Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52004DC0257

    Comunicazione della Commissione - Parere sulla domanda di adesione della Croazia all'Unione europea

    /* COM/2004/0257 def. */

    52004DC0257

    Comunicazione della Commissione - Parere sulla domanda di adesione della Croazia all'Unione europea /* COM/2004/0257 def. */


    COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE - Parere sulla domanda di adesione della Croazia all'Unione europea

    INDICE

    A. INTRODUZIONE

    a) Preambolo

    b) Relazioni tra l'UE e la Croazia

    B. CRITERI DI ADESIONE

    1. Criteri politici

    1.1. Democrazia e Stato di diritto

    1.1.1. Il Parlamento

    1.1.2. Il potere esecutivo

    1.1.3. Il settore giudiziario

    1.1.4. Misure anticorruzione

    1.2. Diritti umani e tutela delle minoranze

    1.2.1. Diritti civili e politici

    1.2.2. Diritti economici, sociali e culturali

    1.2.3. Diritti delle minoranze, tutela delle minoranze e profughi

    1.3. Altri obblighi definiti nelle conclusioni del Consiglio UE del 29 aprile 1997

    1.3.1. Cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (TPII)

    1.3.2. Cooperazione regionale

    1.4. Valutazione generale

    2. Criteri economici

    2.1 Sviluppi economici

    2.2 Valutazione in base ai criteri di Copenaghen

    2.3 Valutazione generale

    3. Capacità di assumere gli obblighi che comporta l'adesione

    Capitolo 1: Libera circolazione delle merci

    Capitolo 2: Libera circolazione delle persone

    Capitolo 3: Libera prestazione dei servizi

    Capitolo 4: Libera circolazione dei capitali

    Capitolo 5: Diritto societario

    Capitolo 6: Politica di concorrenza

    Capitolo 7: Agricoltura

    Capitolo 8: Pesca

    Capitolo 9: Trasporti

    Capitolo 10: Fiscalità

    Capitolo 11: Unione economica e monetaria

    Capitolo 12: Statistiche

    Capitolo 13: Politica sociale e occupazione

    Capitolo 14: Energia

    Capitolo 15: Politica industriale

    Capitolo 16: Piccole e medie imprese

    Capitolo 17: Scienza e ricerca

    Capitolo 18: Istruzione e formazione

    Capitolo 19: Telecomunicazioni e tecnologie dell'informazione

    Capitolo 20: Cultura e politica del settore audiovisivo

    Capitolo 21: Politica regionale e coordinamento degli strumenti strutturali

    Capitolo 22: Ambiente

    Capitolo 23: Salute e tutela dei consumatori

    Capitolo 24: Cooperazione in materia di giustizia e affari interni

    Capitolo 25: Unione doganale

    Capitolo 26: Relazioni esterne

    Capitolo 27: Politica estera e di sicurezza comune

    Capitolo 28: Controllo finanziario

    Capitolo 29: Disposizioni finanziarie e di bilancio

    C. SINTESI E CONCLUSIONI 127

    1. Criteri politici 128

    2. Criteri economici 128

    3. Capacità di assumere gli obblighi che comporta l'adesione 129

    Allegati

    A. Introduzione

    a) Preambolo

    Candidatura

    La Croazia ha presentato la sua domanda di adesione all'Unione europea il 21 febbraio 2003. Il 14 aprile 2003, il Consiglio dei ministri ha deciso di applicare la procedura di cui all'articolo 49 del trattato sull'Unione europea, che recita: "Ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell'articolo 6, paragrafo 1, può domandare di diventare membro dell'Unione. Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, che si pronuncia a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono."

    L'articolo 6, paragrafo 1, recita:"L"Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri."

    Questo è il quadro legislativo nel quale la Commissione sottopone il presente parere.

    Contesto del parere

    La candidatura croata fa parte di un processo storico che interessa i paesi dei Balcani occidentali, i quali stanno sormontando la crisi politica della regione e si preparano ad inserirsi nella zona di pace, stabilità e prosperità creata dall'Unione. Nella "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali" adottata dal Consiglio europeo del giugno 2003, l'UE ha sottolineato che "il ritmo di ulteriore avvicinamento dei paesi dei Balcani occidentali all'UE dipenderà dalla misura in cui ciascuno di essi attuerà le riforme, rispettando i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen 1993 e le condizioni del processo di stabilizzazione e di associazione".

    Il Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 concludeva quanto segue:

    "i paesi associati dell'Europa centrale e orientale che lo desiderano possono diventare membri dell'Unione europea. L'adesione avrà luogo non appena un paese associato sarà in grado di assumere gli obblighi connessi adempiendo le condizioni economiche e politiche richieste.

    L'appartenenza all'Unione richiede:

    - che il paese candidato abbia raggiunto una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze;

    - l'esistenza di una economia di mercato funzionante nonché la capacità di rispondere alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione;

    - la capacità dei paesi candidati di assumersi gli obblighi di tale appartenenza, inclusa l'adesione agli obiettivi di un'unione politica, economica e monetaria.

    La capacità dell'Unione di assorbire nuovi membri, mantenendo nello stesso tempo inalterato il ritmo dell'integrazione europea, riveste parimenti grande importanza, nell'interesse generale dell'Unione e dei paesi candidati".

    La dichiarazione ha definito i criteri politici ed economici per l'esame delle domande di adesione dei singoli paesi.

    Il Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995 ha confermato l'esigenza di creare le condizioni necessarie per "l'integrazione progressiva ed armoniosa di detti Stati, grazie soprattutto allo sviluppo dell'economia di mercato, all'adeguamento delle loro strutture amministrative e alla creazione di un contesto economico e monetario stabile".

    Fra le condizioni associate al processo di stabilizzazione e di associazione, definite dal Consiglio il 29 aprile 1997, figurano la cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (TPII) e la cooperazione regionale. Tali condizioni sono un elemento fondamentale del processo di stabilizzazione e di associazione e costituiscono parte integrante dell'accordo di stabilizzazione e di associazione firmato con la Croazia.

    Nel suo parere, pertanto, la Commissione analizza la candidatura croata basandosi sulla capacità del paese di soddisfare i criteri definiti nel 1993 dal Consiglio europeo di Copenaghen e le condizioni connesse al processo di stabilizzazione e di associazione, in particolare quelle definite nelle conclusioni del Consiglio del 29 aprile 1997.

    Contenuto del parere

    La struttura del parere, che tiene conto delle conclusioni del Consiglio europeo di Copenaghen,

    descrive le relazioni tra la Croazia e l'Unione, in particolare nel quadro dell'accordo esistente;

    analizza la situazione per quanto riguarda le condizioni politiche indicate dal Consiglio europeo (democrazia, Stato di diritto, diritti umani, tutela delle minoranze), compreso il rispetto dei requisiti inerenti al processo di stabilizzazione e di associazione;

    valuta la situazione e le prospettive della Croazia per quanto riguarda le condizioni economiche indicate dal Consiglio europeo (economia di mercato, capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali);

    valuta la capacità della Croazia di rispettare gli obblighi che comporta l'adesione, cioè l'acquis dell'Unione contenuto nel trattato e nel diritto derivato, e di adottare le politiche dell'Unione;

    esegue una valutazione generale della situazione e delle prospettive della Croazia per quanto riguarda le condizioni di adesione all'Unione e formula una raccomandazione relativa ai negoziati di adesione.

    Nell'esaminare il rispetto dei criteri economici da parte della Croazia e la sua capacità di conformarsi all'acquis, la Commissione ha eseguito una valutazione prospettiva dei progressi che la Croazia potrebbe ragionevolmente fare nei prossimi anni, prima dell'adesione, tenendo conto del fatto che l'acquis continuerà a svilupparsi. Il parere si basa quindi su un orizzonte a medio termine di circa cinque anni, che non influisce sulla data effettiva di adesione.

    Per preparare il parere, la Commissione si è servita delle informazioni estremamente esaurienti sulla situazione del paese fornite dalle autorità croate e di molte altre fonti tra cui gli Stati membri, le organizzazioni internazionali (Consiglio d'Europa, OSCE, UNHCR, TPII, patto di stabilità, FMI, Banca mondiale, BERS, BEI, ecc.) e le ONG.

    b) Relazioni tra l'UE e la Croazia

    L'indipendenza della Croazia, dichiarata il 25 giugno 1991 in un contesto sempre più teso a causa dei difficili rapporti con la Repubblica socialista federativa di Iugoslavia, è stata sospesa per tre mesi e successivamente confermata l'8 ottobre 1991 (mediante una decisione del Parlamento che abrogava i vincoli giuridici con l'ex RSFI). È poi scoppiato un conflitto armato che ha comportato la dislocazione dei gruppi etnici e l'occupazione di alcune parti del paese ad opera dei ribelli locali serbi e dell'Esercito popolare iugoslavo. La Croazia è stata riconosciuta come Stato sovrano dall'UE nel gennaio 1992 ed è entrata a far parte delle Nazioni Unite nel maggio dello stesso anno. Nel maggio e nell'agosto 1995, le operazioni "Flash" e "Storm" hanno permesso alle forze croate di prendere il controllo di tutti i territori occupati tranne la regione danubiana croata (Slavonia orientale), rimasta sotto la protezione dell'ONU. Nel dicembre 1995 la Croazia ha aderito agli accordi di pace di Dayton/Parigi, che riconoscono le frontiere internazionali della Bosnia-Erzegovina e ribadiscono il diritto di rientro per tutti i profughi. La reintegrazione pacifica della Slavonia orientale nella Croazia, prevista dall'accordo di Erdut del novembre 1995, si è conclusa nel gennaio 1998. In questo periodo, tuttavia, non si sono fatti progressi in termini di democratizzazione, rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze, e Stato di diritto tali da giustificare un'intensificazione delle relazioni con l'UE

    Le elezioni parlamentari del gennaio 2000 e la nomina di Stjepan Mesic alla presidenza della Repubblica nel febbraio 2000 hanno segnato una svolta nelle relazioni tra l'UE e la Croazia. La nuova leadership croata ha dimostrato subito di voler promuovere valori e principi democratici e progredire rapidamente per quanto concerne le questioni politiche più importanti, segnatamente il rispetto dei diritti umani, compresi quelli delle minoranze, la democratizzazione dei media, la piena conformità con gli accordi di Dayton/Erdut, la cooperazione con il TPII e il miglioramento delle relazioni con i paesi limitrofi.

    Questo impegno si è tradotto in una rapida intensificazione delle relazioni con l'Unione europea. La "relazione di fattibilità" adottata dalla Commissione nel maggio 2000 [1] proponeva di avviare negoziati per un "accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA)". La Croazia usufruisce dal novembre 2000 delle misure commerciali autonome concesse unilateralmente dall'Unione europea ai paesi del processo di stabilizzazione e di associazione. L'accordo di stabilizzazione e di associazione è stato firmato nell'ottobre 2001 e dal marzo 2002 è in vigore un accordo interinale.

    [1] COM (2000) 311 del 24 maggio 2000.

    La risoluzione adottata nel dicembre 2002 da tutti i partiti politici rappresentati nel Parlamento croato ha definito l'adesione della Croazia all'UE un obiettivo strategico nazionale e ha chiesto al governo di presentare una candidatura in tal senso, cosa che ha fatto nel febbraio 2003. Il consenso interpartitico sull'importanza politica dell'adesione si è mantenuto anche dopo il cambio di governo successivo alle elezioni parlamentari del novembre 2003. Le cinque priorità del nuovo governo in materia di politica estera sono l'adesione all'Unione europea e alla NATO, le relazioni con i paesi limitrofi, lo sviluppo della diplomazia economica e la nuova immagine internazionale della Croazia.

    Relazioni contrattuali

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA) tra l'Unione europea e la Croazia è stato siglato il 14 maggio 2001 e firmato il 29 ottobre 2001, ma il processo di ratifica non è ancora terminato. Una volta in vigore l'ASA costituirà, fino all'adesione della Croazia, il quadro giuridico delle relazioni con l'Unione europea nel quale si svilupperanno il dialogo politico, la cooperazione regionale e le relazioni economico-commerciali tra le parti e si getteranno le basi dell'assistenza tecnica e finanziaria della Comunità. Il quadro istituzionale dell'ASA metterà a disposizione un meccanismo per l'applicazione, la gestione e la sorveglianza delle relazioni in tutti i settori. I sottocomitati competenti esamineranno le questioni a livello tecnico. Il comitato di stabilizzazione e di associazione sarà una sede di discussioni tra alti funzionari onde risolvere i problemi insorti nel quadro dell'ASA. Il consiglio di stabilizzazione e di associazione esaminerà la natura globale e le prospettive delle relazioni tra le parti e permetterà di valutare i progressi della Croazia per quanto riguarda il processo di stabilizzazione e di associazione.

    In attesa che entri in vigore l'ASA, dal 1° gennaio 2002 viene applicato provvisoriamente un accordo interinale, entrato in vigore il 1° marzo 2002, che attua le disposizioni dell'ASA riguardanti gli scambi di beni, la concorrenza e i diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale. L'accordo istituisce una zona di libero scambio tra le parti, conformemente alle disposizioni pertinenti dell'OMC, e dà veste contrattuale alle vaste misure commerciali autonome dell'UE in vigore dal novembre 2000 (tranne il "sistema di prezzi d'entrata" per determinati ortofrutticoli, che è stato abolito nel quadro delle misure commerciali autonome), che concedono alla Croazia l'accesso al mercato UE in esenzione dai dazi per quasi tutti i prodotti, con contingenti tariffari preferenziali per il vino, il baby beef e determinati prodotti della pesca. L'accordo interinale è asimmetrico e favorevole alla Croazia, che liberalizzerà progressivamente le sue importazioni dall'UE durante un periodo transitorio la cui scadenza è fissata al 1° gennaio 2007. Per la stessa data, inoltre, la Croazia avrà abolito tutti i dazi sulle importazioni di beni industriali e di numerosi prodotti dell'agricoltura e della pesca, pur mantenendo dazi o contingenti tariffari per determinati prodotti più sensibili di questi due settori.

    Il comitato interinale si è riunito nell'aprile 2002 e nell'aprile 2003. È stata creata una rete di cinque sottocomitati che saranno sede di utili discussioni tecniche su tutte le questioni connesse all'applicazione dell'accordo e al processo di ravvicinamento giuridico. Nel complesso, la Croazia ha applicato correttamente l'accordo interinale e ha contribuito al buon funzionamento delle diverse istituzioni congiunte. Nei primi due anni, tuttavia, l'applicazione delle disposizioni sul commercio di prodotti agricoli ha posto qualche problema.

    Dal marzo 2002 è in vigore un protocollo all'accordo interinale / ASA sul commercio dei vini e delle bevande alcoliche e sul riconoscimento reciproco, la tutela e il controllo delle denominazioni dei vini e delle bevande alcoliche e aromatizzate.

    Dal gennaio 2001 è in vigore un accordo sul commercio dei prodotti tessili tra la Comunità europea e la Repubblica di Croazia.

    Si sono conclusi i negoziati di un protocollo che adegua l'accordo di stabilizzazione e di associazione e l'accordo interinale in funzione della prossima adesione di dieci nuovi Stati membri all'Unione. L'accordo interinale si applicherà all'UE ampliata dal 1° maggio 2004, ma il protocollo è necessario per consentire ai dieci nuovi Stati membri di aderire formalmente all'ASA. Occorre inoltre introdurre adeguamenti tecnici in diversi settori, anche modificando le preferenze commerciali dell'ASA/accordo interinale per i prodotti agricoli di base e trasformati, nonché per i prodotti della pesca, onde evitare di perturbare gli scambi tradizionali tra la Croazia e l'Unione ampliata. Si ricorda che l'accordo di libero scambio tra i nuovi Stati membri e la Croazia scadrà il 1° maggio 2004, quando i nuovi Stati membri inizieranno ad applicare la politica commerciale comune.

    Il ministero dell'integrazione europea coordina l'applicazione dell'ASA in modo estremamente efficiente e professionale. Il governo ha nominato coordinatori dell'integrazione europea presso tutti gli organi dell'amministrazione statale e ha creato diversi gruppi di lavoro interministeriali per l'armonizzazione della legislazione.

    Nell'ottobre 2001 la Croazia ha adottato un piano di applicazione dell'ASA per programmare e sorvegliare le misure legislative e non legislative connesse agli obblighi previsti dall'accordo. La Croazia presenta periodicamente relazioni sull'esecuzione del piano. Nel dicembre 2002, la Croazia ha adottato il primo "Programma nazionale per l'integrazione della Repubblica di Croazia nell'UE", un documento strategico che definisce obiettivi e compiti per quanto riguarda i criteri politici ed economici, l'armonizzazione del quadro legislativo croato con l'acquis, il rafforzamento della capacità amministrativa e una strategia d'informazione per i cittadini croati. Il programma prevedeva l'adozione di 83 leggi e atti di diritto derivato per proseguire l'armonizzazione del quadro legislativo croato in 13 capitoli dell'acquis. Nel complesso, le misure sono state adottate secondo il calendario previsto. Nel gennaio 2004 è stato adottato un secondo programma nazionale che riguarda tutti i capitoli dell'acquis.

    La Croazia si è adoperata attivamente per allineare la sua legislazione con l'acquis comunitario e il Parlamento ha adottato dei testi legislativi importanti, specialmente nel corso del 2003. Nel complesso, tuttavia, la creazione delle strutture amministrative necessarie e, più in generale, il rafforzamento delle capacità amministrative e giudiziarie non sono progrediti allo stesso ritmo, il che rischia di compromettere l'applicazione effettiva della nuova legislazione. La Croazia deve quindi privilegiare il rafforzamento delle capacità amministrative e giudiziarie e integrare pienamente questa dimensione nei suoi programmi nazionali.

    Relazioni commerciali

    L'UE è il primo partner commerciale della Croazia. Il commercio tra l'UE e la Croazia ha registrato un aumento considerevole tra il 1998 e il 2002. Le importazioni dell'UE dalla Croazia sono salite da 1,8 miliardi di euro nel 1998 a 2,5 miliardi di euro nel 2002 (+38%), mentre le esportazioni dell'UE in Croazia sono passate, nello stesso periodo, da 4,4 a 6,5 miliardi di euro (+47%). L'andamento delle importazioni e delle esportazioni ha accentuato il disavanzo commerciale della Croazia con l'UE, che è aumentato di oltre il 50% passando da 2,6 miliardi di euro nel 1998 a 4 miliardi di euro nel 2002. La Croazia, inoltre, ha un disavanzo commerciale di circa 1 miliardo di euro con i paesi che aderiranno all'UE nel maggio 2004. Le esportazioni della Croazia rappresentano il 23% circa del PIL, mentre nel 2002 il 54% circa del suo commercio estero si svolgeva con l'UE. Se si considerano anche gli scambi con i paesi che aderiranno all'UE nel maggio 2004, si ottiene una cifra di poco inferiore al 70%. Nel 2002, la quota del commercio estero UE rappresentata dalla Croazia era dello 0,45%.

    Nel 2002 le esportazioni croate nell'UE sono consistite prevalentemente in tessili (22% del totale), macchinari e apparecchi elettrici (18% del totale). Le esportazioni dell'UE in Croazia erano composte per lo più da macchinari e apparecchi elettrici (25% del totale), veicoli, aerei, imbarcazioni e attrezzature di trasporto connesse (17% del totale) e prodotti chimici (10% del totale).

    Oltre ad essere membro dell'Organizzazione mondiale del commercio e dell'accordo di libero scambio per l'Europa centrale, la Croazia partecipa attivamente al gruppo di lavoro "commercio" del patto di stabilità per l'Europa sud-orientale. In tale contesto, la Croazia ha negoziato una rete di accordi bilaterali di libero scambio con tutti i paesi limitrofi.

    Assistenza comunitaria

    L'assistenza erogata dall'UE alla Croazia nel periodo 1991-2003 ammonta complessivamente a 550 milioni di euro. Tra il 1991 e il 2000, l'UE ha fornito prevalentemente un sostegno di emergenza attraverso l'Ufficio per gli aiuti umanitari della Commissione europea (ECHO) e il programma Obnova. L'UE ha poi consolidato la sua assistenza nel 2000 nell'ambito del programma comunitario di assistenza, ricostruzione, sviluppo e stabilizzazione (CARDS), avviando al tempo stesso il processo di stabilizzazione e di associazione (PSA). Nel 2001, la Croazia ha beneficiato di un'assegnazione di 60 milioni di euro nell'ambito del programma CARDS.

    A norma del regolamento CARDS, nel dicembre 2001 è stato adottato un documento di strategia nazionale che definisce i principali settori di cooperazione per il periodo 2002-2006. Il programma indicativo pluriennale corrispondente (PIP) specifica più dettagliatamente le priorità per il periodo 2002-2004. La dotazione finanziaria totale per il periodo 2001-2004 nell'ambito dei programmi nazionali CARDS ammonta a 257 milioni di euro per le cinque priorità seguenti: stabilizzazione democratica, sviluppo economico e sociale, giustizia e affari interni, sviluppo della capacità amministrativa, ambiente e risorse naturali.

    La Croazia è direttamente associata alla programmazione CARDS, comprese le discussioni sulle strategie attuali e l'accordo sul PIP a cui partecipano, oltre al coordinatore nazionale degli aiuti, i ministeri competenti, i beneficiari potenziali, le istituzioni finanziarie internazionali e il settore non governativo.

    La Croazia figura tra i beneficiari del programma regionale CARDS, dell'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani, del programma Life-paesi terzi, del programma Gioventù per i paesi terzi, della cooperazione regionale per l'azione contro le mine nell'Europa sudorientale e di altri programmi specializzati.

    Il ritmo di erogazione dell'assistenza CARDS, finora piuttosto lento, sta migliorando rapidamente grazie alla maggiore capacità di assorbimento dell'amministrazione croata. La delegazione CE di Zagabria è responsabile della gestione degli aiuti dal gennaio 2002. La Croazia deve acquisire la capacità amministrativa necessaria per utilizzare al meglio i fondi preadesione.

    Sono in corso vari progetti di gemellaggio (Polizia di frontiera, Dogane, Agenzia statistica e Asilo), a cui ne faranno seguito altri riguardanti la gestione integrata delle frontiere (IBM), l'agricoltura e il settore giudiziario.

    Pur avendo fatto qualche progresso, l'amministrazione croata deve impegnarsi ulteriormente per soddisfare le condizioni relative ai progetti (decisioni politiche, creazione e potenziamento delle istituzioni, assegnazione di risorse umane e finanziarie).

    Nel 2001 è stato creato un meccanismo di coordinamento dell'assistenza fra la Commissione e gli Stati membri dell'UE onde ottimizzare l'impatto del programma CARDS e degli aiuti bilaterali degli Stati membri.

    È in corso una cooperazione costruttiva con gli altri donatori. Dal 1993 ad oggi, la Banca mondiale ha sostenuto 21 progetti per un totale di 1 064 milioni di USD e concesso aiuti non rimborsabili pari a 20 milioni di USD. I prestiti finanziano prevalentemente gli investimenti per le infrastrutture, la sanità, l'agricoltura e la silvicoltura, le imprese e la riforma del settore finanziario, lo sviluppo del mercato dei capitali, la riforma del sistema giudiziario e la riforma delle pensioni. Dal 1994 in poi, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) ha investito complessivamente 1 325 milioni di euro, di cui oltre 300 milioni di euro nel 2002 destinati principalmente al settore delle imprese (prodotti farmaceutici, prodotti alimentari, cemento e comunicazioni), al settore finanziario e alle infrastrutture comunali. Nel 2002, la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha erogato prestiti pari a 130 milioni di euro per lo sviluppo regionale (infrastrutture di trasporto e di comunicazione), la coesione socioeconomica e la tutela dell'ambiente.

    B. Criteri di adesione

    1. Criteri politici

    Il Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 ha stabilito i criteri "politici" che devono soddisfare i paesi candidati all'adesione, vale a dire "una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze". Nel caso dei Balcani occidentali, le condizioni definite dal processo di stabilizzazione e di associazione figurano anche tra gli elementi fondamentali della politica dell'UE, che sarà valutata nel presente parere.

    Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel maggio 1999, i criteri politici definiti a Copenaghen sono stati sanciti come principio costituzionale nel trattato consolidato sull'Unione europea, il cui articolo 6, paragrafo 1, recita: "L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà." A norma dell'articolo 49 del trattato consolidato "Ogni Stato europeo che rispetti i principi sanciti nell'articolo 6, paragrafo 1, può domandare di diventare membro dell'Unione." Questi principi sono stati ribaditi nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata in occasione del Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000.

    Per procedere alla valutazione suddetta, la Commissione europea si è procurata informazioni da diverse fonti: risposte delle autorità croate al questionario inviato dalla Commissione nel luglio 2003, riunioni bilaterali successive, incontri con le ambasciate degli Stati membri, valutazioni delle organizzazioni internazionali (Consiglio d'Europa, OSCE, UNHCR, patto di stabilità, ecc.), relazioni delle organizzazioni non governative internazionali e locali, rappresentanti delle minoranze, ecc.

    La valutazione seguente comprende un esame sistematico delle principali modalità organizzative e operative delle autorità pubbliche nonché delle misure che hanno preso per tutelare i diritti fondamentali. Anziché limitarsi a una descrizione formale, cerca di analizzare l'effettivo funzionamento della democrazia e dello Stato di diritto. La valutazione, che si ferma alla fine del febbraio 2004, non esamina in modo approfondito gli eventuali cambiamenti che sono avvenuti in passato o che potrebbero verificarsi in futuro, ma tiene comunque conto di tutte le intenzioni dichiarate di riformare un determinato settore.

    1.1. Democrazia e Stato di diritto

    La democrazia parlamentare è stata instaurata in Croazia dopo le elezioni della primavera 1990. La nuova Costituzione è stata adottata nel dicembre 1990, poco prima che scoppiasse la guerra nell'ex Iugoslavia. Da quando ha conquistato l'indipendenza, cioè dal 1991, la Croazia ha introdotto tutta una serie di cambiamenti costituzionali, che nel 2000 e nel 2001 hanno abolito la camera alta del Parlamento e rafforzato il ruolo del Parlamento e del governo nei confronti del presidente della Repubblica. Le elezioni del 3 gennaio 2000 hanno messo fine a 11 anni di potere dell'Unione democratica croata (HDZ), il partito del presidente Tudjman. Nel periodo 2000-2003, la coalizione di governo della Croazia, composta (inizialmente) da 6 partiti, ha fatto notevoli progressi per quanto riguarda lo Stato di diritto e la democrazia. Il sistema costituzionale era rispettato e le istituzioni funzionavano normalmente.

    Il presidente della Repubblica viene eletto a suffragio universale diretto per un mandato quinquennale rinnovabile. Il presidente indice le elezioni parlamentari e i referendum, affida il compito di formare il governo a una persona sostenuta dalla maggioranza dei membri del Parlamento e svolge le altre funzioni specificate nella Costituzione. Il presidente collabora inoltre con il governo per la definizione e l'attuazione della politica estera, è il comandante supremo delle forze armate e, in tale veste, nomina e destituisce i comandanti militari. In circostanze ben precise, il presidente può sciogliere il Parlamento se il governo non ottiene la fiducia o se il bilancio pubblico non viene adottato entro 120 giorni dalla presentazione. Il presidente è responsabile delle eventuali violazioni della Costituzione commesse durante lo svolgimento del suo mandato. La procedura di accertamento della sua responsabilità viene avviata su proposta di due terzi dei membri del Parlamento. La Corte statuisce in merito a maggioranza dei due terzi dei suoi giudici.

    L'attuale presidente della Repubblica Stjepan Mesi è stato eletto nel febbraio 2000 in due turni; le prossime elezioni si terranno nel febbraio 2005.

    La Costituzione, adottata il 22 dicembre 1990 dopo le prime elezioni parlamentari multipartitiche della primavera 1990, è stata modificata nel 1997, nel 2000 e nel 2001 con un voto dei due terzi dei membri del Parlamento, conformemente alle sue disposizioni, e ha instaurato la democrazia parlamentare in Croazia. Nei primi dieci anni successivi all'indipendenza, tuttavia, le istituzioni croate hanno avuto diversi problemi operativi. Con la revisione della Costituzione del novembre 2000, la Croazia è passata da un sistema semipresidenziale a un sistema parlamentare vero e proprio, il che ha avuto ripercussioni positive sui rapporti e sulla suddivisione dei poteri tra il presidente, il Parlamento e il governo.

    1.1.1. Il Parlamento

    Ruolo e struttura

    Il Parlamento (Sabor) è monocamerale. A norma della Costituzione, la Camera dei rappresentanti è composta da 100-160 membri eletti per quattro anni. La legge elettorale prevede una rappresentanza proporzionale mediante liste di partito in 10 circoscrizioni elettorali. Otto seggi parlamentari sono riservati alle minoranze, che costituiscono l'undicesima circoscrizione. Si garantiscono tre seggi alla minoranza serba e uno ciascuno alle minoranze italiana e ungherese, mentre slovacchi e cechi hanno diritto ad un unico rappresentante. Le altre minoranze sono divise in due gruppi, ciascuno dei quali ha diritto a un rappresentante come la Diaspora croata, che costituisce la dodicesima unità elettorale. Il numero dei rappresentanti eletti della Diaspora dipende dal cosiddetto contingente "non fisso", che viene calcolato dividendo il numero totale dei voti all'estero per un numero medio di voti necessari per ottenere un mandato in dieci circoscrizioni della Croazia.

    Il Parlamento può essere sciolto di sua iniziativa o con decisione del presidente della Repubblica se il governo non ottiene la fiducia o se il bilancio pubblico non viene adottato entro 120 giorni dalla presentazione.

    I membri del parlamento godono delle immunità parlamentari. Il ruolo dell'opposizione è riconosciuto, così come la sua partecipazione al funzionamento delle istituzioni nazionali. La minoranza parlamentare può proporre il suo candidato alla vicepresidenza del Parlamento. I rappresentanti dell'opposizione in Parlamento sono anche membri delle 25 commissioni parlamentari, 12 delle quali sono presiedute dall'HDZ e 13 dagli altri partiti.

    La Croazia ha un sistema multipartitico, con 94 partiti politici registrati. Non vi sono ostacoli alla costituzione dei partiti, che ricevono finanziamenti pubblici proporzionali al numero di seggi ottenuti nelle elezioni precedenti.

    Il Parlamento esercita il potere legislativo e condivide il diritto d'iniziativa legislativa con il governo. Di norma, tutte le leggi sono soggette a tre letture consecutive in Parlamento, ma ultimamente molte leggi sono state adottate mediante una procedura d'urgenza di due letture autorizzata dalla Costituzione.

    Un quinto dei rappresentanti parlamentari può avviare la procedura per il voto di fiducia al governo.

    Il Parlamento può indire referendum sulle proposte di modifica della Costituzione, su qualsiasi proposta legislativa o su tutte le questioni giudicate importanti.

    Funzionamento del Parlamento

    Alle ultime elezioni parlamentari, svoltesi il 23 novembre 2003, L'Unione democratica croata (HDZ), il partito dell'ex presidente Tu!jman, ha conquistato 66 seggi su 152, tra cui 4 seggi della Diaspora. Il nuovo governo HDZ è stato appoggiato dalla coalizione composta dal Partito social-liberale croato (HSLS) e dal Centro democratico (DC), dal Partito dei pensionati croati (HSU) e dai rappresentanti delle minoranze.

    La sessione costitutiva del nuovo Parlamento si è tenuta il 22 dicembre 2003 e il nuovo governo del primo ministro Ivo Sanader ha ottenuto la fiducia il 23 dicembre 2003 (88 parlamentari favorevoli, 29 contrari e 14 astenuti).

    L'Unione democratica croata (HDZ), che era all'opposizione nella legislatura precedente (2000-2003), si è notevolmente impegnata per diventare un partito democratico a vocazione proeuropea. La Commissione, tuttavia, è preoccupata per alcune dichiarazioni fatte di recente, quando l'HDZ era all'opposizione. Deve ancora essere dimostrato, infatti, che tutti i membri eletti hanno veramente preso le distanze dal nazionalismo radicale.

    Da quando è diventata uno Stato indipendente, la Croazia ha indetto elezioni parlamentari nel 1992, nel 1995, nel 2000 e nel 2003. Il processo elettorale è innegabilmente migliorato in occasione delle ultime due elezioni politiche, giudicate libere ed eque, da cui sono scaturiti governi di coalizione.

    Il Parlamento funziona bene, i suoi poteri vengono rispettati e l'opposizione svolge il suo ruolo. Può succedere però che il mancato raggiungimento del quorum allunghi indebitamente il processo legislativo.

    1.1.2. Il potere esecutivo

    Ruolo e struttura

    La decisione di nominare il primo ministro viene presa dal presidente della Repubblica e cofirmata dal presidente del Parlamento dopo il voto di fiducia al governo. I ministri sono approvati dal Parlamento su proposta del premier. Il governo rende conto al Parlamento. Il primo ministro e i membri del governo rispondono congiuntamente delle decisioni governative, mentre ciascun ministro è responsabile del suo settore.

    Su richiesta del Parlamento, il governo lo informa in merito alla sua politica, all'applicazione delle leggi e degli altri regolamenti nonché alle questioni di sua competenza. L'istituto dell'interpellanza contemplato dalla Costituzione disciplina la responsabilità del governo nei confronti del Parlamento e la questione di fiducia a livello del primo ministro, dei singoli membri del governo o del governo considerato globalmente. Tra il 1990 e il 2004 ci sono state 9 interpellanze.

    La Costituzione conferisce al governo poteri normativi autonomi che gli consentono di emanare decreti per l'applicazione delle leggi. Il governo può essere autorizzato dal Parlamento a regolamentare mediante decreto questioni diverse da diritti umani e libertà, diritti delle minoranze, sistema elettorale, organizzazione e funzionamento dell'autogoverno locale e regionale. La durata di questi decreti, tuttavia, è limitata a un anno. Il governo è inoltre autorizzato ad adottare decreti con forza di legge riguardanti la politica economica, che originariamente è di competenza del Parlamento, negli intervalli fra una sessione parlamentare e l'altra o dopo lo scioglimento del Parlamento a causa delle elezioni. Questi decreti, tuttavia, devono essere sottoposti al Parlamento per approvazione alla sua prima sessione.

    Il governo è responsabile dell'operato di tutti gli organi dell'amministrazione statale, vale a dire i ministeri, gli enti amministrativi pubblici e gli uffici della pubblica amministrazione. I ministeri e gli enti amministrativi pubblici sono organi centrali dell'amministrazione statale, che possiede comunque uffici anche presso le unità di autogoverno locali (regionali). Per determinati compiti, inoltre, possono essere aperti uffici locali a livello di contea, comune o città.

    La struttura e le mansioni dell'amministrazione statale sono state rivedute e definite dalla legge sull'organizzazione e sulle competenze dei ministeri e degli enti amministrativi pubblici adottata il 22 dicembre scorso, che crea 14 ministeri e 5 enti amministrativi pubblici. Nel dicembre 2003 è stato creato anche l'Ufficio centrale dello Stato per l'amministrazione, che però non è ancora operativo. La legge sui funzionari e impiegati statali disciplina il regime occupazionale. Due leggi specifiche disciplinano l'attività e l'autorità del governo e i diritti e obblighi dei funzionari statali.

    La Costituzione definisce la struttura dell'amministrazione locale. Le unità dell'autogoverno locale sono i "comuni" e le "città", mentre le unità dell'autogoverno regionale vengono denominate "contee". La legge ha creato 426 comuni, 121 città e 20 contee (compresa la città di Zagabria, che ha uno status di contea). A norma della legge del 2001, i governi locali sono competenti in materia di approvvigionamento idrico e rete fognaria, assistenza sanitaria di base, istruzione prescolare ed elementare, ecc. I finanziamenti dei governi locali sono regolamentati da una legge specifica e consistono prevalentemente nella condivisione delle imposte e in diversi introiti non fiscali. Il reddito dell'autogoverno locale proviene dalle sue entrate (reddito delle sue attività, tasse di contea e comunali, multe, diritti e oneri), dalle imposte condivise (imposta sul reddito, imposta sugli utili, imposta sulle transazioni immobiliari, introiti fiscali provenienti dal gioco d'azzardo) e dalle sovvenzioni.

    L'esercito e la polizia sono sotto controllo civile. L'attuale riforma dell'esercito ridurrà considerevolmente il personale militare. L'esercito è sotto il controllo del Parlamento e dell'esecutivo. A norma di legge, il controllo civile dei servizi segreti viene esercitato dal Consiglio per la supervisione dei servizi segreti, i cui membri sono stati nominati di recente.

    È in corso la ristrutturazione dei servizi di polizia. Nell'aprile 2003, il ministero dell'interno ha annunciato un piano strategico di riforma tuttora in corso. È evidente che la Croazia ha deciso di passare da un regime bellico a un sistema compatibile con le norme UE, ma dovrà impegnarsi seriamente per attuare una trasformazione di questa entità.

    Il livello di sicurezza generale in Croazia è tuttora soddisfacente, a parte qualche incidente di stampo etnico.

    Funzionamento dell'esecutivo

    La legge sui funzionari e impiegati statali del 2001 costituisce una base giuridica per definire lo status dei funzionari statali e degli altri impiegati pubblici. Poiché la legge non fa distinzioni tra funzionari dello Stato (nomine politiche) e impiegati pubblici, rimangono in sospeso questioni quali lo status, il ruolo e gli obblighi del personale politico della pubblica amministrazione, la durata delle nomine politiche nella pubblica amministrazione e le modalità/procedure per il passaggio dallo status derivante dalle nomine politiche a quello di funzionari statali.

    Le divergenze esistenti tra i numerosi documenti interni che definiscono, per ciascun ministero, le mansioni, il numero di dipendenti, e così via hanno dato origine a tutta una serie di norme gestionali per la pubblica amministrazione. La legge pertinente presenta ulteriori carenze riguardanti, in particolare, il sistema delle promozioni, la mobilità, la separazione dal servizio/conclusione del rapporto lavorativo e le misure disciplinari. Si potrebbero inoltre migliorare le norme applicabili all'assunzione e alla selezione dei candidati. Gli stipendi dei funzionari statali sono notoriamente troppo bassi per attrarre un numero sufficiente di giovani professionisti qualificati, tanto più che viene richiesto un livello di istruzione pari o superiore a coloro che lavorano in altri settori.

    Le azioni e le decisioni dei funzionari statali relative ai diritti e obblighi del cittadino si basano sulla legge relativa alla procedura amministrativa generale. Per ogni decisione amministrativa si può fare ricorso presso un organo amministrativo di secondo grado per poi adire il Tribunale amministrativo qualora il ricorso venga respinto. Conformemente alla decisione della Corte costituzionale [2] sui diritti e gli obblighi civili, tuttavia, il Tribunale amministrativo non ha piena competenza ai sensi della giurisprudenza del Tribunale europeo per i diritti umani [cfr. paragrafo 1.1.3. sul settore giudiziario].

    [2] Decisione della Corte costituzionale n. U-I-745/1999 dell'8 novembre 2000, Gazzetta ufficiale 112/00

    I ricorsi possono essere presentati anche all'Ombudsman, che viene eletto per 8 anni dal Parlamento. La durata del mandato rende questa carica più indipendente dalle pressioni politiche. Negli ultimi anni, l'Ombudsman ha dovuto esaminare molti ricorsi, di cui 1 558 nel solo 2002. In 104 di questi casi ha formulato una raccomandazione per l'amministrazione competente e solo 72 ricorsi sono stati accolti. Oltre ad esaminare le denunce dei cittadini riguardanti scorrettezze burocratiche da parte delle autorità pubbliche e dei singoli funzionari statali, l'Ombudsman esamina altre questioni connesse alla tutela dei diritti costituzionali e giuridici sollevate da altre fonti (come i mass media), che rilevano irregolarità nell'operato degli organi e delle agenzie dell'amministrazione statale. L'Ombudsman riferisce ogni anno al Parlamento.

    Le ordinanze permanenti emesse nel 2002 dal governo della Repubblica di Croazia costituiscono il quadro legislativo per la definizione delle politiche e contemplano anche le consultazioni interministeriali. Il gran numero di strutture competenti e la mancanza di un organo unico che presenti ai responsabili un quadro coordinato delle diverse politiche spiegano la notevole politicizzazione e frammentazione che caratterizzano la pianificazione e il coordinamento delle politiche.

    Il ministero dell'integrazione europea è responsabile del coordinamento in questo settore. Tutti i ministeri hanno una rete di coordinatori europei, e in alcuni di essi sono state create unità specifiche per l'integrazione europea.

    Non esistono né un'istituzione centrale per la formazione né un programma governativo di formazione. La riorganizzazione del ministero della giustizia, dell'amministrazione e dell'autogoverno locale del novembre 2003 ha comportato la creazione di un Centro di formazione per i funzionari statali alle dipendenze del ministero della giustizia. Dopo l'adozione della legge sull'organizzazione e sulle competenze dei ministeri e delle organizzazioni amministrative pubbliche del 22 dicembre 2003, il 22 gennaio 2004 il governo ha adottato un decreto sulla struttura interna dell'Ufficio centrale di Stato per l'amministrazione che prevede 11 unità organizzative, tra cui il Centro per la formazione e l'istruzione dei funzionari statali. Il ministero dell'integrazione europea organizza attualmente una formazione sull'UE per i funzionari statali.

    I governi locali sono ancora in fase di sviluppo. Occorre accelerare il decentramento previsto dal programma governativo 2000-04, che procede a rilento. Dal luglio 2001 ad oggi, la riforma dei governi locali è stata attuata nelle contee e in 32 città. I seguenti settori sono stati trasferiti dal bilancio dello Stato ai bilanci delle contee: istruzione elementare e secondaria, centri di assistenza sociale e case di riposo, investimenti per la manutenzione ospedaliera, mentre l'istruzione elementare è passata al bilancio delle città. Dagli inizi del 2002, la manutenzione ospedaliera, la fondazione e il finanziamento dei centri di assistenza sociale e degli istituti per anziani e disabili sono di competenza delle contee. Si deve ancora operare il trasferimento di stipendi e personale nel settore dell'istruzione e chiarire la situazione finanziaria, che pure è disciplinata dalla legge sul finanziamento dei governi locali.

    1.1.3. Il settore giudiziario

    Ruolo e struttura

    Il sistema giudiziario croato ha una struttura gerarchica a tre livelli. 122 tribunali comunali, 114 tribunali per i reati minori, 12 tribunali di commercio e 21 tribunali di contea fungono da tribunali di primo grado. I tribunali di contea si pronunciano anche sui ricorsi contro le decisioni dei tribunali municipali. La Croazia garantisce il diritto d'appello (tribunali di contea, Alta Corte per i reati minori, Alta Corte commerciale, Corte suprema). La Corte suprema è il massimo organo giudiziario della Croazia.

    Il presidente della Corte suprema e il procuratore dello Stato sono eletti dal Parlamento e nominati dal presidente della Repubblica.

    Il tribunale amministrativo dovrebbe garantire una tutela giudiziaria contro le decisioni amministrative finali. La Corte costituzionale, tuttavia, ha statuito nel novembre 2000 che il tribunale amministrativo non ha piena competenza a norma dell'articolo 6 (diritto ad un processo equo) della Convenzione europea dei diritti umani, in particolare per la sua capacità limitata di esaminare il merito di un caso e di tenere dibattimenti in contraddittorio.

    La Corte costituzionale si pronuncia sui conflitti d'interesse tra i tre poteri dello Stato ed è autorizzata a valutare sia la conformità delle leggi con la Costituzione che la conformità dei regolamenti con la Costituzione e con le leggi. La Corte si pronuncia altresì sulle istanze costituzionali presentate da privati quando ritengano che i loro diritti costituzionali siano stati violati dagli atti finali delle autorità dello Stato o degli organi dell'autogoverno locale o regionale. Il numero di petizioni presentate alla Corte costituzionale continua ad aumentare. La Corte funge anche da organo d'appello per i procedimenti riguardanti decisioni sulla revoca o sulla responsabilità disciplinare dei giudici. Secondo il sistema croato, la Corte costituzionale non fa parte dell'apparato giudiziario.

    L'indipendenza del sistema giudiziario croato è garantita dalla Costituzione e dalla legge sui tribunali. I giudici vengono confermati nella carica dopo un periodo di prova di cinque anni. Il loro status permanente è garantito dalla Costituzione. I giudici sono nominati dal Consiglio giudiziario dello Stato in base ai pareri ricevuti dai consigli giudiziari costituiti presso ciascun tribunale. Il ministero della giustizia valuta la conformità dei candidati con i requisiti formali, ma anche la commissione parlamentare competente e il presidente del tribunale possono esprimere il loro parere. I procuratori di Stato (pubblici ministeri) sono nominati dal Consiglio della Procura di Stato secondo una procedura analoga. Entrambi i consigli sono autonomi e indipendenti. Non vengono organizzati concorsi per la selezione dei giudici. Per diventare giudici, i candidati devono superare l'esame di avvocatura e avere diversi anni di esperienza lavorativa a seconda del tipo di tribunale per il quale si presentano. Conformemente alla legge sui tribunali, i giudici non possono essere iscritti a partiti politici né svolgere altre attività che incidano sulla loro autonomia, imparzialità o indipendenza.

    L'immunità dei giudici è sancita sia dalla Costituzione che dalla legge sui tribunali. Per poter revocare l'immunità di un giudice e approvare l'avvio di un'azione penale nei suoi confronti è necessario che l'Ufficio della Procura di Stato presenti una proposta in tal senso al Consiglio giudiziario dello Stato, il quale si pronuncia sulla responsabilità dei giudici in caso di mancanze o di violazioni dell'etica professionale nei procedimenti disciplinari. La valutazione dell'operato dei giudici da parte del Consiglio giudiziario dello Stato rimane tuttavia molto teorica. A parte un caso pendente a seguito di una denuncia per corruzione, infatti, il Consiglio giudiziario dello Stato ha preso poche decisioni nei procedimenti disciplinari contro i giudici. Non esiste un codice deontologico vincolante per tutti i funzionari giudiziari, ma l'Associazione dei giudici croati (un'ONG locale) ha adottato un codice deontologico per i suoi membri.

    Le mansioni dei consiglieri e ausiliari giudiziari sono descritte nel regolamento sull'organizzazione interna dell'organo giudiziario. Molti compiti dei giudici potrebbero essere svolti dal personale amministrativo. Nel gennaio 2004, il Parlamento ha adottato dei cambiamenti legislativi volti a ridurre i compiti amministrativi affidati ai giudici.

    Il sistema giudiziario risente tuttora di un periodo di intensa rotazione del personale e di un organico insufficiente. I posti vacanti vengono progressivamente coperti da giovani giudici, pubblici ministeri e personale amministrativo, ma è previsto un ulteriore aumento dell'organico globale. La Croazia dispone comunque di un numero di giudici per abitante piuttosto elevato rispetto all'UE e ai paesi in via di adesione. Alla fine del 2003 il paese contava 1868 giudici, 513 procuratori di Stato, 378 consiglieri giudiziari e 6023 commessi (2,8 per ogni magistrato).

    Il bilancio del settore giudiziario per il 2003 (compresi i pubblici ministeri e il sistema carcerario) ammontava a 231 milioni di euro, contro 192 milioni di euro nel 2002. Tale importo comprende 10,2 milioni di euro per investimenti negli edifici e nel materiale da ufficio, contro 5,5 milioni di euro nel 2002. Per il 2004 è stato approvato un ulteriore aumento di bilancio del 10% circa.

    Le infrastrutture e le attrezzature del settore giudiziario sono tuttora insufficienti. Occorrono investimenti cospicui per la computerizzazione dei tribunali di commercio, del catasto e dei registri fondiari, iniziata da poco. Ai 3 300 computer forniti negli ultimi anni dovrebbero aggiungersene almeno altri 2 500 tra il 2004 e il 2005. I tribunali non hanno ancora accesso alle basi di dati degli organismi incaricati di applicare la legge. L'informatizzazione del sistema di gestione dei tribunali dovrebbe terminare nel 2008. Non esistono ancora reti computerizzate che colleghino i diversi tribunali. Gli edifici sono in genere vetusti e fatiscenti, e devono essere ristrutturati e/o ricostruiti.

    Il Centro per la formazione professionale dei giudici e degli altri funzionari giudiziari, creato nel 1999, è diventato parzialmente operativo solo nel 2003. Pur essendo un servizio formalmente autonomo del ministero della Giustizia, incaricato della formazione continua di giudici e pubblici ministeri, in pratica il Centro non dispone ancora di capacità sufficienti per svolgere le sue funzioni poiché è composto solo da 4 persone, compreso il direttore, e non ha un bilancio permanente. Ora come ora, i formatori non vengono selezionati per concorso né valutati sulla base delle rispettive prestazioni. Il Centro deve definire urgentemente una strategia di formazione, costituire un gruppo di formatori e iniziare a organizzare una formazione a lungo termine associata ad altri corsi nelle diverse regioni. Sebbene il Centro abbia organizzato seminari ad hoc (finanziati principalmente dai donatori internazionali) riguardanti, ad esempio, le procedure della Corte europea per i diritti umani, la giurisprudenza e altri argomenti, la formazione sulla normativa UE non è ancora iniziata. Il Centro dovrebbe inoltre avviare una cooperazione istituzionalizzata con la Corte suprema, a cui la legge sui tribunali affida l'incarico di sorvegliare la formazione dei giudici. La formazione è ostacolata anche dalle scarse risorse finanziarie di cui dispongono i tribunali. Ci si deve adoperare attivamente per potenziare il Centro o per creare un'accademia giudiziaria.

    Funzionamento dell'apparato giudiziario

    Nella seconda metà degli anni '90, il sistema giudiziario croato risultava carente in termini di indipendenza, efficienza e personale. Sebbene la sua indipendenza sia ormai consolidata e la situazione sia notevolmente migliorata, si devono ancora risolvere grossi problemi quali l'inefficienza generalizzata, i tempi necessari per emettere e applicare le sentenze e le carenze connesse alla selezione e alla formazione dei giudici. Per di più, i tribunali vengono aditi molto spesso per questioni che in linea di massima potrebbero essere risolte con altri mezzi. A tutti questi fattori, che alimentano l'arretrato giudiziario, si aggiunge il fatto che non sempre i tribunali e le diverse parti dell'amministrazione statale rispettano o eseguono tempestivamente le decisioni dei tribunali superiori. Ciò significa che il sistema giudiziario non tutela pienamente i diritti del cittadino come previsto dalla Costituzione.

    L'arretrato giudiziario, pari attualmente a circa 1,38 milioni di cause, dimostra che il settore ha notevoli difficoltà a gestire la mole di lavoro. Diverse misure annunciate di recente mirano ad abbreviare l'iter giudiziario e ad alleggerire il carico dei tribunali: si dovrà verificare, al riguardo, l'impatto effettivo delle modifiche apportate ai codici di procedura penale e civile per snellire e accelerare le procedure. Gli altri provvedimenti da prendere nel settore consistono, tra l'altro, nel trasferire la principale autorità investigativa dai tribunali alla Procura di Stato e nell'affidare ai notai, anziché ai tribunali, le questioni di eredità non controverse. L'adozione della legge sull'eredità è un primo passo in questa direzione. La legge che modifica la legge sui registri dei tribunali cerca di semplificare, accelerare e rendere meno onerosa la procedura di iscrizione in detti registri. La legge sulla mediazione propone un metodo alternativo di risoluzione delle controversie, ma la scarsa dimestichezza dei cittadini croati con questa procedura ritarderà inevitabilmente i primi risultati concreti.

    La riforma strutturale del sistema giudiziario croato è iniziata con l'adozione da parte del governo, nel novembre 2002, di un documento strategico sulla "Riforma del sistema giudiziario" a cui ha fatto seguito un piano operativo adottato nel luglio 2003. La strategia, che ha individuato una serie di misure intese a ovviare a diverse carenze strutturali, conteneva proposte volte ad instaurare un sistema di formazione professionale, a ridurre il carico di lavoro dei tribunali e a semplificare i procedimenti giudiziari prevedendo, anche se entro tempi poco realistici, l'adozione di nuove leggi, l'acquisto di attrezzature e una serie di assunzioni per coprire i posti vacanti. La riforma proposta nel 2002 non contemplava le modifiche della legge sui tribunali necessarie per consentire la mobilità dei giudici, organizzare una formazione obbligatoria e subordinare le promozioni alle prestazioni professionali.

    Nel gennaio 2004, il Parlamento ha dato un nuovo impulso alla riforma giudiziaria adottando un pacchetto di emendamenti della legge sui tribunali volti a ridurre l'arretrato trasferendo le cause tra tribunali della stessa giurisdizione a seconda del loro carico di lavoro, ampliando le competenze dei consiglieri giuridici affinché possano subentrare ai giudici per determinate azioni procedurali ed estendere la possibilità di trasferire i giudici, con il loro accordo, da un tribunale all'altro. Le modifiche prevedevano anche una descrizione dettagliata degli obblighi dei giudici e un miglioramento del sistema di valutazione. Il governo ha inoltre adottato proposte volte ad affidare le procedure di esecuzione a funzionari dotati di pubblici poteri. Il Parlamento, tuttavia, deve ancora adottare le modifiche della legge sull'esecuzione necessarie a tal fine. Occorre inoltre applicare pienamente le modifiche del codice di procedura civile, in vigore dal dicembre 2003, che hanno introdotto scadenze e altre misure per evitare gli abusi procedurali. L'applicazione di tutte queste misure richiederà un notevole impegno da parte delle autorità croate.

    All'esecuzione delle sentenze penali, posta sotto l'autorità di giudici ad hoc, si applicano disposizioni diverse dagli altri tipi di sentenze riguardanti rivendicazioni diverse, segnatamente di natura finanziaria. L'arretrato accumulato dal settore giudiziario croato è dovuto principalmente a problemi di registrazione e all'esecuzione delle sentenze civili, specialmente quelle che impongono obblighi finanziari o azioni specifiche ai debitori. Ci si dovrà quindi adoperare con particolare impegno per riformare la legge sull'esecuzione.

    1.1.4. Misure anticorruzione

    La Croazia ha ratificato le convenzioni del Consiglio d'Europa sul diritto penale e civile e ha opportunamente adeguato la legislazione nazionale. La corruzione è considerata un reato. La Croazia ha aderito nel dicembre 2000 al Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), la cui sessione plenaria ha trasmesso alle autorità croate nel maggio 2002 sedici raccomandazioni riguardanti misure legislative e amministrative. La Croazia deve presentare prossimamente al GRECO una relazione sull'applicazione di tali raccomandazioni.

    Pur non facendo parte dell'OCSE, la Croazia partecipa al gruppo di lavoro dei non membri ed è attiva nella rete anticorruzione (ACN). Sono in corso i preparativi per l'adesione alla convenzione dell'OCSE sulla lotta contro la corruzione di funzionari pubblici stranieri nelle transazioni d'affari internazionali.

    Dalle relazioni e inchieste internazionali si evince che la corruzione costituisce tuttora un problema per diverse fasce della società croata. Nonostante il notevole impegno dimostrato negli ultimi anni, quindi, occorre intensificare ulteriormente la lotta contro questo fenomeno.

    A livello nazionale, la Croazia ha adottato e applicato diverse leggi anticorruzione. Esistono inoltre un piano d'azione globale e un programma nazionale anticorruzione, ma finora non si sono avuti riscontri circa l'applicazione del programma, che pure fissava un gran numero di scadenze per il 2001. La legislazione nazionale è stata in parte allineata con le disposizioni della convenzione del 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità e con i relativi protocolli, sebbene occorrano ulteriori miglioramenti. Diversi atti legislativi, segnatamente la legge sulla prevenzione dei conflitti d'interesse nello svolgimento di pubbliche funzioni, contengono disposizioni volte a prevenire i conflitti d'interesse tra pubblico e privato.

    La creazione dell'Ufficio per la soppressione della corruzione e della criminalità organizzata (USKOK) ha dotato il paese di un organismo specializzato nelle indagini e nella repressione in materia di corruzione. L'Ufficio opera come unità speciale della Procura di Stato, in stretta collaborazione con l'Ufficio per la prevenzione del riciclaggio del denaro. L'USKOK, tuttavia, non è ancora pienamente operativo e deve sviluppare considerevolmente le sue capacità, anche in termini amministrativi. La formazione viene impartita a diversi livelli attraverso tutta una serie di organizzazioni e di programmi.

    Le statistiche sulla corruzione provengono da varie fonti. Il procuratore di Stato pubblica una relazione annuale contenente statistiche sui casi di corruzione di cui si discute in Parlamento. Il ministero dell'interno tiene statistiche separate sui reati di corruzione mentre l'Istituto statistico croato riceve i dati pertinenti dagli organi dell'amministrazione statale, compresi la Procura di Stato e l'USKOK.

    Si dovranno intensificare ulteriormente le misure prese per migliorare le capacità del personale e le condizioni di lavoro, nonché fornire infrastrutture e apparecchiature informatiche adeguate ai tribunali, alla Procura di Stato e all'USKOK. Occorre inoltre sensibilizzare maggiormente la popolazione al fatto che la corruzione costituisce un grave reato.

    1.2. Diritti umani e tutela delle minoranze

    La Croazia ha adottato diverse disposizioni legislative per far rispettare i diritti dell'uomo e delle minoranze. La Costituzione sancisce le libertà e i diritti fondamentali, sanciti anche da certe convenzioni internazionali tra cui la convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e i suoi principali protocolli addizionali. Le disposizioni suddette costituiscono, a norma dell'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, una parte dell'acquis e devono essere ratificate da tutti gli Stati che intendono aderire all'Unione europea.

    La Croazia, che fa parte del Consiglio d'Europa dal 1996, ha ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e i protocolli addizionali del 1997. I cittadini possono adire la Corte europea qualora ritengano che i diritti conferiti loro dalla convenzione siano stati violati.

    Fra le altre convenzioni internazionali che tutelano i diritti umani e le minoranze, la Croazia ha ratificato la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e la Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, ma deve ancora firmare la Carta sociale europea del 1996. Il paese ha ratificato le principali convenzioni dell'ONU sui diritti umani e i relativi protocolli.

    A norma dell'articolo 140 della Costituzione, i trattati internazionali fanno parte dell'ordinamento giuridico interno della Repubblica di Croazia e prevalgono sulla legislazione nazionale ordinaria.

    1.2.1. Diritti civili e politici

    L'accesso alla giustizia è garantito dalla Costituzione. L'assistenza legale è sempre disponibile per le cause penali, mentre a livello civile viene fornita solo dall'ordine degli avvocati. Gli stranieri non possono usufruire del gratuito patrocinio nelle cause civili, che è comunque precluso agli apolidi (tra cui figurano molti membri della comunità Rom). L'ordine degli avvocati stabilisce autonomamente gli onorari per le prestazioni legali. Non si può beneficiare dell'assistenza legale nelle cause civili promosse dallo Stato e non vi è alcun controllo pubblico sui criteri di ammissibilità al gratuito patrocinio offerto dall'ordine degli avvocati. La legge sulle spese procedurali esenta i rimpatriati e gli sfollati dall'obbligo di pagarle. La legge sull'asilo, tuttavia, non specifica in che modo si fornirà un'assistenza legale ai richiedenti asilo. La

    La pena di morte è stata abolita e la Croazia ha firmato il protocollo 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, che è entrato in vigore il 1° luglio 2003. Le torture e i trattamenti disumani e degradanti sono vietati dalla Costituzione, così come il lavoro coatto.

    Nell'ottobre 2002, la Croazia ha adottato un piano nazionale per l'abolizione della tratta di esseri umani in linea con le norme internazionali. Attualmente, tuttavia, la tratta di esseri umani viene considerata un reato solo perché rientra, senza però esservi menzionata specificamente, nell'articolo 175 del codice penale relativo alla repressione della schiavitù. [3]

    [3] Le modifiche apportate al codice penale nel luglio 2003 hanno allineato l'articolo 175 con la convenzione internazionale che si riferisce specificamente alla tratta di esseri umani. Per motivi procedurali formali, tuttavia, il 27 novembre 2003 la Corte costituzionale ha annullato le modifiche del codice penale adottate dal Parlamento il 9 luglio, che sarebbero dovute entrare in vigore il 1° dicembre 2003, per mancanza del quorum qualificato.

    La Costituzione croata vieta tutte le forme di discriminazione, compresa quella per motivi razziali. Il codice penale sancisce la responsabilità penale di coloro che non rispettano l'uguaglianza dei cittadini sulla base della razza e di coloro che violano i diritti umani e le libertà fondamentali basandosi sulle differenze di razza, sesso, colore della pelle, nazionalità o origine etnica. Non esiste una disposizione penale specifica che vieti gli atti di xenofobia.

    Gli arresti arbitrari sono vietati dalla Costituzione. Nessuno può essere arrestato o trattenuto in custodia cautelare senza un regolare mandato. Tutte le persone arrestate hanno il diritto di rivolgersi al tribunale, che si pronuncia sulla legalità della privazione di libertà e deve essere informato immediatamente dei motivi dell'arresto. La Costituzione prevede inoltre un risarcimento per le persone arrestate ingiustamente. Le legge definisce la durata esatta della detenzione preventiva e tutela la persona privata della libertà mediante garanzie conformi alle norme internazionali.

    Il diritto di voto è garantito e definito dalla Costituzione per tutti i cittadini che hanno raggiunto i 18 anni di età. Questa disposizione si applica anche ai cittadini che si trovano all'estero al momento delle elezioni.

    La libertà di associazione e di riunione è garantita dalla Costituzione. Non si segnalano problemi di applicazione della legge pertinente, entrata in vigore il 1° gennaio 2002. Le organizzazioni della società civile registrate in Croazia sono sempre più numerose e diversificate. Le ONG registrate sono passate da 15 375 nel 1999 a 23 740 nell'agosto 2003. Esistono inoltre 70 fondazioni, 6 fondi e 120 ONG internazionali. Anno dopo anno, le ONG hanno dato un contributo considerevole alla promozione dei diritti umani, specie per quanto riguarda i profughi e il monitoraggio elettorale.

    La libertà di espressione è garantita dalla Costituzione. Fino al 2000, le pressioni dirette, le intimidazioni, le estorsioni e i procedimenti giudiziari arbitrari erano all'ordine del giorno. La situazione è notevolmente migliorata dal 2000. Il settore dei media è stato largamente regolamentato e funziona per lo più secondo le regole del libero mercato. Desta preoccupazioni, tuttavia, la possibilità che le ingerenze politiche continuino a livello locale.

    Per quanto riguarda la stampa, esiste una vasta gamma di quotidiani, di cui cinque nazionali e altri con una tiratura locale/regionale, a cui si aggiungono tre settimanali politici. Tutti i giornali sono stati privatizzati, tranne due quotidiani nazionali, e i giornalisti possono esercitare la loro professione senza ostacoli di rilievo. La diversità politica è notevole, ma si devono prendere provvedimenti per garantire la trasparenza per quanto riguarda il controllo dei media. La posizione dominante di un gruppo di editori nel settore della distribuzione potrebbe dar luogo a un trattamento discriminatorio dei concorrenti (alcuni dei più grossi editori controllano oltre il 50% della prima rete di distribuzione croata).

    Nel settore audiovisivo operano oltre 130 stazioni radiofoniche e emittenti straniere. L'emittente televisiva di Stato (HTT) ha perso la sua posizione di monopolio. La privatizzazione della terza rete nazionale mediante cessione ad un consorzio radiotelevisivo croato potrebbe favorire lo sviluppo del settore radiotelevisivo privato introducendo concorrenza e pluralismo nel mercato televisivo. Oltre ai tre canali che coprono l'intero territorio nazionale esistono diverse reti televisive regionali. L'accesso alle fonti di notizie straniere non è soggetto a restrizioni. I canali televisivi stranieri sono disponibili via satellite o via cavo.

    Il quadro legislativo e amministrativo in vigore in Croazia è stato adottato nell'intento di armonizzare la legislazione nazionale con le norme europee, ma si nutre qualche preoccupazione circa la possibile influenza politica sugli enti normativi che sono stati creati.

    Le quattro leggi importanti nel settore dei media sono: (i) la legge sulla radiotelevisione croata (HRT) del marzo 2003, che disciplina il funzionamento dell'emittente di Stato e definisce i principi e gli obblighi relativi ai programmi. La procedura di nomina dei membri del consiglio d'amministrazione dell'HRT non garantisce né la necessaria trasparenza né l'indipendenza politica e la pluralità di opinioni che devono caratterizzare gli enti normativi nel settore radiotelevisivo. I membri del consiglio sono stati scelti [4], dopo molti rinvii, più per le loro preferenze politiche che per la loro esperienza. I rappresentanti della società civile dovrebbero svolgere un ruolo più attivo nella nomina dei membri del Consiglio. (ii) La legge sui media elettronici, adottata nel luglio 2003, che disciplina le trasmissioni radiotelevisive e le pubblicazioni elettroniche e definisce la procedura di assegnazione delle licenze per le radio pubbliche e private e le emittenti televisive. Il Consiglio per i media elettronici (un ente normativo con funzioni di sorveglianza) rilascerà e revocherà le licenze per l'assegnazione delle frequenze, eserciterà la necessaria vigilanza ed esaminerà i ricorsi. La procedura di nomina dei membri del Consiglio non garantisce né la necessaria trasparenza, né l'indipendenza politica e la pluralità di opinioni che devono caratterizzare gli enti normativi nel settore radiotelevisivo, né risorse finanziarie e umane sufficienti. La legge adottata non è del tutto in linea con la Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera e con la direttiva sulla televisione senza frontiere (cfr. anche il capitolo 20 - Cultura e mezzi audiovisivi). (iii) La legge sulle telecomunicazioni, adottata nel luglio 2003, che intende spianare la via alla liberalizzazione dei servizi di telecomunicazioni creando condizioni favorevoli all'attività di nuovi operatori di servizi fissi e mobili. L'Agenzia per le telecomunicazioni, ente normativo indipendente istituito dalla legge, si occupa dell'assegnazione delle frequenze e di altre questioni tecniche, ma i suoi rapporti con il Consiglio per i media elettronici non sono chiaramente definiti e potrebbero bloccare l'attività dei due organismi. La legge è sostanzialmente in linea con le norme internazionali, ma deve essere urgentemente riformata per quanto riguarda gli aspetti connessi alle trasmissioni radiotelevisive. (iv) La legge sui media (già "legge sull'informazione dei cittadini"), adottata nell'ottobre 2003, che definisce i principi di base per l'attività dei media non elettronici (cioè soprattutto la stampa) quali la libertà di espressione, il diritto del pubblico all'informazione, la tutela della privacy e il controllo dei media. Nel gennaio 2004, tuttavia, la Corte costituzionale ha abrogato la legge per motivi procedurali (non era stata adottata a maggioranza assoluta sebbene riguardasse i diritti umani fondamentali). Conformemente alla decisione della Corte costituzionale, la legge sui media può essere applicata in via provvisoria fino al 30 aprile 2004. La Croazia deve garantire che la legge riveduta sui media tenga pienamente conto dell'articolo 10 della Convenzione europea dei diritti umani (ECHR) e delle altre raccomandazioni pertinenti adottate dal comitato dei ministri del Consiglio d'Europa.

    [4] Il 17 ottobre 2003 il Parlamento ha approvato la selezione dei membri del consiglio, sei dei quali sono stati nominati dalla coalizione di governo precedente e cinque dall'opposizione. Il consiglio è composto da 11 membri appartenenti a gruppi diversi della società civile.

    La Corte costituzionale ha annullato nel novembre 2003 la legge sulle modifiche del codice penale adottata nel luglio 2003, che prevedeva sanzioni penali per la diffamazione ad opera dei giornalisti, perché non era stata adottata a maggioranza assoluta. A questo punto, è importante che le disposizioni della legge riveduta riguardanti la diffamazione riflettano le norme europee (conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo).

    Concludendo, occorre modificare le leggi suddette per allinearle con le norme europee sulla libertà di espressione, tenendo conto delle raccomandazioni formulate nel febbraio 2004 dalla missione congiunta di esperti del Consiglio d'Europa, della Commissione europea e dell'OSCE.

    Il diritto di proprietà è riconosciuto dalla Costituzione. La legge applica tuttavia determinate restrizioni agli stranieri, segnatamente per quanto riguarda la proprietà delle terre agricole, delle foreste e delle aree naturali protette (parchi nazionali, riserve naturali, ecc.). Le persone fisiche e giuridiche straniere possono acquistare beni immobili in Croazia a condizioni di reciprocità e previa approvazione del ministero degli esteri. La condizione di reciprocità si applica agli stranieri anche in caso di eredità.

    Il processo di restituzione delle proprietà alienate durante il regime comunista iugoslavo, disciplinato da una legge entrata in vigore nel gennaio 1997, procede con estrema lentezza: dopo 7 anni, è stata presa una decisione legalmente valida solo nel 34% dei 51 000 casi all'esame ed è stato accolto solo il 21% delle rivendicazioni. La legge autorizza solo i discendenti diretti a chiedere una compensazione, purché soddisfino determinati criteri di ammissibilità. Il governo non è in grado di indicare una data precisa per il completamento della procedura.

    La tutela della privacy è garantita. La Costituzione sancisce l'inviolabilità del domicilio, nonché la libertà e la riservatezza della corrispondenza. Solo un tribunale può ordinare la perquisizione di un alloggio o di altri locali sulla base di un mandato debitamente motivato.

    A quanto risulta dalle informazioni disponibili, non vi sono apolidi registrati in Croazia dopo lo scioglimento dell'RSFI.

    1.2.2. Diritti economici, sociali e culturali

    Nel 1999, la Croazia ha ratificato la Carta sociale europea del 1961 e il protocollo addizionale del 1999, entrati in vigore nel marzo 2003. Nel febbraio 2003, inoltre, la Croazia ha ratificato il protocollo del 1991 che modifica la Carta sociale europea. La Croazia non ha ancora firmato la Carta sociale europea del 1996.

    La Costituzione croata sancisce i diritti economici, sociali e culturali. Le libertà proprie dell'imprenditoria e del mercato sono garantite e lo Stato è tenuto ad assicurare uno status giuridico equivalente a tutti gli imprenditori. È inoltre riconosciuto il diritto al lavoro con accesso illimitato, alle stesse condizioni, a qualsiasi professione, compreso il diritto alle prestazioni previdenziali per i dipendenti e per i loro familiari. La Costituzione prevede tutta una serie di prestazioni sociali come il diritto universale all'assistenza sanitaria e un'assistenza specifica per le persone più deboli e per i disabili, con particolare attenzione ai programmi d'integrazione sociale, ma le restrizioni di bilancio limitano l'esercizio di questi diritti. Le famiglie godono di una protezione speciale. Le madri e i bambini sono protetti dallo Stato.

    Come Stato successore della Iugoslavia, Croazia applica la Convenzione ONU sui diritti del bambino e nel maggio 2004 dovrebbe presentare la seconda relazione sull'applicazione della Convenzione. La figura dell'ombudsman per l'infanzia è stata introdotta in Croazia nell'estate 2003.

    I sindacati possono essere creati liberamente. Il diritto di sciopero è garantito, con alcune restrizioni per le forze armate, la polizia, la pubblica amministrazione e i servizi pubblici (ad esempio, il personale sanitario).

    Si può accedere gratuitamente all'istruzione elementare, secondaria e superiore. Si possono aprire scuole e istituti didattici privati senza alcuna restrizione.

    La libertà di culto è garantita. Sebbene la chiesa sia separata dallo Stato, un accordo tra la Croazia e la Santa Sede crea un contesto favorevole all'attività della chiesa cattolica nella società. L'insegnamento religioso non è obbligatorio, ma viene impartito nell'ambito del sistema scolastico pubblico. La Croazia ha firmato accordi analoghi con le principali confessioni religiose presenti sul suo territorio (cattolici, ortodossi e musulmani) tranne il giudaismo. La restituzione delle proprietà ebree è il principale ostacolo alla conclusione di questo accordo.

    Le relazioni omosessuali sono riconosciute dalla legge. La legge sulla parità fra i sessi vieta le discriminazioni basate sulle tendenze sessuali.

    1.2.3. Diritti delle minoranze, tutela delle minoranze e profughi

    Minoranze

    Secondo il censimento del 2001, il 7,5% della popolazione croata appartiene alle 16 minoranze nazionali. I più numerosi sono i serbi, che rappresentano il 4,5% degli abitanti, seguiti da bosniaci (0,47%), italiani (0,44%), ungheresi (0,37%), albanesi (0,34%) e sloveni (0,3%). Le ultime statistiche ufficiali indicano lo 0,21% per i Rom, ma è probabile che i dati effettivi siano nettamente superiori.

    La Croazia ha ratificato tutte le convenzioni del Consiglio d'Europa che aveva firmato, come la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali e la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, nonché la Convenzione ONU sui diritti civili e politici. Il paese ha inoltre concluso accordi bilaterali sulla tutela delle minoranze nazionali con l'Ungheria e l'Italia. Si sta preparando un accordo bilaterale con la Serbia e Montenegro.

    La legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali (CLNM), adottata il 13 dicembre 2002, stabilisce il quadro legislativo nazionale per i diritti delle minoranze in Croazia. Le minoranze nazionali possono avere fino a otto rappresentanti in Parlamento. A livello locale, le minoranze hanno il diritto di essere rappresentate negli organi eletti nonché negli organi giudiziari e amministrativi di comuni e città. La CLNM prevede inoltre che le minoranze siano rappresentate negli organi giudiziari e amministrativi a livello statale e locale.

    Sono stati creati un Consiglio consultivo delle minoranze nazionali a livello nazionale e organi consultivi locali presso i consigli delle città e dei comuni. Il governo deve collaborare strettamente con il Consiglio delle minoranze nazionali per applicare la CLNM.

    L'accordo di Erdut e la lettera di intenti del 1997 hanno inoltre creato un quadro legislativo speciale riguardante i diritti della minoranza serba nella regione del Danubio. Sebbene la maggior parte dei diritti garantiti dall'accordo di Erdut sia stata recepita nella CLNM, alcuni diritti specifici sono sanciti dalla lettera di intenti, come la rappresentanza proporzionale nelle forze di polizia e nell'apparato giudiziario e i diritti connessi alle scuole per le minoranze.

    I membri delle minoranze nazionali presenti in Croazia esercitano il diritto di utilizzare ufficialmente la loro lingua materna, su basi di parità, nel territorio delle città/dei comuni e delle contee quando rappresentano almeno un terzo della popolazione o conformemente agli accordi internazionali. Essi hanno inoltre il diritto di ricevere un insegnamento nella loro lingua sin dalla scuola materna (fino all'istruzione secondaria) a norma della Costituzione, della legge costituzionale sui diritti delle minoranze nazionali (2002), della legge sull'uso delle lingue parlate e scritte delle minoranze nazionali (2000) e della legge sull'istruzione nelle lingue minoranze nazionali (2000).

    L'insegnamento nella lingua di una minoranza nazionale può essere impartito da un istituto pubblico, finanziato dal bilancio dello Stato, o da una scuola privata creata da una persona fisica o giuridica alle stesse condizioni applicate per la creazione di qualsiasi istituto didattico. I principi di uguaglianza, non discriminazione, protezione dell'identità nazionale, integrazione sociale, libertà di aprire istituti d'insegnamento e di stabilire i programmi di studio e possibilità di impartire agli insegnanti una formazione adeguata figurano nella legislazione croata e sono in linea con i principi di base contenuti nella Convenzione quadro delle minoranze nazionali e nella Carta europea delle lingue regionali o minoritarie.

    L'ombudsman potrebbe contribuire in misura considerevole alla tutela dei diritti delle minoranze, ma deve far fronte a notevoli ristrettezze di bilancio. Il governo ha creato un Ufficio per le minoranze nazionali, che nel 2003 ha potuto distribuire 20 milioni di HRK (2,6 milioni di euro) provenienti dal bilancio pubblico.

    Il 23 novembre 2003 sono stati eletti al Parlamento otto rappresentanti delle minoranze nazionali, contro cinque nel 2000.

    Secondo l'ultimo censimento, 331 383 cittadini croati che appartengono a 16 minoranze nazionali hanno il diritto di eleggere 471 consigli delle minoranze con 6 662 consiglieri e 143 rappresentanti a livello locale (comune) e regionale (contea). Il 18 maggio 2003 si sono tenute le elezioni dei consigli consultivi locali delle minoranze, ma a causa del periodo di preparazione troppo breve, dello scarso sostegno ricevuto dal governo e delle carenze operative a livello delle organizzazioni delle minoranze è stata eletta solo metà dei consigli a cui le minoranze hanno diritto a norma della legge costituzionale sulle minoranze nazionali. Il 15 febbraio 2004 sono stati eletti i membri dei consigli delle minoranze nazionali in 15 contee, 64 città e 132 comuni, con una partecipazione pari all'8% circa. Sussistono malintesi e carenze in termini di informazione per quanto riguarda la costituzione formale dei consigli locali, non solo tra le autorità locali, ma anche tra gli stessi gruppi minoritari.

    La legge costituzionale sulle minoranze nazionali impone di indire elezioni suppletive nelle contee/comuni dove non sia stato nominato un numero sufficiente di rappresentanti delle minoranze attraverso le liste di partito. Queste elezioni suppletive si sono tenute il 15 febbraio 2004 anziché entro il 23 marzo 2003 come previsto dalla CLNM. Va osservato che, a norma della legge sulle elezioni locali del 2001, le elezioni suddette si sarebbero già dovute svolgere nel settembre 2002.

    La minoranze sono ancora rappresentate in misura insufficiente negli organi amministrativi e giudiziari dello Stato rispetto ai livelli indicati nella CLNM. Il governo, che non ha ancora elaborato un programma per ovviare, a lungo termine, a questo stato di cose, ha giustificato il ritardo adducendo problemi pratici, vincoli di bilancio e, nel caso del settore giudiziario, l'indipendenza dei tribunali per quanto riguarda la selezione dei giudici. È stato pubblicato un gran numero di posti sia nella pubblica amministrazione che nel settore giudiziario, ma non si sa ancora se fra i nuovi assunti figurino membri delle minoranze nazionali. Una parte della legislazione deve ancora essere allineata con la CLNM, ad esempio la legge sull'amministrazione statale, la legge sui tribunali, la legge sul Consiglio giudiziario dello Stato e la legge sulla Procura di Stato. Si devono quindi prendere le misure necessarie per rimediare alla situazione.

    Da qualche anno a questa parte, i media elettronici e la stampa danno maggiore spazio, anche se non in misura sufficiente, alle minoranze e alle questioni che queste ultime giudicano importanti. Sebbene si sentano sempre meno discorsi di incitamento all'odio razziale, le minoranze nazionali sono viste e presentate come entità separate e non come una parte integrante della società. Devono ancora essere applicate le disposizioni della CLNM che impongono alle emittenti radiotelevisive pubbliche a livello nazionale e locale di produrre e/o trasmettere programmi per le minoranze nelle loro lingue.

    Per quanto riguarda i procedimenti giudiziari sulle discriminazioni contro le minoranze, non risulta né che siano stati emessi verdetti che riconoscevano questo tipo di reato né che siano state inflitte condanne per aver fomentato l'odio razziale.

    La situazione della minoranza serba è diversa. In primo luogo, pur trattandosi ancora della minoranza con il maggior numero di cittadini, la sua quota della popolazione totale è crollata dal 13% (censimento 1991) al 4,5% (censimento 2001). In secondo luogo, le relazioni tra lo Stato croato e la minoranza serba risentono del peso del recente conflitto, con i problemi che comportano il rientro dei profughi e la restituzione delle loro proprietà [cfr. più avanti il paragrafo sui "profughi"]. Con l'indipendenza della Croazia, il suo status è passato da quello di nazione costitutiva dell'ex Iugoslavia a quello di minoranza nazionale. Nel dicembre 2003, il nuovo governo ha firmato un accordo con i rappresentanti delle minoranze serbe, a cui ha offerto diversi posti nell'amministrazione. Va comunque sottolineato che le istituzioni della minoranza serba (partiti politici, scuole e organizzazioni culturali) funzionano liberamente. Nella regione del Danubio è stata applicata la maggior parte delle disposizioni dell'accordo di Erdut e della lettera di intenti del governo, a parte quelle che riguardano la questione importante della rappresentanza proporzionale dei serbi nel sistema giudiziario. Lo Stato deve impegnarsi ulteriormente per integrare la comunità serba a tutti i livelli della società croata.

    Va riservata particolare attenzione alla minoranza Rom, che rappresenta ufficialmente lo 0,21% della popolazione (9 463 persone secondo il censimento del 2001), ma il cui numero stimato è nettamente superiore (tra 30 000 e 40 000), poiché spesso i Rom si dichiarano come appartenenti al gruppo maggioritario o non si registrano affatto. La maggior parte di questa minoranza non è integrata nella società croata e subisce discriminazioni in tutti i settori della vita pubblica come l'accesso ai posti di lavoro, la sanità e la rappresentanza politica.

    Considerata la grave esclusione sociale di cui soffre la maggior parte della popolazione Rom presente in Croazia, il 16 ottobre 2003 il governo ha adottato, dietro incoraggiamento del Consiglio d'Europa e dell'OSCE, un programma nazionale per questa minoranza che contempla una serie di misure volte a promuovere l'inclusione sociale dei Rom preservandone tradizioni e cultura. Il programma riguarda, tra l'altro, lo status, la rappresentanza politica a livello locale, l'occupazione, i diritti dei bambini, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, la previdenza sociale, gli alloggi e la tutela dell'ambiente. Non è ancora dimostrato, tuttavia, che gli stanziamenti del bilancio statale 2004 a favore di questa iniziativa basteranno alla sua attuazione.

    Il gran numero di cause contro la Croazia pendenti presso l'ECHR è legato (i) a problemi procedurali propri del sistema giudiziario croato, compreso il margine d'azione della Corte costituzionale per prendere misure correttive in materia di diritti umani e (ii) a serie preoccupazioni circa la legislazione sui diritti umani, segnatamente le leggi sulle questioni attinenti alla proprietà legate al conflitto.

    Profughi

    La Croazia ha ratificato la convenzione di Ginevra del 1951 sui profughi. A un certo numero di profughi della BiH è stato concesso lo status di profughi a norma della legge croata sullo status dei profughi e degli sfollati, la cui definizione di profugo è molto diversa da quella della Convenzione di Ginevra. Sebbene la legge sui movimenti e sul soggiorno degli stranieri definisca con precisione le procedure di concessione dell'asilo, finora non è stata presa nessuna decisione positiva in tal senso. La nuova legge sul diritto di asilo dovrebbe entrare in vigore il 1° luglio 2004.

    Il numero totale di profughi e sfollati presenti in Croazia nel periodo 1991-1997 era di circa 950 000, provenienti da altri paesi o da altre parti del paese.

    Durante il recente conflitto, il numero degli sfollati croati [5] è salito a circa 550 000. I profughi serbo-croati erano invece 370 000 (330 000 in Serbia e Montenegro e 40 000 in BiH), soprattutto dopo le operazioni Flash e Storm del 1995, con le quali tutte le zone occupate sono passate sotto il controllo della Croazia. Alla fine del 1997, inoltre, 32 000 serbi sono stati registrati come sfollati nella regione UNTAES (Slavonia orientale). Ai 950 000 profughi e sfollati si sono aggiunti i croati bosniaci che si sono stabiliti in Croazia (circa 130 000) o che hanno attraversato il suo territorio per recarsi in un altro paese.

    [5] La versione inglese fa una distinzione tra i termini "Croat" e "Serb", che corrispondono all'affiliazione etnica, e il termine "Croatian", che indica la cittadinanza della Repubblica di Croazia.

    Alla fine del 2003 il numero di profughi serbo-croati si aggirava sui 209 000 (189 500 in Serbia e Montenegro e 19 500 in BiH), contro 1 700 sfollati di affiliazione etnica serba. 108 000 sono rientrati in Croazia entro la fine dello stesso periodo.

    Il lungo periodo passato fuori casa e gli ostacoli che si frappongono al loro rientro hanno indotto un gran numero di profughi serbi a cercare di integrarsi nel paese in cui risiedono. Secondo il censimento effettuato nel secondo semestre del 2000 dai governi dell'RFI e della BiH in collaborazione con l'UNHCR, il potenziale massimo di rientro dei profughi rimanenti era del 30% circa, corrispondente a poco più di 83 000 persone (76 500 dalla Serbia e Montenegro e 6 500 dalla BiH). Da un'indagine realizzata per la missione dell'OSCE in Croazia nel secondo semestre del 2003 risulta un potenziale di rientro pari al 15% dei profughi che si trovano attualmente in Serbia e Montenegro e nella BiH (30 000 persone circa).

    I principali problemi che devono affrontare i profughi al loro rientro riguardano l'alloggio, le mine, la reintegrazione economica, le eventuali intimidazioni basate sulle denunce per "crimini di guerra" e l'ostilità delle comunità locali di destinazione. A ciò si aggiungono difficoltà amministrative quali il mancato riconoscimento dei diritti a pensione maturati in base agli anni di lavoro nelle zone che prima erano sotto controllo serbo. Per quanto riguarda la reintegrazione economica, il governo ha adottato misure volte a promuovere lo sviluppo economico delle zone di rientro, ma non ha preso provvedimenti specifici a favore dei rimpatriati. Sono state stanziate le risorse di bilancio necessarie per il processo di sminamento, che dovrebbe terminare al più tardi nel 2010.

    Un gran numero di case e/o appartamenti è stato distrutto o occupato durante e dopo la guerra. Il problema degli alloggi, quindi, presenta tre aspetti diversi: (i) ricostruzione, (ii) recupero delle proprietà e (iii) fornitura di alloggi agli ex titolari di un diritto d'affitto.

    Ricostruzione: il governo ha ricostruito finora circa 130 000 alloggi distrutti su 200 000. Il sette per cento (7%) del programma è stato finanziato dalla comunità internazionale. Non si rilevano particolari ritardi nell'esecuzione del programma volto a ricostruire i circa 16 000 alloggi rimanenti, che dovrebbe essere completato per la fine del 2005 e agevolare il rientro di circa 48 000 persone. Le modifiche apportate nel 2000 alla legge sulla ricostruzione hanno eliminato le ultime disposizioni legislative discriminatorie. Sebbene il termine ultimo per presentare le richieste di ricostruzione fosse la fine del 2001, nel marzo 2004 il governo ha concesso, previo accordo con i rappresentanti serbi, un ulteriore periodo che va dal 1° aprile al 30 settembre 2004, il che significa che il programma di ricostruzione proseguirà fino al 2006.

    Restituzione delle proprietà: il recupero delle proprietà residenziali assegnate a utenti temporanei dalla legge sull'occupazione temporanea e sulla gestione delle proprietà specificate è disciplinato dalle modifiche apportate nel 2002 alla legge sulle aree di particolare interesse per lo Stato. La legge sulla proprietà e sui diritti connessi disciplina il recupero degli altri tipi di proprietà, come le proprietà commerciali e le terre agricole, assegnate eventualmente a utenti temporanei dalla legge sull'occupazione temporanea e sulla gestione delle proprietà specificate. Il governo ha stanziato i fondi necessari per mettere a disposizione alloggi alternativi. Alla fine del 2003 erano stati recuperati poco meno di 16 000 alloggi sulle 20 000 domande presentate [6] (4 000 dei quali sono rimasti vuoti perché non si sa dove siano i proprietari). Il recupero delle proprietà, tuttavia, procede con estrema lentezza soprattutto perché (i) il recupero è subordinato all'offerta di una sistemazione alternativa per gli occupanti (il che significa che i diritti dei proprietari non sono integralmente riconosciuti); (ii) ai livelli inferiori dell'amministrazione statale, non si ritiene urgente procurare in tempo utile una sistemazione alternativa agli occupanti [7]; (iii) i tribunali non ordinano lo sfratto e le decisioni di espulsione degli occupanti abusivi non vengono applicate. Il termine ultimo per portare a termine la restituzione delle proprietà, che il governo aveva fissato inizialmente alla fine del 2002, è stato poi prorogato fino a tutto il 2003 senza però essere rispettato. Alla fine del 2003 risultavano ancora occupati 3 500 alloggi per i quali sono state presentate circa 2 200 domande di recupero. A norma dell'accordo concluso tra governo e rappresentanti serbi, il processo deve concludersi entro la fine del 2004.

    [6] Si tratta del recupero di alloggi assegnati a norma della legge del 1995. sull'occupazione temporanea e sulla gestione delle proprietà specificate.

    [7] Il bene può essere restituito al proprietario solo dopo che si è fornita una sistemazione alternativa all'occupante temporaneo. Ciò significa che gli interessi degli occupanti temporanei prevalgono sui diritti giuridici dei proprietari.

    Alloggi per gli ex titolari di un diritto d'affitto: Fino a poco tempo fa, i profughi che vivevano in case popolari con diritti di occupazione / affitto non avevano accesso a un'abitazione se decidevano di tornare in Croazia, il che discriminava i profughi originari delle zone urbane. Le modifiche apportate nel luglio 2002 alla legge sulle aree di particolare interesse per lo Stato [8] ha prospettato per la prima volta la possibilità di risarcire gli ex titolari di diritti d'affitto in queste zone. Il 12 giugno 2003, inoltre, il governo ha adottato una decisione che garantisce un alloggio, grazie a finanziamenti pubblici, agli ex titolari di diritti d'affitto che decidono di rientrare anche in aree non di particolare interesse per lo Stato [9]. Gli alloggi devono essere forniti entro il 31 dicembre 2006. Il programma non affronta il problema della legittimità giuridica della revoca dei diritti di occupazione/affitto, ma sono state promosse numerose azioni in tal senso presso i tribunali nazionali e almeno una causa ("Blecic contro Croazia") è stata dichiarata ammissibile per l'ECHR.

    [8] Cfr. la carta allegata. Le aree di particolare interesse per lo Stato, definite da una legge del 1996 (poi modificata), sono state istituite per ovviare alle conseguenze della guerra accelerando il rientro di profughi e sfollati, favorendo la ripresa demografica ed economica e promuovendo uno sviluppo equilibrato di tutte le regioni della Croazia.

    [9] Le modifiche della legge sulle aree di particolare interesse per lo Stato, adottate nel luglio 2000 e nel luglio 2002, propongono soluzioni per i casi all'interno di queste zone.

    Non vi sono ancora risultati concreti, poiché il piano di applicazione della decisione governativa è stato firmato, con notevole ritardo, solo il 29 ottobre. Finora, non è stata presa alcuna decisione in favore degli ex titolari di diritti d'affitto. Il governo prevede di soddisfare tutte le richieste per la fine del 2006. Il bilancio statale per il 2004, approvato il 4 marzo di quest'anno, contiene stanziamenti per la costruzione di circa 1 500/1 600 appartamenti onde soddisfare le prime richieste, ma è difficile valutare l'impatto di queste misure sui rientri.

    Ricapitolando, il governo croato ha preso disposizioni per fornire alloggi ai profughi e agli sfollati che desiderano rientrare, ma l'applicazione di queste disposizioni deve essere accelerata e migliorata, tranne per quanto riguarda il programma di ricostruzione. Il problema della restituzione di altri tipi di proprietà diversi dalle abitazioni non è stato affrontato sul piano legale allo stesso modo del recupero degli alloggi. Per rendere i rimpatri più duraturi, inoltre, occorre migliorare la situazione economica e l'atmosfera generale nelle zone interessate.

    1.3. Altri obblighi definiti nelle conclusioni del Consiglio UE del 29 aprile 1997

    Il governo si è impegnato ad adempiere ai suoi obblighi a norma degli accordi di Dayton/Parigi. Esso rispetta la sovranità e l'integrità territoriale della Bosnia ed Erzegovina. Nel quadro dell'accordo di Erdut, firmato nel novembre 1995, la Croazia ha accettato un certo numero di obblighi per arrivare alla reintegrazione pacifica della parte della regione croata del Danubio (Slavonia orientale, Baranja e Sirmium occidentale) sotto la sovranità del governo croato dal gennaio 1998 (quando l'UNTAES, l'autorità transitoria dell'ONU, si è ritirata dal territorio). Gli obblighi previsti dall'accordo e dalla lettera di intenti del gennaio 1997 al CSNU rimangono giuridicamente vincolanti. Alcune disposizioni sono state riprese nella legge costituzionale sulle minoranze nazionali, che viene applicata solo in parte. La Croazia mantiene in particolare l'impegno a rispettare tutti gli obblighi connessi al rientro dei profughi e degli sfollati.

    1.3.1. Cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (TPII)

    La cooperazione della Croazia con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (TPII) è notevolmente migliorata da qualche mese a questa parte. Nell'aprile 1996 la Croazia ha adottato la legge costituzionale sulla cooperazione con il TPII e ha creato "l'Ufficio governativo per la cooperazione con la Corte internazionale di giustizia e con i Tribunali penali internazionali". Finora, il TPII ha incriminato in tutto 5 cittadini croati per delitti commessi nella Repubblica di Croazia e 27 croati della Bosnia ed Erzegovina per delitti commessi nel territorio di questo Stato.

    Nessuno dei tre cittadini croati incriminati nel 2001 e nel 2002 è stato deferito dal governo al TPII, per motivi diversi. Rahim Ademi (incriminato l'8 giugno 2001) si è costituito spontaneamente nel luglio 2001; il generale Janko Bobetko (incriminato il 17 settembre 2002) è morto nell'aprile 2003, dopo che il governo aveva contestato alcune parti dell'accusa pronunciata dal TPII perché, a suo parere, rimettevano in questione la giustificazione politica e la legittimità di un intervento particolare dell'esercito croato; il generale Ante Gotovina, incriminato l'8 giugno 2001 per crimini di guerra commessi durante e dopo la "Operation Storm" del 1995 (responsabilità individuale e di comando), è tuttora in libertà. Il 1° marzo 2004 la Croazia ha ricevuto denunce ufficiali contro gli ex generali dell'esercito Cermak e Markac, che si sono costituiti spontaneamente al TPII l'11 marzo 2004.

    Quattro dei 27 imputati croati della Bosnia ed Erzegovina sono stati arrestati in Croazia e consegnati al TPII. Per quanto riguarda gli altri diciotto che si sono costituiti spontaneamente, agli inizi di aprile il TPII ha avviato un procedimento in seguito alla denuncia del 4 marzo contro sei croati che avevano prestato servizio come funzionari politici e militari nella cosiddetta "Herceg-Bosna", un'entità istituita dai croati durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina. I sei sospettati, che hanno la nazionalità croata e risiedevano stabilmente in Croazia, si sono costituiti spontaneamente al TPII il 5 aprile, sono comparsi davanti al Tribunale il 6 aprile e si sono dichiarati non colpevoli di tutti i 26 capi d'accusa. Gli altri imputati croati sono stati arrestati dall'SFOR o dalle autorità di altri paesi.

    Ultimamente, la Croazia ha preso provvedimenti per concedere l'accesso alla documentazione interna e autorizza incontri con i testimoni potenziali secondo modalità approvate dal TPII. Nell'ottobre 2003, la Croazia ha adottato la legge sulla protezione dei testimoni nei procedimenti penali [10].

    [10] La legge prevede quattro tipi di protezione: protezione fisica e tecnica, trasferimento della persona, misure volte ad occultare l'identità e la proprietà, cambiamento di identità.

    Nell'agosto 2003, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha invitato la Croazia ad intensificare la cooperazione con il TPII consegnando, in particolare, al Tribunale il generale in fuga Ante Gotovina. La Croazia ha rinviato l'esecuzione del mandato di cattura del generale Bobetko prima della sua morte.

    La Croazia accetta la nozione di responsabilità di comando definita dallo statuto del TPII (articolo 7.3) e dallo statuto di Roma del TPI (articolo 28), che però non viene considerata esplicitamente un reato dal codice penale attuale. La legge sulle modifiche del codice penale (del luglio 2003), che introduceva nella legislazione nazionale i tre tipi principali di responsabilità di comando definiti dallo Statuto di Roma, è stata revocata dalla Corte costituzionale nel novembre 2003, perché non era stata adottata con la necessaria maggioranza dei voti. La Corte suprema, comunque, ha ipotizzato almeno in una decisione che i comandanti possano essere considerati responsabili, a norma del codice penale vigente, per non aver impedito crimini di guerra di cui erano o avrebbero dovuto essere al corrente.

    Concludendo, la cooperazione con il TPII ha raggiunto un livello del tutto soddisfacente, come ha dichiarato il procuratore del Tribunale nell'aprile 2004. La Croazia deve però prendere tutte le misure necessarie per rintracciare l'ultima persona incriminata e deferirla al TPII

    Le autorità sembrano intenzionate a migliorare le condizioni in cui i criminali di guerra vengono processati dinanzi ai tribunali nazionali. Fra il 1991 e il 2003 sono state promosse azioni penali contro circa 3 100 persone, con oltre 1 300 capi d'accusa e 548 condanne (inflitte per la maggior parte in contumacia).

    Non esiste un ufficio speciale per i crimini di guerra. I dipartimenti investigativi speciali presso i 4 tribunali di contea di Spalato, Zagabria, Fiume e Osijek per le azioni giudiziarie contro i crimini di guerra previsti dalla legge sull'applicazione dello statuto di Roma del Tribunale penale internazionale (TPI), adottata il 17 ottobre 2003, non funzionano, anche perché i presidenti dei tribunali di contea non hanno preso i provvedimenti necessari per renderli operativi. Non si sa ancora con precisione come verrà definita la giurisdizione (per territorio, per materia), a chi verrà affidata e come si svolgerà la formazione dei giudici e se sarà possibile una collaborazione fra i quattro dipartimenti per gli eventuali scambi di documenti/prove.

    Dai dati statistici risulta che il concetto di responsabilità penale non viene applicato secondo gli stessi criteri a tutti coloro che sono processati per crimini di guerra nei tribunali croati. I fautori dell'etnicità serba sono svantaggiati, rispetto ai croati, in tutte le fasi dei procedimenti giudiziari. Nel 2003, pertanto, i serbi avevano più probabilità dei croati di essere condannati, anche se la differenza era diminuita rispetto al 2002. Il numero di serbi processati nel 2003 è aumentato rispetto al 2002, mentre per i croati si è registrata una netta diminuzione. La Corte suprema ha annullato in appello un gran numero di condanne nei confronti di serbi, ordinando un nuovo processo sulla base degli errori commessi dal tribunale di primo grado. Per di più, i pubblici ministeri e i tribunali locali hanno continuato a celebrare procedimenti in contumacia (nel 2003, 27 delle 32 condanne contro serbi per crimini di guerra sono state inflitte in contumacia). Questo tipo di procedimenti viene applicato quasi esclusivamente ai serbi, per lo più mediante imputazioni collettive. Oltre a non rispettare il principio della colpevolezza individuale, questa prassi comporta un onere supplementare per i tribunali poiché gli imputati condannati in contumacia chiedono sistematicamente un nuovo processo. Nonostante i miglioramenti introdotti negli ultimi anni, occorre proseguire la riforma per arrivare ad un'amministrazione equa della giustizia penale nei processi per crimini di guerra.

    I procedimenti giudiziari subiscono tuttora notevoli ritardi, sia nei tribunali di prima istanza che presso la Corte suprema. Le gravi carenze dell'amministrazione della giustizia sono state inoltre evidenziate dalla causa "prigione di Lora" a Spalato e da molte altre cause presso i tribunali distrettuali di Gospic e Zadar. Il tribunale di contea di Gospic ha giudicato un rimpatriato serbo colpevole non solo di crimini di guerra, ma anche di 500 anni di crimini serbi contro la Croazia ("sentenza Karan", poi annullata dalla Corte suprema). Negli ultimi dodici mesi, inoltre, il procuratore di Stato ha avviato indagini su diversi croati sospettati di crimini di guerra a danno di civili serbi, con risultati eterogenei. Il processo Gospic di Fiume ("caso Norac") è un valido esempio di giudizio penale reso a seguito di un giusto processo.

    In linea di massima, la Croazia è disposta a collaborare strettamente con il TPII nei processi interni per crimini di guerra, anche accettando come giuridicamente pertinenti tutti gli elementi di prova e l'altro materiale probatorio del TPII. Nei processi nazionali, le prove fornite dal TPII saranno considerate ammissibili senza bisogno di un ulteriore riesame.

    Avendo appoggiato le posizioni comuni dell'UE sul Tribunale penale internazionale (TPI), la Croazia ha deciso di non firmare con gli Stati Uniti un accordo bilaterale di non estradizione verso il TPI.

    1.3.2. Cooperazione regionale

    La Croazia partecipa attivamente a diverse iniziative regionali e subregionali come il patto di stabilità, l'iniziativa Adriatico-Ionio, la "Quadrilaterale" (Italia, Slovenia, Ungheria e Croazia), l'Iniziativa centroeuropea (CEI), l'Iniziativa di cooperazione per l'Europa sudorientale (SECI), l'Iniziativa Alpi-Adriatico e la Commissione per il Danubio. La Croazia ha uno status di osservatore nel Processo di cooperazione per l'Europa sudorientale (SEECP). L'adesione della Croazia a queste iniziative può essere giudicata uno sviluppo positivo malgrado la sua palese riluttanza ad essere considerata un paese dei Balcani occidentali.

    Nel dicembre 2002 la Croazia ha firmato l'accordo quadro sul bacino del fiume Sava con Slovenia, BiH e Serbia e Montenegro. La Croazia ha inoltre firmato nel febbraio 2003 il memorandum d'intesa sul mercato regionale dell'energia elettrica nell'Europa sudorientale (REM) e nel dicembre 2003 il relativo addendum (cfr. anche il capitolo 14 - Energia)

    I negoziati sulla distribuzione delle attività dell'RSFI sono iniziati nel 1992. L'accordo sulla successione è stato firmato il 29 giugno 2001 dai cinque Stati successori (Slovenia, Croazia, BiH, Serbia e Montenegro e ex Repubblica iugoslava di Macedonia) e successivamente ratificato. Il processo si è concluso nel marzo 2004 con la ratifica del Parlamento croato. L'accordo, il cui scopo è individuare e determinare un'equa distribuzione di diritti, obblighi, attività e passività dell'ex RSFI fra gli Stati successori, stabilisce i principi e le procedure di base per la sua interpretazione e applicazione.

    Le relazioni diplomatiche con la Serbia e Montenegro, avviate dalla Croazia nel 1996, sono tuttora difficili. La cooperazione economica ha iniziato a svilupparsi dopo il 2000 grazie al cambiamento di regime in entrambi i paesi. Il commercio bilaterale, inizialmente molto ridotto, è in aumento. Durante la prima riunione ufficiale tenutasi a New York nel novembre 2001, i due ministri degli esteri hanno deciso di considerare prioritaria la normalizzazione delle relazioni tra i due paesi, che da allora sono notevolmente migliorate e comportano contatti regolari a livello operativo. Il fatto che il presidente croato Mesic si sia recato a Belgrado nel settembre 2003, e soprattutto che entrambi i presidenti abbiano chiesto scusa per il dolore e le sofferenze che i due popoli si sono causati reciprocamente in passato, ha dato un impulso considerevole alla normalizzazione delle relazioni.

    Rimangono in sospeso, tuttavia, questioni importanti quali la demarcazione della frontiera lungo il Danubio e nella Prevlaka, le vertenze legate alla successione, il problema delle persone scomparse, la richiesta croata di un risarcimento per i danni di guerra, il rientro dei profughi e la restituzione delle loro proprietà, in particolare alle entità commerciali, e la ratifica dell'ALS da parte della Serbia e Montenegro. Dopo lunghi negoziati, il 23 dicembre 2002 è stato firmato a Zagabria un accordo di libero scambio. Il Parlamento croato ha ratificato l'accordo il 7 maggio 2003, ma la Serbia e Montenegro deve ancora farlo.

    Nel dicembre 2001 si è creata una Commissione frontaliera interstatale per l'identificazione e la demarcazione delle terre e la demarcazione del mare incaricata di gestire la demarcazione dei confini lungo il Danubio (347 chilometri). La Commissione, che finora ha fatto pochi progressi a causa della complessità politica e tecnica dei negoziati (definizione chiara della proprietà, eventuale risarcimento dei proprietari, ecc.) [11], si sta occupando dell'instaurazione di un regime frontaliero locale che permetta l'accesso alle proprietà situate nel territorio oggetto della vertenza fino a che non si troverà una soluzione permanente.

    [11] Nell'ultima riunione del 25 luglio 2003, le parti hanno raggiunto un accordo sulla demarcazione di due "punti zero" situati rispettivamente a Bajakovo e nel triangolo Croazia/BiH/Serbia a Racinovci, vicino a Brcko. Le autorità competenti dell'SCG stanno esaminando le rivendicazioni croate basate sul catasto fondiario.

    Nel dicembre 2002, i ministri degli esteri hanno firmato un protocollo su un regime temporaneo per Prevlaka, passata sotto la piena giurisdizione della Croazia dopo che il 15 dicembre è scaduto il mandato della missione di osservatori dell'ONU (UNMOP) [12]. Il regime temporaneo prevede la creazione di una zona smilitarizzata nel mare che circonda la baia di Cattaro tra capo Konfin e capo Ostro. La zona è controllata da pattuglie della polizia marittima croato-serba e montenegrina. Il protocollo autorizza l'eventuale creazione di punti di attraversamento supplementari e prevede l'instaurazione di un regime frontaliero di portata limitata per la popolazione locale. In attesa della demarcazione definitiva della frontiera è stato concordato un confine marittimo provvisorio che non si trova a metà della baia di Cattaro, ma privilegia nettamente la Serbia e Montenegro. Questa soluzione asimmetrica era stata concordata nei negoziati nel 1998 e presentata all'epoca al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L'applicazione del regime è giudicata soddisfacente. È in vigore anche il regime di portata locale e non si segnalano incidenti nella zona smilitarizzata. Attualmente, tuttavia, non è in corso alcuna trattativa sulla demarcazione definitiva della frontiera marittima.

    [12] Nel 1992, il presidente croato Tudjman e il presidente iugoslavo Cosic hanno raggiunto un accordo sul ritiro dell'esercito iugoslavo (JNA) dalla penisola di Prevlaka e dalla baia di Cattaro, e il 1° febbraio è stata costituita una missione di osservatori dell'ONU (UNMOP) per smilitarizzare la zona. L'11 ottobre 2002, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha deciso di prorogare per l'ultima volta l'UNMOP fino al 15 dicembre 2002, ritenendo che Prevlaka non ponesse più problemi di sicurezza.

    La questione delle minoranze è una delle più delicate, dal punto di vista politico, per la normalizzazione delle relazioni. Entrambi i paesi hanno adottato leggi costituzionali sulle minoranze, che disciplinano i diritti e le questioni importanti per tutte le minoranze nel rispettivo paese. Non è ancora stato firmato, tuttavia, un accordo bilaterale in merito.

    Nel maggio 2003, la Serbia e Montenegro ha abolito i visti per i cittadini dell'UE e dei paesi limitrofi, compresa la Croazia. Nel giugno 2003, la Croazia ha abolito temporaneamente il regime dei visti per i cittadini della Serbia e Montenegro nel periodo compreso tra il 10 giugno e il 31 dicembre 2003, successivamente prorogato fino al 31 gennaio e al 30 giugno 2004. Il governo croato ha fissato tre condizioni politiche per l'abolizione definitiva del regime dei visti: (i) restituzione dei registri in cui figurano le nascite, i matrimoni e i decessi dei cittadini croati, che nel 1995 sono stati portati a Belgrado; [13] (ii) sostituzione con forze di polizia dei militari della Serbia e Montenegro alla frontiera sul Danubio; (iii) piena cooperazione per la ricerca delle persone scomparse. [14]

    [13] Il 14 agosto 2003, il governo serbo ha deciso di restituire 420 registri.

    [14] La cooperazione è notevolmente migliorata da due anni a questa parte, ma la Croazia sta ancora cercando 1 275 persone comparse, contro una cifra ufficiale di 520 per la Serbia e Montenegro.

    Nel luglio 1999, la Croazia ha intentato presso la Corte internazionale di giustizia una causa contro l'allora RFI accusandola di genocidio e chiedendo, tra l'altro, una compensazione non specificata per danni di guerra [15].

    [15] La Croazia ha chiesto alla Corte di pronunciarsi dichiarando che l'RFI è venuta meno ai suoi obblighi giuridici nei suoi confronti a norma della convenzione ONU del 1948 per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio e deve pertanto i) permettere che siano processate le persone sospettate di aver commesso il delitto di genocidio, ii) fornire dati sulle persone scomparse, iii) restituire i beni culturali alienati e iv) versare un risarcimento per i danni causati dalla suddetta violazione del diritto internazionale.

    All'inizio della guerra, la Croazia ha emanato diversi decreti sulle proprietà dell'ex RSFI e delle sue repubbliche. Questa legislazione vieta sostanzialmente all'ex Stato federale e alle sue repubbliche, all'esercito iugoslavo e alle entità giuridiche stabilite al di fuori della Croazia di utilizzare i loro beni immobili situati in territorio croato, che sono quindi stati inclusi nel processo di privatizzazione previsto dalla legge sulla trasformazione delle imprese di proprietà sociale e dalla legge sulle privatizzazioni. Molte entità giuridiche croate con filiali in altre repubbliche dell'ex Iugoslavia sono state private del libero uso delle loro proprietà, segnatamente in Serbia e Montenegro. Visto che l'accordo sulla successione dell'RSFI non è ancora stato ratificato, le entità giuridiche sono costrette a promuovere singolarmente azioni legali attraverso il sistema giuridico/amministrativo oppure ad avviare una trattativa diretta con gli attuali possessori delle loro proprietà. Finora, solo poche entità sono tornate in possesso dei rispettivi beni.

    Le relazioni diplomatiche con la Bosnia ed Erzegovina (BiH) sono migliorate dopo l'insediamento del nuovo governo croato nel gennaio 2000. Per potenziare le istituzioni pubbliche centrali della BiH, la Croazia ha rinunciato alla sua politica di "relazioni parallele speciali" con la Federazione della BiH (cioè l'entità musulmano-croata della BiH) e ha avviato una cooperazione politica con l'autorità centrale dello Stato di Sarajevo. Nel dicembre 2001 è stato firmato un accordo onde agevolare e accelerare il rientro dei profughi a cui hanno fatto seguito, nel giugno 2002, due accordi importanti riguardanti rispettivamente la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata e l'attraversamento delle frontiere comuni.

    Gli scambi con la Bosnia ed Erzegovina sono stati totalmente liberalizzati attraverso l'accordo di cooperazione economica firmato il 24 marzo 1995 e il protocollo sulle norme di origine firmato il 26 febbraio 1996. Un ALS è in vigore dal 1° gennaio 2001.

    Nonostante questi sviluppi positivi, le relazioni bilaterali hanno fatto pochi progressi a causa, soprattutto, di fattori interni alla BiH. Rimangono in sospeso l'accordo sul porto di Ploce, la doppia nazionalità e la restituzione della proprietà.

    Non è ancora entrato in vigore l'accordo sul porto di Ploce, firmato nel 1998, che autorizza il libero transito per la BiH attraverso il territorio croato fino al porto di Ploce e il libero transito per la Croazia attraverso il territorio della BiH fino a Neum, situata circa 60 km a nord di Dubrovnik. Il principale problema è costituito dall'articolo 9 dell'accordo, secondo il quale il porto di Ploce deve essere gestito da un comitato di sette membri: la Croazia e la BiH nominerebbero tre rappresentanti ciascuna, mentre il settimo sarebbe nominato dal Tribunale internazionale per il diritto del mare e sarebbe autorizzato a prendere decisioni definitive in caso di disaccordo tra i due paesi. La Croazia ritiene che si tratti di una specie di "protettorato internazionale" sul suo territorio nazionale [16]. La BiH ha già ratificato l'accordo e lo ha quindi sostanzialmente accettato, ma esige che il Parlamento croato lo ratifichi così com'è per poi modificarlo in seguito tramite un emendamento. La Croazia, tuttavia, si rifiuta di ratificare l'accordo se l'articolo 9 non viene modificato. Al termine di lunghi e laboriosi negoziati, il governo croato e il Consiglio dei ministri della BiH hanno adottato nel luglio 2003 un protocollo speciale che definisce la procedura applicabile in futuro, ma che non è stato firmato nell'agosto 2003 come previsto. La presidenza della BiH, a cui compete la politica estera, si è rifiutata inaspettatamente di adottare il protocollo a causa delle nuove richieste presentate dal suo membro bosniaco.

    [16] L'accordo è stato concluso nel 1998, in circostanze politiche diverse, sul modello dell'accordo riguardante le relazioni speciali con la FBiH, l'entità bosniaco-croata della BiH. Quando il nuovo governo croato ha deciso nel 2000 di rinunciare a qualsiasi progetto di confederazione con questa entità (che figurava tra le opzioni dell'accordo di Dayton), la Croazia si è trovata a non avere la piena sovranità sul suo territorio.

    Il governo croato e il Consiglio dei ministri della BiH stanno negoziando un accordo bilaterale sulla doppia nazionalità, le cui disposizioni di base prevedono che i cittadini con la doppia nazionalità debbano prestare il servizio militare solo in un paese e che paghino le tasse e votino solo nel paese di residenza. L'accordo avrebbe un impatto politico considerevole, poiché i croati bosniaci residenti nella BiH non potrebbero più votare in Croazia. Nonostante i progressi compiuti, tuttavia, l'accordo non è ancora pronto per essere firmato. Né la Croazia né la BiH hanno firmato un accordo bilaterale sulla restituzione delle proprietà delle persone fisiche e giuridiche situate sul territorio di uno dei due paesi.

    Nel complesso, le relazioni con l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono buone e non vi sono questioni in sospeso. I paesi hanno firmato 24 accordi bilaterali. I negoziati di una convenzione bilaterale sulla cooperazione regionale a norma dell'articolo 12 dell'ASA sono iniziati subito dopo la firma dell'accordo da parte della Croazia, ma negli ultimi dodici mesi non si è fatto alcun progresso. Dal 1997 e dal 2001 sono in vigore, rispettivamente, un ALS e un accordo di riammissione tra i due paesi.

    Le relazioni con la Slovenia sono sempre state buone dopo l'indipendenza dei due paesi, che si consideravano partner strategici nel processo di secessione dall'ex Iugoslavia. Nel 1997 è stato firmato un accordo di libero scambio (ALS) tra Slovenia e Croazia che è entrato in vigore ufficialmente il 1° ottobre 2001 ma veniva applicato in via provvisoria dal gennaio 1998. Nel maggio 2002, la Slovenia e la Croazia hanno firmato un protocollo addizionale all'ALS sugli scambi di prodotti agricoli. L'ALS cesserà di applicarsi il 1° maggio con l'adesione della Slovenia all'UE.

    Le relazioni tra i due paesi, tuttavia, hanno risentito delle controversie riguardanti, ad esempio, la demarcazione della frontiera, la centrale nucleare comune di Krsko, la Ljubljanska Banka e la recente dichiarazione della Croazia in merito ad una zona di protezione dell'ambiente e della pesca nell'Adriatico.

    La vertenza frontaliera riguardante la baia di Pirano ha reso particolarmente difficili le relazioni tra Croazia e Slovenia nell'estate 2002 e non si è ancora raggiunto un accordo sulla demarcazione della frontiera marittima, in sospeso da quando entrambi i paesi sono diventati indipendenti. L'accordo frontaliero negoziato nel luglio 2001 tra i primi ministri croato e sloveno, che cede alla Slovenia l'80% della baia più un corridoio verso il mare aperto, è stato siglato ma non firmato, poiché la Croazia lo considera una semplice componente di un accordo globale (che riguardi anche la centrale nucleare di Krsko e la Ljubljanska Banka), che non è mai stato concluso. I negoziati sull'accordo frontaliero si sono arenati. Il 10 settembre 2002, i primi ministri croato e sloveno hanno concluso un accordo su un regime temporaneo per la pesca nella baia di Pirano. Questo accordo interinale, entrato in vigore il 23 settembre 2002 e successivamente prorogato [17], non incide minimamente sulla futura frontiera tra i due paesi ed è stato applicato finora senza troppi problemi.

    [17] In caso di adozione definitiva, l'accordo costituirebbe legalmente una parte dell'accordo sul traffico frontaliero limitato e sulla cooperazione (SOPS) del 1997 e dovrebbe quindi essere ratificato dal Parlamento.

    Poiché questa vertenza frontaliera è tuttora in sospeso, la decisione unilaterale presa nell'ottobre 2003 dalla Croazia di espandere la sua giurisdizione nell'Adriatico attraverso una zona ecologica e di pesca ha causato notevoli tensioni con i paesi limitrofi. Nell'ottobre 2003, il Consiglio ha invitato la Croazia ad avviare quanto prima un dialogo costruttivo con i suoi vicini per tener conto delle esigenze di tutte le parti in causa. Nonostante le riunioni trilaterali (fra Italia, Croazia e Slovenia) tenutesi nei primi mesi del 2004 per trovare una soluzione concordata prima che entri in vigore la "Zona" (2 ottobre 2004), non si è ancora raggiunto un accordo politico.

    Dopo dieci anni di laboriosi negoziati, nel dicembre 2001 è stato firmato un accordo sulla centrale nucleare di Krsk, entrato in vigore il 1° luglio 2002, che sancisce il carattere paritetico della proprietà, della gestione e dell'uso della centrale e disciplina tutte le questioni finanziarie in sospeso tra l'ente croato per l'energia elettrica (HEP) e l'ELES sloveno insorte dal 1998 al 30 giugno 2002. Secondo l'HEP l'applicazione dell'accordo non pone problemi, ma non si è ancora risolto il problema dello smaltimento dei residui nucleari. La Croazia, inoltre, ha chiesto alla controparte slovena di versare all'HEP un risarcimento di 56 milioni di USD per l'elettricità non fornita dopo il 1° luglio 2002, cioè quando l'accordo sarebbe dovuto entrare in vigore, ma finora i due paesi non sono giunti a un'intesa sull'entità di tale risarcimento.

    I depositi in valuta accumulati nelle filiali croate della Ljubljanska Banka, che fino allo scioglimento dell'ex RSFI ammontavano a circa 422 milioni di euro [18], sono poi rimasti presso queste filiali. Per risarcire i cittadini croati, nel 1991 il governo ha proposto di trasferire questi depositi dalla Ljubljanska Banka alle banche commerciali croate. [19]. Sono stati trasferiti alle banche commerciali croate, come parte del debito pubblico, depositi pari a circa 279 milioni di euro. I 150 milioni di euro circa che non sono stati trasferiti [20] sono tuttora rivendicati da privati alla Ljubljanska Banka, con la quale anche altre repubbliche dell'RSFI hanno difficoltà analoghe. Non si è ancora trovata una soluzione a questo problema, che interessa l'intera regione.

    [18] Situazione al 31 dicembre 1991.

    [19] I depositi in valuta dei cittadini presso la Ljubljanska Banka sono stati convertiti in debito pubblico della Repubblica di Croazia. Il governo ha emesso obbligazioni a favore delle banche commerciali rimborsabili in 20 rate semestrali al tasso d'interesse del 5%. In alternativa al versamento delle rate, i cittadini potevano recuperare le obbligazioni dalle banche per acquistare appartamenti di proprietà dello Stato o partecipazioni azionarie nelle imprese pubbliche.

    [20] All'epoca, un certo numero di depositanti sperava di ottenere condizioni migliori (di quelle offerte dal governo croato), equivalenti a quelle di cui usufruiscono i cittadini sloveni, trattando direttamente con la Ljubljanska banka.

    La Croazia intrattiene buone relazioni politiche e un dialogo politico ad alto livello con l'Albania. L'ALS tra i due paesi è entrato in vigore nella primavera del 2003, con qualche problema di applicazione ai valichi doganali dovuto alla scarsa conoscenza delle disposizioni dettagliate dell'accordo. Sono stati firmati 23 accordi bilaterali riguardanti, tra l'altro, la sanità, la cooperazione doganale e la riammissione. La politica dei visti tra i due paesi è stata resa meno rigorosa (per i contatti commerciali) e nel giugno 2003 l'Albania ha abolito il visto per i cittadini croati. Un ALS è in vigore dal giugno 2003.

    Le relazioni bilaterali con l'Italia sono intense e di particolare importanza per la Croazia, per la quale l'Italia rappresenta il primo partner commerciale e un investitore di rilievo. Pur essendo sostanzialmente buone, tuttavia, le relazioni con l'Italia sono ostacolate da questioni importanti, prima fra tutte quella degli "esuli". Si calcola che tra il 1943 e il 1947 abbia lasciato la Iugoslavia il 90% della popolazione italiana, le cui proprietà sono state nazionalizzate dallo Stato iugoslavo. I risarcimenti per le proprietà degli esuli sono parzialmente disciplinati dall'accordo di Osimo del 1975 e dall'accordo di Roma del 1981, entrambi conclusi tra l'RSFI e l'Italia. [21]. La restituzione delle proprietà nazionalizzate degli esuli è possibile da quando il Parlamento croato ha adottato, nel luglio 2002, una nuova legge sulla denazionalizzazione che sancisce il diritto alla restituzione e al risarcimento anche per i cittadini stranieri se tale diritto figura negli accordi bilaterali. La Croazia e l'Italia hanno deciso di avviare negoziati bilaterali nell'ottobre 2002.

    [21] Questi accordi disciplinano le richieste reciproche di risarcimento per i danni di guerra presentate dall'ex Iugoslavia e dall'Italia. A norma dell'accordo di Osimo, la Iugoslavia non doveva risarcire direttamente i cittadini italiani ma poteva versare la somma allo Stato italiano il quale avrebbe risarcito i suoi cittadini, cioè gli esuli.

    La dichiarazione unilaterale adottata dal Parlamento croato nell'ottobre 2003 per estendere una "zona ecologica e di protezione della pesca" esclusiva nell'Adriatico contravviene al principio europeo della cooperazione regionale e pertanto è stata fonte di tensioni nelle relazioni bilaterali. Si deplora inoltre che la Croazia non collabori per la prevenzione degli incidenti nell'Adriatico. Un altro aspetto particolarmente importante delle relazioni bilaterali è la tutela dei diritti della minoranza italiana presente in Croazia. Sebbene si sia fatto qualche progresso, occorre comunque una sorveglianza costante.

    1.4. Valutazione generale

    La Croazia possiede istituzioni democratiche stabili che funzionano correttamente, secondo le rispettive competenze, e collaborano fra di loro. Le elezioni del 2000 e del 2003 sono state giudicate libere ed eque. L'opposizione svolge un ruolo normale nel funzionamento delle istituzioni.

    Il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali non pone particolari problemi, ma la Croazia deve prendere provvedimenti per garantire il pieno rispetto dei diritti delle minoranze, in particolare quella serba. Il paese deve accelerare l'applicazione della legge costituzionale sulle minoranze nazionali e agevolare il rientro dei profughi serbi dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina. Occorre inoltre migliorare considerevolmente il funzionamento del sistema giudiziario e intensificare la lotta contro la corruzione.

    La cooperazione tra la Croazia e il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia è notevolmente migliorata da qualche mese a questa parte raggiungendo un livello del tutto soddisfacente, come ha dichiarato il procuratore del TPII nell'aprile 2004. La Croazia deve continuare su questa via e prendere tutte le misure necessarie per rintracciare l'ultima persona incriminata e deferirla al Tribunale dell'Aia. La Croazia deve adoperarsi con il massimo impegno per promuovere la cooperazione regionale risolvendo, in particolare, le vertenze frontaliere con i paesi limitrofi, conformemente alle norme internazionali per la composizione delle controversie, e le questioni derivanti dalla dichiarazione unilaterale relativa alla "zona ecologica e di pesca" protetta nell'Adriatico.

    2. Criteri economici

    Nel 1993, il Consiglio europeo di Copenaghen ha definito i seguenti criteri economici per l'adesione all'UE:

    " esistenza di un'economia di mercato funzionante;

    " capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione.

    Si tratta di criteri strettamente collegati. In primo luogo, un'economia di mercato funzionante è maggiormente in grado di far pronte alle pressioni concorrenziali. In secondo luogo, nell'ambito dell'adesione all'Unione per "mercato funzionante" s'intende il mercato interno. Un'adesione all'UE senza integrazione nel mercato interno non avrebbe alcuna valenza economica né per la Croazia né per i suoi partner.

    I paesi candidati devono assumere impegni irrevocabili per quanto riguarda gli obblighi economici che comporta l'adesione, affinché ogni parte del mercato UE ampliato continui a funzionare secondo regole comuni. La capacità di applicare l'acquis presenta tutta una serie di dimensioni diverse. Da un lato, la Croazia deve potersi assumere gli obblighi economici che comporta l'adesione, affinché il mercato unico funzioni in modo armonioso ed equilibrato. Dall'altro, la capacità della Croazia di far fronte alle pressioni concorrenziali del mercato interno presuppone un contesto economico favorevole e un'economia flessibile, che disponga di risorse umane e fisiche sufficienti, specie per quanto riguarda le infrastrutture. In mancanza di questi fattori, infatti, determinate fasce della società potrebbero giudicare insostenibili le pressioni concorrenziali e chiedere misure di difesa le quali, se venissero applicate, comprometterebbero il buon funzionamento del mercato unico.

    La Croazia potrà ottemperare più agevolmente agli obblighi economici che comporta l'adesione all'UE se raggiungerà un vasto consenso in merito alla natura dei cambiamenti richiesti in termini di politica economica e se attuerà le riforme economiche a ritmo sostenuto.

    2.1 Sviluppi economici

    La Croazia ha un'economia di piccole dimensioni, con 4,4 milioni di abitanti e un prodotto interno lordo (PIL) a prezzi correnti pari a 176,4 miliardi di HRK (23,8 miliardi di euro) nel 2002. La popolazione e l'economia del paese corrispondono rispettivamente all'1,2% e allo 0,26%, in termini di PIL, rispetto a quelle dell'Unione europea. Il PIL pro capite è dell'ordine di 40 000 HRK o di 5 400 euro (tasso di cambio medio del 2002). Il PIL pro capite del 1999, espresso in parità del potere d'acquisto (PPA), era di 8 267 USD, pari al 35,9% della media UE [22]. Non si dispone di dati attendibili sui PIL regionali. I primi calcoli evidenziano forti differenze tra le 21 contee, con una netta superiorità rispetto alla media per la città di Zagabria sia in termini assoluti che pro capite.

    [22] L'Ufficio statistico croato calcola ogni tre anni il PIL in PPA in collaborazione con l'OCSE (gli ultimi dati disponibili risalgono al 1999). Né le autorità croate né l'FMI forniscono regolarmente dati relativi al PIL pro capite in PPA. Secondo le stime del Vienna Institute for International Economic Studies (WIIW), il PIL pro capite in PPA è stato pari a 9 210 euro nel 2002.

    Contesto macroeconomico

    Come Stato appartenente alla Repubblica socialista federativa di Iugoslavia (RSFI), la Croazia aveva adottato un sistema socialista di autogestione e di proprietà sociale che consentiva di fissare liberamente i prezzi della maggior parte dei beni di consumo e di operare, entro certi limiti, in condizioni concorrenziali. Ne sono conseguiti un relativo sviluppo del settore privato e una partecipazione del terziario al PIL relativamente elevata rispetto a quella degli altri paesi dell'Europa centrale e orientale. La rapida crescita che ha caratterizzato il periodo 1950-1980 è stata favorita dall'alto tasso di investimenti, a volte superiore al 30%, e da un massiccio ricorso al prestito estero. Già prima dell'indipendenza, una quota considerevole delle esportazioni croate veniva assorbita dai mercati occidentali, anche se le esportazioni nei paesi del COMECON rappresentavano il 25% circa delle esportazioni totali (nel 1990). Malgrado il persistere dei disavanzi commerciali, nel periodo precedente all'indipendenza la bilancia dei pagamenti ha registrato eccedenze delle partite correnti pari al 7-8% del PIL, grazie ad un attivo costante del terziario proveniente in gran parte dal turismo. Negli anni '80, invece, gli investimenti sono diminuiti e la crescita si è fermata a causa della crisi internazionale del debito e del minore afflusso di capitali. Tra il 1987 e il 1990 il PIL è sceso dell'11% circa. Le perdite che ciò ha comportato per il settore delle imprese sono state compensate dal sistema bancario, e successivamente monetizzate dalle autorità, con un conseguente aumento dell'inflazione trasformatasi, a termine, in iperinflazione.

    La Croazia, che nel 1991 si è dichiarata indipendente dall'ex RSFI, ha dovuto subito far fronte a una guerra che si è veramente conclusa solo nel 1995 e ha causato sia danni diretti, in particolare alle infrastrutture e agli alloggi, che ripercussioni economiche indirette, interrompendo i flussi commerciali con gli ex membri dell'RSFI e il traffico più importante tra le diverse parti del paese. Il turismo, principale industria di esportazione della Croazia, ne ha risentito in misura considerevole (le entrate sono scese al 10% dei livelli preconflitto).

    Contemporaneamente, la Croazia ha dovuto affrontare i problemi derivanti dal mutato sistema economico e dalla perdita di alcuni mercati tradizionali dell'Europa orientale. L'effetto combinato della guerra, dell'indipendenza e della transizione economica è stato fonte di notevoli squilibri (recessione, disavanzo estero e fiscale, forte inflazione e aumento della disoccupazione, lievemente frenato dalla diminuzione della forza lavoro a seguito del conflitto). Le misure costruttive prese alla fine del 1993 hanno stabilizzato i prezzi e consentito un aumento annuale medio del PIL di oltre il 6% nel periodo 1994-1997. A metà degli anni '90, la Banca mondiale e l'FMI hanno definito la Croazia, la cui preparazione all'economia di mercato era iniziata poco dopo l'indipendenza, uno dei paesi dove la transizione stava dando i migliori risultati.

    Nel corso del 1997, tuttavia, la situazione economica si è nuovamente deteriorata. Tra la fine del 1997 e il 1999, il governo ha adottato una politica monetaria più rigorosa nell'intento di ovviare ai primi segni di surriscaldamento, di arginare l'espansione del credito e di stabilizzare i tassi di cambio. L'uso della liquidità per l'acquisto di valuta estera a fini speculativi e gli scarsi progressi in materia di ristrutturazione, che si sono ripercossi negativamente sulla competitività delle imprese, hanno causato un rapido accumulo degli arretrati di pagamento nell'economia, sia tra le imprese che tra lo Stato e le imprese. L'effetto combinato della politica monetaria rigorosa, del calo della domanda interna e del deterioramento del portafoglio prestiti delle banche ha provocato una crisi bancaria nel 1998/99. L'aggravarsi dei problemi strutturali, l'aumento delle tasse e dei prezzi amministrati e l'impatto della crisi del Kosovo hanno contribuito alla recessione, iniziata nell'ultimo trimestre del 1998. I primi segni di ripresa si sono manifestati solo dopo il terzo trimestre del 1999. Il PIL reale, che era sceso dello 0,9% nel 1999, ha registrato un aumento sostenuto negli anni successivi, con un tasso di crescita medio del 4% nel periodo 2000-2002.

    Il passaggio da un'economia pianificata all'economia di mercato ha avuto ripercussioni considerevoli sul mercato del lavoro in Croazia. Le prime fasi del processo di transizione sono state caratterizzate da una rapida trasformazione della struttura occupazionale settoriale, da un calo dei livelli occupazionali e dall'aumento della disoccupazione. Il tasso di disoccupazione (calcolato secondo le norme OIL) è passato dal 10% nel 1996 al 17,0% nella prima metà del 2001, per poi scendere al 14,4% nel secondo semestre del 2002. I tassi di disoccupazione variano considerevolmente tra una contea e l'altra (13-40%), con picchi particolarmente elevati nelle regioni di frontiera. La disoccupazione a lungo termine rappresentava nel 2002 il 53% circa della cifra globale. La disoccupazione giovanile (15-24 anni) ha raggiunto addirittura il 34,4%. L'importanza assoluta e relativa dei diversi settori e delle industrie ricalca sempre di più quella delle economie di mercato sviluppate. La creazione globale di posti di lavoro nei comparti produttivi dell'economia non ha però raggiunto livelli sufficienti per assorbire la manodopera licenziata dalle imprese non concorrenziali, costrette ad adeguarsi alla nuova situazione del mercato. La posizione dei conti esteri ha registrato inizialmente notevoli fluttuazioni. La bilancia delle partite correnti è deficitaria dal 1995 nonostante la ripresa delle entrate del turismo, e pertanto della bilancia dei servizi, dopo la guerra e dopo la crisi del Kosovo del 1999.

    Il livello degli investimenti esteri diretti (IED) in Croazia è rimasto basso fino al 1995, a causa della guerra e della preferenza accordata alla rilevazione dei dirigenti e dei dipendenti nel processo di privatizzazione, per poi registrare una crescita sostenuta, specialmente dal 1998 in poi. Secondo le autorità nazionali, l'afflusso globale di IED nel periodo 1993-2002 è stato pari a circa 7,45 miliardi di euro (1 656 euro pro capite). Il 75% circa degli investimenti proveniva dall'UE e il 15% dagli Stati Uniti. Quasi due terzi degli investimenti riguardavano progetti di privatizzazione, per lo più nei settori delle banche, delle telecomunicazioni e dei prodotti farmaceutici.

    Nel 1991, subito dopo l'indipendenza, il disavanzo del governo centrale consolidato è salito al 5,1% del PIL. La situazione fiscale si è poi stabilizzata fino al 1999, con una notevole riduzione dei disavanzi e posizioni eccedentarie in alcuni anni, per poi deteriorarsi rapidamente a causa della crisi economica. Il bilancio presentato, tuttavia, ha chiaramente sottovalutato l'impatto effettivo delle politiche fiscali, poiché è stato compilato solo in base alle disponibilità liquide senza tener conto della creazione dei fondi extrabilancio, dell'ampio uso degli arretrati e degli altri metodi di pagamento non monetari applicati dal governo. Le ultime stime della posizione governativa generale per competenze, che comprendono anche i fondi extrabilancio, le agenzie e i governi locali, indicano che il deficit ha raggiunto una punta dell'8,2% del PIL nel 1999 per poi declinare progressivamente.

    La legge sulla banca nazionale croata (Hrvatska narodna banka - HNB, creata nel dicembre 1990) ne sancisce l'indipendenza operativa dal governo. L'HNB definisce e attua la politica dei tassi di cambio e la politica monetaria. In mancanza di mercati monetari e di strumenti monetari sensibili al tasso d'interesse, si è deciso di stabilizzare la kuna rispetto alla moneta di riferimento (prima il marco tedesco e poi l'euro), una misura che di fatto riguarda più il tasso di cambio kuna-euro che la massa monetaria. Sebbene in teoria esistano operazioni di mercato aperto, l'HNB controlla di norma la massa monetaria mediante strumenti indiretti quali le riserve obbligatorie e i crediti di rifinanziamento. Dal 1995 in poi, l'HNB è riuscita a mantenere stabili i prezzi ad una sola cifra.

    Il dinaro croato è stato introdotto il 23 dicembre 1991 come moneta provvisoria dello Stato croato indipendente, di cui è diventato l'unica moneta legale il 1° gennaio 1992. Nel maggio 1994, la kuna croata (HRK) ha sostituito il dinaro croato. A causa della passata iperinflazione, nell'economia croata predomina tuttora la sostituzione valutaria (europeizzazione de facto). Il governo applica per la kuna croata un tasso di cambio fluttuante manovrato, senza nessuna indicazione circa la sua linea di condotta. Nel maggio 1995, quando la Croazia ha accettato gli obblighi di cui all'articolo VIII dello statuto dell'FMI, la kuna è diventata totalmente convertibile per la gestione delle partite correnti.

    Gli scambi di merci con l'UE, da sempre piuttosto consistenti, si sono ulteriormente sviluppati fino al 1995, quando la quota UE del commercio croato è arrivata al 60% circa sia per le esportazioni che per le importazioni. Durante la guerra del Kosovo, la quota UE delle esportazioni croate è scesa al di sotto del 50%, tornando però al 55% circa nel 2000 e mantenendosi successivamente a questo livello. Se si considerano anche gli scambi con i paesi che aderiranno all'UE nel 2004, si arriva quasi al 70%. I principali partner commerciali del paese sono Italia, Germania e Austria. Gli scambi con gli altri paesi dell'ex RSFI, che erano crollati nel 1995, sono poi riaumentati, specie per quanto riguarda la Slovenia e la Bosnia ed Erzegovina. È invece diminuito il peso dei paesi CEFTA, tranne la Slovenia, nel commercio della Croazia. Gli scambi con la Russia e con gli altri paesi dell'ex Unione Sovietica, in calo sin dal periodo successivo all'indipendenza, non sono più aumentati, fatta eccezione per le importazioni dalla Russia (per lo più petrolio). Va osservato tuttavia che la maggior parte dei proventi da esportazione proviene dal turismo, di gran lunga il principale settore economico da questo punto di vista (cfr. anche la Parte 3, Capitolo 15 - Politica industriale).

    Analogamente agli altri paesi in fase di transizione, le esportazioni croate provengono soprattutto dalle industrie ad alta intensità di manodopera e di capitale, a scapito delle industrie ad alto contenuto tecnologico. Il paese esporta principalmente macchinari e attrezzature di trasporto a causa del notevole sviluppo della cantieristica, che nel 2001 rappresentava quasi il 30% delle esportazioni totali e che importa al tempo stesso un volume notevole di mezzi di produzione. Vengono esportati anche quantitativi consistenti di manufatti, tra cui prodotti tessili e chimici, ma con una tendenza decrescente. L'agricoltura rappresenta una quota modesta delle esportazioni.

    Mutamenti strutturali

    Il processo di transizione della Croazia, la seconda repubblica iugoslava in termini di ricchezza, è partito su buone basi. Il paese poteva contare su alcune infrastrutture piuttosto valide, su un'industria turistica già sviluppata e su solidi contatti con l'occidente, si era industrializzato prima di diventare socialista e non aveva mai adottato un'economia pianificata di stampo comunista. L'ingresso nel mercato non dipendeva esclusivamente dallo Stato e in molti settori prevalevano prezzi di mercato. L'esistenza di imprese private, infine, era autorizzata nell'ex RSFI sin dal 1988.

    Il processo di deindustrializzazione della Croazia, iniziato con l'indipendenza ma su scala più ridotta rispetto ad altri paesi dell'Europa orientale, è rallentato dopo il 1996. L'importanza dei manufatti, pari al 71% circa dell'attività industriale (compresa la costruzione), è diminuita sia come quota del PIL (21,6% nel 2001) che in termini di occupazione (21,3% nel 2001), mentre il già notevole peso del terziario, segnatamente del turismo, è passato dal 50% circa del PIL all'epoca dell'indipendenza a una cifra approssimativa del 60%. La quota dell'agricoltura rispetto al PIL, che è andata diminuendo nella seconda metà degli anni '90, è rimasta comunque al di sopra del 9% a causa della lenta ristrutturazione del settore e dell'assorbimento dei lavoratori autonomi provenienti dal settore manifatturiero.

    La gestione delle finanze pubbliche desta da tempo serie preoccupazioni a causa dell'ingerenza sempre maggiore da parte dello Stato, della mancanza di trasparenza e della scarsa attendibilità dei dati fiscali, che oltretutto vengono messi a disposizione con notevole ritardo. Questo stato di cose è dovuto a diversi fattori: mancata integrazione degli organi governativi decentrati, creazione di fondi extrabilancio e scarsa trasparenza (nella concessione e nella registrazione delle sovvenzioni e delle garanzie pubbliche), controllo insufficiente delle spese dei fondi, pianificazione inadeguata a medio termine, norme e procedure insufficienti per quanto riguarda la gestione del bilancio e carenze in termini di responsabilità. Vanno comunque segnalate le misure prese negli ultimi anni (punto di partenza per ulteriori miglioramenti): creazione di un conto unico del tesoro, con un graduale passaggio ad una contabilità per competenza, e di un nuovo sistema di contabilità; integrazione nel bilancio dei fondi extrabilancio; introduzione di requisiti più rigorosi per quanto riguarda i resoconti e le verifiche; adozione di una nuova legge organica sul bilancio a metà del 2003.

    Con il sistema delle imprese di proprietà sociale e dell'autogestione in vigore prima del 2000, non vi era una netta distinzione tra proprietari, dirigenti e lavoratori. In molte imprese i dirigenti venivano nominati dai dipendenti, mentre in quelle più grandi erano designati dalle autorità. Ciò ha provocato un'impennata salariale, un'iperoccupazione e una carenza di investimenti. Le imprese in perdita sopravvivevano non tanto grazie alle sovvenzioni governative, ma grazie agli arretrati accumulati nei confronti delle altre imprese e all'agevole accesso ai prestiti bancari, che a sua volta ha compromesso la situazione del settore bancario.

    Le privatizzazioni in Croazia sono state disciplinate da due leggi fondamentali: la legge sulle trasformazioni del 1991, che riguardava in tutto 3 000 imprese di proprietà sociale (tranne 10 grosse infrastrutture e imprese di servizi pubblici classificate come imprese pubbliche) e la legge sulle privatizzazioni del 1993, modificata nel 1996. Dal 1996 in poi, le imprese pubbliche sono state privatizzate in base a leggi distinte. Le numerose rilevazioni dall'interno (dirigenti e dipendenti) a cui si è proceduto per le prime privatizzazioni non hanno agevolato la modernizzazione del governo societario. Una volta esauriti i diritti di priorità del personale, la seconda fase del processo di privatizzazione (dal 1993 in poi) è avvenuta mediante aste e gare pubbliche, che hanno dato i migliori risultati nel momento in cui si è autorizzata l'acquisizione di azioni in cambio di depositi congelati in valuta estera [23]. Pur essendo iniziate nel 1998, fino alla crisi economica le privatizzazioni mediante buoni hanno dato solo risultati a breve termine. La privatizzazione delle imprese pubbliche e delle altre attività "strategiche" (ad esempio, le banche) non contemplate dalle leggi sulle trasformazioni e sulle privatizzazioni è iniziata solo alla fine del decennio, in concomitanza con una pressione fiscale in aumento.

    [23] Depositi congelati in valuta estera (FFED): i cittadini dell'ex Iugoslavia avevano il diritto di possedere conti in valuta estera presso le banche nazionali, che dovevano riversare la valuta alla Banca nazionale di Iugoslavia (NBY). Dopo lo scioglimento dell'RSFI, la NBY ha conservato i fondi e il governo croato ha deciso di accettare queste attività come debito pubblico. Nel 1991, il governo ha emesso obbligazioni a favore delle banche croate in cambio dei loro crediti presso la NBY e ha congelato i depositi, permettendo tuttavia ai cittadini di utilizzarli per progetti di privatizzazione.

    La regolamentazione dei prezzi non faceva parte del sistema economico dell'RSFI. Dopo l'indipendenza sono stati aboliti tutti i controlli diretti sui prezzi con poche eccezioni (legname, trasporti, servizi postali). I prezzi dell'energia e delle telecomunicazioni sono regolamentati dagli organismi competenti. Esistono prezzi calmierati anche per i servizi pubblici a livello locale. La situazione era ancora immutata nel 2003.

    Il sistema bancario croato è stato dominato per quasi tutti gli anni '90 dalle banche di Stato, che operavano in un contesto normativo inadeguato, con una sorveglianza insufficiente e un notevole rischio di ingerenza politica. Il deterioramento della situazione economica iniziato nel 1997 ha inoltre evidenziato gravi problemi di solvibilità nel settore bancario, entrato in crisi nel 1998/1999 ma successivamente ristrutturato e consolidato. Oltre a rafforzare la sorveglianza e i requisiti in termini di capitale, si è privatizzata la maggior parte del settore attualmente sotto il controllo di gruppi bancari stranieri. Il processo di risanamento e di stabilizzazione, tuttavia, è risultato estremamente oneroso: dal 1991 in poi, lo Stato ha speso per queste misure 5,6 miliardi di euro, pari al 33% del PIL medio.

    L'economia sommersa, alimentata dal conflitto armato fino al 1995, aveva raggiunto dimensioni considerevoli, ma negli ultimi anni il fenomeno è diminuito grazie all'introduzione dell'IVA nel 1998, al miglioramento della registrazione statistica e all'arrivo di società straniere, segnatamente nel settore della vendita al dettaglio. Secondo uno studio eseguito nel 2001 dall'istituto croato per le finanze pubbliche in base alla non conformità dei conti nazionali, la quota dell'economia sommersa si aggirava in media attorno al 25% del PIL nel periodo 1990-1995 e attorno al 10% nel periodo 1996 - 2000.

    2.2 Valutazione in base ai criteri di Copenaghen

    Esistenza di un'economia di mercato funzionante

    Un'economia di mercato funziona se i prezzi e gli scambi commerciali sono liberalizzati e se esiste un sistema giuridico, comprendente i diritti di proprietà, effettivamente applicabile. L'andamento di un'economia di mercato risente positivamente della stabilità macroeconomica e del consenso sulla politica economica. Un settore finanziario ben sviluppato e l'assenza di ostacoli significativi all'entrata e all'uscita dal mercato accrescono l'efficienza dell'economia.

    Aumenta il consenso politico sugli elementi essenziali della strategia economica. L'impostazione graduale che la Croazia ha seguito fino al 2000 in materia di riforme strutturali, nell'intento di arrivare a un accordo tra le parti sociali, ha contribuito a salvaguardare la stabilità sociale ritardando però le riforme necessarie. Il governo croato, insediatosi agli inizi del 2000, ha adottato una strategia a medio termine definendo successivamente le sue priorità di sviluppo. Negli ultimi anni, si è passati da un obiettivo di stabilizzazione macroeconomica generale a un'ottica di consolidamento fiscale e di adeguamento strutturale, al fine di promuovere la competitività e l'occupazione mediante un'applicazione dinamica delle riforme strutturali. Le politiche economiche e finanziarie sono state sostenute, tra l'altro, da due accordi cautelativi di stand-by con l'FMI e da un prestito per l'adeguamento strutturale (SAL) della Banca mondiale. Sono in corso colloqui con l'FMI su un nuovo programma a seguito della scadenza del secondo accordo di stand-by. Va osservato tuttavia che non sempre il Consiglio economico e sociale, creato come organo consultivo e composto da rappresentanti del governo, del patronato e dei sindacati, ha raggiunto un accordo sulle questioni discusse. In una risoluzione sull'adesione della Croazia all'Unione europea, appoggiata da tutti i gruppi parlamentari rappresentati, il Parlamento croato ha dichiarato nel dicembre 2002 che l'adesione della Croazia all'Unione europea è un obiettivo strategico nazionale condiviso, come dimostrano i sondaggi, dalla maggior parte degli abitanti. Il primo "Programma nazionale per l'integrazione della Repubblica di Croazia nell'Unione europea", adottato dal governo croato nel dicembre 2002, definisce di conseguenza i traguardi della politica economica. I servizi responsabili delle diverse politiche si stanno inoltre impegnando per migliorare il coordinamento perché consapevoli della sua importanza ai fini del conseguimento degli obiettivi suddetti. Esistono organi di coordinamento per le questioni economiche, alcuni dei quali di recente creazione, tra il governo, il ministero delle finanze, la banca nazionale croata e le principali fonti di informazioni statistiche. Occorre tuttavia migliorare l'applicazione effettiva del quadro formale di coordinamento esistente.

    Dopo la recessione nel 1999, il PIL ha nuovamente raggiunto livelli relativamente elevati. La Croazia registra dal 1996 un tasso medio di crescita del 3,7% nonostante la contrazione economica dello 0,9% che ha caratterizzato la recessione del 1999. In questo periodo la crescita è stata favorita per lo più dalla domanda interna, in particolare il consumo privato, sostenuta in parte dal credito, mentre dopo il 2000 il consumo statale ha svolto un ruolo minore. Il contributo degli investimenti alla crescita (principalmente attraverso gli investimenti pubblici per le strade e l'edilizia abitativa) è nuovamente aumentato dopo il 2000, riflettendo l'andamento positivo degli investimenti pubblici, e sta crescendo più rapidamente del consumo privato. Dal 2002 stanno aumentando anche le scorte, in calo per i tre anni precedenti. Nonostante la posizione deficitaria delle partite correnti dal 1996 in poi, nel periodo 1998-2000 il contributo della domanda esterna netta alla crescita è stato positivo. Considerate la quota ragionevolmente elevata degli investimenti (24,8% del PIL nel 2002), la progressiva diminuzione dei disavanzi pubblici e la crescita trainata da fattori interni, la Croazia dovrebbe potersi adeguare piuttosto agevolmente alle crisi esterne. L'economia rimane comunque vulnerabile a causa dell'aumento costante del debito estero, dei notevoli disavanzi delle partite correnti, della loro dipendenza dal turismo e del margine di manovra limitato per quanto riguarda la politica tributaria.

    La bilancia commerciale e le partite correnti registrano forti disavanzi dal 1996. Il disavanzo degli scambi di beni, che si era ridotto nel periodo di stasi economica, si è nuovamente accentuato con la ripresa economica dopo il 1999, raggiungendo in media il 20,2% del PIL nel periodo 1996-2002 e il 23,55% nel 2002. Questa tendenza rispecchia la notevole domanda interna, proveniente dal consumo privato e dai programmi edilizi finanziati dal governo, nonché il più recente ristagno economico dell'UE, principale partner commerciale. Durante tutto il periodo, tranne il biennio 1998/1999, le importazioni sono aumentate più rapidamente delle esportazioni. La prima fonte di esportazione è il turismo, parzialmente ripreso dopo la crisi del Kosovo, che procura quindi ingenti entrate esterne alla Croazia pur comportando un fabbisogno di importazioni. Il disavanzo della bilancia per i beni e i servizi è nettamente inferiore a quello della bilancia per gli scambi di merci (8,7% del PIL nel 2001 e quasi 12% nel 2002). La bilancia delle partite correnti è stata pari, in media, al 6,3% del PIL nel periodo 1996-2002 e al 7,1% nel 2002, ma con un andamento estremamente irregolare. Dai dati disponibili risulta che le tendenze passate (aggravamento del disavanzo degli scambi di merci e aumento delle entrate del turismo) sono continuate anche nel 2003, sebbene si preveda che il disavanzo delle partite correnti scenderà al di sotto della media 1996-2002. Le frequenti revisioni effettuate in passato evidenziano tuttavia la necessità di migliorare l'attendibilità dei dati relativi alla bilancia dei pagamenti.

    I disavanzi delle partite correnti sono stati finanziati dai prestiti esteri e dagli investimenti esteri diretti. Gli accordi di ristrutturazione del debito firmati entro il 1996 con i club di Parigi e di Londra hanno permesso alla Croazia di accedere ai mercati internazionali e di contrarre prestiti a condizioni sempre più favorevoli (per lo più sotto forma di obbligazioni in euro) grazie alla sua migliore posizione creditizia. Di conseguenza, il debito estero è passato dal 26,7% del PIL nel 1996 al 68,5% del PIL nel 2002, soprattutto a causa dell'aumento dei prestiti esteri al settore privato (il debito pubblico esterno equivale al 32% circa del PIL e proviene per un terzo dai debiti con l'estero contratti dall'RSFI). Nell'ambito del programma dell'FMI, l'HNB ha preso misure amministrative per rallentare il forte aumento del debito estero, che dovrebbe comunque essere arrivato al 72% circa del PIL per la fine del 2003. L'incremento degli IED verificatosi dal 1995 in poi, soprattutto a decorrere dal 1998, è dovuto in gran parte alla privatizzazione. Il flusso netto di IED, pari a 1,15 miliardi di euro nel 2000 e a 1,57 miliardi di euro nel 2001, è poi sceso a 384 milioni di euro nel 2002. Tra il 1996 e il 2002 gli IED sono equivalsi in media al 5% del PIL; nel periodo 1999-2001, il disavanzo delle partite correnti è stato ampiamente coperto dall'afflusso di IED.

    Sebbene il tasso di disoccupazione sia tuttora elevato, la situazione sta migliorando. La disoccupazione in Croazia è aumentata regolarmente sin dagli inizi degli anni '80, e nonostante la crescita economica non sono stati creati posti di lavoro fino al 2001. Il fatto che i tassi di disoccupazione siano tuttora elevati è dovuto a diversi fattori: l'afflusso degli ex dipendenti delle società liquidate e fallite, compensato solo in parte dalle nuove opportunità occupazionali, la crescita salariale, che in media è lievemente superiore all'aumento di produttività, l'onere relativamente elevato dei contributi e la notevole rigidità del mercato del lavoro (che comporta notevoli costi procedurali e monetari associati ai licenziamenti individuali, restrizioni all'occupazione temporanea e costi elevati connessi ai licenziamenti collettivi). Nel 2002, tuttavia, la tendenza decrescente dei tassi di attività e di occupazione si è invertita, così come l'aumento della disoccupazione. La crescita economica sostenuta, diversi cambiamenti sistemici e il consolidamento dei dati hanno ridotto il tasso di disoccupazione ufficiale dal 2002 al settembre 2003, quando si è nuovamente registrato un lieve aumento. Il tasso ufficiale del novembre 2003 era del 18,9% (-2,7% rispetto a quello del novembre 2002). Probabilmente, i dati ufficiali sopravvalutano la disoccupazione, poiché non tengono conto dell'economia sommersa. Il tasso di disoccupazione calcolato secondo il metodo dell'OIL è sceso al 14,1% nella prima metà del 2003 (tasso medio del 2002: 14,8%). L'occupazione, espressa come quota della popolazione in età lavorativa, è diminuita regolarmente dal 1996 (50% circa) al 2001 (41,8%), per poi risalire al 43,3% nel 2002. Dal 2001 in poi, inoltre, il governo ha avviato diversi programmi volti a promuovere l'occupazione in linea con il piano d'azione nazionale per l'occupazione, punto di partenza per una politica costruttiva del mercato del lavoro. Gli emendamenti del diritto del lavoro adottati a metà del 2003 (che comprendono anche maggiori limitazioni applicabili all'indennità di licenziamento) dovrebbero rendere più flessibili i mercati occupazionali.

    La Croazia è riuscita a contenere i tassi d'inflazione. Il tasso di cambio della kuna rispetto all'euro è il principale fattore nominale di stabilità dei prezzi e il primo obiettivo indiretto della politica monetaria a causa dell'ampio ricorso alla sostituzione valutaria, del notevole grado di integrazione con l'UE e del ruolo sempre più rilevante dell'euro nella struttura monetaria del commercio estero. Questa politica ha permesso di ridurre l'inflazione ad una sola cifra dal 1995 in poi. Tra il 1996 e il 2002, l'inflazione media dei prezzi al dettaglio, principale indicatore in mancanza di un indice dei prezzi al consumo (CPI), è stata del 4,3% (media annuale), e del 2,2% nel 2002. [24] I tassi di inflazione sono rimasti a livelli contenuti nei primi undici mesi del 2003, con una media dell'1,5% rispetto allo stesso periodo del 2002. Gli strumenti tradizionali della politica monetaria, tuttavia, si sono dimostrati poco efficaci. La precedente eccedenza strutturale di liquidità, le carenze del sistema di pagamento e la gestione inefficiente della liquidità delle banche hanno frenato lo sviluppo dei mercati monetari e degli strumenti monetari sensibili all'andamento dei tassi d'interesse. Agli inizi del 2003, quindi, l'HNB ha deciso di adottare una serie di provvedimenti amministrativi per arginare l'espansione del credito interno finanziato dall'esterno, che metteva a repentaglio la posizione esterna e la stabilità del settore bancario. Sebbene queste misure, che sono scadute alla fine del 2003, abbiano rallentato l'espansione del credito, il debito estero è ulteriormente aumentato nel corso del 2003 a causa dei prestiti esteri diretti e delle operazioni di leasing. Se la tendenza all'aumento dei tassi d'interesse del mercato monetario, iniziata nel quarto trimestre del 2003 a causa della politica monetaria più rigorosa adottata dall'HNB, si dovesse mantenere, potrebbero esservi ripercussioni sul servizio del debito pubblico.

    [24] L'inflazione inerziale, che non comprende i prezzi dei prodotti agricoli e i prezzi amministrativi dell'indice dei prezzi al dettaglio, è stata in media del 3,4% nello stesso periodo. L'inflazione dei prezzi al produttore è stata solo del 2,6%.

    Il tasso di cambio della kuna rispetto all'euro è rimasto contenuto entro una forcella relativamente stretta. L'HNB applica dal 1994 una politica dei tassi di cambio denominata "fluttuazione manovrata" intesa ad attenuare le oscillazioni del tasso di cambio della kuna rispetto all'euro che consistono, di norma, in un apprezzamento durante la stagione turistica estiva a cui fa seguito un deprezzamento. Ne è conseguita una discreta stabilizzazione del tasso di cambio nominale, le cui fluttuazioni sono avvenute entro un margine del 6% circa rispetto al tasso di cambio medio registrato dal 1994. Negli ultimi anni, il tasso di cambio kuna-USD ha seguito l'andamento dell'euro rispetto al dollaro statunitense, con inevitabili ripercussioni sugli indicatori esterni espressi in questa moneta. Al deprezzamento degli indicatori del tasso di cambio nominale e reale registrato nel periodo 1996-2000, tuttavia, ha fatto seguito una certa rivalutazione.

    Sebbene i disavanzi di bilancio siano stati notevolmente ridotti, dal 2003 non si registrano più progressi in tal senso. Il disavanzo pubblico generale, che secondo i dati dell'FMI è balzato all'8,2% del PIL nel 1999, è stato finanziato in parte dall'aumento degli arretrati degli enti governativi nei confronti delle imprese pubbliche e private, pari allo 0,8% del PIL (per un complessivo 5,9% del PIL). Il deficit è poi passato al 6,5% nel 2000 e al 6,8% nel 2001 grazie alla liquidazione degli arretrati che si ripercuotevano negativamente sui finanziamenti. La politica di adeguamento imposta dall'accordo di stand-by controllato dall'FMI ha ridotto ulteriormente il disavanzo portandolo al 4,8% del PIL nel 2002. Secondo le stime iniziali, il deficit sarebbe sceso al 4,6% nel 2003 grazie alla riduzione della notevole massa salariale del settore pubblico attraverso il blocco delle retribuzioni e i tagli al pubblico impiego, ai sussidi e alle indennità. Nell'ultimo trimestre del 2003, tuttavia, la spesa pubblica ha superato nettamente le previsioni, in parte a causa dell'aumento repentino delle retribuzioni nel settore pubblico, portando il deficit a più del 5% nel 2003. La trasparenza e la struttura della spesa pubblica sono notevolmente mutate col passare del tempo e la sua quota del PIL sta diminuendo (50,0% nel 2002). I fondi extrabilancio, in particolare quelli per le pensioni e il settore sanitario, sono stati progressivamente integrati nel bilancio. Nell'ambito di un decentramento generale, le funzioni e le entrate pubbliche sono state trasferite ai livelli governativi locali (tra il 2000 e il 2002, la quota delle entrate dei bilanci dei comuni, delle città e delle contee è passata dal 5,7% al 7,1% del PIL). Non sempre, tuttavia, si è potuto disporre di una capacità amministrativa appropriata. Il fatto che la Croazia abbia potuto accedere ai mercati internazionali per finanziare il suo processo di ricostruzione postbellica, a cui si aggiungono i notevoli introiti della privatizzazione e l'andamento positivo del reddito, ha allentato i vincoli di bilancio e provocato un aumento considerevole dei disavanzi generali pubblici, dovuto in parte alle retribuzioni elevate del settore pubblico e all'accumulazione del debito pubblico. La situazione delle finanze pubbliche è fortemente peggiorata nel 1999 a causa della crisi economica e finanziaria. Tra il 1996 e il 2002, la quota delle entrate totali rispetto al PIL ha raggiunto il 48,4% nel 1999 per poi scendere al di sotto del 45,2% nel 2002, con una riduzione dell'onere fiscale nel 2000 e nel 2002. Dopo essere salita al 56,6% del PIL nel 1999, la spesa totale è scesa al 49,5% circa nel 2003. Il debito pubblico generale, quindi, è aumentato rapidamente dal 31,6% del PIL nel 1997 al 51,6% nel 2001, mantenendo questo rapporto negli anni successivi. Il disavanzo primario è arrivato al 6,5% del PIL nel 1999, ma questa tendenza negativa è stata poi invertita per arrivare al 2,7% nel 2002. Si sta modificando il regime previdenziale per garantire la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche. È in corso dal 2002 la riforma delle pensioni, che ha introdotto un moderno sistema a tre pilastri. I criteri di ammissibilità al sussidio di disoccupazione sono stati resi più rigorosi. La riforma del settore sanitario, tuttavia, è ancora allo stadio iniziale e l'introduzione dell'assicurazione complementare sta dando risultati piuttosto eterogenei. La nuova legge sul bilancio adottata nel 2003 migliorerà la gestione del bilancio e imporrà l'istituzione di un quadro fiscale a medio termine contribuendo, con l'introduzione del conto unico del tesoro e del nuovo sistema di contabilità, a migliorare la qualità, la portata e la regolarità delle statistiche fiscali, che per ora lasciano a desiderare.

    Il dosaggio delle politiche è migliorato dal 2000, quando la politica fiscale si è orientata verso la stabilità macroeconomica. Alla fine degli anni '90, il principale obiettivo della politica monetaria era garantire la stabilità macroeconomica a fronte di una politica fiscale sempre più espansionistica. Dopo il 2000, la politica fiscale ha contribuito progressivamente a stabilizzare il contesto macroeconomico mediante i tagli alla spesa, compresa la riduzione della massa salariale pubblica e un riorientamento verso le spese in conto capitale, anche se il processo si è arenato nel 2003. Nel complesso, in questo periodo la politica tributaria ha permesso di adottare una politica monetaria meno rigorosa senza compromettere la stabilità dei prezzi. Il settore pubblico generale, pure in declino, rappresentava nel 2002 più di metà del divario tra risparmio interno e investimenti. Tuttavia, poiché il governo continua a fare un uso considerevole dei finanziamenti esterni, occorre coordinare efficacemente la conversione dei fondi per uso interno per evitare di compromettere la politica monetaria.

    Nonostante i progressi fatti in termini di liberalizzazione dei prezzi, i prezzi amministrati svolgono tuttora un certo ruolo. La quota dei prezzi amministrati nell'indice dei prezzi al dettaglio, che nel 2003 era del 23%, è aumentata del 4,8% negli ultimi tre anni, a riprova del peso sempre maggiore di questi prezzi (che riguardano prevalentemente i servizi pubblici, il telefono, l'energia e l'elettricità), che vengono adeguati di anno in anno, ma non dell'aumento del numero dei prezzi amministrati. I prezzi dei beni e dei servizi sono stati liberalizzati ad eccezione di qualche attività economica i cui prezzi sono controllati a livello amministrativo nazionale o locale, specie per quanto riguarda alcuni prodotti agricoli, i trasporti pubblici, i servizi di base a favore delle comunità e i servizi postali. Gli enti normativi stanno gradualmente sostituendo il sistema di controllo dei prezzi dell'energia e delle telecomunicazioni in linea con l'attuale liberalizzazione di questi settori; la maggior parte degli enti normativi, tuttavia, non è ancora operativa (cfr. Parte 3, Capitoli 14 - Energia e 19 - Telecomunicazioni).

    Lo Stato si sta progressivamente ritirando, ma predomina tuttora in diversi settori dell'economia. Nel periodo 1993-1999, la quota del settore privato nel PIL è raddoppiata (dal 30% al 60%), ma si è attestata successivamente a questo livello relativamente basso. Nel 2001, il 71,3% delle attività materiali totali era di proprietà dello Stato, il che rappresenta addirittura un incremento del 6,1% rispetto al 1999. A parte i settori tradizionalmente pubblici quali l'istruzione, la sanità, le poste e i servizi destinati alle comunità, gli altri comparti economici dove lo Stato possiede una parte considerevole delle attività materiali sono l'agricoltura, i servizi pubblici, i trasporti e i beni immobili; anche nell'industria manifatturiera lo Stato detiene (attraverso la cantieristica) un terzo delle attività materiali totali. Il programma per la costruzione di autostrade ha portato al 90% la proprietà pubblica nel settore della costruzione, mentre già nel 2001 il 99,9% delle attività materiali dell'intermediazione finanziaria (la privatizzazione del settore bancario era praticamente terminata) e il 93,1% del commercio apparteneva al settore privato. Procede bene anche la privatizzazione delle telecomunicazioni, contrariamente alla lenta apertura del mercato. Il monopolio del servizio di telefonia fissa è terminato ufficialmente alla fine del 2003. Oltre ai due operatori attuali della rete mobile, si potrebbe concedere una terza licenza per promuovere la concorrenza. Nel periodo 1996-2001, tuttavia, il settore privato si è dimostrato più dinamico delle imprese pubbliche in termini di aumento delle entrate e di redditività. L'aumento del reddito delle imprese private ha superato la crescita del PIL nominale e la loro quota del reddito aziendale totale è passata dal 58,4% al 67,8%.

    I progressi della privatizzazione sono spesso ostacolati da problemi giuridici e politici. Dopo il suo insediamento nel 2000, il nuovo governo ha consolidato le partecipazioni statali nel Fondo croato per la privatizzazione (HFP), ma determinate attività sono tuttora detenute dall'Agenzia per il risanamento bancario e dai fondi per le pensioni e la sanità. Tra gennaio 2000 e dicembre 2002, il portafoglio statale è stato ridotto da 1 860 a 1 056 società, per lo più attraverso la vendita di azioni minoritarie, ma nell'agosto 2003 si trovava più o meno allo stesso livello. Il numero delle società che compongono il portafoglio varia costantemente a causa dell'annullamento dei precedenti accordi di acquisizione di azioni. A metà del 2003, 170 società avevano tuttora una partecipazione maggioritaria nel portafoglio, mentre lo Stato deteneva meno del 25% delle azioni in 822 società. Lo Stato controlla tuttora buona parte degli enti turistici, che sono stati parzialmente messi all'asta senza però destare particolare interesse a causa dei notevoli investimenti necessari e del forte indebitamento. A metà del 2003, il governo ha adottato una proposta volta a ridefinire le competenze dell'HFP onde completare la privatizzazione per la quale, tuttavia, è ancora in corso l'iter parlamentare, il che ha frenato la preparazione di nuovi progetti di privatizzazione. Considerato il ruolo importante che i ministeri competenti svolgono nelle fasi di avvio e di approvazione dei progetti di privatizzazione, non è detto che il nuovo sistema acceleri le procedure. La privatizzazione dei conglomerati agricoli, avviata alla fine del 2002, è ostacolata dalle carenze del registro fondiario e del catasto, che impediscono di sviluppare mercati fondiari e immobiliari funzionanti. Nel 2001 (ultimi dati disponibili), lo Stato controllava l'87% circa delle attività materiali connesse ai terreni agricoli e agli alloggi. Nel complesso, le grosse imprese, che spesso erano pubbliche o collettive, svolgono tuttora un ruolo importante nell'economia croata. Determinate imprese conservano diritti esclusivi o speciali nonostante le misure prese per liberalizzare, ad esempio, le telecomunicazioni, l'elettricità e il settore petrolifero. Le imprese pubbliche vengono privatizzate in base a leggi speciali. Una partecipazione maggioritaria del 51% nella società per le telecomunicazioni è stata venduta a un investitore straniero, ma il governo ha rinviato l'offerta di altre quote. Per avviare la privatizzazione del settore energetico nell'estate 2003 si è venduta una partecipazione del 25% nella società petrolifera INA, mentre è stata rinviata la privatizzazione della rete di distribuzione dell'energia elettrica. Sono state annullate due gare d'appalto per la privatizzazione della principale società di assicurazioni e il governo ha deciso di conservare una partecipazione maggioritaria.

    Nonostante le numerose iniziative prese dalle autorità, sussistono diversi ostacoli all'entrata e all'uscita dal mercato. Nel periodo 1999-2001, il numero globale delle imprese dei settori manifatturiero e terziario è sceso quasi del 3%, il che riflette in parte le fusioni e l'impatto della stasi economica del 1998/1999. Dopo il 2000 si è registrato un incremento delle nuove imprese e un aumento netto del numero totale delle imprese, che tuttavia risentono ancora dei costi relativamente elevati, di regolamenti amministrativi piuttosto complessi, del difficile accesso ai finanziamenti, in particolare per i prestiti a lungo termine, e della scarsa concorrenza propria dei mercati interni, dominati da un numero limitato di gruppi commerciali. L'ulteriore ostacolo costituito dalla rigidità del diritto del lavoro è stato in parte eliminato grazie agli emendamenti adottati nel 2003. Nonostante i termini precisi fissati per alcune fasi specifiche, la creazione di un'impresa comporta tempi lunghi e le procedure variano da una regione all'altra: secondo la relazione 2002-2003 sulla competitività globale del Forum economico mondiale, per mettere su un'impresa in Croazia occorrono in media 51 giorni, un periodo molto più lungo dei tempi necessari in molte economie sviluppate. Non esiste ancora uno sportello unico. Le autorità croate hanno avviato un'iniziativa globale per mettere in pratica le conclusioni dello studio del FIAS [25] sugli ostacoli amministrativi agli investimenti esteri (gennaio 2001). Nel febbraio 2002 è stato adottato un piano d'azione contenente misure dettagliate a breve e a lungo termine, la cui applicazione non è però del tutto soddisfacente. Le leggi e procedure fallimentari sono state introdotte nel 1997. La legge sui fallimenti è stata poi modificata nel luglio 2003. Le carenze del sistema giudiziario generale allungano e ostacolano le procedure fallimentari, come dimostra l'andamento del processo di privatizzazione. Sebbene 728 delle società che sono state trasformate e privatizzate dal 1991 in poi siano state dichiarate fallite, le procedure di fallimento sono state portate a termine solo in 177 casi. Le modifiche della legge sui fallimenti creano la base giuridica necessaria per semplificare e accelerare le procedure, fissando anche calendari precisi, ma tale base deve ancora essere applicata.

    [25] Servizio di consulenza per gli investimenti esteri, un servizio comune della Società finanziaria internazionale (SFI) e della Banca mondiale.

    L'armonizzazione del quadro legislativo con l'acquis comunitario procede a ritmo sostenuto, ma il sistema giudiziario è tuttora inefficiente. Già nell'autunno 2001, le autorità avevano adottato un piano di applicazione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione al fine di armonizzare la legislazione croata con l'acquis. Nell'estate 2003 sono state adottate leggi importanti in campo economico riguardanti, fra l'altro, il diritto fallimentare, societario e del lavoro e la valuta estera. Per poter applicare correttamente la legislazione si dovrà migliorare, tra l'altro, la capacità della pubblica amministrazione. L'inefficienza della magistratura, tuttavia, non garantisce una tutela adeguata dei creditori e dei diritti di proprietà. A causa della lentezza delle procedure, si è accumulato un arretrato considerevole. L'interpretazione della legge varia da un tribunale all'altro, la capacità amministrativa e professionale è insufficiente e manca un sistema di sostegno del personale e di formazione professionale. Le carenze del catasto e del registro fondiario riflettono la natura spesso obsoleta e inadeguata delle attrezzature tecniche dei tribunali. Per cercare di ovviare a questi problemi, le autorità stanno attuando diversi progetti con i donatori internazionali onde modernizzare i tribunali e migliorarne la capacità e l'efficienza. È poco probabile, tuttavia, che la situazione migliori sostanzialmente a breve termine. (Cfr. anche la Parte 1, Criteri politici).

    Il settore finanziario è abbastanza sviluppato per poter convogliare il risparmio verso gli investimenti produttivi, ma l'espansione del credito alle imprese risente delle carenze del settore giudiziario. La privatizzazione del settore bancario croato è praticamente terminata, poiché solo due banche commerciali, che rappresentano il 4% delle attività bancarie totali, sono tuttora controllate dallo Stato. Le banche straniere controllano oltre il 90% delle attività bancarie totali. Dall'inizio del 2004, il settore bancario croato comprende 42 banche, dominate da 6 gruppi bancari, 4 casse di risparmio edilizio e una cassa di risparmio. I due principali gruppi bancari rappresentano il 49% circa delle attività totali. Dal 2002 sono inoltre operative 115 cooperative di risparmio e di credito, che rappresentano però una parte molto limitata delle attività globali. Con l'arrivo delle banche straniere sono aumentate sia la gamma di prodotti e servizi forniti dalle banche croate che la concorrenza, come dimostra la diminuzione della differenza tra i tassi medi di interesse sui crediti e quelli sui depositi, passata dal 10,1% nel 1998 al 6,5% nel 2001. La nuova metodologia in vigore dal 1° gennaio 2002 (il settore pubblico e le istituzioni finanziarie non figurano più nelle statistiche sui tassi d'interesse) ha accentuato il divario tra i tassi d'interesse medi, soprattutto per le attività non indicizzate alle valuta estera, che alla fine del 2002 era pari al 9,6%. Le banche private sono state autorizzate a gestire i sistemi di pagamento, che prima erano di esclusiva competenza dell'istituzione centrale per i pagamenti (ZAP) ereditata dall'ex Iugoslavia. Le 11 banche che gestiscono attualmente i sistemi di pagamento rappresentano il 60% circa delle operazioni giornaliere. L'accesso al credito è stato agevolato dall'aumento della liquidità, dalla razionalizzazione delle procedure di approvazione dei prestiti e dalla riduzione dei tassi d'interesse. Il credito interno totale (in kuna e in valuta estera) è passato dal 27,9% del PIL nel 1996 al 55,2% alla fine del 2002, una cifra relativamente elevata. Pur essendo lievemente diminuita negli anni precedenti, la quota del credito al settore privato rappresentava l'88% circa dei prestiti totali (± 48,9% del PIL). Il credito alle imprese è nuovamente aumentato negli ultimi due anni, dopo il calo della domanda verificatosi nel 1999 a seguito della recessione: alla fine del 2002 il credito totale corrispondeva al 26,6% del PIL, ed era quindi tornato al livello del 1998. La difficoltà di utilizzare gli immobili come garanzie collaterali e le lunghe procedure fallimentari impediscono di tutelare adeguatamente i creditori e i diritti di proprietà e si ripercuotono negativamente sull'attività creditizia. Questi fattori, a cui si aggiungono la maggiore redditività percepita del credito alle famiglie e l'impossibilità per le famiglie di accedere ai prestiti esteri diretti, hanno fatto sì che il credito alle imprese aumentasse in misura inferiore rispetto al credito alle famiglie, che comunque comprendono spesso artigiani e microimprese. Il controllo straniero ha agevolato l'espansione del credito grazie ai fondi messi a disposizione dalle società madri, ma tale crescita ha destato preoccupazioni circa l'impatto sulla qualità dei portafogli creditizi delle banche e ha contributo a far aumentare il debito estero. Nonostante la maggior disponibilità di prestiti a medio e a lungo termine (10-15 anni per le entità giuridiche e 25-30 anni per i prestiti ipotecari), il 40,9% dei prestiti totali al settore privato è di durata inferiore a un anno e la durata media dei prestiti bancari è rimasta praticamente invariata dal 1999 (2,7 anni il 31 marzo 2003 contro 2,5 anni alla fine del 1999).

    Il settore finanziario non bancario è meno sviluppato. Il settore bancario non bancario rappresenta il 12% circa delle attività totali del settore finanziario, a riprova delle dimensioni tuttora limitate dei servizi finanziari non bancari. Il settore assicurativo è di dimensioni modeste ma caratterizzato da un'elevata concentrazione e da una vasta gamma di prodotti. Nel 2002 operavano in Croazia 24 enti assicurativi, di cui 13 nazionali (con un premio lordo sottoscritto pari al 3,2% del PIL). L'assicuratore più importante detiene una quota di mercato del 46%, mentre altre 5 società hanno una quota del 5-10% ciascuna. Sebbene esistano due borse valori (a Zagabria e Varazdin), i mercati finanziari non sono dotati né di liquidità né di spessore e l'acquisizione di società croate da parte degli investitori stranieri ha ulteriormente ridotto il numero delle società quotate in borsa. La capitalizzazione di mercato totale di entrambe le borse ammontava al 30% circa del PIL alla fine del 2002. È poco probabile che i requisiti per la quotazione in borsa delle imprese introdotti nel 2003 intensifichino l'attività di compravendita. La creazione di fondi pensioni ha avuto un impatto considerevole sul giro d'affari e sul volume di compravendita, in particolare delle obbligazioni. Nel settembre 2003, l'attività di 5 fondi pensioni obbligatori e di 4 fondi pensioni volontari in Croazia si stava sviluppando a ritmo sostenuto. (Cfr. anche la Parte 3, Capitolo 3 - Libera prestazione dei servizi).

    Pur essendo diventato più stabile, il settore bancario rimane vulnerabile a causa dell'elevata euroizzazione. L'HNB provvede al rilascio delle licenze operative alle banche e alla sorveglianza delle operazioni bancarie. Prosegue il consolidamento del settore bancario, che era stato stabilizzato dopo la crisi del 1998. La gestione efficiente della crisi del 2002 ha contribuito a far rinascere una certa fiducia nel sistema bancario come dimostra, tra l'altro, l'aumento dei depositi, segnatamente i versamenti liquidi di valuta estera sui conti bancari nell'ambito del passaggio materiale all'euro nella zona euro. Già nel 1997 è stato introdotto un sistema di assicurazione sui depositi. Gli indicatori dell'HNB relativi ai prestiti in sofferenza, all'adeguatezza patrimoniale e al rapporto di liquidità primaria delle istituzioni bancarie denotano un miglioramento in termini di redditività e di solidità. Le misure prese dall'HNB nel 2003 hanno rallentato l'aumento del credito, ma non si sa ancora se le recente crescita dell'attività creditizia, in particolare a livello delle famiglie, inciderà sulla qualità del credito. L'indicizzazione rispetto alla valuta estera aumenta tuttora la vulnerabilità del sistema bancario: i depositi denominati in valuta estera e quelli indicizzati rispetto a monete straniere corrispondono all'88,5% dei depositi totali, anche se questa percentuale è in lieve diminuzione. Il 78% dei prestiti bancari è denominato in valuta estera o indicizzato rispetto alla valuta estera, ma i mutuatari ricevono un reddito denominato in kuna e/o non hanno accesso agli strumenti di copertura. Il 70% dei titoli di Stato in kuna è indicizzato al tasso di cambio dell'euro.

    Capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato

    La capacità di soddisfare questo criterio dipende dall'esistenza di un'economia di mercato e di un quadro macroeconomico stabile, che consenta agli operatori economici di prendere decisioni in un clima di prevedibilità. Occorrono inoltre risorse umane e fisiche sufficienti. Si deve procedere alla ristrutturazione delle imprese di Stato, mentre tutte le imprese devono investire per diventare più efficienti. Inoltre, la capacità di adattamento dipenderà dalla possibilità offerta alle imprese di accedere ai finanziamenti esterni e dal successo della ristrutturazione e delle innovazioni introdotte. Su un piano generale, più l'economia è integrata nell'Unione prima dell'adesione, più sarà in grado di assumere gli obblighi che l'adesione comporta.

    La Croazia ha raggiunto un grado di stabilità macroeconomica sufficiente per consentire agli operatori economici di prendere decisioni in un clima di stabilità e di prevedibilità. Dopo la crisi economica del 1998/1999, la Croazia ha raggiunto una notevole stabilità macroeconomica che consente, grazie anche alle riforme strutturali, di far funzionare i meccanismi di mercato, sebbene il governo continui ad intervenire, creando i presupposti necessari per far fronte alle pressioni concorrenziali. Ora si tratta di proseguire il consolidamento fiscale e la privatizzazione, di sviluppare ulteriormente il settore finanziario e di migliorare il contesto commerciale, con particolare attenzione all'efficienza del settore giudiziario.

    Sebbene la forza lavoro sia piuttosto qualificata, la sua partecipazione è limitata. Pur avendo migliorato la sua produttività macroeconomica, la Croazia deve far fronte al gran numero di persone economicamente inattive (il tasso di attività era del 50,9% nel 2002) e alle sfide demografiche (nel giugno 2003, il rapporto tra coloro che contribuiscono ai fondi pensioni e i beneficiari era di 1,4). Il livello di produttività della Croazia in termini di reddito pro capite è pari al 21% di quello dell'UE in termini nominali e al 35,9% in PPA. Sebbene la produttività abbia un andamento diverso a seconda dei settori, i dati disponibili denotano una superiorità del terziario rispetto all'industria e all'agricoltura. In linea generale, il numero di iscrizioni alle scuole secondarie e superiori sta ad indicare che il livello d'istruzione della popolazione in età lavorativa è aumentato dal 1996 ad oggi. Nello stesso periodo, la proporzione dei laureati è oscillata tra il 10,7% e il 13,4%. Questi dati non tengono conto del bisogno di modernizzare l'istruzione e i programmi di studio (cfr. Parte 3, Capitolo 18 - Istruzione). Secondo le statistiche pubbliche sono circa 1 050 gli studenti iscritti nelle università di altri paesi. Rispetto alla media UE, la Croazia ha una quota superiore di persone (di 25-64 anni) con un diploma di istruzione secondaria e percentuali inferiori per quanto riguarda le scuole elementari e gli istituti di istruzione superiore. Nel 2002 è stato adottato il programma di promozione dell'occupazione, volto a ridurre la disoccupazione e a promuovere l'occupazione per categorie specifiche, ad esempio tramite un sostegno a coloro che lasciano l'università e agli ex militari. (Cfr. anche Parte 3, Capitolo 13 - Politica sociale e occupazione).

    La Croazia sta investendo per potenziare le infrastrutture ed è arrivata a tassi d'investimento relativamente stabili. Nel periodo 1996-2002, il rapporto investimenti-PIL è stato in media del 23% circa, con una punta del 24,8% nel 2002. Oltre il 70% degli investimenti proveniva dal settore privato. Sebbene in questo periodo gli IED abbiano dato nominalmente un notevole contributo agli investimenti e alla crescita (il loro afflusso è corrisposto in media al 5% del PIL), quasi due terzi degli importi corrispondenti erano destinati a progetti di privatizzazione nei seguenti settori: telecomunicazioni, intermediazione finanziaria e industria farmaceutica, mentre gli investimenti nei nuovi settori rappresentavano solo il 16,4% del totale. Gli investimenti interni hanno riguardato soprattutto il settore manifatturiero, il commercio, i trasporti e l'edilizia, a riprova delle notevoli somme stanziate dal governo per le strade e la ricostruzione. Sebbene la capacità soddisfi apparentemente il fabbisogno corrente, tranne nell'alta stagione turistica, la qualità delle infrastrutture di trasporto è giudicata insufficiente dagli imprenditori. Gli investimenti riguardanti le strade, e in particolare la costruzione di nuove autostrade, hanno raggiunto un livello considerevole nel periodo 1996-2002. Gli investimenti nelle infrastrutture ferroviarie, invece, sono tuttora modesti, ma dovrebbero aumentare nell'ambito di un programma quadriennale. La situazione delle telecomunicazioni è notevolmente migliorata: la rete di telefonia fissa è stata integralmente digitalizzata e la presenza di due operatori di telefonia mobile ha portato il livello di penetrazione al 56% nel giugno 2003. L'attuazione delle riforme normative e l'introduzione della concorrenza, tuttavia, procedono a rilento in determinati settori infrastrutturali, comprese le telecomunicazioni. Tra il 1997 e il 2001 la spesa interna lorda annuale per la R&S è equivalsa in media allo 0,96% del PIL, con un incremento progressivo che l'ha portata a livelli relativamente elevati ma comunque inferiori alla media UE (2,21% nel 2000). Ciò vale anche per la spesa R&S pro capite e per la quota R&S del settore commerciale.

    Nel periodo 1996-2001, la quota dei settori manifatturiero e agricolo è diminuita a vantaggio del terziario, tradizionalmente forte. Il settore manifatturiero è sceso dal 22,3% del PIL (a prezzi costanti) al 21,5%. La struttura industriale del settore manifatturiero è dominata dalle attività a scarso valore aggiunto, in parte a causa delle precedenti politiche di privatizzazione. La quota dell'agricoltura è scesa da oltre il 10% al 9,1% del PIL (a prezzi costanti), una percentuale che rimane comunque piuttosto elevata. Il settore è dominato da piccole aziende individuali isolate e da grossi conglomerati in fase di privatizzazione. La produttività e l'efficienza lasciano a desiderare e occorre procedere a un adeguamento approfondito che potrebbe ripercuotersi negativamente sugli alti livelli di occupazione agricola. Nonostante il notevole aumento registrato dal 1998 in poi, il settore commerciale è tuttora inferiore ai livelli del 1996/1997. L'occupazione ha seguito una tendenza analoga.

    La ristrutturazione delle imprese, che i primi tempi procedeva a rilento, ha fatto qualche progresso da quando il governo ha adottato, agli inizi del 2001, un programma volto ad accelerare ristrutturazioni e privatizzazioni. Nel 1999 le Poste e telecomunicazioni croate sono state scisse in due società per azioni separate una delle quali, la Telecom, è stata in parte privatizzata. A metà del 2003 erano state ristrutturate 30 imprese, mentre altre 20 erano in fase di ristrutturazione. Sta iniziando la ristrutturazione delle ferrovie. Anche se non esiste un piano globale di ristrutturazione delle imprese, il governo ha adottato programmi di ristrutturazione dei conglomerati cantieristici e agroindustriali, che hanno beneficiato di ingenti sovvenzioni e di interventi pubblici. Si sta inoltre preparando un piano di ristrutturazione per il settore dell'acciaio. Secondo le stime gli arretrati, che sono stati notevolmente ridotti, risultavano inferiori allo 0,2% del PIL a metà del 2003, ma è poco probabile che il fenomeno si estenda all'intero settore pubblico (ad esempio, il settore sanitario). (Cfr. Parte 3, Capitolo 15 - Politica industriale).

    La quota delle piccole imprese in termini di PIL e di occupazione è aumentata nonostante il calo del loro numero totale. Le piccole e medie imprese (compresi gli artigiani, le cooperative e le microimprese) rappresentano il 99,6% di tutte le imprese e il 65,7% dell'occupazione aziendale (giugno 2003). Nel periodo 1996-2000 il numero delle piccole aziende è calato dell'8,9% sebbene l'occupazione corrispondente sia aumentata in termini assoluti (del 6,8%) e in percentuale dell'occupazione totale (del 3,2%), a fronte di una tendenza opposta per le imprese medio-grandi. La quota delle PMI nel PIL è stimata approssimativamente al 55%. In genere, le PMI risentono maggiormente degli ostacoli all'ingresso al mercato e dell'inadeguatezza del contesto commerciale, segnatamente della difficoltà di ottenere finanziamenti per i problemi connessi alle garanzie collaterali e la mancanza di competenze bancarie per la valutazione del credito alle PMI, la concorrenza delle imprese statali sovvenzionate, la mancanza di competenze imprenditoriali e le carenze delle infrastrutture istituzionali, soprattutto nel settore giudiziario e nella pubblica amministrazione. Le autorità stanno cercando di migliorare la situazione, come dimostra il numero sempre maggiore di nuove imprese. Dopo il 2000 è stato istituito un ministero separato che ha preso diverse iniziative in favore delle PMI, ma che è stato poi reintegrato nel ministero dell'economia dopo le elezioni del novembre 2003. Il governo ha inoltre adottato un programma di sviluppo della piccola imprenditoria per il 2003-2006 e ha firmato la Carta europea delle piccole imprese, che definisce principi atti a migliorare il contesto commerciale in cui operano le PMI. Sarebbe opportuno intensificare il coordinamento tra i vari livelli governativi per quanto riguarda la politica delle PMI, nonché i contatti tra le autorità e gli ambienti commerciali. (Cfr. Parte 3, Capitolo 16 - PMI).

    Il livello degli aiuti di Stato e il sostegno ai settori specifici sono ancora considerevoli, mentre la trasparenza è tuttora insufficiente. Gli interventi ufficiali o camuffati del governo si sono moltiplicati fino al 2000. Negli ultimi tre anni, si è cercato di porre l'accento sul controllo degli aiuti di Stato a livello giuridico e pratico. Nel 2001 è stato elaborato un "Piano d'azione relativo alle sovvenzioni nell'economia " la cui applicazione, sorvegliata attraverso il programma SAL attuato con la Banca mondiale, ha ridotto gradatamente il sostegno pubblico in percentuale del PIL. Si sono definiti i criteri per la concessione delle garanzie di Stato e l'esborso netto è diminuito da qualche anno a questa parte, ma gli importi garantiti sono più che raddoppiati nel 2002 rispetto al 2000. Secondo le autorità, nel periodo 2000-2002 il sostegno pubblico medio è stato pari al 3,5% del PIL con una tendenza decrescente, ma ciò si riferisce solo alle sovvenzioni dirette provenienti dal bilancio centrale. Dalle stime globali comprendenti altre forme di aiuti di Stato, infatti, risultano livelli più elevati. Il quadro legislativo e istituzionale per gli aiuti di Stato esiste solo dal 2003. La Croazia dovrà ridurre non solo il livello globale degli aiuti di Stato, ma anche la quota di settori specifici (come l'agricoltura, i trasporti, la cantieristica, il turismo e, più di recente, le ferrovie) in favore del sostegno orizzontale. (Cfr. Parte 3, Capitolo 6 - Concorrenza).

    Da qualche anno a questa parte, la Croazia ha notevolmente liberalizzato i suoi scambi commerciali. Le diverse misure di liberalizzazione degli scambi attuate dal 1993 in poi hanno notevolmente migliorato la situazione, ma l'integrazione effettiva con gli altri paesi è stata frenata dall'isolamento politico che ha caratterizzato la Croazia fino agli inizi del 2000. Da allora il paese ha fatto rapidi progressi, aderendo all'OMC nel novembre 2000 e concludendo diversi accordi bilaterali di libero scambio (ALS) anche con l'UE, con i paesi limitrofi e con l'EFTA. L'adesione della Croazia al CEFTA è effettiva dal 1° marzo 2003. A seguito degli accordi suddetti, la media ponderata delle aliquote tariffarie per i prodotti industriali applicate alle nazioni più favorite era del 3,5% agli inizi del 2003. Il rapporto commercio globale-PIL (beni e servizi) della Croazia, che è un'economia aperta di modeste dimensioni, era del 103,7% nel 2002. (Cfr. Parte 3, Capitolo 26 - Relazioni esterne).

    L'economia croata è già molto integrata con quella dell'Unione, di gran lunga il primo partner commerciale della Croazia con il 52,6% delle esportazioni e il 56,2% delle importazioni, in media per il periodo 1999-2002. Queste quote aumenteranno rispettivamente di 13 e 15 punti percentuali con l'adesione all'UE di dieci nuovi Stati membri il 1° maggio 2004. Nel 2002, le esportazioni croate nell'UE sono ammontate a 2,74 miliardi di euro, contro 6,32 miliardi di euro per le importazioni. Il notevole disavanzo della bilancia commerciale è in continuo aumento: nel 2002, le esportazioni sono aumentate solo del 7% rispetto al 1996, a fronte di un balzo delle importazioni del 26% che ha fatto esplodere il disavanzo commerciale per i beni (+51%) e ha ridotto il tasso di copertura import-export dal 57% al 48%. Di conseguenza, la quota della Croazia rispetto alle importazioni totali dell'UE è scesa dallo 0,4% nel 1993 allo 0,2% nel 2002, mentre la sua quota delle esportazioni totali dell'UE si è attestata allo 0,7%. Questi sviluppi sono dovuti a tutta una serie di fattori: la struttura delle esportazioni croate di merci si è relativamente deteriorata tra il 1995 e il 2000, in parte a causa del predominio persistente delle ex imprese pubbliche e di quelle ancora di proprietà dello Stato (in particolare la cantieristica, le cui importazioni sono molto ingenti). La quota delle industrie ad alta intensità di manodopera, tra cui i tessili, le calzature, il legno e le costruzioni navali, è aumentata, in parte per l'entità del traffico di perfezionamento passivo, il cui valore aggiunto è generalmente inferiore e che sono più vulnerabili alla concorrenza in materia di prezzi. Per di più, ci vorrà tempo prima che le imprese croate possano beneficiare del migliore accesso al mercato che consegue dai vari accordi di libero scambio. L'integrazione commerciale con l'UE, inoltre, è ostacolata dal fatto che la Croazia non fa ancora parte del sistema paneuropeo di cumulo diagonale delle norme di origine. Considerato il costo relativamente alto della manodopera, si dovrà ristrutturare ulteriormente l'economia croata per promuovere le esportazioni delle industrie ad alto contenuto tecnologico, affinché risultino concorrenziali nel mercato unico, e migliorare il contesto commerciale. L'Agenzia per la promozione del commercio e degli investimenti, fondata alla fine del 2002 per sostenere le attività di esportazione, segnatamente quelle delle PMI, non è ancora operativa. Per quanto riguarda la competitività del terziario croato, gli introiti del turismo sono aumentati quasi del 90% nel periodo 1996-2002 e il settore rappresenta già il 17% del PIL. La privatizzazione delle strutture e i maggiori investimenti che ne conseguiranno dovrebbero promuovere ulteriormente il turismo.

    Pur essendo notevolmente aumentata, la produttività del lavoro rimane nettamente inferiore alla media UE. Secondo i dati della Croazia, l'aumento del PIL in termini reali (+39%) nel periodo 1993-2001 e il calo dell'occupazione dell'8% hanno fatto crescere la produttività del lavoro (PIL in termini reali per lavoratore) del 50%, o del 5,2% come media annuale. L'aumento della produttività è stato nettamente più rapido nel terziario che nell'industria e nell'agricoltura. Quasi nessuno dei settori industriali ha registrato un aumento dell'occupazione tra il 1997 e il 2002 e in quasi tutti le percentuali sono addirittura diminuite. Nel 2001, la produttività del lavoro in Croazia corrispondeva al 25% circa della media UE ai tassi di cambio correnti e quasi al 40% in PPA. La produttività dell'industria è lievemente superiore alla produttività totale (27% e 44% del livello UE). Il costo unitario medio del lavoro è elevato e vicino alla media UE (97%), il che priva il paese di qualsiasi vantaggio concorrenziale. Nessuno degli indicatori di competitività esterna denota tuttavia un deterioramento relativo della posizione della Croazia dal 1995 in poi rispetto ai suoi principali partner commerciali e agli altri paesi in fase di transizione. Le valutazioni della competitività e la fragilità delle bilance con l'estero suggeriscono di attuare riforme strutturali nel settore delle imprese per migliorare la competitività della Croazia.

    2.3 Valutazione generale

    La Croazia può essere considerata un'economia di mercato funzionante che dovrebbe essere in grado di far fronte, a medio termine, alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione purché prosegua il suo programma di riforme onde eliminare le carenze che tuttora sussistono.

    Si fa sempre più ampio il consenso politico sugli elementi chiave delle politiche economiche. L'economia croata è caratterizzata da una notevole stabilità macroeconomica e da un tasso d'inflazione piuttosto basso. Il consolidamento della stabilità economica e le riforme strutturali attuate consentono il funzionamento dei meccanismi di mercato, in particolare la liberalizzazione dei prezzi e degli scambi nonché, in misura minore, la privatizzazione. La Croazia possiede una forza lavoro piuttosto qualificata, valide infrastrutture per il trasporto stradale e le telecomunicazioni, un settore bancario alquanto sviluppato e un'industria del turismo competitiva. L'economia croata è già piuttosto integrata con quella dell'UE.

    Occorre però migliorare ulteriormente il funzionamento dei meccanismi di mercato, specie per quanto riguarda l'efficienza del settore giudiziario, riducendo il notevole onere amministrativo e ovviando alle carenze del catasto e del registro fondiario. La ristrutturazione e la privatizzazione delle imprese procedono a un ritmo più lento del previsto, e alcune grosse imprese di Stato o ex imprese di proprietà sociale svolgono tuttora un ruolo importante nell'economia. Vanno modernizzate in particolare la cantieristica e l'agricoltura. Occorre portare a termine le necessarie riforme dei sistemi fiscale e previdenziale e della pubblica amministrazione, oltre a promuovere attivamente il consolidamento fiscale. A questo stadio, una piena integrazione nel mercato unico e l'adozione dell'acquis renderebbero difficile per molti settori affrontare la concorrenza che ne conseguirebbe. Ovviando alle carenze individuate si favorirebbero gli investimenti e la crescita, migliorando quindi la competitività della Croazia.

    3. Capacità di assumere gli obblighi che comporta l'adesione

    Il Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 ha annoverato tra i criteri di adesione "la capacità di adempiere gli obblighi che comporta l'adesione, compresi gli obiettivi dell'unione politica, economica e monetaria".

    Nel presentare la sua candidatura sulla base del trattato, la Croazia ha accettato senza riserve gli obiettivi fondamentali dell'Unione, comprese le politiche e gli strumenti UE. In questa parte del parere si valuta la capacità della Croazia di assumere gli obblighi che comporta l'adesione, cioè il quadro legislativo e istituzionale ("l'acquis") attraverso il quale vengono realizzati gli obiettivi dell'Unione.

    A mano a mano che si sviluppava l'Unione, l'acquis è diventato sempre più complesso, costituendo per le nuove adesioni un ostacolo maggiore di quanto non fosse in passato. Dalla capacità della Croazia di applicare l'acquis dipenderanno le sue possibilità di funzionare correttamente all'interno dell'Unione.

    L'allineamento con l'acquis è una condizione necessaria ma non sufficiente per soddisfare gli obblighi che comporta l'adesione all'UE. La Croazia deve inoltre creare le strutture di attuazione necessarie, adeguare le sue capacità amministrative e giudiziarie e garantire un'applicazione corretta. Ciascuno dei capitoli analizzati in appresso contiene pertanto un'analisi e una valutazione delle capacità amministrative e giudiziarie del paese.

    La presente sezione riprende i 29 capitoli in cui l'acquis era stato diviso per i negoziati di adesione precedenti. Ciascun capitolo esamina la situazione attuale e le prospettive della Croazia iniziando con un breve riepilogo dell'acquis contenente, se del caso, un riferimento alle disposizioni dell'accordo di stabilizzazione e di associazione o dell'accordo interinale. Per ciascun capitolo, infine, si valuta brevemente la capacità della Croazia di assumere a medio termine gli obblighi che comporta l'adesione. Ai fini del presente parere, e senza che ciò influisca sulla futura data di adesione, l'orizzonte a medio termine è stato definito, nella valutazione, come un periodo di cinque anni.

    Capitolo 1: Libera circolazione delle merci

    Secondo il principio della libera circolazione dei beni, i prodotti devono poter essere commercializzati liberamente da una parte all'altra dell'Unione. In determinati settori, questo principio generale è completato da un quadro normativo armonizzato basato sul "vecchio approccio" (che impone specifiche precise per i singoli prodotti) o sul "nuovo approccio" (che impone requisiti generali). Il recepimento della legislazione europea armonizzata sui prodotti rappresenta la maggior parte dell'acquis contemplato dal presente capitolo. È indispensabile inoltre disporre di una capacità amministrativa sufficiente per applicare misure orizzontali e procedurali in settori quali la standardizzazione, la certificazione e la sorveglianza del mercato. Il presente capitolo riprende anche le norme particolareggiate dell'UE sugli appalti pubblici, che devono essere applicate da organismi specializzati.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione / accordo interinale impone determinati obblighi in materia di libera circolazione dei beni, tra cui la creazione di una zona di libero scambio. Esso prevede inoltre il graduale allineamento con i regolamenti tecnici e gli standard della Comunità, nonché con le procedure connesse alla metrologia, all'accreditamento e alla valutazione della conformità, e l'apertura progressiva delle commesse pubbliche.

    Per quanto riguarda le misure orizzontali e procedurali, nell'ottobre 2003 la Croazia ha adottato una nuova legislazione in materia di standardizzazione e metrologia legale. Per allinearsi progressivamente con i principi del Nuovo approccio globale, nel settembre 2003 il paese ha adottato nuove leggi sui requisiti tecnici per i prodotti e la valutazione della conformità, la sicurezza generale dei prodotti e l'accreditamento, che definiscono chiaramente le funzioni dell'Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale, la standardizzazione e la metrologia, attualmente responsabile della standardizzazione, della valutazione della conformità, dell'accreditamento e della metrologia. L'Ufficio è inoltre competente per la definizione delle specifiche dei regolamenti tecnici e per l'accreditamento delle istituzioni che svolgono attività di sorveglianza del mercato. Nel gennaio 2004, l'Ufficio di Stato per la standardizzazione e la metrologia è stato fuso con l'Istituto di Stato per la proprietà intellettuale e ribattezzato "Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale, la standardizzazione e la metrologia".

    Nel gennaio 2003 è stata adottata una strategia nazionale per armonizzare la legislazione tecnica della Croazia con quella della CE. Il documento definisce le competenze specifiche per il recepimento e l'applicazione delle direttive del vecchio e del nuovo approccio.

    L'Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale, la standardizzazione e la metrologia ha creato, in qualità di istituto nazionale per le norme, 166 comitati tecnici che si occupano di 420 settori CEN/CENELEC/ETSI e dispongono di 3100 esperti che rappresentano le istituzioni pubbliche e private. Il processo di adozione delle norme europee/internazionali, iniziato nel 1996, ha portato a 7 519 le nuove norme croate con l'adozione di 4 877 standard europei. L'ente croato per la standardizzazione rappresenta il paese nell'ETSI dal 1994 e fa parte di CEN e CENELEC dal 1995.

    Il Servizio di accreditamento nazionale croato, che dipende dall'Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale, la standardizzazione e la metrologia, ha accreditato 22 organismi e lo sta facendo per altri 47. La nuova legge sull'accreditamento prevede la creazione di un organo di accreditamento indipendente entro il gennaio 2005. Il servizio di accreditamento attuale è membro associato della Cooperazione europea per l'accreditamento (EA).

    La Croazia conta attualmente circa 25 organismi privati che prestano servizi di valutazione della conformità per quanto riguarda le prove, la certificazione e il controllo dei prodotti industriali. Tutti gli organismi di valutazione della conformità che operano nel settore regolamentato devono essere accreditati conformemente ai requisiti internazionali e europei. La normativa croata vigente riconosce i rapporti di prova dei laboratori stranieri competenti.

    Il sistema di metrologia croato, basato sul vecchio approccio, corrispondeva al sistema in vigore nell'UE già prima che fosse adottata la nuova legge sulla metrologia. Il sistema decentrato comprende i laboratori e i detentori delle norme di misurazione nazionali. Provvede al coordinamento l'Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale, la standardizzazione e la metrologia.

    Tutti i prodotti croati commercializzati sono conformi ai requisiti standard grazie a un sistema basato sulla legge del 1999 relativa all'ispettorato di Stato, che impone un'autorizzazione precommercializzazione per 55 categorie di prodotti per i quali gli ispettori statali rilasciano certificati di qualità. La struttura di vigilanza del mercato richiesta dal nuovo approccio deve ancora essere sviluppata in conformità della nuova legge sui requisiti tecnici per i prodotti e la valutazione della conformità. La legge sull'ispettorato di Stato disciplina il coordinamento tra quest'ultimo e l'amministrazione doganale per quanto riguarda la conformità dei prodotti e i controlli di sicurezza alle frontiere esterne.

    La Croazia deve ancora recepire la maggior parte della legislazione specifica nei settori contemplati dalle direttive " nuovo approccio". Per ora, il paese si è limitato ad adottare una legislazione finalizzata all'allineamento per quanto riguarda la metrologia legale (bilance non automatiche) nonché i preimballaggi e le attrezzature utilizzate in atmosfera potenzialmente esplosiva (ATEX). Nel gennaio 2004 è entrata in vigore la nuova legge sull'edilizia. L'allineamento con l'acquis sui prodotti da costruzione dovrebbe essere terminato per la fine del 2004. Ciò vale anche per la legislazione sui macchinari, sugli apparecchi elettrici (bassa tensione e compatibilità elettromagnetica), sulle apparecchiature mediche, sugli apparecchi a gas, sulle apparecchiature a pressione, sugli ascensori, sui dispositivi di protezione individuale, sulle imbarcazioni da diporto, sui giocattoli, sulle apparecchiature radio e sulle apparecchiature terminali di telecomunicazione, che la Croazia intende recepire entro dicembre 2004.

    Per quanto riguarda i settori contemplati dalle direttive "vecchio approccio", la legislazione croata è stata allineata solo in parte con l'acquis sugli autoveicoli. A questo stadio, non si sa con esattezza se i certificati di omologazione della CE vengano accettati senza rettifiche. La legislazione croata sui prodotti chimici è estremamente frammentata e non contempla certe parti dell'acquis. Sebbene la Croazia stia cercando di differenziare più chiaramente le sostanze dai preparati nella nuova legge chimica, sussistono forti discrepanze tra la sua legislazione e quella della CE. Il paese deve proseguire l'allineamento con l'acquis sui tessili e sulle calzature. Per quanto riguarda i tessili, la legge croata sulla tutela del consumatore definisce requisiti di etichettatura obbligatoria che vanno al di là della direttiva sulle denominazioni del settore tessile e possono quindi ostacolare la libera circolazione dei beni. Il quadro legislativo per la commercializzazione dei medicinali ad uso umano è costituito dalla nuova legge sui farmaci e sui prodotti medicinali e da una serie di ordinanze che devono essere armonizzate con l'acquis. La normativa tecnica sul cristallo è in gran parte conforme all'acquis. Ora come ora, in Croazia non esiste una legge sulla classificazione del legno.

    Per quanto riguarda la legislazione sulla sicurezza alimentare e sui prodotti alimentari (cfr. anche Capitolo 7 - Agricoltura), la Croazia ha iniziato da poco l'allineamento preliminare con l'acquis adottando una nuova legge alimentare nel luglio 2003. Nonostante l'impegno ad inserire nella nuova legge i principi generali e i requisiti contenuti nel regolamento CE corrispondente, le direttive sull'etichettatura, sulla presentazione, sulla pubblicità e sul controllo ufficiale dei prodotti alimentari sono state recepite solo in parte. La Croazia ha adottato inoltre una legislazione sugli additivi, sui contaminanti, sull'igiene e sui contatti, che costituisce però solo un allineamento parziale con l'acquis.

    In materia di sicurezza alimentare, la legge alimentare fornisce un contesto per la creazione di una nuova Agenzia alimentare che, una volta operativa, avrà il compito di analizzare i rischi connessi ai prodotti alimentari, di consigliare i ministeri della sanità e dell'agricoltura sulla legislazione necessaria a fini di allineamento e di coordinare le attività ispettive tra i due ministeri responsabili della sicurezza alimentare. L'Agenzia sarà associata alle attività di formazione per i diversi organi ispettivi e di elaborazione di manuali sulle buone pratiche igieniche e sui sistemi di analisi dei rischi e dei punti critici di controllo (HACCP). La legge alimentare prevede inoltre la creazione di un sistema centrale di allarme rapido presso l'Agenzia alimentare. Il sistema croato di approvazione dei prodotti alimentari prima della loro immissione in commercio non è in linea con l'acquis.

    Per quanto riguarda le altre normative settoriali, nel settembre 2003 la Croazia ha modificato il quadro legislativo per armonizzarlo con la direttiva sulla restituzione degli oggetti culturali usciti illegalmente tal territorio degli Stati membri dell'UE. La Croazia ha aderito inoltre a diverse convenzioni internazionali in questo campo. Per quanto riguarda le armi da fuoco per uso civile, è stato elaborato un disegno di legge sulle armi che costituisce solo un'armonizzazione parziale con le norme CE, e dovrebbe quindi essere ulteriormente modificato per arrivare ad un allineamento totale. Il disegno di legge in questione introdurrà una carta per le armi da fuoco che potrebbe diventare, a termine, la carta europea d'arma da fuoco di cui alla direttiva pertinente.

    Nel settore non armonizzato, la Croazia deve far sì che la sua legislazione, compresi i provvedimenti distintamente e indistintamente applicabili, sia compatibile con gli articoli 28-30 del trattato CE e con la giurisprudenza pertinente della Corte europea di giustizia (specie per quanto riguarda il principio del reciproco riconoscimento). Fra le misure che potrebbero essere incompatibili con il diritto comunitario figurano le licenze d'importazione (tuttora richieste per alcuni prodotti), le campagne pubblicitarie della Camera dell'economia, le strutture di magazzinaggio obbligatorie e l'indicazione obbligatoria del paese d'origine sull'etichetta a norma della legge sulla tutela del consumatore.

    Il quadro legislativo della Croazia riprende sostanzialmente le norme UE sugli appalti pubblici, ma si dovranno eliminare alcuni ostacoli di rilievo quali l'applicazione di esenzioni troppo vaste ai sensi della legge sugli appalti pubblici e l'ampio uso delle procedure negoziate. Occorrerà inoltre rivedere il sistema dei ricorsi per renderlo compatibile con l'acquis, dando in particolare agli offerenti che non hanno potuto rispondere all'invito a causa di irregolarità nella procedura la possibilità di contestare la gara d'appalto. Il paese deve infine adottare alcune misure d'applicazione.

    Per quanto riguarda le strutture amministrative, nel novembre 2003 è stato ufficialmente creato, dopo parecchi rinvii, l'Ufficio per gli appalti pubblici (PPO), incaricato di svolgere diverse mansioni chiave connesse all'applicazione della legge pertinente. Nel luglio 2003 la Croazia ha adottato una nuova legge sulla commissione di Stato per la sorveglianza delle procedure applicabili agli appalti pubblici, che si occuperà dei ricorsi e riesaminerà la procedura. I cinque membri del consiglio d'amministrazione sono stati nominati dal Parlamento nell'ottobre 2003. Una volta che saranno diventati del tutto operativi, il PPO e la commissione di Stato dovranno dar prova di sufficiente impegno a livello di applicazione.

    Conclusione

    Sebbene nel 2003 la Croazia abbia iniziato ad armonizzare la sua legislazione nazionale con il principio della libera circolazione dei beni, non sono ancora stati recepiti gli elementi basilari dell'acquis.

    Per armonizzare, in particolare, le misure orizzontali e procedurali e la legislazione settoriale con la legislazione dell'UE, la Croazia deve ancora separare definitivamente le funzioni di normazione, accreditamento, standardizzazione e certificazione dei prodotti, lasciando sostanzialmente le ultime due al settore privato. Il recepimento delle direttive "vecchio approccio" e "nuovo approccio" richiederà un notevole impegno. Pur avendo iniziato l'allineamento con l'acquis, la Croazia dovrà rivedere la sua legislazione sui prodotti alimentari. Oltre a migliorare le strutture di applicazione esistenti, il paese dovrà crearne di nuove, specie per quanto riguarda la vigilanza del mercato secondo il nuovo approccio globale e determinati aspetti della sicurezza alimentare.

    Se la Croazia provvederà tempestivamente ad analizzare la sua legislazione, dovrebbe potersi conformare ai principi fondamentali della libera circolazione dei beni nel settore non armonizzato.

    Per poter disporre di un regime efficiente in materia di appalti pubblici, la Croazia dovrà proseguire l'allineamento del suo quadro legislativo con l'acquis e completare la legislazione di applicazione necessaria. Nonostante i recenti progressi, la Croazia deve rafforzare ulteriormente la sua capacità di applicare l'acquis sugli appalti pubblici.

    Sostanzialmente, quindi, la Croazia dovrà adoperarsi in modo considerevole e costante per allineare la sua legislazione con l'acquis sulla libera circolazione dei beni e applicarla correttamente a medio termine.

    Capitolo 2: Libera circolazione delle persone

    L'acquis contemplato dal presente capitolo sancisce il trattamento non discriminatorio dei lavoratori legalmente occupati in un paese diverso dal loro paese di origine i quali devono avere, tra l'altro, la possibilità di cumulare o di trasferire i diritti previdenziali, il che presuppone una cooperazione tra gli Stati membri a livello amministrativo. Per agevolare l'esercizio di determinate professioni, l'acquis comprende anche norme specifiche sul riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei diplomi; per determinate professioni, si deve seguire un programma di formazione armonizzato affinché la qualifica sia automaticamente riconosciuta negli Stati membri dell'UE. In questo settore rientrano anche i diritti di residenza e di voto dei cittadini dell'UE in qualsiasi Stato membro.

    Il sistema croato di reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali impone l'adesione obbligatoria alle associazioni (camere) professionali in modo da disciplinare e controllare le attività professionali e proteggere le qualifiche. I membri delle camere professionali sono iscritti al regime previdenziale secondo le stesse modalità degli altri cittadini.

    La legislazione croata vigente prevede solo un riconoscimento accademico. La nuova legge che entrerà in vigore nel corso del 2004 definisce una procedura simile a quella contemplata dalle direttive riguardanti il sistema generale, che tuttavia è limitata all'istruzione superiore e non riprende le direttive specifiche basate sul coordinamento della formazione e sul riconoscimento automatico. Le procedure previste dalla legislazione croata, inoltre, non soddisfano tutti i requisiti dell'acquis, ad esempio per quanto riguarda le scadenze, la motivazione e il diritto di ricorso.

    Il sistema croato è sostanzialmente diverso da quello dell'UE quanto riguarda i requisiti inerenti alla formazione, specie nel settore sanitario. I requisiti croati per determinate professioni mediche (compresi i medici generici e gli infermieri) non corrispondono ai requisiti minimi fissati dall'acquis, il che preclude il riconoscimento automatico dei titoli corrispondenti nell'UE.

    Per quanto riguarda l'accesso all'istruzione superiore nell'ambito dei diritti dei cittadini, i cittadini stranieri a cui non sia stata concessa la residenza permanente in Croazia devono soddisfare requisiti specifici per potersi iscrivere a questo tipo di insegnamento e pagano tasse diverse da quelle degli studenti croati.

    La Croazia deve modificare la sua legislazione per allinearla con l'acquis. Conformemente al principio di non discriminazione di cui all'articolo 12 del trattato, la Croazia dovrà autorizzare i cittadini dell'UE ad iscriversi nei suoi istituti di istruzione superiore alle stesse condizioni dei cittadini croati, senza bisogno della residenza permanente in Croazia e senza dover pagare tasse diverse.

    Per quanto riguarda i diritti di residenza, per ottenere un permesso di residenza di durata superiore a tre mesi i cittadini dell'UE che non svolgono un'attività economica devono chiedere un prolungamento della residenza oppure, a determinate condizioni, la residenza permanente.

    La Croazia dovrà modificare la sua legislazione per garantirne la compatibilità con l'acquis sulla libera circolazione delle persone, specie per quanto riguarda le formalità e le condizioni per l'ingresso e il soggiorno dei cittadini dell'UE nel suo territorio.

    La Costituzione croata vigente concede il diritto di voto solo ai cittadini croati. La Croazia dovrà quindi autorizzare i cittadini dell'Unione che risiedono sul suo territorio a votare e a candidarsi alle elezioni comunali e alle elezioni per il Parlamento europeo. La Croazia dovrà inoltre adottare le leggi necessarie per recepire l'acquis sui diritti di voto alle elezioni suddette, che non riguarda le elezioni politiche o presidenziali nazionali.

    Per quanto concerne la libera circolazione dei lavoratori, la legge in vigore dal gennaio 2004 impone agli stranieri di procurarsi un permesso di lavoro che può essere rilasciato, su richiesta del datore di lavoro, entro un contingente fissato di anno in anno dal governo croato. In questo contingente non devono rientrare i permessi di lavoro rilasciati ai lavoratori stranieri e ai loro familiari, il cui status è disciplinato dall'accordo di stabilizzazione e di associazione.

    La conoscenza della lingua croata è obbligatoria per lavorare nei settori sanitario e farmaceutico e per esercitare la professione notarile. A norma dell'acquis, i requisiti obbligatori riguardanti le conoscenze linguistiche possono essere applicati, caso per caso, solo in circostanze del tutto eccezionali. I requisiti in questione vanno applicati in modo da rispettare l'interesse pubblico giustificato, la non discriminazione e la proporzionalità.

    La Croazia deve modificare la sua legislazione per allinearla con la normativa UE sulla libera circolazione dei lavoratori abolendo, fra l'altro, il permesso di lavoro obbligatorio per i cittadini dell'UE e le discriminazioni per motivi di nazionalità nei loro confronti, anche se non risiedono ancora in Croazia. Per quanto riguarda l'accesso al settore pubblico, possono essere riservati ai cittadini croati solo i posti di lavoro direttamente connessi ad attività specifiche del servizio pubblico, segnatamente quelli che comportano l'esercizio della pubblica autorità e la salvaguardia dell'interesse generale dello Stato. I cittadini dell'UE devono poter portare con sé i loro familiari; il coniuge e i figli, inoltre, devono essere esentati dall'obbligo del permesso di lavoro. La legge croata dovrà quindi essere ulteriormente modificata per garantire la libera circolazione dei lavoratori.

    La Croazia deve inoltre adottare misure in linea con l'acquis, specie per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche integrative, in modo da coprire tutti i regimi pensionistici integrativi, obbligatori o volontari, connessi all'attività professionale dei dipendenti o dei lavoratori autonomi anche se, ora come ora, non esistono in Croazia regimi di tal genere.

    Per quanto riguarda il coordinamento dei regimi previdenziali, il regime croato comprende tutti i settori previdenziali che rientrano nelle norme comunitarie sul coordinamento. Le prestazioni e le altre caratteristiche del regime croato sono simili a quelle di diversi Stati membri dell'UE. Le vittime della guerra, tuttavia, usufruiscono in Croazia di prestazioni speciali relativamente numerose. Il regime previdenziale croato è imperniato sul principio dell'assicurazione obbligatoria nel paese di occupazione e contiene definizioni ben precise dei dipendenti e dei lavoratori autonomi. Sebbene il regime di assicurazione obbligatoria non risulti discriminatorio per i non croati, per poter beneficiare delle prestazioni previdenziali gli stranieri devono avere un permesso di lavoro o una licenza commerciale. La Croazia ha concluso accordi previdenziali bilaterali con diversi paesi terzi, tra cui molti Stati membri dell'UE, nel cui ambito vengono già applicati il cumulo dei periodi assicurativi e l'esportazione delle prestazioni per 23 paesi. Le disposizioni comunitarie sul coordinamento dei regimi previdenziali armonizzano e coordinano i regimi previdenziali degli Stati membri. Poiché questi regolamenti sono direttamente applicabili in ciascuno Stato membro dell'UE, non c'è bisogno che la Croazia modifichi la sua legislazione sulla previdenza sociale. Basteranno infatti gli adeguamenti tecnici richiesti dalle caratteristiche specifiche del regime previdenziale croato.

    Le strutture amministrative incaricate di applicare le disposizioni comunitarie in materia sono il Fondo croato di assicurazione sanitaria, il Fondo croato di assicurazione pensione e l'Ufficio croato per l'occupazione. L'applicazione dei regolamenti di coordinamento avrà un'incidenza finanziaria per la Croazia, in particolare per quanto riguarda le pensioni e l'assistenza sanitaria.

    Conclusione

    Nel complesso, la Croazia dovrà impegnarsi in modo considerevole e costante per quanto riguarda la libera circolazione delle persone, allineare ulteriormente la sua legislazione con l'acquis e applicarla correttamente a medio termine. L'allineamento integrale con l'acquis e l'adeguatezza della capacità amministrativa hanno particolare importanza per quanto concerne il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali. Va rivolta la debita attenzione ai requisiti imposti dall'acquis in materia di diritti del cittadino (segnatamente i diritti di residenza e di voto e la non discriminazione nell'accesso all'istruzione superiore) e di libera circolazione dei lavoratori (in particolare, la non discriminazione nei confronti dei lavoratori migranti dell'UE).

    Capitolo 3: Libera prestazione dei servizi

    A norma del presente capitolo, gli Stati membri devono far sì che la legislazione nazionale non osti al diritto di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi in tutta l'UE. Per determinati settori, l'acquis impone di rispettare norme armonizzate per il buon funzionamento del mercato interno; oltre al settore finanziario (banche, assicurazioni, servizi d'investimento e mercati mobiliari), ciò vale anche per un certo numero di professioni specifiche (artigiani, operatori commerciali, agricoltori e agenti commerciali). Occorre inoltre rispettare le norme armonizzate sulla protezione dei dati personali e su alcuni servizi della società dell'informazione.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione prevede la liberalizzazione graduale della prestazione di servizi tra l'UE e la Croazia.

    Per quanto riguarda il diritto di stabilimento, la Croazia deve adeguare il suo quadro normativo abolendo gli ostacoli residui per le persone fisiche e giuridiche dell'UE. A titolo di esempio, la legislazione croata sui valori mobiliari impone alle società stabilite in Croazia con più di 100 azionisti e un capitale azionario superiore a 30 milioni di HRK (4 milioni di euro) di essere quotate in borsa, il che ostacola lo stabilimento degli operatori dell'UE.

    Per quanto riguarda le disposizioni direttamente applicabili del trattato CE sulla libera prestazione dei servizi, la Croazia dovrà eliminare gli ostacoli alla prestazione di servizi transfrontalieri da parte delle società UE. Il diritto croato non fa distinzioni tra gli operatori stabiliti in uno Stato membro dell'UE che prestano temporaneamente servizi in territorio croato e quelli che prestano servizi tramite uno stabilimento permanente. Ora come ora, i prestatori di servizi dell'UE non possono svolgere un'attività commerciale in Croazia senza aprire una filiale o una consociata sul territorio di questo paese. La legislazione croata contiene inoltre diversi requisiti che possono ostacolare la prestazione di servizi su base occasionale o temporanea, tra cui l'obbligo di fornire traduzioni giurate dei documenti, di ottenere una licenza per svolgere un mestiere e di avere sia un "direttore" che un "rappresentante autorizzato".

    Per quanto riguarda i servizi finanziari, il graduale consolidamento del settore bancario croato è conciso con un notevole aumento delle consociate degli istituti di credito dell'UE. Il settore bancario è disciplinato principalmente dalla legge bancaria, che costituisce una valida base per l'armonizzazione ma non copre tutti gli aspetti dell'acquis UE pertinente. A norma di questa legge, dopo l'adesione della Croazia all'UE le banche autorizzate a prestare servizi bancari e altri servizi finanziari in uno Stato membro dell'UE potranno prestare questi servizi anche in Croazia, direttamente o attraverso una filiale. Altre disposizioni legislative hanno instaurato norme contabili per le istituzioni di credito e la Croazia gestisce un sistema di garanzia dei depositi. Nel gennaio 2004 sono entrate in vigore nuove norme sull'adeguatezza patrimoniale delle banche e delle società d'investimento. Non esiste una legislazione specifica sui conglomerati, sugli istituti di moneta elettronica (solo le banche sono autorizzate a emetterla) e sulla liquidazione degli istituti di credito. Per il resto, le divergenze tra la legislazione croata e l'acquis sul settore bancario sono prettamente tecniche e riguardano aspetti come la cooperazione tra le autorità di vigilanza, gli scambi di informazioni tra le autorità croate competenti, i requisiti patrimoniali minimi e l'adeguamento/introduzione di alcune definizioni giuridiche nel diritto nazionale croato.

    La Banca nazionale è l'autorità responsabile del rilascio delle licenze operative e della sorveglianza degli istituti di credito. Le sue competenze sono definite nella legge sulla Banca nazionale croata e nella legge bancaria. Il dipartimento di vigilanza bancaria della Banca nazionale croata ha un organico di 75 persone, che beneficiano di un programma di formazione professionale permanente. Secondo la valutazione eseguita dall'FMI a metà del 2002, i poteri di vigilanza della Banca nazionale sono sostanzialmente in linea con le norme internazionali.

    La divisione "vigilanza delle istituzioni finanziarie" del ministero delle finanze provvede al rilascio delle licenze e alla sorveglianza delle cooperative di risparmio e di credito a norma della legge su dette cooperative. L'eventuale inclusione di queste ultime nella definizione degli istituti di credito contenuta nelle direttive bancarie potrebbe costituire un problema per quanto concerne l'indipendenza e le competenze dell'organo di vigilanza.

    Il mercato assicurativo croato è fortemente concentrato e dominato dall'assicurazione contro i danni, con l'80% circa del premio lordo sottoscritto; al primo posto figura la responsabilità civile auto (circa un 1/3 dei premi). La quota del mercato assicurativo nazionale che detengono le società controllate dall'estero non supera il 25%, mentre tale percentuale è di oltre il 50% per l'assicurazione sulla vita. Il settore è disciplinato prevalentemente dalla legge sulle assicurazioni e dalla legge sulla mediazione e sulla rappresentanza nel settore assicurativo. Sebbene la legge sulle assicurazioni sia stata in parte armonizzata con le direttive UE riguardanti l'assicurazione sulla vita, l'assicurazione contro i danni e l'assicurazione auto, occorrerà dar prova di notevole impegno per completare l'allineamento con l'acquis.

    Le strutture amministrative del paese comprendono le funzioni basilari di vigilanza ma, come ha sottolineato l'FMI a metà del 2002, si devono rafforzare l'organizzazione e le risorse dell'autorità di sorveglianza per consentirle di svolgere i suoi compiti con la debita efficienza. A norma della legge sulle assicurazioni sono stati creati la direzione per la sorveglianza delle società di assicurazioni e l'ufficio croato per le assicurazioni. La direzione, che conta circa 15 persone (tra cui però non figurano attuari), esercita mansioni di vigilanza per tutelare gli interessi dei detentori di polizze. Oltre a rilasciare le autorizzazioni operative, la direzione approva gli atti commerciali e la nomina dei membri dei consigli d'amministrazione, definisce le norme applicabili all'organizzazione finanziaria delle società e stabilisce sia i tipi di assicurazione che le categorie di rischio. La direzione sarà ristrutturata, poiché finora non ha funzionato in modo soddisfacente. L'ufficio croato per le assicurazioni rappresenta le società assicurative nelle istituzioni internazionali, tutela le vittime degli incidenti stradali e si occupa dei danni in altri Stati. L'ufficio, che funziona in modo piuttosto soddisfacente, gestisce inoltre il fondo di garanzia per il risarcimento di determinati danni nel campo dell'assicurazione obbligatoria.

    I mercati mobiliari sono ancora poco sviluppati in Croazia. Sebbene esistano due borse valori, i mercati finanziari non sono dotati né di liquidità né di spessore e la capitalizzazione del mercato azionario equivaleva al 30% circa del PIL alla fine del 2002. Il quadro legislativo che disciplina in Croazia i mercati mobiliari e gli organismi d'investimento collettivo costituisce una base per il necessario allineamento con l'acquis. Vanno segnalate in particolare la legge sul mercato mobiliare e la legge sui fondi d'investimento. Manca però un sistema di compensazione degli investimenti.

    Per quanto riguarda le strutture amministrative, nel 1996 è stata creata la commissione croata per i titoli (CROSEC), che è diventata operativa verso la fine del 2002 con la nomina di tutti i suoi membri e l'adozione del suo statuto da parte del governo croato. La CROSEC ha 27 dipendenti. Nell'agosto 2002 l'FMI ha evidenziato la necessità di aumentare i poteri della CROSEC e di chiarirne le modalità di funzionamento. Nonostante i progressi fatti da allora, si deve rafforzare ulteriormente la capacità di vigilanza della commissione.

    Per quanto riguarda la sorveglianza dei conglomerati finanziari, la cooperazione tra le autorità di vigilanza croate non è ancora stata ufficializzata. Il Parlamento ha comunque adottato un programma per la sorveglianza consolidata delle istituzioni finanziarie e del mercato finanziario, in base al quale si intende creare un organo di coordinamento con i rappresentanti delle istituzioni di vigilanza settoriali.

    La legge sulla protezione dei dati personali e sulla libera circolazione di questi dati adottata nel 2003 è sostanzialmente in linea con le disposizioni principali dell'acquis. La legislazione impone un "livello di protezione adeguato" per i trasferimenti di dati personali ai paesi terzi, ma non prevede le deroghe contemplate dalla direttiva sulla protezione dei dati personali. Deve ancora essere creata un'Agenzia per la protezione dei dati personali, il cui capo sarà nominato dal Parlamento.

    Per quanto riguarda i servizi della società dell'informazione, la Croazia ha adottato la legge sul commercio elettronico, che recepisce in parte l'acquis. Oltre a predisporre opportuni mezzi di sorveglianza in questo campo, il paese dovrà istituire un punto di contatto che collabori con le autorità degli altri Stati membri dell'UE. Occorre inoltre vietare la produzione, la vendita e la distribuzione di carte intelligenti pirata e di altri dispositivi che consentono di eludere la criptazione dei servizi ad accesso ristretto, nonché istituire sanzioni adeguate.

    Conclusione

    In sintesi, occorre abolire gli ostacoli allo stabilimento e alla prestazione di servizi transfrontalieri da parte delle perone fisiche o giuridiche dell'UE.

    La Croazia si è adoperata con impegno per ravvicinare il suo quadro giuridico e di sorveglianza alle norme UE sui servizi finanziari con risultati particolarmente positivi nel settore bancario, la cui situazione deve comunque essere ulteriormente migliorata. Occorre inoltre sviluppare i mercati delle assicurazioni, dei servizi d'investimento e dei titoli e allinearli con l'acquis.

    Nel complesso, la Croazia dovrà impegnarsi considerevolmente per rafforzare il quadro legislativo e di vigilanza, anche per i servizi finanziari, al fine di allineare la sua legislazione con l'acquis e di applicarla correttamente a medio termine.

    Capitolo 4: Libera circolazione dei capitali

    Gli Stati membri devono abolire tutte le restrizioni che il diritto nazionale impone ai movimenti di capitali tra di essi e con i paesi terzi (con qualche eccezione) e adottare le norme UE per garantire il buon funzionamento dei pagamenti transfrontalieri e dei trasferimenti transfrontalieri di tutte le forme di capitale. L'acquis comprende anche norme armonizzate sui sistemi di pagamento. Oltre a sancire la natura illecita del riciclaggio del denaro sporco, le direttive pertinenti impongono alle istituzioni finanziarie di identificare e di conoscere i loro clienti, di conservare una documentazione appropriata e di segnalare qualsiasi attività sospetta. Le direttive riguardano inoltre l'attività dei revisori dei conti, dei contabili esterni, dei notai e degli avvocati, dei casinò, degli agenti immobiliari e di determinati commercianti di oggetti di gran valore per le operazioni in contanti di notevole entità. È necessaria una capacità di applicazione adeguata.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione fissa un calendario per la liberalizzazione dei capitali negli anni successivi alla ratifica. Esso prevede inoltre la progressiva liberalizzazione del mercato immobiliare.

    Per quanto riguarda i movimenti di capitale e i pagamenti, la Croazia è diventata membro a tutti gli effetti dell'FMI nel 1992 e ha introdotto nel 1995 la piena convertibilità delle partite correnti. Nel periodo 1998-2001, gli investimenti esteri diretti sono ammontati a oltre 5 miliardi di euro, provenienti per il 55% dall'UE. Negli ultimi anni, inoltre, i residenti croati hanno iniziato a investire all'estero. Il 90% circa del sistema bancario (in termini di attività) è di proprietà straniera.

    La legge sulla valuta estera, in vigore dal giugno 2003, allinea le definizioni con l'acquis e fornisce il quadro per una progressiva liberalizzazione dei capitali. Salvo diverse disposizioni di leggi specifiche, gli investimenti diretti dei non residenti in Croazia non sono soggetti ad alcuna restrizione. Le leggi settoriali specifiche riflettono un pubblico interesse (narcotici, pluralismo dei media, ecc.), l'esercizio della pubblica autorità (ad esempio, i notai) o settori attualmente disciplinati da accordi bilaterali (trasporti, pesca, ecc.), e devono essere allineate prima dell'adesione. Gli investimenti interni nel settore immobiliare ad opera dei non residenti e dei cittadini stranieri sono soggetti a restrizioni e ostacolati dalle gravi carenze del sistema croato di registrazione fondiaria.

    Occorre allineare con l'acquis anche le norme sugli investimenti applicabili agli investitori istituzionali (come i fondi pensioni e le cooperative di risparmio e di credito), i diritti speciali del governo nelle imprese privatizzate (telecomunicazioni, petrolio ed energia elettrica) e i requisiti specifici applicabili all'esposizione con l'estero del sistema finanziario e all'abolizione delle restrizioni rimanenti sui movimenti di capitali a breve termine.

    Per quanto riguarda i sistemi di pagamento, occorre allineare ulteriormente con l'acquis il quadro legislativo croato relativo ai trasferimenti transfrontalieri, che si basa sulla legge relativa alla valuta estera, introducendo, ad esempio, l'obbligo per le istituzioni finanziarie di informare i clienti delle condizioni dei trasferimenti transfrontalieri di credito e una compensazione speciale in caso di mancata esecuzione di un trasferimento. Si giudica inoltre troppo complessa la procedura di ricorso (arbitrato e conciliazione presso il tribunale di arbitrato permanente e il centro di conciliazione della camera di commercio croata.

    La Croazia, che negli ultimi anni ha creato un quadro per la lotta contro il riciclaggio del denaro, partecipa ai lavori del comitato di esperti selezionati del Consiglio d'Europa per la valutazione delle misure antiriciclaggio del denaro (Moneyval), sul modello della task force regionale di azione finanziaria (FATF). Nel luglio 2003, Moneyval ha adottato il secondo rapporto di valutazione sulla Croazia. L'allineamento con le raccomandazioni del rapporto sarà di fondamentale importanza.

    Il codice penale considera il riciclaggio del denaro un reato che comprende le negligenze gravi, la responsabilità penale delle società e l'autoriciclaggio. La natura criminosa del riciclaggio, tuttavia, è legata al fatto che il denaro o la proprietà siano stati acquisiti in modo illecito. Le recenti modifiche apportate alla legge 1997 sulla prevenzione del riciclaggio del denaro sono entrate in vigore nel gennaio 2004. La legge impone di identificare i clienti, di segnalare i casi sospetti di riciclaggio del denaro e le operazioni in contanti al di sopra di una certa soglia all'Ufficio per la prevenzione del riciclaggio del denaro (OPML, l'unità di informazione finanziaria presso il ministero delle finanze croato) e di conservare una documentazione appropriata. Esiste un elenco globale delle entità oggetto di misure volte a prevenire il riciclaggio del denaro.

    La legislazione croata deve essere ulteriormente allineata con la seconda direttiva UE sul riciclaggio del denaro. Ad esempio, l'obbligo di identificare/controllare i clienti presenta determinate carenze, quali la posizione dei contatti commerciali non permanenti e delle operazioni una tantum, l'identificazione delle persone che operano per conto di persone giuridiche e l'esenzione dei prelievi sui conti di risparmio. Si deve inoltre imporre ai supervisori di segnalare i casi sospetti di riciclaggio del denaro. L'OPML può chiedere ulteriori informazioni sulle operazioni sospette segnalate, ma non si capisce bene perché le istituzioni all'origine delle segnalazioni abbiano il diritto di contestare tali richieste. Le sanzioni sono di natura amministrativa e di entità piuttosto limitata.

    I residenti possono avere conti numerati e libretti di risparmio al portatore, ma l'identificazione dei clienti è obbligatoria. La nuova legge sui titoli non autorizza più le azioni al portatore.

    Per quanto riguarda la capacità amministrativa, occorre rafforzare l'efficacia del sistema, potenziando anche le risorse dell'OPML. Il feedback è riservato alle banche. Si devono migliorare le procedure interne, la formazione dei dipendenti e l'informazione sul riciclaggio del denaro a livello delle istituzioni responsabili delle segnalazioni, dei supervisori e degli organismi incaricati di applicare la legge, creando eventualmente la base giuridica necessaria. Occorre rafforzare la verifica della conformità con la legislazione antiriciclaggio del denaro e la funzione di orientamento, nel settore bancario e negli altri settori, per quanto riguarda l'adeguatezza dei mandati, i poteri, i mezzi, la cooperazione con gli altri organismi e l'effettiva conformità con la legislazione. Le carenze del sistema hanno impedito finora di ottenere risultati di rilievo in termini di condanne e confische. (Cfr. anche Capitolo 24 - Cooperazione in materia di giustizia e affari interni).

    Conclusione

    In sintesi, la Croazia deve adoperarsi con maggiore impegno per allineare la sua legislazione con l'acquis e per applicarla correttamente, a medio termine, ai movimenti di capitali, ai pagamenti e ai sistemi di pagamento. La Croazia deve inoltre completare il sistema volto a combattere il riciclaggio del denaro. Stanziando risorse sufficienti per applicare la legge e ovviando alle carenze del sistema, il paese dovrebbe essere in grado di instaurare a medio termine un sistema efficace di lotta contro il riciclaggio del denaro.

    Capitolo 5: Diritto societario

    A norma del presente capitolo, gli Stati membri devono adottare e applicare le norme armonizzate necessarie al buon funzionamento delle società nel mercato interno nei seguenti settori legislativi: diritto societario in senso stretto, legislazione contabile, diritti di proprietà intellettuale, diritti di proprietà industriale, riconoscimento ed esecuzione delle sentenze civili e commerciali nonché degli obblighi contrattuali.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione / accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali impone alla Croazia di garantire, entro tre anni dall'entrata in vigore dell'accordo interinale (cioè entro marzo 2005), un livello of protezione dei diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale simile a quello esistente nella Comunità, prevedendo anche strumenti efficaci a tale scopo. L'obbligo riguarda, tra l'altro, i diritti d'autore - compresi quelli dei programmi informatici - e i diritti connessi, i diritti relativi alle basi di dati, ai brevetti (compresi i certificati di protezione supplementare), ai disegni industriali, ai marchi commerciali o di servizi, alle topografie dei circuiti integrati, alle indicazioni geografiche - comprese le denominazioni d'origine -, alla protezione contro la concorrenza sleale definita all'articolo 10 bis della Convenzione di Parigi sulla tutela della proprietà industriale e alla protezione delle informazioni riservate sul know-how.

    Il quadro legislativo della Croazia in materia di diritto societario, creato con la legge sulle imprese del 1993, ha subito di recente numerose modifiche entrate in vigore nel gennaio 2004. La legge contiene requisiti patrimoniali minimi e clausole di salvaguardia per la protezione del capitale autorizzato. A parte i diversi obblighi di protezione dei creditori, l'informazione figura tra i diritti fondamentali degli azionisti; le società sono tenute a divulgare informazioni sulle principali decisioni che le riguardano. Nel complesso, il quadro legislativo croato è una valida base per l'ulteriore allineamento con l'acquis nel campo del diritto societario. È in vigore dal 2002 una legge che definisce le procedure di acquisizione delle società pubbliche a responsabilità limitata.

    Per quanto riguarda le strutture amministrative, le informazioni sulle società figurano nei registri dei tribunali di commercio. I rendiconti finanziari vengono conservati separatamente nei registri dell'Agenzia finanziaria. Non si sa con precisione quanto i due registri siano collegati. I tribunali di commercio pubblicano informazioni sulle società nella Gazzetta ufficiale e in un quotidiano. I registri sono accessibili a tutti e i diritti di consultazione sono limitati all'importo necessario per coprire le spese. I tempi di registrazione delle società vanno da pochi giorni a tre settimane a seconda del tribunale di commercio (gli ulteriori ritardi per le imprese in fase di avviamento sono connessi alla registrazione presso le amministrazioni doganale, fiscale e statistica, che può richiedere anche quattro mesi) (Cfr. anche Capitolo 16 - Piccole e medie imprese).

    Il settore contabile è disciplinato dalla legge contabile del 1992. Le norme in questo campo vengono fissate dal consiglio croato per le norme contabili. La legge prevede sanzioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di informativa finanziaria. È in corso l'iter parlamentare di una nuova legge contabile, che istituirà un Consiglio per l'informativa finanziaria con poteri normativi. La Croazia ha già avviato il passaggio ad un sistema contabile basato sugli standard contabili internazionali (IAS), di cui dovrà però garantire la corretta applicazione.

    A norma della legge sulle revisioni dei conti, il ministero delle finanze rilascia le licenze alle società di audit. Il governo croato ha adottato un piano finalizzato alla conformità con tutti i requisiti dell'acquis in materia.

    La Croazia ha aderito all'accordo TRIPs dell'OMC e alle principali convenzioni internazionali sui diritti di proprietà intellettuale e industriale, tra cui il trattato dell'OMPI sul diritto d'autore (WCT) e il trattato dell'OMPI su interpretazioni, esecuzioni e fonogrammi (WPPT). La legislazione croata ha instaurato un regime frontaliero specifico per i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ma l'applicazione effettiva delle norme continua a porre notevoli problemi anche per quanto riguarda la lotta contro le merci usurpative e contraffatte. Il paese deve mettere a disposizione risorse e competenze sufficienti per l'applicazione della legge e migliorare l'efficienza dell'apparato giudiziario. Per quanto riguarda le strutture amministrative, si deve aumentare rapidamente l'organico dell'Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale (SIPO), composto attualmente da 88 persone, che risulta di gran lunga insufficiente in determinati settori. Nel gennaio 2004, il SIPO è stato fuso con l'Istituto di Stato per la standardizzazione e la metrologia e ribattezzato Ufficio di Stato per la proprietà intellettuale, la standardizzazione e la metrologia.

    Il quadro legislativo croato sui diritti di proprietà intellettuale è stato radicalmente riformato nel 2003 con l'adozione della nuova legge sui diritti d'autore e sui diritti connessi, il cui testo esauriente copre l'intero campo di applicazione della protezione, tra cui diritti e deroghe, disposizioni sulla protezione delle misure tecnologiche, legislazione sui contratti applicabili ai diritti d'autore, società di gestione dei diritti d'autore, applicazione dei diritti e diritto di seguito. La legislazione croata sui diritti d'autore e sui diritti connessi è quindi sostanzialmente in linea con l'acquis, ma dovrà essere ulteriormente modificata per arrivare ad un allineamento totale. Pur disponendo degli strumenti legislativi necessari per la lotta contro le merci usurpative e contraffatte, il paese deve impegnarsi per garantirne la corretta applicazione. Per quanto riguarda le strutture amministrative, si deve aumentare l'organico del dipartimento del SIPO per i diritti d'autore, che a metà del 2003 disponeva di una sola persona.

    Anche il quadro legislativo croato sui diritti di proprietà industriale è stato radicalmente modificato nel 2003 con l'adozione di nuove leggi riguardanti i brevetti, i disegni industriali, i marchi di fabbrica, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine di prodotti e servizi e la tutela delle topografie dei prodotti a semiconduttori. L'Organizzazione europea dei brevetti e la Croazia hanno firmato di recente un accordo di estensione riguardante le richieste di brevetti europei, che permette di estendere tali brevetti alla Croazia previa presentazione di una domanda in tal senso in occasione del deposito. La legislazione croata è sostanzialmente in linea con l'acquis, ma dovrà essere ulteriormente modificata per arrivare ad una piena conformità. Per quanto riguarda le strutture amministrative, è urgente aumentare il numero di esperti tecnici del dipartimento Brevetti del SIPO e organizzare un programma di formazione. Per smaltire il notevole arretrato accumulato per quanto riguarda il trattamento delle domande di brevetti occorre semplificare le procedure, che attualmente sono lunghe e complesse.

    Conclusione

    La Croazia deve proseguire il ravvicinamento in materia di diritto societario e contabile, garantire la piena trasparenza dei registri delle società e abbreviare le procedure di registrazione. Occorre inoltre migliorare l'applicazione delle norme contabili e di quelle riguardanti l'audit.

    Nel 2003 la Croazia ha preso misure legislative importanti per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ma dovrà impegnarsi ulteriormente per conformarsi con l'acquis nonché per rispettare la scadenza fissata nell'accordo interinale. Un'applicazione corretta della legislazione richiede inoltre un rafforzamento delle procedure di esecuzione e delle strutture amministrative competenti. Per lottare efficacemente contro la pirateria e le contraffazioni, il paese deve fornire risorse sufficienti agli organi incaricati di applicare la legge e migliorare l'efficienza dell'apparato giudiziario.

    La Croazia, che ha dato prova di notevole impegno in tal senso, deve proseguire l'allineamento legislativo con l'acquis e rafforzare le capacità amministrative per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale e industriale Il paese deve allineare ulteriormente l'intero diritto societario con l'acquis e applicarlo correttamente a medio termine.

    Capitolo 6: Politica di concorrenza

    L'acquis sulla concorrenza riguarda sia le politiche antitrust che le politiche di controllo degli aiuti di Stato. Esso comprende norme e procedure volte a combattere il comportamento anticoncorrenziale delle società (accordi restrittivi tra imprese e abuso di posizione dominante) e a impedire ai governi di concedere aiuti di Stato tali da falsare la concorrenza nel mercato interno. Gli Stati membri devono collaborare pienamente con la Commissione per l'applicazione delle regole di concorrenza, che di solito sono direttamente applicabili in tutta l'Unione.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione / accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali definisce un regime di concorrenza applicabile nelle relazioni commerciali tra la Comunità e la Croazia, basato sui criteri di cui agli articoli 81 e 82 del trattato CE (accordi tra imprese, abusi di posizione dominante), all'articolo 86 (imprese pubbliche e imprese con diritti speciali o esclusivi) e all'articolo 87 (aiuti di Stato). L'accordo impone inoltre di conferire a un ente pubblico indipendente i poteri necessari per applicare correttamente questo regime di concorrenza e contiene discipline specifiche riguardanti gli aiuti di Stato per il settore siderurgico, compreso l'obbligo per la Croazia di presentare alla Commissione un programma di ristrutturazione e di riconversione della sua industria siderurgica.

    Il quadro legislativo antitrust è costituito in Croazia dalla legge sulla concorrenza adottata nel giugno 2003, in vigore dall'ottobre 2003, che ha sostituito la legge del 1995 e contiene i principi fondamentali delle norme comunitarie in materia di antitrust. La legislazione vieta, in particolare, gli accordi restrittivi e gli abusi di posizione dominante. Alcuni suoi aspetti, quali la procedura di nullità automatica degli accordi restrittivi, devono tuttavia essere ulteriormente modificati per risultare del tutto conformi all'acquis. Le condizioni per la concessione degli esoneri dal divieto degli accordi restrittivi devono anch'esse essere allineate con le condizioni cumulative di cui all'articolo 81 del trattato CE. Per di più, la legge croata sulle procedure amministrative generali potrebbe interferire con la legge sulla concorrenza. Per garantire la piena indipendenza dell'Agenzia per la tutela della concorrenza si deve precludere la possibilità di decretare un annullamento straordinario in base alla legge amministrativa generale croata contro il parere dell'Agenzia per la tutela della concorrenza.

    Per quanto riguarda la capacità amministrativa, spetta all'Agenzia per la protezione della concorrenza (APMC) applicare la legge croata sulla concorrenza. L'Agenzia, che è stata creata nel 1995, opera come entità indipendente a norma della legge sulla concorrenza. Nel settembre e nell'ottobre 2003 sono stati nominati il presidente e gli altri quattro membri del comitato per la concorrenza, organo gestionale e decisionale dell'Agenzia. L'Agenzia occupa attualmente 28 persone, compresi i cinque membri del comitato. Si dovrà comunque verificare il livello effettivo della sua capacità amministrativa.

    Visto che il quadro legislativo è entrato in vigore da poco, non si dispone ancora di informazioni sufficienti sull'efficienza dell'Agenzia in termini di applicazione. Nel prossimo futuro, l'Agenzia dovrà occuparsi soprattutto di applicare le norme antitrust in relazione alle imprese per abituarle a condizioni di concorrenza simili a quelle della Comunità molto prima dell'adesione a tutti gli effetti. A tal fine, occorrerà altresì un sistema giudiziario efficiente in grado di gestire i ricorsi contro le decisioni dell'Agenzia e di prendere decisioni in conformità dell'acquis comunitario. È necessario inoltre che la pubblica amministrazione e gli operatori economici abbiano un'idea sufficientemente chiara della legislazione e della politica in materia di concorrenza.

    Prima del 2003 non esisteva in Croazia un quadro legislativo globale sugli aiuti di Stato. Nel 2003, la Croazia ha preso misure concrete per crearlo adottando una legge e un regolamento sugli aiuti di Stato, entrati in vigore rispettivamente nell'aprile e nel luglio 2003. Non si sa ancora, tuttavia, se il nuovo quadro conferisca all'autorità di sorveglianza poteri sufficienti per controllare pienamente e correttamente tutti i regimi di aiuti vecchi e nuovi in linea con l'acquis comunitario.

    Per conformarsi pienamente all'acquis dell'UE sugli aiuti di Stato, la Croazia deve abilitare l'Agenzia per la protezione della concorrenza sul mercato, organo di controllo degli aiuti di Stato, ad autorizzare i regimi generali di aiuti, senza limitarsi ad esprimere un parere. Una delle modifiche più urgenti da apportare alla legge croata sugli aiuti di Stato riguarda l'articolo 4, paragrafo 3, lettera d), secondo il quale gli aiuti di Stato volti ad agevolare lo sviluppo di determinate attività o aree economiche possono essere considerati compatibili. Questa disposizione va applicata solo in circostante estremamente specifiche (di natura piuttosto eccezionale). Occorre inoltre migliorare la conoscenza, attualmente piuttosto limitata, dei regimi di aiuti che vanno al di là del sostegno diretto al bilancio, specie per quanto riguarda gli aiuti a carattere fiscale. In tale contesto, si deve ancora verificare la compatibilità con l'acquis della legge sulle aree di particolare interesse per lo Stato, della legge sulle zone franche e della legge sulla promozione degli investimenti.

    Per quanto riguarda la capacità amministrativa, l'Agenzia per la protezione della concorrenza sul mercato avrà bisogno di risorse amministrative supplementari per svolgere le sue nuove funzioni che consistono, oltre all'antitrust, nell'applicazione della legge sugli aiuti di Stato e nella stesura dei decreti attuativi. Vanno adottate norme procedurali che consentano all'ente nazionale per il controllo degli aiuti di Stato di ricevere dagli organismi che concedono gli aiuti notifiche riguardanti tutti i progetti di aiuti proposti, di ottenere da detti organismi tutte le informazioni necessarie e di esprimere il suo parere prima che l'aiuto proposto venga concesso (clausola di standstill).

    L'Agenzia dovrà darsi da fare per dimostrare la sua efficienza in termini di applicazione quale autorità di controllo degli aiuti di Stato. Ora come ora, il quadro legislativo e le strutture amministrative sono troppo recenti per poter trarre conclusioni in proposito. Non si dispone di molti dati attendibili sull'uso degli aiuti di Stato nell'economia croata e la trasparenza lascia a desiderare. Per di più, non esiste un inventario affidabile degli aiuti di Stato. A norma dell'articolo 35 dell'accordo interinale, la Croazia deve fornire alla Commissione un inventario completo degli aiuti di Stato nonché relazioni annuali in materia. L'inventario degli aiuti di Stato è di capitale importanza, e l'Agenzia per la protezione della concorrenza sul mercato deve adoperarsi per inserirvi rapidamente tutte le misure pertinenti, che devono inoltre essere valutate per appurarne la compatibilità ai sensi dell'articolo 87 del trattato CE.

    Conformemente all'articolo 86 del trattato CE, la legge croata sulla concorrenza si applica in tutto e per tutto alle imprese pubbliche e alle imprese con diritti speciali o esclusivi che gestiscono servizi pubblici.

    Per quanto riguarda le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, la legge croata sulla concorrenza ha ripreso la formulazione dell'articolo 86, paragrafo 2 del trattato CE, fatta eccezione per il test di proporzionalità. Questa mancanza di limitazioni, che lascia alle imprese suddette un margine di manovra troppo vasto, rischia di escluderle completamente dal campo di applicazione della legge sulla concorrenza.

    Per quanto riguarda la liberalizzazione dei settori specifici, si dovrà valutare l'impatto della legislazione settoriale specifica sull'applicazione effettiva delle regole generali di concorrenza nei settori in questione (telecomunicazioni, banche, energia, petrolio e prodotti petroliferi, gas). La liberalizzazione dei settori specifici dell'economia è contemplata dai capitoli settoriali pertinenti.

    Conclusione

    È stato creato il quadro legislativo di base in materia di antitrust. Si deve proseguire il processo di ravvicinamento con l'acquis e potenziare l'Agenzia per la protezione della concorrenza sul mercato, la quale dovrà ottenere risultati concreti in termini di applicazione delle norme.

    Oltre a completare il quadro legislativo sugli aiuti di Stato, creato in buona parte nel 2003, la Croazia deve migliorare la trasparenza e la conoscenza delle norme sugli aiuti di Stato nonché garantire un controllo adeguato in questo settore, conferendo in particolare all'Agenzia i poteri necessari. È inoltre indispensabile rafforzare la capacità amministrativa dell'Agenzia per la protezione della concorrenza sul mercato.

    Riassumendo, la Croazia dovrà impegnarsi in modo considerevole e costante per allineare la sua legislazione con l'acquis e applicarla correttamente a medio termine.

    Capitolo 7: Agricoltura

    Il capitolo agricolo riguarda un gran numero di norme vincolanti, molte delle quali sono direttamente applicabili. Per il buon funzionamento della politica agricola comune è necessario che la pubblica amministrazione applichi correttamente le norme in questione, creando tra l'altro sistemi di gestione quali l'organismo pagatore e il sistema integrato di gestione e di controllo, nonché la capacità di realizzare le azioni di sviluppo rurale. L'adesione all'UE presuppone l'integrazione nelle organizzazioni comuni di mercato per tutta una serie di prodotti agricoli tra cui i seminativi, lo zucchero, i prodotti di origine animale e le colture specializzate. Il capitolo comprende infine norme veterinarie dettagliate, indispensabili per tutelare la salute degli animali e la sicurezza alimentare nel mercato interno, e fitosanitarie, riguardanti aspetti come la qualità delle sementi, i materiali fitosanitari e gli organismi nocivi.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione / accordo interinale disciplina gli scambi preferenziali di prodotti agricoli.

    La Croazia sta creando le condizioni necessarie affinché la sua agricoltura possa far fronte alla competitività dell'UE e garantire condizioni di lavoro e di vita adeguate nelle zone rurali. La Croazia ha vissuto le diverse fasi dell'adeguamento agricolo come gli altri paesi dell'Europa centrale e orientale. Dopo il crollo che ha caratterizzato la prima metà degli anni '90, la produzione agricola si è stabilizzata, soprattutto per quanto riguarda le produzioni vegetali. Il 57% dei seminativi è coltivato a frumento e granturco. Anche in Croazia, come in altre economie in fase di transizione, si è assistito a un rapido declino della produzione animale, in particolare per i bovini, a causa della debolezza e del restringimento dei mercati, della scarsa competitività delle aziende agricole e del settore della trasformazione e dell'accesso limitato ai capitali. Pur essendo in diminuzione, il peso economico dell'agricoltura rimane considerevole, poiché il suo valore lordo rappresenta il 10% circa del PIL totale. L'agricoltura croata è dominata dalle aziende agricole, in media di 2,8 ha, mentre l'84,5% circa dei seminativi e il 94,3% delle vacche appartengono ad aziende private. Il 47,5% circa delle aziende familiari rurali occupa meno di 1 ha e il 39,4% circa coltiva da 1 a 5 ha di superficie agricola. L'agricoltura di sussistenza e di semisussistenza è una componente di grande importanza per il settore e per le economie rurali della Croazia. Per aumentare la competitività dell'agroalimentare croato, quindi, è più opportuno rilanciare le economie rurali che attuare politiche agricole orientate verso il mercato.

    Il commercio di prodotti agricoli rispecchia la mutata struttura della produzione agricola. Le esportazioni agroalimentari totali sono ammontate nel 2002 a 487 milioni di euro (+31% rispetto al 1995). Nello stesso periodo, le importazioni agroalimentari totali sono aumentate del 37%, arrivando a 963 milioni di euro nel 2002. Nel periodo 1995-2002, tuttavia, la quota dell'agricoltura nel commercio totale è scesa dal 10,5% al 9,4% per le esportazioni e dal 12,3% all'8,5% per le importazioni. La Croazia rimane un'importatrice netta di prodotti agricoli. Nel 2002 gli scambi con l'UE-25 sono ammontati a 213 milioni di euro per le esportazioni e a 725 milioni di euro per le importazioni. La bilancia commerciale con l'UE-25 ha registrato nel 2002 un saldo negativo di 512 milioni di euro in linea con l'aumento generalizzato del deficit. I principali prodotti agricoli e agroalimentari esportati dalla Croazia erano: tabacco e prodotti del tabacco, preparazioni alimentari di vario tipo, zucchero, prodotti a base di zuccheri e cereali, mentre il paese importava soprattutto preparazioni alimentari di vario tipo, bevande, frutta, animali vivi e prodotti lattiero-caseari. La Croazia, che ha aderito all'OMC nel 2000, si è impegnata a ridurre progressivamente gli ostacoli agli scambi di prodotti agricoli entro il 2005. Essa ha concluso accordi di libero scambio con la maggior parte dei paesi europei.

    Il quadro legislativo pertinente è costituito principalmente dalla legge sull'agricoltura, dalla legge sulle terre agricole, dalla legge sulla produzione ecologica dei prodotti agricoli e alimentari e dalla legge sugli aiuti di Stato per l'agricoltura, la silvicoltura e la pesca. I settori specifici sono regolamentati da numerose ordinanze governative. Il governo opera nell'ambito di un Programma nazionale per l'agricoltura e le zone rurali e di una strategia di sviluppo dell'agricoltura e della pesca adottata dal Parlamento.

    Per quanto riguarda le questioni orizzontali, i preparativi per la creazione di un organismo pagatore e di un sistema integrato di gestione e di controllo (SIGC) sono piuttosto indietro per quanto la Croazia intenda avvalersi delle strutture esistenti, cioè la direzione per il mercato e gli aiuti strutturali presso il ministero dell'agricoltura e un registro agricolo collegato ad una base dati centrale computerizzata. Considerati i notevoli requisiti dell'acquis sull'organismo pagatore e del SIGC, elementi chiave per il versamento dei fondi della politica agricola comune agli agricoltori, i preparativi richiederanno investimenti alquanto ingenti e un notevole sviluppo istituzionale molto prima dell'adesione. I meccanismi commerciali della Croazia si limitano alla gestione dei contingenti d'importazione e delle licenze d'importazione/esportazione, e non esistono sovvenzioni all'esportazione. A parte le disposizioni di base della legge alimentare, non sono state prese misure specifiche conformi alla legislazione UE per quanto riguarda l'agricoltura biologica e la politica di qualità. La Croazia dovrà anche gestire una rete di informazione contabile agricola (RICA) in linea con l'acquis, poiché gli attuali sistemi contabili agricoli sono considerati solo una delle misure di sviluppo generale delle zone rurali.

    Per quanto riguarda gli aiuti di Stato diversi dalle sovvenzioni connesse al mercato e le misure di sviluppo rurale, la Croazia ha instaurato altri sistemi di sostegno agli agricoltori: un'esenzione dall'accisa sull'Eurodiesel per i produttori di cereali, oleaginose, barbabietole da zucchero e tabacco, l'applicazione di un'aliquota IVA dello 0% a tutti i tipi di pane e latte, un contributo finanziario per assicurare le colture contro i danni e aiuti compensativi per attenuare i danni provocati dalle calamità naturali. La Croazia concede sovvenzioni per la produzione di lavanda e di erbe medicinali e per la creazione di nuove piantagioni di lavanda. Il paese dovrà adeguare tutti gli aiuti di Stato alle disposizioni del trattato e agli orientamenti adottati in questo settore.

    Seminativi. La Croazia concede aiuti alla produzione per le colture cerealicole (frumento, segala, triticale e cereali da foraggio) e i semi oleosi (girasole, soia e colza), ma non per le proteaginose. I sussidi variano a seconda che si tratti di cereali da panificazione o da foraggio. Il regime croato è gestito e controllato in modo diverso dal sistema dell'UE. Sono in corso l'armonizzazione delle procedure ereditate dal precedente sistema di gestione dei sussidi e i preparativi per l'allineamento con l'SIGC (sistema integrato di gestione e di controllo). Si sta inoltre ristrutturando l'organo d'ispezione agricolo. Occorre inserire nel sistema d'intervento croato norme qualitative minime per i requisiti qualitativi interni (tenore proteico, Zeleny, Hagberg, ecc.). La Croazia deve rivedere la gestione del regime d'importazione e di esportazione nel settore, introducendo in particolare le licenze d'importazione/esportazione e le restituzioni all'esportazione. Per quanto riguarda lo zucchero, la Croazia concede sovvenzioni in base alla superficie per la produzione di barbabietole da zucchero, al di sopra di una soglia minima, che non sono compatibili con l'acquis, applicando inoltre dazi doganali e contingenti preferenziali. Non esiste alcun meccanismo equivalente ai principali strumenti di gestione dell'organizzazione comune di mercato per lo zucchero (misure di controllo della produzione, accordi interprofessionali, sistema dei prezzi d'intervento e sistema di comunicazione). Le prove dell'origine per lo zucchero esportato devono essere controllate in modo costante ed efficace. Le strutture amministrative nazionali di base potrebbero costituire un punto di partenza per la creazione degli strumenti necessari, a condizione di essere notevolmente rafforzate per poter gestire l'organizzazione comune di mercato per lo zucchero.

    Prodotti di origine animale. Nel settore lattiero-caseario, la Croazia concede un aiuto per ogni litro di latte al di sopra di una soglia minima, in base ad un tenore di materie grasse del 3,7%. Gli aiuti concessi alle zone meno favorite sono di entità superiore. In Croazia esistono, come nell'UE, aiuti alla produzione, un prezzo indicativo per il latte, dazi doganali e contingenti tariffari preferenziali. Mancano invece un sistema d'intervento e misure di gestione dei contingenti, che per ora non si prevede di instaurare. Poiché la produzione di latte della Croazia corrisponde solo all'80% del suo consumo annuale di latte e prodotti lattiero-caseari, la differenza viene coperta dalle importazioni. Per quanto riguarda le carni di manzo e di vitello, la Croazia applica regimi specifici per l'ingrasso/allevamento dei bovini e per le vacche da latte. Sono in vigore anche determinate misure commerciali. Per conformarsi in tutto e per tutto con l'acquis in questo settore, la Croazia deve iniziare a predisporre un sistema adeguato di identificazione degli animali, di classificazione delle carcasse dei bovini e di notifica dei prezzi. Vengono concessi aiuti alla produzione al di sopra di una soglia minima anche per l'allevamento di ovini e caprini. Gli aiuti concessi alle zone meno favorite sono di entità superiore. Contrariamente al regime UE, possono beneficiare dei pagamenti anche gli animali maschi. Non vengono applicate misure riguardanti l'intervento e l'ammasso privato. La Croazia deve instaurare una classificazione adeguata delle carcasse e un sistema di notifica dei prezzi basato sul peso delle carcasse. Nel settore delle carni suine, vengono concessi aiuti pro capite per l'ingrasso e l'allevamento dei maiali al di sopra di una soglia minima, contrariamente a quanto disposto dalla legislazione dell'UE. Sono inoltre applicati dazi doganali e contingenti preferenziali. È stato adottato il metodo di identificazione delle carcasse EUROP, che però non è ancora legato a un sistema funzionale di notifica dei prezzi. Si devono inoltre prendere disposizioni adeguate per poter gestire i regimi UE in materia di ammasso privato e di restituzioni all'esportazione. La Croazia concede aiuti alla produzione di uova e pollame al di sopra di una soglia minima, oltre ad applicare dazi doganali e contingenti preferenziali. In previsione dell'adesione si dovranno adottare norme di commercializzazione e modalità di notifica dei prezzi in linea con le disposizioni UE. Il Centro zootecnico croato svolge diverse funzioni nel settore dei prodotti animali.

    Colture specializzate. Nel settore degli ortofrutticoli, la Croazia applica un sistema di aiuti alla produzione annuali basati sulla superficie e di pagamenti una tantum per l'impianto di nuovi frutteti. Queste misure non sono in linea con l'acquis. Non vengono concessi aiuti per la trasformazione degli ortofrutticoli. Le organizzazioni di produttori, ancora poco sviluppate, devono essere ulteriormente potenziate. È di particolare importanza allineare le norme di commercializzazione croate con quelle dell'UE e creare un organo di controllo della qualità, nonché un sistema adeguato di informazione sul mercato. Nel settore vinicolo, la Croazia concede aiuti in base alla superficie per la produzione d'uva e l'impianto di nuovi vigneti, nonché sussidi una tantum per le piantine di vite. Queste misure non sono in linea con l'acquis. La Croazia non impone restrizioni all'impianto delle viti né applica misure di distillazione. Alla produzione vinicola non si applicano misure d'intervento. Nel settore dell'olio d'oliva vengono concessi aiuti per la produzione di olive, l'impianto di oliveti, le piantine e la produzione di olio d'oliva vergine. Solo l'aiuto per la produzione delle olive sarebbe compatibile con le disposizioni UE. La Croazia deve creare un sistema informatizzato d'informazione geografica (SIG) in linea con l'acquis e allineare la sua legislazione sulle norme di commercializzazione e sulle caratteristiche tecniche dell'olio d'oliva, nonché sui metodi di analisi pertinenti. Per quanto riguarda le fibre, la Croazia applica dazi doganali al lino e alla canapa. Il paese non rispetta le disposizioni dell'acquis in materia, segnatamente le condizioni specifiche che si applicano alle importazioni di canapa nell'UE. La Croazia applica alle banane un sistema unicamente tariffario con un dazio della "nazione più favorita" pari al 10%. Il sistema croato è in linea con quello che sarà applicato nell'UE dal 2006, ma la Croazia dovrà adottare le norme di qualità comunitarie. I coltivatori di tabacco ricevono aiuti alla produzione. Contrariamente all'UE, esiste un sistema di prezzi garantiti. Gli aiuti per le sementi concessi dalla Croazia si basano in parte sulla produzione e in parte sulla superficie, ma questo secondo criterio non è in linea con l'acquis. Le varietà di sementi che possono beneficiare degli aiuti sono più numerose che nell'UE. Il luppolo beneficia sia di aiuti alla produzione che di sovvenzioni per le nuove piantagioni e per le piantine certificate. La Croazia punta ad aumentare la produzione nel settore, che l'UE cerca invece di adeguare alla domanda del mercato.

    Il modello di sviluppo rurale, che fa parte della strategia di sviluppo dell'agricoltura e della pesca, comprende tre programmi principali riguardanti lo sviluppo delle zone rurali, la salvaguardia delle razze indigene e protette e i preparativi per la commercializzazione dei prodotti agricoli. Questi documenti dimostrano l'impegno della Croazia a promuovere lo sviluppo rurale a livello nazionale e regionale, con obiettivi strategici analoghi a quelli dell'UE. Le attività in corso denotano la capacità di definire e attuare una politica di sviluppo rurale, sostenuta dagli stanziamenti del bilancio nazionale. Esiste già una definizione nazionale delle zone meno favorite. Questi preparativi spianeranno la via ai futuri programmi di sviluppo rurale in linea con l'acquis. Il paese dovrà però impegnarsi per instaurare meccanismi compatibili con l'UE, in particolare gli organismi pagatori. Va inoltre rafforzata la cooperazione tra tutti i servizi competenti.

    I servizi veterinari e fitosanitari croati, che nel complesso funzionano bene, dipendono dal ministero dell'agricoltura.

    Le principali disposizioni legislative nel settore veterinario sono la legge sulla medicina veterinaria, la legge sui farmaci e sui prodotti medici veterinari e la legge sul benessere degli animali. Le questioni specifiche in questo campo sono disciplinate da numerose ordinanze governative. La Croazia applica già alcuni elementi fondamentali della legislazione UE. Sono state parzialmente recepite diverse direttive di base, che devono però essere rese del tutto conformi con l'acquis. Pur avendo dato prova di impegno per quanto riguarda le encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) e i sottoprodotti di origine animale, la Croazia deve dimostrare che è in grado di allineare rigorosamente la sua legislazione con l'acquis (specie per quanto riguarda la conformità delle restrizioni all'importazione connesse alle TSE e la politica di macellazione a seguito dell'esistenza di focolai) e di applicarlo correttamente. Non basandosi su motivazioni scientifiche, le vaste restrizioni all'importazione connesse alle TSE applicate dalla Croazia a tutti gli Stati membri meno tre costituiscono una violazione dell'accordo interinale. La Croazia, quindi, deve allineare il suo regime d'importazione per gli animali vivi e i prodotti a base di carne con i suoi obblighi sanitari e fitosanitari (SPS) internazionali e con l'acquis dell'UE.

    Si sta creando un sistema di identificazione e registrazione degli animali che deve essere reso conforme alle norme UE. Gli attuali sistemi di lotta contro le malattie animali e di controllo della salute degli animali devono essere ulteriormente allineati con i requisiti legislativi e istituzionali dell'UE. Si stanno introducendo nella legislazione nazionale i principi di base della normativa UE sul benessere degli animali. La Croazia deve ancora recepire elementi importanti dell'acquis relativi alle misure comuni e rafforzare le capacità di monitoraggio.

    Per quanto riguarda la pubblica sanità negli stabilimenti agroalimentari, i pochi stabilimenti che soddisfano i requisiti strutturali e igienici comunitari sono quelli attualmente autorizzati ad esportare nell'UE. Si dovranno aiutare molti stabilimenti a realizzare i cospicui investimenti necessari per potenziare le loro strutture. Occorre inoltre rivedere completamente la legislazione e le disposizioni sull'alimentazione degli animali. Le autorità croate devono adoperarsi con impegno per allineare la gestione del regime nazionale di controlli veterinari, il regime di controlli veterinari sulle importazioni dai paesi terzi e le norme d'importazione con i requisiti dell'UE, specie per quanto concerne la formazione degli ispettori e le apparecchiature da laboratorio.

    La legislazione fitosanitaria è stata allineata parzialmente con l'acquis. Le principali disposizioni pertinenti sono contenute nella legge sulla protezione dei vegetali e in tre ordinanze riguardanti l'ispezione fitosanitaria e il controllo dei prodotti fitosanitari nel trasporto transfrontaliero; il controllo fitosanitario obbligatorio delle colture e degli impianti, delle sementi e delle piantine; le modalità e le condizioni d'inserimento delle sementi agricole e orticole e i materiali di riproduzione vegetativa nei cataloghi nazionali delle varietà. Per quanto riguarda gli organismi nocivi, la Croazia deve introdurre nella sua legislazione il concetto di zone protette, senza però essere obbligata a creare queste zone nel suo territorio, e continuare a recepire e applicare le direttive UE sui controlli. Si deve rivolgere ulteriore attenzione ai prodotti fitosanitari e allineare con l'acquis la riforma dell'amministrazione competente, oltre a sviluppare le capacità di verifica. Il paese deve recepire importanti direttive UE sulle sementi e sui materiali di riproduzione vegetativa. La Croazia ha iniziato a recepire gli aspetti connessi alla commercializzazione e alla protezione delle varietà vegetali.

    La Croazia deve accertarsi che gli accordi veterinari e fitosanitari internazionali in vigore siano allineati con l'acquis.

    La legge alimentare adottata nel 2003 applica in parte l'acquis sulla sicurezza alimentare e prevede la creazione di un'Agenzia alimentare la quale, una volta operativa, dovrebbe occuparsi della valutazione dei rischi, del coordinamento delle ispezioni tra i ministeri competenti e della gestione del sistema centrale di allarme rapido (cfr. Capitolo 1 - Libera circolazione delle merci).

    Conclusione

    La Croazia dovrà impegnarsi considerevolmente e costantemente per allineare la sua legislazione con l'acquis agricolo e per applicarla correttamente a medio termine.

    Diverse misure della politica agricola croata non sono in linea con l'acquis e devono essere gradatamente eliminate. La Croazia dovrà avviare in tempo i preparativi per la creazione degli strumenti di base necessari alla gestione della politica agricola comune, in particolare un organismo pagatore e un sistema SIGC conformi con l'UE. Occorre inoltre rafforzare la capacità amministrativa per poter gestire le organizzazioni comuni di mercato e le attività di sviluppo rurale.

    Le autorità croate, che si sono attivate ai fini dell'allineamento con le norme veterinarie e fitosanitarie dell'UE, devono dar prova di notevole impegno per riorganizzare le strutture e la gestione amministrativa in modo da rendere il sistema di controllo compatibile con l'UE, segnatamente per quanto riguarda le importazioni. Per colmare le notevoli lacune che ancora sussistono, tuttavia, la Croazia deve consolidare le recenti riforme e l'aggiornamento del suo quadro legislativo nonché adeguare ulteriormente l'amministrazione. Il paese deve inoltre individuare le priorità legislative e istituzionali future dettate dagli sviluppi nei settori veterinario e fitosanitario. Si sosterranno in particolare la formazione degli ispettori e del personale delle amministrazioni, la modernizzazione dei laboratori e le iniziative volte ad allineare il settore agroalimentare con i requisiti UE in materia di pubblica sanità.

    Capitolo 8: Pesca

    I regolamenti che compongono l'acquis relativo alla pesca non devono essere recepiti nella legislazione nazionale. Si devono tuttavia preparare l'amministrazione e gli operatori a partecipare alla politica comune della pesca (politica di mercato, gestione delle risorse e della flotta, ispezioni e controlli, azioni strutturali e aiuti di Stato). In alcuni casi, inoltre, occorre adeguare gli accordi o le convenzioni in materia di pesca conclusi con i paesi terzi o con le organizzazioni internazionali.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione / accordo interinale disciplina gli scambi preferenziali di prodotti della pesca.

    Per quanto riguarda la gestione delle risorse e della flotta, la Croazia possiede circa 3 150 imbarcazioni (832 pescherecci per traino, 332 ciancioli e 1 999 pescherecci polivalenti). La legislazione di base in questo settore consiste nella legge sulla pesca marittima e nella legge sulla pesca d'acqua dolce. Per la pesca commerciale occorre una licenza che, per il settore della piccola pesca, può essere rilasciata solo ai cittadini croati. Gli attrezzi da pesca sono contemplati da un'ordinanza sulla pesca marittima commerciale. Non esiste un sistema di contingenti, tranne per le grosse specie pelagiche. Alla pesca del tonno si applicano disposizioni specifiche. La Croazia attua un programma di sviluppo della flotta volto ad aumentare le catture e il consumo delle piccole specie pelagiche che costituiscono stock comuni ad altri paesi dell'Adriatico. Il programma, che prevede per il periodo 2004-2009 la costruzione di 30 nuovi pescherecci (90-120 tonnellate lorde) in cambio del ritiro di una parte non specificata della vecchia flotta, è in contrasto con il parere scientifico della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (GFCM). Le imbarcazioni inferiori a 29 kW sono autorizzate a praticare la pesca della menola con reti a strascico nelle zone costiere situate entro un miglio nautico dal litorale.

    Le attività più importanti nel settore sono: la pesca delle piccole specie pelagiche azzurre (sardine e acciughe) con i ciancioli e con le reti da posta derivante; la pesca delle grosse specie pelagiche (tonno) con i ciancioli; la pesca di gamberetti, muggini e naselli con le reti da traino. È piuttosto diffusa anche la pesca con la sciabica da spiaggia, il tramaglio e la rete da imbrocco.

    Il ministero dell'agricoltura gestisce il settore della pesca attraverso un dipartimento centrale (che si occupa prevalentemente della legislazione e del coordinamento) e sette uffici locali (incaricati principalmente del rilascio delle licenze e della raccolta di dati). Un ispettorato di Stato indipendente sorveglia l'attività commerciale in tutti i settori, compresa la pesca, anche se non esiste un'unità con mansioni specifiche in tal senso. Un numero limitato di ispettori annovera pertanto i controlli della pesca tra le sue attività. Le attrezzature disponibili sono inadeguate e non esiste un sistema di verifica delle imbarcazioni. Alle ispezioni in mare provvede la polizia marittima, che fa capo al ministero dell'interno. Per quanto i due servizi collaborino, il coordinamento delle loro attività non è sufficiente. Nel complesso, l'efficacia del sistema di ispezione esistente lascia molto a desiderare in termini di personale, attrezzature e coordinamento dei vari servizi amministrativi interessati.

    Il registro dei pescherecci croati viene tenuto manualmente da ciascuna autorità portuale. Ogni peschereccio viene inoltre registrato nella base dati computerizzata del registro delle licenze di pesca commerciale. La Croazia si prepara a introdurre un registro elettronico operativo dei pescherecci conforme all'acquis.

    La Croazia deve chiarire il sistema di rilascio delle licenze per la piccola pesca a scopo commerciale, nonché dimostrare che è in grado di valutare e controllare la capacità e l'attività di pesca della flotta. Le licenze possono essere di tre tipi, a seconda che si tratti di pesca commerciale, di piccola pesca o di pesca sportiva e ricreativa. Chi chiede una licenza di pesca commerciale deve figurare nel registro delle piccole imprese. È necessaria una licenza anche per la piscicoltura.

    In Croazia, le azioni strutturali saranno gestite dal ministero dell'agricoltura.

    Per quanto riguarda gli aiuti di Stato al settore della pesca, la Croazia dispone di tutta una serie di programmi di sostegno alla pesca, alla piscicoltura e alla trasformazione del pesce, segnatamente per quanto riguarda l'allevamento delle specie autoctone. I programmi prevedono misure attinenti alla politica di mercato e alla politica dei prezzi, misure di politica strutturale, aiuti all'acquacoltura e alla pesca d'acqua dolce, ecc. Alcune di queste misure devono essere allineate con l'acquis.

    Per quanto riguarda gli accordi internazionali in materia di pesca, la Croazia fa parte della Commissione internazionale per la conservazione del tonno dell'Atlantico (TPIAT) e di EUROFISH. Il paese è membro della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (GFCM) di cui ha ratificato il bilancio operativo. L'unico accordo bilaterale in vigore è un accordo su un regime transfrontaliero transitorio con la Slovenia.

    Il 3 ottobre 2003, il Parlamento ha dichiarato unilateralmente protetta una zona ecologica e di pesca nell'Adriatico. La giurisdizione ampliata, che entrerà in vigore dopo un anno dalla sua proclamazione, vieta alle navi straniere non autorizzate dalle autorità croate di intraprendere qualsiasi tipo ricerca scientifica nella zona. Si deplora che la Croazia abbia deciso di dichiarare protetta una zona ecologica e di pesca nell'Adriatico senza un dialogo e un coordinamento appropriati con gli altri paesi interessati.

    Conclusione

    Il settore della pesca si sta sviluppando considerevolmente in Croazia. Aumentano le catture di piccole specie pelagiche e il numero dei pescherecci. Procedono i preparativi per la creazione di un registro computerizzato dei pescherecci. Questi sviluppi, tuttavia, non rientrano in una strategia cautelativa né sono legati a scoperte scientifiche specifiche.

    La Croazia dovrà allineare ulteriormente la sua legislazione con l'acquis e applicarla correttamente a medio termine. È di particolare importanza creare strutture adeguate per gestire gli strumenti di mercato e i fondi comunitari nonché predisporre controlli efficaci, compreso un sistema di monitoraggio via satellite. Occorre inoltre risolvere la questione della zona ecologica e di pesca protetta nell'ambito delle conclusioni della conferenza di Venezia sullo sviluppo sostenibile della pesca nel Mediterraneo.

    Capitolo 9: Trasporti

    La legislazione dell'UE in materia di trasporti intende migliorare il funzionamento del mercato interno promuovendo servizi efficienti, ecologici e conviviali. L'acquis sui trasporti riguarda il trasporto stradale, ferroviario, aereo, marittimo e fluviale, gli standard tecnici e di sicurezza, le norme sociali e la liberalizzazione del mercato nell'ambito del mercato unico europeo dei trasporti.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione contiene disposizioni sul trasporto terrestre che riguardano, fra l'altro, lo sviluppo delle infrastrutture, la promozione del trasporti ferroviario e combinato e il miglioramento dell'accesso al mercato, l'agevolazione del transito nonché gli standard tecnici, ambientali e sociali applicabili al trasporto terrestre.

    La Croazia investe una percentuale considerevole del PIL nelle infrastrutture di trasporto. Il paese possiede nel complesso una capacità sufficiente per tutti i modi di trasporto, ma lo stato di molte infrastrutture è carente o appena accettabile. La rete di trasporti di base è già stata definita di concerto con la Commissione nell'ambito di un'impostazione strategica volta a sviluppare le infrastrutture di trasporto essenziali nella regione.

    Le norme che disciplinano il trasporto stradale sono simili a quelle dell'acquis. L'accesso al mercato del trasporto stradale di merci e passeggeri e l'ammissione all'esercizio della professione per gli operatori nazionali e internazionali sono regolamentati. Le norme in vigore, tuttavia, devono essere ulteriormente allineate con l'acquis. Per quanto riguarda l'acquis sociale, la Croazia sta adottando progressivamente un'impostazione comunitaria in merito ai tempi di guida e di riposo, impone l'uso del tachigrafo e applica le disposizioni dell'accordo europeo relativo alle prestazioni lavorative degli equipaggi dei veicoli addetti ai trasporti internazionali su strada (AETR) anche ai trasporti nazionali. La Croazia si sta conformando all'impostazione comunitaria anche per quanto riguarda l'acquis tecnico poiché applica, ad esempio, l'accordo europeo sul trasporto internazionale di merci pericolose su strada (ADR). La sua legislazione nazionale presenta numerose affinità con l'acquis, anche se non si può parlare di compatibilità totale, per quanto riguarda le revisioni tecniche, le patenti di guida, i pesi e le dimensioni e i limitatori di velocità. Per quanto concerne l'acquis fiscale, la Croazia deve allineare il livello delle tasse sui veicoli annuali e dei diritti d'utenza. Occorre inoltre ovviare alla natura discriminatoria degli oneri (diritti supplementari per i veicoli immatricolati all'estero).

    Per quanto riguarda la capacità amministrativa, le competenze in materia di trasporto stradale sono state concentrate di recente presso il ministero della marina, del turismo, dei trasporti e dello sviluppo. È indispensabile garantire una cooperazione efficace tra questo ministero e il ministero dell'interno (da cui dipende la polizia) e un livello sufficiente di controlli per applicare le norme UE in materia di legislazione sociale e requisiti tecnici.

    È stato adottato, nel settore ferroviario, l'acquis sulla separazione contabile tra la gestione delle infrastrutture e il funzionamento delle ferrovie. L'operatore attuale Hrvatske eljeznice (tuttora integrato) ha una gestione autonoma ma, poiché appartiene per il 100% allo Stato, è soggetto alla supervisione di un "organo di vigilanza" nominato dal governo. La posizione finanziaria della società, attualmente in fase di ristrutturazione, è tuttora precaria. La recente normativa ferroviaria dell'UE (primo pacchetto ferroviario) è stata integrata nella legislazione croata pertinente, che sarà applicata dal 2005 in poi anche per quanto riguarda l'accesso non discriminatorio alla rete nazionale. La Croazia, tuttavia, deve ancora adottare la maggior parte del diritto derivato (ad esempio per quanto riguarda l'assegnazione indipendente della capacità) e allineare la sua legislazione con l'acquis sull'interoperabilità.

    Il paese deve rafforzare ulteriormente la capacità amministrativa in materia, anche in previsione dell'applicazione del nuovo acquis ferroviario.

    Il settore dei trasporti fluviali croato è di dimensioni relativamente modeste, e solo una proporzione ridotta della flotta nazionale è in grado di operare sulle principali vie navigabili della Comunità. La proprietà delle infrastrutture e dei porti è separata da quella delle imbarcazioni. È in corso l'allineamento delle norme sociali con l'acquis, ma il processo sarà più lungo per la legislazione croata sull'accesso alla professione, che comprende numerosi requisiti supplementari e speciali. Per quanto riguarda i requisiti tecnici per le navi, la Croazia applica già le norme UN ECE equivalenti all'acquis. Ciò vale anche per i trasporti di merci pericolose.

    I ministeri dispongono apparentemente di una capacità amministrativa adeguata nel settore del trasporto fluviale, completata dal registro navale croato.

    Deve ancora essere recepita una parte considerevole dell'acquis in materia di aviazione, tra cui le disposizioni riguardanti l'assistenza a terra, l'assegnazione delle bande orarie, i sistemi di prenotazione telematica e le tariffe. La Croazia fa parte dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (ICAO) e della Conferenza europea dell'aviazione civile (CEAC), ma non è ancora membro a tutti gli effetti delle Autorità aeronautiche comuni (JAA), per cui dovrà proseguire l'allineamento con le norme in materia di sicurezza. Il paese deve impegnarsi ulteriormente anche per quanto riguarda l'allineamento con le norme sugli aiuti di Stato e sulla concorrenza. Occorre inoltre negoziare con l'UE un accordo globale in materia di aviazione che preveda l'accesso reciproco al mercato.

    Si deve rafforzare la capacità amministrativa e definire con maggiore chiarezza il ruolo e le competenze delle diverse organizzazioni (autorità per l'aviazione civile, dipartimento per le indagini sugli incidenti aerei, ministero della marina, del turismo, dei trasporti e dello sviluppo).

    La maggior parte della legislazione sugli standard tecnici applicabili ai trasporti marittimi è conforme alle norme rispettive dell'Organizzazione marittima internazionale (OMI) e dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), di cui la Croazia fa parte, specie per quanto riguarda la sicurezza, la formazione dei marittimi e le norme sociali. Di conseguenza, la Croazia non dovrebbe avere particolari difficoltà ad allineare, a medio termine, la sua legislazione con l'acquis sulla sicurezza e l'acquis sociale. I settori che richiedono un ulteriore allineamento con l'acquis sono i seguenti: condizioni di registrazione delle navi, obblighi e contratti di servizio pubblico e determinati elementi della legislazione sociale (turni di lavoro a bordo delle navi nazionali, istruzione marittima, formazione e certificazione dei marittimi, ecc.). Secondo le statistiche per il 2002 compilate a norma del protocollo di intesa di Parigi sul controllo delle navi da parte dello Stato di approdo, il tasso di immobilizzo delle navi che battono bandiera croata dopo il controllo da parte dello Stato di approdo è stato dell'8,9%, contro una media del 3,5%, nello stesso anno, per le navi che battono bandiera UE. La bandiera croata figura sulla lista grigia del memorandum d'intesa di Parigi.

    Occorre rafforzare la capacità amministrativa affinché la Croazia sia in grado di soddisfare i requisiti dell'acquis in materia di controllo delle navi da parte dello Stato di approdo e di osservanza delle norme da parte dello Stato di bandiera. Si deve infine garantire l'accesso senza restrizioni ai servizi di cabotaggio marittimo.

    Conclusione

    La Croazia dovrà allineare ulteriormente la sua legislazione con l'acquis, in particolare nel settore dell'aviazione, e applicarla correttamente a medio termine potenziando a tal fine le strutture amministrative.

    Capitolo 10: Fiscalità

    L'acquis in materia di fiscalità riguarda in larga misura il settore della fiscalità indiretta, e quindi l'IVA (imposta sul valore aggiunto) e le accise. Esso contiene definizioni e principi dell'IVA, mentre le accise sugli oli minerali, i prodotti del tabacco e le bevande alcoliche ottemperano alle disposizioni delle direttive UE per quel che concerne le strutture di tali imposte indirette, i livelli delle aliquote minime nonché la detenzione e la circolazione dei prodotti soggetti ad accisa. Per quanto riguarda la fiscalità diretta, l'acquis in questo settore riguarda taluni aspetti dell'imposizione fiscale delle imprese e si prefigge soprattutto di eliminare gli ostacoli alle attività transfrontaliere tra imprese. Infine, la legislazione comunitaria nel settore della cooperazione amministrativa e della reciproca assistenza fornisce gli strumenti volti ad evitare l'evasione e l'elusione fiscali intracomunitarie nel campo della fiscalità sia diretta che indiretta.

    Nel settore della fiscalità indiretta, il regime di imposta sul valore aggiunto (IVA) attualmente in vigore in Croazia è stato introdotto nel 1995 e successivamente sottoposto a numerose revisioni. Il regime attuale è ispirato alla legislazione comunitaria in materia di IVA e costituisce quindi un buon punto di partenza. Parallelamente all'IVA, è tuttora in vigore un regime limitato di imposte sulle vendite di beni e servizi, sebbene l'imposta sulle vendite rappresentasse soltanto lo 0,16% delle entrate delle amministrazioni pubbliche nel 2002, mentre l'IVA rappresentava il 31,3%. Le definizioni di base imponibile, di soggetto passivo e di obbligo di versamento dell'IVA, come pure le disposizioni riguardanti il luogo di cessione ricalcano quelle contenute nella legislazione comunitaria. Gli imprenditori stranieri non residenti possono registrarsi in Croazia ai fini dell'IVA. Un soggetto passivo non ha l'obbligo di registrarsi ai fini dell'IVA qualora il suo fatturato annuo non sia superiore a 85 000 HRH (all'incirca 11 500 EUR), un importo superiore alla soglia prevista dall'acquis comunitario.

    Attualmente le autorità croate applicano un'aliquota IVA normale del 22% e nessuna aliquota ridotta, il che è conforme all'acquis. Tuttavia, viene applicata un'aliquota nulla a una serie di beni e servizi specifici: pane, latte, libri, riviste scientifiche e supporti didattici, prodotti farmaceutici e apparecchiature mediche destinate ad alleviare o curare invalidità, cinema e servizi turistici se acquistati all'estero. L'applicazione di un'aliquota zero non è compatibile con le disposizioni dell'acquis. Non vi è discriminazione rispetto ai beni importati, dal momento che l'aliquota applicabile è la stessa vigente per merci analoghe fabbricate sul mercato interno. Le esenzioni dall'IVA senza il diritto di chiedere un credito sull'imposta versata a monte sulla fornitura di determinati beni e servizi sono assai simili ad analoghe disposizioni contenute nell'acquis, benché sia necessario un ulteriore allineamento.

    Conformemente all'acquis, sono esentate le forniture di beni destinate alle zone franche ed effettuate al loro interno, nonché quelle destinate ai depositi franchi e fiscali. Tuttavia, dall'applicazione territoriale della legge sull'IVA sono escluse le zone franche istituite in Croazia, disposizione che non è in linea con l'acquis comunitario (cfr. anche il Capitolo 25 - Unione doganale).

    Sebbene i soggetti passivi abbiano il diritto di detrarre l'IVA corrisposta sui loro acquisti di beni e servizi a fini professionali, la normativa croata sull'IVA non consente, tranne pochissime eccezioni, il rimborso agli operatori economici non residenti, il che non è conforme alla legislazione comunitaria. Inoltre, tale normativa non contiene nessuno dei regimi speciali dell'IVA previsti dall'acquis; l'unico regime speciale contemplato è quello relativo alle autovetture usate.

    Per quanto riguarda le capacità amministrative, l'amministrazione fiscale è un organismo amministrativo istituito all'interno del ministero delle Finanze competente per le imposte dirette e l'IVA (fatta eccezione per l'IVA sulle importazioni, che viene riscossa dall'amministrazione doganale). Tale ente è suddiviso in sedi centrali, 20 uffici regionali e 121 uffici distaccati. Le competenze e i poteri dell'amministrazione fiscale, come pure i diritti e gli obblighi dei contribuenti, sono chiaramente definiti.

    Secondo i dati disponibili il fenomeno dell'economia sommersa, le cui dimensioni apparivano significative negli anni '90, sembra essere in calo. L'efficienza del sistema di riscossione delle imposte entro i termini previsti (con un tasso dell'85%) è assai inferiore alla media dell'UE (93%). La strategia per i controlli sull'IVA e le imposte dirette, che è determinata dalle disposizioni della legge tributaria generale, deve essere ulteriormente elaborata e rafforzata. In materia di controlli, viene stabilito annualmente un piano d'azione per le ispezioni, che vengono decise sulla base di una serie di criteri di varia natura. Appare necessario un sostanziale incremento, del resto previsto, del numero di ispettori delle imposte. A livello locale e operativo, i funzionari dell'amministrazione fiscale sono responsabili per tutte le imposte relative ai contribuenti che sono stati loro assegnati, sebbene gli ispettori in realtà si specializzino a seconda delle dimensioni (dal punto di vista fiscale) e/o dell'attività svolta dai contribuenti stessi.

    È possibile sia, per i cittadini, presentare ricorso contro le decisioni dell'amministrazione fiscale sia, per quest'ultima, adire le vie legali nei confronti di un contribuente per frode fiscale, ma - almeno nel secondo caso - le procedure sono lente, farraginose e poco efficienti. Il fenomeno dell'evasione fiscale riguarda principalmente l'IVA. Il Dipartimento d'inchiesta sui reati fiscali è un ente indipendente, che tuttavia appare ancora carente dal punto di vista organizzativo, tanto a livello di sede centrale come negli uffici regionali di Zagabria, Rijeka, Split (Spalato) e Osijek, e non dispone di un numero sufficiente di esperti di frodi fiscali. Inoltre, la cooperazione tra l'amministrazione fiscale, le forze di polizia, l'ufficio del pubblico ministero, i giudici istruttori e i tribunali di primo grado e d'appello risulta tutt'altro che soddisfacente, il che comporta ingenti ritardi nei procedimenti.

    Per quel che riguarda le accise, tutti i prodotti che rientrano nel sistema armonizzato dell'UE per le accise (cioè l'alcol e le bevande alcoliche, i prodotti del tabacco e gli oli minerali) sono soggetti ad accisa. Le accise rappresentavano il 9% delle entrate delle pubbliche amministrazioni nel 2002 (compresa una serie di ulteriori prodotti soggetti ad accisa ai sensi della legge croata). È prevista l'adozione di una normativa uniforme di disciplina del settore delle accise, il che dovrebbe allineare maggiormente la legge nazionale all'acquis, oltre a introdurre un regime di sospensione dell'accisa per i movimenti interni ispirato all'acquis comunitario e a consentire procedure di controllo più efficienti.

    Sarà necessaria una vasta opera di adeguamento per quel che riguarda la base imponibile, le strutture e le definizioni della maggior parte dei beni soggetti ad accisa nel quadro del sistema comunitario armonizzato. Quanto all'alcol e alle bevande alcoliche, la Croazia sembra accordare un'esenzione a tutte le categorie di bevande alcoliche, tranne la birra, fabbricate da privati e destinate al consumo personale. L'acquis comunitario non prevede una tale esenzione nel caso dei prodotti intermedi e dei superalcolici. Contrariamente a quanto disposto dall'acquis, la Croazia esenta inoltre dall'accisa le piccole birrerie la cui produzione annua non superi i 1 500 litri. Per quel che concerne i prodotti del tabacco, tra i prodotti esentati dall'accisa dovrà essere incluso il tabacco lavorato denaturato. Quanto infine agli oli minerali, tutti i combustibili da riscaldamento sono esenti dall'accisa in base alla legge croata, e pertanto la portata di tali esenzioni non risulta conforme all'acquis.

    Per quanto riguarda il livello delle accise, le aliquote applicate alle summenzionate categorie risultano, in alcuni casi, inferiori ai livelli minimi comunitari. Ciò è vero soprattutto per le sigarette e il tabacco per arrotolare sigarette, mentre non è ancora possibile effettuare un confronto con le aliquote comunitarie minime stabilite per gli alcolici, in particolare per la birra, data la diversa struttura delle accise. Quanto agli oli minerali, le aliquote delle accise non sono differenziate a seconda dell'uso dell'olio del minerale. Il gas di petrolio liquefatto destinato a qualsiasi impiego - come pure altri oli minerali - è tassato a un livello notevolmente inferiore rispetto all'aliquota minima stabilita dall'acquis. Ai prodotti simili fabbricati sul mercato interno e importati è applicato lo stesso livello di aliquota. Il regime sospensivo dell'accisa in vigore in Croazia dovrà essere reso conforme ai requisiti previsti dall'acquis. In particolare, occorrerà correggere la disposizione in base alla quale i prodotti importati soggetti ad accisa non possono beneficiare di tale regime di sospensione.

    Dal gennaio del 2002 la competenza nel settore delle accise è dell'amministrazione doganale. Tuttavia, non esiste ancora un servizio delle accise in quanto organismo effettivamente funzionante in seno a tale amministrazione, dal momento che dispone di soli 2 impiegati. A livello operativo, gli uffici doganali che si occupano specificamente di accise sono soltanto dieci. Si rendono quindi necessari, e sono già in programma, il potenziamento degli organici e un'attività sistematica di formazione del personale, sia nel settore della riscossione delle accise che in quello dei controlli. Risulta inoltre che la Croazia debba far fronte a notevoli problemi legati al contrabbando di prodotti del tabacco - nonché, in misura minore, di alcolici - che si svolge attraverso le sue frontiere.

    Per quanto riguarda la fiscalità diretta, è necessario un ulteriore allineamento alla direttiva sui pagamenti di interessi e di canoni e alla direttiva sulle società madri e consociate di alcune disposizioni riguardanti il regime fiscale applicabile agli interessi, canoni, dividendi e commissioni corrisposti dalle società croate ai non residenti. Si deve poi ricordare che la direttiva sull'imposizione dei redditi da risparmio richiede l'introduzione di uno scambio transfrontaliero di informazioni tra Stati membri in merito ai pagamenti di interessi corrisposti a persone fisiche residenti nell'Unione europea.

    Il recepimento delle direttiva sulle fusioni dovrebbe consentire l'eliminazione degli ostacoli fiscali alle riorganizzazioni aziendali di tipo transfrontaliero. Per quanto riguarda la Corte di giustizia delle Comunità europee, va sottolineato che, sebbene l'imposizione fiscale diretta rientri tra le competenze degli Stati membri, nell'esercizio di tale competenza questi ultimi devono nondimeno conformarsi al diritto comunitario ed evitare qualsiasi discriminazione, manifesta o dissimulata, in base alla nazionalità.

    Attualmente la Croazia applica cinque regimi preferenziali per l'imposta sui profitti e sul reddito. Occorre ricordare che il paese dovrà rispettare i principi stabiliti dal codice di condotta in materia di tassazione delle imprese, e in particolare impegnarsi a non introdurre nuove misure fiscali nonché a ridurre le normative vigenti che possano contravvenire ai principi di tale codice.

    La riscossione delle imposte dirette è di competenza dell'amministrazione fiscale (cfr. le capacità amministrative nel settore dell'IVA, punto trattato in precedenza).

    Per quanto riguarda la cooperazione amministrativa e la reciproca assistenza, il paese dispone a tutt'oggi di un'esperienza assai limitata nel settore sia in materia di IVA che di accise. Saranno necessari interventi in questo campo, con particolare riguardo allo sviluppo di sistemi informatici per lo scambio di dati. A tale riguardo, occorrerà che, entro la data di adesione della Croazia, siano istituiti e pienamente operativi il sistema di scambio di informazioni sull'IVA (VIES), la possibilità di presentare la domanda IVA mediante i servizi on-line, il sistema per lo scambio di dati relativi alle accise (SEED) e il sistema informatizzato per i movimenti e i controlli intracomunitari dei prodotti soggetti ad accisa (EMCS).

    Conclusioni

    Saranno necessarie ulteriori modifiche del regime IVA croato per allinearlo all'acquis. Occorre inoltre rivolgere particolare attenzione al regime in vigore per le zone franche, le quali attualmente non sono considerate parte del territorio croato ai fini dell'IVA, per garantire un adeguato controllo di queste zone e la piena conformità con l'acquis del regime in questione. Le aliquote zero dell'IVA e le imposte sulle vendite dovranno essere abolite. Sebbene nel paese sia in vigore un regime per le accise, l'allineamento con la normativa comunitaria richiederà notevoli sforzi in tutti i settori e per tutte le categorie di prodotti. In materia di fiscalità diretta si renderanno necessarie ulteriori iniziative per conseguire il pieno allineamento con l'acquis, con particolare riguardo alla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee.

    Le capacità dell'amministrazione fiscale devono ancora essere potenziate in misura significativa, soprattutto per quanto riguarda le funzioni di riscossione e di controllo. L'amministrazione doganale non dispone di capacità amministrative sufficienti nel settore delle accise: si richiedono quindi iniziative di vasta portata, in particolare al fine di introdurre una struttura organizzativa e servizi più adeguati, provvisti di personale opportunamente formato e in numero sufficiente. Per una lotta più efficace contro le frodi fiscali, inoltre, occorrerà affrontare il problema della complessità delle procedure per intentare un'azione penale in caso di frode, problema che non va disgiunto da quello delle carenze del potere giudiziario in Croazia.

    Nel complesso, la Croazia dovrà compiere ancora sforzi costanti e significativi per allineare la legislazione nazionale all'acquis e garantirne un'efficace attuazione e applicazione nel medio periodo nel settore della fiscalità. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta al problema della possibilità di interconnessione dei sistemi informatici, se il paese intende essere in grado di soddisfare i suoi obblighi in materia entro la data di adesione.

    Capitolo 11: Unione economica e monetaria

    Le legislazione comunitaria in materia di Unione economica e monetaria (UEM) contiene norme specifiche che stabiliscono l'indipendenza delle banche centrali degli Stati membri, proibiscono i finanziamenti diretti del settore pubblico da parte di tali banche nonché l'accesso privilegiato degli enti pubblici alle istituzioni finanziarie. Tutti gli Stati membri hanno inoltre l'obbligo di adottare e attuare, entro la data di adesione, gli specifici provvedimenti necessari a salvaguardare l'euro dalle falsificazioni. Entro tale data è previsto che i nuovi Stati membri coordinino le loro politiche economiche e rispettino le disposizioni contenute nel Patto di stabilità e di crescita e nello statuto del Sistema europeo di banche centrali. Essi si impegnano inoltre a soddisfare i criteri stabiliti dal trattato per essere in grado di adottare l'euro. Fino alla data di adozione della moneta unica, i nuovi paesi parteciperanno all'Unione economica e monetaria in qualità di Stati membri "con deroga" e considereranno la questione dei loro tassi di cambio come materia di interesse comune.

    L'indipendenza della banca centrale in Croazia sembra essere in larga misura garantita. La legge sulla Banca nazionale croata del 2001, infatti, che appare quasi totalmente conforme alla legislazione comunitaria, prevede che l'ente (Hrvatska narodna banka - HNB) non riceva né solleciti istruzioni da altre autorità. La Banca è finanziariamente indipendente ed è l'unica istituzione responsabile delle politiche monetaria e dei cambi del paese. Obiettivo fondamentale dell'HNB è conseguire e mantenere la stabilità dei prezzi.

    Tuttavia, alcune disposizioni contenute nella legge sulla Banca nazionale croata necessitano di ulteriori migliorie. In termini di indipendenza istituzionale, ad esempio, le disposizioni sull'indipendenza della banca centrale dovrebbero essere maggiormente allineate all'acquis. In particolare, l'obbligo per la HNB di presentare relazioni sulla politica monetaria dovrebbe essere esclusivamente ex-post, per evitare qualsiasi eventualità di influenze esterne. In materia di indipendenza personale, le disposizioni della legge sui motivi di dimissioni dei membri del Consiglio dovrebbero essere maggiormente ricalcate su quelle dello statuto del Sistema europeo di banche centrali.

    Per quanto riguarda il divieto fatto alla banca centrale di finanziare direttamente il settore pubblico, la legge proibisce espressamente alla Banca di accordare un credito diretto alla Repubblica di Croazia. Ciononostante, l'eventuale copertura di un disavanzo tra spese e entrate della HNB mediante obbligazioni emesse dalla Repubblica croata potrebbe implicare una forma di finanziamento monetario, nella misura in cui la Banca nazionale sarebbe costretta ad acquistare i titoli in questione.

    Quanto al divieto di accesso privilegiato, la legge sulle assicurazioni e quella sui fondi pensione volontari e obbligatori prevedono soglie minime o massimali relativamente ai titoli emessi da enti pubblici croati. Ciò equivale a creare un accesso privilegiato per la Repubblica di Croazia rispetto ad Stati o ad altre istituzioni. Per di più, la legge sulle cooperative bancarie di risparmio e di credito consente di investire i fondi disponibili unicamente in titoli emessi dalla Repubblica croata. Occorrerà quindi apportare le opportune modifiche alle suddette normative.

    Le autorità croate hanno definito delle procedure per la salvaguardia dell'euro dalle falsificazioni. Le monete o banconote sospette vengono sottoposte ad analisi tecniche presso il Centro di polizia scientifica, il quale comunica i risultati dell'analisi all'HNB e al dipartimento di polizia per le indagini penali. Benché il paese disponga delle capacità per questo tipo di analisi tecniche, andrebbe presa in esame anche l'eventuale creazione di un Ufficio centrale nazionale a pieno titolo incaricato della lotta alla falsificazione. Vi sono accordi che prevedono la trasmissione di dati in questo campo a Europol e Interpol. Se è vero che gli istituti di credito sono tenuti a ritirare le banconote sospette dalla circolazione e a consegnarle alle autorità competenti, si deve però sottolineare che non è prevista alcuna sanzione in caso di inosservanza di tale obbligo. La normativa croata dovrà quindi essere modificata su questo punto.

    Conclusioni

    La Croazia dovrebbe essere in grado di rispettare nel medio periodo gli obblighi previsti dall'acquis in materia di Unione economica e monetaria. Ciononostante, saranno necessari ulteriori sforzi per conseguire l'allineamento alla legislazione comunitaria per quel che riguarda alcuni aspetti delle normative sull'indipendenza della banca centrale, sul finanziamento monetario, sull'accesso privilegiato degli enti pubblici alle istituzioni finanziarie e sulla salvaguardia dell'euro dalle falsificazioni. Il livello di preparazione del paese per la partecipazione alla terza fase dell'UEM in qualità di Stato membro "con deroga" non dovrebbe presentare particolari problemi prima dell'adesione.

    Capitolo 12: Statistiche

    Il rispetto dell'acquis nel settore delle statistiche comporta l'adozione di principi di base quali l'imparzialità, l'attendibilità, la trasparenza e la riservatezza dei dati individuali e la diffusione di statistiche ufficiali. Nell'ambito della legislazione comunitaria rientrano inoltre le metodologie, le nomenclature e le procedure per la raccolta di dati in un ampio ventaglio di settori: infrastruttura statistica, statistiche macroeconomiche e sui prezzi, statistiche relative alle imprese, ai trasporti, al commercio estero, statistiche demografiche e sociali, statistiche agricole, ambientali, in materia di scienza e tecnologia e statistiche regionali. Il fulcro del sistema statistico di un paese è l'Istituto nazionale di statistica, organismo che costituisce il punto di riferimento per le metodologie, la compilazione e la diffusione dei dati statistici.

    Per quel che riguarda l'infrastruttura statistica della Croazia, il quadro normativo in materia è stato aggiornato con l'entrata in vigore nel giugno del 2003 di una nuova legge sulle statistiche ufficiali. La legge sancisce i principi di attendibilità, indipendenza professionale, riservatezza dei dati statistici e impiego dei dati individuali a fini esclusivamente statistici, ed è perciò pienamente conforme alle norme dell'UE.

    L'Ufficio centrale di statistica (UCS) svolge un ruolo guida all'interno del sistema statistico. Il direttore generale e il vice direttore dell'Ufficio sono di nomina governativa. Una componente essenziale del sistema statistico croato sono poi i 21 uffici regionali, i quali, pur non essendo amministrativamente alle dipendenze dell'UCS, svolgono determinati compiti per conto di quest'ultimo. Come previsto dalla legge in materia, nell'ottobre del 2003 è stato istituito un Consiglio statistico con l'incarico di migliorare in misura significativa le relazioni tra compilatori e utilizzatori di statistiche e di implicare maggiormente la comunità accademica. Il coordinamento con gli altri produttori di dati statistici ufficiali rimane però problematico, tanto da potersi considerare la principale carenza del sistema statistico del paese. La situazione dovrebbe migliorare grazie alla recente istituzione di 15 comitati consultivi statistici relativi a tutti i maggiori settori oggetto d'indagine statistica. Compito di questi comitati è assistere l'Ufficio centrale nel rafforzare il suo ruolo di coordinamento e nel promuovere il ricorso a metodologie comuni e armonizzate. In seguito all'adozione della legge sulle statistiche ufficiali, è stato recentemente introdotto il concetto di ciclo di gestione strategica e le autorità sono impegnate nella redazione di documenti strategici a lungo, medio e breve termine in materia di statistiche ufficiali della Croazia. L'UCS ha un organico di 396 funzionari di ruolo, di cui il 42% provvisto di diploma universitario. Il tasso di mobilità del personale dell'Ufficio è più elevato rispetto ad altri enti dell'amministrazione pubblica. L'UCS non organizza programmi di formazione specifici sulle statistiche ufficiali, né mette a disposizione manuali che traspongano i principi fondamentali della legge sulle statistiche in un codice di condotta destinato al personale.

    Quanto alle nomenclature, le classificazioni nazionali delle attività economiche e dei prodotti per attività risultano in linea con i requisiti previsti dall'UE. Una nuova proposta per l'introduzione di una "nomenclatura statistica regionale" (NUTS - Nomenclature des unités territoriales statistiques) in Croazia dovrà essere sottoposta all'approvazione della Commissione affinché sia possibile concordare una suddivisione regionale NUTS.

    Occorrerà potenziare l'attività di compilazione di statistiche regionali conformemente ai principi della futura nomenclatura concordata NUT, in particolare ai fini del calcolo, a livello di NUTS II, del PIL pro capite sulla base delle cifre relative al valore aggiunto lordo.

    Per quel che concerne le statistiche demografiche e sociali, l'ultimo censimento della popolazione è stato effettuato nel 2001, mentre il prossimo è previsto per il 2011. Nel frattempo sarà necessario migliorare le statistiche sull'emigrazione per poter compilare, a partire dai dati del censimento, dati statistici più attendibili sulla popolazione attuale su base annua. Un'indagine sulla forza lavoro, realizzata ogni semestre a partire dal 1996 su un campione di 8 500 famiglie, viene effettuata in conformità degli standard dell'OIL e di Eurostat.

    Saranno poi necessari sostanziali miglioramenti in materia di statistiche macroeconomiche per poter conseguire un livello sufficiente di qualità e comparabilità della contabilità nazionale sulla base del metodo SEC 95. Occorre inoltre potenziare le capacità amministrative dell'Ufficio centrale di statistica. Da segnalare l'assenza di un indice armonizzato dei prezzi al consumo.

    Per quanto riguarda le statistiche sulle imprese, il registro delle imprese attualmente esistente in Croazia non soddisfa ancora i necessari requisiti statistici. Si dovrebbe realizzare un censimento economico per ottenere una base uniforme ai fini della compilazione di un registro statistico.

    Nel settore delle statistiche dei trasporti, occorre potenziare le capacità amministrative dell'UCS per rimediare all'assenza di dati relativi ai trasporti aereo e marittimo, ai trasporti passeggeri e di merci nonché di statistiche sugli incidenti stradali.

    Per quanto riguarda le statistiche sul commercio estero, la loro qualità è già sufficientemente apprezzabile e il sistema di compilazione risulta in larga misura armonizzato con le disposizioni dell'acquis. Le ulteriori migliorie da apportare dovrebbero riguardare una maggiore armonizzazione metodologica con gli standard UE, la qualità dei dati e lo sviluppo di strumenti per compilare statistiche speculari con altri paesi interessati dal processo di stabilizzazione e associazione (PSA) e dell'UE.

    Ulteriori progressi nell'ammodernamento delle statistiche agricole croate potranno essere realizzati in base ai risultati del censimento agricolo tenutosi nel giugno del 2003. Le iniziative in questo settore andrebbero incentrate sulla creazione di un registro delle aziende agricole e sulle migliorie da introdurre in materia di informatizzazione.

    Occorre infine sviluppare ulteriormente le statistiche ambientali e le statistiche in campo scientifico e tecnologico, dato che recentemente è stato potenziato un nuovo acquis comunitario relativo a questi due settori statistici.

    Conclusioni

    Per conseguire ulteriori miglioramenti e progressi in campo statistico, la Croazia deve potenziare le risorse umane in settori chiave quale, ad esempio, quello delle statistiche macroeconomiche. Notevole sviluppo sarà necessario anche per quanto riguarda la formazione del personale. In un tale contesto, la riorganizzazione degli uffici regionali rimane un problema in sospeso e per il quale è necessaria una soluzione. Occorrono poi ulteriori iniziative intese a migliorare le infrastrutture informatiche.

    Per conseguire la piena conformità con l'acquis si richiederà inoltre una stretta collaborazione tra l'Ufficio centrale di statistica e altri organismi incaricati della compilazione di dati statistici all'interno della pubblica amministrazione croata. Occorre altresì che il ruolo di fulcro del sistema statistico croato ricoperto dall'UCS venga rafforzato.

    Nel complesso, il sistema statistico della Croazia ha compiuto in tempi rapidi una serie di notevoli progressi verso la conformità alle norme internazionali e dell'UE. Se prosegue gli sforzi intrapresi su questa strada, il paese non dovrebbe incontrare particolari difficoltà nell'allineare la legislazione nazionale all'acquis né nel riuscire ad attuarla e applicarla efficacemente nel medio periodo.

    Capitolo 13: Politica sociale e occupazione

    Nell'acquis in campo sociale rientrano le norme minime in settori quali il diritto del lavoro, la parità di trattamento di uomini e donne dal punto di vista occupazionale e della previdenza sociale, nonché la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Sono inoltre state messe a punto specifiche norme vincolanti in materia di sanità pubblica (sulla lotta contro il tabagismo e la sorveglianza e il controllo delle malattie trasmissibili) e, recentemente, anche in materia di non discriminazione per motivi di razza o di origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale. Il Fondo sociale europeo (FSE) costituisce il principale strumento finanziario mediante il quale l'UE sostiene l'attuazione della sua strategia per l'occupazione e contribuisce alle iniziative di integrazione sociale (le relative norme di attuazione sono discusse nel Capitolo 21, in cui viene presentato l'insieme degli strumenti strutturali). Gli Stati membri partecipano al dialogo sociale a livello europeo nonché ai processi politici dell'Unione nei settori della politica occupazionale, dell'integrazione sociale e della protezione sociale.

    In materia di diritto del lavoro, nella legislazione nazionale croata sembra essere inscritta la maggior parte dei principi stabiliti dalle direttive comunitaria sul diritto del lavoro in settori quali l'orario di lavoro, il diritto di informazione e consultazione dei dipendenti e le informazioni ai lavoratori circa le loro condizioni d'impiego. In caso di insolvenza del datore di lavoro, ai lavoratori viene garantito un determinato massimale di indennizzo versato dal Fondo per lo sviluppo e l'occupazione. Saranno tuttavia necessari alcuni adeguamenti della normativa croata in materia di diritto del lavoro per conseguire una piena trasposizione e attuazione dell'acquis. Nella legislazione nazionale croata, inoltre, non figura nulla di paragonabile alle direttive comunitarie sui comitati aziendali europei e sul distacco dei lavoratori.

    Per quanto riguarda la parità di trattamento di uomini e donne, la Costituzione proibisce qualsiasi forma di discriminazione e la Croazia ha ratificato inoltre un certo numero di convenzioni internazionali in materia. Le autorità del paese sono altresì vincolate al rispetto dell'articolo 8 della Carta sociale europea e dell'articolo 1 del relativo protocollo addizionale. Le principali leggi che proibiscono la discriminazione fondata sul sesso in campo occupazionale sono il codice del lavoro e la normativa sulle pari opportunità. In generale, la necessaria legislazione in materia appare in larga misura in vigore in Croazia. Sarà tuttavia necessaria una serie di adeguamenti giuridici, ad esempio per quel che riguarda l'eliminazione di una tutela eccessiva esercitata nei confronti delle donne. Si dovrà probabilmente intervenire sulla diversa età della pensione prevista per uomini e donne nelle forze di polizia, nell'esercito e nella pubblica amministrazione, mentre sarà forse necessario esaminare sotto questo profilo il terzo pilastro (su base volontaria) del regime pensionistico.

    È stato appositamente creato un certo numero di strutture o figure istituzionali incaricate di promuovere, attuare e monitorare l'effettiva parità di trattamento di uomini e donne: tra le altre, si possono citare il Comitato parlamentare sulla parità tra i sessi, la Commissione governativa sulle questioni di pari opportunità e l'Ufficio del governo per le pari opportunità, e infine l'ombudsman per la parità tra i sessi. Esistono poi altre strutture che operano nel campo dei diritti umani in generale, comprese le questioni di eguaglianza tra i sessi, ad esempio il Comitato di coordinamento per gli affari sociali e i diritti umani e l'Ufficio del governo per i diritti umani.

    Un quadro normativo di base in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro è fornito dalla legge sulla salute e la sicurezza in ambito lavorativo, in cui rientra anche il lavoro autonomo, come pure da una serie di altri testi legislativi solo parzialmente allineati all'acquis. Ulteriori sforzi saranno necessari per recepire le direttive comunitarie sulla salute e la sicurezza sul luogo di lavoro per materie quali l'amianto, il rumore, gli agenti chimici, gli agenti cancerogeni e le attrezzature di lavoro.

    L'Ispettorato del lavoro, che è incaricato della protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori nella maggior parte dei settori di attività economica, dispone sì di una struttura operativa di base, ma non di un numero sufficiente di ispettori (78 ispettori per oltre 1,2 milioni di lavoratori). Occorre quindi potenziare le capacità amministrative dell'Ispettorato tanto in termini di organico quanto di materiali e attrezzature. Si deve inoltre sottolineare che la capacità dell'ente di applicare sanzioni efficaci e dissuasive è limitata a causa delle carenze del sistema giudiziario, in quanto spesso le sentenze dei tribunali vengono pronunciate con notevole ritardo e le pene irrogate non appaiono proporzionate.

    In Croazia il dialogo sociale appare assai dinamico e ben consolidato e si svolge all'interno di un processo multilaterale, sia tra Stato e parti sociali che tra Stato e altri attori economici e sociali. Anche il dialogo bilaterale è in via di sviluppo. Nel paese si contano sei organizzazioni sindacali, una delle quali (l'Associazione dei sindacati autonomi - SSSH) partecipa in veste di osservatore ai lavori della Confederazione europea dei sindacati (European Trade Union Conference - ETUC). Esistono poi due organizzazioni datoriali, una delle quali (l'Associazione croata dei datori di lavoro - HUP) partecipa anch'essa in veste di osservatore alle riunioni dell'Unione delle confederazioni delle industrie e dei datori di lavoro della Comunità Europea (Union of Industrial and Employers' Confederations of Europe - UNICE). Consultazioni trilaterali si svolgono in sede di Comitato economico e sociale europeo e nell'ambito di tre diverse commissioni del Parlamento croato. Il governo provvede inoltre a consultare le parti sociali grazie ai consigli di amministrazione di alcuni fondi e istituzioni, quali ad esempio il Fondo pensione croato, il Fondo nazionale di assicurazione sanitaria, il Consiglio dei mass media e il Servizio di collocamento.

    Il dialogo sociale autonomo sembra svilupparsi a tutti i livelli: a livello di singola impresa, locale, settoriale e nazionale. A tutt'oggi sono state create 142 organizzazioni delle parti sociali, le quali coprono tuttavia soltanto un numero ristretto di settori. I contratti collettivi risultano essere stati conclusi soprattutto a livello di impresa e vengono registrati dal ministero dell'Economia, del lavoro e delle imprese. Questi contratti collettivi rappresentano circa il 60% del totale. Si dovrebbero moltiplicare le azioni rivolte all'istituzione di un dialogo bilaterale autonomo, in particolare a livello settoriale.

    Attualmente il governo croato sta riformando il sistema sanitario del paese. Parte essenziale di questo processo è la riorganizzazione, nel 2003, del Fondo nazionale di assicurazione sanitaria quale principale fonte di finanziamento della riforma. Gli orientamenti delle misure adottate per migliorare lo stato di salute della popolazione appaiono appropriati (accento posto sulla promozione della salute e sulla prevenzione delle malattie, accesso generalizzato al sistema sanitario). Sembrerebbe tuttavia che si richiedano ulteriori risorse finanziarie, materiali e umane affinché la riforma dell'assistenza sanitaria giunga felicemente in porto e per migliorare lo stato di salute della popolazione croata.

    La legge sulla protezione della popolazione dalle malattie infettive e altre normative istituiscono un sistema di controllo delle malattie trasmissibili. Esiste la base giuridica per lo sviluppo di piani per debellare queste malattie ed è già in atto un programma di vaccinazione elaborato nel rispetto delle raccomandazioni e degli orientamenti dell'OMC. Occorrerebbe modificare l'elenco delle malattie per le quali viene realizzato un controllo da parte delle strutture pubbliche, mentre nelle relazioni da presentare in materia si dovrebbero adottare le definizioni dei casi di malattia previste dalla legislazione comunitaria al fine di rendere comparabili i dati registrati. Nel paese esistono le capacità per un'azione di costante monitoraggio e si constata anche una certa cooperazione tra il sistema di assistenza sanitaria e i servizi veterinari. Le malattie trasmissibili non sembrano costituire un grave problema in Croazia: i dati disponibili in materia sono soddisfacenti e gli andamenti della morbilità appaiono positivi. Ulteriori sforzi saranno tuttavia necessari perché il sistema croato sia in grado di collaborare con le strutture comunitarie, ad esempio per quanto riguarda lo sviluppo di un sistema di controllo delle malattie nosocomiali, la creazione di un sistema di sorveglianza della resistenza antimicrobica o l'elaborazione di un piano d'azione nell'eventualità dell'esplosione di un'epidemia di dimensioni nazionali.

    Diversi atti legislativi croati si riferiscono alla questione della qualità del sangue e sembrano essere in larga misura conformi alle disposizioni della direttiva comunitaria sul sangue. Potrebbero tuttavia mancare le risorse materiali sufficienti a soddisfare i requisiti previsti dall'acquis in questo campo. Si deve poi provvedere alla redazione e all'attuazione di una nuova normativa intesa ad allineare la legislazione nazionale alla direttiva comunitaria, adottata di recente, sulla qualità e la sicurezza di tessuti e cellule.

    La legge croata del 1999 sulle limitazioni all'impiego dei prodotti del tabacco è per gran parte in linea con le disposizioni della direttiva sui prodotti del tabacco, pur non rispondendo a tutti i requisiti previsti dall'acquis, in particolare per quanto riguarda le avvertenze stampate sulle confezioni, il tenore di monossido di carbonio e le descrizioni ingannevoli. I tenori massimi di nicotina e di catrame sono inoltre più elevati di quelli previsti dalla suddetta direttiva. La legge croata contiene poi un divieto di pubblicità che è più rigido di quello stabilito dalla direttiva sulla pubblicità del tabacco, oltre a contenere disposizioni sugli ambienti liberi dal fumo, a stabilire un'età minima per gli acquirenti di sigarette e a prevedere misure di prevenzione del fumo.

    Per quanto riguarda la politica dell'occupazione, nel primo semestre del 2003 il tasso di disoccupazione era attestato al 14,1% (calcolato secondo il metodo OIL), pur risultando in calo nell'ultimo biennio. I tassi di attività rimangono bassi e destano quindi preoccupazione. La politica occupazionale consiste principalmente in una serie di misure attive destinate al mercato del lavoro (ad es. ai giovani senza precedenti esperienze lavorative e ai neolaureati) e attuate dai servizi di collocamento. A tale processo partecipano anche le parti sociali e gli attori a livello regionale. Benché la portata dei provvedimenti tenda a essere limitata dalla carenza di fondi, il notevole processo di riforma che ha interessato gli uffici di collocamento sembra aver predisposto una base per un effettiva ed efficace applicazione delle misure in questione. Non sembrano invece essere previste misure a favore dei disoccupati di lungo periodo. Si dovrebbero rafforzare i collegamenti tra gli uffici di collocamento e scuole o istituti di formazione e di formazione professionale al fine di rimediare all'attuale squilibrio tra domanda e offerta di competenze osservabile sul mercato del lavoro.

    La Croazia intende redigere il primo Piano nazionale d'azione per l'occupazione sulla base della versione riveduta degli orientamenti europei per l'occupazione. Questo primo Piano d'azione dovrebbe contribuire allo sviluppo di un approccio più strategico in materia. Occorrerà potenziare nel paese, in tale contesto, le capacità di analisi, attuazione e valutazione delle politiche occupazionali.

    L'introduzione di misure attive destinate al mercato del lavoro rappresenta un primo passo utile per preparare la Croazia alla partecipazione al Fondo sociale europeo. Il paese dovrà adattare le sue strutture e la sua legislazione per dotarsi di capacità amministrative adeguate, a livello nazionale e regionale, per la gestione, l'attuazione, il monitoraggio, la revisione contabile e il controllo di misure ispirate a quelle dell'FSE.

    Il sistema di protezione sociale croato appare, rispetto alle dimensioni dell'economia del paese, relativamente generoso. Negli ultimi anni sono state avviate delle riforme in questo settore, con particolare riguardo all'introduzione di un regime pensionistico basato su tre pilastri.

    Un settore nel quale è necessario realizzare ulteriori progressi è l'introduzione di indicatori qualitativi e quantitativi di emarginazione sociale e di povertà comparabili a livello internazionale, come pure di metodi di calcolo di tali parametri. Occorre effettuare un'analisi specifica dell'emarginazione sociale e della povertà nella società croata, analisi che costituirà la base per elaborare i futuri programmi destinati ai gruppi vulnerabili della popolazione, come i pensionati, i disoccupati di lungo periodo, i disabili, i rifugiati e i Rom, in particolare nelle zone colpite dalla guerra.

    A quanto risulta, la Croazia ha compiuto dei passi in avanti nella lotta alla discriminazione, pur non avendo adottato alcuna normativa specifica in materia. Sono quindi necessarie misure nazionali per attuare le disposizioni antidiscriminatorie dell'acquis. Le modifiche recentemente introdotte nel codice del lavoro riguardano alcuni punti contemplati dalle direttive comunitarie (definizioni della discriminazione diretta e indiretta, molestie, onere della prova). Al di fuori del settore dell'occupazione, le misure antidiscriminatorie sembrano essere previste unicamente dalla Costituzione, dal codice penale e dagli strumenti internazionali in materia di diritti umani ratificati dalla Croazia. Quanto all'organismo di parità richiesto dalle direttive, tale ruolo potrebbe essere ricoperto dall'attuale ombudsman per i diritti umani della Croazia (per i diritti delle minoranze, dei rifugiati e dei Rom, cfr. Parte 1, Criteri politici).

    Conclusioni

    La Croazia ha iniziato l'opera di allineamento all'acquis in settori quali il diritto del lavoro, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, la sanità pubblica, la parità di trattamento di uomini e donne e la non discriminazione, ma deve ancora realizzare significativi progressi. Occorre rafforzare il quadro di regolamentazione, e soprattutto quello amministrativo, per la tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Le misure attive introdotte nel mercato del lavoro dovranno essere ulteriormente potenziate per rimediare all'attuale squilibrio tra domanda e offerta di competenze su tale mercato del lavoro. È poi necessario elaborare un approccio più strategico, accompagnato da un adeguato sviluppo di capacità di analisi, di attuazione e di valutazione. Il rafforzamento dei servizi pubblici di collocamento dovrebbe essere sostenuto dal prosieguo delle iniziative di modernizzazione. Occorre svolgere un'analisi specifica sui livelli di emarginazione sociale e di povertà presenti nella società croata. Infine, occorre potenziare il dialogo sociale e riflettere sull'avvio dei preparativi per l'attuazione delle misure del FSE.

    Nel complesso, la Croazia dovrà ancora impegnarsi con azioni costanti e significative onde poter allineare la legislazione nazionale all'acquis, come pure per una sua efficace attuazione e applicazione a medio termine nei settori della politica sociale e dell'occupazione. Il paese deve inoltre avere ultimato i preparativi per partecipare ai processi di cooperazione elaborati a livello europeo nei settori dell'occupazione, dell'integrazione sociale e delle pensioni.

    Capitolo 14: Energia

    Tra gli obiettivi della politica energetica comunitaria si devono annoverare un miglior livello di competitività, la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la tutela dell'ambiente. L'acquis nel settore energetico consiste di norme e di politiche, relative in particolare alla concorrenza e agli aiuti di Stato (incluso il settore del carbone), al mercato interno dell'energia (ad esempio: apertura dei mercati dell'elettricità e del gas, promozione delle fonti rinnovabili di energia, gestione delle crisi e obblighi relativi alle scorte petrolifere di sicurezza), all'efficienza energetica e all'energia nucleare.

    Sebbene disponga di risorse energetiche interne (petrolio, gas, combustibili solidi, energia idroelettrica), la Croazia dipende in misura crescente dall'approvvigionamento esterno, in particolare per quanto riguarda il petrolio. È inoltre un importante paese di transito per elettricità, gas e petrolio. Il paese dispone inoltre di riserve recuperabili, relativamente modeste, di carbone stimate a 39 milioni di tonnellate, ma la produzione di combustibili solidi in Croazia è cessata dal 1997. Il carbone fossile, impiegato per la produzione di elettricità e nell'industria siderurgica, viene invece importato in quantità ridotta, pari in totale a meno di 100 000 tonnellate l'anno. La Croazia è parte integrante delle reti di elettricità dell'Europa occidentale (Unione per il coordinamento del trasporto di elettricità - UCTE). La strategia nazionale di sviluppo del settore energetico, che copre il periodo 2002-2012, risulta essere complessivamente in linea con gli obiettivi dell'UE in materia di energia. Le principali imprese operanti nel settore dell'energia sono di proprietà statale (Hrvatska Elektroprivreda - HEP, una holding nel settore dell'elettricità, Plinacro per il trasporto del gas e la Jadranske Naftovod per il trasporto del petrolio). Il processo di privatizzazione del settore energetico è stato avviato con la vendita del 25% delle azioni della società INA (petrolio e gas), ed è prevista una privatizzazione di più ampia portata. Le 40 società esistenti di distribuzione del gas sono in genere di proprietà degli enti locali. La società elettrica HEP possiede il 50% delle azioni della centrale nucleare di Krsko, situata in Slovenia.

    Per quanto riguarda la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, e in particolare le scorte petrolifere, la legislazione essenziale in materia esiste già e comprende, tra l'altro, la legge per il settore energetico, la legge sul mercato petrolifero e i prodotti petroliferi, la legge sulle scorte strategiche di sicurezza e l'ordinanza sulle riserve obbligatorie di petrolio e di prodotti petroliferi. Detto quadro normativo prevede, in particolare, una costituzione progressiva delle scorte obbligatorie di petrolio, a partire dall'attuale 10 % delle importazioni nette dell'anno precedente fino ad arrivare nel 2006 al 25 % di tali importazioni). Le scorte petrolifere sono in genere detenute dalle imprese. È necessario che il paese compia ulteriori progressi per poter rispettare l'obbligo stabilito dall'acquis di detenere scorte petrolifere d'emergenza equivalenti a 90 giorni di consumo. I principali organi amministrativi in questo settore coperto dall'acquis sono il ministero dell'Economia e l'ufficio dell'Ispettorato di Stato. Le autorità croate stanno prendendo in considerazione la possibilità di istituire un'agenzia distinta e separata responsabile delle scorte petrolifere. Appare comunque necessario rafforzare ulteriormente le capacità amministrative in questo campo.

    Nel settore della competitività e del mercato interno dell'energia, la Croazia ha adottato nel luglio del 2001 le seguenti cinque normative fondamentali: la legge per il settore energetico, la legge sul mercato dell'elettricità, la legge sul mercato del gas, la legge sul mercato petrolifero e i prodotti petroliferi e la legge di disciplina delle attività collegate all'energia.

    Si è provveduto ad aprire il mercato dell'elettricità ai clienti con un consumo annuo superiore ai 40 GWh. L'accesso alle reti è garantito mediante un accesso di terzi regolamentato. All'interno della società elettrica HEP è stato costituito un operatore indipendente di mercato per il trasporto dell'elettricità.

    Il mercato del gas è stato aperto per i clienti di grandi dimensioni con un consumo annuo superiore ai 100 milioni di m³ e a tutti i produttori sia di elettricità che di calore/elettricità ricavate dal gas. L'accesso alle reti è garantito mediante un accesso di terzi regolamentato.

    Tanto nelle società elettriche come in quelle del gas, i conti delle diverse attività sono separati. La legislazione in vigore prevede la possibilità di prescrivere gli obblighi che incombono ai servizi pubblici nonché il monitoraggio della sicurezza dell'approvvigionamento energetico.

    La Croazia ha compiuto alcuni passi essenziali verso una sua graduale partecipazione al mercato interno dell'energia e verso l'allineamento alle direttive sul gas e sull'elettricità. La totale apertura dei mercati del gas e dell'elettricità del paese è prevista per il 2007, grosso modo in linea con gli obblighi stabiliti dall'acquis. Il testo degli atti legislativi deve essere ulteriormente rielaborato, mentre devono ancora essere adottati gli atti regolamentari essenziali. Dovrebbe inoltre essere eliminata la possibilità di limitare l'importazione e l'esportazione di prodotti energetici. È altrettanto necessario eliminare le distorsioni di prezzo: se i prezzi del gas appaiono riflettere i costi, permangono tuttavia distorsioni di prezzo nei settori dell'elettricità e del teleriscaldamento.

    Il Consiglio nazionale di regolamentazione del settore energetico è un organismo formalmente indipendente che rilascia licenze per le attività collegate all'energia, supervisiona le tariffe e svolge altri compiti di regolamentazione del settore. I cinque membri che compongono il Consiglio vengono nominati dal Parlamento, mentre i costi di funzionamento dell'organismo sono coperti dal bilancio dello Stato. Non dovrebbe essere previsto un vincolo obbligatorio tra l'ente di regolamentazione e l'Istituto per l'energia, che è in larga misura controllato dall'impresa elettrica HEP. Complessivamente, si richiedono maggiori poteri, più iniziative di formazione e un incremento dell'organico sia nell'organismo di regolamentazione che a livello di ministero, come pure una migliore definizione dei rispettivi ruoli, per evitare che una decisione di regolamentazione venga inviata al ministero per sottoporla a una revisione specifica. Saranno necessarie riforme anche nel caso del produttore di elettricità con una posizione dominante sul mercato, cioè la società HEP.

    In conformità della legge sulle attività di estrazione mineraria, la Croazia applica un sistema non discriminatorio di rilascio di licenze per la prospezione, la ricerca e la produzione di idrocarburi; tuttavia, occorre garantire anche la conformità con la direttiva sul rilascio di licenze nel settore degli idrocarburi.

    Il mercato regionale dell'energia nell'Europa sud-orientale (REM), che copre i settori dell'elettricità e del gas, ha attuato un programma di transizione per fasi progressive modulato sulle specifiche caratteristiche della regione. Obiettivo del programma è la reintegrazione dei mercati energetici statale e infrastatale, con una possibile iniziativa di adesione al mercato interno dell'energia dell'UE. In tale contesto, si incoraggiano le autorità croate a ricostruire le infrastrutture di interconnessione con la regione meridionale del paese e a gestire l'incremento del commercio energetico che ne deriverà.

    Fin dal 1997 sono in vigore in Croazia programmi di efficienza energetica e relativi alle energie rinnovabili, basati, a partire dal 2002, sulla strategia nazionale di sviluppo del settore energetico. Il bilancio per i programmi annuali per il 2002 e il 2003 ammonta a 2,8 milioni di HRH (380 000 EUR), mentre risorse finanziarie supplementari sono destinate a iniziative di carattere giuridico e istituzionale in questo settore. Il quadro normativo comprende la legge per il settore energetico e la legge sulla tutela dell'ambiente e sul fondo di efficienza energetica. I regolamenti di attuazione, volti ad allineare le normative nazionali all'acquis, sono in preparazione e dovrebbero entrare in vigore entro il 2004.

    Altre iniziative devono essere adottate per migliorare il livello di efficienza energetica e per promuovere le fonti rinnovabili di energia, con particolare riguardo all'esigenza di potenziare ulteriormente la legislazione e di rafforzare le capacità istituzionali in questi due settori.

    Nel campo dell'energia nucleare e della sicurezza nucleare, benché la Croazia non disponga sul suo territorio di impianti nucleari o di impianti del ciclo del combustibile nucleare, la società elettrica nazionale (HEP) è proprietaria al 50% della centrale nucleare di Krsko, in Slovenia. L'accordo sulla centrale nucleare di Krsko tra la Croazia e la Slovenia, che regolamenta lo status e altri rapporti giuridici relativi agli investimenti, alla gestione e alla disattivazione della centrale, è entrato in vigore nel marzo del 2003. Attualmente la Croazia non ha in programma la costruzione di centrali nucleari. Quanto alla gestione dei residui radioattivi, esistono due impianti di stoccaggio per le sorgenti radioattive esaurite e per i residui radioattivi a basso livello di attività prodotti nelle diverse applicazioni delle sorgenti radioattive.

    La legge sulla sicurezza nucleare, adottata nell'ottobre del 2003, fornisce il quadro normativo nel settore dell'energia nucleare in conformità con le norme internazionali, con particolare riguardo alle raccomandazioni dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA). Oltre a essere membro dell'IAEA, la Croazia è parte a un certo numero di accordi bilaterali e di convenzioni internazionali.

    In Croazia non esiste attualmente un'autorità indipendente di regolamentazione per la sicurezza nucleare. Il ministero dell'Economia è interamente responsabile per quel che riguarda la sicurezza nucleare, il rilascio di licenze per gli impianti nucleari, inclusi quelli del combustibile nucleare e per lo smaltimento dei residui, e l'attuazione dei controlli di sicurezza nucleare. Tuttavia, la nuova legge sulla sicurezza nucleare prevede la creazione di un Istituto statale per la sicurezza nucleare, al quale verranno trasferite le responsabilità per le attività collegate a questo settore che sono attualmente in carico al ministero dell'Economia. In base alla nuova legge, questa autorità di regolamentazione nel settore della sicurezza nucleare dovrà essere operativa entro il 1° gennaio 2005. L'Agenzia di gestione dei rifiuti pericolosi è incaricata di gestire lo smantellamento e lo stoccaggio di questo tipo di rifiuti, inclusi quindi anche i residui radioattivi. Il ministero degli Interni è responsabile dell'adozione e del monitoraggio di misure protettive e di sicurezza per quanto riguarda il rischio di manipolazione delle materie nucleari e i traffici illeciti. Questo stesso ministero provvede inoltre a prendere decisioni su speciali misure protettive riguardanti il trasporto delle materie nucleari.

    Nel settore dei controlli di sicurezza nucleare, la Croazia ha firmato con l'IAEA e ratificato un accordo globale di salvaguardia e un protocollo aggiuntivo a tale accordo. Dopo l'adesione del paese verrebbe direttamente applicato il trattato Euratom e gli esercenti di impianti nucleari croati sarebbero tenuti a riferire tutte le informazioni relative ai controlli di sicurezza nucleare alla Commissione, la quale a sua volta ne riferirebbe all'IAEA.

    Conclusioni

    La Croazia dovrà compiere ulteriori sforzi per poter allineare la legislazione nazionale all'acquis nel settore energetico, come pure per una sua efficace attuazione e applicazione a medio termine, con particolare riguardo alle disposizioni del trattato Euratom. Occorreranno soprattutto iniziative riguardanti le normative nazionali e le capacità amministrative in materia di scorte petrolifere, mercato interno dell'energia, efficienza energetica, energie rinnovabili ed energia nucleare. Si dovrebbe infine fare in modo che vengano effettivamente costituite le scorte petrolifere d'emergenza equivalenti a 90 giorni di consumo.

    Capitolo 15: Politica industriale

    Obiettivo della politica industriale dell'Unione europea è incrementare la competitività industriale e i tassi di occupazione, in una situazione in cui le imprese operano nel contempo in mercati aperti alla concorrenza internazionale. Tale politica si prefigge di accelerare il processo di adattamento ai cambiamenti strutturali nonché di agevolare l'insorgere di un contesto favorevole all'iniziativa imprenditoriale e alla creazione di imprese in tutta la Comunità. La politica industriale comunitaria consiste principalmente nella concezione di principi di politica e nella redazione di comunicazioni sulla politica industriale orizzontale e settoriale. Elementi fondamentali di qualsiasi politica in questo campo sono il controllo degli aiuti di Stato e la compatibilità dei meccanismi di sostegno con la normativa comunitaria (cfr. anche il Capitolo 6 - Concorrenza).

    L'industria rappresentava il 25,3% del PIL della Croazia nel 2002. Il settore manifatturiero riunisce circa 8 500 imprese, molte delle quali di proprietà privata. Nell'industria sono occupati all'incirca 300 000 lavoratori. Se le piccole imprese rappresentano oltre il 90% dell'intero settore dell'industria, nelle imprese di medie e di grandi dimensioni si concentra pur sempre l'84% dell'occupazione di tale settore. I settori più importanti sono quello alimentare, chimico, dei tessili e dell'abbigliamento e della costruzione navale.

    Il settore dell'agroalimentare è uno dei più importanti e dinamici dell'industria croata e rappresenta il 20,5 % della produzione industriale totale e il 17,7 % dell'occupazione totale nell'industria. Il numero di imprese di questo comparto è aumentato del 21 % tra il 1999 e il 2002, mentre la produzione ha registrato una crescita di circa il 14 % nel 2001 rispetto al 1998. Gli investimenti realizzati dagli Stati membri dell'UE sono concentrati nella produzione di bibite analcoliche, acqua minerale e birra.

    Anche quello chimico è un settore industriale importante della Croazia, dal momento che rappresenta in percentuale all'incirca l'11 % della produzione industriale totale e l'8 % dell'occupazione totale nell'industria. Nel settore, che riunisce principalmente PMI private, due terzi delle imprese operano nel comparto della gomma e della plastica. Il livello relativamente elevato di investimenti esteri diretti (IED) nel settore chimico negli anni 1999-2000 è un indicatore di una sua maggiore competitività. L'UE è il principale partner commerciale e la bilancia commerciale del settore risulta in larga misura negativa.

    Il settore dei tessili e dell'abbigliamento ha un peso relativamente importante nell'economia del paese, dato che rappresenta il 5,6 % della produzione industriale totale e il 17 % dell'occupazione. La struttura industriale del comparto è caratterizzata da società private, tra le quali predominano le piccole imprese. Le importazioni UE hanno registrato un aumento. Saranno tuttavia necessari ulteriori adeguamenti strutturali per incrementare la competitività del settore.

    L'industria della costruzione navale croata è pari all'1% della produzione della cantieristica mondiale. Il settore, che rappresenta il 4,4 % della produzione industriale e il 4,9 % dell'occupazione nell'industria, è stato interessato dal processo di privatizzazione soltanto in minima parte, dal momento che cinque dei sei principali cantieri navali sono tuttora di proprietà statale. Attualmente il comparto riceve aiuti di Stato in quantità elevate: si dovrebbe quindi mettere in atto una politica di ristrutturazione intesa ad incrementarne la competitività e conforme alla normativa comunitaria sulla concorrenza e gli aiuti di Stato.

    Il settore dell'industria pesante (materie prime) in Croazia è di dimensioni modeste, dato che rappresenta meno del 3 % della produzione industriale e dell'occupazione. Grosso modo metà di tale produzione è da attribuire al comparto del cemento, mentre l'occupazione è più equamente ripartita sui diversi sottosettori. L'industria siderurgica croata produce tondini per cemento armato impiegati nell'edilizia, destinati soprattutto al consumo sul mercato interno, e tubi senza saldatura, destinati invece principalmente all'esportazione. Il settore rappresenta soltanto l'1% circa della produzione industriale totale e dell'occupazione. Una delle due acciaierie della Croazia è stata privatizzata. Un programma di ristrutturazione e di riconversione del comparto siderurgico costituirà il punto di partenza per gli sforzi della Croazia intesi a garantire l'osservanza degli obblighi che le incombono in forza del protocollo 2 dell'accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali in materia di aiuti di Stato.

    Il settore dei prodotti farmaceutici rappresenta il 4% della produzione industriale e l'1,7 % dell'occupazione nell'industria, percentuali che risultano entrambe in calo nell'ultimo triennio. Il comparto è caratterizzato dalla posizione dominante di un'unica società in cui si concentra il 70 % dell'occupazione. Mentre gli IED diminuiscono, l'impresa croata predominante del settore ha realizzato invece una serie di acquisizioni sui mercati esteri.

    I settori dell'ingegneria elettrotecnica e meccanica (incluse le apparecchiature radio, televisive e di comunicazione) sono già in larga misura integrati con l'industria dell'UE. Il settore rappresenta il 5,3 % della produzione industriale e il 5,5 % dell'occupazione nell'industria. L'industria croata è specializzata nella fabbricazione di oggetti in metallo e di apparecchiature elettriche con un utilizzo di capacità relativamente elevato. Le importazioni della Croazia in questi due settori provengono soprattutto dall'UE, che rappresenta altresì la principale destinazione delle esportazioni croate degli stessi comparti.

    L'industria edilizia e dei prodotti da costruzione della Croazia è strutturalmente simile a quella degli Stati membri dell'UE e rappresenta circa il 4 % del PIL. Si tratta di un settore ad alta intensità di manodopera, in cui si concentra all'incirca un terzo dell'occupazione industriale totale. La maggior parte delle imprese di costruzione sono PMI. Dopo un'impennata dovuta alle attività di ricostruzione del dopoguerra, gli IED hanno registrato una diminuzione.

    L'industria croata delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (TIC) è di dimensioni relativamente modeste: rappresenta infatti il 3 % della produzione industriale e il 2 % dell'occupazione. La bilancia commerciale del settore risulta eccessivamente negativa, con le importazioni e le esportazioni da e verso l'UE provenienti soprattutto da Austria, Germania e Italia, il che indica che gli scambi intraindustriali rappresentano una quota sostanziale del commercio del settore TIC. Capitali esteri di qualche rilievo sono destinati unicamente al sottosettore delle apparecchiature di telecomunicazione.

    Il settore turistico, la principale industria d'esportazione del paese, registra di nuovo una crescita significativa. Dopo un grave declino agli inizi degli anni '90 dovuto all'insorgere delle ostilità nella regione, il settore ha avuto un forte recupero dopo il 1996 fino a rappresentare attualmente il 17 % del PIL. Nel 2002 si sono registrati 45 milioni di pernottamenti, mentre i turisti stranieri sono aumentati fino a raggiungere la cifra di 7 milioni. Benché la capacità alberghiera risulti ancora inferiore di circa il 25 % rispetto al 1991, permane un considerevole potenziale per un ulteriore sviluppo del settore, a condizione che si compiano progressi per quanto riguarda la privatizzazione delle attività turistiche e che si registri un incremento degli investimenti. Nel 2002 oltre il 55 % dei turisti stranieri proveniva dagli Stati membri dell'UE.

    La Croazia non ha ancora adottato una strategia industriale complessiva separata e distinta dalla politica economica globale. Il governo provvede all'attuazione delle condizioni quadro per il settore industriale mediante altre politiche, quali ad esempio il programma di lavoro governativo della Repubblica di Croazia (2000-2004) e i principi per lo sviluppo della Repubblica di Croazia nel XXI° secolo. Le autorità croate dovrebbero adottare e mettere in atto una strategia coerente volta a incrementare la competitività industriale e inserita in un miglior contesto generale per le attività imprenditoriali. Una tale strategia dovrebbe inoltre tener conto delle esigenze e delle caratteristiche specifiche dei singoli settori industriali.

    Gli investimenti esteri nel settore manifatturiero rappresentano il 13 % del totale degli IED. Recentemente è stata istituita un'Agenzia per la promozione del commercio e degli investimenti, la quale non è però ancora pienamente operativa. Occorre introdurre ulteriori misure intese a incoraggiare gli investimenti interni ed esteri, in particolare grazie alla semplificazione delle procedure giuridiche e dell'iter amministrativo richiesti.

    Per quanto riguarda il processo di privatizzazione e di ristrutturazione, nel febbraio del 2001 è stato adottato un programma di privatizzazione del portafoglio dei titoli di Stato. Debiti elevati, insufficiente redditività e forza lavoro in esubero, nonché il limitato impegno profuso dal governo croato nell'operazione, hanno contribuito a rallentare il ritmo previsto per la privatizzazione. Si osserva tuttora un certo squilibrio dei progressi realizzati nella ristrutturazione del settore manifatturiero. I comparti che necessitano maggiormente di una più vasta opera di ristrutturazione e modernizzazione sono quelli del tessile, siderurgico e cantieristico.

    L'ente incaricato di formulare e coordinare la politica industriale a livello centrale è il ministero dell'Economia, del lavoro e delle imprese, il cui ruolo di coordinamento andrebbe rafforzato. Benché il governo provveda a consultare le associazioni imprenditoriali, sono necessarie ulteriori iniziative per istituzionalizzare il patrocinio delle aziende e il dialogo tra settore pubblico e privato in Croazia. Le privatizzazioni vengono effettuate sotto la direzione del Fondo statale di privatizzazione, salvo altrimenti disposto dalle specifiche normative.

    Conclusioni

    È necessario che la Croazia provveda a migliorare rapidamente le condizioni per la realizzazione di investimenti interni ed esteri, nonché a completare il processo di privatizzazione e di ristrutturazione. Se prosegue nelle iniziative già avviate, il paese dovrebbe essere in grado di soddisfare nel medio periodo gli obblighi stabiliti dall'acquis comunitario in materia di politica industriale.

    Capitolo 16: Piccole e medie imprese

    Obiettivo della politica comunitaria nel settore delle piccole e medie imprese è migliorare la formulazione e il coordinamento della politica delle imprese trasversalmente al mercato interno nella sua totalità insistendo sul sostegno allo sviluppo delle PMI. In questo ambito, essa si prefigge inoltre di rendere più favorevole il contesto economico complessivo in cui operano le PMI. La politica a favore di questo tipo di imprese consiste in larga misura nella realizzazione di iniziative e fori di consulenza e di programmi comunitari, oltre che nella stesura di comunicazioni, nella formulazione di raccomandazioni e in scambi di migliori pratiche.

    Al vertice di Salonicco di giugno del 2003 la Croazia ha sottoscritto la Carta europea delle piccole imprese. Le PMI costituiscono la quasi totalità delle aziende dell'imprenditoria croata, con una percentuale del 99,6 % sul numero complessivo di imprese (media dell'UE: 98 %), oltre a rappresentare il 65,7 % dell'occupazione totale (media dell'UE: 66 %). Secondo la politica delle autorità croate, le imprese artigiane e le cooperative sono considerate entità imprenditoriali distinte. L'ambito politico d'intervento viene delineato in una serie di atti legislativi che forniscono definizioni e quadro giuridico specifici per il settore delle PMI.

    Il Programma di sviluppo per le piccole imprese 2003-2006, che definisce la strategia del governo per le PMI, prevede tra l'altro di accrescere il peso di queste imprese nell'economia nazionale. Nel periodo 2000-2003 nella compagine governativa croata figurava un ministero con responsabilità specifica per le PMI, le cui funzioni sono state riassorbite dal ministero dell'Economia, del lavoro e delle imprese agli inizi del 2004.

    Non è prevista alcuna valutazione d'impatto normativo per analizzare gli effetti degli atti legislativi adottati sul contesto economico ed imprenditoriale, benché l'introduzione di una procedura di questo tipo sia in fase di preparazione. Sarà necessario migliorare ulteriormente la qualità della legislazione e delle norme che incidono sulle attività economiche, nonché rendere più efficienti l'amministrazione e il sistema giudiziario del paese, al fine di instaurare un clima favorevole all'attività delle imprese.

    Per quanto riguarda la rappresentanza di interessi e il patrocinio delle PMI, l'iscrizione alle camere di commercio è obbligatoria. Queste ultime sono suddivise e articolate in camere settoriali a seconda del tipo di impresa e in una Camera generale del commercio. Una caratteristica originale della rappresentanza degli interessi delle PMI in Croazia consiste nel fatto che tanto le camere delle imprese come quelle degli artigiani e dei commercianti sono rappresentate nelle commissioni parlamentari di lavoro e hanno voce in capitolo direttamente nella fase di stesura dei disegni di legge.

    Negli ultimi anni il tempo necessario per la registrazione di un'impresa si è ridotto, ma occorre proseguire negli sforzi di semplificazione delle procedure. Sebbene nel gennaio del 2002 sia stata approvata una legge sulla firma elettronica, in realtà il commercio elettronico è pressoché inesistente e non è possibile effettuare on line la registrazione di una nuova impresa.

    Il ministero dell'Economia, del lavoro e delle imprese gestisce un programma di credito finalizzato al sostegno delle esportazioni delle PMI. La Camera generale del commercio croata dispone di un centro per la qualità e gestisce l'Eurocentro di corrispondenza e d'informazione (Euro Info Correspondence Centre - EICC). Il regime nazionale di imposizione fiscale non prevede alcun tipo di esenzione fiscale per le piccole imprese, ma soltanto determinati sgravi fiscali destinati al risanamento e/o alla ricostruzione di specifiche aree geografiche o a talune categorie di soggetti passivi.

    L'accesso al finanziamento delle PMI è migliorato grazie ai tassi di interesse relativamente bassi offerti oramai dalle banche; tuttavia, l'esigenza di fornire garanzie accessorie può rappresentare tuttora un ostacolo per l'accesso al credito bancario. L'Agenzia nazionale per le piccole imprese (HAMAG), che opera di fatto come un fondo pubblico di garanzia, ha emesso 3 400 garanzie dal 1995 a oggi, per un valore complessivo di 87 milioni di EUR.

    Il programma nazionale per lo sviluppo tecnologico e l'innovazione (HITRA) costituisce un tentativo di creare strumenti e organismi intesi a promuovere i trasferimenti di tecnologia alle PMI con vari incentivi di natura finanziaria e non finanziaria.

    Benché l'istruzione e la formazione alle attività imprenditoriali non siano riconosciute come materie distinte nei programmi di studio dell'insegnamento superiore, attività parascolastiche di questo tipo vengono tuttavia organizzate grazie al sostegno di donatori. Anche le possibilità di scelta di corsi universitari per queste materie di studio sono limitate. Il governo, le camere di commercio e i servizi di consulenza alle imprese sponsorizzano tutta una serie di iniziative e di pubblicazioni destinate a promuovere l'imprenditorialità. Il ministero dell'Economia e la Camera generale del commercio hanno svolto e continuano a svolgere varie inchieste sulle esigenze di competenze e capacità imprenditoriali del paese.

    Conclusioni

    La Croazia dovrebbe provvedere a un ulteriore adeguamento della legislazione nazionale e delle norme che incidono sulle attività imprenditoriali, migliorare il quadro amministrativo e giudiziario e proseguire nell'attuazione delle misure previste dalla Carta europea delle piccole imprese. È inoltre necessario un allineamento delle normative nazionali alla nuova raccomandazione formulata dalla Commissione sulla definizione delle PMI. Nel complesso, il paese dovrebbe essere in grado di garantire la sua piena partecipazione alla politica comunitaria per le PMI.

    Capitolo 17: Scienza e ricerca

    Considerata la sua specificità, l'acquis comunitario nel settore delle scienza e della ricerca non richiede il recepimento nell'ordinamento giuridico nazionale. La questione delle capacità di attuazione in questo campo non è collegata tanto a un'efficace applicazione delle disposizioni legislative quanto al fatto che sussistano o no le condizioni per un'effettiva partecipazione del paese ai programmi quadro. Per garantire l'applicazione con esito positivo dell'acquis in materia, con particolare riguardo a una fruttuosa partecipazione della Croazia alle attività dei programmi quadro, le autorità croate dovranno creare le necessarie capacità di attuazione nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico, provvedendo in particolare a un aumento del personale incaricato delle iniziative di tali programmi quadro.

    La Croazia partecipa in qualità di paese terzo al Sesto programma quadro delle Comunità europee per la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

    In Croazia le attività scientifiche e di ricerca dipendono dall'autorità del ministero della Scienza, dell'istruzione e dello sport. Gli organismi consultivi per le questioni scientifiche e l'istruzione superiore sono il Consiglio nazionale per la scienza e il Consiglio nazionale per l'istruzione superiore. La normativa di base per la disciplina del settore è la legge sulle attività scientifiche e l'istruzione superiore, adottata nel luglio del 2003. La politica nel settore delle tecnologie viene elaborata nell'ambito del programma nazionale per lo sviluppo tecnologico e l'innovazione.

    La spesa pubblica per la ricerca e sviluppo (o GERD - Government Expenditure on Research and Development) era pari all'1,09% del PIL nel 2001 (contro una percentuale UE pari all'1,99% del PIL). La spesa stimata delle imprese per queste attività equivale a una percentuale compresa tra il 32% e il 45% dell'importo stanziato dal bilancio pubblico per la RST. Il sistema di ricerca della Croazia comprende 5 università, 26 istituti pubblici, 11 centri di ricerca del settore industriale, 18 istituti professionali superiori, 8 politecnici, 1 centro militare di ricerca e altri 50 enti dotati di personalità giuridica preposti alla ricerca scientifica.

    La partecipazione a pieno titolo ai programmi quadro dovrebbe rappresentare il primo passo verso l'attuazione dell'acquis comunitario nel settore della ricerca e richiederà l'elaborazione di una politica di ricerca, la creazione di infrastrutture e di un adeguato quadro istituzionale. Tale partecipazione dipenderà inoltre dalla disponibilità finanziaria per il versamento della quota associativa.

    Le prospettive di integrazione della scienza e della tecnologia croate nello Spazio europeo della ricerca sono definite nella strategia per lo sviluppo scientifico della Repubblica di Croazia nel XXI° secolo e nella legge sulle attività scientifiche e l'istruzione superiore. Questi documenti di base prospettano mutamenti radicali al fine di creare un sistema della scienza e della tecnologia efficiente e stimolante ispirato al modello dell'Unione europea. L'integrazione del paese nello Spazio europeo della ricerca avviene mediante il sostegno dei programmi CARDS e TEMPUS.

    Conclusioni

    Saranno necessari ulteriori sforzi perché il settore della ricerca e sviluppo tecnologico della Croazia raggiunga il livello di efficienza e competitività di quello dell'UE. La partecipazione del paese con risultati positivi alle attività dei programmi quadro richiederà una preparazione a tutto campo. Nonostante queste incognite, la Croazia è sulla strada giusta per riuscire a rispettare nel medio periodo gli obblighi previsti dall'acquis in questo settore.

    Capitolo 18: Istruzione e formazione

    I settori dell'istruzione, formazione e gioventù sono principalmente di competenza degli Stati membri. Il trattato CE prevede che la Comunità contribuisca allo sviluppo di un'istruzione di qualità e all'attuazione di una politica di formazione professionale che sia di sostegno e di complemento all'azione degli Stati membri. L'acquis comunitario in materia comprende, oltre a programmi di azione e raccomandazioni, una direttiva sulla formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti. Occorre che gli Stati membri dispongano delle necessarie capacità di attuazione, già operative, per un'effettiva loro partecipazione ai programmi comunitari relativi a questo capitolo (Leonardo da Vinci, Socrates e Youth).

    La nuova legge sulle attività scientifiche e l'istruzione superiore, entrata in vigore nel 2003, definisce il quadro per la riforma dell'università, i programmi di studio e l'attuazione dei principi della dichiarazione di Bologna, sottoscritta dalla Croazia nel 2001. Il programma Tempus ha dato un notevole contributo alla riforma dell'istruzione superiore, gettando le basi per una cooperazione con gli istituti di istruzione superiore dell'UE.

    Le priorità in materia di istruzione del paese sono state gradualmente riorientate onde tener conto delle esigenze di un'economia basata sul libero mercato e migliorare la qualità del sistema educativo e della formazione. Un settore che richiede particolare attenzione è quello dell'insegnamento delle lingue straniere nelle scuole elementari e medie.

    Attualmente pochissimi figli di cittadini dell'Unione europea sono iscritti nelle scuole croate. Entro la data di adesione dovranno essere adottati opportuni provvedimenti per i figli dei lavoratori migranti al fine di rispettare gli specifici obblighi stabiliti dall'acquis in questo settore.

    Il sistema croato di istruzione e formazione professionale nelle scuole medie e superiori appare gravemente carente. È stata commissionata l'elaborazione di una strategia in materia e si è avviato un processo di riforma che comprende anche l'istituzione di un Consiglio nazionale per l'istruzione e la formazione professionali. Tuttavia, le attuali iniziative di riforma non sembrano sufficienti a risolvere problemi quali la carenza di insegnanti qualificati, i programmi di studio obsoleti, il livello inadeguato di investimenti, la mancanza di un sistema di standard occupazionali e di qualifica riconosciuti a livello nazionale, nonché gli insufficienti collegamenti con il settore privato. Introdurre migliorie in questo campo rappresenterà una componente essenziale della lotta alla disoccupazione.

    Lo sviluppo di una politica strutturata per la gioventù ha portato nel 2003 all'adozione di un piano nazionale d'azione per i giovani. L'adesione della Croazia all'UE comporterebbe l'approvazione da parte del governo croato degli obiettivi comuni per la partecipazione e l'informazione dei giovani adottati dal Consiglio nel novembre del 2003. Il paese beneficia già dei vantaggi previsti dalla componente "paesi terzi" del programma Youth, mentre le organizzazioni croate partecipano attivamente a scambi di giovani, al Servizio volontario europeo e a varie misure di sostegno.

    Conclusioni

    La Croazia non dovrebbe incontrare serie difficoltà in questo settore nel medio periodo. Saranno tuttavia necessari notevoli sforzi per creare un moderno sistema di istruzione e formazione professionale, che corrisponda a quanto previsto dalle politiche sociali e dell'occupazione dell'UE.

    Capitolo 19: Telecomunicazioni e tecnologie dell'informazione

    L'obiettivo dell'acquis comunitario nel settore delle telecomunicazioni è eliminare gli ostacoli a un efficace funzionamento del mercato unico delle reti e dei servizi di telecomunicazioni, come pure quello di realizzare moderni servizi alla portata di tutti. Nel 2002 è stato adottato un nuovo quadro normativo per il settore delle comunicazioni elettroniche. Per quanto riguarda i servizi postali, l'obiettivo è l'attuazione del mercato unico mediante l'apertura graduale e regolamentata del settore alla concorrenza nell'ambito di un quadro normativo che garantisca la fornitura di un servizio universale.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione prevede attività di cooperazione nel settore delle infrastrutture per le comunicazioni elettroniche, comprese le reti di telecomunicazioni di tipo classico, le relative reti elettroniche per la trasmissione di materiale audiovisivo e i servizi connessi, allo scopo di completare l'allineamento con l'acquis da parte della Croazia a partire dall'entrata in vigore dell'accordo stesso.

    Il quadro normativo dei servizi di telecomunicazione in Croazia è costituito in primo luogo dalla legge sulle telecomunicazioni entrata in vigore nell'agosto del 2003. Le autorità croate si erano impegnate nell'ambito dell'OMC/GATS ad abolire il monopolio delle telecomunicazioni essenziali entro il 1° gennaio 2003, data fissata dalla precedente legge croata del 2000 sulle telecomunicazioni per l'abolizione della linea monopolistica fissa dei cosiddetti operatori "storici". Tuttavia, le intese amministrative istituite dalla legge del 2000 non avevano funzionato correttamente, perciò quest'ultima è stata sostituita nell'agosto del 2003 da una nuova legge sulle telecomunicazioni concepita per migliorare la trasposizione dell'acquis del 1998, ivi comprese alcune parti dell'acquis del 2002. Si richiederanno tuttavia altre modifiche per rendere conforme all'acquis il regime piuttosto farraginoso previsto per le autorizzazioni, come pure per garantire che le disposizioni sulla fornitura di servizi universali rispondano pienamente ai requisiti della legislazione comunitaria, con particolare riguardo alle disposizioni sulla neutralità tecnologica, i prezzi accessibili e gli indennizzi. La Croazia deve ancora adottare la legislazione derivata essenziale affinché il processo di liberalizzazione del mercato possa continuare.

    Quanto alle infrastrutture di base per le telecomunicazioni, al tasso di penetrazione delle comunicazioni mobili e alla fornitura di servizi ISDN e DSL, in questi settori la Croazia è a un livello paragonabile a quello di altri paesi in cui il mercato è liberalizzato dal 2001.

    In conformità della nuova legge del 2003 sulle telecomunicazioni, è previsto che gli attuali Consiglio e Istituto per le telecomunicazioni siano sostituiti da una nuova Agenzia responsabile del settore. Per il recepimento e l'attuazione dell'acquis, questo nuovo ente dovrà costituire un'autorità di regolamentazione totalmente indipendente dotate dei poteri e delle risorse per riuscire a introdurre una politica di liberalizzazione. Dovrebbero essere previste procedure efficienti per un'effettiva applicazione delle decisioni dell'autorità di disciplina, e una procedura altrettanto efficace di ricorso contro tali decisioni; queste procedure non dovrebbero tuttavia offrire l'occasione di utilizzare il sistema di ricorso per ritardare l'attuazione delle decisioni stesse. Sarà necessario un coordinamento tra la nuova autorità di regolamentazione e gli altri enti pertinenti per il settore, e cioè il ministero responsabile, l'Agenzia garante della concorrenza sul mercato e il Consiglio per la tutela dei consumatori. Deve ancora essere istituito e dotato di una struttura adeguata un Consiglio degli utenti dei servizi di telecomunicazioni, con il compito di partecipare alla composizione delle vertenze tra fornitori e utenti di servizi pubblici di telecomunicazioni.

    I risultati concreti registrati in termini di ingresso sul mercato dal gennaio del 2003 a oggi sono stati ben pochi. Questo, tuttavia, non è dovuto semplicemente alle leggi carenti o all'inefficacia delle istituzioni: più volte le autorità croate si sono lasciate sfuggire la possibilità, chiaramente delineatasi, di garantire importanti ingressi sul mercato, ad esempio quello di un terzo operatore di rete mobile e di un secondo operatore di rete fissa. Tutto ciò fa sorgere qualche dubbio circa l'effettivo impegno a livello politico quanto alla strategia di liberalizzazione. Di questi ritardi e temporeggiamenti hanno beneficiato soprattutto le due società attualmente presenti sul mercato croato.

    Il processo di apertura del mercato è stato quindi ostacolato dall'insufficiente impegno a livello politico, il quale, associato ad autorità di regolamentazione concepite fin dall'inizio in modo inadeguato, ha comportato ritardi nell'adozione di importanti misure di liberalizzazione. Tuttavia, si sono registrati ottimi progressi quanto al riequilibrio dei prezzi dell'operatore storico nella prospettiva dell'arrivo dei concorrenti, mentre gli indicatori per questa società la descrivono come un monopolio che necessita di stimoli da parte della concorrenza. Oltre al monopolio di fatto per la rete fissa, il gruppo di tale operatore storico detiene il 53% del mercato delle comunicazioni mobili e il 75% di quello dei fornitori di servizi Internet. La Croazia dovrebbe adottare misure urgenti intese a liberalizzare il mercato, garantendo altresì che l'operatore storico sia posto sotto l'effettivo controllo di un'autorità di disciplina.

    Il quadro normativo nazionale per i servizi postali è costituito dalla legge sui servizi postali adottata nel 2003, la quale allinea in certa misura la legislazione croata all'acquis comunitario nel settore. Permangono tuttavia notevoli divergenze, con particolare riguardo alla portata del servizio universale, ai limiti del settore riservato, alle procedure di autorizzazione e di notifica e alla qualità del servizio. Ai sensi della nuova normativa sui servizi postali, Hrvatska posta sarà il fornitore esclusivo del servizio universale.

    Per quanto riguarda le strutture amministrative, la legge in materia prevede l'istituzione di un Consiglio dei servizi postali che funzionerà in qualità di autorità nazionale di disciplina. I poteri di cui sarà investito questo ente in base alle disposizioni della nuova legge corrispondono in larga misura a quanto previsto dall'acquis. Occorre tuttavia assicurare al Consiglio, oltre alla necessaria indipendenza operativa, l'organico e le risorse adeguate per garantire un effettivo funzionamento del sistema di regolamentazione del settore.

    Conclusioni

    La Croazia sarà in grado di garantire la completa ed effettiva attuazione dell'acquis comunitario relativo al settore delle telecomunicazioni soltanto a condizione di un considerevole sostegno a livello politico in favore della liberalizzazione. L'autorità di disciplina in materia dovrebbe ottenere poteri e risorse adeguati, oltre alla garanzia della sua indipendenza rispetto alle quotidiane preoccupazioni della politica. Particolare attenzione andrebbe rivolta anche all'esigenza di fornire risorse adeguate all'autorità nazionale di regolamentazione del settore dei servizi postali, assicurandone inoltre l'indipendenza operativa.

    Nel complesso, il paese dovrà compiere ancora sforzi continui e significativi per poter allineare la legislazione nazionale all'acquis comunitario, come pure per garantire una sua efficace attuazione e applicazione a medio termine nel settore delle telecomunicazioni e dei servizi postali.

    Capitolo 20: Cultura e politica del settore audiovisivo

    Questo capitolo comporta l'allineamento della legislazione nazionale alla direttiva "televisione senza frontiere" e la capacità del paese di partecipare ai programmi comunitari Cultura 2000, Media Plus e Media Formazione. La direttiva sulla televisione senza frontiere crea le condizioni per la libera circolazione delle trasmissioni televisive nell'Unione europea e definisce obblighi comuni fondamentali per quanto riguarda la giurisdizione, la pubblicità, la copertura di eventi di grande rilievo, la promozione delle opere audiovisive europee, la protezione dei minori e dell'ordine pubblico e il diritto di rettifica.

    La politica culturale della Croazia sembra essere compatibile con gli obiettivi della Comunità definiti nel trattato CE, oltre ad essere fondata su strumenti e capacità istituzionali intesi a promuovere la cultura e la cooperazione.

    Nel 2003 è stato definito un nuovo quadro normativo per il settore audiovisivo (cfr. anche la Parte 1, Criteri politici). La normativa sui mezzi di comunicazione elettronici regolamenta le attività delle emittenti sia pubbliche che private, mentre la legge nazionale per la radio e la televisione croate ("HRT") definisce lo statuto e le attività del servizio radiotelevisivo pubblico. Altre normative pertinenti in materia sono la legge sui media e quella sul settore delle telecomunicazioni. La Croazia è parte alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla televisione transfrontaliera.

    L'adozione di una nuova normativa sui media nel 2003 ha rappresentato un importante passo in avanti. La legge sui mezzi di comunicazione elettronici è in larga misura conforme alle norme europee e internazionali, dal momento che le autorità croate si sono sforzate di recepire le disposizioni della direttiva sulla televisione senza frontiere. Permangono tuttavia alcune divergenze per quanto riguarda le definizioni, la giurisdizione, la pubblicità, la promozione delle opere audiovisive europee, la protezione dei minori, la copertura di eventi di grande rilievo, il diritto di rettifica e il controllo giurisdizionale. La legge sui mezzi di comunicazione elettronici e la legge nazionale per la radio e la televisione croate necessiteranno quindi di modifiche e adeguamenti in tal senso.

    La principale autorità di disciplina del settore dovrebbe essere il Consiglio per i mezzi di comunicazione elettronici, la cui istituzione è prevista dall'apposita legge in materia ma i cui membri non sono stati ancora designati. Il Consiglio sarà composto di sette membri nominati dal Parlamento su proposta del governo per un mandato quinquennale; esso sarà competente per le emittenti sia pubbliche che private e dotato inoltre del potere di accordare le concessioni, controllare l'osservanza della legge da parte delle emittenti e presentare relazioni al Parlamento sul suo operato. Il Consiglio dovrebbe funzionare in totale indipendenza operativa, ma resta da vedere se nella pratica sarà possibile assicurarne l'indipendenza politica e la pluralità di opinioni di tutti i suoi membri. Analoghe preoccupazioni sono state espresse a proposito del Consiglio di programma dell'emittente pubblica HRT, i cui membri, dopo lunghi ritardi, sono stati designati dal Parlamento nell'ottobre 2003.

    Conclusioni

    A condizione che vengano introdotti i rimanenti, necessari adeguamenti legislativi e che il quadro normativo istituito nel 2003 venga attuato in modo efficace, prevedibile e trasparente, la Croazia dovrebbe essere in grado di rispettare nel medio periodo gli obblighi previsti dall'acquis comunitario in questo settore.

    Capitolo 21: Politica regionale e coordinamento degli strumenti strutturali

    L'acquis relativo a questo capitolo consiste soprattutto in regolamenti quadro e di attuazione che non richiedono una trasposizione nella legislazione nazionale. Tali regolamenti definiscono le norme per la stesura, l'approvazione e l'attuazione dei programmi previsti dai Fondi strutturali e delle iniziative del Fondo di coesione. I programmi in questione vengono negoziati e concordati con la Commissione, ma sono gli Stati membri ad essere responsabili della loro attuazione. Si deve sottolineare che i regolamenti di disciplina dei Fondi strutturali saranno riveduti al più tardi entro la fine del 2006. È essenziale che gli Stati membri, nel selezionare e attuare i progetti, rispettino le disposizioni generali della legislazione comunitaria - ad esempio in settori quali gli appalti pubblici, la concorrenza e l'ambiente - come pure che dispongano delle indispensabili strutture istituzionali già operative onde garantire l'attuazione dei progetti in modo valido ed economicamente vantaggioso dal punto di vista tanto del controllo gestionale quanto del controllo finanziario.

    Entro la data di adesione all'UE la Croazia dovrà disporre delle capacità amministrative necessarie per poter prendere parte alla politica strutturale della Comunità. In particolare, le autorità croate dovranno: elaborare e applicare piani di sviluppo regionale; definire chiaramente le competenze e responsabilità dei ministeri e degli altri enti amministrativi interessati dalla gestione dei fondi comunitari; garantire una stretta cooperazione tra la Commissione, le competenti autorità nazionali e regionali, i partner economici, le parti sociali e le imprese private coinvolti nel finanziamento di programmi e progetti; garantire il cofinanziamento di questi ultimi; mettere a punto i necessari meccanismi finanziari; assicurare un monitoraggio, controllo e valutazione adeguati di tali programmi e progetti; e infine presentare un programma di convergenza che consenta al paese di accedere al sostegno del Fondo di coesione. Il lavoro di potenziamento delle capacità per lo sviluppo regionale è iniziato solo di recente e si basa in larghissima misura sui progetti CARDS avviati negli ultimi mesi del 2003.

    L'organizzazione territoriale della Croazia è a due livelli, con un territorio suddiviso in 20 province a livello regionale e, a livello locale, in 123 città autonome (zone urbane) e 425 comuni autonomi (zone rurali). Attualmente, nessuna regione amministrativa o territoriale croata corrisponde al livello NUTS II. Sono tuttavia in corso i lavori per istituire regioni e unità corrispondenti ai livelli NUTS II e III. Non sono disponibili dati precisi sul PIL pro capite armonizzati a livello NUTS II (o III), benché nel paese si osservino in generale notevolissime disparità tra regione e regione.

    Per quanto riguarda il quadro legislativo, le politiche regionali adottate a livello nazionale sono contemplate da tutta una serie di atti legislativi (la legge relativa alle aree insulari, la legge sulle aree di particolare interesse per lo Stato, la legge sulle zone collinari e montuose, la legge sulla ricostruzione di Vukovar e la legge sul Fondo di sviluppo regionale). Ciascuna di queste normative definisce specifici sistemi di adozione delle decisioni, di attuazione e di controllo. I meccanismi impiegati per conseguire gli obiettivi previsti dalle leggi consistono principalmente in sgravi fiscali, benché sia prevista anche la concessione di un sostegno finanziario per progetti.

    Non esiste una normativa specifica in materia di politica regionale. Sebbene l'adozione di una legge di questo tipo non sia indispensabile per partecipare alla politica strutturale dell'Unione, tuttavia occorrerebbe allineare le normative vigenti in modo da renderle conformi agli obblighi definiti nei regolamenti sui Fondi strutturali. Le autorità croate intendono elaborare tra il 2005 e il 2007 un Piano nazionale di sviluppo (PNS), ispirato in parte a precedenti documenti di programmazione quali la strategia di sviluppo della Repubblica di Croazia, la strategia nazionale di sviluppo regionale, diverse strategie settoriali e i programmi di sviluppo regionale. È già stato avviato il lavoro di ricerca sulla maggior parte di questi documenti.

    La fruttuosa realizzazione di Preparativi per la partecipazione del paese ai Fondi strutturali e al Fondo di coesione sono strettamente connessi all'allineamento alle norme comunitarie nei settori degli appalti pubblici, degli aiuti di Stato e dell'ambiente (cfr. i capitoli 1 - Libera circolazione delle merci, 6 - Concorrenza e 22 - Ambiente). In particolare, non sono consentite clausole preferenziali discriminatorie nei confronti delle imprese comunitarie, si rende necessaria una revisione a tutto campo del regime degli aiuti di Stato e occorre effettuare sistematicamente le valutazioni di impatto ambientale prima di attuare i progetti.

    La nuova legge finanziaria, entrata in vigore nel luglio del 2003, ha introdotto una programmazione di bilancio pluriennale; non sono tuttavia previste disposizioni di legge che consentano storni di bilancio tra i diversi programmi.

    Benché la Croazia abbia già provveduto a introdurre una serie di misure attive nel mercato del lavoro analoghe a quelle finanziate dal Fondo sociale europeo, occorrerà in ogni caso rivolgere particolare attenzione al potenziamento delle risorse umane nei piani di sviluppo nazionali e regionali.

    Per quel che riguarda il quadro istituzionale necessario per attuare la politica di sviluppo regionale, nel marzo 2003 è stato designato in qualità di ente responsabile del coordinamento il ministero dei Lavori pubblici, dell'edilizia e della ricostruzione. All'inizio del 2004, tuttavia, le competenze in materia di quest'ultimo ministero sono state attribuite al ministero della Marina, del turismo, dei trasporti e dello sviluppo. Il ministero è incaricato di redigere gli atti legislativi e le decisioni, di gestire e monitorare i programmi e progetti destinati alle aree insulari e quelli economici e sociali a carattere regionale, nonché di effettuare le valutazioni. L'attuazione dei programmi di sviluppo è di competenza, nella maggior parte dei casi, di diversi enti a livello regionale e locale, mentre il controllo sugli stessi spetta in larga misura ai ministeri responsabili. Occorre istituire un meccanismo di coordinamento interministeriale formale e approvato dal governo croato.

    Non esiste una struttura chiaramente definita per l'attuazione del principio di partenariato. Il coordinamento tra il livello centrale e quello locale si svolge oggi in modo informale e puntuale. Andrebbe istituita una struttura unica responsabile del partenariato per ciascuna forma di assistenza, incaricata della preparazione, del finanziamento, del controllo e della valutazione dell'assistenza stessa.

    Non sono previsti sistemi e meccanismi adeguati a livello nazionale per garantire il monitoraggio e la valutazione della qualità e dell'impatto dei programmi di sviluppo. È necessario introdurre una metodologia standard e procedure comuni trasversali ai vari settori.

    Per quanto riguarda la gestione e il controllo finanziari, nel 2003 l'unità centrale per i finanziamenti e gli appalti del ministero delle Finanze ha avviato l'attuazione dei primi progetti decentrati, ma occorrerà un'ulteriore messa a punto della struttura di questa unità e delle procedure utilizzate per soddisfare gli obblighi previsti dall'acquis. In futuro la Croazia dovrà migliorare i suoi sistemi di gestione e controllo finanziari per conformarli ai requisiti previsti dai Fondi strutturali.

    Occorrerà inoltre realizzare progressi per quanto riguarda la possibilità di disporre nel paese di statistiche regionali pertinenti e attendibili. Le autorità croate dovrebbero potenziare soprattutto le capacità di elaborazione di adeguati dati statistici (PNL pro capite/SPA, tassi di disoccupazione) ai livelli NUTS II e III allo scopo di stabilire quali siano le aree ammissibili, come pure ai fini di programmazione e monitoraggio.

    Conclusioni

    In Croazia i meccanismi per l'attuazione della politica regionale sono ancora nella fase iniziale. Saranno necessari sforzi costanti e non di poco conto per definire le strategie, realizzare le strutture amministrative e attuare i programmi onde consentire al paese, nel medio periodo, di applicare le norme comunitarie nonché di convogliare e distribuire i finanziamenti forniti dagli strumenti strutturali dell'UE.

    Capitolo 22: Ambiente

    La politica comunitaria in materia di ambiente si prefigge la promozione dello sviluppo sostenibile e la protezione dell'ambiente tanto per il presente come per le generazioni future. Essa si basa sull'integrazione del principio di tutela ambientale nelle altre politiche comunitarie, sull'azione preventiva, sul principio "chi inquina paga", sulla lotta alla fonte contro i danni ambientali e sulla condivisione delle responsabilità. L'acquis ambientale comprende oltre 200 atti legislativi nei settori della legislazione orizzontale, dell'inquinamento atmosferico e delle acque, della gestione dei rifiuti e dei prodotti chimici, delle biotecnologie, della protezione della natura, dell'inquinamento industriale e della gestione dei rischi, del rumore e della radioprotezione.

    Garantire il rispetto dell'acquis richiede notevoli investimenti, ma comporta anche significativi vantaggi per la sanità pubblica e riduce i costosi danni arrecati alle foreste, agli edifici, ai paesaggi e alle risorse ittiche. Un'amministrazione forte e provvista di risorse adeguate, a livello sia nazionale che regionale e locale, è una condizione indispensabile per l'attuazione e l'effettiva applicazione dell'acquis in materia di ambiente.

    La legge del 1994 sulla protezione dell'ambiente, con le successive modifiche apportate nel 1999, costituisce il quadro normativo in materia di tutela ambientale: essa necessita tuttavia di un ulteriore allineamento all'acquis comunitario. Nel 2004 per la prima volta il settore ambientale è stato incluso nelle attività del programma nazionale di integrazione con l'Unione europea. Considerato che la legislazione ambientale compresa nell'acquis è di vasta portata, occorrerà stabilire ulteriori obiettivi prioritari per poter conseguire il necessario ravvicinamento legislativo nei tempi previsti.

    Per quel che riguarda le capacità amministrative, nel 2000 è stato istituito, in qualità di organismo centrale dell'amministrazione pubblica, il ministero della Protezione dell'ambiente e della pianificazione territoriale, ribattezzato di recente, in seguito alla riorganizzazione operata dal nuovo governo, ministero della Protezione dell'ambiente, della pianificazione territoriale e dell'edilizia. Tuttavia, il personale impiegato nel settore della tutela ambientale è insufficiente rispetto al numero elevato di funzionari incaricati della pianificazione territoriale e del settore edilizio. Esistono poi altri enti responsabili di vari aspetti della tutela ambientale, e nel 2002 sono state inoltre create due nuove istituzioni (l'Agenzia per l'ambiente e l'Istituto nazionale per la protezione della natura) le quali, però, non sono ancora pienamente operative. Occorrerà quindi potenziare le capacità amministrative nel settore dell'ambiente per poter attuare l'acquis, come pure assicurare l'indispensabile programmazione e preparazione delle strategie di finanziamento. Particolari sforzi saranno necessari per fare in modo che le amministrazioni locali e regionali dispongano delle risorse di cui hanno bisogno per poter svolgere efficacemente i compiti loro assegnati.

    All'interno del ministero della Protezione dell'ambiente è stata istituita una Direzione dei controlli, organizzata in dipartimenti regionali dei controlli, nella quale lavorava, alla fine del 2003, quasi la metà dei 461 funzionari del dicastero. Compiti ispettivi sono attribuiti inoltre ad altri dipartimenti dell'amministrazione pubblica investiti di responsabilità in campo ambientale. Tuttavia, oltre a quelli incaricati della qualità delle acque, della pianificazione territoriale e dell'inquinamento acustico (rumore), solamente 32 ispettori si occupano dei rimanenti settori, un numero evidentemente insufficiente. I pochi casi di azioni legali intentate per violazione della legislazione ambientale indicano che l'effettiva applicazione delle normative è ancora assai carente. Alla radice del problema vi è una molteplicità di fattori: la scarsità di risorse umane e finanziarie destinate ad attività di questo tipo, le carenze dell'ordinamento giuridico croato e del potere giudiziario del paese e infine una legislazione lacunosa che impedisce un'efficace applicazione delle norme in campo ambientale.

    Per quanto tra la popolazione si vada diffondendo una maggiore sensibilità ai problemi dell'ambiente, la partecipazione dell'opinione pubblica ai processi decisionali in materia è ancora insufficiente, come pure la possibilità del pubblico di accedere alle informazioni sulle questioni ambientali.

    A livello regionale, la Croazia partecipa al programma regionale di ricostruzione ambientale (Regional Environmental Reconstruction Programme - REReP) di cui ricopre attualmente il ruolo di copresidente. Il paese partecipa inoltre alle attività dell'Agenzia europea dell'ambiente finanziate attraverso CARDS e la componente paesi terzi del programma LIFE.

    Il livello degli investimenti in infrastrutture ambientali in Croazia è modesto. Occorrono massicci investimenti per poter garantire l'attuazione dell'acquis nel settore dell'ambiente. Le recenti iniziative volte a definire le priorità nel campo dei progetti ambientali dovrebbero rivelarsi utili al riguardo.

    L'integrazione delle considerazioni di tutela ambientale nelle altre politiche è uno dei principi fondamentali della strategia nazionale per l'ambiente adottata dal Parlamento nel 2002, e del relativo documento di attuazione, il Piano nazionale d'azione per l'ambiente. La strategia per l'ambiente è una delle componenti della strategia globale di sviluppo della Croazia, e in numerosi altri settori (turismo, trasporti, energia ecc.) le considerazioni di protezione dell'ambiente sono state integrate negli obiettivi di base. Resta tuttavia da vedere in che modo queste strategie si tradurranno in misure concrete. Tutto sembra infatti indicare che, nella pratica, alle questioni ambientali non viene dato il giusto peso, mentre si registrano invece progressi in altri settori. Non si è ancora provveduto a elaborare una strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

    Per quel che riguarda la legislazione orizzontale, la Croazia è parte alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e ha firmato il protocollo di Kyoto, pur non avendo ancora provveduto a ratificarlo. È in vigore una serie di disposizioni di legge che garantiscono l'accesso del pubblico alle informazioni in materia di ambiente, benché la normativa sulla protezione dell'ambiente non sia ancora pienamente conforme alla Convenzione di Århus, che la Croazia ha firmato. Sebbene i regolamenti sulla valutazione di impatto ambientale (VIA) contengano disposizioni relative alla partecipazione pubblica, in pratica il ricorso a tale diritto è poco diffuso. L'ordinanza in vigore nel paese relativa alla VIA risale al 1984 e necessiterà di una revisione per allinearla all'acquis. Il conseguimento di questo obiettivo dovrà essere considerato prioritario, come pure quello dell'attuazione dell'acquis sulla valutazione ambientale strategica (Strategic Environmental Assessment - SEA). La Croazia dovrà garantire l'adozione di disposizioni che consentano la partecipazione dell'opinione pubblica al processo decisionale relativo alle questioni ambientali in un ampio ventaglio di settori, con particolare riguardo alle procedure di rilascio di autorizzazioni e all'elaborazione di piani per i rifiuti, la qualità dell'aria e l'inquinamento delle acque da nitrati. Questo tipo di iniziativa dovrebbe rappresentare una seria sfida per il paese.

    Il livello di inquinamento atmosferico è diminuito dal 1990 per via del declino dell'industria pesante croata. Attualmente si sta provvedendo alla definizione di valori limite e alla messa a punto dei sistemi di monitoraggio per l'allineamento con l'acquis. Il Piano nazionale d'azione per l'ambiente illustra una serie di misure volte a migliorare la qualità dell'aria e, dato che vi sono indicate delle scadenze, offre la possibilità di monitorare i progressi realizzati. Occorre inoltre elaborare piani e programmi nel settore della qualità dell'aria secondo quanto previsto dall'acquis.

    In Croazia la gestione dei rifiuti rappresenta il problema circoscrivibile di maggior peso in campo ambientale. Non solo, infatti, è necessario allineare il quadro normativo in materia per renderlo conforme a requisiti e norme previsti dall'acquis, ma non si è ancora provveduto all'attuazione dei regolamenti nazionali esistenti. Occorre poi adottare un piano per la gestione dei rifiuti. Gli impianti di recupero, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti sono in numero insufficiente e risultano ben al di sotto degli standard comunitari, senza dire che è necessario istituire un sistema di raccolta e di reintroduzione dei rifiuti. I rifiuti vengono smaltiti per lo più in discariche: di queste, quelle abusive sono in numero assai superiore rispetto ai siti autorizzati (con un rapporto di 8:1), mentre molti di questi ultimi in realtà non funzionano conformemente alle disposizioni della normativa croata sui rifiuti. Non esistono inoltre siti per lo smaltimento dei rifiuti pericolosi. Introdurre migliorie in questo settore rappresenta una seria sfida per la Croazia, tanto che si richiederanno notevoli sforzi affinché sia possibile allinearlo all'acquis.

    La normativa in vigore sulla qualità delle acque costituisce una buona base per pervenire all'allineamento all'acquis, benché spesso poi manchino i regolamenti attuativi a livello locale. Occorre garantire le necessarie operazioni di inventario, nonché l'elaborazione di programmi di azione e l'indicazione delle aree vulnerabili e di quelle sensibili. La Croazia è parte alla Convenzione internazionale per la protezione del bacino del fiume Danubio e il suo piano per la gestione del bacino fluviale è in fase di elaborazione. La rete fognaria serve il 40% della popolazione e viene trattato soltanto il 12% delle acque reflue (meno del 5% per quanto riguarda il trattamento secondario). Per potersi allineare all'acquis in questo settore le autorità croate dovranno realizzare ingenti investimenti nella raccolta e nel trattamento delle acque di scarico, oltre che per la fornitura di acqua potabile.

    La legislazione sulla protezione della natura è stata aggiornata con l'adozione di una nuova legge in materia. Attualmente il 10% del territorio croato è protetto, benché siano state avanzate proposte per aumentare in futuro tale percentuale fino ad avvicinarsi alla media dell'UE (15-20%). Poiché il 43% della superficie del paese è ricoperto da foreste, e in considerazione dell'elevato livello di biodiversità, sarà impresa non facile definire la rete di siti del programma Natura 2000. Sebbene il quadro normativo necessario per la protezione della natura sia stato istituito, occorre rafforzare le misure di attuazione, con particolare riguardo alla gestione delle aree protette. In un simile contesto, il recente trasferimento di competenze in materia di protezione della natura dal ministero della Protezione dell'ambiente a quello della Cultura sembra discostarsi dalla prassi corrente negli Stati membri dell'Unione. Al momento la protezione delle specie minacciate di estinzione non è garantita al di fuori delle aree protette. La Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) è entrata in vigore nel 2000. La Croazia ha collaborato con i paesi del gruppo di Visegrád allo sviluppo di reti ecologiche nazionali.

    Per quanto riguarda l'inquinamento industriale e la gestione dei rischi, in Croazia non esiste un sistema per la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (integrated pollution prevention and control - IPPC). Malgrado negli ultimi tempi il livello dell'inquinamento industriale sia diminuito, allo stato delle cose il paese non sarebbe in grado di rispettare i limiti di emissione previsti dall'UE per gli impianti di combustione di grandi dimensioni; occorre quindi elaborare disposizioni intese a conseguire l'osservanza dei limiti nazionali di emissione. Sebbene gli operatori di impianti industriali siano legalmente tenuti a elaborare piani di emergenza, non è chiaro fino a che punto tale obbligo venga effettivamente rispettato. La Croazia ha ratificato la Convenzione sugli incidenti industriali dell'UNECE.

    Nel settore dei prodotti chimici e degli organismi geneticamente modificati (OGM) resta da vedere se il nuovo regime di limitazione dell'impiego degli OGM sia compatibile o meno con l'acquis sulla libera circolazione delle merci. La normativa relativa alle sostanze chimiche è incompleta, non esiste un registro di tali sostanze presenti in commercio e attualmente non è richiesta l'identificazione e la segnalazione delle nuove sostanze chimiche. Notevoli sforzi saranno quindi necessari per conseguire l'allineamento all'acquis nel settore chimico. Si segnala inoltre l'assenza di una legge nel campo delle biotecnologie.

    La questione del rumore è contemplata tanto dalla strategia nazionale per l'ambiente quanto dal Piano nazionale d'azione per l'ambiente, e si è inoltre provveduto a elaborare una legge per allineare il paese all'acquis. Tuttavia, le scadenze fissate per le iniziative specifiche previste dal Piano nazionale d'azione sono state rimandate, in alcuni casi persino di quattro anni.

    Quanto alla sicurezza nucleare e alla radioprotezione, la Croazia ha provveduto a istituire un quadro normativo per i diversi aspetti concernenti le norme fondamentali di sicurezza, l'esposizione a scopo medico e la preparazione all'emergenza. Tuttavia, occorre completare e sviluppare ulteriormente la trasposizione delle direttive che definiscono le norme fondamentali di sicurezza e relative alla protezione della salute connessa alle esposizioni mediche. Parimenti, deve ancora essere recepito l'acquis comunitario relativo alla protezione operativa dei lavoratori esterni, all'informazione della popolazione in caso di emergenza radioattiva e al controllo delle spedizioni di residui radioattivi. Il ministero dell'Economia è il dicastero responsabile della sicurezza nucleare, del rilascio di licenze per gli impianti nucleari, inclusi quelli del combustibile nucleare e per lo smaltimento dei residui, e l'attuazione dei controlli di sicurezza nucleare. In Croazia si contano attualmente due impianti di stoccaggio per le sorgenti radioattive esaurite e per i residui radioattivi a basso livello di attività. La legge sulla sicurezza nucleare, adottata nell'ottobre del 2003, prevede la creazione di un Istituto statale per la sicurezza nucleare. Data la carenza di capacità amministrative, l'attuazione diretta degli articoli dal 33 al 37 del trattato Euratom e delle intese per la preparazione all'emergenza dovrebbe creare notevoli difficoltà. Occorre pertanto che il governo croato istituisca gli opportuni organismi di regolamentazione, le autorità competenti per il settore della radioprotezione e speciali commissioni indipendenti di consulenza.

    Conclusioni

    Gli elementi fondamentali del quadro normativo sono già presenti e consentono alla Croazia di proseguire l'opera di allineamento della legislazione nazionale all'acquis, benché sia necessario attribuire alla protezione dell'ambiente una priorità più elevata rispetto a quella attuale. Questo richiederà un più intenso lavoro di pianificazione e di preparazione di strategie di finanziamento. Al momento, le diverse strategie messe a punto sono incentrate in particolare sulla protezione dell'ambiente, ma occorre tradurle in misure concrete e tener conto delle considerazioni di tutela ambientale anche in altri settori. È inoltre necessario affrontare e risolvere una serie di gravi carenze di attuazione e di applicazione prima di pervenire ad applicare effettivamente l'acquis comunitario.

    Nel complesso, la Croazia dovrà compiere costanti e significativi sforzi per allineare la legislazione nazionale all'acquis e garantirne un'efficace attuazione e applicazione nel medio periodo nel settore dell'ambiente. Tuttavia, l'effettiva conformità a un certo numero di atti legislativi comunitari che richiedono un continuo, elevato livello di investimenti e un considerevole lavoro amministrativo (ad es. in materia di gestione dei rifiuti, di trattamento delle acque reflue e di fornitura di acqua potabile) potrà essere conseguita soltanto a lungo termine e richiederà in ogni caso un sostanziale incremento degli investimenti nel settore dell'ambiente.

    Capitolo 23: Salute e tutela dei consumatori

    L'acquis comunitario in questo settore contempla sia la tutela degli interessi economici dei consumatori (pubblicità ingannevole e comparativa, indicazione dei prezzi, credito al consumo, clausole abusive nei contratti, vendite a distanza e a domicilio, viaggi "tutto compreso", multiproprietà, provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo nonché la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori) che la sicurezza generale dei prodotti (responsabilità per danno da prodotti difettosi, imitazioni pericolose e sicurezza generale dei prodotti). Gli Stati membri sono tenuti all'effettiva applicazione dell'acquis mediante gli opportuni meccanismi, giudiziali ed extragiudiziali, di risoluzione delle vertenze, come pure per mezzo di vari sistemi amministrativi, con particolare riguardo agli strumenti di sorveglianza del mercato e al ruolo assegnato alle organizzazioni di difesa dei consumatori.

    La Croazia ha istituito un quadro normativo di base in questo settore, in particolare con l'adozione della legge per la tutela dei consumatori, e ha già provveduto a creare le principali strutture destinate alla gestione di questa politica. Un programma nazionale biennale per la tutela dei consumatori definisce i compiti prioritari per il paese in quest'area. L'autorità competente per il settore è il ministero dell'Economia, ed è stato inoltre istituito un Consiglio per la tutela dei consumatori. Le attività di sorveglianza del mercato sono delegate in larga misura all'Ispettorato di Stato.

    Per quanto riguarda le misure legate alla sicurezza, obiettivo dell'adozione nel settembre del 2003 della legge sulla sicurezza generale dei prodotti era l'allineamento ai principi della direttiva comunitaria in materia; la legge croata sarà completata da un'ordinanza sulla reciproca informazione. Il quadro normativo nazionale sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi comprende anche il principio di responsabilità oggettiva, la definizione del danno, l'esonero dalla responsabilità e l'onere della prova; tale quadro è basato sulla legge nazionale relativa agli obblighi, la quale attualmente presenta alcune divergenze rispetto all'acquis e dovrà quindi essere modificata.

    Quanto invece alle misure non collegate alla sicurezza, obiettivo della legge per la tutela dei consumatori, adottata nel 2003, è la trasposizione delle direttive comunitarie sulla pubblicità ingannevole e comparativa, i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il credito al consumo, le clausole abusive nei contratti, la multiproprietà, i contratti a distanza e l'indicazione dei prezzi dei prodotti. La legge per il settore del turismo e quella relativa agli obblighi sono solo parzialmente allineate alla direttiva comunitaria concernente le vacanze, i viaggi e i circuiti "tutto compreso" e dovranno pertanto essere modificate. Nella legislazione croata non sono contemplate le disposizioni di cui alle direttive comunitarie concernenti i provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori, taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo e la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Su queste particolari questioni occorre quindi un ulteriore allineamento all'acquis.

    L'attuale sistema di sorveglianza del mercato, basato su autorizzazioni preventive per la commercializzazione dei prodotti, è ben lungi dal rispettare i requisiti previsti dall'acquis. L'Ispettorato di Stato, in collaborazione con altre istituzioni pubbliche, è responsabile dell'effettiva applicazione della legislazione sulla sorveglianza del mercato. Sono in vigore le disposizioni essenziali relative al metodo per l'analisi dei rischi, alla notifica sulla pericolosità dei prodotti e alla cooperazione con i produttori e i distributori. Attività specifiche di sorveglianza del mercato vengono realizzate per determinate categorie di prodotti; per altre categorie, tuttavia, la sorveglianza non viene effettuata per via della carenza di norme in materia, dei finanziamenti insufficienti per svolgere i collaudi o del fatto che l'Ispettorato di Stato non dispone della necessaria competenza giuridica. Tra la Croazia e gli altri paesi si svolge soltanto uno scambio di informazioni a livello di governi; il paese trarrebbe quindi vantaggio dalla sua adesione al sistema transitorio per lo scambio rapido d'informazioni sui prodotti pericolosi (TRAPEX).

    In Croazia si contano due grandi organizzazioni di consumatori, le cui attività si concentrano però in larga misura nell'area di Zagabria; un'altra organizzazione, di dimensioni più modeste, è presente anche a Osijek. A partire dal 2004 aumenteranno i finanziamenti pubblici corrisposti a questi organismi. La legge per la tutela dei consumatori prevede che le associazioni di consumatori possano aderire all'Unione delle associazioni di difesa dei consumatori, un ente dotato di personalità giuridica che ha facoltà, tra l'altro, di esprimere un parere sui disegni di legge che presentino un qualche rilievo per i consumatori, oltre a rappresentare gli interessi di questi ultimi nei dibattiti parlamentari. Occorre sostenere le organizzazioni dei consumatori per rafforzare il ruolo da esse svolto nello sviluppo e nell'attuazione della politica dei consumatori in Croazia. Il governo croato dovrebbe proseguire negli sforzi volti alla creazione nel paese di un movimento di difesa dei consumatori indipendente, rappresentativo ed efficace.

    Non esiste una specifica normativa destinata a facilitare il ricorso dei consumatori alle vie legali, ma si applicano semplicemente le norme del codice civile. Un sistema specifico per una risoluzione alternativa delle controversie in materia di consumo, in linea con le raccomandazioni della Commissione in materia, deve ancora essere messo a punto. Le associazioni di difesa dei consumatori hanno facoltà di intentare un'azione legale presso il tribunale competente contro le pratiche commerciali illegali e la pubblicità ingannevole, ma le carenze del sistema giudiziario croato ostacolano l'effettiva applicazione della legge.

    La Croazia non ha avviato nessun tipo di programma nel campo dell'informazione e dell'educazione dei consumatori, benché sia prevista l'elaborazione di un simile programma nei prossimi anni. Occorre moltiplicare e rafforzare considerevolmente le iniziative in questo settore.

    Conclusioni

    La Croazia dovrà realizzare ulteriori sforzi per allineare la legislazione nazionale all'acquis comunitario in questo settore e garantirne un'efficace attuazione e applicazione nel medio periodo. Le azioni dovrebbero concentrarsi soprattutto sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi e le misure non collegate alla sicurezza, come pure sull'introduzione di un sistema di sorveglianza del mercato che sia conforme ai requisiti previsti dall'UE. Particolare attenzione dovrà poi essere rivolta a rafforzare le organizzazioni dei consumatori e a promuovere lo sviluppo di un movimento di difesa dei consumatori indipendente e rappresentativo, nonché alla promozione di iniziative nel campo dell'informazione e dell'educazione dei consumatori.

    Capitolo 24: Cooperazione in materia di giustizia e affari interni

    Obiettivo delle politiche comunitarie nel settore della giustizia e affari interni è preservare e sviluppare l'Unione Europea come spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Su questioni quali: i controlli alle frontiere, i visti, l'immigrazione, il diritto di asilo, il traffico di stupefacenti e il riciclaggio di denaro, la lotta alla criminalità organizzata, la lotta al terrorismo, la lotta contro la frode e la corruzione, la cooperazione giudiziaria e di polizia, la cooperazione doganale, la protezione dei dati, il reciproco riconoscimento delle decisioni di giustizia e infine gli strumenti giuridici in materia di diritti umani, è necessario che gli Stati membri dispongano di risorse e materiale per garantire standard adeguati e accettabili di applicazione delle normative. Le capacità amministrative devono pertanto essere commisurate a questi standard alla data di adesione. Un altro elemento di fondamentale importanza è poi un'organizzazione giudiziaria e delle forze dell'ordine indipendente, efficiente e affidabile. La parte più consistente di questo capitolo riguarda l'acquis comunitario di Schengen, che comporta la soppressione dei controlli alle frontiere interne dell'UE. Tuttavia, una parte sostanziale di tale acquis non è di applicazione all'indomani dell'adesione di un nuovo Stato membro, ma solamente in seguito, previa adozione di una distinta decisione del Consiglio.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione prevede un'intensa attività di cooperazione tra la Croazia e l'Unione su questioni quali la politica dei visti, i controlli alle frontiere, l'asilo, la riammissione dei clandestini, il riciclaggio di denaro, la criminalità organizzata e quella legata alla droga, come pure per una maggiore efficienza del sistema giudiziario croato.

    Per quel che riguarda la protezione dei dati, dal giugno 2003 è entrata in vigore in Croazia una nuova legge in materia che disciplina la protezione dei dati personali delle persone fisiche e regolamenta il controllo della raccolta, del trattamento e dell'impiego di tali dati. La Croazia ha firmato, pur non avendo ancora provveduto alla ratifica, la Convenzione del Consiglio d'Europa del 1981 sulla protezione delle persone riguardo alla elaborazione automatica di dati personali. È in fase di elaborazione l'ulteriore allineamento alla raccomandazione del Consiglio d'Europa sull'impiego dei dati raccolti dalla polizia. È prevista inoltre l'istituzione di un'Agenzia per la protezione dei dati personali (cfr. il Capitolo 3 - Libera circolazione dei servizi).

    Notevoli sviluppi si sono registrati nel paese nel settore della politica dei visti, tanto che si è già relativamente a buon punto quanto alla conformità della legislazione croata agli obblighi previsti dall'UE in materia di visti e di esenzione dal visto. Una nuova normativa relativa ai cittadini stranieri, che ha sostituito nel gennaio 2004 la precedente legge sulla circolazione e il soggiorno dei cittadini stranieri, richiederà particolare attenzione quanto ai relativi provvedimenti attuativi.

    È stato progressivamente introdotto un sistema informatico per collegare le missioni diplomatiche della Croazia al registro nazionale dei visti (IKOS) istituito presso il ministero dell'Interno. Occorre proseguire nell'ulteriore sviluppo di questo sistema informatico, considerando prioritaria un'adeguata formazione del personale.

    Benché la Croazia si stia adoperando per ammodernare e trasformare il sistema di gestione e controllo delle frontiere, permangono ancore notevoli difficoltà in questo campo. Il quadro normativo in materia non è completo, in particolare per quanto riguarda l'elaborazione di una strategia di gestione integrata delle frontiere. La nuova legge sulla protezione delle frontiere esterne è entrata in vigore nel novembre del 2003, ma è necessario un ulteriore rafforzamento delle relative misure di attuazione. Il paese deve inoltre far fronte agli impegni assunti in questo settore nell'ambito del Forum Unione europea-Balcani occidentali, impegni definiti nella riunione ministeriale GAI del novembre 2003.

    La Direzione dei controlli alle frontiere del ministero dell'Interno ha iniziato a funzionare in qualità di unità distinta delle forze di polizia soltanto dal luglio del 2002, mentre la polizia di frontiera opera tuttora a livello regionale quale componente delle forze di polizia generali. In conseguenza del processo di riorganizzazione in corso, non è chiaro quanti funzionari di polizia siano al momento impegnati principalmente nella gestione delle frontiere. Tuttavia, il personale addetto a questi compiti è certamente insufficiente, soprattutto se si considera che parte dei confini territoriali della Croazia può diventare in futuro frontiera esterna dell'UE. Occorre quindi provvedere con urgenza all'assunzione e alla formazione di personale, al miglioramento dei metodi operativi (con particolare riguardo alle competenze in materia di analisi dei rischi) e alla modernizzazione delle attrezzature e del materiale. Si dovrebbe soprattutto rafforzare la formazione specializzata offerta dall'Accademia di polizia ai poliziotti preposti ai controlli di frontiera. Deve poi essere migliorata la cooperazione tra le diverse autorità interessate dall'attività di gestione delle frontiere.

    Poiché le infrastrutture e gli equipaggiamenti tecnici disponibili non sono ancora sufficienti per un controllo efficace né della frontiera terrestre (3 332 km) né di quella marittima, occorre realizzare massicci investimenti in questo campo. La polizia di frontiera utilizza il sistema di informazione centralizzato della polizia, il quale però non è adeguato alle esigenze di gestione delle frontiere e dovrà essere potenziato e migliorato.

    Dato che la base giuridica per avviare la collaborazione con i paesi limitrofi esiste già, occorre ora insistere su una sua adeguata attuazione. In particolare, il varco non autorizzato delle frontiere appare molto semplice lungo il confine con la Bosnia-Erzegovina, dove il controllo di numerose strade e sentieri transfrontalieri è pressoché inesistente. Questi valichi dovranno essere sottoposti a una corretta sorveglianza per prevenire i varchi illegali.

    In materia di immigrazione, sono già in vigore le normative sui permessi di soggiorno, il ricongiungimento familiare e le questioni connesse. Una nuova legge sui cittadini stranieri, che ha sostituito la normativa precedente, è di applicazione dal gennaio del 2004. Nel primo semestre del 2003 in Croazia erano registrati 34 279 stranieri muniti di un permesso di soggiorno permanente, 10 038 con una proroga di un permesso di soggiorno temporaneo e infine 1 197 con visti commerciali; molti di questi residenti stranieri provenivano dai paesi limitrofi. Sebbene non siano previste disposizioni specifiche per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi, essi godono degli stessi diritti fondamentali dei cittadini croati.

    La Croazia è tuttora considerato principalmente un paese di transito per i migranti clandestini diretti verso l'area Schengen piuttosto che un paese di destinazione. Nei primi nove mesi del 2003 2 915 persone, provenienti soprattutto dai paesi limitrofi, sono state fermate mentre tentavano di varcare illegalmente la frontiera croata. Si tratta di cifre in calo rispetto agli anni precedenti, il che può essere attribuito al generale processo di stabilizzazione della regione. Sono stati firmati accordi di riammissione dei clandestini con 24 paesi.

    Il diritto di asilo è sancito dalla Costituzione; attualmente, tuttavia, non sono previste disposizioni per le procedure accelerate né viene applicato il concetto di "paese d'origine sicuro". Nel luglio del 2003 è stata adottata una nuova legge sul diritto di asilo la cui entrata in vigore è prevista a partire dal luglio del 2004. Questa nuova normativa dovrebbe rafforzare il sistema di ricorso e introdurre disposizioni in merito alla protezione temporanea, al concetto di "paese terzo sicuro", alle "domande manifestamente infondate", alle condizioni di accoglienza e all'integrazione dei rifugiati. La legge dovrebbe altresì essere conforme alla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e al pertinente Protocollo del 1967, come pure alle raccomandazioni e risoluzioni in materia formulate dal Consiglio d'Europa. Non è ancora stato istituito un centro di documentazione per la raccolta di informazioni sul paese di origine dei rifugiati.

    Le autorità croate provvedono a registrare le impronte digitali dei richiedenti asilo e dei clandestini, ma non hanno creato un'apposita base di dati elettronica. Il sistema di rilevamento delle impronte digitali deve quindi essere riveduto e ammodernato in vista di una eventuale partecipazione in futuro della Croazia al sistema Eurodac. Si renderà necessario un ulteriore adeguamento legislativo per conseguire la piena conformità con i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo ("Dublino II").

    214 persone avevano presentato domanda di asilo in Croazia nel periodo compreso tra il 2000 e l'estate 2003, e fino ad oggi tutte le decisioni in merito a tali domande sono state negative. Le disposizioni prese attualmente dalle autorità per istituire un centro per l'accoglienza temporanea appaiono inadeguate. È necessario istituire un centro di accoglienza per i richiedenti asilo, ma a tutt'oggi non è stata adottata una decisione chiara circa la sua ubicazione o l'assegnazione dei fondi per il personale, i costi operativi e la manutenzione. Occorre inoltre rafforzare le strutture di coordinamento interagenzie e migliorare la cooperazione con organizzazioni internazionali come ad esempio l'UNHCR (Ufficio dell'Alto Commissario dell'ONU per i rifugiati).

    Nel settore della cooperazione a livello di forze di polizia, nel gennaio 2001 è entrata in vigore una nuova legge sulle forze di polizia che ne ha disposto la smilitarizzazione e ha avviato un processo di riforma che è tuttora in corso. La nuova normativa definisce chiaramente compiti e responsabilità, ma necessita di un'ulteriore messa a punto per quel che riguarda il principio di prevenzione della criminalità. È necessario migliorare le attrezzature e le infrastrutture e creare un sistema integrato e informatizzato di intelligence in materia di criminalità.

    L'autorità da cui dipende la polizia criminale è la Procura di Stato. Tutte le attività investigative e ogni altra misura che limiti i diritti dei cittadini devono essere concordate con le autorità giudiziarie. I limitati poteri di indagine di altri servizi quali l'autorità doganale e quella tributaria richiedono una stretta collaborazione di questi servizi con le forze di polizia, una collaborazione che deve essere ulteriormente sviluppata e rafforzata.

    Sono in vigore accordi di cooperazione a livello di forze di polizia tra la Croazia e altri paesi della regione, in particolare con la Bosnia-Erzegovina, la Serbia e Montenegro, l'Ungheria, la Slovenia e l'Italia. Le attività di cooperazione e scambio di informazioni hanno registrato un miglioramento negli ultimi anni. Affinché sia possibile concludere il previsto accordo di cooperazione con Europol, sarà necessario che in Croazia si raggiunga un livello soddisfacente di protezione dei dati personali.

    Per quanto riguarda il problema della criminalità organizzata, la Croazia costituisce un importante paese di transito lungo la via dei Balcani in direzione dell'Europa occidentale per la tratta di esseri umani e il contrabbando di armi, droga e auto rubate. La Croazia ha firmato e ratificato la Convenzione ONU del 2000 contro la criminalità organizzata transnazionale e i relativi protocolli sulla tratta di esseri umani e la tratta di emigranti clandestini, mentre deve ancora firmare il protocollo dell'ONU contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco. Il paese ha ratificato inoltre la Convenzione del Consiglio d'Europa del 2001 sulla criminalità informatica. La Croazia deve far fronte agli impegni assunti in questo settore nell'ambito del Forum Unione europea-Balcani occidentali, impegni definiti nella riunione ministeriale GAI del novembre 2003. Restano comunque diverse modifiche indispensabili al codice penale per conseguire la piena osservanza degli obblighi previsti dall'UE, dal Consiglio d'Europa e dall'OSCE.

    L'organismo principale a livello nazionale incaricato della lotta alle forme di criminalità sopra descritte, incluso il terrorismo, è l'Ufficio per la prevenzione della corruzione e la lotta alla criminalità organizzata (USKOK). Esso, tuttavia, dispone di capacità limitate sia dal punto di vista amministrativo che operativo e di un organico ancora insufficiente, oltre a necessitare di un migliore coordinamento con le altre agenzie in questo settore.

    Infine, si dovrebbe mettere a punto un approccio più strategico alla lotta contro la criminalità organizzata, e occorre adottare iniziative volte a combattere la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco.

    Il quadro normativo di base necessario per combattere il terrorismo è già stato istituito: la Croazia ha ratificato tutta una serie di strumenti internazionali relativi alla lotta contro il terrorismo, quale ad esempio la Convenzione europea del 1977 sulla repressione del terrorismo, e ha poi firmato il Protocollo del 2003 che modifica la Convenzione. Deve però essere ancora firmata la Convenzione ONU del 1999 per la repressione del finanziamento del terrorismo.

    Per quanto riguarda la lotta contro la frode e la corruzione, la Croazia ha firmato e ratificato le convenzioni penale e civile sulla corruzione del Consiglio d'Europa. La legislazione croata è stata parzialmente allineata alle disposizioni della Convenzione del 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee e dei relativi protocolli. Sono necessari ulteriori progressi riguardo alla definizione di frode (frode ai danni delle spese e frode ai danni delle entrate), alla corruzione attiva e passiva, alla responsabilità penale dei dirigenti d'impresa e alla responsabilità delle persone giuridiche. A livello di applicazione delle leggi, maggiore attenzione andrebbe rivolta all'efficacia dell'azione penale nel caso di episodi di corruzione, mentre occorre elaborare programmi di azione finalizzati alla prevenzione e alla lotta alla corruzione presso i pertinenti organismi incaricati dell'applicazione della legge (polizia di frontiera, forze dell'ordine, dogane, magistratura).

    Per quanto concerne la salvaguardia dell'euro dalle falsificazioni, la Croazia aderisce alla Convenzione internazionale del 1929 per la repressione del falso nummario, le cui disposizioni sono state trasposte nel diritto croato, principalmente nel codice penale, il quale contempla il reato di falsificazione di monete straniere, incluso l'euro, e sembra nel complesso essere conforme all'acquis comunitario (cfr. anche il Capitolo 11 - UEM.)

    La Croazia costituisce un paese di transito per il traffico di droga (soprattutto eroina) lungo la via dei Balcani. Il consumo di stupefacenti nel paese; come pure i reati connessi alla droga, repressi o denunciati, sono in aumento. La Croazia ha firmato le principali convenzioni dell'ONU in materia di lotta antidroga. Il quadro normativo essenziale per la lotta allo smercio di stupefacenti comprende il codice penale, il codice di procedura penale e la legge sulla lotta all'abuso di droga. Il programma nazionale sulla lotta all'abuso di droga per il 2003 getta le basi per un'azione dettagliata contro il problema del consumo e del traffico di stupefacenti e definisce gli organismi pubblici responsabili dell'adozione di programmi specifici finalizzati all'elaborazione di iniziative concrete nei singoli settori.

    Si dovrebbero moltiplicare gli sforzi e l'attenzione per una migliore cooperazione e un miglior coordinamento tra i diversi organismi responsabili dell'applicazione della legge interessati dalla lotta antidroga. I servizi incaricati spesso non dispongono delle necessarie apparecchiature tecniche. La maggioranza dei tossicodipendenti croati non è inserita in alcun programma di trattamento clinico (disintossicazione). Dovrebbe essere istituita una rete nazionale d'informazione, mentre l'Ufficio per la lotta contro l'abuso di droga dovrebbe essere preparato a operare in futuro in qualità di centro focale nazionale ed eventualmente a collaborare con l'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT).

    La Croazia si sta adoperando nella lotta al riciclaggio di denaro, tanto è vero che negli ultimi anni ha adottato e successivamente rafforzato un quadro normativo di base in questo settore. Il paese ha ratificato la Convenzione europea sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato e ha iniziato la trasposizione nella legislazione nazionale delle disposizioni delle convenzioni internazionali e delle norme UE.

    L'Ufficio per la prevenzione del riciclaggio di denaro, istituito presso il ministero delle Finanze conformemente a quanto previsto dalla legge sulla prevenzione del riciclaggio di denaro, funziona come unità di informazione finanziaria autonoma e indipendente incaricata di raccogliere e analizzare i dati relativi a movimenti sospetti di denaro e di riferirne alla polizia e alla Procura. L'effettiva applicazione delle leggi in questo campo resta però largamente insufficiente, tanto che a tutt'oggi si è registrata una sola condanna per il reato di riciclaggio di denaro. Occorre pertanto potenziare ulteriormente l'unità di informazione finanziaria e pervenire a una più efficace cooperazione tra forze di polizia, la Procura di Stato e la magistratura (cfr. anche il Capitolo 4 - Libera circolazione dei capitali).

    Un'efficace cooperazione doganale richiede un livello adeguato di infrastrutture e di apparecchiature, con particolare riguardo all'informatizzazione e alle risorse investigative, come pure all'istituzione di un'amministrazione doganale efficiente e provvista di funzionari in numero sufficiente, che siano inoltre qualificati e motivati e dimostrino un'elevata integrità morale.

    È ancora possibile migliorare la cooperazione tra le forze di polizia, le autorità doganali e gli altri enti responsabili delle frontiere. Non è stato ancora concluso nessun memorandum d'intesa tra questi diversi organismi, mentre sarebbe utile per il paese istituire un programma per la conclusione di memorandum d'intesa con le organizzazioni imprenditoriali e tra dogane e forze di polizia allo scopo di lottare, in particolare, contro il traffico di droga. Si dovrebbero poi prendere in considerazione modifiche alla legislazione croata per renderla conforme alle pertinenti convenzioni UE (Napoli II e la convenzione sull'uso dell'informatica nel settore doganale), oltre alla possibilità di istituire un servizio investigativo speciale all'interno dell'amministrazione doganale e di creare un sistema di formazione nel settore delle dogane.

    Per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia civile e penale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni giudiziarie pronunciate da tribunali di altri Stati sono sanciti nella normativa sui conflitti di leggi, e il sistema generale in materia civile e commerciale è simile a quello stabilito dalla legislazione comunitaria. Le norme per determinare la legge applicabile, le procedure relative agli ordini di pagamento, le decisioni in materia di status delle persone e le procedure internazionali di insolvenza sono in larga misura conformi al diritto comunitario e ai principi della Comunità.

    La Croazia ha già ratificato o si accinge a ratificare numerose convenzioni fondamentali, in particolare la Convenzione europea del 1972 sulla trasmissione dei procedimenti in materia di repressione dei crimini, la Convenzione europea del 1959 di mutua assistenza giudiziaria in materia penale, la Convenzione europea del 1957 sull'estradizione e la Convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori. Il paese non è parte, tuttavia, alla Convenzione dell'Aja del 1965 relativa alla notificazione all'estero degli atti giudiziari e extragiudiziali in materia civile o commerciale, e i metodi attualmente utilizzati in Croazia al riguardo divergono notevolmente rispetto a quelli stabiliti dall'Unione europea. La Croazia non aderisce inoltre neppure alla Convenzione dell'Aja del 1970 sull'ottenimento all'estero delle prove in materia civile o commerciale. Le disposizioni di legge che prevedono un indennizzo per le vittime di atti terroristici o rimaste coinvolte in manifestazioni pubbliche andrebbero estese alle vittime di tutti i tipi di reato. Si dovrebbe poi migliorare la formazione offerta ai giudici in settori quali la cooperazione internazionale e le nuove tecniche di indagine.

    Conclusioni

    La Croazia ha compiuto degli sforzi per allineare la legislazione nazionale all'acquis nel settore della giustizia e degli affari interni e ha cominciato a registrare progressi nell'attuare riforme in istituzioni quali le forze di polizia, la polizia di frontiera e nel creare un'unità di informazione finanziaria. Resta tuttavia ancora molto da fare per pervenire a un maggiore allineamento all'acquis comunitario e affinché gli enti incaricati dell'applicazione della legge si trasformino in istituzioni efficienti in grado di far fronte alle responsabilità loro affidate. Saranno inoltre necessari massicci investimenti in infrastrutture e apparecchiature, come pure in un'opera di potenziamento delle capacità amministrative. La posizione geografica della Croazia, situata al crocevia dei flussi migratori, costituisce infine un particolare problema.

    Nel complesso, il paese dovrà compiere ancora sforzi costanti e significativi per allineare la legislazione nazionale all'acquis comunitario e garantirne un'efficace attuazione e applicazione a medio termine nel settore della giustizia e affari interni.

    Capitolo 25: Unione doganale

    L'acquis comunitario in materia di unione doganale consiste quasi esclusivamente di legislazione direttamente vincolante per gli Stati membri che non necessita di recepimento nel diritto croato. Questa legislazione comprende il codice doganale comunitario e le relative disposizioni di applicazione, la Nomenclatura Combinata, la tariffa doganale comune e le disposizioni relative alla classificazione tariffaria, allo sgravio dai dazi doganali, alla sospensione dei dazi e a taluni contingenti tariffari; sono inoltre incluse altre disposizioni quali quelle sul controllo doganale delle merci contraffatte e usurpative, sui beni culturali, sui precursori di droghe e sulla reciproca assistenza amministrativa in materia doganale, come pure accordi comunitari nei settori interessati, compreso il transito. Gli Stati membri devono garantire l'operatività delle necessarie capacità di attuazione, con particolare riguardo ai collegamenti ai pertinenti sistemi informatici doganali della Comunità.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione/ accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali prevedono la creazione di una zona di libero scambio con la Comunità e l'abolizione, immediata o graduale, dei dazi doganali per un'amplissima gamma di prodotti, oltre a contemplare norme in materia di origine che è necessario rispettare per poter beneficiare delle preferenze commerciali concesse dagli accordi stessi.

    Il codice doganale della Croazia e le relative disposizioni di applicazione sono modellati sul codice doganale comunitario e le relative disposizioni di applicazione e comprendono i regimi doganali e disposizioni quali quelle relative all'informazione tariffaria vincolante, all'informazione vincolante in materia di origine, al valore in dogana, alle norme in materia di origine, ai regimi doganali economici e alle zone franche. Queste ultime sono in numero di 14 nel paese e il regime ad esse relativo richiederà una serie di adeguamenti in modo tale da allinearlo all'acquis (cfr. anche il Capitolo 6 - Concorrenza e il Capitolo 10 - Fiscalità). Si dovrebbero poi sviluppare ulteriormente le procedure semplificate, con particolare riguardo ad autorizzazioni concesse agli operatori sulla base dei risultati dello svolgimento di opportuni sistemi di audit.

    Le autorità croate provvedono ad aggiornare regolarmente la legislazione in materia di dogane per integrarvi via via le modifiche al codice doganale comunitario e alle relative disposizioni di applicazione. Tuttavia, non sono ancora state trasposte le modifiche al codice doganale comunitario apportate nel 2000 e relative, tra l'altro, alle disposizioni sui regimi doganali economici, sulle zone franche e i depositi franchi, sul ricorso alle dichiarazioni elettroniche e sull'insorgenza dell'obbligazione doganale. Notevoli sforzi saranno ancora necessari per conformare il regime di transito croato agli obblighi previsti dal nuovo sistema informatizzato di transito (NCTS). Sono già d'applicazione disposizioni sul controllo doganale delle merci contraffatte e usurpative che permettono alle autorità doganali di intervenire sia su richiesta che d'ufficio. Sono inoltre già in vigore regimi di controllo doganale dell'importazione ed esportazione di beni culturali e dei precursori di droghe. Talune commissioni di sdoganamento attualmente applicate ai sensi della normativa sulle spese amministrative, del tariffario di tali spese amministrative e della legge sulla tariffa doganale appaiono in contrasto con le disposizioni dell'acquis e dovranno essere abolite.

    La Croazia applica norme di origine preferenziale nel quadro degli accordi di libero scambio attualmente in vigore, inclusi l'accordo di stabilizzazione e di associazione/ accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali con la Comunità. Problemi specifici sono insorti recentemente riguardo ai certificati di origine preferenziale per lo zucchero, il che ha indotto la Commissione europea a inviare una diffida agli importatori del prodotto in questione; il caso ha messo in luce una serie di gravi carenze del sistema croato di gestione e di controllo dei suddetti certificati di origine preferenziale. L'amministrazione croata ha in seguito individuato i miglioramenti che occorre apportare in questo settore del controllo doganale, ed è essenziale fare in modo che le autorità croate diano piena attuazione alle misure necessarie a evitare che insorgano nuovamente problemi di questo tipo. Un effettivo controllo del rispetto delle norme in materia di origine in Croazia sarà quindi fondamentale.

    La tariffa doganale croata è stata modellata a partire dal 2002 sulla Nomenclatura Combinata, secondo quanto previsto dalle disposizioni dell'accordo interinale. La tariffa, accessibile anche al pubblico su Internet in versione elettronica, rappresenterà un buon punto di partenza per la creazione di una tariffa integrata compatibile con la Tariffa integrata delle Comunità europee (TARIC). La Croazia non gestisce massimali tariffari né applica un sistema di preferenze generalizzate (SPG).

    Con il sostegno dell'assistenza tecnica fornitale dalla Comunità, la Croazia sta potenziando le capacità amministrative e operative dei suoi servizi doganali, ed è già in vigore una legge in materia che disciplina l'amministrazione doganale croata. Sarà necessario rivedere le condizioni giuridiche e la struttura organizzativa dei servizi doganali per garantirne la piena compatibilità con i requisiti e le norme previsti dalla legislazione comunitaria. In particolare, all'amministrazione doganale andrebbe accordata una maggiore flessibilità nell'assegnazione delle risorse finanziarie e umane.

    Occorre inoltre mettere a punto, e in modo che possa beneficiarne tutto il personale, attività di formazione relative all'intero ventaglio delle questioni doganali, con particolare riguardo a quelle collegate all'adesione all'UE. All'indomani dell'adesione la Croazia dovrebbe abolire i controlli doganali alle frontiere con gli altri Stati membri, mentre sarà necessario che le autorità croate prendano in considerazione nella programmazione strategica l'esigenza di risorse per rafforzare i controlli ai valichi di frontiera lungo i confini con i paesi terzi. Andrebbe migliorata la funzione di revisione contabile interna, e si dovrà inoltre rafforzare la comunicazione interna onde assicurare un'applicazione uniforme della legislazione doganale in tutto il paese. Ulteriori progressi si renderanno necessari nelle relazioni con gli utilizzatori finali, soprattutto in termini di comunicazione. I servizi doganali della Croazia dispongono di un sito web su Internet, accessibile unicamente in lingua croata.

    Non esiste ancora un codice deontologico per i servizi doganali, e occorrerà perciò elaborarne uno e applicarlo. L'amministrazione si sta adoperando per istituire controlli doganali sulla base dell'analisi dei rischi al fine di accelerare i regimi doganali: è quindi in fase di creazione un nuovo dipartimento di analisi dei rischi incaricato di mettere a punto un sistema uniforme di analisi dei rischi. Tale dipartimento dovrà diventare pienamente operativo. La Croazia applica già i controlli a posteriori, ma sarà necessario riesaminarne l'applicazione. I tre laboratori doganali funzionanti in Croazia dovranno essere ammodernati per assicurarne la compatibilità con gli obblighi previsti dalla legislazione comunitaria.

    L'impiego delle tecnologie dell'informazione all'interno dei servizi doganali croati sembra essere largamente diffuso grazie a una rete informatica stabile, ed è inoltre operativa la possibilità di connessione per gli operatori commerciali al sistema informatizzato di trattamento delle dichiarazioni (computerized declaration processing systems - CDPS). Le applicazioni di tecnologie dell'informazione per il transito, le tariffe doganali, il perfezionamento attivo, l'informazione tariffaria vincolante e i contingenti all'importazione risultano essere già in funzione. Sarà necessario garantirne la compatibilità con i sistemi informatizzati delle dogane dell'UE per assicurare la possibilità di interconnessione in caso di adesione della Croazia.

    Conclusioni

    La Croazia ha avviato tutta una serie di iniziative per prepararsi ad adempiere agli obblighi che spettano all'amministrazione doganale di uno Stato membro e ad assumersi le responsabilità necessarie a garantire la protezione e il controllo alle frontiere esterne dell'Unione. Dovrà tuttavia compiere ulteriori sforzi per allineare la legislazione nazionale all'acquis e assicurarne un'efficace attuazione e applicazione nel medio periodo. In particolare, occorre un'attenta analisi delle capacità amministrative ed è necessario concentrarsi su un'opera di modernizzazione e di sviluppo dell'amministrazione doganale accordando a quest'ultima, tra l'altro, sufficienti risorse finanziarie, umane e in tecnologie dell'informazione, oltre a maggiori attività di formazione per il personale.

    Capitolo 26: Relazioni esterne

    L'acquis comunitario in materia di relazioni esterne consiste in larga parte di legislazione direttamente vincolante per gli Stati membri che non necessita di recepimento nel diritto croato. Questa legislazione comunitaria deriva dagli impegni commerciali multilaterali e bilaterali della Comunità e da un certo numero di misure commerciali preferenziali autonome. Nei settori dell'aiuto umanitario e della politica di sviluppo, un paese candidato all'adesione dovrà conformarsi alla legislazione comunitaria e rispettare gli impegni internazionali in materia, oltre a garantire la sua capacità di partecipare alle politiche comunitarie nel campo umanitario e dello sviluppo.

    L'accordo di stabilizzazione e di associazione/ accordo interinale sugli scambi e sulle questioni commerciali contengono una serie di disposizioni in diversi settori che impongono alle parti di agire in conformità dei principi dell'OMC o di altri pertinenti obblighi che incombono loro in campo internazionale.

    La Croazia è membro dell'Organizzazione mondiale del commercio dal 30 novembre 2000, e al momento dell'adesione ha sottoscritto una serie di ambiziosi impegni che sta gradualmente portando ad attuazione. Le autorità croate non hanno ancora avviato i negoziati di adesione all'accordo dell'OMC sugli appalti pubblici. Una volta divenuto uno Stato membro dell'UE, la Croazia sarebbe tenuta al rispetto di tutti gli obblighi derivanti dagli accordi multilaterali e plurilaterali dell'OMC sottoscritti dalla Comunità. In particolare, essa sarebbe tenuta ad applicare la tariffa doganale comune della Comunità e le misure esterne previste dalla Politica agricola comune. Il periodo transitorio concordato per l'attuazione da parte della Croazia degli elenchi OMC di concessioni e impegni relativi alle merci termina nel 2007. Entro quella data il paese sarà caratterizzato da dazi semplici pari in media a circa il 5,3% sui prodotti industriali e al 15,5% sui prodotti agricoli. Gli attuali livelli di dazi equivalenti nell'Unione europea sono del 3,6% sui prodotti industriali, del 12,4% sui prodotti della pesca e del 16,2% sui prodotti agricoli.

    Nell'eventualità dell'adesione all'UE, la Croazia sarebbe vincolata al rispetto della politica commerciale comune e dei diversi accordi commerciali preferenziali della Comunità, oltre a entrare a far parte dello Spazio Economico Europeo. Non solo, ma sarebbe parimenti tenuta ad applicare il regime commerciale preferenziale autonomo che la Comunità concede a taluni paesi terzi, ad esempio il sistema di preferenze generalizzate, mentre dovrebbe al contrario far cessare tutti gli accordi commerciali preferenziali conclusi con paesi terzi e garantire la conformità di ogni altro accordo, compresi quelli commerciali non preferenziali, con gli obblighi derivanti dall'adesione all'UE. Attualmente, oltre all'accordo di stabilizzazione e di associazione/ accordo interinale con la Comunità, sono in vigore accordi di libero scambio tra la Croazia e l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, la Svizzera, il Liechtenstein, la Norvegia, l'Islanda e la Turchia. La Croazia ha poi concluso accordi di libero scambio con sei dei dieci paesi di prossima adesione (Slovenia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, Repubblica slovacca e Lituania), accordi che verranno a scadere nel momento in cui, dal 1° maggio 2004, questi paesi diventeranno Stati membri dell'Unione europea. La Croazia è membro del CEFTA (Accordo centro-europeo di libero scambio) e dopo l'allargamento dell'UE nel 2004 manterrà i regimi preferenziali in ambito CEFTA con la Bulgaria e la Romania. Infine, deve ancora entrare in vigore un accordo di libero scambio firmato con la Serbia e Montenegro.

    Nel settore dei servizi, gli impegni assunti dalla Croazia ai sensi del GATS non sono pienamente in linea con quelli della Comunità, perciò le autorità croate dovrebbero garantire che, all'indomani dell'adesione, gli impegni multilaterali del paese nell'ambito del suddetto Accordo generale sugli scambi di servizi risultino per quanto possibile conformi a quelli sottoscritti dalla CE. A tale scopo, la Croazia dovrebbe avviare una stretta collaborazione in coordinamento con la Commissione europea, soprattutto per quel che riguarda i negoziati dell'Agenda di Doha per lo sviluppo.

    La Croazia sta provvedendo ad adottare le normative di applicazione in materia di strumenti di difesa commerciale; all'indomani dell'adesione, andrebbero abrogate la legislazione e tutte le disposizioni nazionali in questo settore, dato che la normativa comunitaria diventerebbe direttamente applicabile sul territorio del paese.

    Attualmente la Croazia gestisce sia programmi di assicurazione dei crediti all'esportazione che programmi di finanziamento, e al momento dell'adesione dovrebbe garantire che i suoi programmi di assicurazione dei crediti all'esportazione a breve termine siano compatibili con le norme comunitarie in materia di concorrenza. Quanto invece ai crediti all'esportazione a medio e a lungo termine, le norme croate in vigore dovranno essere ulteriormente allineate per renderle pienamente conformi alla legislazione comunitaria e agli obblighi in campo internazionale.

    L'esportazione di armi è attualmente soggetta a controlli nel paese. Le autorità croate sono inoltre impegnate nella stesura di una legge che imponga il controllo all'esportazione per i beni a duplice uso. All'indomani dell'adesione, la Croazia sarebbe tenuta al pieno rispetto della pertinente legislazione comunitaria in questo settore.

    Per quanto riguarda la capacità amministrativa, la partecipazione del paese ai meccanismi decisionali comunitari in materia di commercio, come pure l'opera di attuazione e applicazione dell'acquis in materia, necessiteranno del potenziamento del dipartimento del ministero dell'Economia incaricato della politica commerciale e delle relazioni economiche con l'estero.

    La Croazia ha concluso trattati bilaterali in materia di investimenti con 50 paesi. Prima di diventare Stato membro dell'UE, la Croazia dovrebbe fornire assicurazioni circa il fatto che il contenuto di questi accordi è pienamente compatibile con gli obblighi derivanti dall'adesione e con l'acquis comunitario. A tale scopo, dovrebbe garantire un'adozione sufficientemente tempestiva delle procedure necessarie a modificare o denunciare gli accordi, se d'applicazione, in modo tale da permettere che alla data di adesione i suddetti trattati risultino conformi agli obblighi previsti dalla Comunità. Nel fare ciò, le autorità croate dovrebbero tener conto del lungo periodo di validità iniziale di alcuni di questi accordi, che in determinati casi può essere persino di 20 anni.

    Per quel che riguarda la politica di sviluppo e le iniziative di aiuto umanitario, in Croazia non esiste alcun quadro normativo per le attività di cooperazione allo sviluppo. Se si escludono alcuni progetti frammentati e suddivisi tra diversi ministeri, l'unica assistenza di questo tipo sembra consistere in progetti mirati di aiuto umanitario in occasione del verificarsi di catastrofi umanitarie. L'assistenza umanitaria fornita dalle riserve statali di prodotti di base ammontava a 5,1 milioni di HRH (671 000 EUR) nel 2000 e a 433 000 HRH (58 000 EUR) nel 2001.

    La Croazia non dispone di una struttura ad hoc all'interno di un ministero o di un'agenzia specifica responsabile della politica di sviluppo, né sembra che si provveda a un coordinamento globale tra i diversi ministeri per quel che riguarda le attività legate allo sviluppo.

    Allo stato attuale delle cose, il paese non sarebbe in grado di ricoprire un ruolo nel fornire sostegno a obiettivi e strumenti della politica comunitaria di sviluppo, né di contribuire a un ulteriore rafforzamento o all'attuazione di tali obiettivi e strumenti.

    Conclusioni

    La Croazia dovrebbe essere in grado, nel medio periodo, di soddisfare i requisiti previsti dalla Comunità nel settore delle relazioni esterne, a condizione che si provveda a rafforzare le capacità istituzionali necessarie per un'efficace attuazione e applicazione dell'acquis in questo campo. Per agevolare i suoi preparativi per l'adesione all'UE, la Croazia dovrebbe fare in modo che le iniziative adottate e gli impegni da essa assunti in sede di organizzazioni internazionali e ai sensi di taluni accordi siano conformi tanto alle disposizioni dell'accordo di stabilizzazione e di associazione quanto agli obblighi che le deriveranno in futuro dall'applicazione dell'acquis comunitario.

    Capitolo 27: Politica estera e di sicurezza comune

    L'acquis relativo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC) si basa su una serie di atti legislativi adottati in forza del secondo pilastro e, indirettamente, del primo, compresi alcuni accordi internazionali giuridicamente vincolanti. È basato inoltre su dichiarazioni politiche e su accordi finalizzati allo svolgimento del dialogo politico da parte degli Stati membri nel quadro della PESC, al loro allineamento alle dichiarazioni dell'Unione europea e all'applicazione delle sanzioni e misure restrittive richieste nell'ambito della stessa PESC.

    In attesa dell'entrata in vigore dell'accordo di stabilizzazione e di associazione, le regole che disciplinano attualmente il dialogo politico costante tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Croazia, dall'altro, sono definite nella dichiarazione comune del 29 ottobre 2001. Gli incontri a livello ministeriale per lo svolgimento di un dialogo politico si sono tenuti con scadenza regolare procedendo senza intoppi. Nel corso di queste riunioni le autorità croate hanno dimostrato vivo interesse nel continuare a partecipare attivamente al dialogo politico con l'UE.

    Nel corso degli ultimi due anni il governo croato si è associato unilateralmente a una serie di posizioni comuni e di dichiarazioni PESC dell'Unione europea riguardanti, tra l'altro, la lotta al terrorismo. Al tempo stesso, nell'ambito dell'Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali, l'UE invita regolarmente la Croazia ad allinearsi a determinate iniziative, dichiarazioni e posizioni comuni dell'Unione in materia di PESC. Il paese ha appoggiato l'istituzione della Corte penale internazionale, ratificandone lo Statuto di Roma nel 2001. Non ha firmato un accordo bilaterale con gli Stati Uniti in merito alla "non consegna" di talune persone alla Corte penale internazionale.

    Nel maggio 2002 la Croazia ha sottoscritto il codice di condotta dell'UE per l'esportazione di armi, e aderisce inoltre alla maggior parte dei regimi internazionali in vigore di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Pur non avendo ancora aderito all'intesa di Wassenaar, al regime di non proliferazione nel settore missilistico e al gruppo Australia, ha tuttavia manifestato l'intenzione di farlo. Il paese partecipa poi ai lavori preparatori per istituire il codice di condotta internazionale contro la proliferazione dei missili balistici. È necessario, tuttavia, che le autorità croate provvedano a potenziare i pertinenti organismi preposti all'applicazione della legge, i quali sono responsabili dei controlli interni indispensabili per dare piena attuazione ai regimi internazionali di non proliferazione e alle norme comunitarie in materia, con particolare riguardo a quelle relative al controllo del commercio di armi leggere e di piccolo calibro e di beni a duplice uso.

    Per quel che riguarda le relazioni con i paesi limitrofi, talune dispute territoriali rimangono tuttora irrisolte (cfr. il capitolo sui Criteri politici - Relazioni bilaterali). La Croazia è membro delle Nazioni Unite, dell'OSCE e del Consiglio d'Europa, oltre ad avere la qualifica di membro o di osservatore presso numerose altre organizzazioni o nel quadro di accordi internazionali e a partecipare attivamente a diverse iniziative a carattere regionale e subregionale (cfr. il capitolo sui Criteri politici - Relazioni multilaterali). Tuttavia, non ha ancora aderito a tutte le pertinenti convenzioni dell'ONU, quali ad esempio quelle relative alla lotta contro il terrorismo.

    La Croazia ha cominciato a prender parte ad attività internazionali di mantenimento della pace (International Security and Assistance Force - ISAF), mentre suoi osservatori militari hanno partecipato ad alcune missioni dell'ONU. Attualmente il governo croato sta provvedendo a designare le forze da inviare per nuove operazioni di mantenimento della pace, preparando le misure di ristrutturazione necessarie a tal fine. Si è inoltre dichiarato disposto a fornire il suo sostegno, la sua partecipazione e il suo contributo ad operazioni di gestione delle crisi, civili e militari, nel quadro della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), benché debbano ancora essere stanziate le risorse necessarie.

    Quanto alla capacità amministrativa, la Croazia dispone di un organico di recente formazione in campo diplomatico, il quale però, nonostante le risorse limitate, mantiene un'ampia rete di rappresentanze diplomatiche. Il paese dispone all'estero di 55 rappresentanze diplomatiche, 22 rappresentanze consolari e un ufficio d'ambasciata, con un organico complessivo di circa 1 000 persone. Per essere in grado di collaborare con le strutture PESC dell'Unione, la Croazia dovrebbe istituire le funzioni e i meccanismi necessari presso il ministero degli Affari esteri, mentre per quanto riguarda l'applicazione delle sanzioni e misure restrittive richieste dalla PESC dovrà essere capace di conformare le sue capacità amministrative agli standard europei. Se è vero che occorrerà senza dubbio rafforzare le capacità amministrative complessive, il paese dovrebbe tuttavia essere in grado, al momento opportuno, di far fronte alle esigenze derivanti dalla partecipazione alla politica estera e di sicurezza comune.

    Conclusioni

    La Croazia ha dichiarato che, una volta divenuto Stato membro dell'UE, fornirà il suo attivo e incondizionato sostegno alle iniziative PESC definite fino a oggi, in uno spirito di lealtà e di solidarietà.

    L'esame della politica estera e di sicurezza adottata dalla Croazia fino a oggi induce a ritenere che, posto che vengano presi i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari e introdotti gli indispensabili adeguamenti, nel medio periodo il paese dovrebbe essere in grado di adempiere agli obblighi previsti nell'ambito della PESC.

    Capitolo 28: Controllo finanziario

    L'acquis relativo a questo capitolo consiste per lo più di princìpi generali, riconosciuti a livello internazionale e in linea con il diritto comunitario, in materia di controllo finanziario pubblico interno, princìpi che devono essere trasposti nei sistemi di revisione contabile e di controllo dell'intero settore pubblico. In particolare, il rispetto dell'acquis comunitario richiede l'esistenza di sistemi efficaci e trasparenti di gestione e controllo finanziario nonché di sistemi di revisione contabile interna indipendente; una revisione contabile esterna indipendente dei sistemi di controllo finanziario pubblico interno del settore pubblico (Corte dei conti); un adeguato meccanismo di controllo finanziario dei fondi comunitari; e la necessaria capacità amministrativa per garantire una protezione efficace ed equivalente degli interessi finanziari della Comunità.

    Per quanto riguarda il controllo finanziario pubblico interno (CFPI), la Croazia non ha ancora istituito una struttura di controllo complessivo basata sulla responsabilità di gestione e una revisione contabile interna funzionalmente indipendente. La normativa principale che definisce il concetto di revisione contabile interna è la legge finanziaria. Il controllo ex ante viene effettuato mediante i regolamenti di attuazione del sistema della tesoreria di Stato (conto unico del Tesoro). La situazione attuale è caratterizzata da una certa compartimentazione delle responsabilità, da una comunicazione inadeguata e da carenze nella presentazione delle relazioni, dall'assenza dell'obbligo di un controllo finanziario ex ante presso i centri di spesa e di entrata nonché dalla mancanza di una legislazione armonizzata in merito alle competenze di controllo e revisione contabile. La Direzione controllo e revisione contabile interni del ministero delle Finanze è responsabile dello sviluppo e dell'armonizzazione dei concetti di CFPI: la creazione di unità di revisione contabile interna funzionalmente indipendenti e operative rappresenterà la principale difficoltà di tipo amministrativo in questo settore.

    La revisione contabile esterna viene effettuata dalla Corte dei conti in base alle disposizioni della legge del 1993 sulla revisione contabile a livello nazionale. Le attività di revisione riguardano tutta la spesa pubblica realizzata sul bilancio dello Stato, i fondi pubblici e quelli dei bilanci degli enti autonomi locali e regionali. La predetta legge sulla revisione contabile nazionale dovrebbe prevedere, benché ancora non lo faccia, la revisione contabile esterna dei fondi comunitari. Le revisioni contabili svolte dalla Corte dei conti comprendono tanto i controlli finanziari quanto i controlli di sistema e del rendimento. La Corte è un organo autonomo; dato però che il suo bilancio è parte integrante del bilancio dello Stato, è necessario fare in modo di rafforzarne l'indipendenza finanziaria, come pure le capacità amministrative, soprattutto in termini di risorse umane.

    Per quel che riguarda il controllo dei fondi comunitari, occorre elaborare meccanismi efficaci di monitoraggio, controllo e revisione contabile di tali fondi. Non è ancora stato introdotto un sistema incaricato di affrontare le questioni dei titoli, dei debiti e dei recuperi.

    La Croazia è ancora nella prima fase dei preparativi in campo legislativo e amministrativo in merito alla protezione degli interessi finanziari della Comunità. Le procedure vigenti e la ripartizione delle competenze tra i diversi organismi interessati riguardano principalmente le procedure di diritto penale per il trattamento dei casi di (presunta) frode, e, in misura minore, altri tipi di irregolarità. Non esistono istituzioni o organi specifici incaricati delle indagini e/o del trattamento delle irregolarità, ma diversi enti già esistenti hanno competenze e responsabilità in materia. Sarà necessario definire e attuare correttamente procedure efficaci di individuazione e di trattamento delle irregolarità, come pure procedure di monitoraggio finanziario e amministrativo/giudiziario delle stesse, elaborando altresì i necessari metodi di coordinamento a tale scopo.

    Conclusioni

    È necessario che la Croazia definisca politiche complessive e un quadro normativo coerente in questo settore. Occorre creare le capacità amministrative o rafforzare quelle esistenti, in particolare per quel che riguarda le unità di revisione contabile interna indipendenti presso le istituzioni pubbliche, provvedendo inoltre alla formazione del relativo personale. La Corte dei conti croata dispone della base giuridica e organizzativa per diventare un organo adeguato ed efficiente per la revisione contabile esterna, benché sia necessario potenziarlo. In materia di controllo dei fondi comunitari, occorre definire meccanismi efficaci di monitoraggio, controllo e revisione contabile di tali fondi. Le autorità croate dovranno inoltre garantire le capacità amministrative necessarie per una protezione efficace ed equivalente degli interessi finanziari della Comunità.

    A condizione che vengano realizzati ulteriori sforzi per riorganizzare e potenziare le capacità in materia di controllo finanziario pubblico interno, revisione contabile esterna e di attività antifrode, la Croazia dovrebbe essere in grado di adempiere nel medio periodo agli obblighi derivanti dall'adesione all'UE in questo settore.

    Capitolo 29: Disposizioni finanziarie e di bilancio

    L'acquis in questo settore riguarda le norme relative alle risorse finanziarie necessarie a finanziare il bilancio comunitario (o 'risorse proprie'). Queste risorse proprie sono rappresentate principalmente dai contributi degli Stati membri sulla base delle risorse proprie tradizionali derivanti da dazi doganali, diritti agricoli e quote zucchero; una risorsa basata sull'IVA; e un'altra risorsa basata sul reddito nazionale lordo (RNL). Gli Stati membri devono assicurare che siano disponibili le capacità amministrative necessarie per coordinare adeguatamente e garantire il corretto svolgimento del calcolo, della riscossione, del pagamento e del controllo delle risorse proprie, nonché per la presentazione di relazioni alla Comunità circa l'applicazione delle norme sulle risorse proprie. L'acquis in materia è direttamente vincolante per gli Stati membri e non richiede il recepimento nel diritto nazionale.

    Ai sensi della legge che disciplina le dogane, la Croazia adotta annualmente un regolamento relativo alla tariffa doganale che viene applicato dall'amministrazione doganale. Quest'ultima riscuote i dazi doganali, l'IVA sulle importazioni e i dazi specifici all'importazione. I debiti in sospeso e quelli recuperati formano oggetto di una registrazione contabile separata. La responsabilità complessiva delle questioni finanziarie e di bilancio è del ministero delle Finanze.

    I conti nazionali e le cifre relative a PNL/RNL vengono elaborati sulla base delle definizioni e delle norme contabili del Sistema europeo di conti economici integrati 95 (ESA 95). Ai conti nazionali non vengono interamente applicati gli opportuni adeguamenti per tener conto dell'economia sommersa.

    Conclusioni

    Non si osservano differenze significative tra il sistema croato e quello comunitario riguardo ai principi di base sottesi e alle istituzioni interessate dai settori politici legati all'applicazione del sistema delle risorse proprie. Se proseguirà gli sforzi volti a conseguire l'allineamento legislativo ai capitoli dell'acquis relativi a questi settori, e cioè dogane, fiscalità, statistiche e controllo finanziario, la Croazia non dovrebbe incontrare particolari difficoltà nel soddisfare nel medio periodo i requisiti previsti per l'attuazione del sistema delle risorse proprie.

    C. SINTESI E CONCLUSIONI

    La Croazia ha presentato la sua domanda di adesione all'Unione europea il 21 febbraio 2003.

    A norma dell'articolo 49 del trattato, su richiesta del Consiglio la Commissione ha elaborato un parere sulla candidatura della Croazia.

    Per prepararsi all'adesione, la Croazia si basa sull'accordo di stabilizzazione e di associazione firmato il 29 ottobre 2001 e sull'accordo interinale entrato in vigore nel marzo 2002.

    Nell'elaborare il suo parere, la Commissione ha tenuto conto della "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali" adottata dal Consiglio europeo del giugno 2003, in cui l'UE ha sottolineato che "il ritmo di ulteriore avvicinamento dei paesi dei Balcani occidentali all'UE dipenderà dalla misura in cui ciascuno di essi attuerà le riforme, rispettando i criteri stabiliti dal Consiglio europeo di Copenaghen 1993 e le condizioni del processo di stabilizzazione e di associazione".

    Secondo quanto dichiarato dal Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993, i paesi candidati dell'Europa centrale e orientale che lo desiderano possono diventare membri dell'Unione purché soddisfino le seguenti condizioni:

    stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione delle minoranze;

    esistenza di una economia di mercato funzionante e capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione;

    capacità di assumersi gli obblighi di tale appartenenza, inclusa l'adesione agli obiettivi di un'unione politica, economica e monetaria.

    Nel valutare i progressi fatti nei settori suddetti, la Commissione ha tenuto conto della capacità dei sistemi amministrativo e giuridico della Croazia di applicare effettivamente l'acquis.

    La Commissione si è basata altresì sulle condizioni del processo di stabilizzazione e di associazione definite dal Consiglio il 29 aprile 1997, segnatamente la cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (TPII), la cooperazione regionale e altre questioni connesse.

    Per la stesura del presente parere si è applicato lo stesso metodo dei pareri precedenti, analizzando la situazione attuale e le prospettive a medio termine. Nel formulare le raccomandazioni riguardanti l'avvio dei negoziati di adesione, la Commissione ha rivolto particolare attenzione alla capacità attuale della Croazia di soddisfare i criteri politici.

    1. Criteri politici

    La Croazia possiede istituzioni democratiche stabili che funzionano correttamente, secondo le rispettive competenze, e collaborano fra di loro. Le elezioni del 2000 e del 2003 sono state giudicate libere ed eque. L'opposizione svolge un ruolo normale nel funzionamento delle istituzioni.

    Il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali non pone particolari problemi, ma la Croazia deve prendere provvedimenti per garantire il pieno rispetto dei diritti delle minoranze, in particolare quella serba. Il paese deve accelerare l'applicazione della legge costituzionale sulle minoranze nazionali e agevolare il rientro dei profughi serbi dalla Serbia e dalla Bosnia ed Erzegovina. Occorre inoltre migliorare considerevolmente il funzionamento del sistema giudiziario e intensificare la lotta contro la corruzione.

    La cooperazione tra la Croazia e il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia è notevolmente migliorata da qualche mese a questa parte raggiungendo un livello del tutto soddisfacente, come ha dichiarato il procuratore del TPII nell'aprile 2004. La Croazia deve continuare su questa via e prendere tutte le misure necessarie per rintracciare l'ultima persona incriminata e deferirla al Tribunale dell'Aia. La Croazia deve adoperarsi con il massimo impegno per promuovere la cooperazione regionale risolvendo, in particolare, le vertenze frontaliere con i paesi limitrofi, conformemente alle norme internazionali per la composizione delle controversie, e le questioni derivanti dalla dichiarazione unilaterale relativa alla "zona ecologica e di pesca" protetta nell'Adriatico.

    2. Criteri economici

    La Croazia può essere considerata un'economia di mercato funzionante che dovrebbe essere in grado di far fronte, a medio termine, alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione purché prosegua il suo programma di riforme onde eliminare le carenze che tuttora sussistono.

    Si fa sempre più ampio il consenso politico sugli elementi chiave delle politiche economiche. L'economia croata è caratterizzata da una notevole stabilità macroeconomica e da un tasso d'inflazione piuttosto basso. Il consolidamento della stabilità economica e le riforme strutturali attuate consentono il funzionamento dei meccanismi di mercato, in particolare la liberalizzazione dei prezzi e degli scambi nonché, in misura minore, la privatizzazione. La Croazia possiede una forza lavoro piuttosto qualificata, valide infrastrutture per il trasporto stradale e le telecomunicazioni, un settore bancario alquanto sviluppato e un'industria del turismo competitiva. L'economia croata è già piuttosto integrata con quella dell'UE.

    Occorre però migliorare ulteriormente il funzionamento dei meccanismi di mercato, specie per quanto riguarda l'efficienza del settore giudiziario, riducendo il notevole onere amministrativo e ovviando alle carenze del catasto e del registro fondiario. La ristrutturazione e la privatizzazione delle imprese procedono a un ritmo più lento del previsto, e alcune grosse imprese di Stato o ex imprese di proprietà sociale svolgono tuttora un ruolo importante nell'economia. Vanno modernizzate in particolare la cantieristica e l'agricoltura. Occorre portare a termine le necessarie riforme dei sistemi fiscale e previdenziale e della pubblica amministrazione, oltre a promuovere attivamente il consolidamento fiscale. A questo stadio, una piena integrazione nel mercato unico e l'adozione dell'acquis renderebbero difficile per molti settori affrontare la concorrenza che ne conseguirebbe. Ovviando alle carenze individuate si favorirebbero gli investimenti e la crescita, migliorando quindi la competitività della Croazia.

    3. Capacità di assumere gli obblighi che comporta l'adesione

    La capacità della Croazia di soddisfare gli altri obblighi che comporta l'adesione è stata valutata secondo i seguenti indicatori:

    obblighi stabiliti nell'accordo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente quelli già in vigore a norma dell'accordo interinale che riguardano, ad esempio, la libera circolazione delle merci, la concorrenza e i diritti di proprietà intellettuale e industriale;

    progressi nell'adozione e nell'applicazione dell'acquis.

    Il processo di ratifica dell'accordo di stabilizzazione e di associazione con la Croazia non è ancora terminato. Pur avendo fatto progressi nell'applicazione dell'accordo interinale, la Croazia deve impegnarsi per rispettare i termini stabiliti. La Croazia ha inoltre preso misure importanti per adempiere i futuri obblighi previsti dall'accordo di stabilizzazione e di associazione (ASA).

    La Croazia si è adoperata con impegno, e deve continuare a farlo, per allineare la sua legislazione con l'acquis, specie per quanto riguarda il mercato interno e il commercio. Occorre migliorare la capacità amministrativa e l'applicazione delle leggi. La Croazia deve proseguire l'allineamento legislativo potenziando al tempo stesso le strutture amministrative e giudiziarie necessarie per un'applicazione effettiva dell'acquis.

    Se proseguirà su questa via, la Croazia non dovrebbe avere particolari difficoltà ad applicare, a medio termine, l'acquis nei seguenti settori: unione economica e monetaria; statistiche; politica industriale; piccole e medie imprese; scienza e ricerca; istruzione e formazione; cultura e politica audiovisiva; relazioni esterne; politica estera e di sicurezza comune; disposizioni finanziarie e di bilancio.

    La Croazia deve impegnarsi ulteriormente per allineare la sua legislazione con l'acquis e applicarla correttamente, a medio termine, nei seguenti settori: libera circolazione dei capitali; diritto societario; pesca; trasporti; energia; tutela dei consumatori e della salute; unione doganale e controllo finanziario.

    La Croazia dovrà adoperarsi in modo considerevole e costante per allineare la sua legislazione con l'acquis e applicarla correttamente, a medio termine, nei seguenti settori: libera circolazione delle merci; libera circolazione delle persone; libera prestazione dei servizi; concorrenza; agricoltura; fiscalità; politica sociale e occupazione; telecomunicazioni e tecnologie dell'informazione; politica regionale; giustizia e affari interni.

    La Croazia dovrà impegnarsi notevolmente in materia di ambiente investendo somme ingenti e potenziando la capacità amministrativa per l'applicazione delle leggi. Il paese potrebbe arrivare ad una piena conformità con l'acquis solo a lungo termine e mediante investimenti più cospicui.

    CONCLUSIONI

    La Croazia è una democrazia funzionante, dove lo Stato di diritto è garantito da istituzioni stabili. Il rispetto dei diritti fondamentali non pone problemi particolari. La cooperazione della Croazia con il TPII ha raggiunto un livello del tutto soddisfacente, come ha dichiarato il procuratore del Tribunale nell'aprile 2004. La Croazia deve continuare su questa via e prendere tutte le misure necessarie per rintracciare l'ultima persona incriminata e deferirla al TPII. Il paese deve impegnarsi ulteriormente per quanto riguarda i diritti delle minoranze, il rientro dei profughi, la riforma giudiziaria, la cooperazione regionale e la lotta contro la corruzione. La Commissione conferma pertanto che la Croazia soddisfa sia i criteri politici stabiliti nel 1993 dal Consiglio europeo di Copenaghen che le condizioni dei processo di stabilizzazione e di associazione definite dal Consiglio nel 1997.

    La Croazia può essere considerata un'economia di mercato funzionante che dovrebbe essere in grado di far fronte, a medio termine, alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione purché prosegua il suo programma di riforme onde eliminare le carenze che tuttora sussistono.

    La Croazia sarà in grado di soddisfare, a medio termine, gli altri obblighi che comporta l'adesione purché si adoperi attivamente per allineare la sua legislazione con l'acquis e per applicarla correttamente. Il paese potrebbe arrivare ad una piena conformità con l'acquis sull'ambiente solo a lungo termine e mediante investimenti più cospicui.

    In considerazione di quanto precede, la Commissione raccomanda di avviare negoziati con la Croazia per la sua adesione all'Unione europea.

    Per aiutare la Croazia a preparare i negoziati di adesione occorre procedere ad un'analisi (screening) globale. La Commissione raccomanda inoltre che l'UE definisca una strategia di preadesione per la Croazia e sta preparando opportune proposte in tal senso.

    Si allega al presente parere un progetto di partenariato europeo per la Croazia in cui si individuano gli obiettivi prioritari che il paese deve raggiungere per prepararsi ad aderire all'UE. La Commissione riferirà periodicamente al Consiglio sui progressi fatti dalla Croazia a tal fine.

    ALLEGATO STATISTICO

    Salvo diversa ed esplicita indicazione, i dati riportati nel presente allegato provengono dall'Ufficio centrale di statistica (UCS) della Croazia.

    Le tabelle con i dati sotto riportati sono state redatte ricorrendo per quanto possibile a definizioni e norme comunitarie, le quali in qualche raro caso divergono dalle prassi nazionali. Ciò può essere talvolta all'origine di alcune discrepanze tra i dati qui riportati e quelli presentati in altri capitoli del presente parere, in quanto questi ultimi dati si basano generalmente sulle risposte delle autorità croate ai questionari inviati nel luglio del 2003.

    Le note metodologiche illustrano contenuti e caratteristiche dei dati statistici riportati nel presente allegato. I dati corrispondono alle informazioni disponibili al gennaio del 2004.

    DATI DI BASE

    >SPAZIO PER TABELLA>

    I dati relativi alla popolazione per il 2001 si basano sul censimento realizzato il 31 marzo 2001.

    CONTI NAZIONALI

    >SPAZIO PER TABELLA>

    Per il 2002 i dati corrispondono alla somma dei conti trimestrali.

    Gli ultimi dati ufficiali relativi al PIL in PPA indicano 8267 USD per il 1999. Il calcolo, eseguito dall'OCSE, figura nella pubblicazione intitolata "Purchasing Power Parities and Real Expenditure", anno di riferimento 1999. I prossimi dati ufficiali per la Croazia riguarderanno il 2002. Visto che le PPA per i paesi non UE vengono comunicate solo ogni tre anni, negli anni intermedi ci si basa su delle stime, che di norma provengono dalle organizzazioni internazionali. Nella fattispecie, le stime relative ai dati mancanti provengono dall'UCS.

    I dati relativi alla variazione degli stock per il 2002 costituiscono una stima preliminare; la cifra definitiva sarà disponibile una volta completato il calcolo del PIL annuo definitivo per il 2002.

    >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

    TASSO D'INFLAZIONE

    >SPAZIO PER TABELLA>

    >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

    BILANCIA DEI PAGAMENTI

    >SPAZIO PER TABELLA>

    Per via delle limitate fonti disponibili per i dati, la Banca nazionale croata redige la bilancia dei pagamenti della Croazia in USD e kune croate (HRH). Le cifre riportate nella presente tabella risultano dalla conversione in euro della bilancia dei pagamenti denominata in HRH.

    FINANZE PUBBLICHE

    >SPAZIO PER TABELLA>

    I dati relativi al disavanzo/surplus pubblico generale comprendono i dati pubblici consolidati. Si è utilizzata la metodologia GFS 1986, tranne per quanto riguarda i dati sugli introiti della privatizzazione, che sono esclusi dalle entrate e riclassificati nel finanziamento del saldo.

    I dati relativi al debito pubblico generale 2002 comprendono i dati corrispondenti al governo centrale, agli enti locali, alla Banca croata per la ricostruzione e lo sviluppo e alle garanzie. A causa delle differenze metodologiche, i dati degli anni precedenti non sono del tutto paragonabili a quelli del 2002. Si sta procedendo alla ricostruzione dei dati per gli anni in questione.

    I dati relativi alla spesa pubblica per il 2002 costituiscono una stima preliminare; la cifra definitiva sarà disponibile una volta completato il calcolo del PIL annuo definitivo per il 2002.

    >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

    INDICATORI FINANZIARI

    >SPAZIO PER TABELLA>

    COMMERCIO ESTERO

    >SPAZIO PER TABELLA>

    I valori delle esportazioni, delle importazioni e della bilancia commerciale per gli anni 1998 e 1999 sono stati calcolati in base ai tassi di cambio della Banca nazionale croata, corrispondenti all'ultimo giorno dell'anno. Il tasso di cambio era di 1 EUR = 7,3291 HRH per il 1998 e di 1 EUR = 7,679009 HRH per il 1999. Per il periodo 2000 - 2002, i valori sono stati ricalcolati in EUR secondo i tassi di cambio giornalieri correnti della Banca nazionale croata (parità centrale) in vigore il giorno della riscossione dei dazi doganali.

    I termini di scambio sono stati calcolati in base ai valori delle esportazioni e delle importazioni espressi in USD.

    >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

    DEMOGRAFIA

    >SPAZIO PER TABELLA>

    MERCATO DEL LAVORO

    >SPAZIO PER TABELLA>

    Il tasso di disoccupazione per le contee (NUTS III) sopra riportato risulta dalle fonti amministrative e corrisponde al 31 marzo, per cui i dati non sono comparabili al tasso di disoccupazione derivante dall'IFL. I dati relativi alle contee non comprendono né gli agenti di polizia né i funzionari della difesa.

    >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

    INFRASTRUTTURA

    >SPAZIO PER TABELLA>

    INDUSTRIA E AGRICOLTURA

    >SPAZIO PER TABELLA>

    TENORE DI VITA

    >SPAZIO PER TABELLA>

    I dati relativi agli abbonamenti ai servizi di telefonia mobile comprendono sia gli utenti prepagati che quelli postpagati.

    I dati comprendono gli abbonati a Internet tramite modem e mediante linee affittate.

    ISTRUZIONE SUPERIORE

    >SPAZIO PER TABELLA>

    Le cifre relative all'istruzione superiore sono calcolate come percentuale degli studenti iscritti divisa per il numero totale di persone di età compresa tra 18 e 24 anni. Il numero totale delle persone di età compresa tra 18 e 24 anni è stimato (tranne per il 2001)

    >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>

    Top