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Document 52012DC0750

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Analisi annuale della crescita 2013

    /* COM/2012/0750 final */

    52012DC0750

    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE Analisi annuale della crescita 2013 /* COM/2012/0750 final */


    INTRODUZIONE

    Il progetto di relazione comune sull'occupazione, prescritta dall'articolo 148 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), si iscrive nel quadro del pacchetto sull'analisi annuale della crescita per l'avvio del "semestre europeo 2013". La relazione, intesa a fornire un orientamento economico più deciso, rafforza i messaggi fondamentali in materia di occupazione al centro dell'analisi annuale della crescita. Il suo contenuto si basa sulla situazione sociale e occupazionale in Europa, sull'attuazione degli orientamenti a favore dell'occupazione[1], sull'esame dei programmi nazionali di riforma in base al quale il Consiglio ha adottato le raccomandazioni specifiche per paese nel luglio 2012 e sulla valutazione dell'applicazione di questi programmi sino a oggi.

    La relazione viene pubblicata in un momento in cui:

    la ripresa dell'occupazione ha subito una battuta d'arresto, l'occupazione è in calo e le prospettive per il 2013 sono cupe. La creazione di posti di lavoro è rimasta debole e la situazione è peggiorata nonostante le potenzialità non sfruttate di alcuni settori fonte di occupazione e del mercato unico. La segmentazione del mercato del lavoro si è ulteriormente accentuata con un aumento dei contratti temporanei e del lavoro a tempo parziale. La pressione fiscale sul lavoro rimane elevata e in alcuni Stati membri è ulteriormente cresciuta.

    La disoccupazione è nuovamente in aumento e ha raggiunto livelli senza precedenti nella zona euro, con tassi di disoccupazione di lunga durata allarmanti, soprattutto negli Stati membri costretti a forti misure di risanamento dei conti pubblici. Più di un giovane su cinque sul mercato del lavoro è disoccupato ed esiste il rischio di una generazione perduta.

    La differenza dei tassi di disoccupazione tra gli Stati membri è drammaticamente salita e riflette gli effetti di shock asimmetrici e la diversa capacità dei mercati del lavoro di rispondere alle crisi. È iniziato un aggiustamento delle retribuzioni e del costo del lavoro, ma gli effetti delle riforme non sono ancora pienamente visibili. Si confermano segnali di un peggioramento del processo di incontro tra domanda e offerta di lavoro (job-matching) sui mercati del lavoro europei e si avverte il rischio che la crescente disoccupazione strutturale diventi un fenomeno cronico.

    Il reddito medio delle famiglie è in calo in molti Stati membri e dai dati recenti emerge una tendenza verso livelli più elevati e forme più gravi di povertà e di esclusione sociale, con un aumento della povertà lavorativa e della polarizzazione sociale in molti Stati membri.

    Dal 2010 gli effetti della protezione sociale come stabilizzatore automatico conoscono un affievolimento con conseguente innalzamento dei tassi di povertà. Si rilevano differenze significative tra gli Stati membri per quanto riguarda l'efficienza della spesa in termini di riduzione della povertà.

    La situazione dell'occupazione e del mercato del lavoro in Europa, e in particolare in alcuni Stati membri, impone un'azione più decisa delle autorità pubbliche e delle parti sociali. L'attuazione di riforme ambiziose è in corso, ma sono necessari ulteriori sforzi di modernizzazione dei nostri mercati del lavoro e ulteriori sforzi di investimento nel capitale umano per creare le condizioni di una ripresa che sia fonte di occupazione.

    1. Tendenze del mercato del lavoro e andamento dello sviluppo sociale

    Le prospettive economiche e occupazionali sono negative e nel corso degli ultimi mesi sono peggiorate. Il 2012 sarà un anno negativo dal punto di vista dell'occupazione e il modesto incremento del PIL previsto per il 2013 non sarà sufficiente a creare occupazione e a ridurre la disoccupazione. Prospettive più positive per il mercato del lavoro sono attese per il 2014. Attualmente l'UE è l'unica grande regione del mondo in cui la disoccupazione è ancora in aumento.

    La ripresa dell'occupazione ha subito una battuta d'arresto e l'occupazione è in calo. Nell'UE il numero degli occupati di età compresa tra i 20 e i 64 anni si è contratto dello 0,2% dal secondo trimestre 2011 al secondo trimestre del 2012. Nel periodo 2008-2011 l'occupazione si è ridotta dell'1,7%, mostrando una maggiore resistenza rispetto a quella degli Stati Uniti (- 5,8%) nello stesso periodo. Il calo è stato però più accentuato nella zona euro, in particolare nei paesi che hanno avviato un più massiccio risanamento dei conti pubblici. Dall'inizio della crisi economico-finanziaria nel 2008 a oggi si sono persi in totale 5 milioni di posti di lavoro, 4 dei quali nella zona euro. Dall'insorgere della crisi le fluttuazioni dell'occupazione complessiva sono state determinate principalmente dal lavoro a tempo parziale e dai contratti di lavoro temporaneo, ma anche i posti di lavoro con contratti a tempo indeterminato sono stati colpiti.

    Figura 1: occupazione e disoccupazione nell'UE-27, periodo 2005-2012.

    Fonte: Eurostat, conti nazionali e indagine sulla forza lavoro (LFS) dell'UE.

    Un dato positivo è che il tasso di occupazione dei lavoratori più anziani è aumentato di 1,8 punti percentuali tra il 2008 e il 2011, contro una riduzione di 1,5 punti percentuali del tasso di occupazione generale. Anche le donne hanno resistito alla crisi economica relativamente meglio rispetto agli uomini: i loro tassi di occupazione sono rimasti praticamente invariati rispetto al 2008, mentre il tasso di occupazione degli uomini si è ridotto di 2,6 punti percentuali nello stesso periodo. Parallelamente si è registrato un calo di 3,8 punti percentuali del tasso di occupazione giovanile.

    La disoccupazione è di nuovo in aumento e ha raggiunto livelli finora sconosciuti nella zona euro. Nell'UE il tasso di disoccupazione complessivo è attualmente del 10,6%, mentre nella zona euro raggiunge l'11,6 %, il livello più alto dalla creazione dell'UEM. Nel maggio del 2012 il numero dei disoccupati nell'UE ha superato, per la prima volta, i 25 milioni di unità e da allora il numero è cresciuto ancora di 0,75 milioni, con un incremento complessivo di quasi 9 milioni di unità dal 2008. La disoccupazione presenta un andamento crescente nella maggior parte degli Stati membri; solo in sei paesi è diminuita negli ultimi 12 mesi fino ad agosto 2012.

    La disoccupazione di lunga durata ha raggiunto livelli allarmanti. Nel secondo trimestre del 2012, 11,1 milioni di europei, pari al 4,6% della popolazione attiva[2], erano disoccupati da più di dodici mesi: un incremento di 4,8 milioni di unità rispetto al 2008. Nel 2011 il 70% del totale dei disoccupati di lunga durata nell'UE-27 era concentrato nei sei Stati membri più grandi: la Spagna contava oltre il 21% del totale dei disoccupati di lunga durata dell'UE e ha contribuito nella misura di 1,6 milioni di unità all'aumento di 3,7 milioni del numero dei disoccupati di lunga durata nel periodo 2008-2011.

    Dall'insorgere della crisi la probabilità per un disoccupato, sia di breve sia lunga durata, di trovare un'occupazione è diminuita nella maggior parte degli Stati membri. Questa diminuzione è stata particolarmente accentuata negli Stati membri costretti a drastiche misure di risanamento dei conti pubblici. In Spagna la probabilità per un disoccupato di trovare un'occupazione è scesa dal 50% al 30% e in Grecia è calata dal 25% al 15%, mentre è rimasta stabile nei Paesi Bassi ed è salita nella Repubblica ceca e in Estonia.

    Figura 2: tasso di disoccupazione di lunga durata (in percentuale sulla popolazione attiva), nel 2008 e nel 2011.

    Fonte: Eurostat, indagine sulla forza lavoro (LFS) dell'UE.

    La disoccupazione di lunga durata è aumentata per tutti i gruppi della popolazione, ma soprattutto per i giovani e per le persone con un livello di istruzione più basso. Va detto però che nel 2011 il rischio della disoccupazione di lunga durata era superiore al 55% per i lavoratori più anziani, contro un dato del 30% circa per i giovani. Nel 2011 la disoccupazione di lunga durata tra i lavoratori scarsamente qualificati è stata il quadruplo rispetto a quella tra i lavoratori altamente qualificati. Inoltre il tasso di disoccupazione di lunga durata registrato nel 2011 tra i cittadini dei paesi terzi è risultato doppio rispetto a quello rilevato in riferimento ai lavoratori medi dell'UE. Alcuni Stati membri sono riusciti a limitare la portata della disoccupazione di lunga durata o grazie a una maggiore brevità della recessione o grazie all'efficacia delle loro istituzioni del mercato del lavoro.

    Oltre un giovane su cinque sul mercato del lavoro è disoccupato. La situazione dei giovani sul mercato del lavoro, con oltre 5,52 milioni di giovani disoccupati, rappresenta un'emergenza d'ordine sia economico che sociale. Negli ultimi dodici mesi il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato in una larga maggioranza di Stati membri, è rimasto al di sopra del 50% in due Stati membri e al di sopra del 30% in sei. Nel 2011 il tasso di occupazione dei giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni in possesso almeno di un'istruzione secondaria superiore si è ridotto di 4,2 punti percentuali rispetto al 2008 attestandosi sul 77,2% – indice questo delle crescenti difficoltà nel passaggio dal mondo dell'istruzione a quello del lavoro.

    Le prospettive occupazionali di coloro che abbandonano prematuramente la scuola sono cupe. Si può affermare che essi rappresentino il sottogruppo più vulnerabile della manodopera giovanile in Europa. In tutta l'UE è disoccupata oltre la metà dei giovani che ha abbandonato la scuola. Il tasso di abbandono scolastico precoce è sceso passando dal 14,1% nel 2010 al 13,5% nel 2011. Per quanto riguarda i tassi di abbandono scolastico precoce, continuano a sussistere differenze tra gli Stati membri, ma i paesi che hanno introdotto politiche globali ed efficaci per contrastare il fenomeno sono anche quelli che hanno registrato miglioramenti significativi. L'abbandono scolastico precoce resta più frequente tra i giovani che provengono da contesti svantaggiati, come i migranti, le minoranze etniche quali i rom e i giovani di sesso maschile.

    Continua a salire la percentuale dei "NEET", i giovani che non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione. L'aspetto più preoccupante risiede nel fatto che gli incrementi maggiori sono stati rilevati negli Stati membri nei quali i livelli erano già più elevati. Nonostante il maggiore incremento sia stato registrato tra i giovani di sesso maschile, i tassi di giovani NEET restano più elevati tra i giovani di sesso femminile in quasi tutti i paesi europei.

    Figura 3: percentuale di NEET nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni.

    Fonte: Eurostat, indagine sulla forza lavoro (LFS).

    La dispersione dei tassi di disoccupazione tra gli Stati membri è aumentata considerevolmente negli ultimi anni, in particolare nella zona euro. Le differenze sono sensibili anche a livello regionale e locale, con sacche di disoccupazione giovanile e di lunga durata molto elevata a livello subnazionale. Nell'agosto 2012 il più basso livello di disoccupazione è stato registrato in Austria (solo il 4,5%), mentre ha raggiunto il 25,1% in Spagna. Una quota importante della disoccupazione è concentrata in un numero relativamente ristretto di paesi. In effetti il numero dei disoccupati in Italia, Spagna e nei paesi che beneficiano dei programmi di sostegno finanziario (Grecia, Irlanda, Portogallo e Romania) rappresenta quasi la metà della disoccupazione complessiva dell'UE e la percentuale è aumentata in misura significativa nel corso della crisi.

    Figura 4: variazione (in punti percentuali) del tasso di disoccupazione negli ultimi 12 mesi e negli ultimi tre mesi ad agosto 2012 ed evoluzione della distribuzione dei tassi di disoccupazione tra agosto 2009 e agosto 2012.

    Fonte: Eurostat.

    Osservazioni: Eurostat. Per quanto riguarda il secondo grafico, per 5 SM mancano i dati relativi ad agosto 2012. Dati impiegati: giugno per EE e LV, luglio per EL, HU e UK.

    In materia di occupazione e di indicatori sociali il divario tra Stati membri si approfondisce. Ciò è particolarmente evidente tra i paesi meridionali e i paesi periferici dell'Europa. Finora gli Stati membri che hanno dimostrato maggiore resilienza sono i paesi dell'Europa settentrionale e centrale. Per quanto gli shock sembrino essere asimmetrici, molto spesso hanno ottenuto risultati migliori i paesi caratterizzati da mercati del lavoro relativamente non segmentati, da forti sistemi di protezione sociale e dalla capacità di modulare temporaneamente l'orario di lavoro e le ore lavorate (flessibilità interna).

    Dati recenti dimostrano che le retribuzioni e il costo del lavoro hanno iniziato a sostenere il processo di rientro degli squilibri esterni. Nel 2011 i mercati del lavoro europei hanno mostrato chiari segnali di una migliore dinamica salariale, con un modesto aumento dei costi unitari nominali del lavoro (NULC) registrato successivamente alla riduzione reale del 2010. Nel 2011 il salario reale per dipendente è diminuito in circa la metà degli Stati membri e ha conosciuto una progressione percentuale inferiore a quella della produttività, confermando così la tendenza avviata nel 2010 verso una riduzione della quota salariale. L'andamento dei costi unitari nominali del lavoro varia, in una qualche misura, da uno Stato membro all'altro. In generale, l'evoluzione del costo unitario del lavoro tende sempre più spesso a sostenere il processo di rientro degli squilibri esterni, con una differenziazione progressivamente più netta tra i paesi nei quali è più forte l'esigenza di ridurre la disoccupazione e realizzare il riequilibrio esterno e i paesi dove la ripresa economica è più sostenuta e si registra un avanzo delle partite correnti.

    Figura 5: tasso annuo di crescita del costo unitario nominale del lavoro (2° trimestre 2011 – 2° trimestre 2012) e andamento in otto Stati membri (quelli che hanno ricevuto una raccomandazione specifica per paese sul tema dei salari) (2° trimestre 2008 – 2° trimestre 2012).

    Nota: dati trimestrali destagionalizzati.

    Fonte: Eurostat. Per quanto riguarda il primo grafico il confronto per Cipro è effettuato tra i dati relativi al 1° trimestre 2011 e il 1° trimestre 2012 (mancanza di dati per il 2° trimestre 2012).

    Fonte: Eurostat.

    La tendenza pre-crisi, caratterizzata da una dinamica dei salari reali più forte nei paesi con risultati insoddisfacenti in termini di disoccupazione, ha subito un'inversione nel 2010. Questi sviluppi hanno contribuito al graduale miglioramento della competitività dei settori orientati all'esportazione. La domanda di manodopera e i salari sembrano più sostenuti nel settore dei beni e servizi scambiabili internazionalmente di quei paesi che hanno nettamente avviato o quasi ultimato il processo di correzione del disavanzo corrente. Inoltre i dati dimostrano che fino al 2009 la dinamica dei salari reali è stata più forte, mentre dal 2010 questa tendenza si è invertita.

    Il reddito medio delle famiglie è in calo in molti Stati membri. Tra il 2009 e il 2011 il reddito lordo disponibile delle famiglie è diminuito in due Stati membri su tre e il divario tra paesi si è acuito. Nella maggior parte degli Stati membri il protrarsi della crisi economica e di quella del mercato del lavoro, come pure la contestuale necessità di proseguire il risanamento dei conti pubblici (con tagli delle prestazioni e innalzamento delle imposte), hanno nel tempo attenuato la capacità di protezione propria degli stabilizzatori automatici nazionali dal momento che i beneficiari hanno completato il periodo di fruizione delle prestazioni o hanno subito una decurtazione del loro importo. Di conseguenza, i redditi delle famiglie si sono contratti, soprattutto in quegli Stati membri colpiti da una recessione prolungata. Le misure di risanamento dei conti pubblici attuate a partire dal 2010 sembrano aver contribuito a una sensibile riduzione del reddito disponibile delle famiglie.

    Figura 6: variazione del reddito lordo disponibile delle famiglie durante la crisi.

    Fonte: Eurostat, conti nazionali.

    Nella popolazione dell'UE, la percentuale delle famiglie che conosce una situazione di difficoltà finanziaria resta eccezionalmente elevata e in generale è ulteriormente salita negli ultimi mesi. Nel 2012 l'aumento rispetto all'anno precedente dell'indicatore di difficoltà finanziaria è stato particolarmente sensibile in Spagna e in Italia (+ 10 punti percentuali) per il primo quintile della popolazione, mentre in sei Stati membri si è registrata una diminuzione di questo dato.

    Dati recenti indicano livelli più elevati e forme più profonde di povertà e di esclusione sociale. Dal 2008 la percentuale di soggetti a rischio di povertà o di esclusione sociale è in aumento in molti Stati membri: il numero degli Stati membri interessati da un aumento del fenomeno è maggiore di quello in cui il fenomeno si è ridotto. Alcuni gruppi (tra cui i bambini, le famiglie monoparentali, la popolazione in età attiva e più specificamente i giovani) sono stati particolarmente colpiti. L'andamento dell'intensità della povertà conferma che i soggetti a rischio di povertà si stanno progressivamente impoverendo in molti paesi, in particolare in quelli in cui il rischio complessivo di povertà è elevato. Nel 2010 nell'UE il reddito mediano dei soggetti a rischio di povertà era del 22% al di sotto della soglia di povertà, a dimostrazione di un aggravarsi dell'intensità della povertà nella maggior parte degli Stati membri dal 2008.

    Figura 7: evoluzione del numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE – at risk of poverty or social exclusion) negli Stati membri dell'UE tra il 2008 e il 2011.

    Fonte: Indagine UE sul reddito e sulle condizioni di vita (SILC); * dati: SILC 2011 (2010).

    La povertà lavorativa e la polarizzazione sociale sono in aumento in molti Stati membri. Nel 2011 i lavoratori poveri rappresentavano un terzo degli adulti in età lavorativa a rischio di povertà. Nel 2010 l'8,4% degli occupati viveva al di sotto della soglia di povertà e il rischio era significativamente più elevato per le famiglie con figli a carico (10,7%). L'incidenza della povertà lavorativa è aumentata tra le donne, ma resta più elevata per gli uomini. Tra il 2006 e il 2010 la povertà lavorativa è cresciuta in misura significativa in uno Stato membro su tre, compresi alcuni degli Stati membri più ricchi con le economie e i mercati del lavoro più flessibili. Possono aver contribuito a questa evoluzione fattori quali gli adeguamenti salariali, la riduzione dell'orario di lavoro, i regimi di disoccupazione parziale e un maggiore ricorso ai contratti di lavoro temporaneo e a tempo parziale.

    2. Principali sfide del mercato del lavoro

    Le recenti tendenze del mercato del lavoro, pur essendo in parte il prodotto di fluttuazioni cicliche, in particolare della profonda crisi economica, sono dovute anche a sfide strutturali e istituzionali del mercato del lavoro che incidono sull'attività economica e sui risultati dei mercati del lavoro.

    La creazione netta di posti di lavoro (ossia la crescita dell'occupazione) ha subito una diminuzione continua sia a livello dell'UE che negli Stati membri, salvo che nel 2010. A decorrere dalla metà del 2011 si è tornati a registrare tassi negativi di crescita dell'occupazione nell'Europa nel suo complesso. Questo è il risultato netto del calo tendenziale degli avviamenti al lavoro (disoccupati che hanno trovato un'occupazione) e dell'aumento tendenziale delle cessazioni dei rapporti di lavoro – una situazione che impone politiche di stimolo della domanda di lavoro e un modello di crescita che sia maggiormente fonte di occupazione[3]. Contemporaneamente, però, i programmi per la creazione di posti di lavoro finanziati dai Fondi strutturali e dal Fondo di coesione registrano risultati nettamente positivi in termini sia di creazione lorda di posti di lavoro sia di sostegno alla creazione di imprese.

    Figura 8: indice di disoccupazione e indice degli avviamenti al lavoro nell'UE-27, 1° trimestre 2007 – 4° trimestre 2011

    Fonte: calcoli effettuati dai servizi della Commissione sulla base di dati statistici di Eurostat.

    Il potenziale di alcuni settori chiave in termini di creazione di posti di lavoro potrebbe essere sfruttato maggiormente se si affrontasse il problema delle carenze di abilità. Si stima che l'ecoindustria dovrebbe creare entro il 2020 circa 8 milioni di posti di lavoro: di questi, fino a 2,8 milioni dovrebbero derivare da misure di impiego di efficiente delle risorse, 2 milioni dall'attuazione di politiche di efficienza energetica e altri 3 milioni dallo sviluppo del settore delle energie rinnovabili[4]. Si prevede che nel 2012 saranno 3,4 milioni le persone occupate proprio nell'ecoindustria in tutta l'UE, con un aumento di 2,7 milioni di unità rispetto al 2008, a dimostrazione del fatto che il settore "verde" offre potenzialità di crescita dell'occupazione anche nell'attuale contesto economico. Tra il 2005 e il 2009 il settore delle energie rinnovabili ha contribuito alla creazione di oltre 300 000 nuovi posti di lavoro. Nel periodo 2008-2011 il settore della sanità e dei servizi sociali ha creato circa 1 866 000 nuovi posti di lavoro. Inoltre in questo settore è atteso un aumento della domanda di nuovi addetti, che secondo le stime comporterà in totale 8 milioni di opportunità di lavoro tra il 2010 e il 2020. Per quanto concerne il settore delle TIC, si prevede che 700 000 offerte di lavoro riguarderanno gli specialisti delle TIC. Entrambi i settori si trovano ad affrontare sfide simili per sostituire una forza lavoro che invecchia con lavoratori più giovani. In genere sono state segnalate notevoli carenze di abilità nei settori dell'economia verde, delle TIC e dell'assistenza sanitaria, soprattutto in relazione a profili professionali caratterizzati da un elevato grado di specificità tecnica.

    La pressione fiscale sul lavoro rimane elevata e in alcuni Stati membri è persino aumentata, ma il costo del lavoro sta diminuendo a seguito di cambiamenti della composizione del prelievo fiscale. Un elevato cuneo fiscale costituisce un disincentivo al lavoro per i percettori di reddito secondario, per i lavoratori scarsamente qualificati e a basso reddito; può inoltre avere un impatto negativo sui corrispondenti tassi di occupazione a livello aggregato. Nel 2011 il cuneo fiscale era in media del 39,6% nell'UE 27 rispetto al 21% in Svizzera, al 29,5% negli USA e al 30,8% in Giappone e in Canada. Il cuneo fiscale in Europa è aumentato in media di 0,3 punti percentuali tra il 2010 e il 2011, interessando anche i lavoratori a basso reddito. In genere gli aumenti più elevati sono stati registrati negli Stati membri con un cuneo fiscale già elevato. Tuttavia ciò è stato dovuto principalmente a cambiamenti a livello di imposta sul reddito delle persone fisiche, accompagnati in diversi casi da riduzioni dei costi della sicurezza sociale a carico dei datori di lavoro con conseguente riduzione dei costi del lavoro.

    Figura 9: cuneo fiscale complessivo per le persone a basso reddito (utilizzando come indicatore indiretto o proxy per questo gruppo il 67% del salario medio) nel 2011 e variazione su base annua tra il 2010 e il 2011.

    Breve descrizione: * i dati per i paesi UE non appartenenti all'OCSE (BG, LV, LT, MT e RO) sono disponibili solo per il 2010; ** i dati di Cipro sono relativi al 2007. Per questi paesi le variazioni del cuneo fiscale si riferiscono al periodo 2009-2010 (per CY al periodo 2006-2007). Fonte: OCSE.

    La segmentazione del mercato del lavoro ha continuato ad aumentare con la diffusione dei contratti di lavoro temporaneo e a tempo parziale. Tra il 2007 e il 2011 la percentuale di lavoratori dipendenti occupati, non per scelta, in posti di lavoro a tempo determinato o a tempo parziale è aumentata in 21 dei 27 Stati membri. Esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, ma sono i paesi mediterranei e la Polonia a essere caratterizzati dalla più forte segmentazione. L'asimmetria normativa in materia di tutela del lavoro tra posti di lavoro a tempo indeterminato e posti di lavoro a tempo determinato/temporanei è la principale causa di segmentazione del mercato del lavoro. Nel 2011 il 60,4% delle persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni con contratti di lavoro temporaneo si trovava in tale situazione non per scelta. La probabilità di essere assunti con un contratto a tempo indeterminato è inferiore negli Stati membri che dispongono di una normativa più rigida in materia di tutela del lavoro.

    Figura 10: percentuale di lavoratori dipendenti con contratti a tempo determinato o a tempo parziale non per scelta (nel 2007 e nel 2011) e passaggi dall'impiego temporaneo all'impiego a tempo indeterminato (dati del 2010).

    Breve descrizione: * i dati per la Slovenia si riferiscono al 2011; ** i dati per l'Irlanda sono disponibili solo per il 2007.

    Fonte: Eurostat, indagine sulla forza lavoro (LFS) e indagine sul reddito e sulle condizioni di vita (SILC).

    Nei mercati del lavoro dell'UE i giovani sono fortemente sovrarappresentati nell'occupazione temporanea e la loro situazione sta progressivamente peggiorando. Nel 2011 il 42,5% circa dei lavoratori giovani dell'UE era assunto con un contratto di lavoro temporaneo, contro un dato del 14,0% per la media della popolazione in età lavorativa. I dati dimostrano che tra i giovani il lavoro temporaneo può, in una certa misura, costituire un trampolino di lancio per un'occupazione permanente; non è tuttavia così in numerosi altri Stati membri, nei quali i tassi di passaggio dai contratti di lavoro temporaneo a quelli a tempo indeterminato sono particolarmente bassi.

    Figura 11: lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato e temporaneo, lavoratori autonomi e totale degli occupati (età tra i 15 e i 64 anni), 1° trimestre 2007 – 1° trimestre 2012.

    Fonte: Eurostat.

    Ai posti di lavoro a tempo parziale si deve una quota significativa della crescita dell'occupazione registrata durante la crisi. Mentre l'occupazione totale ha subito una flessione totale tra il 2008 e il 2010 e il numero dei lavoratori a tempo pieno si è ridotto di 6,2 milioni di unità, il numero dei lavoratori a tempo parziale è aumentato, nello stesso periodo, di 1,1 milioni di unità. Il lavoro a tempo parziale, in costante espansione negli ultimi anni, ha raggiunto una quota del 18,8% nel 2011. Circa un terzo delle donne occupate sono lavoratrici a tempo parziale, mentre il dato per gli uomini è solo dell'8,1% – riflesso del fatto che i servizi di assistenza all'infanzia sono offerti soltanto al 28% dei bambini di età inferiore ai tre anni e all'84% dei bambini di età superiore ai tre anni.

    Di recente sui mercati del lavoro europei si registrano segnali di un peggioramento del processo di incontro tra domanda e offerta. Per quanto riguarda la maggior parte degli Stati membri la curva di Beveridge, che mette in rapporto la disoccupazione e il tasso dei posti di lavoro vacanti, si è ulteriormente spostata verso destra. Tre Stati membri si muovono però lungo la curva di Beveridge (Belgio, Austria e Finlandia) sin dall'inizio del 2008 e per uno Stato membro la curva si è spostata verso l'origine (Germania), a dimostrazione di un miglioramento dei mercati del lavoro e del processo di incontro tra domanda e offerta. Tale peggioramento potrebbe essere dovuto alla mancata corrispondenza fra abilità e titoli di studio necessari per un determinato lavoro, alla crescente disoccupazione di lunga durata, a una risposta inadeguata ai cambiamenti demografici e a inefficienze delle prestazioni offerte dai servizi per l'impiego. Potrebbe, però, essere anche la conseguenza di frizioni e di ostacoli alla mobilità geografica e professionale e di un'asimmetria delle informazioni tra datori di lavoro e lavoratori. I cittadini europei devono ancora affrontare ostacoli giuridici, amministrativi e pratici quando si spostano al di là delle frontiere nazionali. Sono previste ulteriori riforme per fare di EURES[5] uno strumento di reclutamento, collocamento e di incontro fra domanda e offerta di lavoro all'interno dell'UE orientato dalla domanda: la riforma consentirebbe agli Stati membri di sviluppare i propri servizi EURES in base alle loro specifiche esigenze economiche, ad esempio indirizzando il sostegno alle occupazioni per le quali risulta problematico trovare personale e a categorie specifiche di lavoratori, compresi i giovani.

    Figura 12: curva di Beveridge, UE-27, 1° trimestre 2008 – 3° trimestre 2012.

    Fonte: Eurostat. I dati utilizzati sono: i) il tasso di disoccupazione (%) e ii) l'indicatore del deficit di manodopera (%) sulla base dei risultati dell'indagine UE sulle imprese.

    Persiste il rischio che la disoccupazione strutturale diventi un fenomeno cronico. Il constatato spostamento verso l'esterno della curva di Beveridge potrebbe essere temporaneo, giacché il mercato del lavoro cerca di reagire e di adattarsi all'evoluzione dell'attività economica, ad esempio attraverso variazioni della dinamica salariale, la riqualificazione o un rafforzamento delle politiche attive del mercato del lavoro. Lo spostamento può tuttavia anche essere riconducibile a problemi strutturali di più lunga durata che rischiano di innalzare il livello della disoccupazione strutturale in modo permanente. I dati indicano che il livello della disoccupazione strutturale misurato con il tasso NAWRU (tasso di disoccupazione in coincidenza del quale non si registrano spinte inflazionistiche sui salari) è aumentato nella maggior parte dei paesi dell'UE dall'inizio della crisi e che tale incremento ha seguito un'evoluzione parallela al peggioramento della curva di Beveridge.

    Figura 13: tasso NAWRU (tasso di disoccupazione in coincidenza del quale non si registrano spinte inflazionistiche sui salari) (in percentuale) per Stato membro.

    Fonte: AMECO.

    Di recente la spesa per le politiche attive del mercato del lavoro per disoccupato è diminuita. I dati dimostrano che le politiche attive del mercato del lavoro hanno un effetto positivo sui livelli di occupazione, in particolare per le donne e i lavoratori scarsamente qualificati. Gli Stati membri con il più basso livello di disoccupazione di lunga durata sono anche tra quelli nei quali è più elevata la partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro, anche se altri fattori possono aver contribuito al raggiungimento di questi buoni risultati. Il calo delle risorse reali per disoccupato destinate alle politiche attive del mercato del lavoro è stato comunque di oltre il 20% tra il 2007 e il 2010[6].

    Figura 14: partecipazione a politiche attive del mercato del lavoro nel 2010 e tasso di disoccupazione di lunga durata nel 2011.

    Fonte: Eurostat.

    A decorrere dal 2009 ha iniziato ad affievolirsi l'effetto cuscinetto che il sistema di protezione sociale esercita sul reddito delle famiglie come stabilizzatore automatico. Durante la prima fase della crisi, le prestazioni sociali hanno svolto un ruolo importanti in termini di sostegno al reddito delle famiglie. Nella zona euro, nel 2009 e nei primi due trimestri del 2010 le prestazioni sociali nette e la riduzione delle imposte hanno contribuito positivamente alla variazione del reddito lordo disponibile delle famiglie, ma nella seconda fase della crisi economica questo effetto positivo ha iniziato ad attenuarsi. Alla fine del 2010 il contributo delle prestazioni sociali alla variazione del reddito lordo delle famiglie ha iniziato a diventare negativo. In alcuni paesi un numero sempre crescente di persone non gode più di alcun regime di protezione. L'attenuazione degli effetti della protezione sociale è connessa alla riduzione, nel tempo, delle prestazioni cui si ha diritto, alla graduale soppressione delle iniziali misure discrezionali di sostegno al reddito e, in alcuni paesi, ai tagli della spesa sociale nel quadro dei programmi di risanamento dei conti pubblici.

    A fronte di modelli di spesa e di strutture della protezione sociale tra loro analoghi, si riscontrano differenze significative tra gli Stati membri in termini di efficienza della spesa, ossia in termini di risultati e di effetto di riduzione della povertà conseguiti per unità di spesa. La fiscalità e i sistemi delle prestazioni sociali sono fra i principali strumenti per prevenire e affrontare la povertà reddituale. Nel 2010 la spesa per prestazioni di protezione sociale (pensioni escluse) ha ridotto la povertà nell'UE dal 26% al 16%, ossia del 37%. Eppure Stati membri con livelli analoghi di spesa per la protezione sociale ottengono risultati molto diversi e viceversa. Alcuni paesi riescono a ridurre il tasso di povertà tra i bambini e gli anziani o le assenze per malattia spendendo meno di altri. Alcuni paesi sono in grado di garantire prestazioni di livello più elevato in quanto riescono a ridurre la durata di erogazione delle prestazioni tramite un rapido reinserimento lavorativo dei beneficiari. Un corretto bilanciamento tra prestazioni universali e prestazioni condizionate al reddito (means tested) e tra prestazioni in denaro e in natura potrebbe contribuire all'attivazione lavorativa. La misurazione della spesa per la protezione sociale in rapporto alla riduzione della povertà indica che alcuni sistemi sono più efficienti di altri. Bulgaria, Lettonia, Polonia e Romania formano un gruppo di paesi caratterizzati da un basso livello di spesa con scarsi risultati; Spagna, Italia, Portogallo, Cipro (e Grecia) conseguono risultati analoghi ma con una spesa più elevata. Questi paesi si collocano al di sotto della media UE anche in termini di riduzione della povertà infantile.

    Quanto alla piena attuazione delle strategie di inclusione attiva restano da affrontare grandi sfide: si tratta di concentrarsi contemporaneamente su un adeguato sostegno al reddito, su mercati del lavoro inclusivi e sull'accesso a servizi di qualità. Ora in molti Stati membri si nota un'evoluzione verso politiche di welfare attivo e verso l'eliminazione dei disincentivi finanziari al lavoro. Tra uno Stato membro e l'altro continuano comunque a sussistere differenze nel grado di copertura offerta dall'assistenza sociale e dai regimi di reddito minimo e resta problematico raggiungere i gruppi che conoscono le forme più gravi di povertà (come le persone senza fissa dimora e i rom). La garanzia di un adeguato sostegno al reddito costituisce uno strumento efficace per facilitare il passaggio al lavoro, promuovere l'inclusione sociale e stimolare la domanda aggregata. Servizi di assistenza all'infanzia di qualità e a prezzi accessibili favoriscono la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro e offrono ai bambini le migliori opportunità per la vita, ma i dati dimostrano che i tassi di partecipazione delle famiglie più vulnerabili sono generalmente più bassi a causa di fattori quali la disponibilità e l'accesso a questi servizi, la loro accessibilità economica, i criteri di ammissione e la scelta dei genitori.

    3. Attuazione delle riforme strutturali del mercato del lavoro

    Sulla base dell'analisi annuale della crescita per il 2012 della Commissione, il Consiglio europeo del 1º e 2 marzo 2012 ha stabilito gli orientamenti politici che devono essere seguiti dagli Stati membri per la presentazione dei programmi nazionali di riforma contenenti i progetti di riforma del mercato del lavoro al fine di conseguire i grandi obiettivi dell'UE fissati negli orientamenti a favore dell'occupazione. Sulla base delle proposte della Commissione, il Consiglio ha adottato raccomandazioni specifiche per paese, sottolineando i settori in cui gli Stati membri dovrebbero procedere a riforme politiche nell'ambito del quadro generale degli orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione.

    La sezione che segue presenta le misure adottate dagli Stati membri nel quadro dei programmi nazionali di riforma e in relazione alle priorità stabilite nell'analisi annuale della crescita per il 2012.

    3.1. Mobilitare il lavoro a favore della crescita

    Vari Stati membri (Belgio, Repubblica ceca, Estonia, Ungheria, Irlanda e Portogallo) sono impegnati a rafforzare le politiche attive del mercato del lavoro (PAML) e i servizi pubblici per l'impiego (SPI). In Belgio sono state incrementate le integrazioni salariali per i cosiddetti "lavoratori della conoscenza" (ricercatori del settore pubblico o privato). Nella Repubblica ceca il lavoro socialmente utile è utilizzato come misura di attivazione, sotto il coordinamento dell'ufficio del lavoro. In Estonia il nuovo programma per l'occupazione per il periodo 2012-2013 prevede una gamma più ampia di politiche attive del mercato del lavoro ed estende la platea dei beneficiari delle varie misure. In Ungheria le politiche attive del mercato del lavoro sono state rafforzate: l'attenzione si concentra sulla formazione degli addetti degli SPI, sullo sviluppo di modelli di servizi orientati al cliente, su un pacchetto di servizi per le microimprese e le PMI, sull'estensione delle funzioni del portale e dei servizi elettronici degli SPI e sulla modifica delle iniziative riguardanti il lavoro di pubblica utilità. In Irlanda si sta rafforzando il principio della condizionalità in modo che i lavoratori a tempo parziale siano incoraggiati ad accedere all'occupazione a tempo pieno. Infine, in Portogallo si stanno adottando misure per accrescere l'efficacia degli SPI e sono stati introdotti meccanismi di integrazione salariale a favore dei disoccupati.

    Nel 2011 e 2012 la pressione fiscale sul lavoro è rimasta elevata, con un incremento complessivo del costo del lavoro, anche se qualche passo avanti è stato compiuto per alcune categorie di lavoratori vulnerabili, come quelli scarsamente qualificati e quelli a basso reddito. Molti Stati membri (Belgio, Danimarca, Cipro, Finlandia, Grecia, Spagna, Irlanda, Italia, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia e Regno Unito) hanno di recente innalzato l'imposta sul reddito delle persone fisiche, spesso attraverso un incremento delle aliquote fiscali. Spesso si è trattato di un intervento su base temporanea, sotto forma di maggiorazioni generali o di contributi di solidarietà a carico dei percettori di alti redditi (Grecia, Italia, Cipro, Lussemburgo, Portogallo, Spagna). Anche l'Austria e la Repubblica ceca hanno in programma l'introduzione a breve di misure analoghe. In molti paesi sono stati innalzati anche i contributi sociali (Austria, Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Polonia, Portogallo e Regno Unito).

    Le misure volte a ridurre la fiscalità sul lavoro hanno avuto come principale obiettivo quello di aumentare gli incentivi al lavoro per determinate categorie e generalmente hanno comportato modifiche della base imponibile. In Belgio, ad esempio, tutta una serie di riduzioni degli oneri sociali riguarda i giovani, i lavoratori a basso reddito e quelli anziani, i neoassunti nelle PMI o i lavoratori autonomi. Misure di sgravio fiscale sono state concesse in Finlandia e in Ungheria ai percettori di redditi medi e bassi attraverso un aumento dei crediti di imposta e delle detrazioni di base. La Svezia ha innalzato la soglia di reddito esente per il reddito da lavoro delle persone di età superiore ai 65 anni, con l'obiettivo di allungare la permanenza al lavoro.

    Si stanno adottando varie misure per promuovere la creazione di imprese e il lavoro autonomo (Austria, Belgio, Bulgaria, Estonia, Spagna, Irlanda, Malta, Ungheria, Polonia, Portogallo e Regno Unito). In Austria un progetto pilota fornisce un sostegno supplementare agli apprendisti e alle aziende che offrono posti di apprendista, anche con un sostegno in termini di servizi di consulenza legale e di mediazione. In Belgio si assiste all'adozione di misure volte a migliorare l'accesso delle imprese al credito, a promuovere la semplificazione amministrativa o a ridurre i contributi sociali nel settore alberghiero e della ristorazione. In Bulgaria il lavoro autonomo viene promosso attraverso servizi di consulenza, formazione e assistenza per l'avvio di attività imprenditoriali o mediante il conferimento di attrezzature e la prestazione di servizi di riparazioni a piccole imprese di nuova costituzione. In Spagna la creazione delle imprese viene semplificata attraverso la riduzione degli oneri amministrativi sulle imprese più piccole e prevedendo la possibilità di orari di apertura prolungati nelle zone turistiche. In Irlanda è offerta tutta una serie di interventi di sostegno: sovvenzioni in conto capitale, fondi per mutui e garanzie, incentivi per la creazione di imprese, ecc. A Malta le misure in corso di adozione riguardano la riduzione della burocrazia per i lavoratori autonomi ed è stato annunciato un nuovo "sistema di microgaranzie" per aiutare i lavoratori autonomi e le piccole imprese a ottenere garanzie per i prestiti bancari. In Polonia l'imprenditorialità, il lavoro autonomo e l'attività d'impresa vengono promossi attraverso il FSE. In Portogallo agli imprenditori e ai lavoratori autonomi viene fornito l'accesso al credito, mentre ai disoccupati che vogliono creare la propria impresa viene offerta assistenza tecnica. Nel Regno Unito è stato rafforzato il National Loan Guarantee Scheme (programma di garanzia statale sui crediti), in modo da incoraggiare le banche a prestare con maggiore facilità alle PMI.

    Alcuni Stati membri hanno adottato misure di modifica delle indennità di disoccupazione per agevolare il rientro al lavoro (Belgio, Spagna, Irlanda, Italia e Svezia). In Belgio l'adozione della riforma del sistema delle indennità di disoccupazione comporta che esse si riducano prima e più rapidamente che in passato. In Spagna l'indennità di disoccupazione è stata ridotta per diverse categorie. In Portogallo una nuova legge riduce la durata massima e gli importi delle prestazioni di disoccupazione nell'ottica di ridurre il rischio della dipendenza dalle prestazioni e la disoccupazione di lunga durata. In Svezia sono state adottate norme più rigorose in materia di diritto alle prestazioni, unitamente a tassi di sostituzione del reddito più bassi e alla fissazione di una durata massima più breve per le indennità di disoccupazione.

    In Spagna l'impegno riguarda il rafforzamento della responsabilità reciproca, collegando la condizionalità alla partecipazione alle politiche attive del mercato del lavoro. In Irlanda è stata introdotta una maggiore attenzione al principio della condizionalità, soprattutto in relazione ai disoccupati di lunga durata. In Italia il nuovo sistema dell'assicurazione sociale per l'impiego sostituirà gradualmente l'attuale sistema delle indennità di disoccupazione.

    Vari Stati membri hanno adottato misure in materia di determinazione dei salari in modo che la loro evoluzione sia in linea con quella della produttività (Grecia, Spagna e Portogallo). In Spagna la recente riforma del mercato del lavoro attribuisce la priorità alle decisioni assunte a livello aziendale per quanto riguarda l'orario di lavoro e i salari e rende più facile alle aziende derogare ai contratti di categoria. In Portogallo l'esclusione dall'obbligo di applicazione dei contratti collettivi qualora le associazioni dei datori di lavoro siano espressione di meno del 50% della forza lavoro totale garantisce un'evoluzione dei salari coerente con le condizioni dell'impresa.

    In Germania il sistema del salario minimo per settore si sta estendendo a un numero crescente di settori. In Ungheria il 1° luglio 2012 è entrato in vigore il nuovo codice del lavoro, che comporta un incremento del 19% del salario minimo. In Grecia le misure in materia di determinazione dei salari stabiliscono una riduzione dei salari minimi e prevedono un salario minimo differenziato per i giovani.

    Vari Stati membri (Austria, Bulgaria, Germania, Spagna, Lettonia e Ungheria) hanno adottato misure volte a promuovere la mobilità del lavoro. In Austria l'introduzione della Rot-Weiß-Rot Karte, un sistema a punti (basato su una serie di criteri) per l'accesso dei cittadini di paesi terzi al mercato del lavoro, è stata completata estendendone l'applicazione anche ai lavoratori qualificati delle professioni che soffrono di carenza di manodopera. In Bulgaria l'adozione di un quadro nazionale delle qualifiche garantirà la trasparenza della formazione professionale degli studenti e dei lavoratori e delle esigenze dei datori di lavoro in rapporto ai sistemi di istruzione e formazione. In Germania è stata approvata una legge che abbassa la soglia di reddito per gli immigrati di paesi terzi in possesso di un'istruzione universitaria. In Lettonia è stato proposto un sistema che prevede un'indennità di trasferimento a favore dei lavoratori che si trasferiscono per andare a lavorare in un'altra località o in un altro comune. In Ungheria il governo sostiene la mobilità erogando ai disoccupati iscritti nelle liste di collocamento che si trasferiscono a 100 km dal luogo di origine un contributo finanziario a copertura delle spese di affitto.

    Gli Stati membri stanno adottando misure volte a ridurre l'uscita precoce dal mercato del lavoro (Austria, Belgio, Spagna, Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Ungheria e Regno Unito). In Austria sono state introdotte riforme per ridurre il numero di pensioni di invalidità. In Belgio è stato innalzato il limite di età per l'accesso dei lavoratori più anziani al sistema del "credito di tempo" (crédit-temps) ed è stato soppresso il sistema del prepensionamento a tempo parziale. In Danimarca i progetti di riforma delle pensioni di invalidità impongono che siano state esperite le possibilità di attivazione prima che si possa prendere in considerazione il pensionamento anticipato. In Spagna sarà accelerato il calendario per l'innalzamento dell'età pensionabile prevista per legge, passerà da 61 a 63 anni l'età per il pensionamento anticipato con l'applicazione di maggiori penalizzazioni e per due anni verrà sospeso l'accesso al pensionamento parziale. In Irlanda nuove iniziative consentiranno ai percettori di un'indennità di malattia o di invalidità di lavorare e di ricevere un sostegno al reddito e l'età pensionabile per legge passerà a 68 anni entro il 2028. Nei Paesi Bassi si stanno adottando misure per innalzare progressivamente a 67 anni, entro il 2023, l'età pensionabile, che successivamente potrà essere collegata alla speranza di vita. In Ungheria il pensionamento anticipato è stato di norma eliminato. Il governo del Regno Unito ha recentemente annunciato progetti che mirano a collegare l'età pensionabile alla speranza di vita.

    Le misure si concentrano anche sulla promozione del prolungamento della vita attiva (Austria, Belgio, Bulgaria, Germania, Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Polonia e Regno Unito). In Austria i lavoratori più anziani con problemi di salute possono usufruire di misure attive del mercato del lavoro, di misure di reinserimento professionale e di riqualificazione, di indennità per lavoro a tempo parziale e di sussidi all'occupazione. In Belgio nel caso dei licenziamenti collettivi le aziende con più di 20 dipendenti devono fare in modo che la distribuzione per età dei lavoratori licenziati sia identica a quella dell'azienda e sono tenute a elaborare un piano annuale per i lavoratori di 45 anni e più. Nella Repubblica ceca l'età pensionabile sarà innalzata di due mesi ogni anno senza alcun tetto massimo, conformemente alla riforma pensionistica adottata alla fine del 2011. In Estonia l'attenzione si concentra sui lavoratori più anziani, sulla partecipazione all'apprendimento permanente e sulla salute di tali lavoratori. In Finlandia vanno intesi come uno strumento per il prolungamento della vita attiva gli sforzi compiuti per migliorare la qualità della vita lavorativa e il benessere al lavoro. In Lussemburgo le imprese con oltre 150 dipendenti sono obbligate a fornire maggiore sostegno ai lavoratori più anziani in azienda. In Polonia si stanno compiendo sforzi per offrire maggiori opportunità di apprendimento alle persone più anziane e migliorare la qualità dell'insegnamento loro riservato. Nel Regno Unito l'età pensionabile standard è stata soppressa nell'ottobre del 2011.

    Alcuni Stati membri hanno adottato misure che non favoriscono il prolungamento della vita attiva. Nella Repubblica ceca sarà inasprito il prelievo fiscale sul lavoro dei pensionati e ciò rischia di ridurre la partecipazione dei lavoratori più anziani al mercato del lavoro. In Francia è stata reintrodotta la possibilità di andare in pensione a 60 anni per coloro che abbiano iniziato a lavorare a 18 anni di età, purché in regola con i contributi sociali. In Ungheria è stata fissata un'età pensionabile obbligatoria per tutti i dipendenti pubblici, tranne quelli del settore medico.

    3.2. Sostegno all'occupazione, in particolare dei giovani

    È stata adottata una serie di misure a sostegno dell'occupazione dei giovani, in particolare di quelli che non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione. La Finlandia sta varando un meccanismo globale di "Garanzia per i giovani" per offrire ai giovani, entro tre mesi dall'inizio del periodo di disoccupazione, la garanzia di un lavoro, di un tirocinio o un'opportunità di studio, di apprendistato o di reinserimento nel mercato del lavoro.

    Alcuni paesi (Belgio, Bulgaria, Spagna, Cipro, Irlanda, Polonia, Portogallo, Svezia e Slovenia) stanno promuovendo iniziative volte a rafforzare gli apprendistati di qualità e i contratti di tirocinio. In Belgio, per i disoccupati di età inferiore ai 25 anni che non abbiano trovato un lavoro al termine di sei mesi di inserimento professionale è stato introdotto un vasto programma di tirocini aziendali. In Bulgaria negli uffici centrali e regionali della pubblica amministrazione vengono promossi tirocini, prioritariamente a beneficio dei giovani con disabilità. In Irlanda sono adottate iniziative di attivazione e miglioramento della qualificazione dei giovani attraverso 5 000 tirocini della durata di 6-9 mesi. In Spagna sono state intraprese iniziative per mettere a punto un patto per l'istruzione e l'apprendistato e per istituire un sistema duale di formazione professionale. In Polonia un progetto pilota si rivolge ai disoccupati di età inferiore ai 30 anni offrendo il sostegno di un tutor personale e assegni di formazione e di tirocinio. In Portogallo godono di un sostegno i tirocini professionali e gli inserimenti al lavoro. In Slovenia ai giovani disoccupati di età inferiore ai 30 anni viene offerto un periodo di occupazione di 15 mesi e il governo promuove apprendistati volontari presso l'amministrazione tributaria e le istituzioni responsabili della prevenzione della corruzione. In Svezia il governa eroga fino a 2 750 EUR l'anno per studente per stimolare l'offerta di posizioni di apprendista sui luoghi di lavoro e una proposta prevede un ulteriore innalzamento di questa sovvenzione nel periodo 2014-2016.

    Altre azioni concrete a sostegno dei giovani che non sono né occupati né impegnati in corsi di studio o formazione comprendono i programmi riguardanti la formazione professionale (Germania, Lettonia e Finlandia), la formazione sul lavoro (Lituania) e il sostegno finanziario (Ungheria). In Germania i giovani provenienti da un contesto migratorio hanno ora maggiori possibilità di accesso a un programma di formazione professionale. In Lituania il progetto "Accrescere l'occupazione giovanile", che si rivolge ai giovani di età inferiore ai 29 anni, sussidia i salari e sovvenziona le spese sostenute per organizzare l'acquisizione di abilità sul lavoro. In Lettonia ai disoccupati di età compresa tra i 15 e i 24 anni è offerta la possibilità, durante un periodo di nove settimane, di cimentarsi in tre diversi mestieri in un istituto di formazione professionale. In Ungheria è stata introdotta la "garanzia primo impiego", che offre ai datori di lavoro il rimborso totale della retribuzione, cioè del salario lordo e dei contributi sociali.

    In vari Stati membri sono stati istituiti partenariati con le parti sociali per promuovere contratti di apprendistato o di tirocinio di qualità (Bulgaria, Repubblica ceca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Romania e Slovacchia). In Bulgaria esistono misure volte a finanziare o sostenere i costi di investimento e i costi del lavoro legati alla creazione di posti di lavoro per i giovani. Nella Repubblica ceca un progetto finanziato dal Fondo sociale europeo si fa carico delle spese sostenute dalle imprese per i tirocini, in particolare quelli di laureati e di persone prive di esperienza di lavoro che devono integrare i loro profili di competenze. In Irlanda nuove misure offrono ai disoccupati altri posti di formazione: ciò grazie alla collaborazione e all'impegno dei datori di lavoro, delle imprese e degli istituti di istruzione e formazione. In Romania le imprese che assumono giovani di età inferiore ai 25 anni riceveranno per ogni lavoratore assunto l'esenzione per un anno dal pagamento dei contributi sociali. In Slovacchia i posti di lavoro nel settore privato saranno sovvenzionati per un anno fino a concorrenza del salario minimo, con i datori di lavoro che dovrebbero contribuire per almeno sei mesi.

    Solo in pochi Stati membri (Ungheria, Slovacchia e Italia) sono state adottate misure di riforma della normativa in materia di tutela del lavoro. In Ungheria le modifiche riguardano la disciplina della pluriattività, l'articolazione dell'orario di lavoro flessibile e la semplificazione delle norme sui licenziamenti. Il Portogallo ha ridotto i trattamenti di fine rapporto, calcolandoli sulla base di 20 giorni per ogni anno di lavoro sia per i contratti a tempo indeterminato sia per quelli a tempo determinato e ha reso più agevole la definizione di licenziamento individuale per motivi economici. In Italia la legge che disciplina i licenziamenti individuali illegittimi nelle aziende con oltre 15 dipendenti è stata modificata al fine di incrementare la flessibilità in uscita dal mercato del lavoro e sono state introdotte misure volte a limitare gli abusi dei contratti di lavoro atipici. In Slovacchia le misure sono intese a limitare la durata massima e il numero dei contratti successivi a tempo determinato e a sopprimere le deroghe previste per le agenzie di lavoro temporaneo.

    Solo pochi Stati membri stanno compiendo passi avanti nell'adeguamento dei sistemi di istruzione e formazione secondo le esigenze del mercato del lavoro (Belgio, Irlanda, Lituania, Malta e Slovacchia). In Irlanda le misure mirano ad aiutare disoccupati ed ex lavoratori autonomi a rimanere il più vicino possibile al mercato del lavoro: si offre loro l'accesso a opportunità di formazione e di istruzione superiore a tempo parziale in modo che possano migliorare la loro qualificazione o riqualificarsi in settori nei quali è probabile che si concretizzino occasioni di lavoro sostenibili. In Lituania si procederà per tappe a una mappatura delle qualifiche al fine di fornire agli interessati migliori informazioni sulla struttura della domanda di abilità e individuare le specializzazioni più richieste. A Malta gli studenti sono incoraggiati a proseguire l'istruzione conseguendo le qualifiche richieste dall'industria e mediante un credito d'imposta che copre fino all'80% delle spese di iscrizione sostenute. In Slovacchia la legge recentemente adottata in materia di istruzione e formazione professionale mira a rafforzare il nesso tra l'IFP e le esigenze del mercato del lavoro. Anche in Belgio tutte le Comunità del paese hanno adottato misure per riformare la formazione professionale per accrescerne la qualità, la flessibilità e rafforzarne la pertinenza alle esigenze del mercato del lavoro.

    Una serie di misure è stata adottata per valutare la qualità e rivedere i finanziamenti delle università (Italia, Lettonia e Malta). L'Italia ha preso misure per ridurre la generosità dei finanziamenti, mentre le tasse universitarie sono destinate a subire un aumento compreso tra il 25% e il 100%. Per quanto riguarda le borse di studio, solo Malta ha annunciato che verranno mantenuti i due sistemi di borse di studio. La Lettonia ha avviato una valutazione su vasta scala di oltre 800 programmi di istruzione superiore ed è in cantiere una serie di riforme, tra cui la riforma del processo di accreditamento, lo sviluppo di un nuovo modello di finanziamento delle università e la riforma della gestione delle università.

    Nonostante il semestre europeo inviti ad accordare la priorità alla spesa pubblica che sia in grado di favorire la crescita, i dati indicano che si sta procedendo a tagli a scapito degli investimenti nell'istruzione. Numerosi Stati membri hanno diminuito la spesa per l'istruzione per due anni consecutivi, nel 2011 e 2012 (Estonia, Italia, Lettonia, Lituania e Regno Unito) oppure nel 2011 o nel 2012 (Belgio, Bulgaria, Irlanda, Francia, Cipro, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia e Finlandia). Anche in Spagna il dibattito sul risanamento dei conti pubblici si concentra sul settore dell'istruzione. Il bilancio per questo settore resta, invece, immutato o è in aumento nella Repubblica ceca, in Danimarca, Lussemburgo, a Malta e in Austria.

    3.3. Tutelare i gruppi più vulnerabili

    Una serie di Stati membri (Estonia, Lettonia e Spagna) si è preoccupata di affrontare l'efficacia dei sistemi di protezione sociale. In Estonia le prestazioni offerte dall'assicurazione di disoccupazione aumenteranno in misura considerevole a decorrere dal 2013, a corredo e a compensazione della riforma della legislazione del lavoro del 2009. In Irlanda, malgrado tagli generalizzati delle prestazioni sociali, le persone vulnerabili percepiscono ancora un sostegno al reddito, anche se minore. In Lettonia le indennità di disoccupazione non dipenderanno più dall'anzianità assicurativa, ma si fonderanno sul principio di una copertura decrescente per un periodo massimo di nove mesi. In Spagna l'attivazione del regime di reddito minimo sarà legata alla lunghezza della carriera lavorativa del richiedente.

    Alcuni Stati membri hanno compiuto passi avanti per quanto riguarda l'attuazione di strategie di inclusione attiva, concentrandosi su un adeguato sostegno al reddito, su mercati del lavoro inclusivi e sull'accesso a servizi di qualità (Austria, Danimarca, Finlandia, Francia, Malta, Polonia e Svezia). In Austria è stato adottato un piano d'azione per le persone con disabilità, che comprende misure nei seguenti ambiti: lotta alla discriminazione, accessibilità, assistenza, istruzione, occupazione e autonomia di vita. In Danimarca nel giugno 2012 è stata approvata un'importante riforma delle pensioni di invalidità. Il diritto di accesso a queste prestazioni viene limitato alle persone di età superiore ai 40 anni e vengono previste équipe di riabilitazione a sostegno dei servizi sanitari, sociali, del lavoro e dell'istruzione. A Malta le organizzazioni del volontariato sono incoraggiate a dare lavoro alle persone svantaggiate fruendo dell'assegnazione di aiuti finanziari. In Svezia il governo intende rafforzare ulteriormente la posizione dei gruppi vulnerabili nel mercato del lavoro attraverso un maggior numero di misure attive del mercato del lavoro a favore dei disoccupati di lunga durata e delle persone che occupano una posizione precaria nel mercato del lavoro. In Portogallo è stato istituito un mercato sociale degli affitti al fine di garantire alle categorie più vulnerabili l'accesso a un alloggio di qualità e a prezzi accessibili.

    Tra quelle adottate, solo poche misure riguardano l'accesso a servizi a sostegno dell'integrazione nel mercato del lavoro e nella società (Repubblica ceca, Irlanda e Polonia). Nella Repubblica ceca è in fase di varo, a livello locale, un programma pilota su piccola scala che offre alloggi migliori e una riqualificazione alle famiglie socialmente escluse (soprattutto rom) che garantiscono la frequenza costante della scuola elementare da parte dei loro figli. In Irlanda il FSE sostiene i programmi finalizzati a rendere gli immigrati indipendenti finanziariamente e più integrati socialmente: ciò attraverso il lavoro o il proseguimento dell'istruzione e della formazione. In Polonia sono stati ampliati i criteri di reddito per l'accesso al sostegno a favore dei lavoratori poveri ed è stato aumentato l'importo delle prestazioni in denaro dell'assistenza sociale anche per gli stranieri e i rifugiati che partecipano a corsi di formazione linguistica.

    [1]               Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (Gazzetta ufficiale L 308 del 24.11.2010, pag. 46).

    [2]               Attualmente i disoccupati di lunga durata rappresentano oltre il 44% dei disoccupati.

    [3]               Cfr. il "pacchetto occupazione" della Commissione europea dell'aprile 2012.

    [4]               Documento di lavoro dei servizi della Commissione "Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dall'economia verde" [SWD(2012) 92 final, del 18.3.2012].

    [5]               La rete di 31 servizi europei dell'occupazione che sostiene la mobilità dei lavoratori tra gli Stati membri, i paesi del SEE e la Svizzera.

    [6]               Stime OCSE sulla base di OECD Labour Market Programmes (OCSE - programmi per il mercato del lavoro) e di OECD Main Economic Indicators Databases (OCSE – Basi dati dei principali indicatori economici).

    Introduzione

    Nell’economia dell’UE prosegue il doloroso processo di correzione a seguito della crisi finanziaria. Prima dell’estate nella zona euro sussistevano tensioni finanziarie e il rallentamento dell’economia mondiale ha ridotto il potenziale contributo delle esportazioni alla ripresa. Le prospettive a breve termine per l’economia dell’UE rimangono quindi poco incoraggianti, ma si prevede un graduale ritorno alla crescita per il 2013 seguito da un ulteriore rafforzamento nel 2014. Questa prospettiva rende ancora più problematici gli aggiustamenti necessari in molti Stati membri dell’UE. In particolare, le deboli prospettive di crescita frenano gli investimenti e la creazione di posti di lavoro e accelerano le riduzioni di personale a causa dei minori margini di flessibilità nell’organizzazione del lavoro.

    L’economia dell’UE continua a dover affrontare problemi molto seri. In particolare, le economie di diversi Stati membri devono ancora far fronte a un forte deleveraging dei settori privato e pubblico, che riflette il riassorbimento degli squilibri finanziari, a loro volta legati a precedenti livelli non sostenibili di spesa finanziati dal credito, dovuti in alcuni casi a bolle dei prezzi delle attività nel settore privato e in altri alla mancanza di rigore a livello di bilancio nel settore pubblico. Ora questo incide sulla crescita, perché la spesa viene ridotta e le entrate sono utilizzate per rimborsare il debito.

    Vi sono segnali che il processo di aggiustamento delle economie dell’UE va avanti, e questo è positivo. Dopo l’estate la situazione del mercato finanziario è migliorata grazie all’attuazione sostenuta del programma di riforme, compresi i progressi riguardanti l’architettura dell’UEM, e alle decisioni politiche importanti adottate nella zona euro, anche da parte della BCE. Anche le notevoli riforme intraprese dagli Stati membri vulnerabili stanno dando risultati: il leveraging è diminuito nei settori pubblico e privato e la competitività sta migliorando nei paesi più sfavoriti da questo punto di vista, creando i presupposti per operare un ulteriore aggiustamento. Le esportazioni contribuiscono sempre più a riassorbire gli elevati disavanzi delle partite correnti, il che fa sperare nel carattere duraturo delle misure correttive. Il forte divario di crescita fra i paesi dell’UE rispecchia il processo di aggiustamento in corso: una crescita temporaneamente inferiore o negativa è spesso sintomatica di profondi aggiustamenti, i quali tuttavia aprono la strada ad una crescita e a una convergenza più sostenibili, che dovrebbero essere visibili già nel 2014.

    Il processo di deleveraging e di aggiustamento è inevitabile e il compito dei decisori politici consiste principalmente nel gestirlo e nell’attenuarne le ripercussioni socioeconomiche.

    In considerazione degli elevati livelli di debito e delle sfide a lungo termine per le finanze pubbliche, l’aggiustamento di bilancio deve proseguire nell’ambito di una strategia di risanamento differenziata e favorevole alla crescita. Considerati tuttavia i suoi potenziali effetti negativi sulla crescita a breve termine, il risanamento di bilancio deve essere gestito in modo da favorire la crescita, il che significa che:

    – il ritmo del risanamento deve essere differenziato a seconda del margine di manovra di bilancio di cui ciascun paese dispone per trovare un giusto equilibrio fra i potenziali effetti negativi sulla crescita e i rischi per la sostenibilità del debito. Il patto di stabilità e crescita e il ruolo centrale dei saldi di bilancio strutturali forniscono un quadro adeguato per un aggiustamento a ritmi differenziati;

    – pur ponendo l’accento sul risanamento sul lato della spesa, è necessario trovare una combinazione di entrate e spese che nel complesso favorisca la crescita, con misure specifiche entro il margine di bilancio disponibile per tutelare i principali fattori di crescita garantendo al tempo stesso l’efficienza della spesa.

    Per rafforzare la credibilità del risanamento e i suoi effetti positivi occorre ancorare il processo in un quadro di bilancio credibile a medio termine e attuare contemporaneamente riforme volte a risolvere i problemi di sostenibilità a lungo termine legati all’invecchiamento della popolazione.

    Un deleveraging ordinato nel settore privato richiede un settore finanziario solido e efficiente. Occorre quindi proseguire il risanamento e la ristrutturazione a livello finanziario, in particolare nel settore bancario, dato il suo ruolo importante nell’economia dell’UE, promuovendo al tempo stesso nuove fonti di finanziamento. Un quadro strategico micro e macroprudenziale coerente ed efficace è indispensabile per ripristinare la fiducia nella stabilità del settore bancario, stimolare un flusso sostenibile di capitale a favore delle attività produttive e assicurare un finanziamento stabile dell’economia.

    Occorrono riforme strutturali per facilitare l’aggiustamento e migliorare le condizioni generali per la crescita. Le riforme strutturali, che migliorano la competitività, l’adattabilità delle retribuzioni e la flessibilità dei prezzi, sono di fondamentale importanza per aumentare le capacità di aggiustamento e incentivare il trasferimento di risorse dai settori in declino a quelli in espansione. Occorrono riforme che promuovano la creazione di posti di lavoro e gli investimenti nell’innovazione, nelle competenze e nella crescita inclusiva per ovviare al rischio di isteresi e attenuare gli effetti sociali negativi della crisi. Per una crescita sostenuta è fondamentale che l’onere dell’aggiustamento sia equamente ripartito fra tutte le fasce della società. In ultima analisi, tuttavia, la ripresa della crescita presuppone una combinazione coerente di politiche macrofinanziarie e strutturali. Occorre quindi agire con determinazione su tutti questi fronti per contrastare la dinamica negativa e migliorare la situazione economica in modo sostenibile.

    I paesi della zona euro si trovano in una situazione particolare a causa delle maggiori interconnessioni economiche e finanziarie e dei relativi effetti di ricaduta.

    I flussi di capitale privato nella zona euro hanno registrato una brusca inversione di tendenza, allontanandosi dai paesi vulnerabili. La conseguente penuria di finanziamenti esterni è stata colmata attraverso la fornitura di liquidità proveniente dal settore ufficiale, il che ha evitato un aggiustamento disordinato. Le differenze fra le condizioni di finanziamento per i settori pubblico e privato, tuttavia, si sono costantemente accentuate nella zona euro a causa delle sempre maggiori distorsioni interne. Questo ha portato all’adozione di politiche estremamente rigorose negli Stati membri vulnerabili della zona euro, perché al necessario risanamento di bilancio si aggiungono condizioni di finanziamento rigide. Questo ostacola l’aggiustamento, accentuando ulteriormente le divergenze tra i risultati economici dei paesi della zona euro e minando la stabilità dell’intera area monetaria.

    La principale priorità per la zona euro è proseguire sulla via delle riforme strutturali e invertire la frammentazione finanziaria, migliorare le condizioni di finanziamento nei paesi vulnerabili e favorire l’afflusso e un’allocazione efficiente del capitale a sostegno dell’aggiustamento. Questo è indispensabile sia per la crescita che per l’aggiustamento. L’esigenza di ridurre gli squilibri macroeconomici impone di differenziare il ritmo del deleveraging pubblico tra i paesi con un avanzo e quelli con un disavanzo. La politica monetaria unica conferisce infine un ruolo ancora più determinante nella zona euro alle riforme strutturali che aumentano la flessibilità dei salari e dei prezzi e agevolano l’aggiustamento.

    Per affrontare le sfide è assolutamente indispensabile perseverare sulla via delle riforme. Il meccanismo europeo di stabilità è diventato operativo l’8 ottobre 2012 e la BCE ha deciso di introdurre le “operazioni monetarie definitive” nel settembre 2012. Questi importanti sviluppi contribuiscono utilmente ad affrontare la sfida più immediata, che consiste nello stabilizzare la situazione finanziaria e nel ripristinare la fiducia. Poiché in genere deve passare un certo lasso di tempo prima che le riforme strutturali diano i massimi risultati, la ristrutturazione e il riequilibrio delle economie si materializzeranno solo a medio termine. Si stanno infine definendo i contorni di un’autentica UEM come obiettivo a lungo termine, con l’adozione di misure concrete per sostenere il processo di riforma. Questo ha allentato recentemente le tensioni sui mercati finanziari, ma i mercati rimangono fragili e sono diventati dipendenti dal proseguimento delle politiche di sostegno. Ciò significa che qualsiasi blocco del processo di riforma potrebbe riacutizzare immediatamente le tensioni e annullare i recenti miglioramenti.

    1.           Risanamento di bilancio favorevole alla crescita

    La solidità e la sostenibilità delle finanze pubbliche sono una conditio sine qua non per la stabilità macroeconomica e, di conseguenza, per la crescita. Questo è particolarmente vero per la zona euro, dove la politica monetaria unica non può reagire a circostanze nazionali specifiche e i bilanci nazionali devono riacquistare la capacità di svolgere un ruolo di stabilizzazione in caso di shock specifici nei singoli paesi. Al tempo stesso, la crisi attuale ha dimostrato che le politiche di bilancio non sostenibili hanno effetti di ricaduta molto più pesanti sugli Stati membri della zona euro, soprattutto attraverso il canale finanziario. Si impone quindi una maggiore responsabilità per quanto riguarda gli sviluppi di bilancio a livello nazionale. Questo è all’origine della governance di bilancio basata su regole prevista nel trattato e nel patto di stabilità e crescita. Il rispetto di queste regole è indispensabile per il buon funzionamento dell’UEM.

    Il risanamento di bilancio ha ripercussioni negative sulla crescita a breve termine, perché le restrizioni di bilancio riducono la spesa aggregata, ma i benefici si fanno sentire a medio termine. Durante le crisi finanziarie l’incidenza della politica di bilancio sulla crescita può essere più elevata del solito, perché i cosiddetti moltiplicatori fiscali sono considerati più elevati che in condizioni economiche normali[1]. A breve termine, questo può avere ripercussioni negative anche sui rapporti debito pubblico-PIL derivanti dal risanamento, ove i rapporti iniziali, e quindi il fabbisogno di risanamento, siano elevati.

    In alcuni Stati membri, tuttavia, non esiste un’alternativa valida al risanamento, la cui assenza potrebbe avere conseguenze ancora più negative. In presenza di livelli di debito elevati e in aumento, occorre esaminare la sostenibilità del debito, che è un concetto a medio termine. Dall’analisi della Commissione[2] si evince che solo se si verificassero ipotesi assai poco plausibili (estrema miopia dei mercati, reazioni molto insolite dei premi di rischio) il risanamento avrebbe conseguenze negative a medio termine sul debito. Creare condizioni e aspettative di un risanamento permanente è importante anche per scongiurare ripercussioni sul debito, perché le prospettive di un’inversione del risanamento possono annullarne i potenziali effetti positivi sui premi di rischio. Al tempo stesso, nel caso degli Stati membri con un accesso ridotto al mercato, la valutazione dei costi del risanamento, anche a breve termine, dipende dallo scenario alternativo preso in considerazione. Quando la sostenibilità di bilancio è a rischio, il mancato risanamento può determinare un aumento dei premi di rischio o la perdita di qualsiasi accesso al mercato, il che potrebbe dar luogo a un aggiustamento molto più radicale con conseguenze molto più negative per la crescita che in caso di risanamento e di miglioramento della sostenibilità di bilancio.

    Anche se alcuni paesi dell’UE godono di un maggior margine di manovra, occorre valutare accuratamente i rischi associati a un rallentamento del risanamento di bilancio. Alcuni Stati membri beneficiano attualmente di tassi di interesse eccezionalmente bassi sul loro debito pubblico e potrebbero presumibilmente contrarre un maggior volume di prestiti senza rischiare di innescare dinamiche non sostenibili. Anche in questi paesi, tuttavia, il debito è arrivato a livelli mai raggiunti in tempo di pace. Inoltre, in quasi tutti i paesi si prevede un aumento della spesa pubblica dovuto all’invecchiamento della popolazione e, in alcuni casi, alle scarse prospettive di crescita. Non si può quindi escludere che un indebolimento dell’impegno a favore di politiche di bilancio sostenibili rischi di modificare il clima di mercato, con serie ripercussioni non solo per i paesi interessati, ma anche per la capacità di gestione della crisi dell’intera zona euro, che dipende dal merito di credito di questi paesi.

    Grafico 1. Debito e disavanzo pubblico negli Stati membri dell’UE (previsioni per il 2012, in % del PIL)

    Fonte: Servizi della Commissione, previsioni economiche europee, autunno 2012

    È necessario ripristinare in modo permanente la stabilità di bilancio in considerazione delle notevoli sfide poste alle finanze pubbliche dell’UE (grafico 1), derivanti dalla necessità di ridurre gli elevati livelli di debito a fronte di scarse prospettive di crescita, pressioni sulla spesa a lungo termine e oneri fiscali già relativamente elevati. Il principio generale di un risanamento di bilancio favorevole alla crescita rimane quindi valido. La strategia promossa dalla Commissione nelle precedenti analisi annuali della crescita si è dimostrata efficace, anche se, come si è già detto, non è stato possibile evitare ripercussioni negative a breve termine e gli effetti positivi si faranno sentire pienamente solo a medio termine.

    L’effetto del risanamento sulla crescita può dipendere anche dalla sua composizione. Per garantire la natura permanente del risanamento e migliorare le aspettative in termini di sostenibilità di bilancio, occorre inoltre attuare in parallelo riforme volte ad aumentare la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche e sostenere il processo mediante un solido quadro istituzionale.

    Il ritmo del risanamento

    Il ritmo del risanamento deve continuare a differenziarsi a seconda del margine di bilancio dei singoli paesi. Considerate in particolare le persistenti pressioni di mercato sui paesi fortemente indebitati, i paesi che hanno perso l’accesso ai mercati finanziari o che subiscono pressioni di mercato molto forti devono continuare a rispettare gli impegni assunti a livello di bilancio. Gli altri Stati membri devono continuare a rispettare gli impegni assunti nel patto di stabilità e crescita, che consente agli stabilizzatori automatici di funzionare lungo il percorso concordato di aggiustamento di bilancio strutturale garantendo nel contempo la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.

    Il patto di stabilità e crescita offre un quadro flessibile e efficiente per differenziare il ritmo del risanamento. Le regole del PSC consentono di modulare il ritmo del risanamento in funzione delle caratteristiche specifiche di ciascuno Stato membro. Nell’ambito del PSC ai singoli paesi vengono assegnati obiettivi nominali, per motivi di trasparenza e per ancorare le politiche di bilancio. Le raccomandazioni del Consiglio, tuttavia, specificano anche lo sforzo strutturale necessario, che dovrebbe rispecchiare le posizioni di bilancio sottostanti senza tener conto degli effetti ciclici e delle misure una tantum. Se un paese ha compiuto lo sforzo strutturale concordato ma non raggiunge i propri obiettivi solo a causa di una crescita inferiore al previsto, il termine per la correzione del disavanzo eccessivo può essere prorogato. In passato ci si è avvalsi di questa possibilità in diverse occasioni, da ultimo nel caso di Spagna e Portogallo.

    La composizione del risanamento

    Ferma restando la necessità di promuovere risanamenti basati sulla spesa, occorre combinare in modo efficiente e favorevole alla crescita misure sul fronte delle spese e delle entrate. L’analisi dei precedenti risanamenti indica che i risanamenti basati sulla spesa hanno maggiori probabilità di successo. Inoltre, considerati gli oneri tributari relativamente elevati esistenti nell’UE, ulteriori aumenti fiscali potrebbero incidere negativamente sulla futura crescita e dovrebbero quindi essere introdotti con una certa prudenza. Nel complesso, per limitare gli effetti negativi a breve termine sulla crescita, i risanamenti dovrebbero combinare adeguatamente misure favorevoli alla crescita sul fronte delle spese e delle entrate.

    L’efficienza della spesa e la qualità delle finanze pubbliche in generale diventano sempre più importanti in considerazione delle sfide a lungo termine per le finanze pubbliche. Visti i livelli record del debito e l’incidenza a lungo termine dell’invecchiamento demografico, le pressioni sulla spesa pubblica rimarranno probabilmente anche al di là dell’attuale aggiustamento di bilancio. Diventa quindi sempre più importante riesaminare l’efficienza della spesa per conciliare il bisogno di finanze pubbliche sostenibili con l’erogazione di servizi pubblici di livello soddisfacente. Le migliori pratiche internazionali dimostrano che in molti paesi dell’UE si possono ottenere notevoli risparmi di risorse pubbliche a livelli invariati di servizi.

    Il proseguimento delle riforme del settore pubblico e l’introduzione delle migliori pratiche nell’ambito di un bilancio basato sui risultati potrebbero dare un contributo fondamentale al miglioramento dell’efficienza della spesa pubblica. L’interazione fra le riforme delle pubbliche amministrazioni conseguenti ai riesami della spesa (spending review) e il bilancio basato sui risultati è notevole in termini di obiettivi e di tempistica. Mentre il bilancio basato sui risultati predilige un approccio olistico e richiede una visione a lungo termine per l’introduzione e l’ottenimento di risultati, le riforme della pubblica amministrazione possono produrre rapidamente notevoli risultati in termini di efficienza della spesa pubblica e di risparmio, purché siano precedute da rigorosi riesami della spesa e inserite in strategie a più lungo termine. Le riforme della pubblica amministrazione potrebbero concentrarsi utilmente sui settori in cui secondo gli indicatori, compresi i raffronti tra i diversi paesi e al loro interno, vi sono le maggiori possibilità di risparmio (si veda anche la sezione 3). Altre misure pertinenti per l’efficienza della spesa, tra cui trasferimenti sociali, aiuti di Stato o altre sovvenzioni meglio strutturati e più mirati, l’identificazione dei progetti più produttivi nel campo degli investimenti pubblici o una maggiore efficienza nella fornitura di beni e servizi pubblici, possono rispecchiare la varietà degli obiettivi socioeconomici delle diverse voci di spesa, compresi i problemi di distribuzione. A prescindere dallo strumento scelto per migliorare l’efficienza della spesa pubblica, il processo deve comunque essere accompagnato da una gestione delle prestazioni a tutti i livelli della pubblica amministrazione.

    I risparmi a livello di spesa non devono riguardare le voci che hanno un’incidenza positiva sulla crescita e sul potenziale di crescita. Gli eventuali tagli devono essere ridotti al minimo nei settori connessi allo sviluppo del capitale umano e al progresso tecnologico. La situazione è meno chiara per quanto riguarda gli investimenti pubblici nelle attività fisse. Questi investimenti favoriscono la crescita potenziale solo nella misura in cui le nuove infrastrutture contribuiscono agli investimenti privati, cioè soprattutto nei settori dei trasporti, delle comunicazioni e di determinati servizi pubblici. Inoltre, gli investimenti pubblici nelle attività fisse comportano vantaggi solo fino a un certo punto; nel caso degli Stati membri che dispongono già di un livello di infrastrutture soddisfacente, sarebbe più opportuno porre l’accento sulla manutenzione e, possibilmente, sul potenziamento.

    Per quanto riguarda le entrate di bilancio, nonostante le recenti riforme molti Stati membri devono ancora affrontare notevoli problemi di politica tributaria. Alcuni Stati membri dell’UE potrebbero trarre vantaggio, anche se in misura diversa, da misure sul fronte delle entrate per risanare le finanze pubbliche e garantirne la sostenibilità. Queste misure, tuttavia, devono mirare a migliorare l’efficienza dei sistemi fiscali, garantendo al tempo stesso un’equa ripartizione dell’onere del risanamento fra tutte le componenti della società. Per aumentare le entrate sarebbe preferibile ampliare la base imponibile anziché innalzare le aliquote o creare nuove imposte. Questo potrebbe richiedere una revisione delle spese fiscali e delle altre lacune nell’imposizione del reddito delle persone fisiche e delle imprese, limitando al tempo stesso le aliquote IVA ridotte o le esenzioni IVA oppure riportando le aliquote ridotte a un livello più vicino all’aliquota standard. Si potrebbero inoltre riesaminare anche le esenzioni dalle accise per aumentare le entrate e contribuire efficacemente ad altre politiche pubbliche (come quelle nel campo della sanità e dell’ambiente).

    Il miglioramento della governance fiscale può completare utilmente le misure volte ad aumentare le entrate. Alcune misure di lotta all’evasione fiscale, come l’abolizione del segreto bancario, hanno apparentemente procurato un gettito fiscale supplementare già a breve termine. È spesso difficile, tuttavia, quantificare ex ante l’aumento del gettito derivante da una migliore governance fiscale, che non deve quindi essere sopravvalutato nell’ambito di una politica di bilancio oculata, specialmente a breve termine. Il miglioramento della disciplina fiscale potrebbe assumere diverse forme, come il ridimensionamento dell’economia sommersa, la lotta contro la frode e l’evasione potenziale nel campo dell’IVA o la promozione dell’efficienza dell’amministrazione fiscale. Molti Stati membri devono potenziare l’amministrazione fiscale per aumentare il gettito, ridurre il costo elevato delle entrate nette riscosse e alleggerire i notevoli oneri amministrativi per le piccole e medie imprese.

    Si potrebbero prendere in considerazione riforme neutre dal punto di vista delle entrate per aumentare il potenziale di crescita e di occupazione delle economie europee. Questo vale soprattutto per gli Stati membri che hanno la possibilità e l’esigenza di passare dalle imposte sul lavoro a imposte meno atte a creare distorsioni (imposte sul consumo, imposte patrimoniali ricorrenti e tasse ambientali). Questo spostamento del carico fiscale dovrebbe essere possibile considerato che un gettito fiscale composto da una quota elevata di imposte dirette e contributi previdenziali e una quota modesta di imposte indirette indica che esistono margini in questo senso. Una riforma neutra dal punto di vista delle entrate potrebbe comportare altresì una riduzione delle elevate aliquote fiscali sul reddito delle imprese.

    Nell’elaborare la strategia di risanamento e di riforma tributaria occorre tener presenti anche altre questioni connesse alla struttura di imposte specifiche. In primo luogo, l’imposta sulle società riserva spesso un trattamento privilegiato al finanziamento tramite debito a scapito di quello tramite capitale azionario. In secondo luogo, la fiscalità nel settore immobiliare residenziale si basa in misura eccessiva sulle imposte sulle transazioni anziché sulle imposte ricorrenti sui beni immobili, meno dannose, e la detraibilità degli interessi ipotecari causa una distorsione a favore dell’indebitamento e un rischio di investimenti immobiliari eccessivi. Infine, le tasse ambientali potrebbero dare un contributo importante al conseguimento degli obiettivi concordati in questo campo e dovrebbero offrire col tempo incentivi adeguati per ridurre le emissioni dannose, in particolare quelle di gas serra. Le riforme fiscali dovranno riflettere sia l’efficienza economica che l’equità sociale, in funzione delle preferenze collettive. Nel decidere le riforme fiscali si dovrà tener conto anche degli effetti distributivi.

    Puntare alla sostenibilità a lungo termine

    Il risanamento è reso ancora più necessario dalle sfide che l’invecchiamento demografico comporta per le finanze pubbliche. La relazione 2012 sulla sostenibilità di bilancio[3] indica che il debito nell’UE rimarrà stabile fino al 2020 grazie alle recenti misure di risanamento e ai progressi delle riforme, che hanno praticamente stabilizzato la spesa connessa all’invecchiamento della popolazione. Questo tipo di costi, tuttavia, è destinato ad aumentare dal 2021 in poi e si prevede che il debito nell’UE cresca nuovamente, avvicinandosi al 90% del PIL entro il 2030. Per invertire questa dinamica è indispensabile un impegno sostenuto da parte degli Stati membri. Il miglioramento del saldo strutturale dello 0,5% del PIL all’anno fino all’obiettivo a medio termine e il suo mantenimento a lungo termine, in linea con il PSC, porterebbero il livello del debito quasi al 60% del PIL entro il 2030.

    Sebbene alcuni paesi stiano già cercando di ovviare alle pressioni che l’invecchiamento demografico esercita sulla spesa, occorre adottare altre misure oltre all’attuazione dei piani attuali. Negli ultimi dieci anni molti Stati membri hanno compiuto notevoli sforzi per riformare i sistemi pensionistici, ottenendo risultati positivi e tangibili a livello di bilancio. A lungo termine, tuttavia, si prevede un ulteriore aumento della spesa pubblica per le pensioni a livello aggregato di UE[4] (+1,5% del PIL entro il 2060). Questo impone di adoperarsi con maggiore impegno per riformare i sistemi pensionistici, soprattutto nei paesi in cui, secondo le previsioni, la spesa per le pensioni dovrebbe superare di gran lunga la media UE e il processo di riforma non è ancora stato avviato seriamente. Nel 2012 si è raccomandato alla maggior parte degli Stati membri di adeguare la politica delle pensioni entro la fine dell’anno. Sebbene diversi Stati membri abbiano fatto buoni progressi, limitando tra l’altro l’accesso ai prepensionamenti e armonizzando l’età pensionabile per uomini e donne, altri devono intensificare o attivare il programma di riforma.

    Collegare l’età della pensione alla speranza di vita contribuirebbe a consolidare l’equilibrio tra anni di lavoro e anni di pensione. Questa misura, che dovrebbe essere attuata preferibilmente secondo regole automatiche per evitare trattative frequenti e difficili, è un modo efficace per ridurre il rischio di longevità, ovviando nel contempo ai problemi di sostenibilità e di adeguatezza mediante l’offerta di incentivi per lavorare più a lungo e, di conseguenza, aumentare i diritti pensionistici maturati. Per poter contribuire efficacemente ad innalzare l’età pensionabile effettiva, le riforme dei sistemi pensionistici devono essere affiancate da politiche atte a sviluppare le opportunità occupazionali per i lavoratori più anziani e a sostenere un invecchiamento attivo e in buona salute, integrate da politiche fiscali e previdenziali che offrano incentivi a rimanere più a lungo nella vita attiva e diano accesso alla formazione permanente.

    Grafico 2. Andamento di bilancio – zona euro

    Fonte: servizi della Commissione

    Gli Stati membri hanno attuato con determinazione il risanamento di bilancio riducendo notevolmente i disavanzi. Secondo le previsioni autunnali della Commissione per il 2012, il disavanzo medio delle pubbliche amministrazioni nell’UE dovrebbe diminuire di 0,8 p.p. nel 2012 e arrivare al 3,6% del PIL. Il quadro è sostanzialmente analogo per la zona euro, in cui il disavanzo scenderà al 3,3% del PIL. Il proseguimento del risanamento di bilancio nel 2013 dovrebbe riportare il disavanzo delle pubbliche amministrazioni nella zona euro al di sotto del 3% del PIL per la prima volta dal 2008 (grafico 2). La composizione del risanamento può essere giudicata globalmente favorevole alla crescita nella maggior parte degli Stati membri, con un equilibrio globale tra entrate e spese. I principali risparmi di spesa registrati tra il 2007 e il 2012 riguardano gli investimenti, il consumo intermedio e la fattura salariale pubblica. Al tempo stesso, la quota dei trasferimenti sociali è aumentata in generale, soprattutto nei paesi colpiti più duramente dalla crisi economica.

    Il risanamento di bilancio sarebbe stato addirittura più forte in termini strutturali che in termini nominali. Si prevede che gli aggiustamenti strutturali per il 2012 superino 1 punto percentuale sia nell’UE che nella zona euro. Per ottenere questo risultato, in media gli Stati membri si sono attenuti ai loro obiettivi nominali, adottando misure correttive nel corso dell’anno a fronte del deterioramento del contesto macroeconomico. Il percorso di risanamento dovrebbe proseguire regolarmente nel 2013, poiché gli Stati membri devono compiere lo sforzo di bilancio richiesto loro nell’ambito della procedura per i disavanzi eccessivi o devono ancora convergere verso i loro obiettivi a medio termine. Nel 2013 questo dovrebbe ridurre il disavanzo strutturale di oltre 0,5 p.p. nell’UE.

    Governance e istituzioni di bilancio

    Per l’adozione di decisioni valide in materia di bilancio sono indispensabili quadri di bilancio solidi a livello nazionale. A norma dei trattati, le decisioni definitive in materia di bilancio spettano alle autorità nazionali. È quindi fondamentale che gli Stati membri prendano misure a livello nazionale per rafforzare la prevedibilità e la credibilità dei loro impegni a favore di una politica di bilancio oculata. La direttiva sui quadri di bilancio nazionali e il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (TSCG) migliorano notevolmente i quadri di bilancio nazionali. Un corretto recepimento della direttiva per la fine del 2013 dovrebbe garantire solidi quadri di bilancio in tutti gli Stati membri dell’UE, comprendenti statistiche tempestive e complete, una pianificazione a medio termine, previsioni realistiche e la definizione di norme di bilancio nazionali che favoriscano il rispetto degli obblighi previsti dal trattato a livello di bilancio. 25 Stati membri si sono inoltre impegnati, attraverso il TSCG, a integrare in norme nazionali vincolanti l’obiettivo di un bilancio in pareggio o in attivo, in modo da ancorare uno dei principi di base del PSC nei quadri nazionali. L’adempimento dovrebbe essere ulteriormente rafforzato da meccanismi nazionali di correzione automatici, da strutturare in base a principi comuni e da attivare in circostanze ben precise.

    La governance di bilancio a livello europeo è stata potenziata e la Commissione ha sottoposto ulteriori miglioramenti ai colegislatori. Il six-pack[5] ha rafforzato il braccio preventivo della sorveglianza di bilancio nell’UE e la capacità di individuare e correggere prima possibile gli squilibri di bilancio, introducendo al contempo nuovi strumenti quali un parametro di riferimento per la spesa e una regola numerica per il debito. Dato che, per gli Stati membri che hanno la stessa moneta, le politiche di bilancio hanno ricadute più forti, le sanzioni finanziarie per inadempimento nei confronti degli Stati membri della zona euro sono state rafforzate, ma anche applicate in modo più graduale e in una fase più precoce. La Commissione ha proposto ulteriori miglioramenti della sorveglianza di bilancio per gli Stati membri della zona euro nei due regolamenti che costituiscono il two-pack. Il regolamento sulla sorveglianza rafforzata razionalizza e aumenta la sorveglianza di bilancio applicabile agli Stati membri che rischiano di avere o che hanno difficoltà finanziarie, mentre il regolamento sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio rende più rigoroso il monitoraggio degli Stati membri oggetto di una procedura per i disavanzi eccessivi, per garantire la correzione tempestiva di questi disavanzi. Esso rafforza anche l’azione preventiva a livello di UE ponendo solide basi per un coordinamento effettivo delle politiche di bilancio nell’UEM, tra cui un calendario di bilancio comune e la presentazione coordinata alla Commissione dei piani di bilancio annuali nazionali prima dell’adozione in Parlamento.

    2.           Ripristinare la stabilità finanziaria

    Gli ultimi dodici mesi hanno visto il protrarsi delle tensioni finanziarie sui mercati finanziari dell’UE, ma ultimamente vi sono segni di miglioramento. I circoli viziosi tra debito sovrano della zona euro, banche e crescita hanno ulteriormente alimentato le tensioni finanziarie e minato la fiducia. Le azioni strategiche incisive intraprese dai responsabili politici a livello di UE e nazionale hanno recentemente migliorato il clima, ma gli spread del debito sovrano nei paesi vulnerabili rimangono elevati e volatili. Al tempo stesso altri paesi dell’UE hanno beneficiato di un massiccio afflusso di capitale privato e registrato tassi di interesse eccezionalmente bassi, e talvolta negativi, sui loro titoli sovrani. La stretta interconnessione fra i mercati sovrani e il settore bancario dell’UE è ancora fonte di notevoli rischi per la stabilità finanziaria nell’UE, in particolare nella zona euro.

    Il settore bancario dell’UE è tuttora caratterizzato da problemi di liquidità e da problemi di finanziamento strutturali. Un certo numero di banche incontra ancora difficoltà per ottenere finanziamenti sul mercato, specialmente negli Stati membri vulnerabili. Gli abbassamenti dei rating sovrani hanno ridotto le garanzie disponibili per le operazioni bancarie con l’Eurosistema e causato la diminuzione dei meriti di credito delle banche, aumentandone i costi di finanziamento. Nella prima metà del 2012, le difficoltà di finanziamento negli Stati membri vulnerabili della zona euro sono state aggravate da fughe dei depositi, mentre gli Stati membri dell’UE con rating più elevati hanno registrato un afflusso di depositi. Il deterioramento delle prospettive di crescita e, di conseguenza, delle possibilità di generare reddito ha esercitato pressioni sul finanziamento interno delle banche. In risposta alle difficoltà di finanziamento, le banche hanno privilegiato le operazioni di prestito garantite rispetto a quelle non garantite e l’emissione di obbligazioni garantite, il che ha determinato un forte e preoccupante aumento delle attività soggette a gravami nei bilanci bancari.

    Grafico 3. Prestiti bancari alle famiglie e alle imprese non finanziarie – zona euro

    Fonte: servizi della Commissione

    La scarsità dei finanziamenti provenienti dal mercato e l’aumento dei rischi di credito a causa del ristagno della crescita incidono negativamente sulla capacità delle banche di erogare prestiti all’economia reale. Le difficoltà di finanziamento sono particolarmente gravi per le piccole e medie imprese, che costituiscono la spina dorsale dell’economia dell’UE e la principale fonte di occupazione. I problemi di ottenimento di crediti sono particolarmente seri nei paesi vulnerabili in cui le banche in difficoltà hanno ridotto l’erogazione di prestiti, anche se la domanda di crediti è minore a causa delle deboli prospettive di crescita e della necessità di ridurre il debito delle imprese e delle famiglie (grafico 3). Al tempo stesso, sebbene le banche abbiano proseguito i necessari aggiustamenti dei loro bilanci, non vi sono stati segni di deleveraging disordinato o eccessivo. I flussi di capitale provenienti da fonti pubbliche, che hanno parzialmente compensato la fuga di capitale privato, e la ricapitalizzazione coordinata diretta dall’Autorità bancaria europea hanno svolto un ruolo determinante al riguardo. La necessità di un deleveraging, tuttavia, è stata diversa a seconda dei paesi, visto che le banche degli Stati membri vulnerabili hanno adeguato i loro bilanci più rapidamente delle altre. In considerazione di questi fattori, è positivo che nella zona euro considerata nel suo insieme il credito bancario al settore privato si sia stabilizzato nel 2012 e che l’ultimo studio della BCE sull’attività creditizia delle banche (Bank Lending Survey) indichi una lieve diminuzione dei problemi di finanziamento.

    La ricomparsa dei rischi sovrani ha invertito il processo di integrazione finanziaria nella zona euro. L’introduzione dell’euro, ma anche la valutazione globale del rischio di credito precedente alla crisi, hanno stimolato l’integrazione del mercato finanziario nella zona euro e agevolato i flussi di credito fra i paesi della zona euro. Con lo scoppio delle bolle dei prezzi delle attività in alcuni paesi e l’avvento della crisi del debito sovrano, i flussi transfrontalieri hanno registrato un crollo e i capitali si sono trincerati dietro le frontiere nazionali. In particolare, il flusso di capitale privato dagli Stati membri situati a nord della zona euro verso quelli situati a sud registrato negli ultimi dieci anni è drasticamente diminuito, perché le banche hanno ridotto la propria esposizione transfrontaliera nei confronti dei governi e del settore privato dei paesi vulnerabili. La conseguente mancanza di finanziamenti esterni è stata colmata attraverso liquidità provenienti dall’Eurosistema e, in fasi successive, attraverso prestiti UE/FMI nell’ambito di programmi di assistenza finanziaria. Le distorsioni derivanti dalla detenzione di debito sovrano nazionale si sono inoltre accentuate, rafforzando il circolo vizioso tra emittenti sovrani deboli e banche deboli.

    I paesi della zona euro hanno applicato condizioni di finanziamento diverse. L’aumento dei premi di rischio per i prestiti transfrontalieri ha accentuato la frammentazione finanziaria e, di conseguenza, il divario fra i paesi della zona euro in termini di tassi di interesse sui prestiti alle imprese e alle famiglie. Attualmente i tassi di interesse applicati al settore privato dei paesi vulnerabili sono nettamente superiori a quelli applicati negli altri Stati membri, in particolare quelli considerati mercati “rifugio” (grafici 4 e 5).

    Grafico 4. Tassi di interessi sui prestiti alle imprese || Grafico 5. Prestiti alle imprese

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    Note: Nuove imprese, durata fino a 1 anno Fonte: servizi della Commissione || Note: Indice del tasso di crescita delle riserve nazionali su base annuale. Fonte: servizi della Commissione

    Il disfunzionamento dei mercati del credito in tutta la zona euro costituisce una notevole minaccia per il funzionamento dell’unione monetaria. L’aggiustamento e la ristrutturazione in corso negli Stati membri vulnerabili della zona euro incidono pesantemente sulla crescita. Il loro processo di aggiustamento dipende dal ripristino di normali condizioni di prestito da parte del sistema bancario, che attualmente non svolge il suo ruolo di intermediazione nel mercato unico. La vigilanza micro e macroprudenziale con una dimensione transfrontaliera dovrebbe contribuire all’integrazione del sistema bancario per ripristinarne la funzione di intermediario finanziario.

    Per ripristinare le condizioni necessarie alla normale erogazione di prestiti all’economia occorre eliminare le cause di fondo delle difficoltà delle banche. A livello di UE sono state adottate audaci misure politiche per spezzare il circolo vizioso tra le banche deboli e i loro emittenti sovrani, nonché ovviare alle difficoltà di finanziamento, alla frammentazione finanziaria e al deterioramento dei meccanismi di trasmissione monetaria nella zona euro.

    Nel percorso verso un’autentica UEM, nel giugno 2012 i capi di Stato dell’UE hanno deciso di comune accordo di avviarsi, come prima tappa tangibile, verso un’Unione bancaria dotata di un meccanismo di vigilanza unico. A seguito dell’accordo, la Commissione ha presentato proposte volte a creare il meccanismo di vigilanza unico e a conferire poteri di vigilanza alla Banca centrale europea. Al tempo stesso, l’Autorità bancaria europea verrebbe allineata al nuovo quadro di vigilanza bancaria per garantire coerenza a livello di UE. Il meccanismo di vigilanza unico mira a eliminare le differenze tra le prassi in materia di vigilanza, che hanno contribuito alla frammentazione del mercato finanziario europeo e messo in pericolo il settore bancario. Il meccanismo di vigilanza unico garantirà che tutti gli Stati membri partecipanti abbiano piena fiducia nella qualità e nell’imparzialità della vigilanza bancaria, una condizione necessaria affinché i flussi di capitale sostengano il riequilibrio a breve termine e non creino altri squilibri in futuro (si veda anche la sezione 3).

    La creazione del meccanismo europeo di stabilità (MES) ha dotato la zona euro di un firewall forte e permanente. Grazie alla sua notevole capacità di finanziamento (500 miliardi di EUR) e a una serie di strumenti flessibili, il MES è perfettamente in grado di spezzare il circolo vizioso tra banche e emittenti sovrani e di contribuire a far tornare la fiducia. Oltre all’erogazione di prestiti e alle linee di credito per gli Stati membri della zona euro con problemi di liquidità, il MES dispone di un’ampia serie di strumenti e, una volta soddisfatti determinati requisiti, può intervenire sui mercati primari e secondari dei titoli a condizioni che non comportano necessariamente la richiesta di un vero e proprio programma di aggiustamento macroeconomico.

    La possibilità di utilizzare il MES per ricapitalizzare direttamente le banche sarà estremamente utile per spezzare infine il circolo vizioso tra banche e emittenti sovrani nella zona euro. Il MES può anche erogare prestiti destinati specificamente alla ricapitalizzazione delle banche. Finora, tuttavia, è stato possibile concedere questi prestiti solo agli Stati membri, che a loro volta li avrebbero usati per ricapitalizzare le loro banche in difficoltà. Pur migliorando in parte la situazione dei governi con problemi di liquidità, questo approccio è stato un semplice palliativo al problema dell’interconnessione fra banche e emittenti sovrani, in particolare per il fatto che questi prestiti sono registrati nei conti pubblici degli Stati membri e aumentano il loro debito pubblico. Per risolvere il problema, nel giugno 2012 il vertice della zona euro ha deciso di autorizzare il MES a ricapitalizzare direttamente le banche una volta creato il meccanismo di vigilanza unico. Questo sarà determinante per scollegare i rischi delle banche e degli emittenti sovrani della zona euro e rappresenterà un notevole progresso verso la soluzione della crisi della zona euro.

    La Banca centrale europea ha adottato misure efficaci per attenuare i problemi di finanziamento delle banche e riparare il meccanismo di trasmissione monetaria. Le due operazioni triennali di rifinanziamento a lungo termine eseguite dalla BCE nel dicembre 2011 e nel febbraio 2012 hanno ovviato ai gravi problemi di rifinanziamento delle banche della zona euro permettendo loro di accedere a finanziamenti a medio termine a basso costo. Tuttavia, in considerazione dei persistenti problemi di finanziamento e dei gravi problemi di funzionamento del meccanismo di trasmissione monetaria riscontrati in alcuni Stati membri della zona euro, la BCE ha introdotto un nuovo strumento, le “operazioni monetarie definitive” (Outright Monetary Transactions - OMTs), per salvaguardare la corretta trasmissione della politica monetaria nella zona euro. Le OMT sono operazioni definitive sui mercati secondari dei titoli sovrani soggette a condizioni rigorose ed effettive in relazione a un programma di aggiustamento finanziato dal MES. Sebbene lo strumento non sia ancora stato utilizzato, l’annuncio della sua creazione ha già determinato miglioramenti sui mercati dei titoli sovrani e possiede, insieme ai piani per la realizzazione dell’unione bancaria, un notevole potenziale per allentare le tensioni finanziarie nella zona euro e ripristinare le condizioni necessarie per una sana erogazione di prestiti all’economia.

    Sebbene le tensioni sui mercati siano state allentate grazie ad azioni politiche incisive, i mercati rimangono fortemente dipendenti dal proseguimento delle politiche di sostegno e dal rispetto degli impegni. Le vulnerabilità sottostanti sono ancora presenti nel sistema finanziario dell’UE, e in particolare in quello della zona euro. Al tempo stesso, il protrarsi della crisi nella zona euro ha reso l’andamento dei mercati fortemente dipendente dalle misure politiche. La certezza in merito alle azioni politiche e l’energica attuazione delle misure e delle politiche di riforma nazionali concordate sono pertanto indispensabili per contenere la volatilità dei mercati. L’impegno a costruire un’autentica UEM, e in particolare una vera e propria Unione bancaria, ripristinerà in modo permanente la stabilità finanziaria.

    3.           Riforme strutturali per sostenere la crescita e correggere gli squilibri

    Nell’attuale congiuntura, è assolutamente prioritario migliorare la fiducia e rilanciare la crescita a breve termine creando, al tempo stesso, i presupposti per una crescita sostenibile in futuro. Visti i condizionamenti di cui sono oggetto le politiche macroeconomiche, le riforme strutturali sono un elemento fondamentale della strategia di crescita e di riequilibrio, volta a sfruttare il potenziale delle economie dell’UE. A mano a mano che la crisi avanzava, i paesi vulnerabili hanno avviato profonde riforme. Anche se questi Stati membri devono agire con maggiore urgenza, la crescita a breve e medio-lungo termine è un problema comune all’intera UE, che richiede una risposta collettiva. Nonostante le notevoli differenze fra le situazioni economiche dei singoli Stati membri, un’impostazione coordinata delle riforme in tutti gli Stati membri e a livello di UE imprimerebbe uno slancio politico, ridurrebbe i vincoli di politica economica e agevolerebbe il processo di riforma.

    Grafico 6. Saldi delle partite correnti – zona euro e Stati membri || Grafico 7. Costi unitari del lavoro e compenso nominale per dipendente – zona euro

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    Fonte: servizi della Commissione || Fonte: servizi della Commissione

    La crescita economica dell’UE è attualmente frenata dagli squilibri macroeconomici persistenti e dalla necessità di correggere gli eccessi passati in termini di assunzione di prestiti e di consumo. Una crescita temporaneamente più debole è caratteristica intrinseca di un profondo aggiustamento, perché le economie vengono ristrutturate, le risorse sono trasferite dal settore dei beni non scambiabili internazionalmente a quello dei beni scambiabili e i bilanci di tutti i comparti dell’economia devono adeguarsi. L’aggiustamento richiesto è proseguito negli ultimi dodici mesi, nonostante il contesto economico difficile, e sta dando risultati. I dati principali relativi ai saldi delle partite correnti, i dati commerciali e la domanda interna indicano che l’aggiustamento è in corso nell’UE, anche nei paesi della zona euro, ma che occorre compiere ulteriori progressi (grafico 6). L’aggiustamento è in corso anche nei paesi tenuti al rispetto di un programma e negli altri paesi vulnerabili, compresi quelli in cui fino a poco fa i progressi apparivano limitati. Oltre al fatto che gli squilibri delle partite correnti sono in diminuzione, l’evoluzione dei costi unitari del lavoro favorisce un ulteriore riequilibrio in futuro (grafico 7). In alcuni paesi con un disavanzo è in corso un adeguamento dei salari nominali sia nel settore pubblico che in quello privato.

    Grafico 8. Partite correnti e posizione patrimoniale netta sull’estero (NIIP): paesi con un avanzo e con un disavanzo

    Fonte: servizi della Commissione

    L’attuale aggiustamento delle posizioni esterne appare sostanzialmente strutturale. I paesi con un disavanzo hanno registrato una forte contrazione delle importazioni e una certa espansione delle esportazioni. Sebbene finora la contrazione delle importazioni sia stata dominante, i miglioramenti in termini di competitività preparano la futura crescita delle esportazioni e, secondo le previsioni economiche autunnali della Commissione, il contributo delle esportazioni al riequilibrio dovrebbe aumentare nel periodo di riferimento. A condizione che il miglioramento della competitività sia costante, l’aumento delle esportazioni dovrebbe permettere lo sviluppo dei settori orientati all’esportazione e rendere permanente l’aggiustamento. Il riequilibrio esterno dei flussi delle partite correnti, tuttavia, non basta a invertire le tendenze non sostenibili degli stock (posizione patrimoniale netta sull’estero e debito estero) (grafico 8). Nella maggior parte dei paesi con un disavanzo, il rapporto debito estero/PIL continua ad aumentare; nei casi in cui sta diminuendo, questo è dovuto principalmente alla forte rivalutazione delle passività. Sarà necessario un notevole aggiustamento il cui costo, specialmente in termini di occupazione, dipenderà dalla capacità di aggiustamento dei singoli Stati membri. I progressi compiuti per quanto riguarda la riduzione degli squilibri bilaterali delle partite correnti tra paesi con un disavanzo e paesi con un avanzo sono diventati molto più tangibili. Nei paesi con un avanzo si delinea anche un riequilibrio verso la domanda interna, sebbene l’aggiustamento degli avanzi delle partite correnti indichi anche che le partite correnti dell’intera zona euro sono diventate eccedentarie.

    Anche se probabilmente l’effetto delle riforme strutturali sulla crescita e sul riequilibrio si materializzerà appieno solo a medio-lungo termine, si possono constatare miglioramenti già a breve termine. I processi di riforma comportano solitamente costi di aggiustamento e di transizione a breve termine, anche perché in genere non sono equamente distribuiti fra imprese e persone. Tuttavia, le riforme strutturali potrebbero avere anche effetti espansionistici immediati, nella misura in cui migliorano la fiducia e le aspettative degli operatori economici. Occorre dare priorità alle riforme con la minore incidenza sui costi di bilancio (quali le riforme volte a rafforzare la competitività e la concorrenza nei mercati dei prodotti o la riduzione degli oneri normativi e amministrativi per le imprese), ponendo però l’accento anche sulla creazione delle condizioni generali più favorevoli (ad esempio un dialogo sociale rafforzato) per sostenere gli interventi nei settori tradizionalmente più difficili da riformare, come il mercato del lavoro. Occorre inoltre tener conto delle sinergie fra i diversi settori oggetto di riforme. A titolo di esempio, le riforme del mercato occupazionale volte a moderare i costi unitari del lavoro potrebbero favorire maggiormente la competitività se fossero abbinate a riforme dei mercati dei prodotti volte ad aumentare la concorrenza e a ridurre i margini. Su un piano più generale, occorre esaminare attentamente le interazioni fra i diversi settori da riformare e prevedere una tempistica appropriata, tenendo conto delle situazioni specifiche dei singoli Stati membri.

    La regolamentazione e la vigilanza finanziaria sono chiamate a svolgere un ruolo importante per garantire un riequilibrio ordinato e prevenire cicli dannosi di forti espansioni seguite da crolli improvvisi. Il necessario processo di deleveraging in atto nel settore privato di alcuni paesi dell’UE, anche in relazione alle condizioni finanziarie rigorose di cui alla sezione 2, potrebbe incidere negativamente sulla crescita a breve termine. Questo processo, tuttavia, è una conditio sine qua non per la correzione degli squilibri interni ed esterni eccessivi. D’altro canto, i livelli eccessivi di aumento del credito e di leverage nel settore finanziario registrati prima della crisi provocano un accumulo di vulnerabilità nel settore che comporta un forte rischio di correzione disordinata, con conseguenze estremamente negative per la crescita economica. In tale contesto è fondamentale sviluppare strumenti macro e microprudenziali efficaci per garantire che, una volta normalizzate le condizioni di finanziamento in tutta l’UE, il riequilibrio prosegua sulla base di flussi sostenibili di capitale verso le attività più produttive e il fabbisogno di investimenti a lungo termine dell’economia dell’Unione, evitando inoltre il riaccumulo di squilibri eccessivi.

    Le riforme strutturali volte a migliorare la produttività rimangono prioritarie per sostenere le prospettive di crescita a breve termine e garantire un riequilibrio duraturo dell’economia dell’UE. L’esperienza dimostra che le riforme volte ad aumentare l’efficienza sui mercati dei prodotti, dei servizi e del lavoro possono stimolare la produttività e l’innovazione nonché aumentare i livelli di produzione e di occupazione. Anche le riforme strutturali specificamente destinate a promuovere l’innovazione, gli investimenti nelle TIC, il loro uso e l’ulteriore liberalizzazione degli scambi possono avere un’incidenza diretta sulla produttività. Queste riforme favoriscono altresì la riallocazione della manodopera e del capitale a vantaggio dei settori ad alto potenziale di crescita (comprese la crescita verde e l’economia digitale) e possono dare un contributo determinante alla riduzione degli squilibri interni ed esterni, ad esempio migliorando la competitività e i risultati in termini di esportazioni. Le riforme strutturali sono di particolare importanza nella zona euro, dove i prezzi relativi non possono essere influenzati dalle fluttuazioni dei tassi di cambio nominali.

    Aumentando le opportunità di crescita verde si potrebbero migliorare le prestazioni a livello macro e microeconomico. Il passaggio a sistemi di produzione a basse emissioni di carbonio ed efficienti nell’impiego delle risorse attenuerà le pressioni degli shock dei prezzi dei prodotti di base sui livelli di costo e sulle aspettative inflazionistiche, ridurrà la dipendenza dalle risorse e dall’energia, e di conseguenza anche il disavanzo commerciale in campo energetico, e renderà l’economia dell’UE più competitiva a lungo termine. L’UE ha elaborato politiche finalizzate a un uso più efficiente delle risorse, comprendenti obiettivi ambiziosi che avranno implicazioni per tutti gli Stati membri. Queste politiche risulteranno veramente efficaci solo se saranno sostenute da un quadro normativo stabile e prevedibile per orientare gli investimenti, dal trasferimento dell’onere fiscale dal lavoro alle imposte ambientali e sul consumo, dalla graduale eliminazione delle sovvenzioni dannose per l’ambiente, da misure volte a promuovere l’affermarsi di nuovi mercati e tecnologie verdi e dal passaggio a modelli di produzione e di consumo più ecologici.

    Lo slancio impresso alla liberalizzazione dei mercati dei prodotti e dei servizi deve essere mantenuto. Sono necessari altri interventi per eliminare le restrizioni ingiustificate e migliorare la concorrenza sui mercati dei prodotti e dei servizi, ad esempio per quanto riguarda il commercio al dettaglio, le professioni regolamentate, l’edilizia, il turismo, i servizi alle imprese e le industrie di rete. Questo richiede anche un’azione a livello di UE, perché un mercato unico funzionante può migliorare il potenziale di crescita e contribuire al riassorbimento degli squilibri. Per sfruttare pienamente il potenziale del mercato unico occorrono miglioramenti ambiziosi, con un maggiore impegno a livello nazionale in termini di attuazione della normativa e di riforme, come stabilito negli Atti per il mercato unico I e II. In tale contesto, gli Stati membri devono adottare, in particolare, misure ambiziose per attuare la direttiva sui servizi, in considerazione del suo potenziale di crescita e di aggiustamento[6].

    Grafico 9. Indice di efficacia del governo, Stati membri dell’UE, 2011

    Note: l’indice di efficacia del governo della Banca mondiale indica il modo in cui i cittadini giudicano la qualità dei servizi pubblici e della pubblica amministrazione e il loro grado di indipendenza dalle pressioni politiche, la qualità della definizione e dell’attuazione delle politiche e la credibilità dell’impegno governativo nei confronti delle politiche stesse. I valori dell’indice sono compresi tra -2,5 e 2,5. Fonte: Banca mondiale

    È assolutamente prioritario migliorare il contesto imprenditoriale, anche riflettendo su come aumentare l’efficienza del settore pubblico. Un contesto imprenditoriale aperto ed efficace è un catalizzatore di crescita, perché promuove l’attività delle imprese e ne riduce i costi superflui. L’esperienza dimostra che la complessità delle procedure amministrative e burocratiche ha una notevole incidenza negativa sul livello di imprenditorialità, innovazione e competitività e l’afflusso di IED potrebbe dare un notevole contributo alla riduzione degli squilibri. Gli oneri normativi eccessivi tendono inoltre a favorire l’economia sommersa. Una pubblica amministrazione efficiente dovrebbe erogare servizi all’intera economia senza imporre oneri burocratici eccessivi agli operatori economici (grafico 9). Ovviando ai problemi della pubblica amministrazione si contribuirebbe al risanamento di bilancio migliorando al contempo la competitività e le prospettive di crescita. In particolare, le riforme del sistema giudiziario ridurrebbero i rischi e l’incertezza associati alla creazione di imprese e alla loro attività, stimolando gli investimenti e contribuendo alla diminuzione dei costi di transazione e al rafforzamento della concorrenza. A tal fine, diversi Stati membri hanno già preso provvedimenti per razionalizzare la funzione pubblica e aumentarne l’efficacia. Fra i principali settori oggetto di riforma figurano i sistemi giudiziari e un maggiore uso dell’e‑government e degli appalti elettronici.

    La disoccupazione è diventata un problema molto serio in diversi paesi dell’UE, con implicazioni sempre più forti a livello economico, sociale e politico (grafico 10). All’aumento della disoccupazione fa riscontro l’accentuarsi delle divergenze tra i mercati occupazionali dell’Unione. La disoccupazione è aumentata nella maggior parte degli Stati membri, raggiungendo in alcuni casi livelli record, ma in alcuni è diminuita. L’allungamento dei periodi di disoccupazione e la minore corrispondenza fra domanda e offerta di lavoro in molti Stati membri dell’UE, in alcuni casi a causa di spostamenti settoriali, comportano il rischio che la disoccupazione diventi sempre più strutturale, con ripercussioni negative sul potenziale di crescita a lungo termine.

    Grafico 10. Tasso di crescita dell’occupazione e di disoccupazione – UE

    Fonte: servizi della Commissione

    Le riforme strutturali contribuiscono in misura determinante a combattere la disoccupazione, oltre a promuovere la crescita e l’aggiustamento. Per ridurre significativamente i tassi di disoccupazione occorre creare i presupposti per una rinnovata fiducia e una domanda stabile di manodopera. Al tempo stesso, ridurre i tassi di disoccupazione è indispensabile per rafforzare la fiducia e garantire la sostenibilità sociale e politica delle riforme in corso. Nell’immediato, tuttavia, la priorità è gestire gli elevati e persistenti tassi di disoccupazione in condizioni di debole crescita e, in alcuni paesi, in un contesto di deleveraging e di riequilibrio esterno. Viste le diverse condizioni dei mercati del lavoro nell’UE, la risposta politica deve essere coordinata, ma adeguata in funzione delle circostanze specifiche di ciascun paese.

    Sin dall’inizio della crisi diversi paesi dell’UE si sono adoperati attivamente per riformare il mercato del lavoro. In alcuni casi sono stati adottati piani di riforma ambiziosi per creare condizioni più favorevoli all’occupazione (grafico 11). Le recenti azioni di riforma appaiono sostanzialmente conformi alle priorità definite a livello europeo, in particolare le misure che contribuiscono a rendere i mercati del lavoro più dinamici, a lottare contro la precarietà e a migliorare la competitività. Alcuni paesi con elevati tassi di disoccupazione e forti squilibri esterni si sono prefissi di migliorare l’adattabilità delle retribuzioni e la capacità di adeguamento del loro mercato del lavoro, in particolare attraverso la riforma della normativa sulla tutela dell’occupazione e del sistema di fissazione dei salari. Le politiche di tutela del reddito, attivazione e assistenza per la ricerca di un impiego sono state adattate in funzione dei problemi sempre più seri del mercato occupazionale, ma finora non tutti i paesi hanno adottato le misure necessarie per affrontare le loro sfide politiche.

    Grafico 11. Numero di misure relative al mercato del lavoro per settore, totale UE

    Nota: la formazione non rientra nelle politiche attive del mercato del lavoro. Fonte: servizi della Commissione, base dati LABREF della DG ECFIN.

    La lotta alla disoccupazione e il sostegno alla creazione di posti di lavoro devono essere al centro dell’agenda politica. Occorre mantenere lo slancio impresso alla riforma del mercato occupazionale, specialmente nei paesi con gravi difficoltà in questo campo. Le possibilità di una ripresa sostenibile della crescita potenziale dipendono dal modo in cui si affrontano le strozzature sul mercato del lavoro e i rischi di isteresi occupazionale. Occorrono urgentemente risposte politiche appropriate per ovviare ai problemi strutturali e istituzionali del mercato occupazionale (segmentazione, minore corrispondenza fra domanda e offerta di manodopera e disoccupazione strutturale persistente). I paesi con i maggiori problemi per quanto riguarda il mercato del lavoro devono continuare ad adoperarsi con impegno per attuare riforme strutturali ambiziose che favoriscano l’aggiustamento (normativa sulla tutela dell’occupazione, fissazione dei salari) e la corretta attuazione delle misure adottate. Possono essere prese in considerazione anche misure specifiche per rilanciare la domanda di manodopera riducendo l’onere fiscale sul lavoro, specialmente per le categorie poco retribuite, sempre che le condizioni di bilancio lo permettano, e sostenendo l’imprenditoria e l’economia sociale. Occorrono inoltre misure mirate per promuovere l’assunzione di categorie specifiche di lavoratori che rischiano di uscire dalla vita attiva (come i disoccupati di lunga durata o i giovani lavoratori senza esperienza professionale), anche attuando politiche attive del mercato del lavoro efficaci in termini di costi e sfruttando il potenziale dei settori fonte di occupazione.

    Allegato. Indicatori macroeconomici selezionati

    [1]               Sebbene non vi siano dati concreti a sostegno di alcune recenti affermazioni riguardanti la notevole entità dei moltiplicatori, si veda ad esempio il riquadro I.5 “Forecast errors and multiplier uncertainty” nelle previsioni economiche europee, autunno 2012, Economia europea 7/2012

    [2]               Vedi European Commission (2012) Report on Public finances in EMU 2012, Economia europea 4/2012, DG Affari economici e finanziari.

    [3]               Vedi European Commission (2012) “Fiscal Sustainability Report 2012”, Economia europea 8/2012.

    [4]               Vedi European Commission and Economic Policy Committee (2012) “2012 Ageing Report: Economic and budgetary projections for the 27 EU Member States (2010-2060)”, Commissione europea, Economia europea, n. 2.

    [5]               Un pacchetto legislativo composto da cinque regolamenti e una direttiva, entrato in vigore il 13 dicembre 2011, che ha rafforzato il patto di stabilità e crescita e introdotto una nuova serie di regole per la vigilanza degli squilibri macroeconomici. Si veda anche:                http://ec.europa.eu/economy_finance/articles/governance/2012-03-14_six_pack_en.htm

    [6]               Secondo i servizi della Commissione i guadagni associati all’attuazione della direttiva sui servizi negli Stati membri si aggirano intorno allo 0,8% del PIL dell’UE, mentre un’attuazione leggermente più ambiziosa, grazie alla quale ciascun paese raggiungerebbe la media UE per quanto riguarda gli ostacoli alla prestazione transfrontaliera di servizi e allo stabilimento, comporterebbe un guadagno supplementare pari allo 0,4% del PIL. In uno scenario estremamente ambizioso, in cui ciascuno Stato membro raggiungerebbe la media dei cinque paesi in testa alla classifica, si potrebbe ottenere una crescita supplementare del PIL pari all’1,8% a livello di UE.

    Introduzione

    La crisi economica e finanziaria che colpisce attualmente l’Unione europea ha innescato profondi cambiamenti, dando il via a una ristrutturazione radicale delle nostre economie che è tuttora in corso. Pur essendo fonte di perturbazioni e di difficoltà di natura politica e sociale, questo processo è necessario per porre le basi di una crescita e di una competitività future che siano intelligenti, sostenibili e inclusive.

    Per portare avanti le riforme necessarie, l’Unione deve poter dimostrare che le sue politiche sono efficaci, che col tempo daranno risultati e che saranno attuate in modo da incidere equamente sulle nostre società. Gli Stati membri e le istituzioni dell’UE hanno il compito comune di correggere i problemi del passato e di avviare l’Unione lungo un percorso di sviluppo più sostenibile per il futuro. Riconoscendo che le nostre economie sono strettamente collegate fra di loro, l’UE sta rimodellando la sua governance economica per migliorare le risposte politiche alle sfide attuali e future.

    La presente analisi annuale della crescita segna l’inizio del semestre europeo 2013 e spiega come utilizzare questa responsabilità condivisa per guidare il cambiamento nell’intera UE, creando i presupposti per far ripartire la crescita e la creazione di posti di lavoro.

    Il contesto

    Nel 2012 la situazione economica dell’UE è rimasta fragile. Per l’intero anno si prevede una contrazione del PIL dello 0,3% nell’UE e dello 0,4% nella zona euro. Ci vorrà tempo per progredire verso una ripresa sostenibile[1]. Dopo anni di crescita debole, la crisi ha conseguenze sociali particolarmente pesanti, che i sistemi previdenziali hanno inizialmente attutito, ma che ora si sono estese a tutti i settori. La disoccupazione ha registrato un’impennata e la povertà è in aumento. Questi problemi sono particolarmente visibili nella zona euro, ma si estendono anche oltre i suoi confini.

    Il protrarsi della crisi non ha certo aiutato gli Stati membri a progredire verso il conseguimento degli obiettivi fissati da Europa 2020 a livello di occupazione, R&S, clima-energia, istruzione e lotta contro la povertà e l’Europa accusa globalmente un ritardo rispetto ai suoi obiettivi[2]. Occorre però progredire in tutti questi ambiti per dirigersi verso un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva.

    Sebbene le sfide differiscano notevolmente a seconda dei paesi e all’interno della zona euro, la prospettiva di una ripresa lenta pone l’intera Unione in una situazione difficile. L’entità del debito accumulato nei settori pubblico e privato limita inoltre le possibilità di nuove attività e investimenti. Gli strumenti della politica monetaria e di bilancio sono stati messi a dura prova e il margine di manovra è attualmente ridotto. Le riforme strutturali sono di fondamentale importanza per ripristinare la competitività dell’Europa, ma queste decisioni sono spesso difficili. Per mantenere lo slancio impresso alle riforme sarà fondamentale garantire trasparenza in merito agli obiettivi delle politiche attuali e equità per quanto riguarda l’incidenza sulla società.

    A fronte di prospettive ancora precarie a breve termine stanno emergendo anche tendenze più positive. Si stanno correggendo gli squilibri macroeconomici accumulatisi per un lungo periodo e la competitività è in ripresa in alcune parti d’Europa, anche se rimane molto da fare per eliminare le divergenze in termini di risultati[3]. Si stanno facendo progressi in termini di risanamento delle finanze pubbliche e sono state prese misure importanti per allentare le tensioni sui mercati finanziari. Va segnalato che le vaste riforme avviate a livello nazionale stanno iniziando a dare risultati, con una diminuzione del debito pubblico e privato in determinati Stati membri e una crescita delle esportazioni in diversi paesi che prima accusavano forti disavanzi commerciali.

    Nel 2012 si è già fatto molto a livello di UE per spezzare il circolo vizioso fra le carenze dei nostri sistemi finanziari, le tensioni sul mercato del debito sovrano e la debole crescita economica, in modo da creare i presupposti per una ripresa sostenibile:

    § la creazione del meccanismo europeo di stabilità offre una protezione credibile per sostenere i paesi della zona euro con un accesso ridotto ai finanziamenti;

    § il patto per la crescita e l’occupazione adottato dai capi di Stato e di governo al Consiglio europeo del giugno 2012 dovrebbe galvanizzare gli sforzi compiuti dal legislatore europeo e dalle amministrazioni a tutti i livelli per mobilitare le leve di crescita di cui dispongono, dall’attuazione degli Atti per il mercato unico a un uso più mirato dei fondi strutturali UE. La Commissione ha proposto di recente una strategia per migliorare il funzionamento dei mercati dell’energia nonché misure volte a rafforzare la politica industriale;

    § nuove norme per il rafforzamento della governance economica, segnatamente nella zona euro, sono in fase di applicazione (normativa “six-pack”), sono state approvate (trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance) o dovrebbero essere approvate prossimamente (normativa “two-pack”);

    § la Banca centrale europea ha adottato misure importanti per tutelare la stabilità finanziaria nella zona euro.

    Sono all’esame altre decisioni fondamentali che influiranno sul futuro dell’Europa:

    § dobbiamo ancora raggiungere un accordo globale sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020 dell’UE, indispensabile per ripristinare la crescita e la competitività in tutta Europa e conseguire i nostri obiettivi nell’ambito di Europa 2020;

    § sono all’esame misure importanti per rafforzare l’unione economica e monetaria (UEM). Parallelamente alla presente analisi, la Commissione presenta un piano per un’autentica UEM. Le questioni di cui sopra saranno discusse anche al Consiglio europeo del dicembre 2012.

    L’azione degli Stati membri deve basarsi sulle raccomandazioni specifiche annuali per paese adottate nel luglio 2012[4]. L’attuazione è oggetto di un dialogo costante fra gli Stati membri e la Commissione e i progressi saranno valutati in primavera. Come risulta dalla relazione del Parlamento europeo sul semestre europeo[5], il monitoraggio a livello di UE svolge un ruolo importante in termini di coordinamento e integrazione degli sforzi dei singoli Stati membri.

    Le priorità

    La presente analisi annuale della crescita definisce le priorità socioeconomiche dell’UE per il 2013 fornendo agli Stati membri e all’Unione orientamenti generali per l’attuazione delle loro politiche. L’analisi segna l’inizio del terzo semestre europeo per il coordinamento delle politiche, nel cui ambito i risultati e le politiche nazionali vengono esaminati collettivamente a livello di UE nella prima metà di ogni anno. Il Consiglio europeo pubblicherà orientamenti nel marzo 2013 e gli Stati membri dovranno presentare i programmi nazionali aggiornati per la metà di aprile 2013, dopo di che la Commissione formulerà le sue raccomandazioni specifiche per paese.

    L’obiettivo a breve termine è ripristinare la fiducia e stabilizzare la situazione economica e finanziaria, adottando parallelamente le riforme strutturali necessarie per porre le basi di una ripresa sostenibile e fonte di occupazione e consentire all’economia di trasformarsi a medio termine. Occorre agire ora, perché il processo di adeguamento sarà lungo.

    Basandosi sui segnali positivi secondo i quali le riforme già avviate stanno dando risultati, la Commissione ritiene che le priorità individuate nell’analisi dell’anno scorso rimangano sostanzialmente valide e che anche nel 2013 sia necessario concentrarsi, a livello nazionale e di UE, sulle cinque priorità seguenti:

    § portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita

    § ripristinare la normale erogazione di prestiti all’economia

    § promuovere la crescita e la competitività nell’immediato e per il futuro

    § lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi

    § modernizzare la pubblica amministrazione

    1. portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita

    Per effetto della crisi, in pochi anni il rapporto debito sovrano/PIL è salito in media dal 60% al 90% del PIL nella zona euro. Occorre ristrutturare con urgenza le finanze pubbliche per sostenere i regimi previdenziali e i servizi pubblici, limitare i costi del rifinanziamento per lo Stato e le altre autorità pubbliche ed evitare ricadute negative sul resto dell’economia, compreso un possibile contagio ad altri paesi. L’evoluzione demografica continuerà inoltre ad accentuare le pressioni sulla spesa connessa all’invecchiamento della popolazione. Va rivolta particolare attenzione alla politica di bilancio nella zona euro, dove l’incidenza delle politiche di bilancio nazionali non sostenibili sugli altri Stati membri è molto più forte che nel resto dell’Unione.

    La tendenza generale del risanamento di bilancio in atto indica che si stanno facendo progressi: i disavanzi pubblici nella zona euro dovrebbero scendere da una media di oltre il 6% del PIL nel 2010 a poco più del 3% nel 2012. Il debito pubblico dovrebbe raggiungere un picco del 94,5% circa l’anno prossimo nella zona euro e nel 2014 in tutta l’UE, per poi iniziare a calare in percentuale del PIL.

    Il risanamento di bilancio potrebbe avere un’incidenza negativa sulla crescita a breve termine. Questo effetto è in genere più accentuato durante le crisi finanziarie, quando le condizioni di finanziamento sono più rigorose anche per gli altri soggetti economici. Questo, tuttavia, non è l’unico fattore importante per la crescita: l’effetto moltiplicatore della politica di bilancio varia a seconda delle scelte fatte per quanto riguarda la composizione dell’aggiustamento. L’esperienza dimostra, ad esempio, che nei paesi in cui le aliquote fiscali e la quota della spesa pubblica rispetto al PIL sono relativamente elevate il risanamento di bilancio realizzato mediante una riduzione della spesa anziché attraverso un ulteriore aumento del gettito fiscale favorisce maggiormente la crescita a lungo termine. Tra il 2009 e il 2012 il risanamento di bilancio è stato realizzato utilizzando, in misura praticamente equivalente, misure riguardanti la spesa e le entrate: si stima che la spesa sia diminuita di 2 punti percentuali del PIL e che le entrate siano aumentate di 1,3 punti percentuali.

    Inoltre lo scenario alternativo, ciò il rinvio dell’aggiustamento di bilancio, sarebbe molto più costoso. Molti Stati membri non riescono a ottenere dai mercati finanziamenti sufficienti per soddisfare il proprio fabbisogno o lottano per contenere l’aumento dello spread sui propri titoli a causa dei dubbi circa la sostenibilità delle loro finanze pubbliche. Per ripristinare la fiducia degli investitori, ridurre i costi del rimborso del debito e creare un margine di manovra a livello di bilancio, questi paesi devono agire con determinazione, al ritmo opportuno, per riportare le finanze sulla via della sostenibilità. Gli effetti negativi sulla crescita possono essere attenuati, purché il risanamento di bilancio sia opportunamente strutturato. Il ripristino della sostenibilità di bilancio risulterà vantaggioso per i soggetti pubblici e privati di questi paesi e contribuirà alla stabilità finanziaria generale dell’UE.

    Dato che ogni Stato membro si trova in una posizione economica e di bilancio diversa, la Commissione raccomanda di modulare il risanamento di bilancio in funzione dei singoli paesi. In linea con il patto di stabilità e crescita, queste strategie dovrebbero concentrarsi sui progressi in termini strutturali, anziché su quelli puramente nominali, e comprendere una composizione dell’aggiustamento tale da sostenere sia la crescita che l’equità sociale. Questo approccio differenziato contribuisce anche al riaggiustamento degli squilibri delle partite correnti.

    Il patto di stabilità e crescita costituisce un quadro adeguato per un aggiustamento di bilancio flessibile ed efficiente. I traguardi di bilancio sono espressi in termini nominali, e per questo finiscono spesso in prima pagina. Il patto, tuttavia, pone l’accento sulla posizione di bilancio sottostante, il che spiega perché il processo di risanamento auspicato dal Consiglio sia espresso in termini strutturali[6]. Di conseguenza, se queste condizioni sono soddisfatte, si può concedere più tempo a uno Stato membro per correggere il suo disavanzo eccessivo ove una situazione economica peggiore del previsto gli impedisca di raggiungere l’obiettivo concordato. Nel 2012, ad esempio, il termine entro il quale Spagna e Portogallo dovevano riportare i rispettivi disavanzi pubblici al di sotto del 3% del PIL è stato prorogato di un anno, fino al 2014. Una volta corretti i disavanzi eccessivi, gli Stati membri dovrebbero raggiungere il loro obiettivo di bilancio a medio termine, mantenendo quindi le finanze pubbliche a livelli sostenibili.

    Gli Stati membri che non hanno più accesso al mercato per il rifinanziamento del loro debito devono procedere rapidamente al risanamento di bilancio per riconquistare con urgenza la fiducia degli investitori. Una concentrazione degli sforzi, in linea con i programmi di aggiustamento economico, renderà inoltre più agevole la necessaria correzione degli squilibri macroeconomici, come dimostra l’aggiustamento positivo in atto in Irlanda, Portogallo e Romania. In Grecia, tuttavia, il processo è risultato più lungo e costoso per una combinazione di fattori, tra cui la persistente incertezza in merito all’attuazione del programma.

    Negli Stati membri con un maggior margine di manovra gli stabilizzatori automatici possono svolgere il proprio ruolo, in linea con il patto. Il ritmo del risanamento può sostenere la crescita, ma gli Stati membri devono tener presenti i rischi di bilancio che potrebbero derivare da un rinvio del processo in considerazione degli elevati livelli del debito, della prospettiva di un invecchiamento della popolazione e del potenziale di crescita relativamente basso in determinati paesi, nonché tener conto delle conseguenze negative risultanti da un cambiamento del clima di mercato.

    La Commissione continuerà a seguire con attenzione l’andamento dell’economia reale. Le prossime previsioni invernali della Commissione, previste per l’inizio dell’anno prossimo, indicheranno in particolare se gli Stati membri stanno seguendo il percorso concordato per la riduzione del loro disavanzo strutturale e se sia eventualmente opportuno modificare il termine per la correzione dei disavanzi eccessivi, nel pieno rispetto dello spirito e della lettera del patto di stabilità e crescita.

    Il risanamento delle finanze pubbliche è un processo che richiede molto tempo. Una governance forte a livello di UE e quadri di bilancio nazionali solidi, come previsto dalla normativa dell’Unione, contribuiranno a consolidare progressivamente questi sforzi. Questo comporta l’introduzione di regole di bilancio numeriche, il ricorso a istituzioni di bilancio indipendenti e una pianificazione a medio termine, con un monitoraggio multilaterale dei progressi.

    È indispensabile valutare l’efficienza e l’efficacia globali della spesa nei bilanci statali. Sebbene la situazione sia diversa a seconda dei paesi, la Commissione ha raccomandato di operare i tagli in modo selettivo, così da preservare il potenziale di crescita e le reti previdenziali di base. La Commissione ritiene in particolare che:

    § gli investimenti nell’istruzione, nella ricerca, nell’innovazione e nell’energia debbano essere considerati prioritari e venire potenziati, nella misura del possibile, garantendo nel contempo l’efficacia di questa spesa. Va rivolta particolare attenzione anche al mantenimento o al rafforzamento della copertura e dell’efficacia dei servizi per l’occupazione e delle politiche attive del mercato del lavoro quali la formazione per i disoccupati e i regimi di garanzie per i giovani;

    § si debba proseguire la modernizzazione dei regimi previdenziali per garantirne l’efficacia, l’adeguatezza e la sostenibilità. Occorre intensificare le riforme dei sistemi pensionistici per allineare l’età pensionabile alla speranza di vita, limitare l’accesso ai regimi di prepensionamento e consentire l’allungamento della vita lavorativa. Le sfide demografiche e le pressioni sulla spesa connessa all’invecchiamento impongono inoltre di riformare i sistemi sanitari per renderli sostenibili ed efficaci in termini di costi, valutandone i risultati in funzione del duplice obiettivo di utilizzare meglio le risorse pubbliche e di assicurare un’assistenza sanitaria di qualità.

    Per quanto riguarda le entrate dei bilanci statali, le recenti tendenze indicano che molti Stati membri hanno aumentato le imposte sul reddito delle persone fisiche e/o le aliquote IVA[7]. C’è ancora margine, tuttavia, sia per spostare l’onere fiscale complessivo verso basi imponibili meno nocive per la crescita e la creazione di posti di lavoro che per rendere i sistemi tributari più efficienti, competitivi ed equi. Questo richiede l’adozione di un pacchetto legislativo che garantisca un’equa ridistribuzione e sia modulato in funzione della situazione dei singoli Stati membri. Per questo motivo, la Commissione raccomanda di:

    § ridurre considerevolmente l’onere fiscale sull’occupazione nei paesi dove è relativamente elevato e ostacola la creazione di posti di lavoro. Per garantire riforme neutre in termini di entrate, si potrebbero aumentare, ad esempio, le imposte sul consumo, le imposte patrimoniali ricorrenti e le imposte ambientali;

    § per ottenere introiti supplementari, ampliare preferibilmente le basi imponibili anziché innalzare le aliquote o introdurre nuove imposte. Occorre ridurre o eliminare le esenzioni fiscali, le aliquote IVA ridotte o le esenzioni dalle accise e abolire progressivamente le sovvenzioni che hanno ripercussioni negative sull’ambiente[8]. L’adempimento fiscale deve essere migliorato attraverso un’azione sistematica volta a ridurre l’economia sommersa, combattere l’evasione fiscale[9] e rendere più efficiente l’amministrazione tributaria;

    § ridurre la tendenza dell’imposta sul reddito delle imprese a privilegiare il finanziamento tramite debito;

    § riformare la tassazione dei beni immobili e degli alloggi per scongiurare altri rischi finanziari nel settore, rivedendo in particolare gli aspetti dei regimi fiscali che aggravano l’indebitamento delle famiglie, di norma tramite agevolazioni fiscali per i mutui ipotecari.

    La maggior parte di queste misure è contemplata in dettaglio nelle raccomandazioni specifiche per paese, integrate da verifiche inter pares a livello di UE per esaminare i progressi e le migliori pratiche. Ora si tratta di metterle in pratica.

    2. Ripristinare l’erogazione di prestiti all’economia

    La crisi ha avuto ripercussioni durature sulla situazione finanziaria di molti soggetti pubblici e privati, minando la fiducia degli investitori e degli erogatori di prestiti e compromettendo l’efficacia del settore finanziario. Le tensioni sui mercati del debito sovrano hanno alimentato quelle nel settore finanziario e viceversa, creando seri problemi di finanziamento per molti sottoscrittori di prestiti e provocando la frammentazione del sistema finanziario lungo i confini nazionali, il che ha circoscritto le attività finanziarie ai mercati nazionali. Il fatto che per molte imprese e famiglie desiderose di investire l’accesso ai finanziamenti sia diventato limitato o oneroso ha frenato notevolmente la ripresa in tutta Europa. Al tempo stesso, gli elevati livelli di indebitamento impongono a molti operatori economici di ridurre l’esposizione finanziaria o di aumentare il risparmio. A breve termine questo “deleveraging” può anche frenare la ripresa. I problemi sono particolarmente seri negli Stati membri vulnerabili della zona euro.

    A livello di UE si stanno prendendo provvedimenti per scongiurare i rischi per il settore finanziario e ovviare alle carenze preesistenti dei nostri sistemi di regolamentazione e vigilanza:

    § si è fatto uno sforzo coordinato per valutare i rischi del settore bancario e ricapitalizzare le banche. La rilevazione delle perdite e il risanamento dei bilanci delle banche sono fondamentali per migliorare la fiducia nei mercati e devono essere portati a termine senza indugio;

    § le nuove autorità di vigilanza dell’UE istituite nel gennaio 2011 stanno elaborando un corpus unico di norme per rafforzare il quadro giuridico applicabile agli enti finanziari. Occorre raggiungere rapidamente un accordo sulle proposte della Commissione relative al capitale e alla liquidità delle banche, ai sistemi di garanzia dei depositi e alla risoluzione bancaria onde disporre di un quadro più coerente per la prevenzione e la gestione delle crisi finanziarie;

    § il monitoraggio dei livelli del debito privato e dei rischi finanziari connessi, come le bolle immobiliari, è diventato più rigoroso grazie al Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB) e alla nuova procedura dell’UE per ovviare agli squilibri macroeconomici;

    § fra le tappe fondamentali per il rafforzamento dell’unione economica e monetaria la Commissione ha proposto un’unione bancaria, comprendente un meccanismo di vigilanza unico posto sotto l’autorità della Banca centrale europea, per integrare ulteriormente la vigilanza delle banche a livello di UE. La creazione di questo meccanismo permetterà inoltre al meccanismo europeo di stabilità di ricapitalizzare direttamente le banche che non riescono a ottenere capitali sui mercati.

    A livello nazionale, gli Stati membri possono fare di più per promuovere fonti di finanziamento alternative, aumentare la liquidità e ridurre la tradizionale dipendenza delle imprese dai finanziamenti bancari, ad esempio:

    § incentivando nuove fonti di capitale, compresi i prestiti fra imprese, offrendo maggiori possibilità di emettere obbligazioni societarie e agevolando l’accesso al venture capital;

    § riducendo i ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni, la cui durata media si è ulteriormente allungata durante la crisi imponendo alle PMI un onere supplementare in un contesto imprenditoriale già difficile. La direttiva UE sui ritardi di pagamento, che deve essere recepita entro marzo 2013, ridurrà i termini a 30 giorni e aumenterà il risarcimento per i ritardi di pagamento;

    § sviluppando il ruolo delle banche e degli organismi di garanzia pubblici nel finanziamento delle PMI, perché possono coprire alcuni dei rischi assunti dagli investitori privati e compensare la mancanza di equità o le piccole dimensioni delle imprese da finanziare, anche attraverso nuove forme di cartolarizzazione;

    § sostenendo i regimi innovativi, ad esempio regimi pubblici che consentano alle banche di contrarre prestiti a tassi inferiori se aumentano l’erogazione di crediti a lungo termine alle imprese o erogano crediti meno onerosi e più accessibili alle PMI;

    § adottando un approccio equilibrato alle procedure di esecuzione forzata in caso di prestito ipotecario, tutelando le famiglie vulnerabili ed evitando al tempo stesso di gravare eccessivamente sui bilanci delle banche. Queste misure comprendono anche l’introduzione di regimi in materia di insolvenza delle persone fisiche che permettano di modificare le condizioni dei prestiti ipotecari per evitare le esecuzioni forzate.

    È altresì importante utilizzare appieno gli strumenti finanziari già esistenti o nuovi dell’UE per mobilitare investimenti mirati, in particolare nelle infrastrutture chiave:

    § la Banca europea per gli investimenti (BEI) riceverà altri 10 miliardi di EUR e potrà quindi fornire finanziamenti supplementari per 60 miliardi di EUR nei prossimi tre o quattro anni, mobilitando inoltre un importo tre volte superiore presso altre fonti di finanziamento;

    § i project bond sono un nuovo strumento fondamentale di condivisione del rischio che permette di sbloccare finanziamenti privati, provenienti ad esempio da imprese di assicurazione e fondi pensioni, a integrazione dei prestiti bancari tradizionali. Diversi progetti sono giunti a uno stadio avanzato di preparazione da parte della BEI;

    § nell’ambito del patto per la crescita e l’occupazione, la Commissione continua a lavorare con gli Stati membri per riprogrammare e accelerare l’uso dei fondi strutturali UE a sostegno della crescita, soprattutto per le PMI. Gli Stati membri sono inoltre invitati a indicare nei programmi nazionali di riforma come intendono utilizzare i fondi strutturali per promuovere priorità favorevoli alla crescita per la prossima serie di programmi (2014-2020). Occorre utilizzare appieno anche gli strumenti del programma per la competitività e l’innovazione, che hanno già mobilitato 2,1 miliardi di euro di fondi di venture capital e fornito 11,6 miliardi di EUR di prestiti alle PMI.

    3. promuovere la crescita e la competitività nell’immediato e per il futuro

    La crisi sta accelerando i cambiamenti nell’economia, dove alcuni settori più tradizionali sono particolarmente colpiti e altri più recenti hanno difficoltà a svilupparsi. Il rapido ritmo della ristrutturazione rende difficile il processo, ma permette al tempo stesso di sfruttare nuove fonti di crescita e di occupazione[10]. Questi aggiustamenti integrano, e spesso correggono, i problemi di competitività a più lungo termine presenti in molte delle nostre economie. La relazione sul meccanismo di allerta adottata parallelamente alla presente analisi indica che l’andamento della competitività di prezzo e di altra natura contribuisce positivamente a ridurre gli squilibri esterni, anche se con alcuni ritardi. Gli Stati membri oggetto di intense pressioni di mercato hanno intrapreso riforme di ampia portata, ma occorre fare di più per migliorare la competitività interna ed esterna in un gran numero di essi.

    Come spiegato nelle raccomandazioni specifiche per paese, non esiste un programma di riforme valido per tutti, ma si può prendere spunto da obiettivi comuni, una serie di riforme da prendere in considerazione e molti esempi di migliori pratiche, anche tra i paesi europei che sono leader in questo campo a livello mondiale. Alcune riforme possono non dare risultati prima di un certo lasso di tempo, mentre altre possono rivelarsi di efficacia più immediata.

    Occorre garantire determinate condizioni generali a livello nazionale sulla base delle seguenti priorità:

    § stimolare l’innovazione, promuovere le nuove tecnologie e aumentare gli investimenti pubblici e privati nella R&S. Un sostegno mirato da parte delle autorità pubbliche e una maggiore concorrenza per ottenere sovvenzioni alla ricerca daranno un contributo importante al riguardo;

    § migliorare l’efficienza dei sistemi di istruzione e formazione e il livello generale delle competenze, collegando più strettamente il mondo del lavoro e l’istruzione;

    § migliorare il contesto imprenditoriale semplificando le formalità necessarie per creare un’impresa nonché le procedure di concessione delle autorizzazioni e delle licenze e di adempimento fiscale e riducendo gli oneri amministrativi globali per le imprese. Occorre rimuovere in particolare gli ostacoli che frenano le attività in settori fonte di occupazione quali l’edilizia, i servizi alle imprese, la logistica, il turismo e il commercio all’ingrosso;

    § sfruttare il potenziale dell’economia verde creando un quadro normativo prevedibile e favorendo l’affermarsi di nuovi mercati e tecnologie. Programmi più ambiziosi di ristrutturazioni ad alta efficienza energetica, che tengano conto anche dei requisiti specificati nella direttiva UE sull’efficienza energetica, possono consentire risparmi notevoli e creare un gran numero di posti di lavoro, oltre a comportare effetti positivi per l’ambiente. Anche una migliore gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e un riciclaggio più efficace possono essere una notevole fonte di occupazione, contribuendo inoltre a garantire l’approvvigionamento delle scarse risorse e materie disponibili.

    Il mercato unico europeo offre notevoli opportunità per lo sviluppo delle imprese e il miglioramento dei servizi e dei prodotti proposti ai consumatori. Gli effetti positivi nel terziario potrebbero essere notevoli se gli Stati membri miglioreranno l’attuazione della direttiva sui servizi:

    § rispettando l’obbligo di abolire le restrizioni basate sulla cittadinanza o sulla residenza del prestatore di servizi;

    § riesaminando la necessità e la proporzionalità della regolamentazione dei servizi professionali, in particolare le tariffe fisse, e le limitazioni applicate alle strutture societarie e alla detenzione del capitale;

    § rivedendo l’applicazione della clausola sulla libera prestazione dei servizi per eliminare la doppia regolamentazione ingiustificata in settori quali l’edilizia, i servizi alle imprese e il turismo e garantire la trasparenza per quanto riguarda i prezzi dei servizi sanitari;

    § rafforzando la concorrenza nel settore del commercio al dettaglio attraverso la riduzione delle restrizioni operative, in particolare l’eliminazione dei test di verifica della necessità economica.

    L’efficienza delle industrie di rete in tutta Europa ha avuto un effetto trainante sul resto dell’economia e può essere notevolmente migliorata:

    § offrendo opportuni incentivi per accelerare la diffusione nazionale dell’infrastruttura Internet ad alta velocità e lo sviluppo del traffico mobile di dati. I governi devono liberare bande di frequenza per la banda larga senza fili;

    § garantendo il recepimento e l’applicazione integrali del terzo pacchetto sull’energia, in particolare disaggregando le reti, garantendo l’indipendenza e i poteri necessari agli enti regolatori, eliminando gradatamente i prezzi regolamentati dell’energia e tutelando, al tempo stesso, i consumatori vulnerabili;

    § accelerando l’attuazione del Cielo unico europeo attraverso la riduzione della frammentazione della gestione del traffico aereo e il miglioramento dell’organizzazione dello spazio aereo;

    § aprendo alla concorrenza i servizi nazionali di trasporto ferroviario di passeggeri attraverso un pari accesso alle infrastrutture;

    § integrando meglio i porti nella catena logistica mediante l’eliminazione degli ostacoli all’ingresso per i servizi portuali;

    § eliminando le rimanenti restrizioni al cabotaggio per conciliare meglio l’offerta e la domanda nel settore del trasporto internazionale;

    § applicando, in linea con la direttiva sul commercio elettronico, norme armonizzate riguardanti la trasparenza e gli obblighi in materia di informazione per imprese e consumatori.

    La realizzazione degli obiettivi fissati a livello di UE da parte degli organismi di normazione nazionali, specie per quanto riguarda il passaggio dagli standard nazionali a quelli europei, migliorerebbe considerevolmente il funzionamento dei mercati dei prodotti. Occorre utilizzare appieno la notifica delle norme tecniche per i prodotti e i servizi nel campo delle TIC onde facilitarne la circolazione nel mercato unico.

    4. lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi

    Negli ultimi dodici mesi il numero dei disoccupati è salito di 2 milioni, superando i 25 milioni. Il tasso di disoccupazione è del 10,6% nell’UE e dell’11,6% nella zona euro. La disoccupazione di lunga durata è in aumento e quasi un disoccupato su due è senza lavoro da più di un anno. La situazione varia notevolmente tra un paese europeo e l’altro, con tassi di disoccupazione nazionali che vanno in media da meno del 5% a più del 25%. I giovani sono la categoria più colpita, con tassi di disoccupazione che in alcuni paesi superano il 50%[11], ma il fenomeno interessa anche altre fasce di età.

    Vista la lunghezza dei periodi di disoccupazione, la rapida ristrutturazione dell’economia e la difficoltà di trovare lavoro, si rischia che la disoccupazione diventi sempre più strutturale e che sempre più persone che si ritirino dal mercato del lavoro[12]. In molti Stati membri, inoltre, si delinea chiaramente un aumento dei rischi di povertà ed esclusione sociale[13]. Le pressioni supplementari sui sistemi di protezione sociale ne compromettono anche la capacità di svolgere il loro ruolo in termini di welfare.

    Le scarse prospettive di crescita e il lasso di tempo che intercorre tra la ripresa economica e quella sul mercato del lavoro escludono un miglioramento immediato o automatico della situazione occupazionale. Questo costituisce un grave problema sia per l’UE nel suo insieme che per i paesi più colpiti e richiede un’azione più decisa delle autorità pubbliche e delle parti sociali.

    All’impatto della crisi attuale si aggiunge la sfida posta dalla tendenza strutturale all’invecchiamento e, prossimamente, alla diminuzione della popolazione in età lavorativa. La politica che consiste nel favorire il prepensionamento dei lavoratori più anziani nella speranza che al loro posto siano assunti giovani deve essere abbandonata, perché in passato si è rivelata sostanzialmente inefficace e molto costosa.

    Malgrado gli elevati tassi di disoccupazione, si riscontrano anche una carenza di personale qualificato e una scarsa corrispondenza fra offerta e domanda di lavoro in determinate regioni o settori. È tuttora prioritario e urgente aumentare la partecipazione al mercato del lavoro, migliorare le competenze e facilitare la mobilità.

    Sono in atto riforme ambiziose in tutta Europa. I paesi che subiscono pressioni finanziarie hanno adottato misure per facilitare un’organizzazione flessibile del lavoro nelle imprese, ridurre le indennità di fine rapporto per i contratti standard e semplificare le procedure di licenziamento individuale o collettivo. Sono state adottate anche misure per rendere più flessibile la fissazione dei salari, quali l’agevolazione del ritiro delle imprese dai contratti collettivi di più alto livello e il riesame degli accordi salariali.

    Preparare una ripresa fonte di occupazione

    È indispensabile adoperarsi con maggiore impegno per migliorare la resilienza del mercato del lavoro e investire nel capitale umano onde agevolare le assunzioni e l’adattamento da parte delle imprese e consentire a un maggior numero di persone di rimanere in attività e di cogliere le opportunità esistenti. Le parti sociali sono chiamate a svolgere un ruolo importante a fianco delle autorità pubbliche. Per questo motivo, la Commissione raccomanda in particolare di:

    § limitare l’onere fiscale sull’occupazione, in particolare per le persone con basse retribuzioni. Per promuovere la creazione di posti di lavoro si potrebbero prendere in considerazione riduzioni temporanee dei contributi previdenziali o dei regimi di sovvenzione all’occupazione per i nuovi assunti, in particolare quelli poco qualificati e i disoccupati di lunga durata, perché siano mirate;

    § continuare a modernizzare i mercati del lavoro semplificando la normativa sull’occupazione e sviluppando l’organizzazione flessibile del lavoro, compresi regimi di riduzione dell’orario lavorativo e ambienti di lavoro che permettano di prolungare la vita attiva. La riduzione dei divari in termini di tutela dell’occupazione fra i diversi tipi di contratti di lavoro dovrebbe contribuire anche a ridurre la segmentazione del mercato occupazionale e il lavoro non dichiarato in diversi paesi. Occorre valutare l’incidenza dei sussidi di disoccupazione per garantire l’applicazione di criteri adeguati per quanto riguarda l’ammissibilità e requisiti efficaci per la ricerca di un impiego;

    § valutare l’incidenza dei sistemi di fissazione dei salari, in particolare i meccanismi di indicizzazione, modificandoli se necessario, nel rispetto delle prassi di consultazione nazionali, perché rispecchino meglio l’andamento della produttività e favoriscano la creazione di posti di lavoro. È importante che nel fissare i livelli salariali minimi si trovi un giusto equilibrio fra la creazione di posti di lavoro e un reddito adeguato;

    § sfruttare il potenziale dei settori in espansione, come l’economia verde, la sanità e le TIC, attraverso un quadro giuridico affidabile e orientato al futuro, lo sviluppo di competenze adeguate e un sostegno pubblico mirato[14].

    Innalzare i livelli di occupabilità, in particolare per i giovani

    Al tempo stesso, gli Stati membri devono fare di più per lottare contro la disoccupazione, migliorare l’occupabilità e favorire l’ingresso o il reinserimento nel mercato del lavoro, in particolare per i disoccupati di lunga durata e i giovani, attraverso misure volte a:

    § potenziare i servizi di collocamento pubblici e le misure attive per il mercato del lavoro, tra cui il miglioramento delle competenze, un’assistenza personalizzata per la ricerca di un impiego, un sostegno all’imprenditoria e al lavoro autonomo e programmi a favore della mobilità. Nonostante le risorse supplementari destinate a queste attività e gli sforzi compiuti per migliorarne l’efficienza, il sostegno fornito non è sufficiente considerato il numero di persone ufficialmente in cerca di lavoro registrato in diversi paesi;

    § lottare contro l’abbandono scolastico e facilitare il passaggio dalla scuola al mondo de lavoro sviluppando tirocini, apprendistati e sistemi di apprendimento duale (istruzione classica più esperienza pratica sul posto di lavoro) di qualità; migliorare le competenze imprenditoriali per favorire la creazione di nuove imprese e innalzare i livelli di occupabilità dei giovani[15];

    § sviluppare e attuare regimi di garanzie per i giovani che assicurino a tutti i giovani di meno di 25 anni un’offerta di lavoro, formazione continua, apprendistato o tirocinio entro quattro mesi dal termine dell’istruzione formale o dall’inizio della disoccupazione. Questi regimi possono essere cofinanziati dal Fondo sociale europeo[16];

    § agevolare la partecipazione al mercato del lavoro e l’accesso all’occupazione per le persone che costituiscono la seconda fonte di reddito familiare attraverso incentivi fiscali e l’offerta di strutture per l’infanzia accessibili e di qualità;

    § agevolare l’accesso ai sistemi di formazione permanente, anche per i lavoratori più anziani, potenziando i partenariati fra gli istituti pubblici e privati che consentono di acquisire, applicare e aggiornare competenze specifiche;

    § migliorare il collegamento fra i sistemi di istruzione e di formazione permanente e le esigenze del mercato del lavoro. Nel contesto attuale, possono rivelarsi di particolare efficacia i titoli di ciclo breve (due anni) dell’istruzione superiore e i programmi di mobilità mirati;

    § favorire la mobilità professionale transfrontaliera eliminando gli ostacoli giuridici e agevolando il riconoscimento delle qualifiche e dell’esperienza professionale. La cooperazione fra i servizi di collocamento deve essere rafforzata e la piattaforma EURES può costituire il punto di partenza per una maggiore integrazione del mercato occupazionale europeo.

    Promuovere l’inclusione sociale e lottare contro la povertà

    Queste misure devono essere completate da ulteriori sforzi per garantire che i sistemi di protezione sociale contrastino efficacemente gli effetti della crisi, promuovere l’inclusione sociale e lottare contro la povertà:

    § vanno elaborate strategie di inclusione attiva, comprendenti un sostegno efficiente e adeguato al reddito, misure di lotta alla povertà, anche infantile, e un ampio accesso a servizi economicamente accessibili e di qualità, come i servizi sociali e sanitari, le strutture per l’infanzia, gli alloggi e l’approvvigionamento energetico;

    § occorre rafforzare il collegamento tra assistenza sociale e misure di attivazione, attraverso servizi più personalizzati (“sportello unico”) e maggiori sforzi per migliorare l’accettazione delle misure da parte dei gruppi vulnerabili. Quando il mercato del lavoro si sarà ripreso, sarà importante eliminare gradatamente le misure connesse alla crisi, pur salvaguardando le reti di sicurezza essenziali.

    5. modernizzare la pubblica amministrazione

    La pressione esercitata sulle finanze pubbliche ha impresso un ulteriore impulso alla modernizzazione della pubblica amministrazione. Nell’Unione europea la spesa pubblica rappresenta quasi il 50% del PIL e il settore pubblico contribuisce per circa il 17% all’occupazione complessiva.

    Nel corso degli anni molti Stati membri hanno adottato misure per migliorare, da un lato, l’efficienza dei servizi pubblici e, dall’altro, la trasparenza e la qualità della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario. Queste riforme, la cui portata è stata particolarmente ampia nei paesi in difficoltà finanziarie, comprendono la riorganizzazione delle amministrazioni locali e centrali, la razionalizzazione del sistema retributivo del settore pubblico e della gestione delle imprese di Stato, la riforma degli appalti pubblici, riesami regolari della spesa globale e la promozione di misure volte a promuovere l’efficienza in tutto il settore pubblico, come un maggiore uso di servizi e soluzioni informatiche comuni. In diversi casi gli Stati membri e la Commissione hanno collaborato mediante la prestazione o lo scambio di assistenza tecnica.

    Diverse misure menzionate più sopra, come il recepimento integrale e corretto del diritto dell’UE, l’efficienza dei sistemi di riscossione delle imposte e dei sistemi sanitari, la necessità di ridurre i ritardi di pagamento e il ruolo dei servizi di collocamento pubblici, possono avere notevoli effetti positivi e devono proseguire. La Commissione ritiene inoltre che sia possibile contribuire utilmente alla crescita:

    § applicando una sana gestione finanziaria per sfruttare appieno le possibilità offerte dagli appalti pubblici a sostegno della concorrenza di mercato e sviluppando gli appalti elettronici in tutto il mercato unico. Oltre a rafforzare l’efficienza e l’equità, queste azioni contribuiscono a combattere la corruzione;

    § semplificando il quadro normativo per le imprese e riducendo gli oneri amministrativi e la burocrazia, specialmente a livello nazionale;

    § garantendo la digitalizzazione generalizzata e interoperabile della pubblica amministrazione, onde promuovere procedure di agevole applicazione per i prestatori e i beneficiari di servizi, nonché la semplificazione amministrativa e la trasparenza. È di particolare importanza in tale contesto l’interoperabilità transfrontaliera dei servizi e dei centri di ricerca on-line in tutta l’UE;

    § migliorando la qualità, l’indipendenza e l’efficienza dei sistemi giudiziari, garantendo la conclusione dei procedimenti giudiziari entro tempi ragionevoli e promuovendo l’uso di meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie. Questo dovrebbe ridurre i costi per le imprese e rendere il paese più attraente per gli investitori stranieri;

    § utilizzando meglio i fondi strutturali UE compiendo quest’anno maggiori sforzi in termini di capacità amministrativa per accelerare l’erogazione dei fondi inutilizzati.

    Conclusioni

    L’economia dell’Unione sta emergendo lentamente dalla peggiore crisi finanziaria ed economica mai vissuta da decenni. La situazione di partenza differisce a seconda degli Stati membri, poiché la natura e l’entità delle sfide non sono le stesse e il ritmo delle riforme varia. La situazione rimane fragile. Le riforme sono ancora in corso, così come aggiustamenti importanti, ma certi segnali fanno sperare in una ripresa nel corso dell’anno prossimo. Negli Stati membri che hanno avviato profonde riforme si iniziano a vedere i primi risultati, con una riduzione degli squilibri e un aumento della competitività.

    Questo processo mira non soltanto a far ripartire la crescita, ma anche a porre le basi per una diversa qualità della crescita dopo la crisi. Le riforme strutturali a livello nazionale e di UE devono migliorare la competitività dell’Unione su scala mondiale, favorendo la crescita a livello interno attraverso attività sostenibili e atte a dotarla delle politiche e degli strumenti necessari per garantire un futuro prospero, inclusivo ed efficiente sotto il profilo delle risorse. La solidarietà e la giustizia, all’interno dei singoli paesi e in tutta Europa, saranno fondamentali perché gli sforzi compiuti siano accettabili dal punto di visto politico e sociale e comportino vantaggi per tutti.

    Sono già state prese molte decisioni importanti a livello dell’UE e dei singoli Stati membri. Ora si deve proseguire con determinazione su questa via e attuare quanto è stato concordato. Per ripristinare la fiducia e far ripartire la crescita, è altrettanto indispensabile mantenere il ritmo delle riforme, in particolare nei seguenti settori:

    · occorre risanare le finanze pubbliche per ripristinarne la sostenibilità. Questo aspetto è importante non solo per rassicurare gli investitori a breve termine, ma anche per soddisfare le necessità di una società che sta invecchiando e preservare le prospettive delle generazioni future. Il ritmo e la natura del risanamento di bilancio possono variare: alcuni Stati membri devono ridurre rapidamente i disavanzi, mentre altri dispongono di un maggior margine di manovra. Gli eventuali effetti negativi sulla crescita a breve termine possono essere attenuati attraverso opportune misure riguardanti la spesa e le entrate dei bilanci statali;

    · occorre proseguire il risanamento del settore finanziario per continuare a ripristinare la stabilità finanziaria e migliorare le condizioni di finanziamento per l’economia, anche attraverso fonti di finanziamento alternative. A livello di UE occorre progredire ulteriormente verso la costruzione di un quadro di vigilanza integrato e il rafforzamento del quadro giuridico applicabile agli enti finanziari;

    · occorre rafforzare le riforme strutturali per promuovere la crescita e la competitività. Sono ancora molte le misure che possono essere prese in considerazione a livello nazionale e la normativa dell’UE può fungere da catalizzatore nel processo di cambiamento. Si possono trarre preziosi insegnamenti dalle migliori pratiche degli Stati membri e dei paesi terzi;

    · la situazione del mercato del lavoro e la congiuntura sociale richiedono un intervento immediato. Elementi centrali di questa strategia sono l’intensificazione delle politiche attive del mercato del lavoro, il potenziamento e il miglioramento dei servizi di collocamento pubblici, la semplificazione della normativa sull’occupazione e la garanzia che l’andamento salariale sostenga la creazione di posti di lavoro. Occorre rivolgere particolare attenzione alla situazione dei giovani e moltiplicare gli sforzi per promuovere l’inclusione sociale e combattere la povertà potenziando le reti di sicurezza essenziali;

    · per attuare le strategie di crescita a livello nazionale e di UE occorrono pubbliche amministrazioni efficaci. Si può fare di più in termini di modernizzazione, ad esempio nel campo degli appalti pubblici e dell’informatizzazione della pubblica amministrazione, migliorando inoltre la qualità e l’indipendenza dei sistemi giudiziari e l’uso efficace ed efficiente dei fondi strutturali UE.

    Gli orientamenti contenuti nella presente analisi annuale della crescita saranno discussi a livello di UE per preparare il Consiglio europeo di primavera che si svolgerà in marzo e contribuire all’elaborazione della serie aggiornata di programmi nazionali e di raccomandazioni specifiche per paese. La Commissione collaborerà strettamente con le autorità nazionali, compresi i parlamenti, le istituzioni dell’UE e le altre parti interessate per creare un senso di titolarità comune e orientare i progressi, nell’ambito di uno sforzo più ampio a livello di Unione per uscire dalla crisi e porre le basi per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in tutta l’Unione.

    [1]               Per ulteriori informazioni sulla situazione economica e occupazionale, si vedano le previsioni economiche autunnali della Commissione pubblicate il 7 novembre 2012 e i documenti allegati alla presente analisi.

    [2]               Per una valutazione dei progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Europa 2020 si veda: “Europe 2020 Strategy – towards a smarter, greener and more inclusive EU economy?”, Eurostat, Statistics in focus, 39/2012.

    [3]               Parallelamente alla presente analisi, la Commissione adotta anche la seconda relazione sul meccanismo di allerta (COM(2012)751), in cui vengono individuati gli squilibri macroeconomici.

    [4]               Le raccomandazioni specifiche per paese sono disponibili al seguente indirizzo:    http://ec.europa.eu/europe2020/making-it-happen/country-specific-recommendations/index_en.htm

    [5]               Parlamento europeo, “Relazione sul semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche: realizzazione delle priorità del 2012” [2012/2150(INI)], ottobre 2012.

    [6]               Il saldo di bilancio è espresso in termini strutturali quando viene corretto per l’incidenza del ciclo economico e delle misure una tantum/temporanee.

    [7]               Commissione europea, “Tax reforms in EU Member States 2012”, Economia europea, 6/2012.

    [8]               Nel 2013 gli Stati membri inizieranno anche a ricevere nuove entrate provenienti dalle vendite all’asta delle quote di emissione nell’ambito della terza fase del sistema europeo di scambio di quote di emissioni.

    [9]               La Commissione presenterà prossimamente un piano d’azione per rafforzare la lotta contro la frode e l’evasione fiscale unitamente a orientamenti per garantire la buona governance in campo tributario.

    [10]             La prima edizione della relazione sull’integrazione del mercato unico (COM(2012)752) allegata alla presente analisi contiene esempi di fonti di crescita non sfruttate. Ulteriori informazioni in proposito figurano nel prossimo studio della Commissione dal titolo “The cost of non-Europe: the untapped potential of the Single Market".

    [11]             Negli ultimi dodici mesi la Commissione ha creato gruppi di intervento (action team) per aiutare i paesi con i tassi più elevati di disoccupazione giovanile a riprogrammare i fondi UE per sostenere le possibilità di formazione e di occupazione a favore dei giovani. I primi risultati sono disponibili al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/president/pdf/council_dinner/youth_action_team_en.pdf

    [12]             Il progetto di relazione comune sull’occupazione allegato alla presente analisi contiene informazioni più dettagliate al riguardo.

    [13]             Dal 2008 il numero delle persone a rischio di povertà e di esclusione sociale è aumentato in 13 dei 23 Stati membri per i quali erano disponibili dati nel 2011.

    [14]             La Commissione ha spiegato come sfruttare questo potenziale nella comunicazione dal titolo “Verso una ripresa fonte di occupazione” (COM(2012)173) del 18 aprile 2012.

    [15]             Il 20 novembre 2012 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “Ripensare l’istruzione” (COM (2012) 669).

    [16]             La Commissione presenterà prossimamente un “pacchetto sull’occupazione giovanile”.

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