un’impennata e la povertà è in
aumento. Questi problemi sono particolarmente visibili nella zona euro, ma si
estendono anche oltre i suoi confini. Il protrarsi della crisi non
ha certo aiutato gli Stati membri a progredire verso il conseguimento degli
obiettivi fissati da Europa 2020 a livello di occupazione, R&S,
clima-energia, istruzione e lotta contro la povertà e l’Europa accusa
globalmente un ritardo rispetto ai suoi obiettivi[2]. Occorre però progredire in
tutti questi ambiti per dirigersi verso un’economia intelligente, sostenibile e
inclusiva. Sebbene
le sfide differiscano notevolmente a seconda dei paesi e all’interno della zona
euro, la prospettiva di una ripresa lenta pone l’intera Unione in una
situazione difficile. L’entità del debito accumulato nei settori pubblico e
privato limita inoltre le possibilità di nuove attività e investimenti. Gli
strumenti della politica monetaria e di bilancio sono stati messi a dura prova
e il margine di manovra è attualmente ridotto. Le riforme strutturali sono di
fondamentale importanza per ripristinare la competitività dell’Europa, ma
queste decisioni sono spesso difficili. Per mantenere lo slancio impresso alle
riforme sarà fondamentale garantire trasparenza in merito agli obiettivi delle
politiche attuali e equità per quanto riguarda l’incidenza sulla società. A fronte di prospettive
ancora precarie a breve termine stanno emergendo anche tendenze più positive.
Si stanno correggendo gli squilibri macroeconomici accumulatisi per un lungo
periodo e la competitività è in ripresa in alcune parti d’Europa, anche se
rimane molto da fare per eliminare le divergenze in termini di risultati[3]. Si stanno facendo progressi in
termini di risanamento delle finanze pubbliche e sono state prese misure
importanti per allentare le tensioni sui mercati finanziari. Va segnalato che
le vaste riforme avviate a livello nazionale stanno iniziando a dare risultati,
con una diminuzione del debito pubblico e privato in determinati Stati membri e
una crescita delle esportazioni in diversi paesi che prima accusavano forti disavanzi
commerciali. Nel 2012 si è già fatto molto
a livello di UE per spezzare il circolo vizioso fra le carenze dei nostri
sistemi finanziari, le tensioni sul mercato del debito sovrano e la debole
crescita economica, in modo da creare i presupposti per una ripresa
sostenibile: §
la creazione del meccanismo europeo di stabilità
offre una protezione credibile per sostenere i paesi della zona euro con un
accesso ridotto ai finanziamenti; §
il patto per la crescita e l’occupazione adottato
dai capi di Stato e di governo al Consiglio europeo del giugno 2012 dovrebbe
galvanizzare gli sforzi compiuti dal legislatore europeo e dalle
amministrazioni a tutti i livelli per mobilitare le leve di crescita di cui
dispongono, dall’attuazione degli Atti per il mercato unico a un uso più mirato
dei fondi strutturali UE. La Commissione ha proposto di recente una strategia
per migliorare il funzionamento dei mercati dell’energia nonché misure volte a
rafforzare la politica industriale; §
nuove norme per il rafforzamento della governance
economica, segnatamente nella zona euro, sono in fase di applicazione
(normativa “six-pack”), sono state approvate (trattato sulla stabilità, sul
coordinamento e sulla governance) o dovrebbero essere approvate prossimamente
(normativa “two-pack”); §
la Banca centrale europea ha adottato misure
importanti per tutelare la stabilità finanziaria nella zona euro. Sono all’esame altre
decisioni fondamentali che influiranno sul futuro dell’Europa: §
dobbiamo ancora
raggiungere un accordo globale sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020
dell’UE, indispensabile per ripristinare la crescita e la competitività in
tutta Europa e conseguire i nostri obiettivi nell’ambito di Europa 2020; §
sono all’esame misure
importanti per rafforzare l’unione economica e monetaria (UEM). Parallelamente
alla presente analisi, la Commissione presenta un piano per un’autentica UEM.
Le questioni di cui sopra saranno discusse anche al Consiglio europeo del
dicembre 2012. L’azione degli Stati membri
deve basarsi sulle raccomandazioni specifiche annuali per paese adottate nel
luglio 2012[4].
L’attuazione è oggetto di un dialogo costante fra gli Stati membri e la
Commissione e i progressi saranno valutati in primavera. Come risulta dalla
relazione del Parlamento europeo sul semestre europeo[5], il monitoraggio a livello di
UE svolge un ruolo importante in termini di coordinamento e integrazione degli
sforzi dei singoli Stati membri. Le priorità La presente analisi annuale
della crescita definisce le priorità socioeconomiche dell’UE per il 2013 fornendo
agli Stati membri e all’Unione orientamenti generali per l’attuazione delle
loro politiche. L’analisi segna l’inizio del terzo semestre europeo per il
coordinamento delle politiche, nel cui ambito i risultati e le politiche
nazionali vengono esaminati collettivamente a livello di UE nella prima metà di
ogni anno. Il Consiglio europeo pubblicherà orientamenti nel marzo 2013 e gli
Stati membri dovranno presentare i programmi nazionali aggiornati per la metà
di aprile 2013, dopo di che la Commissione formulerà le sue raccomandazioni
specifiche per paese. L’obiettivo
a breve termine è ripristinare la fiducia e stabilizzare la situazione
economica e finanziaria, adottando parallelamente le riforme strutturali
necessarie per porre le basi di una ripresa sostenibile e fonte di occupazione
e consentire all’economia di trasformarsi a medio termine. Occorre agire ora,
perché il processo di adeguamento sarà lungo. Basandosi sui segnali
positivi secondo i quali le riforme già avviate stanno dando risultati, la Commissione
ritiene che le priorità individuate nell’analisi dell’anno scorso rimangano
sostanzialmente valide e che anche nel 2013 sia necessario concentrarsi, a
livello nazionale e di UE, sulle cinque priorità seguenti: §
portare avanti un risanamento di bilancio
differenziato e favorevole alla crescita §
ripristinare la normale erogazione di prestiti all’economia §
promuovere la crescita e la competitività nell’immediato
e per il futuro §
lottare contro la disoccupazione e le conseguenze
sociali della crisi §
modernizzare la pubblica amministrazione 1.
portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole
alla crescita Per
effetto della crisi, in pochi anni il rapporto debito sovrano/PIL è salito in
media dal 60% al 90% del PIL nella zona euro. Occorre ristrutturare con urgenza
le finanze pubbliche per sostenere i regimi previdenziali e i servizi pubblici,
limitare i costi del rifinanziamento per lo Stato e le altre autorità pubbliche
ed evitare ricadute negative sul resto dell’economia, compreso un possibile
contagio ad altri paesi. L’evoluzione demografica continuerà inoltre ad
accentuare le pressioni sulla spesa connessa all’invecchiamento della
popolazione. Va rivolta particolare attenzione alla politica di bilancio nella
zona euro, dove l’incidenza delle politiche di bilancio nazionali non
sostenibili sugli altri Stati membri è molto più forte che nel resto dell’Unione. La tendenza generale del
risanamento di bilancio in atto indica che si stanno facendo progressi: i
disavanzi pubblici nella zona euro dovrebbero scendere da una media di oltre
il 6% del PIL nel 2010 a poco più del 3% nel 2012. Il debito pubblico
dovrebbe raggiungere un picco del 94,5% circa l’anno prossimo nella zona euro e
nel 2014 in tutta l’UE, per poi iniziare a calare in percentuale del PIL. Il risanamento di bilancio
potrebbe avere un’incidenza negativa sulla crescita a breve termine. Questo
effetto è in genere più accentuato durante le crisi finanziarie, quando le
condizioni di finanziamento sono più rigorose anche per gli altri soggetti
economici. Questo, tuttavia, non è l’unico fattore importante per la crescita:
l’effetto moltiplicatore della politica di bilancio varia a seconda delle
scelte fatte per quanto riguarda la composizione dell’aggiustamento. L’esperienza
dimostra, ad esempio, che nei paesi in cui le aliquote fiscali e la quota della
spesa pubblica rispetto al PIL sono relativamente elevate il risanamento di
bilancio realizzato mediante una riduzione della spesa anziché attraverso un
ulteriore aumento del gettito fiscale favorisce maggiormente la crescita a
lungo termine. Tra il 2009 e il 2012 il risanamento di bilancio è stato
realizzato utilizzando, in misura praticamente equivalente, misure riguardanti
la spesa e le entrate: si stima che la spesa sia diminuita di 2 punti
percentuali del PIL e che le entrate siano aumentate di 1,3 punti percentuali. Inoltre lo scenario
alternativo, ciò il rinvio dell’aggiustamento di bilancio, sarebbe molto più
costoso. Molti Stati membri non riescono a ottenere dai mercati finanziamenti
sufficienti per soddisfare il proprio fabbisogno o lottano per contenere l’aumento
dello spread sui propri titoli a causa dei dubbi circa la sostenibilità delle
loro finanze pubbliche. Per ripristinare la fiducia degli investitori, ridurre
i costi del rimborso del debito e creare un margine di manovra a livello di
bilancio, questi paesi devono agire con determinazione, al ritmo opportuno, per
riportare le finanze sulla via della sostenibilità. Gli effetti negativi sulla
crescita possono essere attenuati, purché il risanamento di bilancio sia
opportunamente strutturato. Il ripristino della sostenibilità di bilancio
risulterà vantaggioso per i soggetti pubblici e privati di questi paesi e
contribuirà alla stabilità finanziaria generale dell’UE. Dato
che ogni Stato membro si trova in una posizione economica e di bilancio
diversa, la Commissione raccomanda di modulare il risanamento di bilancio in
funzione dei singoli paesi. In linea con il patto di stabilità e crescita,
queste strategie dovrebbero concentrarsi sui progressi in termini strutturali,
anziché su quelli puramente nominali, e comprendere una composizione dell’aggiustamento
tale da sostenere sia la crescita che l’equità sociale. Questo approccio
differenziato contribuisce anche al riaggiustamento degli squilibri delle
partite correnti. Il
patto di stabilità e crescita costituisce un quadro adeguato per un
aggiustamento di bilancio flessibile ed efficiente. I traguardi di bilancio
sono espressi in termini nominali, e per questo finiscono spesso in prima pagina.
Il patto, tuttavia, pone l’accento sulla posizione di bilancio sottostante, il
che spiega perché il processo di risanamento auspicato dal Consiglio sia
espresso in termini strutturali[6].
Di conseguenza, se queste condizioni sono soddisfatte, si può concedere più
tempo a uno Stato membro per correggere il suo disavanzo eccessivo ove una
situazione economica peggiore del previsto gli impedisca di raggiungere l’obiettivo
concordato. Nel 2012, ad esempio, il termine entro il quale Spagna e Portogallo
dovevano riportare i rispettivi disavanzi pubblici al di sotto del 3% del PIL è
stato prorogato di un anno, fino al 2014. Una volta corretti i disavanzi
eccessivi, gli Stati membri dovrebbero raggiungere il loro obiettivo di
bilancio a medio termine, mantenendo quindi le finanze pubbliche a livelli
sostenibili. Gli Stati membri che non
hanno più accesso al mercato per il rifinanziamento del loro debito devono
procedere rapidamente al risanamento di bilancio per riconquistare con urgenza
la fiducia degli investitori. Una concentrazione degli sforzi, in linea con i
programmi di aggiustamento economico, renderà inoltre più agevole la necessaria
correzione degli squilibri macroeconomici, come dimostra l’aggiustamento
positivo in atto in Irlanda, Portogallo e Romania. In Grecia, tuttavia, il
processo è risultato più lungo e costoso per una combinazione di fattori, tra
cui la persistente incertezza in merito all’attuazione del programma. Negli
Stati membri con un maggior margine di manovra gli stabilizzatori automatici
possono svolgere il proprio ruolo, in linea con il patto. Il ritmo del
risanamento può sostenere la crescita, ma gli Stati membri devono tener
presenti i rischi di bilancio che potrebbero derivare da un rinvio del processo
in considerazione degli elevati livelli del debito, della prospettiva di un
invecchiamento della popolazione e del potenziale di crescita relativamente
basso in determinati paesi, nonché tener conto delle conseguenze negative
risultanti da un cambiamento del clima di mercato. La
Commissione continuerà a seguire con attenzione l’andamento dell’economia
reale. Le prossime previsioni invernali della Commissione, previste per l’inizio
dell’anno prossimo, indicheranno in particolare se gli Stati membri stanno
seguendo il percorso concordato per la riduzione del loro disavanzo strutturale
e se sia eventualmente opportuno modificare il termine per la correzione dei
disavanzi eccessivi, nel pieno rispetto dello spirito e della lettera del patto
di stabilità e crescita. Il
risanamento delle finanze pubbliche è un processo che richiede molto tempo. Una
governance forte a livello di UE e quadri di bilancio nazionali solidi, come
previsto dalla normativa dell’Unione, contribuiranno a consolidare
progressivamente questi sforzi. Questo comporta l’introduzione di regole di
bilancio numeriche, il ricorso a istituzioni di bilancio indipendenti e una
pianificazione a medio termine, con un monitoraggio multilaterale dei
progressi. È indispensabile valutare l’efficienza
e l’efficacia globali della spesa nei bilanci statali. Sebbene la situazione
sia diversa a seconda dei paesi, la Commissione ha raccomandato di operare i
tagli in modo selettivo, così da preservare il potenziale di crescita e le reti
previdenziali di base. La Commissione ritiene in particolare che: §
gli investimenti nell’istruzione, nella ricerca,
nell’innovazione e nell’energia debbano essere considerati prioritari e venire
potenziati, nella misura del possibile, garantendo nel contempo l’efficacia di
questa spesa. Va rivolta particolare attenzione anche al mantenimento o al
rafforzamento della copertura e dell’efficacia dei servizi per l’occupazione e
delle politiche attive del mercato del lavoro quali la formazione per i
disoccupati e i regimi di garanzie per i giovani; §
si debba proseguire la modernizzazione dei regimi
previdenziali per garantirne l’efficacia, l’adeguatezza e la sostenibilità.
Occorre intensificare le riforme dei sistemi pensionistici per allineare l’età
pensionabile alla speranza di vita, limitare l’accesso ai regimi di prepensionamento
e consentire l’allungamento della vita lavorativa. Le sfide demografiche e le
pressioni sulla spesa connessa all’invecchiamento impongono inoltre di
riformare i sistemi sanitari per renderli sostenibili ed efficaci in termini di
costi, valutandone i risultati in funzione del duplice obiettivo di utilizzare
meglio le risorse pubbliche e di assicurare un’assistenza sanitaria di qualità. Per quanto riguarda le
entrate dei bilanci statali, le recenti tendenze indicano che molti Stati
membri hanno aumentato le imposte sul reddito delle persone fisiche e/o le
aliquote IVA[7]. C’è ancora margine, tuttavia, sia per
spostare l’onere fiscale complessivo verso basi imponibili meno nocive per la
crescita e la creazione di posti di lavoro che per rendere i sistemi tributari
più efficienti, competitivi ed equi. Questo richiede l’adozione di un pacchetto
legislativo che garantisca un’equa ridistribuzione e sia modulato in funzione
della situazione dei singoli Stati membri. Per questo motivo, la Commissione
raccomanda di: §
ridurre considerevolmente l’onere fiscale sull’occupazione
nei paesi dove è relativamente elevato e ostacola la creazione di posti di
lavoro. Per garantire riforme neutre in termini di entrate, si potrebbero
aumentare, ad esempio, le imposte sul consumo, le imposte patrimoniali
ricorrenti e le imposte ambientali; §
per ottenere introiti supplementari, ampliare
preferibilmente le basi imponibili anziché innalzare le aliquote o introdurre
nuove imposte. Occorre ridurre o eliminare le esenzioni fiscali, le aliquote
IVA ridotte o le esenzioni dalle accise e abolire progressivamente le
sovvenzioni che hanno ripercussioni negative sull’ambiente[8]. L’adempimento fiscale deve
essere migliorato attraverso un’azione sistematica volta a ridurre l’economia
sommersa, combattere l’evasione fiscale[9]
e rendere più efficiente l’amministrazione tributaria; §
ridurre la tendenza dell’imposta sul reddito delle
imprese a privilegiare il finanziamento tramite debito; §
riformare la
tassazione dei beni immobili e degli alloggi per scongiurare altri rischi
finanziari nel settore, rivedendo in particolare gli aspetti dei regimi fiscali
che aggravano l’indebitamento delle famiglie, di norma tramite agevolazioni
fiscali per i mutui ipotecari. La maggior parte di
queste misure è contemplata in dettaglio nelle raccomandazioni specifiche per
paese, integrate da verifiche inter pares a livello di UE per esaminare i
progressi e le migliori pratiche. Ora si tratta di metterle in pratica. 2.
Ripristinare
l’erogazione di prestiti all’economia La crisi ha avuto
ripercussioni durature sulla situazione finanziaria di molti soggetti pubblici
e privati, minando la fiducia degli investitori e degli erogatori di prestiti e
compromettendo l’efficacia del settore finanziario. Le tensioni sui mercati del
debito sovrano hanno alimentato quelle nel settore finanziario e viceversa,
creando seri problemi di finanziamento per molti sottoscrittori di prestiti e
provocando la frammentazione del sistema finanziario lungo i confini nazionali,
il che ha circoscritto le attività finanziarie ai mercati nazionali. Il fatto
che per molte imprese e famiglie desiderose di investire l’accesso ai
finanziamenti sia diventato limitato o oneroso ha frenato notevolmente la
ripresa in tutta Europa. Al tempo stesso, gli elevati livelli di indebitamento
impongono a molti operatori economici di ridurre l’esposizione finanziaria o di
aumentare il risparmio. A breve termine questo “deleveraging” può anche frenare
la ripresa. I problemi sono particolarmente seri negli Stati membri vulnerabili
della zona euro. A
livello di UE si stanno prendendo provvedimenti per scongiurare i rischi per il
settore finanziario e ovviare alle carenze preesistenti dei nostri sistemi di
regolamentazione e vigilanza: §
si è fatto uno sforzo coordinato per valutare i
rischi del settore bancario e ricapitalizzare le banche. La rilevazione delle
perdite e il risanamento dei bilanci delle banche sono fondamentali per
migliorare la fiducia nei mercati e devono essere portati a termine senza
indugio; §
le nuove autorità di vigilanza dell’UE istituite
nel gennaio 2011 stanno elaborando un corpus unico di norme per rafforzare il
quadro giuridico applicabile agli enti finanziari. Occorre raggiungere
rapidamente un accordo sulle proposte della Commissione relative al capitale e alla
liquidità delle banche, ai sistemi di garanzia dei depositi e alla risoluzione
bancaria onde disporre di un quadro più coerente per la prevenzione e la
gestione delle crisi finanziarie; §
il monitoraggio dei livelli del debito privato e
dei rischi finanziari connessi, come le bolle immobiliari, è diventato più
rigoroso grazie al Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB) e alla
nuova procedura dell’UE per ovviare agli squilibri macroeconomici; §
fra le tappe fondamentali per il rafforzamento dell’unione
economica e monetaria la Commissione ha proposto un’unione bancaria,
comprendente un meccanismo di vigilanza unico posto sotto l’autorità della
Banca centrale europea, per integrare ulteriormente la vigilanza delle banche a
livello di UE. La creazione di questo meccanismo permetterà inoltre al
meccanismo europeo di stabilità di ricapitalizzare direttamente le banche che
non riescono a ottenere capitali sui mercati. A livello nazionale, gli
Stati membri possono fare di più per promuovere fonti di finanziamento
alternative, aumentare la liquidità e ridurre la tradizionale dipendenza delle
imprese dai finanziamenti bancari, ad esempio: §
incentivando nuove fonti di capitale, compresi i
prestiti fra imprese, offrendo maggiori possibilità di emettere obbligazioni
societarie e agevolando l’accesso al venture capital; §
riducendo i ritardi di pagamento da parte delle
pubbliche amministrazioni, la cui durata media si è ulteriormente allungata
durante la crisi imponendo alle PMI un onere supplementare in un contesto imprenditoriale
già difficile. La direttiva UE sui ritardi di pagamento, che deve essere
recepita entro marzo 2013, ridurrà i termini a 30 giorni e aumenterà il
risarcimento per i ritardi di pagamento; §
sviluppando il ruolo delle banche e degli organismi
di garanzia pubblici nel finanziamento delle PMI, perché possono coprire alcuni
dei rischi assunti dagli investitori privati e compensare la mancanza di equità
o le piccole dimensioni delle imprese da finanziare, anche attraverso nuove
forme di cartolarizzazione; §
sostenendo i regimi innovativi, ad esempio regimi
pubblici che consentano alle banche di contrarre prestiti a tassi inferiori se
aumentano l’erogazione di crediti a lungo termine alle imprese o erogano
crediti meno onerosi e più accessibili alle PMI; §
adottando un approccio equilibrato alle procedure
di esecuzione forzata in caso di prestito ipotecario, tutelando le famiglie
vulnerabili ed evitando al tempo stesso di gravare eccessivamente sui bilanci
delle banche. Queste misure comprendono anche l’introduzione di regimi in
materia di insolvenza delle persone fisiche che permettano di modificare le
condizioni dei prestiti ipotecari per evitare le esecuzioni forzate. È
altresì importante utilizzare appieno gli strumenti finanziari già esistenti o
nuovi dell’UE per mobilitare investimenti mirati, in particolare nelle
infrastrutture chiave: §
la Banca europea per gli investimenti (BEI)
riceverà altri 10 miliardi di EUR e potrà quindi fornire finanziamenti
supplementari per 60 miliardi di EUR nei prossimi tre o quattro anni,
mobilitando inoltre un importo tre volte superiore presso altre fonti di
finanziamento; §
i project bond sono un
nuovo strumento fondamentale di condivisione del rischio che permette di
sbloccare finanziamenti privati, provenienti ad esempio da imprese di
assicurazione e fondi pensioni, a integrazione dei prestiti bancari
tradizionali. Diversi progetti sono giunti a uno stadio avanzato di preparazione
da parte della BEI; §
nell’ambito del patto per la crescita e l’occupazione,
la Commissione continua a lavorare con gli Stati membri per riprogrammare e
accelerare l’uso dei fondi strutturali UE a sostegno della crescita,
soprattutto per le PMI. Gli Stati membri sono inoltre invitati a indicare nei
programmi nazionali di riforma come intendono utilizzare i fondi strutturali
per promuovere priorità favorevoli alla crescita per la prossima serie di
programmi (2014-2020). Occorre utilizzare appieno anche gli strumenti del
programma per la competitività e l’innovazione, che hanno già mobilitato 2,1
miliardi di euro di fondi di venture capital e fornito 11,6 miliardi di EUR di
prestiti alle PMI. 3.
promuovere la crescita e la competitività nell’immediato e per il futuro La crisi sta accelerando i
cambiamenti nell’economia, dove alcuni settori più tradizionali sono
particolarmente colpiti e altri più recenti hanno difficoltà a svilupparsi. Il
rapido ritmo della ristrutturazione rende difficile il processo, ma permette al
tempo stesso di sfruttare nuove fonti di crescita e di occupazione[10]. Questi aggiustamenti integrano,
e spesso correggono, i problemi di competitività a più lungo termine presenti
in molte delle nostre economie. La relazione sul meccanismo di allerta adottata
parallelamente alla presente analisi indica che l’andamento della competitività
di prezzo e di altra natura contribuisce positivamente a ridurre gli squilibri
esterni, anche se con alcuni ritardi. Gli Stati membri oggetto di intense
pressioni di mercato hanno intrapreso riforme di ampia portata, ma occorre fare
di più per migliorare la competitività interna ed esterna in un gran numero di
essi. Come spiegato nelle
raccomandazioni specifiche per paese, non esiste un programma di riforme valido
per tutti, ma si può prendere spunto da obiettivi comuni, una serie di riforme
da prendere in considerazione e molti esempi di migliori pratiche, anche tra i
paesi europei che sono leader in questo campo a livello mondiale. Alcune
riforme possono non dare risultati prima di un certo lasso di tempo, mentre
altre possono rivelarsi di efficacia più immediata. Occorre garantire determinate
condizioni generali a livello nazionale sulla base delle seguenti priorità: §
stimolare l’innovazione, promuovere le nuove
tecnologie e aumentare gli investimenti pubblici e privati nella R&S. Un
sostegno mirato da parte delle autorità pubbliche e una maggiore concorrenza
per ottenere sovvenzioni alla ricerca daranno un contributo importante al
riguardo; §
migliorare l’efficienza dei sistemi di istruzione e
formazione e il livello generale delle competenze, collegando più strettamente
il mondo del lavoro e l’istruzione; §
migliorare il contesto imprenditoriale
semplificando le formalità necessarie per creare un’impresa nonché le procedure
di concessione delle autorizzazioni e delle licenze e di adempimento fiscale e
riducendo gli oneri amministrativi globali per le imprese. Occorre rimuovere in
particolare gli ostacoli che frenano le attività in settori fonte di
occupazione quali l’edilizia, i servizi alle imprese, la logistica, il turismo
e il commercio all’ingrosso; §
sfruttare il potenziale dell’economia verde creando
un quadro normativo prevedibile e favorendo l’affermarsi di nuovi mercati e
tecnologie. Programmi più ambiziosi di ristrutturazioni ad alta efficienza
energetica, che tengano conto anche dei requisiti specificati nella direttiva
UE sull’efficienza energetica, possono consentire risparmi notevoli e creare un
gran numero di posti di lavoro, oltre a comportare effetti positivi per l’ambiente.
Anche una migliore gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e un
riciclaggio più efficace possono essere una notevole fonte di occupazione,
contribuendo inoltre a garantire l’approvvigionamento delle scarse risorse e
materie disponibili. Il mercato unico europeo
offre notevoli opportunità per lo sviluppo delle imprese e il miglioramento dei
servizi e dei prodotti proposti ai consumatori. Gli effetti positivi nel
terziario potrebbero essere notevoli se gli Stati membri miglioreranno l’attuazione
della direttiva sui servizi: §
rispettando l’obbligo di abolire le restrizioni
basate sulla cittadinanza o sulla residenza del prestatore di servizi; §
riesaminando la necessità e la proporzionalità
della regolamentazione dei servizi professionali, in particolare le tariffe
fisse, e le limitazioni applicate alle strutture societarie e alla detenzione
del capitale; §
rivedendo l’applicazione della clausola sulla
libera prestazione dei servizi per eliminare la doppia regolamentazione
ingiustificata in settori quali l’edilizia, i servizi alle imprese e il turismo
e garantire la trasparenza per quanto riguarda i prezzi dei servizi sanitari; §
rafforzando la concorrenza nel settore del
commercio al dettaglio attraverso la riduzione delle restrizioni operative, in
particolare l’eliminazione dei test di verifica della necessità economica. L’efficienza delle industrie
di rete in tutta Europa ha avuto un effetto trainante sul resto dell’economia e
può essere notevolmente migliorata: §
offrendo opportuni incentivi per accelerare la
diffusione nazionale dell’infrastruttura Internet ad alta velocità e lo
sviluppo del traffico mobile di dati. I governi devono liberare bande di
frequenza per la banda larga senza fili; §
garantendo il recepimento e l’applicazione
integrali del terzo pacchetto sull’energia, in particolare disaggregando le
reti, garantendo l’indipendenza e i poteri necessari agli enti regolatori,
eliminando gradatamente i prezzi regolamentati dell’energia e tutelando, al
tempo stesso, i consumatori vulnerabili; §
accelerando l’attuazione del Cielo unico europeo
attraverso la riduzione della frammentazione della gestione del traffico aereo
e il miglioramento dell’organizzazione dello spazio aereo; §
aprendo alla concorrenza i servizi nazionali di
trasporto ferroviario di passeggeri attraverso un pari accesso alle
infrastrutture; §
integrando meglio i porti nella catena logistica
mediante l’eliminazione degli ostacoli all’ingresso per i servizi portuali; §
eliminando le rimanenti restrizioni al cabotaggio
per conciliare meglio l’offerta e la domanda nel settore del trasporto
internazionale; §
applicando, in linea
con la direttiva sul commercio elettronico, norme armonizzate riguardanti la
trasparenza e gli obblighi in materia di informazione per imprese e
consumatori. La
realizzazione degli obiettivi fissati a livello di UE da parte degli organismi
di normazione nazionali, specie per quanto riguarda il passaggio dagli standard
nazionali a quelli europei, migliorerebbe considerevolmente il funzionamento
dei mercati dei prodotti. Occorre utilizzare appieno la notifica delle norme
tecniche per i prodotti e i servizi nel campo delle TIC onde facilitarne la
circolazione nel mercato unico. 4.
lottare
contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi Negli ultimi dodici mesi il
numero dei disoccupati è salito di 2 milioni, superando i 25 milioni. Il
tasso di disoccupazione è del 10,6% nell’UE e dell’11,6% nella zona euro. La
disoccupazione di lunga durata è in aumento e quasi un disoccupato su due è
senza lavoro da più di un anno. La situazione varia notevolmente tra un paese
europeo e l’altro, con tassi di disoccupazione nazionali che vanno in media da
meno del 5% a più del 25%. I giovani sono la categoria più colpita, con tassi
di disoccupazione che in alcuni paesi superano il 50%[11], ma il fenomeno interessa
anche altre fasce di età. Vista la lunghezza dei
periodi di disoccupazione, la rapida ristrutturazione dell’economia e la
difficoltà di trovare lavoro, si rischia che la disoccupazione diventi sempre
più strutturale e che sempre più persone che si ritirino dal mercato del lavoro[12]. In molti Stati membri,
inoltre, si delinea chiaramente un aumento dei rischi di povertà ed esclusione
sociale[13].
Le pressioni supplementari sui sistemi di protezione sociale ne compromettono
anche la capacità di svolgere il loro ruolo in termini di welfare. Le
scarse prospettive di crescita e il lasso di tempo che intercorre tra la
ripresa economica e quella sul mercato del lavoro escludono un miglioramento
immediato o automatico della situazione occupazionale. Questo costituisce un
grave problema sia per l’UE nel suo insieme che per i paesi più colpiti e
richiede un’azione più decisa delle autorità pubbliche e delle parti sociali. All’impatto della crisi
attuale si aggiunge la sfida posta dalla tendenza strutturale all’invecchiamento
e, prossimamente, alla diminuzione della popolazione in età lavorativa. La
politica che consiste nel favorire il prepensionamento dei lavoratori più
anziani nella speranza che al loro posto siano assunti giovani deve essere
abbandonata, perché in passato si è rivelata sostanzialmente inefficace e molto
costosa. Malgrado gli elevati tassi di
disoccupazione, si riscontrano anche una carenza di personale qualificato e una
scarsa corrispondenza fra offerta e domanda di lavoro in determinate regioni o
settori. È tuttora prioritario e urgente aumentare la partecipazione al mercato
del lavoro, migliorare le competenze e facilitare la mobilità. Sono in atto riforme
ambiziose in tutta Europa. I paesi che subiscono pressioni finanziarie hanno
adottato misure per facilitare un’organizzazione flessibile del lavoro nelle
imprese, ridurre le indennità di fine rapporto per i contratti standard e
semplificare le procedure di licenziamento individuale o collettivo. Sono state
adottate anche misure per rendere più flessibile la fissazione dei salari,
quali l’agevolazione del ritiro delle imprese dai contratti collettivi di più
alto livello e il riesame degli accordi salariali. Preparare una ripresa
fonte di occupazione È indispensabile adoperarsi
con maggiore impegno per migliorare la resilienza del mercato del lavoro e
investire nel capitale umano onde agevolare le assunzioni e l’adattamento da
parte delle imprese e consentire a un maggior numero di persone di rimanere in
attività e di cogliere le opportunità esistenti. Le parti sociali sono chiamate
a svolgere un ruolo importante a fianco delle autorità pubbliche. Per questo
motivo, la Commissione raccomanda in particolare di: §
limitare l’onere fiscale sull’occupazione, in
particolare per le persone con basse retribuzioni. Per promuovere la creazione
di posti di lavoro si potrebbero prendere in considerazione riduzioni
temporanee dei contributi previdenziali o dei regimi di sovvenzione all’occupazione
per i nuovi assunti, in particolare quelli poco qualificati e i disoccupati di
lunga durata, perché siano mirate; §
continuare a modernizzare i mercati del lavoro
semplificando la normativa sull’occupazione e sviluppando l’organizzazione
flessibile del lavoro, compresi regimi di riduzione dell’orario lavorativo e
ambienti di lavoro che permettano di prolungare la vita attiva. La riduzione
dei divari in termini di tutela dell’occupazione fra i diversi tipi di
contratti di lavoro dovrebbe contribuire anche a ridurre la segmentazione del
mercato occupazionale e il lavoro non dichiarato in diversi paesi. Occorre
valutare l’incidenza dei sussidi di disoccupazione per garantire l’applicazione
di criteri adeguati per quanto riguarda l’ammissibilità e requisiti efficaci
per la ricerca di un impiego; §
valutare l’incidenza dei sistemi di fissazione dei
salari, in particolare i meccanismi di indicizzazione, modificandoli se
necessario, nel rispetto delle prassi di consultazione nazionali, perché
rispecchino meglio l’andamento della produttività e favoriscano la creazione di
posti di lavoro. È importante che nel fissare i livelli salariali minimi si
trovi un giusto equilibrio fra la creazione di posti di lavoro e un reddito
adeguato; §
sfruttare il potenziale dei settori in espansione,
come l’economia verde, la sanità e le TIC, attraverso un quadro giuridico
affidabile e orientato al futuro, lo sviluppo di competenze adeguate e un
sostegno pubblico mirato[14]. Innalzare
i livelli di occupabilità, in particolare per i giovani Al
tempo stesso, gli Stati membri devono fare di più per lottare contro la
disoccupazione, migliorare l’occupabilità e favorire l’ingresso o il reinserimento
nel mercato del lavoro, in particolare per i disoccupati di lunga durata e i
giovani, attraverso misure volte a: §
potenziare i servizi
di collocamento pubblici e le misure attive per il mercato del lavoro, tra cui
il miglioramento delle competenze, un’assistenza personalizzata per la ricerca
di un impiego, un sostegno all’imprenditoria e al lavoro autonomo e programmi a
favore della mobilità. Nonostante le risorse supplementari destinate a queste
attività e gli sforzi compiuti per migliorarne l’efficienza, il sostegno
fornito non è sufficiente considerato il numero di persone ufficialmente in
cerca di lavoro registrato in diversi paesi; §
lottare contro l’abbandono scolastico e facilitare
il passaggio dalla scuola al mondo de lavoro sviluppando tirocini,
apprendistati e sistemi di apprendimento duale (istruzione classica più
esperienza pratica sul posto di lavoro) di qualità; migliorare le competenze
imprenditoriali per favorire la creazione di nuove imprese e innalzare i
livelli di occupabilità dei giovani[15]; §
sviluppare e attuare
regimi di garanzie per i giovani che assicurino a tutti i giovani di meno di 25
anni un’offerta di lavoro, formazione continua, apprendistato o tirocinio entro
quattro mesi dal termine dell’istruzione formale o dall’inizio della
disoccupazione. Questi regimi possono essere cofinanziati dal Fondo sociale
europeo[16]; §
agevolare la partecipazione al mercato del lavoro e
l’accesso all’occupazione per le persone che costituiscono la seconda fonte di
reddito familiare attraverso incentivi fiscali e l’offerta di strutture per l’infanzia
accessibili e di qualità; §
agevolare l’accesso ai sistemi di formazione
permanente, anche per i lavoratori più anziani, potenziando i partenariati fra
gli istituti pubblici e privati che consentono di acquisire, applicare e
aggiornare competenze specifiche; §
migliorare il collegamento fra i sistemi di
istruzione e di formazione permanente e le esigenze del mercato del lavoro. Nel
contesto attuale, possono rivelarsi di particolare efficacia i titoli di ciclo
breve (due anni) dell’istruzione superiore e i programmi di mobilità mirati; §
favorire la mobilità professionale transfrontaliera
eliminando gli ostacoli giuridici e agevolando il riconoscimento delle
qualifiche e dell’esperienza professionale. La cooperazione fra i servizi di
collocamento deve essere rafforzata e la piattaforma EURES può costituire il
punto di partenza per una maggiore integrazione del mercato occupazionale
europeo. Promuovere l’inclusione
sociale e lottare contro la povertà Queste misure devono essere
completate da ulteriori sforzi per garantire che i sistemi di protezione
sociale contrastino efficacemente gli effetti della crisi, promuovere l’inclusione
sociale e lottare contro la povertà: §
vanno elaborate strategie di inclusione attiva,
comprendenti un sostegno efficiente e adeguato al reddito, misure di lotta alla
povertà, anche infantile, e un ampio accesso a servizi economicamente
accessibili e di qualità, come i servizi sociali e sanitari, le strutture per l’infanzia,
gli alloggi e l’approvvigionamento energetico; §
occorre rafforzare il collegamento tra assistenza
sociale e misure di attivazione, attraverso servizi più personalizzati (“sportello
unico”) e maggiori sforzi per migliorare l’accettazione delle misure da parte
dei gruppi vulnerabili. Quando il mercato del lavoro si sarà ripreso, sarà
importante eliminare gradatamente le misure connesse alla crisi, pur
salvaguardando le reti di sicurezza essenziali. 5.
modernizzare
la pubblica amministrazione La
pressione esercitata sulle finanze pubbliche ha impresso un ulteriore impulso
alla modernizzazione della pubblica amministrazione. Nell’Unione europea la
spesa pubblica rappresenta quasi il 50% del PIL e il settore pubblico
contribuisce per circa il 17% all’occupazione complessiva. Nel
corso degli anni molti Stati membri hanno adottato misure per migliorare, da un
lato, l’efficienza dei servizi pubblici e, dall’altro, la trasparenza e la
qualità della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario. Queste
riforme, la cui portata è stata particolarmente ampia nei paesi in difficoltà
finanziarie, comprendono la riorganizzazione delle amministrazioni locali e
centrali, la razionalizzazione del sistema retributivo del settore pubblico e
della gestione delle imprese di Stato, la riforma degli appalti pubblici,
riesami regolari della spesa globale e la promozione di misure volte a
promuovere l’efficienza in tutto il settore pubblico, come un maggiore uso di
servizi e soluzioni informatiche comuni. In diversi casi gli Stati membri e la
Commissione hanno collaborato mediante la prestazione o lo scambio di
assistenza tecnica. Diverse misure menzionate più
sopra, come il recepimento integrale e corretto del diritto dell’UE, l’efficienza
dei sistemi di riscossione delle imposte e dei sistemi sanitari, la necessità
di ridurre i ritardi di pagamento e il ruolo dei servizi di collocamento
pubblici, possono avere notevoli effetti positivi e devono proseguire. La
Commissione ritiene inoltre che sia possibile contribuire utilmente alla
crescita: §
applicando una sana gestione finanziaria per
sfruttare appieno le possibilità offerte dagli appalti pubblici a sostegno
della concorrenza di mercato e sviluppando gli appalti elettronici in tutto il
mercato unico. Oltre a rafforzare l’efficienza e l’equità, queste azioni contribuiscono
a combattere la corruzione; §
semplificando il quadro normativo per le imprese e
riducendo gli oneri amministrativi e la burocrazia, specialmente a livello
nazionale; §
garantendo la digitalizzazione generalizzata e
interoperabile della pubblica amministrazione, onde promuovere procedure di
agevole applicazione per i prestatori e i beneficiari di servizi, nonché la
semplificazione amministrativa e la trasparenza. È di particolare importanza in
tale contesto l’interoperabilità transfrontaliera dei servizi e dei centri di
ricerca on-line in tutta l’UE; §
migliorando la qualità, l’indipendenza e l’efficienza
dei sistemi giudiziari, garantendo la conclusione dei procedimenti giudiziari
entro tempi ragionevoli e promuovendo l’uso di meccanismi alternativi di
risoluzione delle controversie. Questo dovrebbe ridurre i costi per le imprese
e rendere il paese più attraente per gli investitori stranieri; §
utilizzando meglio i fondi strutturali UE compiendo
quest’anno maggiori sforzi in termini di capacità amministrativa per accelerare
l’erogazione dei fondi inutilizzati. Conclusioni L’economia
dell’Unione sta emergendo lentamente dalla peggiore crisi finanziaria ed
economica mai vissuta da decenni. La situazione di partenza differisce a
seconda degli Stati membri, poiché la natura e l’entità delle sfide non sono le
stesse e il ritmo delle riforme varia. La situazione rimane fragile. Le riforme
sono ancora in corso, così come aggiustamenti importanti, ma certi segnali
fanno sperare in una ripresa nel corso dell’anno prossimo. Negli Stati membri
che hanno avviato profonde riforme si iniziano a vedere i primi risultati, con
una riduzione degli squilibri e un aumento della competitività. Questo processo mira non soltanto a far ripartire
la crescita, ma anche a porre le basi per una diversa qualità della crescita
dopo la crisi. Le riforme strutturali a livello nazionale e di UE devono
migliorare la competitività dell’Unione su scala mondiale, favorendo la
crescita a livello interno attraverso attività sostenibili e atte a dotarla
delle politiche e degli strumenti necessari per garantire un futuro prospero,
inclusivo ed efficiente sotto il profilo delle risorse. La solidarietà e la
giustizia, all’interno dei singoli paesi e in tutta Europa, saranno
fondamentali perché gli sforzi compiuti siano accettabili dal punto di visto
politico e sociale e comportino vantaggi per tutti. Sono
già state prese molte decisioni importanti a livello dell’UE e dei singoli
Stati membri. Ora si deve proseguire con determinazione su questa via e attuare
quanto è stato concordato. Per ripristinare la fiducia e far ripartire la
crescita, è altrettanto indispensabile mantenere il ritmo delle riforme, in
particolare nei seguenti settori: ·
occorre risanare le finanze pubbliche per
ripristinarne la sostenibilità. Questo aspetto è importante non solo per
rassicurare gli investitori a breve termine, ma anche per soddisfare le
necessità di una società che sta invecchiando e preservare le prospettive delle
generazioni future. Il ritmo e la natura del risanamento di bilancio possono
variare: alcuni Stati membri devono ridurre rapidamente i disavanzi, mentre
altri dispongono di un maggior margine di manovra. Gli eventuali effetti
negativi sulla crescita a breve termine possono essere attenuati attraverso opportune
misure riguardanti la spesa e le entrate dei bilanci statali; ·
occorre proseguire il risanamento del settore
finanziario per continuare a ripristinare la stabilità finanziaria e migliorare
le condizioni di finanziamento per l’economia, anche attraverso fonti di
finanziamento alternative. A livello di UE occorre progredire ulteriormente
verso la costruzione di un quadro di vigilanza integrato e il rafforzamento del
quadro giuridico applicabile agli enti finanziari; ·
occorre rafforzare le
riforme strutturali per promuovere la crescita e la competitività. Sono ancora
molte le misure che possono essere prese in considerazione a livello nazionale
e la normativa dell’UE può fungere da catalizzatore nel processo di
cambiamento. Si possono trarre preziosi insegnamenti dalle migliori pratiche
degli Stati membri e dei paesi terzi; ·
la situazione del
mercato del lavoro e la congiuntura sociale richiedono un intervento immediato.
Elementi centrali di questa strategia sono l’intensificazione delle politiche
attive del mercato del lavoro, il potenziamento e il miglioramento dei servizi
di collocamento pubblici, la semplificazione della normativa sull’occupazione e
la garanzia che l’andamento salariale sostenga la creazione di posti di lavoro.
Occorre rivolgere particolare attenzione alla situazione dei giovani e
moltiplicare gli sforzi per promuovere l’inclusione sociale e combattere la
povertà potenziando le reti di sicurezza essenziali; ·
per attuare le strategie di crescita a livello
nazionale e di UE occorrono pubbliche amministrazioni efficaci. Si può fare di
più in termini di modernizzazione, ad esempio nel campo degli appalti pubblici
e dell’informatizzazione della pubblica amministrazione, migliorando inoltre la
qualità e l’indipendenza dei sistemi giudiziari e l’uso efficace ed efficiente
dei fondi strutturali UE. Gli
orientamenti contenuti nella presente analisi annuale della crescita saranno
discussi a livello di UE per preparare il Consiglio europeo di primavera che si
svolgerà in marzo e contribuire all’elaborazione della serie aggiornata di
programmi nazionali e di raccomandazioni specifiche per paese. La Commissione
collaborerà strettamente con le autorità nazionali, compresi i parlamenti, le
istituzioni dell’UE e le altre parti interessate per creare un senso di
titolarità comune e orientare i progressi, nell’ambito di uno sforzo più ampio
a livello di Unione per uscire dalla crisi e porre le basi per una crescita
intelligente, sostenibile e inclusiva in tutta l’Unione. [1] Per ulteriori informazioni sulla
situazione economica e occupazionale, si vedano le previsioni economiche
autunnali della Commissione pubblicate il 7 novembre 2012 e i documenti
allegati alla presente analisi. [2] Per una valutazione dei
progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020 si veda: “Europe 2020 Strategy – towards a smarter,
greener and more inclusive EU economy?”, Eurostat, Statistics in focus, 39/2012. [3] Parallelamente alla presente
analisi, la Commissione adotta anche la seconda relazione sul meccanismo di
allerta (COM(2012)751), in cui vengono individuati gli squilibri
macroeconomici. [4] Le raccomandazioni specifiche
per paese sono disponibili al seguente indirizzo:
http://ec.europa.eu/europe2020/making-it-happen/country-specific-recommendations/index_en.htm [5] Parlamento europeo, “Relazione
sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: realizzazione delle priorità del 2012” [2012/2150(INI)],
ottobre 2012. [6] Il saldo di bilancio è espresso
in termini strutturali quando viene corretto per l’incidenza del ciclo
economico e delle misure una tantum/temporanee. [7] Commissione europea, “Tax
reforms in EU Member States 2012”, Economia europea, 6/2012. [8] Nel 2013 gli Stati membri inizieranno anche a
ricevere nuove entrate provenienti dalle vendite all’asta delle quote di emissione
nell’ambito della terza fase del sistema europeo di scambio di quote di
emissioni. [9] La Commissione presenterà
prossimamente un piano d’azione per rafforzare la lotta contro la frode e
l’evasione fiscale unitamente a orientamenti per garantire la buona governance
in campo tributario. [10] La prima edizione della relazione
sull’integrazione del mercato unico (COM(2012)752) allegata alla presente
analisi contiene esempi di fonti di crescita non sfruttate. Ulteriori informazioni in proposito figurano nel
prossimo studio della Commissione dal titolo “The cost of non-Europe: the untapped potential of the Single
Market". [11] Negli ultimi dodici mesi la Commissione ha creato
gruppi di intervento (action team) per aiutare i paesi con i tassi più elevati
di disoccupazione giovanile a riprogrammare i fondi UE per sostenere le
possibilità di formazione e di occupazione a favore dei giovani. I primi risultati sono disponibili al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/president/pdf/council_dinner/youth_action_team_en.pdf [12] Il progetto di relazione comune
sull’occupazione allegato alla presente analisi contiene informazioni più
dettagliate al riguardo. [13] Dal 2008 il numero delle persone a
rischio di povertà e di esclusione sociale è aumentato in 13 dei 23 Stati
membri per i quali erano disponibili dati nel 2011. [14] La Commissione ha spiegato come
sfruttare questo potenziale nella comunicazione dal titolo “Verso una ripresa
fonte di occupazione” (COM(2012)173) del 18 aprile 2012. [15] Il 20 novembre 2012 la Commissione
ha adottato una comunicazione dal titolo “Ripensare l’istruzione” (COM (2012) 669). [16] La Commissione presenterà
prossimamente un “pacchetto sull’occupazione giovanile”.