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Document 32013R0283
Commission Regulation (EU) No 283/2013 of 1 March 2013 setting out the data requirements for active substances, in accordance with Regulation (EC) No 1107/2009 of the European Parliament and of the Council concerning the placing of plant protection products on the market Text with EEA relevance
Regolamento (UE) n. 283/2013 della Commissione, dell’ 1 marzo 2013 , che stabilisce i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive, conformemente al regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari Testo rilevante ai fini del SEE
Regolamento (UE) n. 283/2013 della Commissione, dell’ 1 marzo 2013 , che stabilisce i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive, conformemente al regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari Testo rilevante ai fini del SEE
GU L 93 del 3.4.2013, p. 1–84
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV) Questo documento è stato pubblicato in edizioni speciali
(HR)
In force: This act has been changed. Current consolidated version: 21/11/2022
3.4.2013 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
L 93/1 |
REGOLAMENTO (UE) N. 283/2013 DELLA COMMISSIONE
dell’1 marzo 2013
che stabilisce i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive, conformemente al regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive 79/117/CEE e 91/414/CEE del Consiglio (1), in particolare l'articolo 78, paragrafo 1, lettera b),
considerando quanto segue:
(1) |
In conformità dell'articolo 8, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1107/2009, è stato adottato il regolamento (UE) n. 544/2011 della Commissione, del 10 giugno 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive (2).Esso contiene i requisiti che devono soddisfare i fascicoli da presentare per l'approvazione di una sostanza attiva, stabiliti nell'allegato II della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (3). |
(2) |
Occorre modificare i requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze chimiche per tener conto delle attuali conoscenze scientifiche e tecniche. |
(3) |
Informazioni più dettagliate sull'applicazione dei requisiti relativi ai dati sono contenute nei documenti di orientamento pertinenti. |
(4) |
Occorre pertanto abrogare il regolamento (UE) n. 544/2011. |
(5) |
È opportuno posporre l'entrata in applicazione dei requisiti modificati, per dar modo ai richiedenti di conformarvisi. |
(6) |
Per dar modo agli Stati membri e alle parti interessate di conformarsi ai nuovi requisiti, è opportuno adottare disposizioni transitorie per quanto riguarda i dati presentati per le domande di approvazione, rinnovo dell'approvazione o modifica delle condizioni di approvazione delle sostanze attive e i dati presentati per le domande di autorizzazione, rinnovo dell'autorizzazione o modifica dell'autorizzazione dei prodotti fitosanitari. |
(7) |
Dette disposizioni transitorie non pregiudicano l'articolo 80 del regolamento (CE) n. 1107/2009. |
(8) |
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali e ad esse non si sono opposti né il Parlamento europeo né il Consiglio, |
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive
I requisiti relativi ai dati applicabili alle sostanze attive di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1107/2009 sono stabiliti nell'allegato del presente regolamento.
Articolo 2
Abrogazione
Il regolamento (UE) n. 544/2011 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento.
Articolo 3
Disposizioni transitorie per le procedure concernenti le sostanze attive
Con riferimento alle sostanze attive, il regolamento (UE) n. 544/2011 rimane applicabile per quanto riguarda:
a) |
le procedure relative all'approvazione di una sostanza attiva o a una modifica dell'approvazione di tale sostanza a norma dell'articolo 13 del regolamento n. 1107/2009, per le quali i fascicoli di cui all'articolo 8, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento sono presentati entro il 31 dicembre 2013; |
b) |
le procedure relative al rinnovo dell'approvazione di una sostanza attiva a norma dell'articolo 20 del regolamento (CE) n. 1107/2009, per le quali i fascicoli supplementari di cui all'articolo 9 del regolamento (UE) n. 1141/2010 della Commissione (4) sono stati presentati entro il 31 dicembre 2013. |
Articolo 4
Disposizioni transitorie per le procedure concernenti i prodotti fitosanitari
1. Il regolamento (UE) n. 544/2011 rimane applicabile per quanto riguarda le procedure relative all'autorizzazione di un prodotto fitosanitario di cui all'articolo 28 del regolamento (CE) n. 1107/2009, a condizione che la relativa domanda sia presentata entro il 31 dicembre 2015 e che il prodotto fitosanitario contenga almeno una sostanza attiva per la quale siano stati presentati i fascicoli o i fascicoli supplementari a norma dell'articolo 3.
2. In deroga al paragrafo 1, dal 1o gennaio 2014 i richiedenti possono optare per l'applicazione dei requisiti relativi ai dati stabiliti nell'allegato del presente regolamento. Tale scelta è comunicata per iscritto al momento della presentazione della domanda ed è irrevocabile.
Articolo 5
Entrata in vigore e applicazione
1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
2. Per le procedure concernenti il rinnovo dell'approvazione di sostanze attive la cui approvazione scade il 1o gennaio 2016 o successivamente a tale data, il presente regolamento è applicabile sin dall'entrata in vigore.
Per tutte le altre procedure, esso è applicabile dal 1o gennaio 2014.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 1o marzo 2013
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 309 del 24.11.2009, pag. 1.
(2) GU L 155 dell'11.6.2011, pag. 1.
(3) GU L 230 del 19.8.1991, pag. 1.
(4) GU L 322 dell'8.12.2010, pag. 10.
ALLEGATO
INTRODUZIONE
Raccolta e presentazione delle informazioni da trasmettere
1. Le informazioni trasmesse devono soddisfare i seguenti requisiti.
1.1. |
Le informazioni devono essere sufficienti a valutare i rischi prevedibili, sia immediati che ritardati, che la sostanza attiva può comportare per l'uomo (compresi i gruppi vulnerabili), per gli animali e per l'ambiente, e devono comprendere almeno la descrizione e i risultati degli studi cui viene fatto riferimento nel presente allegato. |
1.2. |
È necessario includere ogni informazione sui potenziali effetti avversi della sostanza attiva, dei suoi metaboliti e delle sue impurezze sulla salute dell'uomo e degli animali o sulle acque freatiche. |
1.3. |
È necessario includere ogni informazione sui potenziali effetti inaccettabili della sostanza attiva, dei suoi metaboliti e delle sue impurezze sull'ambiente, sulle piante e sui prodotti vegetali. |
1.4. |
Le informazioni devono includere tutti i dati pertinenti tratti dalla letteratura scientifica sottoposta a peer review sulla sostanza attiva, sui metaboliti e sui prodotti di degradazione o reazione e sui prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva e riguardanti gli effetti collaterali sulla salute, sull'ambiente e sulle specie non bersaglio. È necessario fornire una sintesi di tali dati. |
1.5. |
Le informazioni devono includere una relazione completa e oggettiva degli studi condotti, compresa una descrizione dettagliata degli stessi. Tali informazioni non sono richieste in presenza di una delle seguenti condizioni:
In tal caso è necessario fornire una motivazione. |
1.6. |
È necessario indicare l'impiego simultaneo della sostanza attiva come biocida o nella medicina veterinaria. Se il richiedente per la sostanza attiva nel prodotto fitosanitario è identico al responsabile della notifica della sostanza attiva come biocida o farmaco veterinario, è necessario presentare una sintesi di tutti i dati pertinenti trasmessi ai fini dell'approvazione del biocida o del farmaco veterinario. Tale sintesi deve includere i valori di riferimento tossicologici e i limiti massimi di residui proposti, tenendo conto dell'eventuale esposizione cumulativa provocata dai diversi impieghi della stessa sostanza, sulla base dei metodi scientifici ammessi dalle autorità europee competenti, nonché una sintesi delle informazioni e dei dati tossicologici associati ai residui in relazione all'impiego del prodotto. Se il richiedente per la sostanza attiva nel prodotto fitosanitario non è identico al responsabile della notifica della sostanza attiva come biocida o come farmaco veterinario, è necessario presentare una sintesi di tutti i dati disponibili. |
1.7. |
Se del caso, le informazioni devono essere ottenute utilizzando i metodi di prova inseriti nell'elenco di cui al punto 6. In mancanza di adeguati disciplinari per le prove convalidati a livello nazionale o internazionale, vanno utilizzati i disciplinari per le prove ammessi dall'autorità europea competente. Eventuali deviazioni dalla norma devono essere descritte e motivate. |
1.8. |
Le informazioni devono includere una descrizione completa dei metodi di prova utilizzati. |
1.9. |
Le informazioni devono includere un elenco di endpoint per la sostanza attiva. |
1.10. |
Se del caso, le informazioni devono essere ottenute in conformità della direttiva 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1). |
1.11. |
Le informazioni sulla sostanza attiva, assieme alle informazioni concernenti uno o più prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva e, se del caso, assieme alle informazioni concernenti i fitoprotettori e i sinergizzanti e altri componenti del prodotto fitosanitario, devono essere sufficienti a:
|
1.12. |
Se del caso, devono essere utilizzati opportuni metodi statistici per il disegno dei test e per l'analisi dei risultati. |
1.13. |
I calcoli relativi all'esposizione devono far riferimento ai metodi scientifici riconosciuti dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (l'Autorità), se del caso. L'uso di altri metodi deve essere giustificato. |
1.14. |
Per ciascuna sezione dei requisiti relativi ai dati, deve essere presentata una sintesi di tutti i dati, delle informazioni e della valutazione effettuata, con una valutazione particolareggiata e critica in conformità delle disposizioni di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1107/2009. |
2. I requisiti stabiliti nel presente regolamento si riferiscono ai dati minimi da fornire. A livello nazionale possono rendersi necessari ulteriori requisiti in circostanze particolari, vale a dire scenari specifici e modalità d'impiego diverse da quelle considerate ai fini dell'approvazione. Nella fase di impostazione delle prove e di approvazione da parte delle autorità competenti, è necessario prestare estrema attenzione alle condizioni ambientali, climatiche e agronomiche.
3. Buona pratica di laboratorio (BPL)
3.1. |
Le prove e le analisi intese ad ottenere dati sulle proprietà o sulla sicurezza per la salute dell'uomo o degli animali o per l'ambiente devono essere effettuate in conformità dei principi della direttiva 2004/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4). |
3.2. |
In deroga al punto 3.1:
|
4. Materiali di prova
4.1. |
Occorre fornire una descrizione dettagliata (specifiche) del materiale utilizzato. Nelle prove in cui viene impiegata la sostanza attiva, il materiale utilizzato deve essere conforme alle specifiche cui ci si dovrà attenere nella produzione dei prodotti fitosanitari da autorizzare, salvo nel caso in cui si utilizzi materiale radiomarcato o la sostanza attiva purificata. |
4.2. |
Se gli studi sono condotti utilizzando una sostanza attiva fabbricata in laboratorio o in un impianto pilota, devono essere ripetuti utilizzando la sostanza attiva fabbricata, salvo nel caso in cui il richiedente dimostri che il materiale utilizzato nella prova è sostanzialmente lo stesso ai fini della prova e della valutazione tossicologica, ecotossicologica, ambientale e dei residui. In caso di incertezza devono essere presentati studi integrativi in base ai quali decidere se sia necessario ripetere gli studi. |
4.3. |
Se gli studi sono condotti utilizzando una sostanza attiva di purezza diversa o contenente impurezze diverse o contenuti di impurezze diversi rispetto a quanto indicato nelle specifiche tecniche o se la sostanza attiva è costituita da una miscela di componenti, la significatività di tali differenze va trattata sulla base di dati o prove scientifiche. In caso di incertezza, occorre presentare studi appropriati su cui basare la decisione, prodotti utilizzando la sostanza attiva fabbricata per la produzione commerciale. |
4.4. |
Nel caso di studi in cui la somministrazione si protrae nel tempo (ad esempio studi a dose ripetuta), per il dosaggio è necessario utilizzare un singolo lotto di sostanza attiva, se la stabilità lo consente. Ogni qualvolta uno studio implichi l'uso di dosi differenti, la documentazione deve indicare la relazione esistente tra la dose e gli effetti avversi. |
4.5. |
Quando le prove sono condotte utilizzando la sostanza attiva purificata (≥980 g/kg) con determinate specifiche, la purezza di tale materiale di prova deve essere quella più elevata che è possibile ottenere utilizzando la migliore tecnologia disponibile e deve essere indicata. Occorre fornire una motivazione nel caso in cui il grado di purezza raggiunto sia inferiore a 980 g/kg. Da tale motivazione deve risultare che sono state esperite tutte le vie tecnicamente possibili e prospettabili per la fabbricazione della sostanza attiva purificata. |
4.6. |
Se viene utilizzato materiale di prova radiomarcato, i radiomarcanti devono essere posti in siti (uno o più, a seconda del caso) tali da agevolare la comprensione delle vie metaboliche e di trasformazione nonché lo studio della distribuzione della sostanza attiva e dei suoi metaboliti, dei prodotti di reazione e di degradazione. |
5. Test sugli animali vertebrati
5.1. |
I test sugli animali vertebrati vanno effettuati solo se non ci sono altri metodi convalidati disponibili. I metodi alternativi da prendere in considerazione includono i metodi in vitro e quelli in silico. Occorre inoltre promuovere la riduzione e il raffinamento dei metodi di prova in vivo per limitare al minimo l'uso degli animali nella sperimentazione. |
5.2. |
Nella progettazione dei metodi di prova occorre tener conto dei principi della sostituzione, della riduzione e del perfezionamento delle tecniche per l'uso degli animali, in particolare quando diventano disponibili opportuni metodi convalidati per sostituire, ridurre o perfezionare la sperimentazione sugli animali. |
5.3. |
Non devono essere effettuati, ai fini del presente regolamento, test che prevedono la somministrazione intenzionale della sostanza attiva o del prodotto fitosanitario ad esseri umani e a primati non umani. |
5.4. |
Per motivi etici, le modalità di effettuazione degli studi devono essere attentamente valutate, tenendo conto delle possibilità di ridurre, perfezionare e sostituire i test su animali. Ad esempio, includendo in uno studio uno o più gruppi di dosaggio aggiuntivi o tempi per i prelievi ematici, si potrebbe evitare un ulteriore studio. |
6. A fini di informazione e di armonizzazione, è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea l'elenco dei metodi di prova e dei documenti di orientamento relativi all'applicazione del presente regolamento. L'elenco è periodicamente aggiornato.
PARTE A
SOSTANZE ATTIVE CHIMICHE
INDICE
SEZIONE 1. |
Identità della sostanza attiva |
1.1. |
Richiedente |
1.2. |
Fabbricante |
1.3. |
Nome comune proposto o accettato dall'ISO e sinonimi |
1.4. |
Nome chimico (nomenclatura IUPAC e CA) |
1.5. |
Numeri di codice di sviluppo del fabbricante |
1.6. |
Numeri CAS, CE e CIPAC |
1.7. |
Formula molecolare e strutturale; massa molare |
1.8. |
Metodo di fabbricazione (percorso di sintesi) della sostanza attiva |
1.9. |
Specifiche di purezza della sostanza attiva in g/kg |
1.10. |
Identità e contenuto degli additivi (ad esempio agenti stabilizzanti) e delle impurezze |
1.10.1. |
Additivi |
1.10.2. |
Impurezze significative |
1.10.3. |
Impurezze rilevanti |
1.11. |
Profilo analitico dei lotti |
SEZIONE 2. |
Proprietà fisiche e chimiche della sostanza attiva |
2.1. |
Punto di fusione e punto di ebollizione |
2.2. |
Tensione di vapore, volatilità |
2.3. |
Aspetto (stato fisico, colore) |
2.4. |
Spettri (UV/VIS, IR, NMR e MS), estinzione molare a lunghezze d'onda rilevanti, purezza ottica |
2.5. |
Solubilità in acqua |
2.6. |
Solubilità nei solventi organici |
2.7. |
Coefficiente di partizione n-ottanolo/acqua |
2.8. |
Dissociazione in acqua |
2.9. |
Infiammabilità e autoriscaldamento |
2.10. |
Punto di infiammabilità |
2.11. |
Proprietà esplosive |
2.12. |
Tensione superficiale |
2.13. |
Proprietà ossidanti |
2.14. |
Altri studi |
SEZIONE 3. |
Altre informazioni sulla sostanza attiva |
3.1. |
Impiego della sostanza attiva |
3.2. |
Funzione |
3.3. |
Effetti sugli organismi nocivi |
3.4. |
Campo d'impiego previsto |
3.5. |
Organismi nocivi controllati e colture o prodotti protetti o trattati |
3.6. |
Meccanismo d'azione |
3.7. |
Informazioni sull'eventuale sviluppo di resistenza e appropriate strategie di gestione |
3.8. |
Metodi e precauzioni per la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o in caso di incendio |
3.9. |
Procedure di distruzione o di decontaminazione |
3.10. |
Misure di emergenza in caso di incidente |
SEZIONE 4. |
Metodi analitici |
Introduzione
4.1. |
Metodi utilizzati per la produzione di dati di pre-approvazione |
4.1.1. |
Metodi per l'analisi della sostanza attiva fabbricata |
4.1.2. |
Metodi di valutazione dei rischi |
4.2. |
Metodi di controllo e monitoraggio post-approvazione |
SEZIONE 5. |
Studi tossicologici e sul metabolismo |
Introduzione
5.1. |
Studi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione nei mammiferi |
5.1.1. |
Assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione in seguito ad esposizione per via orale |
5.1.2. |
Assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione in seguito ad esposizione per altre vie |
5.2. |
Tossicità acuta |
5.2.1. |
Orale |
5.2.2. |
Dermica |
5.2.3. |
Inalazione |
5.2.4. |
Irritazione cutanea |
5.2.5. |
Irritazione oculare |
5.2.6. |
Sensibilizzazione cutanea |
5.2.7. |
Fototossicità |
5.3. |
Tossicità a breve termine |
5.3.1. |
Studio di tossicità orale a 28 giorni |
5.3.2. |
Studio di tossicità orale a 90 giorni |
5.3.3. |
Altre vie |
5.4. |
Test di genotossicità |
5.4.1. |
Studi in vitro |
5.4.2. |
Studi in vivo su cellule somatiche |
5.4.3. |
Studi in vivo su cellule germinali |
5.5. |
Tossicità a lungo termine e cancerogenicità |
5.6. |
Tossicità sulla riproduzione |
5.6.1. |
Studi generazionali |
5.6.2. |
Studi di tossicità per lo sviluppo |
5.7. |
Studi di neurotossicità |
5.7.1. |
Studi di neurotossicità nei roditori |
5.7.2. |
Studi di polineuropatia ritardata |
5.8. |
Altri studi di tossicità |
5.8.1. |
Studi di tossicità dei metaboliti |
5.8.2. |
Studi supplementari sulla sostanza attiva |
5.8.3. |
Proprietà di interferenza endocrina |
5.9. |
Dati medici |
5.9.1. |
Controlli medici sul personale dello stabilimento di produzione e studi di monitoraggio |
5.9.2. |
Dati raccolti sull'uomo |
5.9.3. |
Osservazioni dirette |
5.9.4. |
Studi epidemiologici |
5.9.5. |
Diagnosi dell'avvelenamento (determinazione della sostanza attiva e dei metaboliti), segni specifici di avvelenamento, prove cliniche |
5.9.6. |
Trattamento proposto: misure di pronto soccorso, antidoti, trattamento medico |
5.9.7. |
Effetti previsti dell'avvelenamento |
SEZIONE 6. |
Residui in o su prodotti, alimenti per l'uomo e alimenti per gli animali trattati |
6.1. |
Stabilità dei residui durante l'immagazzinamento |
6.2. |
Metabolismo, distribuzione ed espressione dei residui |
6.2.1. |
Piante |
6.2.2. |
Pollame |
6.2.3. |
Ruminanti da latte |
6.2.4. |
Suini |
6.2.5. |
Pesci |
6.3. |
Prove per la determinazione dell'entità dei residui nei vegetali |
6.4. |
Studi sull'alimentazione |
6.4.1. |
Pollame |
6.4.2. |
Ruminanti |
6.4.3. |
Suini |
6.4.4. |
Pesci |
6.5. |
Effetti della trasformazione |
6.5.1. |
Natura del residuo |
6.5.2. |
Distribuzione del residuo nella buccia non commestibile e nella polpa |
6.5.3. |
Entità dei residui nei prodotti trasformati |
6.6. |
Residui nelle colture a rotazione |
6.6.1. |
Metabolismo nelle colture a rotazione |
6.6.2. |
Entità dei residui nelle colture a rotazione |
6.7. |
Definizioni dei residui e livelli massimi di residui proposti |
6.7.1. |
Definizioni dei residui proposte |
6.7.2. |
Livelli massimi di residui (LMR) proposti e giustificazione dell'accettabilità dei livelli proposti |
6.7.3. |
Livelli massimi di residui (LMR) proposti e giustificazione dell'accettabilità dei livelli proposti per i prodotti importati (tolleranza ammessa all'importazione) |
6.8. |
Intervalli di sicurezza proposti |
6.9. |
Stima dell'esposizione potenziale ed effettiva attraverso la dieta e altre vie |
6.10. |
Altri studi |
6.10.1. |
Livelli dei residui nel polline e nei prodotti delle api |
SEZIONE 7. |
Destino e comportamento nell'ambiente |
7.1. |
Destino e comportamento nel suolo |
7.1.1. |
Via di degradazione nel suolo |
7.1.1.1. |
Degradazione aerobica |
7.1.1.2. |
Degradazione anaerobica |
7.1.1.3. |
Fotolisi nel suolo |
7.1.2. |
Percentuale di degradazione nel suolo |
7.1.2.1. |
Studi di laboratorio |
7.1.2.1.1. |
Degradazione aerobica della sostanza attiva |
7.1.2.1.2. |
Degradazione aerobica dei metaboliti e dei prodotti di degradazione e di reazione |
7.1.2.1.3. |
Degradazione anaerobica della sostanza attiva |
7.1.2.1.4. |
Degradazione anaerobica dei metaboliti e dei prodotti di degradazione e di reazione |
7.1.2.2. |
Studi in campo |
7.1.2.2.1. |
Studi di dissipazione nel suolo |
7.1.2.2.2. |
Studi di accumulo nel suolo |
7.1.3. |
Adsorbimento e desorbimento nel suolo |
7.1.3.1. |
Adsorbimento e desorbimento |
7.1.3.1.1. |
Adsorbimento e desorbimento della sostanza attiva |
7.1.3.1.2. |
Adsorbimento e desorbimento dei metaboliti e dei prodotti di degradazione e di reazione |
7.1.3.2. |
Assorbimento in funzione del tempo |
7.1.4. |
Mobilità nel suolo |
7.1.4.1. |
Studi di lisciviazione su colonna |
7.1.4.1.1. |
Lisciviazione su colonna della sostanza attiva |
7.1.4.1.2. |
Lisciviazione su colonna dei metaboliti e dei prodotti di degradazione e di reazione |
7.1.4.2. |
Studi al lisimetro |
7.1.4.3. |
Studi di lisciviazione in campo |
7.2. |
Destino e comportamento nell'acqua e nel sedimento |
7.2.1. |
Via e percentuale di degradazione nei sistemi acquatici (degradazione chimica e fotochimica) |
7.2.1.1. |
Degradazione idrolitica |
7.2.1.2. |
Degradazione fotochimica diretta |
7.2.1.3. |
Degradazione fotochimica indiretta |
7.2.2. |
Via e percentuale di degradazione biologica nei sistemi acquatici |
7.2.2.1. |
Biodegradabilità rapida |
7.2.2.2. |
Mineralizzazione aerobica nelle acque di superficie |
7.2.2.3. |
Studio su acque/sedimenti |
7.2.2.4. |
Studio su acque/sedimenti irradiati |
7.2.3. |
Degradazione nella zona di saturazione |
7.3. |
Destino e comportamento nell'aria |
7.3.1. |
Via e percentuale di degradazione nell'aria |
7.3.2. |
Propagazione atmosferica |
7.3.3. |
Effetti locali e globali |
7.4. |
Definizione del residuo |
7.4.1. |
Definizione del residuo ai fini della valutazione dei rischi |
7.4.2. |
Definizione del residuo ai fini del monitoraggio |
7.5. |
Dati di monitoraggio |
SEZIONE 8. |
Studi ecotossicologici |
Introduzione
8.1. |
Effetti sugli uccelli e altri vertebrati terrestri |
8.1.1. |
Effetti sugli uccelli |
8.1.1.1. |
Tossicità orale acuta per gli uccelli |
8.1.1.2. |
Tossicità alimentare a breve termine per gli uccelli |
8.1.1.3. |
Tossicità subcronica e tossicità per la riproduzione degli uccelli |
8.1.2. |
Effetti su vertebrati terrestri diversi dagli uccelli |
8.1.2.1. |
Tossicità orale acuta per i mammiferi |
8.1.2.2. |
Tossicità a lungo termine e tossicità per la riproduzione dei mammiferi |
8.1.3. |
Bioconcentrazione della sostanza attiva nulle prede di uccelli e mammiferi |
8.1.4. |
Effetti sui vertebrati selvatici terrestri (uccelli, mammiferi, rettili e anfibi) |
8.1.5. |
Proprietà di interferenza endocrina |
8.2. |
Effetti sugli organismi acquatici |
8.2.1. |
Tossicità acuta per i pesci |
8.2.2. |
Tossicità a lungo termine e cronica per i pesci |
8.2.2.1. |
Test di tossicità per i pesci nelle prime fasi di vita |
8.2.2.2. |
Test sull'intero ciclo di vita dei pesci |
8.2.2.3. |
Bioconcentrazione nei pesci |
8.2.3. |
Proprietà di interferenza endocrina |
8.2.4. |
Tossicità acuta per gli invertebrati acquatici |
8.2.4.1. |
Tossicità acuta per la Daphnia magna |
8.2.4.2. |
Tossicità acuta per un'ulteriore specie di invertebrati acquatici |
8.2.5. |
Tossicità a lungo termine e cronica per gli invertebrati acquatici |
8.2.5.1. |
Tossicità per la riproduzione e lo sviluppo della Daphnia magna |
8.2.5.2. |
Tossicità per la riproduzione e lo sviluppo di un'ulteriore specie di invertebrati acquatici |
8.2.5.3. |
Sviluppo e comparsa nel Chironomus riparius |
8.2.5.4. |
Organismi nei sedimenti |
8.2.6. |
Effetti sulla crescita delle alghe |
8.2.6.1. |
Effetti sulla crescita delle alghe verdi |
8.2.6.2. |
Effetti sulla crescita di un'ulteriore specie di alghe |
8.2.7. |
Effetti sui macrofiti acquatici |
8.2.8. |
Ulteriori test sugli organismi acquatici |
8.3. |
Effetti sugli artropodi |
8.3.1. |
Effetti sulle api |
8.3.1.1. |
Tossicità acuta per le api |
8.3.1.1.1. |
Tossicità orale acuta |
8.3.1.1.2. |
Tossicità acuta per contatto |
8.3.1.2. |
Tossicità cronica per le api |
8.3.1.3. |
Effetti sullo sviluppo delle api da miele e su altre fasi di vita delle api da miele |
8.3.1.4. |
Effetti subletali |
8.3.2. |
Effetti su artropodi non bersaglio diversi dalle api |
8.3.2.1. |
Effetti sull'Aphidius rhopalosiphi |
8.3.2.2. |
Effetti sul Typhlodromus pyri |
8.4. |
Effetti sulla meso- e macrofauna non bersaglio del suolo |
8.4.1. |
Lombrichi — effetti subletali |
8.4.2. |
Effetti sulla meso- e macrofauna non bersaglio del suolo (diversa dai lombrichi) |
8.4.2.1. |
Test a livello di specie |
8.5. |
Effetti sulla trasformazione dell'azoto nel suolo |
8.6. |
Effetti sulle piante superiori terrestri non bersaglio |
8.6.1. |
Sintesi dei dati di screening |
8.6.2. |
Test sulle piante non bersaglio |
8.7. |
Effetti su altri organismi terrestri (flora e fauna) |
8.8. |
Effetti sui metodi biologici di trattamento della acque reflue |
8.9. |
Dati di monitoraggio |
SEZIONE 9. |
Dati tratti dalla letteratura |
SEZIONE 10. |
Classificazione ed etichettatura |
SEZIONE 1
Identità della sostanza attiva
Le informazioni fornite devono essere sufficienti a identificare con precisione ciascuna sostanza attiva e a definirla in funzione delle relative specifiche tecniche e natura.
1.1. Richiedente
Devono essere indicati il nome e l'indirizzo del richiedente nonché il nome, la qualifica, il numero di telefono e di fax e l'indirizzo email di una persona di contatto.
1.2. Fabbricante
Devono essere indicati il nome e l'indirizzo del fabbricante della sostanza attiva, nonché il nome e l'indirizzo di ogni stabilimento di produzione della stessa. Deve essere indicata una persona di contatto (nome, numero di telefono e di fax, indirizzo email). Nei casi in cui, dopo l'approvazione della sostanza attiva, vi siano modifiche nella sede o nel numero dei produttori, le informazioni richieste devono essere nuovamente notificate alla Commissione, all'Autorità e agli Stati membri.
1.3. Nome comune proposto o accettato dall'ISO e sinonimi
Deve essere indicato il nome comune secondo l'Organizzazione internazionale per la normalizzazione (ISO), o proposto dall'ISO e, se del caso, altri nomi comuni proposti o accettati (sinonimi), compreso il nome (qualifica) dell'autorità competente in materia di nomenclatura.
1.4. Nome chimico (nomenclatura IUPAC e CA)
Deve essere indicata la denominazione chimica figurante nell'allegato VI, parte III, del regolamento (CE) n. 1272/2008, oppure, qualora non sia inclusa in detto regolamento, la denominazione chimica della nomenclatura dell'Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC) e dei Chemical Abstracts (CA).
1.5. Numeri di codice di sviluppo del fabbricante
Devono essere indicati i numeri di codice usati per identificare, durante il processo di fabbricazione, la sostanza attiva e, se disponibili, quelli utilizzati per identificare le formulazioni che la contengono. Per ogni numero di codice, indicare il materiale a cui esso si riferisce, il periodo in cui è stato usato e gli Stati membri o gli altri paesi nei quali è stato ed è tuttora usato.
1.6. Numeri CAS, CE e CIPAC
Se esistenti, indicare i numeri del Chemical Abstracts Service (CAS), della Commissione europea (CE) e del Collaborative International Pesticides Analytical Council (CIPAC).
1.7. Formula molecolare e strutturale; massa molare
Indicare la formula empirica, la massa molare e la formula strutturale della sostanza attiva e, se del caso, la formula strutturale di ogni isomero presente nella sostanza attiva.
Per gli estratti vegetali è possibile adottare un approccio diverso, purché motivato in maniera adeguata.
1.8. Metodo di fabbricazione (percorso di sintesi) della sostanza attiva
Per ciascuno stabilimento di produzione, indicare il metodo di fabbricazione, in termini di identità (denominazione, numero CAS, formula strutturale), la purezza dei materiali di partenza e se siano commercialmente disponibili, la sequenza di reazioni chimiche necessarie e l'identità delle impurezze presenti nel prodotto finale. Fornire informazioni dettagliate in merito all'origine di tali impurezze. Classificare ciascuna impurezza a seconda che questa derivi da reazioni secondarie, sia presente nel materiale di partenza, sia un residuo degli intermedi di reazione o dei materiali di partenza. È necessario valutarne l'importanza in termini tossicologici, ecotossicologici e ambientali. Tale informazione deve inoltre comprendere le impurezze non rilevate ma che in linea teorica potrebbero formarsi. In genere non sono necessarie informazioni sull'ingegneria di processo.
Se le informazioni richieste sono fornite per un impianto di produzione pilota, dovranno essere nuovamente fornite una volta che siano stati definiti i metodi e i procedimenti di produzione su scala industriale. Se disponibili, i dati relativi alla produzione su scala industriale vanno forniti prima dell'approvazione, a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009. Se i dati relativi alla produzione su scala industriale non sono disponibili, è necessario fornire una giustificazione.
1.9. Specifiche della purezza della sostanza attiva in g/kg
Indicare il contenuto minimo in g/kg della sostanza attiva pura presente nel materiale usato per la produzione di prodotti fitosanitari. Deve essere fornita una motivazione del contenuto minimo proposto nella specifica, con un'analisi statistica dei dati su almeno cinque lotti rappresentativi, come indicato al punto 1.11. È possibile fornire ulteriori dati a giustificazione della specifica tecnica.
Se le informazioni richieste sono fornite per un impianto di produzione pilota, dovranno essere nuovamente fornite una volta che siano stati definiti i metodi e i procedimenti di produzione su scala industriale. Se disponibili, i dati relativi alla produzione su scala industriale vanno forniti prima dell'approvazione, a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009. Se i dati relativi alla produzione su scala industriale non sono disponibili, è necessario fornire una giustificazione.
Se la sostanza attiva è fabbricata come concentrato tecnico (TK), indicare il contenuto minimo e massimo della sostanza attiva pura, nonché il suo contenuto nel materiale (peso a secco teorico).
Se la sostanza attiva è costituita da una miscela di isomeri, indicare il tenore o il range di contenuti dei vari isomeri. Indicare l'attività biologica relativa di ciascun isomero, sia sul piano dell'efficacia che della tossicità.
Per gli estratti vegetali è possibile adottare un approccio diverso, purché motivato in maniera adeguata.
1.10. Identità e contenuto degli additivi (ad esempio agenti stabilizzanti) e delle impurezze
Indicare il contenuto minimo e massimo di ciascun additivo in g/kg.
Indicare inoltre il contenuto massimo in g/kg di ciascun ulteriore componente diverso dagli additivi.
Se la sostanza attiva è fabbricata come concentrato tecnico (TK), indicare il contenuto massimo di ciascuna impurezza e il contenuto nel materiale (peso a secco teorico).
Gli isomeri che non rientrano nel nome comune ISO sono considerati impurezze.
Se le informazioni fornite non bastano a identificare pienamente un componente (ad esempio i condensati), fornire informazioni dettagliate circa la composizione di ciascuno di questi componenti.
Se le informazioni richieste sono fornite per un impianto di produzione pilota, dovranno essere nuovamente fornite una volta che siano stati definiti i metodi e i procedimenti di produzione su scala industriale. Se disponibili, i dati relativi alla produzione su scala industriale vanno forniti prima dell'approvazione, a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009. Se i dati relativi alla produzione su scala industriale non sono disponibili, è necessario fornire una giustificazione.
Per gli estratti vegetali è possibile adottare un approccio diverso, purché motivato in maniera adeguata.
1.10.1. Additivi
Indicare anche il nome commerciale dei componenti (di seguito «additivi») aggiunti alla sostanza attiva prima della produzione del prodotto fitosanitario per proteggerne la stabilità e facilitarne la manipolazione. Indicare per tali additivi, se del caso, le seguenti informazioni:
a) |
nome chimico (nomenclatura IUPAC e CA); |
b) |
nome comune ISO, o proposto dall'ISO, se disponibile; |
c) |
numero CAS, numero CE; |
d) |
formula molecolare e strutturale; |
e) |
massa molare; |
f) |
contenuto minimo e massimo in g/kg; |
g) |
funzione (ad esempio, stabilizzante). |
1.10.2. Impurezze significative
Le impurezze presenti con un contenuto pari o superiore a 1 g/kg sono considerate significative. Indicare per le impurezze significative, se del caso, le seguenti informazioni:
a) |
nome chimico (nomenclatura IUPAC e CA); |
b) |
nome comune ISO, o proposto dall'ISO, se disponibile; |
c) |
numero CAS, numero CE; |
d) |
formula molecolare e strutturale; |
e) |
massa molare; |
f) |
contenuto massimo in g/kg. |
Fornire informazioni sul metodo adottato per determinare l'identità di struttura delle impurezze.
1.10.3. Impurezze rilevanti
Le impurezze particolarmente indesiderabili a causa delle loro proprietà tossicologiche, ecotossicologiche o ambientali sono considerate rilevanti. Indicare per le impurezze rilevanti, se del caso, le seguenti informazioni:
a) |
nome chimico (nomenclatura IUPAC e CA); |
b) |
nome comune ISO, o proposto dall'ISO, se disponibile; |
c) |
numero CAS, numero CE; |
d) |
formula molecolare e strutturale; |
e) |
massa molare; |
f) |
contenuto massimo in g/kg. |
Fornire informazioni sul metodo adottato per determinare l'identità di struttura delle impurezze.
1.11. Profilo analitico dei lotti
Analizzare almeno cinque lotti rappresentativi della produzione su scala industriale recente e attuale della sostanza attiva, per determinare il contenuto di sostanza attiva pura, impurezze, additivi e ogni componente aggiuntivo diverso dagli additivi, se del caso. Tutti i lotti rappresentativi devono essere stati fabbricati negli ultimi cinque anni. Se i dati relativi alla produzione degli ultimi cinque anni non sono disponibili, è necessario fornire una motivazione. I risultati analitici forniti devono comprendere il contenuto, espresso in g/kg, di tutti i componenti presenti in quantitativi pari o superiori a 1 g/kg e che di norma dovrebbero costituire almeno 980 g/kg del materiale analizzato. Per gli estratti vegetali e i semiochimici (quali i feromoni) è possibile concedere esenzioni, purché motivate. Indicare la base statistica per il contenuto proposto nella specifica tecnica (ad esempio, il livello massimo rilevato nella pratica, la media più tre deviazioni standard rilevate nella pratica, ecc.). È possibile fornire ulteriori dati a giustificazione della specifica tecnica. L'effettivo contenuto dei componenti particolarmente indesiderabili a causa delle loro proprietà tossicologiche, ecotossicologiche o ambientali deve essere determinato e indicato anche se inferiore a 1 g/kg. I dati comunicati devono includere i risultati dell'analisi dei singoli campioni e una sintesi di tali dati, da cui risulti il contenuto minimo, massimo e medio di ciascun componente rilevante.
Se la sostanza attiva è fabbricata in impianti differenti, è necessario indicare separatamente per ciascun impianto le informazioni di cui al primo paragrafo.
Inoltre, se del caso, devono essere analizzati campioni della sostanza attiva fabbricati su scala di laboratorio o in impianti di produzione pilota, se tale materiale è stato utilizzato per ottenere dati tossicologici o ecotossicologici. Se questi dati non sono disponibili, è necessario fornire una giustificazione.
Se le informazioni disponibili si riferiscono a un impianto di produzione pilota, esse dovranno essere nuovamente fornite una volta che siano stati definiti i metodi e i procedimenti di produzione su scala industriale. Se disponibili, i dati relativi alla produzione su scala industriale vanno forniti prima dell'approvazione, a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009. Se i dati relativi alla produzione su scala industriale non sono disponibili, è necessario fornire una giustificazione.
SEZIONE 2
Proprietà fisiche e chimiche della sostanza attiva
2.1. Punto di fusione e punto di ebollizione
Determinare e indicare il punto di fusione o, se del caso, il punto di congelamento o di solidificazione della sostanza attiva purificata. Le misurazioni devono essere effettuate fino a 360 °C.
Determinare e indicare il punto di ebollizione della sostanza attiva purificata. Le misurazioni devono essere effettuate fino a 360 °C.
Se il punto di fusione o di ebollizione non possono essere determinati per motivi di decomposizione o di sublimazione, indicare la temperatura alla quale ha luogo la decomposizione o sublimazione.
2.2. Tensione di vapore, volatilità
Indicare la tensione di vapore della sostanza attiva purificata a 20 °C o a 25 °C. Se la tensione di vapore è inferiore a 10–5 Pa a 20 °C, la tensione di vapore a 20 °C o a 25 °C può essere stimata sulla base di una curva della tensione di vapore considerando le misurazioni alle temperature più elevate.
In caso di sostanze attive solide o liquide, determinare o calcolare la volatilità (costante della legge di Henry) della sostanza attiva purificata a partire dalla sua solubilità in acqua e dalla tensione di vapore (espressa in Pa × m3 × mol–1).
2.3. Aspetto (stato fisico, colore)
Descrivere l'eventuale colore e lo stato fisico sia della sostanza attiva fabbricata che di quella purificata.
2.4. Spettri (UV/VIS, IR, NMR, MS), estinzione molare a lunghezze d'onda rilevanti, purezza ottica
Determinare e indicare i seguenti spettri, aggiungendo una tabella di interpretazione dei segnali: ultravioletto/visibile (UV/VIS), infrarosso (IR), risonanza magnetica nucleare (NMR) e spettrometria di massa (MS) della sostanza attiva purificata.
Determinare e indicare l'estinzione molare alle lunghezze d'onda rilevanti (ε in l x mol-1 × cm–1). Le lunghezze d'onda rilevanti includono tutti i valori massimi nello spettro di assorbimento UV/visibile e le lunghezze d'onda comprese tra 290 mm e 700 mm.
In caso di sostanze attive ottenute per risoluzione enantiomerica, misurarne e indicarne la purezza ottica.
Determinare e indicare gli spettri di assorbimento UV/visibile, IR, gli spettri NMR e MS, se necessari per l'identificazione delle impurezze ritenute significative dal punto di vista tossicologico, ecotossicologico e ambientale.
2.5. Solubilità in acqua
Determinare la solubilità in acqua a pressione atmosferica delle sostanze attive purificate e indicarne un valore a 20 °C. Le determinazioni della solubilità in acqua devono essere effettuate in ambiente neutro (cioè in acqua distillata in equilibrio con l'anidride carbonica atmosferica). Se il pKa è compreso tra 2 e 12, la solubilità in acqua deve essere determinata anche in ambiente acido (pH da 4 a 5) e alcalino (pH da 9 a 10). Se la stabilità della sostanza attiva in ambiente acquoso non consente di determinare la solubilità in acqua, è necessario motivarlo in base ai dati della prova.
2.6. Solubilità nei solventi organici
Determinare la solubilità delle sostanze attive fabbricate o della sostanza attiva purificata, se inferiore a 250 g/L, nei seguenti solventi organici a una temperatura compresa tra 15 e 25 °C, specificandone la temperatura applicata ed esprimendo i risultati in g/L:
a) |
idrocarburo alifatico: di preferenza eptano; |
b) |
idrocarburo aromatico: di preferenza toluene; |
c) |
idrocarburo alogenato: di preferenza diclorometano; |
d) |
alcol: di preferenza metanolo o alcol isopropilico; |
e) |
chetone: di preferenza acetone; |
f) |
estere: di preferenza acetato di etile. |
Se uno o più di questi solventi non sono adatti ad una specifica sostanza attiva (ad esempio, reagiscono con il materiale di prova), possono essere usati solventi alternativi. In tal caso, la scelta dei solventi deve essere motivata in termini di struttura e polarità.
2.7. Coefficiente di partizione n-ottanolo/acqua
Determinare e indicare a 20 °C o 25 °C il coefficiente di partizione n-ottanolo/acqua (Kow o log Pow) della sostanza attiva purificata e di tutti i componenti della definizione del residuo ai fini della valutazione dei rischi. Quando il valore pKa della sostanza attiva è compreso tra 2 e 12, analizzare l'effetto del pH (da 4 a 10).
2.8 Dissociazione in acqua
In presenza di dissociazione in acqua, determinare e indicare per 20 °C le costanti di dissociazione (valori pKa) della sostanza attiva purificata. Indicare l'identità delle specie dissociate formatesi, sulla base di considerazioni teoriche. Se la sostanza attiva è un sale, indicare il valore pKa della sua forma non dissociata.
2.9. Infiammabilità e autoinfiammabilità
Determinare e indicare l'infiammabilità e l'autoinfiammabilità delle sostanze attive fabbricate. È accettabile una stima teorica basata sulla struttura, purché essa soddisfi i criteri stabiliti nell'appendice 6 delle Raccomandazioni ONU per il trasporto di merci pericolose, Manuale delle prove e dei criteri (6). In casi motivati, si possono utilizzare i dati relativi alla sostanza attiva purificata.
2.10. Punto di infiammabilità
Determinare e indicare il punto di infiammabilità delle sostanze attive fabbricate con un punto di fusione inferiore a 40 °C. In casi motivati, si possono utilizzare i dati relativi alla sostanza attiva purificata.
2.11. Proprietà esplosive
Occorre determinare e indicare le proprietà esplosive delle sostanze attive fabbricate. È accettabile una stima teorica basata sulla struttura, purché essa soddisfi i criteri stabiliti nell'appendice 6 delle Raccomandazioni ONU per il trasporto di merci pericolose, Manuale delle prove e dei criteri. In casi motivati, si possono utilizzare i dati relativi alla sostanza attiva purificata.
2.12. Tensione superficiale
Determinare e indicare la tensione superficiale della sostanza attiva purificata.
2.13. Proprietà ossidanti
Determinare e indicare le proprietà ossidanti delle sostanze attive fabbricate. È accettabile una stima teorica basata sulla struttura, purché soddisfi i criteri stabiliti nell'appendice 6 delle Raccomandazioni ONU per il trasporto di merci pericolose, Manuale delle prove e dei criteri. In casi motivati, si possono utilizzare i dati relativi alla sostanza attiva purificata.
2.14. Altri studi
Gli studi supplementari necessari ai fini della classificazione della sostanza attiva in base al pericolo vanno condotti in conformità del regolamento (CE) 1272/2008.
SEZIONE 3
Altre informazioni sulla sostanza attiva
3.1. Impiego della sostanza attiva
Le informazioni fornite devono indicare gli scopi per i quali i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva sono o devono essere utilizzati, la dose e le modalità del loro uso o dell'uso che ne è proposto.
3.2. Funzione
Indicare come funzione una delle seguenti:
a) |
acaricida; |
b) |
battericida; |
c) |
fungicida; |
d) |
diserbante; |
e) |
insetticida; |
f) |
molluschicida; |
g) |
nematocida; |
h) |
fitoregolatore; |
i) |
repellente; |
j) |
rodenticida; |
k) |
semiochimico; |
l) |
talpicida; |
m) |
virucida; |
n) |
altro (specificato dal richiedente). |
3.3. Effetti sugli organismi nocivi
Indicare la natura degli effetti sugli organismi nocivi:
a) |
azione per contatto; |
b) |
azione per ingestione; |
c) |
azione per inalazione; |
d) |
azione micotossica; |
e) |
azione micostatica; |
f) |
azione essiccante; |
g) |
inibizione della riproduzione; |
h) |
altro (specificato dal richiedente). |
Indicare se si verifica una traslocazione della sostanza attiva nelle piante e, se del caso, se la traslocazione è apoplastica, simplastica o di entrambi i tipi.
3.4. Campo d'impiego previsto
Specificare i campi d'impiego, esistenti e proposti, dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva selezionandoli tra i seguenti:
a) |
uso in campo (agricoltura, orticoltura, silvicoltura e viticoltura); |
b) |
colture protette (serre); |
c) |
aree di svago (parchi pubblici, ecc.); |
d) |
diserbante in zone non coltivate; |
e) |
giardinaggio domestico; |
f) |
piante da interni; |
g) |
conservazione di prodotti vegetali; |
h) |
altro (specificato dal richiedente). |
3.5. Organismi nocivi controllati e colture o prodotti protetti o trattati
Precisare l'impiego esistente e previsto in termini di colture, gruppi di colture, piante o prodotti vegetali trattati e, se del caso, protetti.
Se del caso, descrivere nel dettaglio gli organismi nocivi contro i quali agisce il prodotto.
Se del caso, indicare gli effetti ottenuti, ad esempio eliminazione dei germogli, ritardo della maturazione, riduzione della lunghezza dei gambi, miglioramento della fertilizzazione.
3.6. Meccanismo d'azione
Descrivere il meccanismo d'azione della sostanza attiva, nella misura in cui esso è noto, in termini, se del caso, dei meccanismi biochimici e fisiologici e delle vie biochimiche interessate. Se disponibili, devono essere indicati i risultati degli studi sperimentali rilevanti.
Se è noto che, per ottenere l'effetto desiderato, la sostanza attiva deve essere trasformata in un metabolita o in un prodotto di degradazione dopo l'applicazione o l'uso di prodotti fitosanitari che la contengono, fornire le seguenti informazioni relative al metabolita attivo o ai prodotti di degradazione:
a) |
nome chimico (nomenclatura IUPAC e CA); |
b) |
nome comune ISO, o proposto dall'ISO; |
c) |
numero CAS, numero CE; |
d) |
formula molecolare e strutturale; |
e) |
massa molare. |
Le informazioni di cui alle lettere da a) ad e), se del caso, rimandano a quelle fornite alle sezioni da 5 a 8 e si basano su di esse.
Fornire informazioni relative alla formazione di metaboliti e prodotti di degradazione attivi. Le informazioni devono comprendere:
— |
i processi, i meccanismi e le reazioni che intervengono, |
— |
i dati cinetici e di altro tipo riguardanti la percentuale di conversione e, se noto, lo stadio cineticamente determinante, |
— |
i fattori ambientali e di altro tipo che influenzano la percentuale e l'ampiezza della conversione. |
3.7. Informazioni sullo sviluppo o sul possibile sviluppo di resistenza e appropriate strategie di gestione
Fornire informazioni sullo sviluppo o sul possibile di resistenza o resistenza crociata, se disponibili.
Predisporre adeguate strategie di gestione dei rischi per aree regionali/nazionali.
3.8. Metodi e precauzioni per la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o in caso di incendio
Per tutte le sostanze attive fornire una scheda dei dati di sicurezza a norma dell'articolo 31 del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
Gli studi, i dati e le informazioni presentati e altri studi, dati e informazioni pertinenti, devono specificare e motivare i metodi e le precauzioni da seguire in caso di incendio; devono essere stimati i prodotti di combustione che possono formarsi in caso di incendio, sulla base della struttura chimica e delle proprietà fisico-chimiche della sostanza attiva.
3.9. Metodi di distruzione o di decontaminazione
In molti casi il sistema preferibile o l'unico possibile per uno smaltimento sicuro di sostanze attive, materiali o imballaggi contaminati consiste nell'incenerimento controllato effettuato in un inceneritore autorizzato. L'incenerimento deve essere effettuato in conformità dei criteri stabiliti nella direttiva 94/67/CE del Consiglio (8).
Descrivere dettagliatamente gli eventuali altri metodi proposti per lo smaltimento della sostanza attiva, di imballaggi e materiali contaminati. Fornire dati atti a determinare l'efficacia e la sicurezza di tali metodi.
3.10. Misure di emergenza in caso di incidente
Specificare i metodi di decontaminazione dell'acqua e del suolo in caso di incidente.
Gli studi, i dati e le informazioni presentati e altri studi, dati e informazioni pertinenti, devono dimostrare l'idoneità delle misure proposte ad affrontare eventuali situazioni di emergenza.
SEZIONE 4
Metodi analitici
Introduzione
Le disposizioni della presente sezione riguardano i metodi analitici utilizzati per ottenere i dati di pre-approvazione e necessari ai fini del controllo e del monitoraggio post-approvazione.
Devono essere fornite descrizioni dei metodi comprendenti informazioni dettagliate sulle attrezzature, i materiali utilizzati e le condizioni necessarie.
Su richiesta, deve essere fornito quanto segue:
a) |
standard analitici della sostanza attiva purificata; |
b) |
campioni della sostanza attiva fabbricata; |
c) |
standard analitici dei metaboliti rilevanti e di tutti gli altri componenti compresi in tutte le definizioni di residuo ai fini del monitoraggio; |
d) |
campioni delle sostanze di riferimento per le impurezze rilevanti. |
Se possibile, gli standard di cui alle lettere da a) a c) devono essere resi commercialmente disponibili e, su richiesta, deve essere indicata la società distributrice.
4.1. Metodi utilizzati per la produzione di dati di pre-approvazione
4.1.1. Metodi per l'analisi della sostanza attiva fabbricata
Descrivere in modo esauriente i metodi che consentono di determinare:
a) |
la sostanza attiva pura nella sostanza attiva fabbricata, specificata nel fascicolo presentato a sostegno dell'autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009; |
b) |
le impurezze significative e rilevanti e gli additivi (quali gli agenti stabilizzanti) nella sostanza attiva fabbricata. |
Determinare e indicare l'applicabilità dei metodi CIPAC esistenti. Se si utilizza un metodo CIPAC, non sono necessari ulteriori dati di convalida, ma devono essere presentati esempi di cromatogrammi, se disponibili.
Determinare e indicare la specificità dei metodi. Deve essere inoltre determinato il grado di interferenza di altre sostanze presenti nella sostanza attiva fabbricata (ad esempio, impurezze o additivi).
Determinare e indicare la linearità dei metodi. Il range di calibrazione deve estendersi (di almeno il 20 %) oltre il contenuto nominale massimo e minimo della sostanza da analizzare nelle soluzioni analitiche pertinenti. Effettuare doppie determinazioni a tre o più concentrazioni o singole determinazioni a cinque o più concentrazioni. Indicare l'equazione della linea di calibrazione e il coefficiente di correlazione e presentare un diagramma di calibrazione tipico. Il richiedente deve motivare l'eventuale utilizzo di una risposta non lineare.
Determinare e indicare la precisione (ripetibilità) dei metodi. Effettuare almeno cinque determinazioni di campioni replicati e indicare la media, la deviazione standard relativa e il numero di determinazioni.
Per la determinazione del contenuto della sostanza attiva, valutare l'accuratezza del metodo sulla base di una valutazione dell'interferenza e della precisione.
Per quanto riguarda gli additivi e le impurezze significative e rilevanti:
— |
l'accuratezza dei metodi deve essere determinata su almeno due campioni rappresentativi a livelli adeguati ai dati relativi al lotto e alla specifica del materiale. Indicare la media e la deviazione standard relativa dei recuperi; |
— |
non è necessario effettuare la determinazione sperimentale del limite di quantificazione. Tuttavia, va dimostrato che i metodi sono sufficientemente precisi da consentire un'analisi delle impurezze significative ai livelli adeguati alla specifica del materiale e delle impurezze rilevanti ad una concentrazione almeno del 20% inferiore al limite della specifica. |
4.1.2. Metodi di valutazione dei rischi
Descrivere in modo esauriente i metodi di determinazione dei residui non marcati con isotopi in tutte le parti del fascicolo, come di seguito specificato:
a) |
nel suolo, nell'acqua, nei sedimenti, nell'aria e in qualsiasi altra matrice utilizzata negli studi sul destino ambientale; |
b) |
nel suolo, nell'acqua e in qualsiasi altra matrice utilizzata negli studi di efficacia; |
c) |
negli alimenti per animali, nei liquidi fisiologici e nei tessuti, nell'aria e in qualsiasi altra matrice utilizzata negli studi di tossicità; |
d) |
nei liquidi fisiologici, nell'aria e in qualsiasi altra matrice utilizzata negli studi sull'esposizione di operatori, lavoratori, residenti e astanti; |
e) |
in o su piante, prodotti vegetali, prodotti alimentari lavorati, alimenti di origine vegetale e animale, alimenti per animali e qualsiasi altra matrice utilizzata negli studi sui residui; |
f) |
nel suolo, nell'acqua, nei sedimenti, negli alimenti per animali e in qualsiasi altra matrice utilizzata negli studi ecotossicologici; |
g) |
nell'acqua, nelle soluzioni tampone, nei solventi organici e in qualsiasi altra matrice utilizzata nei test sulle proprietà fisico-chimiche. |
Determinare e indicare la specificità dei metodi. Se del caso, occorre presentare metodi di conferma convalidati.
Determinare e indicare la linearità, il recupero e la precisione (ripetibilità) dei metodi.
I dati devono essere generati al limite di quantificazione e o ai livelli probabili di residui o a dieci volte il limite di quantificazione. Se del caso, determinare e indicare il limite di quantificazione per ciascuna sostanza da analizzare.
4.2. Metodi di controllo e monitoraggio post-approvazione
Descrivere in modo esauriente i metodi per:
a) |
la determinazione di tutti i componenti inclusi nella definizione di residuo ai fini del monitoraggio presentata a norma delle disposizioni di cui al punto 6.7.1 per consentire agli Stati membri di determinare la conformità ai livelli massimi di residui stabiliti; sono compresi i residui in o su alimenti di origine vegetale e animale per l'uomo e gli animali; |
b) |
la determinazione di tutti i componenti inclusi ai fini del monitoraggio nelle definizioni del residuo per suolo e acqua presentate a norma delle disposizioni di cui al punto 7.4.2; |
c) |
l'analisi nell'aria della sostanza attiva e dei relativi prodotti di degradazione formatisi durante o dopo l'applicazione, salvo il caso in cui il richiedente dimostri che l'esposizione di operatori, lavoratori, residenti o astanti è trascurabile; |
d) |
l'analisi nei liquidi fisiologici e nei tessuti al fine di rilevare le sostanze attive e i relativi metaboliti. |
Questi metodi devono essere i più semplici possibile, comportare costi minimi e basarsi sull'impiego di attrezzature comunemente disponibili.
Determinare e indicare la specificità dei metodi, che deve permettere di determinare tutti i componenti compresi nella definizione del residuo ai fini del monitoraggio. Se del caso, presentare metodi di conferma convalidati.
Determinare e indicare la linearità, il recupero e la precisione (ripetibilità) dei metodi.
I dati devono essere generati al limite di quantificazione e o ai livelli probabili di residui o a dieci volte il limite di quantificazione. Determinare e indicare il limite di quantificazione per ciascun componente che rientra nella definizione del residuo ai fini del monitoraggio.
Per i residui in o su alimenti per l'uomo e gli animali di origine vegetale e animale e nei residui nell'acqua potabile, occorre determinare e indicare la riproducibilità del metodo mediante la convalida di un laboratorio indipendente.
SEZIONE 5
Studi tossicologici e sul metabolismo
Introduzione
1. |
Valutare se sia pertinente produrre dati relativi alla tossicità in modelli animali con profili metabolici dissimili da quelli riscontrati negli esseri umani, se tali informazioni metaboliche sono disponibili, e tenerne conto ai fini del disegno degli studi e della valutazione dei rischi. |
2. |
Devono essere indicati tutti i possibili effetti avversi rilevati durante gli studi di tossicità (inclusi gli effetti su organi/sistemi quali il sistema immunitario, il sistema nervoso o quello endocrino). Possono essere necessari studi ulteriori per esaminare gli effetti impliciti dei meccanismi che potrebbero rivelarsi critici ai fini dell'identificazione del pericolo o della valutazione dei rischi. Devono essere indicati tutti i dati e le informazioni di ordine biologico disponibili e utili a valutare il profilo tossicologico della sostanza attiva sottoposta a prova, anche attraverso modellizzazioni. |
3. |
Occorre fornire con regolarità dati di controllo storici, se disponibili. I dati presentati devono riferirsi agli endpoint che potrebbero rappresentare effetti avversi critici, nonché ad un determinato ceppo, ed essere ottenuti dal laboratorio che ha effettuato lo studio «indice». I dati devono riferirsi a un periodo di cinque anni, facendo riferimento il più possibile alla data dello studio «indice». |
4. |
Nel predisporre un programma di studio, è necessario tenere conto dei dati disponibili relativi alla sostanza oggetto di prova, quali le sue proprietà fisico-chimiche (come la volatilità), la purezza, la reattività (come la percentuale di idrolisi, l'elettrofilicità) e le relazioni struttura/attività degli analoghi chimici. |
5. |
In tutti gli studi deve essere indicata la dose reale massima somministrata, espressa in mg/kg di peso corporeo e in altre unità adeguate (come in mg/L per inalazione, mg/cm2 per via cutanea). |
6. |
I metodi analitici da utilizzare negli studi di tossicità devono essere specifici per l'entità da misurare nonché adeguatamente convalidati. Il livello di quantificazione deve essere adeguato alla misurazione dell'intervallo di concentrazione che si prevede possa essere generato nella produzione di dati tossicocinetici. |
7. |
Se, a seguito del metabolismo o di altri processi in o su piante trattate, nel bestiame, nel suolo, nelle acque freatiche, all'aria aperta, oppure a seguito della trasformazione di prodotti trattati, il residuo finale a cui saranno esposti gli esseri umani contiene una sostanza diversa dalla sostanza attiva stessa e non identificata come un metabolita significativo nei mammiferi, occorre effettuare studi di tossicità su tale sostanza, se tecnicamente possibile, salvo nel caso in cui si possa dimostrare che l'esposizione degli esseri umani a tale sostanza non rappresenta un rischio rilevante per la salute. Studi di tossicocinetica e sul metabolismo relativi ai metaboliti e ai prodotti di degradazione sono necessari solo se non è possibile valutare le conclusioni relative alla tossicità del metabolita sulla base dei risultati disponibili sulla sostanza attiva. |
8. |
Va sempre utilizzata la via orale se questa risulta essere pratica. Se l'esposizione degli esseri umani avviene essenzialmente in fase gassosa, può essere più opportuno effettuare alcuni degli studi per via inalatoria. |
9. |
Ai fini della determinazione della dose, è necessario tenere conto dei dati tossicocinetici come la saturazione dell'assorbimento in base alla disponibilità sistemica della sostanza e/o dei metaboliti. |
5.1. Studi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione nei mammiferi
Occorre fornire informazioni relative alla concentrazione nel sangue e nei tessuti della sostanza attiva e dei metaboliti rilevanti, ad esempio in merito al tempo necessario per raggiungere la concentrazione massima nel plasma (Tmax), mediante studi a breve e lungo termine condotti sulle specie pertinenti, per incrementare il valore dei dati tossicologici prodotti allo scopo di comprendere gli studi di tossicità.
I dati tossicocinetici hanno principalmente lo scopo di descrivere l'esposizione sistemica raggiunta negli animali nonché la sua relazione con i livelli di dosaggio e con la durata degli studi di tossicità.
Altri obiettivi sono:
a) |
mettere in relazione l'esposizione raggiunta negli studi di tossicità con i risultati tossicologici e contribuire alla valutazione della pertinenza di tali risultati per la salute dell'uomo, in particolare per i gruppi vulnerabili; |
b) |
contribuire al disegno di uno studio tossicologico (scelta delle specie, regime di trattamento, selezione dei livelli di dosaggio) in relazione alla cinetica e al metabolismo; |
c) |
fornire informazioni che, in relazione ai risultati degli studi di tossicità, contribuiscano al disegno di ulteriori studi tossicologici, come descritto al punto 5.8.2; |
d) |
confrontare il metabolismo dei ratti a quello del bestiame, come descritto al punto 6.2.4. |
5.1.1. Assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione in seguito ad esposizione per via orale
I dati richiesti per quanto riguarda l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'escrezione in seguito ad esposizione per via orale possono limitarsi alla prova su una sola specie in vivo (in genere ratti). Questi dati possono fornire informazioni utili all'organizzazione e all'interpretazione dei successivi test tossicologici. Tuttavia, occorre ricordare che le informazioni relative alle differenze sulle interspecie sono essenziali nell'estrapolazione dei dati relativi all'animale agli esseri umani e che le informazioni sul metabolismo dopo la somministrazione per altre vie possono essere utili ai fini delle valutazioni dei rischi per gli esseri umani.
Non è possibile specificare requisiti particolareggiati per ciascun settore poiché i requisiti specifici dipenderanno dai risultati ottenuti per ciascuna particolare sostanza in esame.
Gli studi devono fornire informazioni sufficienti in merito alla cinetica della sostanza attiva e dei suoi metaboliti nelle specie pertinenti, in seguito ad esposizione a:
a) |
un'unica dose per via orale (livelli di dosaggio bassi ed elevati); |
b) |
una dose preferibilmente per via intravenosa o, se disponibile, un'unica dose per via orale con valutazione dell'escrezione biliare (livello di dosaggio baso); |
c) |
una dose ripetuta. |
Un parametro fondamentale è quello della biodisponibilità sistemica (F), ottenuto confrontando l'area sotto la curva (AUC) dopo il dosaggio per via orale e per via intravenosa.
Se il dosaggio per via intravenosa non è disponibile, è necessario fornire una motivazione.
Il disegno degli studi cinetici richiesti deve prevedere:
a) |
una valutazione della percentuale e dell'entità dell'assorbimento orale, inclusi concentrazione massima nel plasma (Cmax), AUC, Tmax e altri parametri adeguati, quale la biodisponibilità; |
b) |
il potenziale di bioaccumulo; |
c) |
i tempi di dimezzamento del plasma; |
d) |
la distribuzione negli organi principali e nei tessuti; |
e) |
informazioni sulla distribuzione nelle cellule ematiche; |
f) |
la struttura chimica e la quantificazione dei metaboliti nei liquidi biologici e nei tessuti; |
g) |
le diverse vie metaboliche; |
h) |
la via e il tempo dell'escrezione della sostanza attiva e dei metaboliti; |
i) |
studi in merito alla presenza e all'entità della circolazione enteroepatica. |
Occorre effettuare studi comparativi in vitro sul metabolismo nelle specie animali da utilizzare per gli studi cardine e su materiale di origine umana (microsomi o sistemi di cellule intatte) per determinare la pertinenza dei dati tossicologici relativi agli animali nonché per fornire un orientamento all'interpretazione dei risultati ottenuti e per definire ulteriormente la strategia di sperimentazione.
Se un metabolita è rilevato in vitro nel materiale di origine umana e non nelle specie animali in esame, è necessario fornire una spiegazione o effettuare ulteriori prove.
5.1.2. Assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione in seguito ad esposizione per altre vie
Occorre fornire dati relativi all'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'escrezione (ADME) ottenuti in seguito ad esposizione per via dermica se la tossicità che ne deriva è rilevante rispetto a quella che deriva dall'esposizione per via orale. Prima di effettuare studi ADME in vivo a seguito dell'esposizione per via dermica, è necessario condurre uno studio sulla penetrazione dermica in vitro per valutare la probabile entità e la percentuale probabile di biodisponibilità dermica.
L'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'escrezione in seguito ad esposizione per via dermica devono essere valutati in base alle informazioni precedenti, salvo nel caso in cui la sostanza attiva provochi un'irritazione cutanea che compromette l'esito dello studio.
Occorre valutare in maniera critica la stima dell'assorbimento per via dermica a partire dai dati ottenuti da tali studi, determinandone la rilevanza per gli esseri umani. La misurazione dell'assorbimento del prodotto fitosanitario per via dermica è specificamente trattata al punto 7.3 della parte A dell'allegato del regolamento (UE) n. 284/2013.
Per le sostanze attive volatili (tensione di vapore > 10–2 Pascal), l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'escrezione in seguito ad esposizione per via inalatoria possono risultare utili ai fini delle valutazioni dei rischi per gli esseri umani.
5.2. Tossicità acuta
Gli studi, le informazioni e i dati da fornire e da valutare devono permettere di individuare gli effetti di un'unica esposizione alla sostanza attiva e, in particolare, di stabilire o di indicare:
a) |
la tossicità della sostanza attiva; |
b) |
il decorso e le caratteristiche degli effetti, con dettagli esaustivi sul piano dei mutamenti comportamentali, dei segni clinici, se manifesti, e di eventuali risultati macropatologici post mortem; |
c) |
l'eventuale necessità di valutare la fissazione di dosi acute di riferimento [ad esempio, DAR, aLAEO (9)]; |
d) |
se possibile, la modalità dell'azione tossica; |
e) |
il pericolo relativo associato alle diverse vie di esposizione. |
Sebbene l'interesse principale debba riguardare la possibilità di stimare i livelli di tossicità, le informazioni ottenute devono anche consentire di classificare la sostanza attiva in conformità del regolamento (CE) n. 1272/2008. Le informazioni ottenute dai test di tossicità acuta sono di particolare utilità per valutare i possibili pericoli conseguenti ad incidenti.
5.2.1. Orale
Deve sempre essere indicata la tossicità acuta per via orale della sostanza attiva.
5.2.2. Dermica
La tossicità acuta per via dermica della sostanza attiva deve essere indicata, a meno che l'omissione di questa sia scientificamente giustificata (ad esempio se la LD50 (10) orale è superiore a 2 000 mg/kg). Devono essere studiati gli effetti sia locali che sistemici.
Invece di effettuare uno studio specifico di irritazione, utilizzare i risultati dello studio dermico che indicano una grave irritazione cutanea (eritema o edema di grado 4).
5.2.3. Inalazione
Deve essere indicata la tossicità inalatoria acuta della sostanza attiva in presenza di una delle seguenti condizioni:
— |
la sostanza attiva ha una pressione di vapore > 1 × 10–2 Pa a 20 °C, |
— |
la sostanza attiva è una polvere contenente una percentuale considerevole di particelle di diametro < 50 μm (> 1 % in peso), |
— |
la sostanza attiva è contenuta in prodotti in polvere o applicati mediante spruzzatura. |
Utilizzare solamente l'esposizione della testa/del naso, salvo nel caso in cui sia giustificata l'esposizione dell'intero corpo.
5.2.4. Irritazione cutanea
I risultati dello studio devono fornire informazioni relative alla possibile irritabilità cutanea della sostanza attiva, includendo, se del caso, l'eventuale reversibilità degli effetti osservati.
Prima di avviare studi in vivo di corrosione/irritazione della sostanza attiva, occorre effettuare un'analisi dell'importanza dei dati pertinenti esistenti. Se i dati disponibili sono insufficienti, è possibile svilupparli mediante l'applicazione di sperimentazioni sequenziali.
La strategia di sperimentazione deve adottare un approccio multifase:
1) |
valutazione della corrosività cutanea mediante un metodo di prova in vitro convalidato; |
2) |
valutazione dell'irritazione cutanea mediante un metodo di prova in vitro convalidato (ad esempio modelli di pelle umana ricostituita); |
3) |
studio di irritazione cutanea iniziale in vivo su un animale e, se non emergono effetti avversi; |
4) |
test di conferma su uno o altri due animali. |
Occorre sempre fornire lo studio di irritabilità cutanea della sostanza attiva. In deroga alla necessità di effettuare studi di irritazione cutanea, è possibile presentare uno studio di tossicità cutanea che dimostri di non causare irritazione cutanea al livello limite di dosaggio della prova di 2 000 mg/kg di peso corporeo, se disponibile.
5.2.5. Irritazione oculare
I risultati dello studio devono fornire informazioni relative alla possibile irritabilità oculare causata dalla sostanza attiva, includendo, se del caso, l'eventuale reversibilità degli effetti osservati.
Prima di realizzare studi di corrosione/irritazione oculare della sostanza attiva in vitro, occorre effettuare un'analisi basata sul metodo «weight of evidence» dei dati pertinenti esistenti. Se i dati disponibili sono considerati insufficienti, è possibile svilupparli effettuando test sequenziali.
La strategia di sperimentazione deve adottare un approccio multifase:
1) |
uso di un test di corrosione/irritazione cutanea in vitro per prevedere la corrosione/irritazione oculare; |
2) |
conduzione di uno studio di irritazione oculare in vitro convalidato o accettato per identificare gravi agenti irritanti/corrosivi per gli occhi [ad esempio, il Bovine Corneal Opacity and Permeability assay (saggio di opacità e permeabilità della cornea nei bovini, BCOP), l'Isolated Chicken Eye (ICE) assay (saggio sull'occhio isolato dei polli, ICE), l'Isolated Rabbit Eye assay (saggio di irritazione oculare nel coniglio, IRE) e l'Hen's Egg Test - Chorio-Allantoic Membrane assay (saggio sulla membrana corioallantoidea dell'embrione di gallina, HET-CAM)] e, in caso di esiti negativi, valutazione dell'irritazione oculare utilizzando un metodo di prova in vitro per identificare gli agenti irritanti o non irritanti e, se non disponibile; |
3) |
studio iniziale di irritazione oculare in vivo su un animale e, se non emergono effetti avversi; |
4) |
test di conferma su uno o due altri animali. |
L'irritabilità oculare della sostanza attiva deve sempre essere sottoposta a prova, a meno che non ci sia la probabilità di gravi effetti per gli occhi in base ai criteri elencati nei metodi di prova.
5.2.6. Sensibilizzazione cutanea
Lo studio deve fornire dati che permettono di valutare la probabilità che la sostanza attiva provochi reazioni di sensibilizzazione cutanea.
Lo studio deve essere effettuato sempre, salvo se la sostanza è un noto sensibilizzante. Occorre utilizzare il saggio LLNA (Local Lymph Node Assay), inclusa, se del caso, la relativa variante ridotta. Se non è possibile effettuare il saggio LLNA, è necessario fornire una motivazione e condurre il "Guinea Pig Maximization Test". Se è disponibile un saggio sulle cavie (Maximization o Buehler) che soddisfa le linee guida dell'OCSE e fornisce un risultato chiaro, non devono essere effettuati ulteriori test, per motivi di protezione del benessere degli animali.
Poiché una sostanza attiva identificata come un sensibilizzante cutaneo può potenzialmente indurre una reazione di ipersensibilità, è opportuno tenere conto della potenziale sensibilizzazione respiratoria se sono disponibili test idonei o in presenza di sintomi di effetti di sensibilizzazione respiratoria.
5.2.7. Fototossicità
Lo studio deve fornire informazioni in merito alla possibilità che determinate sostanze attive inducano citotossicità in presenza di luce, ad esempio le sostanze attive fototossiche in vivo in seguito ad esposizione sistemica e distribuzione sulla cute e le sostanze attive con effetto fotoirritante in seguito ad applicazione cutanea. Occorre tener conto di un esito positivo nel considerare la potenziale esposizione umana.
Lo studio in vitro è necessario se la sostanza attiva assorbe radiazioni elettromagnetiche comprese tra 290 nm e 700 nm e se è possibile che essa raggiunga gli occhi o le aree cutanee esposte alla luce, per contatto diretto o mediante distribuzione sistemica.
Se il coefficiente di estinzione/assorbimento molare ultravioletto/visibile della sostanza attiva è inferiore a 10 L × mol–1 × cm–1, non è necessario effettuare un test di tossicità.
5.3. Tossicità a breve termine
Gli studi di tossicità a breve termine permettono di ottenere dati sulla quantità tollerabile di sostanza attiva senza effetti avversi nelle condizioni dello studio e di determinare i pericoli per la salute in caso di dosaggi più elevati. Questi studi forniscono dati utili sui rischi per i manipolatori e gli utilizzatori di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva, tra gli altri possibili gruppi esposti. In particolare, gli studi di tossicità a breve termine forniscono un'analisi essenziale degli eventuali effetti avversi ricorrenti della sostanza attiva e dei rischi per gli esseri umani che vi possono essere esposti. Da questi studi si ottengono inoltre informazioni utili per il disegno di studi di tossicità cronica.
Gli studi, le informazioni e i dati da fornire devono permettere di individuare gli effetti dell'esposizione ripetuta e, in particolare, di stabilire o di indicare:
a) |
il rapporto tra dose ed effetti avversi; |
b) |
la tossicità della sostanza attiva incluso, se possibile, il livello al quale non si osservano effetti avversi (NOAEL); |
c) |
gli organi bersaglio, se del caso (inclusi i sistemi immunitario, nervoso e endocrino); |
d) |
il decorso e le caratteristiche degli effetti avversi, con dettagli esaustivi sul piano dei mutamenti comportamentali e di eventuali risultati di esami patologici post mortem; |
e) |
gli effetti avversi specifici e le modifiche patologiche prodotte; |
f) |
se del caso, la persistenza e la reversibilità di taluni effetti avversi osservati, dopo la sospensione della somministrazione; |
g) |
se possibile, la modalità dell'azione tossica; |
h) |
il pericolo relativo associato alle diverse vie di esposizione; |
i) |
gli endpoint critici pertinenti valutati ad opportuni intervalli di tempo per stabilire i valori di riferimento, se necessario. |
Negli studi a breve termine occorre includere i dati tossicocinetici (vale a dire la concentrazione nel sangue). Per evitare un aumento dell'uso negli animali, è possibile ottenere i dati da studi di range finding.
Se il sistema nervoso, il sistema immunitario o quello endocrino rappresentano bersagli specifici nell'ambito di studi a breve termine a livelli di dosaggio che non comportano una tossicità rilevante, occorre effettuare ulteriori studi, comprendenti i test funzionali (cfr. il punto 5.8.2).
5.3.1. Studio di tossicità orale a 28 giorni
Se sono disponibili studi a 28 giorni, devono essere indicati.
5.3.2. Studio di tossicità orale a 90 giorni
Occorre sempre indicare la tossicità orale a breve termine della sostanza attiva nei roditori (a 90 giorni), normalmente ratti (va fornita una motivazione in caso di specie di roditori diverse), e nei non roditori (studio di tossicità a 90 giorni sui cani).
Nello studio a 90 giorni, è necessario esaminare attentamente i potenziali effetti neurotossici e immunotossici, la genotossicità attraverso la formazione di micronuclei e gli effetti potenzialmente correlati ai cambiamenti nel sistema ormonale.
5.3.3. Altre vie
Ai fini della valutazione dei rischi per gli esseri umani, è necessario considerare eventuali ulteriori studi dermici caso per caso, a meno che la sostanza attiva non sia gravemente irritante.
Per le sostanze attive volatili (pressione di vapore > 10–2 Pa) occorre il parere di esperti (sulla base ad esempio di dati cinetici specifici in funzione della via di esposizione) per decidere se gli studi a breve termine debbano essere effettuati con esposizione per via inalatoria.
5.4. Test di genotossicità
I test di genotossicità hanno l'obiettivo di:
— |
prevedere il potenziale genotossico, |
— |
identificare gli agenti cancerogeni genotossici in una fase iniziale, |
— |
chiarire il meccanismo d'azione di alcuni agenti cancerogeni. |
A seconda di quanto previsto dallo studio, occorre utilizzare livelli di dose appropriati nei saggi in vitro o in vivo. Occorre adottare un approccio multifase, in cui i test di fase superiore sono selezionati sulla base dell'interpretazione dei risultati in ciascuna fase.
La struttura di una molecola potrebbe richiedere studi speciali sul piano della fotomutagenicità. Se il coefficiente di estinzione/assorbimento molare ultravioletto/visibile della sostanza attiva e dei suoi metaboliti principali è inferiore a 1 000 L × mol–1 × cm–1, non è necessario effettuare alcuno studio di fotomutagenicità.
5.4.1. Studi in vitro
Occorre effettuare i seguenti test di mutagenesi in vitro: saggio batterico di mutazione genica, test combinato di aberrazioni cromosomiche strutturali o numeriche nelle cellule di mammiferi e test di mutazione genica nelle cellule di mammiferi.
Tuttavia, se in una batteria di test che consiste in prove di Ames e test micronucleari in vitro vengono rilevate mutazioni geniche e di clastogenicità/aneuploidia, non è necessario condurre ulteriori test in vitro.
In presenza di indicazioni della formazione di micronuclei in un test del micronucleo in vitro, occorre effettuare ulteriori test con l'uso di adeguate procedure di colorazione per evidenziare un'eventuale reazione aneugenica o clastogena. È da valutare l'opportunità di condurre ulteriori studi sulla reazione aneugenica al fine di stabilire se vi siano prove sufficienti della presenza di un meccanismo di soglia e di un limite di concentrazione per la reazione aneugenica (in particolare per la non disgiunzione).
Occorre effettuare due diversi test in vitro su cellule di mammiferi per verificare l'eventuale mutazione genetica nel caso di sostanze attive che presentano proprietà batteriostatiche elevate evidenziate da uno studio di range finding. La mancata prestazione del test di Ames va motivata.
Per le sostanze attive con allerte strutturali che hanno dato esiti negativi nella batteria di test standard, può essere necessario effettuare ulteriori test se quelli standard non sono stati ottimizzati in funzione di tali allerte. La scelta di effettuare un ulteriore studio o di modificare il programma di studio è subordinata alla natura chimica, alla reattività nota e ai dati relativi al metabolismo della sostanza attiva con allerte strutturali.
5.4.2. Studi in vivo su cellule somatiche
Se tutti i risultati degli studi in vitro sono negativi, occorre effettuare almeno uno studio in vivo come dimostrazione dell'esposizione al tessuto in esame (ad esempio, dati tossicocinetici o relativi alla tossicità cellulare), salvo nel caso in cui si ottengano dati micronucleari validi in vivo nell'ambito di uno studio a dose ripetuta e il test del micronucleo in vivo sia il test appropriato da effettuare per rispondere a questi requisiti.
L'esito negativo del primo test in vivo nelle cellule somatiche rappresenta una rassicurazione sufficiente nel caso di sostanze già risultate negative nei tre test in vitro.
Nel caso di sostanze attive per le quali l'esito di un qualsiasi test in vitro risulti equivoco o positivo, occorre valutare caso per caso la natura degli ulteriori test necessari, tenendo conto di tutte le informazioni pertinenti utilizzando lo stesso endpoint impiegato per il test in vitro.
Se il test in vitro di aberrazione cromosomica nei mammiferi o il test del micronucleo in vitro risultano positivi alla clastogenicità, occorre effettuare un test in vivo di clastogenicità utilizzando cellule somatiche, come l'analisi della metafase nel midollo osseo di roditori o il test del micronucleo nei roditori.
Se il test del micronucleo in vitro di aberrazione cromosomica numerica nelle cellule dei mammiferi risulta positivo o il test cromosomico in vitro nei mammiferi risulta positivo ai cambiamenti numerici nei cromosomi, occorre effettuare un test del micronucleo in vivo. In caso di esito positivo del saggio micronucleare in vivo, occorre utilizzare adeguate procedure di colorazione come l'ibridazione fluorescente in situ (FISH) per identificare una reazione aneugenica e/o clastogena.
Se uno dei due test di mutazione genica in vitro risulta positivo, occorre effettuare un test in vivo per studiare l'induzione della mutazione genica, quale il saggio di mutazione somatica nel roditore transgenico e quello di mutazione genica nelle cellule germinali.
Nel condurre gli studi di genotossicità in vivo, occorre utilizzare solo le vie e i metodi di esposizione pertinenti (quali l'incorporazione nella dieta, l'acqua potabile, l'applicazione cutanea, l'inalazione e la somministrazione con sonda gastrica). Occorre disporre di elementi sufficienti a suffragio del fatto che il tessuto pertinente sarà raggiunto dalla via di esposizione e dal metodo di applicazione prescelti. Altre tecniche di esposizione (quali l'iniezione intraperitoneale o sottocutanea) che potrebbero comportare anomalie sul piano della cinetica, della distribuzione e del metabolismo vanno motivate.
Occorre considerare l'opportunità di condurre un test in vivo nell'ambito di uno degli studi di tossicità a breve termine descritti al punto 5.3.
5.4.3. Studi in vivo su cellule germinali
La necessità o meno di condurre questi test va valutata caso per caso, tenendo conto dei dati tossicocinetici, dell'utilizzo e dell'esposizione prevista.
Per la maggior parte delle sostanze attive riconosciute come mutageni delle cellule somatiche in vivo non è necessario effettuare ulteriori test di genotossicità poiché saranno considerate potenziali cancerogeni genotossici e potenziali mutageni delle cellule germinali.
Tuttavia, in alcuni casi specifici è possibile effettuare studi su cellule germinali per dimostrare se un mutageno delle cellule somatiche sia o meno un mutageno delle cellule germinali.
Per la selezione del saggio più appropriato occorre tenere conto del tipo di mutazione prodotta negli studi precedenti: mutazione genica, cambiamenti cromosomici numerici o strutturali.
È possibile anche considerare l'opportunità di effettuare uno studio atto ad identificare la presenza di addotti del DNA nelle cellule gonadi.
5.5. Tossicità a lungo termine e cancerogenicità
I risultati degli studi a lungo termine condotti e indicati, considerati congiuntamente ad altri dati pertinenti relativi alla sostanza attiva, devono essere sufficienti a consentire di individuare gli effetti di un'esposizione ripetuta alla sostanza attiva e, in particolare, a:
— |
individuare gli effetti avversi dell'esposizione a lungo termine alla sostanza attiva, |
— |
individuare gli organi bersaglio, se del caso, |
— |
stabilire il rapporto dose/risposta, |
— |
stabilire il NOAEL e, se del caso, altri punti di riferimento adeguati. |
Analogamente, i risultati degli studi di cancerogenicità, congiuntamente con altri dati pertinenti relativi alla sostanza attiva, devono essere sufficienti a consentire la valutazione dei pericoli per l'uomo conseguenti ad esposizione ripetuta alla sostanza attiva e, in particolare, a:
a) |
individuare gli effetti cancerogeni a seguito dell'esposizione a lungo termine alla sostanza attiva; |
b) |
determinare la specificità dei tumori indotti in funzione del genere, della specie e degli organi; |
c) |
stabilire il rapporto dose/risposta; |
d) |
se possibile, identificare la dose massima che non provoca effetti cancerogeni; |
e) |
se possibile, determinare il meccanismo d'azione e la pertinenza per l'uomo di eventuali reazioni cancerogene identificate. |
Circostanze di necessità delle prove
Devono essere determinate la tossicità a lungo termine e la cancerogenicità di tutte le sostanze attive. Qualora, in casi eccezionali, si ritenga che il test sia superfluo, occorre darne chiara e completa motivazione.
Condizioni di prova
Devono essere effettuati uno studio a lungo termine di tossicità per via orale e uno studio a lungo termine di cancerogenicità (due anni) della sostanza attiva sul ratto; se possibile, tali studi vanno combinati.
Occorre condurre un secondo studio di cancerogenicità della sostanza attiva sul topo, salvo nel caso in cui si possa motivare scientificamente che ciò non è necessario. In tali casi, è possibile utilizzare modelli di cancerogenicità alternativi, scientificamente validi, anziché condurre un secondo studio di cancerogenicità.
Se dati comparativi relativi al metabolismo rilevano che il ratto o il topo non costituiscono un modello adatto ai fini della valutazione dei rischi per l'uomo, possono essere prese in esame altre specie.
Se il meccanismo d'azione della cancerogenicità è considerato non genotossico, occorre fornire dati sperimentali, che chiariscano tra l'altro il meccanismo d'azione interessato e la pertinenza per l'uomo.
I dati di controllo storici eventualmente presentati devono riguardare la stessa specie e lo stesso ceppo, conservato in condizioni simili nello stesso laboratorio, e devono essere ottenuti da studi contemporanei. Ulteriori dati di controllo storici provenienti da altri laboratori possono essere indicati separatamente come informazioni aggiuntive.
Le informazioni sui dati di controllo storici devono comprendere:
a) |
l'identificazione della specie e del ceppo, il nome del fornitore e l'identificazione della colonia specifica, qualora l'ubicazione geografica del fornitore non sia unica; |
b) |
il nome del laboratorio e la data di conduzione dello studio; |
c) |
la descrizione delle condizioni generali di stabulazione degli animali, inclusi il tipo o la marca della dieta e, se possibile, la quantità consumata; |
d) |
l'età approssimativa (in giorni) e il peso degli animali di controllo all'inizio dello studio e al momento della soppressione o della morte; |
e) |
la descrizione dell'andamento osservato della mortalità del gruppo di controllo nel corso o al termine dello studio, nonché altre osservazioni utili (come malattie, infezioni); |
f) |
il nome del laboratorio e dei responsabili della raccolta e dell'interpretazione dei dati patologici ottenuti dallo studio; |
g) |
la descrizione della natura dei tumori che, in associazione, possono aver avuto rilevanza sull'incidenza. |
I dati di controllo storici devono essere presentati studio per studio e fornire sia i valori assoluti che percentuali e i valori relativi o trasformati se questi sono utili ai fini della valutazione. Se vengono presentati dati combinati o riassuntivi, essi devono contenere informazioni relative al range dei valori, alla deviazione media, mediana e, se del caso, standard.
Le dosi da somministrare, inclusa quella massima, devono essere scelte in base ai risultati di test a breve termine e, se possibile, al momento della programmazione degli studi in questione, sulla base di dati metabolici e tossicocinetici. Ai fini della determinazione del dosaggio, è opportuno tenere conto dei dati tossicocinetici come la saturazione dell'assorbimento in base alla disponibilità sistemica della sostanza attiva e/o dei metaboliti.
Dosi che provocano tossicità eccessiva non sono considerate pertinenti ai fini delle valutazioni da effettuare. Negli studi a lungo termine occorre tenere conto della determinazione della concentrazione della sostanza attiva nel sangue (ad esempio attorno a Tmax).
Nel raccogliere i dati e nel redigere le relazioni, è necessario non combinare le informazioni relative all'incidenza dei tumori benigni e maligni. Nelle relazioni di studio non devono essere combinati tumori dissimili e non associati (sia benigni che maligni) che si verificano nello stesso organo.
Ai fini di evitare confusione, per la nomenclatura e la classificazione dei tumori deve essere utilizzata la terminologia istopatologica convenzionale comunemente usata quando uno studio è condotto analogamente a uno studio pubblicato dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Occorre specificare il sistema terminologico utilizzato.
Tra i materiali biologici selezionati per l'esame istopatologico devono essere compresi materiali atti a fornire ulteriori informazioni sulle lesioni rilevate nel corso dell'esame macropatologico. Qualora pertinenti per chiarire il meccanismo d'azione e se disponibili, occorre adottare, riportandone i risultati, tecniche speciali per gli studi istologici (colorazione), per studi istochimici ed esami al microscopio elettronico che potrebbero rivelarsi utili.
5.6. Tossicità sulla riproduzione
Occorre esaminare i possibili effetti sulla fisiologia riproduttiva e sullo sviluppo della progenie, indicando i seguenti aspetti:
— |
alterazioni della capacità o delle funzioni riproduttive maschili e femminili. Queste comprendono effetti sul ciclo estrale, sul comportamento sessuale, sulla spermatogenesi od ovogenesi, oppure sull'attività ormonale o la risposta fisiologica tali da interferire con la capacità di fecondazione, la fecondazione stessa o lo sviluppo dell'ovulo fecondato fino al momento dell'impianto; |
— |
effetti avversi sulla progenie, ad esempio eventuali effetti che interferiscono con il normale sviluppo, sia prima che dopo la nascita. Tra questi rientrano malformazioni morfologiche quali la distanza anogenitale, la retrazione del capezzolo e i disturbi funzionali (quali gli effetti riproduttivi e neurologici). |
Gli effetti che si accentuano da una generazione all'altra vanno indicati.
Se si osservano o ci si attendono effetti significativi nella discendenza (ad esempio a seguito di uno studio di range finding), misurare, con un'analisi di secondo livello, la sostanza attiva e i suoi metaboliti nel latte.
Esaminare e indicare attentamente i potenziali effetti neurotossici, immunotossici, nonché gli effetti potenzialmente correlati a mutamenti nel sistema ormonale.
Le indagini dovranno tener conto di tutti i dati disponibili e pertinenti, inclusi i risultati degli studi di tossicità generale qualora contengano parametri pertinenti (quali analisi del liquido seminale, ciclicità estrale, istopatologia degli organi riproduttivi), nonché delle conoscenze relative agli analoghi strutturali della sostanza attiva.
Sebbene gli elementi di riferimento standard per le risposte al trattamento siano dati di controllo concomitanti, possono rivelarsi utili dati di controllo storici per l'interpretazione di particolari studi sulla riproduzione. I dati di controllo storici eventualmente presentati devono riguardare la stessa specie e lo stesso ceppo, conservato in condizioni simili nello stesso laboratorio, e devono essere ottenuti da studi contemporanei.
Le informazioni sui dati di controllo storici devono comprendere:
a) |
l'identificazione della specie e del ceppo, il nome del fornitore e l'identificazione della colonia specifica, qualora l'ubicazione geografica del fornitore non sia unica; |
b) |
il nome del laboratorio e la data di conduzione dello studio; |
c) |
la descrizione delle condizioni generali di stabulazione degli animali, inclusi il tipo o la marca della dieta e, se possibile, la quantità consumata; |
d) |
l'età approssimativa (in giorni) e il peso degli animali di controllo all'inizio dello studio e al momento della soppressione o della morte; |
e) |
la descrizione dell'andamento osservato della mortalità del gruppo di controllo nel corso o al termine dello studio, nonché altre osservazioni utili (come malattie, infezioni); |
f) |
il nome del laboratorio e dei responsabili della raccolta e dell'interpretazione dei dati patologici ottenuti dallo studio. |
I dati di controllo storici devono essere presentati studio per studio e fornire sia i valori assoluti che percentuali e i valori relativi o trasformati se questi sono utili ai fini della valutazione. Se vengono presentati dati combinati o riassuntivi, essi devono contenere informazioni relative al range dei valori, alla deviazione media, mediana e, se del caso, standard.
Per fornire informazioni utili alla progettazione e all'interpretazione degli studi di tossicità per lo sviluppo, è possibile includere informazioni relative alla concentrazione della sostanza attiva nel sangue dei genitori e dei feti/della discendenza negli studi di livello superiore e darne indicazione.
5.6.1. Studi generazionali
Gli studi generazionali indicati, insieme ad altre informazioni e dati pertinenti relativi alla sostanza attiva, devono permettere di individuare gli effetti sulla riproduzione conseguenti ad esposizione ripetuta alla sostanza attiva e, in particolare, a:
a) |
individuare gli effetti diretti e indiretti sulla riproduzione conseguenti all'esposizione alla sostanza attiva; |
b) |
identificare eventuali effetti avversi diversi da quelli sulla riproduzione manifestatisi a dosi inferiori rispetto a quelle dei test tossicologici cronici e a breve termine; |
c) |
stabilire i NOAEL per la tossicità parentale, per l'esito riproduttivo e per lo sviluppo dei cuccioli. |
Occorre notificare uno studio di tossicità sulla riproduzione nel ratto su almeno due generazioni.
Lo studio esteso di tossicità per la riproduzione su una generazione adottato a livello di OCSE può considerarsi un metodo alternativo allo studio su più generazioni.
Per una migliore interpretazione degli effetti sulla riproduzione potrebbe essere necessario effettuare ulteriori studi per fornire informazioni sul sesso interessato e sui meccanismi possibili, qualora tali informazioni non siano già disponibili.
5.6.2. Studi di tossicità per lo sviluppo
Gli studi di tossicità per lo sviluppo forniti, insieme ad altre informazioni e dati pertinenti relativi alla sostanza attiva, devono permettere la valutazione degli effetti sullo sviluppo embrionale e fetale conseguenti ad esposizione ripetuta alla sostanza attiva e, in particolare, a:
a) |
individuare gli effetti diretti e indiretti sullo sviluppo embrionale e fetale derivanti da esposizione alla sostanza attiva; |
b) |
evidenziare l'eventuale tossicità materna; |
c) |
stabilire il rapporto tra risposte osservate e dose nella genitrice e nella figliata; |
d) |
stabilire i NOAEL per la tossicità materna e per lo sviluppo dei cuccioli; |
e) |
fornire ulteriori informazioni sugli effetti avversi nelle femmine gravide e in quelle non gravide; |
f) |
fornire ulteriori informazioni su eventuali aumenti degli effetti tossici generali nelle femmine gravide. |
Devono sempre essere effettuati studi di tossicità per lo sviluppo.
La tossicità per lo sviluppo, sia nel ratto che nel coniglio, deve essere stabilita per via orale; non occorre effettuare lo studio nel ratto se la tossicità per lo sviluppo è stata valutata adeguatamente nell'ambito di uno studio esteso di tossicità per la riproduzione su una generazione.
Ai fini della valutazione dei rischi per l'uomo, possono risultare utili altre vie. Le malformazioni e le alterazioni vanno indicate separatamente e combinate in maniera tale che tutti i cambiamenti pertinenti rilevati che si manifestano secondo schemi caratteristici in singoli feti o che possono essere considerati rappresentativi di diversi livelli di gravità dello stesso tipo di cambiamento siano indicati in maniera concisa.
Devono essere indicati i criteri diagnostici per le malformazioni e le alterazioni. Se possibile, va utilizzato il glossario di terminologia in fase di elaborazione da parte della International Federation of Teratology Societies (Federazione internazionale delle società di teratologia).
Se indicato dalle osservazioni di altri studi o dal meccanismo d'azione della sostanza di prova, possono essere necessari ulteriori studi o dati per fornire indicazioni sulla manifestazione postnatale di effetti quali la neurotossicità dello sviluppo.
5.7. Studi di neurotossicità
5.7.1. Studi di neurotossicità nei roditori
Gli studi di neurotossicità nei roditori devono fornire dati sufficienti a valutare la potenziale neurotossicità della sostanza attiva (effetti neurocomportamentali e neuropatologici) conseguenti ad esposizione singola o ripetuta.
Gli studi vanno effettuati per le sostanze attive con strutture simili o correlate a quelle in grado di indurre neurotossicità, nonché per le sostanze attive che forniscono specifiche indicazioni di neurotossicità potenziale, segni neurologici o lesioni neuropatologiche negli studi di tossicità a livelli di dosaggio non associati ad una marcata tossicità generale. Va valutata l'opportunità di effettuare tali studi anche per le sostanze caratterizzate da una modalità d'azione pesticida neurotossica.
Va esaminata la possibilità di includere gli studi di neurotossicità negli studi di tossicologia di routine.
5.7.2. Studi di polineuropatia ritardata
Gli studi di polineuropatia ritardata devono fornire dati sufficienti a valutare se la sostanza attiva sia in grado di provocare polineuropatia ritardata conseguente ad esposizione acuta e ripetuta. È possibile omettere uno studio di esposizione ripetuta, salvo nel caso in cui vi siano indicazioni di accumulo del composto e in presenza di una significativa inibizione dell'esterasi bersaglio della neuropatia o di segni clinici/istopatologici di polineuropatia ritardata attorno al valore di LD50 per le galline come stabilita nel test di tossicità a somministrazione unica.
Questi studi devono essere effettuati per sostanze attive con struttura simile o correlata a quella di sostanze in grado di indurre polineuropatia ritardata, come i composti organofosforici.
5.8. Altri studi di tossicità
5.8.1. Studi di tossicità dei metaboliti
Di norma non è necessario eseguire studi supplementari su sostanze diverse dalla sostanza attiva. La decisione dell'eventuale necessità di eseguire questi studi deve essere presa caso per caso.
Se, a seguito del metabolismo o di altri processi, i metaboliti derivanti da piante o prodotti animali, suolo, acque freatiche, aria aperta differiscono da quelli presenti negli animali utilizzati per gli studi di tossicologia o sono rilevati in basse percentuali negli animali, occorre effettuare ulteriori studi caso per caso, tenendo conto dell'entità del metabolita nonché della sua struttura rispetto al composto originario.
5.8.2. Studi supplementari sulla sostanza attiva
Occorre effettuare studi supplementari se sono necessari a chiarire ulteriormente gli effetti riscontrati, tenendo conto dei risultati degli studi di tossicità e sul metabolismo disponibili nonché delle più importanti vie di esposizione. Tali studi possono essere:
a) |
studi sull'assorbimento, sulla distribuzione, sull'escrezione e sul metabolismo, in una seconda specie; |
b) |
studi sul potenziale immunotossicologico; |
c) |
uno studio mirato di somministrazione in dose singola per ricavare gli adeguati valori acuti di riferimento (DAR, LAEO acuto); |
d) |
studi su altre vie di somministrazione; |
e) |
studi sul potenziale cancerogeno; |
f) |
studi sugli effetti delle miscele. |
Gli studi richiesti devono essere progettati singolarmente, sulla base dei particolari parametri da osservare e degli obiettivi da conseguire.
5.8.3. Proprietà di interferenza endocrina
Se vi sono prove indicanti che la sostanza attiva può avere proprietà di interferenza con il sistema endocrino, è necessario fornire ulteriori informazioni o effettuare studi specifici:
— |
per chiarire la modalità/il meccanismo d'azione, |
— |
per fornire sufficienti prove di effetti avversi pertinenti. |
Gli studi richiesti devono essere progettati singolarmente e tener conto delle linee guida dell'Unione o convenute a livello internazionale, sulla base dei particolari parametri da osservare e degli obiettivi da conseguire.
5.9. Dati medici
Se disponibili e fatte salve le disposizioni dell'articolo 10 della direttiva 98/24/CE del Consiglio (11), devono essere forniti informazioni e dati sperimentali utili al riconoscimento dei sintomi di avvelenamento e riguardanti l'efficacia delle misure terapeutiche e di primo intervento. Tali dati e informazioni devono includere le relazioni di qualunque studio di ricerca nel campo della farmacologia degli antidoti o della sicurezza farmacologica. Se del caso, deve essere studiata, indicandone i risultati, l'efficacia dei possibili antagonisti dell'avvelenamento.
Se disponibili, vanno utilizzati dati e informazioni inerenti agli effetti dell'esposizione dell'uomo, per confermare la validità delle estrapolazioni e delle conclusioni concernenti gli organi bersaglio, i rapporti dose/risposta e la reversibilità degli effetti avversi. Tali dati sono ottenibili in seguito ad esposizione accidentale o professionale o a casi di autoavvelenamento volontario e, se disponibili, vanno indicati.
5.9.1. Controlli medici sul personale dello stabilimento di produzione e studi di monitoraggio
Devono essere presentati i rapporti dei programmi di sorveglianza sulla salute dei lavoratori e degli studi di monitoraggio, con informazioni particolareggiate concernenti la progettazione del programma, il numero di persone esposte incluse nel programma, la natura della loro esposizione alla sostanza attiva e la loro esposizione ad altri potenziali agenti pericolosi. Tali rapporti devono contenere, se possibile, dati sul meccanismo d'azione della sostanza attiva e devono riportare dati, se disponibili, relativi alle persone esposte negli impianti di fabbricazione o durante o dopo l'applicazione della sostanza attiva (ad esempio ricavati da studi di monitoraggio degli operatori, dei residenti, delle persone presenti o delle vittime di incidenti). Devono essere fornite le informazioni disponibili sugli effetti avversi per la salute, incluse le risposte allergeniche di operatori e di altre persone esposte alla sostanza attiva; queste informazioni devono contenere dettagli relativi a qualsiasi incidente verificatosi. Se del caso, le informazioni fornite devono includere dettagli relativi alla frequenza, al livello e alla durata dell'esposizione, ai sintomi osservati e altre informazioni cliniche pertinenti.
5.9.2. Dati raccolti sull'uomo
Se disponibili, vanno presentate le relazioni di studi effettuati sull'uomo, quali test sulla tossicocinetica e sul metabolismo, o test di irritazione o sensibilizzazione cutanea.
In generale, i valori di riferimento devono basarsi sugli studi su animali, tuttavia se sono disponibili dati appropriati relativi agli esseri umani, scientificamente validi e ricavati eticamente, che indicano che gli esseri umani sono maggiormente sensibili e portano a valori limite normativi inferiori, tali dati hanno la precedenza sui dati relativi agli animali.
5.9.3. Osservazioni dirette
Presentare i rapporti disponibili su casi clinici e di avvelenamento nel caso in cui essi provengano da pubblicazioni scientifiche o da rapporti ufficiali, unitamente ai rapporti di studi di follow-up intrapresi. I rapporti devono contenere, se disponibili, descrizioni complete della natura, del livello e della durata dell'esposizione, dei sintomi clinici osservati, delle misure terapeutiche e di primo intervento applicate, nonché le misurazioni e le osservazioni effettuate.
Questa documentazione, se sufficientemente dettagliata, può essere utilizzata per confermare la validità delle estrapolazioni dei dati dall'animale all'uomo e per individuare effetti avversi non previsti specifici per l'uomo.
5.9.4. Studi epidemiologici
Se disponibili, presentare gli studi epidemiologici pertinenti.
5.9.5. Diagnosi dell'avvelenamento (determinazione della sostanza attiva e dei metaboliti), segni specifici di avvelenamento, prove cliniche
Se disponibile, fornire una descrizione particolareggiata dei segni e dei sintomi clinici dell'avvelenamento (inclusi quelli precoci) con dettagli esaustivi dei test clinici utili ai fini diagnostici. Le descrizioni devono inoltre fornire informazioni particolareggiate sui relativi decorsi concernenti l'ingestione, l'esposizione dermica o l'inalazione di quantità variabili della sostanza attiva.
5.9.6. Trattamento proposto: misure di pronto soccorso, antidoti, trattamento medico
Indicare le misure di pronto soccorso in caso di avvelenamento (reale o sospetto) e in caso di contaminazione degli occhi. Descrivere in maniera esaustiva i regimi terapeutici in caso di avvelenamento o di contaminazione degli occhi e gli eventuali antidoti disponibili. Fornire informazioni - basate sull'esperienza pratica, se disponibili, o su fondamenti teorici, in caso contrario - sull'efficacia di eventuali trattamenti alternativi, se del caso. Descrivere le controindicazioni associate a particolari regimi, soprattutto in relazione a «problemi medici generali», e le relative condizioni.
5.9.7. Effetti previsti dell'avvelenamento
Descrivere, se noti, gli effetti previsti dell'avvelenamento e la loro durata. La descrizione deve includere l'impatto:
— |
del tipo, del livello e della durata dell'esposizione o dell'ingestione, nonché |
— |
della variazione dei periodi di tempo intercorsi tra esposizione o ingestione e inizio del trattamento. |
SEZIONE 6
Residui in o su prodotti, alimenti per l'uomo e alimenti per gli animali trattati
6.1. Stabilità dei residui durante l'immagazzinamento
Gli studi inerenti alla stabilità dei residui durante l'immagazzinamento devono esaminare la stabilità dei residui nelle piante, nei prodotti vegetali e nei prodotti di origine animale durante l'immagazzinamento che precede l'analisi.
Circostanze di necessità delle prove
A condizione che i campioni vengano congelati entro 24 ore dal prelievo e salvo nel caso in cui si sappia per altra via che un composto è volatile o labile, i dati inerenti alla stabilità non sono richiesti per campioni prelevati e analizzati entro 30 giorni dal campionamento (6 mesi nel caso di materiale radiomarcato).
Esaminare la stabilità degli estratti se questi non sono analizzati immediatamente.
Condizioni di prova
Gli studi con sostanze attive non radiomarcate devono essere effettuati utilizzando substrati rappresentativi. Possono essere effettuati su campioni di colture trattate o di animali in cui sono stati rilevati residui, oppure mediante prove di addizione. In quest'ultimo caso, aliquote di campioni di controllo preparati devono essere addizionate di una quantità nota di composto chimico prima dell'immagazzinamento in condizioni normali.
Oggetto degli studi è la stabilità dei singoli componenti della definizione di residuo pertinenti ai fini della valutazione dei rischi; potrebbe pertanto essere necessario addizionare diversi analiti ai diversi campioni. Nel caso di bersagli analitici diversi (ad esempio i singoli composti oppure una parte comune di varie molecole) possono essere necessarie più di una serie di dati relativi alla stabilità durante l'immagazzinamento.
La durata degli studi di stabilità deve essere adeguata al fine di valutare il periodo di tempo durante cui i campioni o gli estratti sono stati immagazzinati nell'ambito degli studi corrispondenti.
Occorre presentare informazioni dettagliate sulla preparazione del campione e sulle condizioni di immagazzinamento (temperatura e durata) dei campioni e degli estratti. Se la degradazione durante l'immagazzinamento è significativa (superiore al 30 %), occorre considerare la possibilità di variare le condizioni di immagazzinamento o di non immagazzinare i campioni prima dell'analisi. Tutti gli studi caratterizzati da condizioni di immagazzinamento non soddisfacenti vanno ripetuti.
Salvo nel caso in cui i campioni vengano analizzati entro 24 ore dall'estrazione, sono necessari anche dati sulla stabilità durante l'immagazzinamento ottenuti su estratti del campione.
I risultati vanno espressi in valori assoluti (mg/kg) e non ottimizzati in base al recupero, e come percentuale del valore di addizione nominale.
6.2. Metabolismo, distribuzione ed espressione dei residui
Fornire dati sul metabolismo che siano rappresentativi delle buone pratiche agricole (BPA) già esistenti o previste, nonché un diagramma schematico delle vie metaboliche nelle piante e negli animali corredato di una breve descrizione della distribuzione e delle reazioni chimiche coinvolte. Tali studi vanno condotti utilizzando una o più forme radiomarcate della sostanza attiva e, se del caso, forme stereoisomere della sostanza attiva e dei suoi metaboliti. Per gli estratti vegetali è possibile adottare un approccio diverso, purché motivato in maniera adeguata.
Per le piante, tali studi hanno l'obiettivo di:
a) |
fornire una stima dei residui finali totali presenti nella porzione di interesse delle colture al momento del raccolto dopo il trattamento proposto; |
b) |
identificare i componenti principali del residuo finale totale; |
c) |
indicare la distribuzione dei residui tra le parti di interesse della pianta coltivata; |
d) |
quantificare i componenti principali del residuo e dimostrare l'efficienza delle procedure di estrazione per questi componenti; |
e) |
caratterizzare e quantificare i residui coniugati e combinati; |
f) |
indicare i componenti da analizzare mediante studi di quantificazione dei residui (studi sui residui nelle colture). |
Per gli animali destinati alla produzione alimentare, tali studi hanno l'obiettivo di:
a) |
fornire una stima dei residui finali totali presenti nei prodotti animali commestibili; |
b) |
identificare i componenti principali dei residui finali totali presenti nei prodotti animali commestibili; |
c) |
indicare la distribuzione dei residui tra i pertinenti prodotti animali commestibili; |
d) |
fornire elementi per determinare se sia opportuno classificare un residuo come liposolubile; |
e) |
quantificare i residui totali in determinati prodotti (latte o uova) ed escrementi animali; |
f) |
quantificare i componenti principali del residuo e dimostrare l'efficienza delle procedure di estrazione per questi componenti; |
g) |
caratterizzare e quantificare i residui coniugati e combinati; |
h) |
indicare i componenti da analizzare mediante studi di quantificazione dei residui (studi sull'alimentazione del bestiame); |
i) |
ottenere dati che permettano di decidere se occorre effettuare gli studi sull'alimentazione sugli animali destinati alla produzione alimentare. |
I risultati dello studio sul metabolismo effettuato nel pollame, di norma nelle galline ovaiole, devono essere estrapolati a tutto il pollame destinato alla produzione alimentare; i risultati dello studio sul metabolismo effettuato nei ruminanti, di norma le capre da latte e, se del caso, i maiali, deve invece essere estrapolato a tutti i mammiferi destinati alla produzione alimentare.
I metaboliti non rilevati negli studi ASME o che non possono essere spiegati come intermediari, ma identificati negli studi sul metabolismo/di trasformazione (piante, animali destinati alla produzione alimentare, colture trasformate e a rotazione) vanno considerati pertinenti ai fini della valutazione dei rischi per i consumatori, salvo nel caso in cui si possa dimostrare su base scientifica (ad esempio, relazione struttura/attività, studi di connessione tossicologica) che, anche in considerazione della loro concentrazione, non presentano alcuni rischi potenziali per il consumatore.
6.2.1. Piante
Gli studi sulle piante vanno effettuati salvo nel caso in cui nessuna parte delle piante o dei prodotti vegetali sia usata come alimento per l'uomo o per gli animali o sia applicabile una situazione di residuo "zero" (come le applicazioni di esche).
Nel pianificare gli studi sul metabolismo, occorre tener conto del metodo di applicazione che si intende adottare (ad esempio, trattamento dei semi, spruzzatura del suolo/delle foglie, immersione, nebulizzazione), nonché delle proprietà della sostanza attiva (come le proprietà sistemiche o la volatilità). Gli studi sul metabolismo devono comprendere piante provenienti da diverse categorie di colture sulle quali verrebbero utilizzati i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva in questione. A questo scopo le colture devono essere suddivise nelle cinque categorie seguenti:
a) |
frutta (codice F); |
b) |
piante da radice (codice R); |
c) |
ortaggi a foglie (codice L); |
d) |
cereali/prati (codice C/G); |
e) |
leguminose e semi oleosi (codice P/O); |
f) |
varie. |
La categoria «varie» è da utilizzare solo valutando caso per caso.
Presentare uno studio sul metabolismo per ciascun gruppo di colture di cui si propone l'utilizzo. Per estrapolare i risultati dagli studi sul metabolismo con una sostanza attiva a tutti i gruppi di colture, è necessario effettuare studi sul metabolismo di almeno tre colture rappresentative (appartenenti a gruppi diversi, eccetto «varie»). Se i risultati di questi tre studi indicano una via metabolica comparabile (qualitativamente e in misura minore quantitativamente), non sono necessari studi supplementari. Se i risultati degli studi disponibili su tre di queste categorie indicano che la via di degradazione non è simile nelle tre categorie, è necessario fornire studi sulle restanti categorie, fatta eccezione per «varie».
Se è richiesta l'autorizzazione per un solo gruppo di colture, sono sufficienti studi sul metabolismo su una coltura appartenente a tale gruppo, purché essa ne sia veramente rappresentativa e sia specificata la via metabolica.
Gli studi devono rispecchiare il tipo di uso previsto per la sostanza attiva, quale trattamento delle foglie, del suolo/delle sementi o post-raccolto. Se, ad esempio, tre studi sono stati condotti mediante l'applicazione sulle foglie e successivamente si propone l'applicazione al suolo (ad esempio, trattamento dei semi, prodotti granulari o bagnatura del terreno), è necessario effettuare almeno uno studio supplementare sull'applicazione al suolo. Il richiedente deve discutere la possibilità di sostituire uno studio sulle foglie con uno studio post-raccolto con le autorità nazionali competenti.
Occorre presentare una valutazione dei risultati di diversi studi in merito a:
a) |
il sito di assorbimento (ad esempio attraverso le foglie o le radici); |
b) |
la formazione di metaboliti e prodotti di degradazione; |
c) |
la distribuzione dei residui nelle varie parti della coltura al momento della raccolta (in particolare gli alimenti per l'uomo e gli animali); |
d) |
le vie metaboliche. |
Se gli studi dimostrano che la sostanza attiva o i relativi metaboliti o i prodotti di degradazione non sono assorbiti dalla coltura, fornire una spiegazione.
6.2.2. Pollame
Sono necessari studi sul metabolismo nel pollame se è previsto l'utilizzo del prodotto fitosanitario su colture le cui parti o i cui prodotti, anche dopo la trasformazione, sono utilizzati come alimenti per il pollame e il cui assorbimento previsto supera gli 0,004 mg/kg p.c./giorno (12).
Gli studi devono essere effettuati su galline ovaiole.
I dosaggi devono essere almeno equivalenti all'esposizione giornaliera massima probabile derivante dagli usi previsti.
Se non è possibile identificare i metaboliti ad un dosaggio pari a 10 mg/kg di alimenti per animali (materia secca), si possono utilizzare dosi superiori.
Se non vengono effettuati studi sull'alimentazione degli animali, occorre dimostrare i livelli di concentrazione massima (plateau) nelle uova nell'ambito dello studio sul metabolismo, tenendo presente che i livelli di concentrazione massima si verificano entro 14 giorni dall'inizio del dosaggio nelle galline ovaiole.
6.2.3. Ruminanti da latte
Sono necessari studi sul metabolismo nei ruminanti da latte se è previsto l'utilizzo del prodotto fitosanitario su colture le cui parti o i cui prodotti, anche dopo la trasformazione, sono utilizzati come alimenti per ruminanti e il cui assorbimento previsto supera gli 0,004 mg/kg p.c./giorno.
Gli studi devono essere effettuati su capre da latte, se possibile, o, in alternativa, su vacche da latte.
I dosaggi devono essere almeno equivalenti all'esposizione giornaliera massima probabile derivante da tutti gli usi previsti.
Se non è possibile identificare i principali metaboliti ad un dosaggio pari a 10 mg/kg di alimenti per animali (materia secca), si possono utilizzare dosi superiori.
Se non vengono effettuati studi sull'alimentazione degli animali, occorre dimostrare i livelli di concentrazione massima (plateau) nel latte nell'ambito dello studio sul metabolismo, tenendo presente che i livelli di concentrazione massima si verificano generalmente tra 5 e 7 giorni dall'inizio del dosaggio nei ruminanti da latte.
6.2.4. Suini
Sono necessari studi sul metabolismo nei suini da latte se è previsto l'utilizzo del prodotto fitosanitario su colture le cui parti o i cui prodotti, anche dopo la trasformazione, sono utilizzati come alimenti per suini, il cui assorbimento previsto supera gli 0,004 mg/kg p.c./giorno e se risulta evidente che le vie metaboliche differiscono in modo significativo nel ratto rispetto ai ruminanti.
Gli studi devono essere effettuati su suini.
I dosaggi devono essere almeno equivalenti all'esposizione giornaliera massima probabile derivante dagli usi previsti.
Se non è possibile identificare i metaboliti ad un dosaggio pari a 10 mg/kg di alimenti per animali (materia secca), si possono utilizzare dosi superiori.
La durata di questo studio deve essere identica a quella dello studio nei ruminanti da latte.
6.2.5. Pesci
Possono essere necessari studi sul metabolismo nei pesci se è previsto l'utilizzo del prodotto fitosanitario su colture le cui parti o i cui prodotti, anche dopo la trasformazione, sono utilizzati come alimenti per i pesci e se in seguito alle applicazioni previste possono permanere dei residui in detti alimenti.
I risultati degli studi previsti al punto 8.2.2.3 sono utilizzabili se è possibile dimostrare scientificamente che i risultati di questi studi possono essere considerati equivalenti. Occorre prestare particolare considerazione alle diverse vie di ingestione.
6.3. Prove per la determinazione dell'entità dei residui nei vegetali
Gli obiettivi delle prove per la determinazione dell'entità dei residui nei vegetali sono i seguenti:
— |
quantificare i livelli più elevati di residui probabili di ciascun componente delle diverse definizioni di residuo nelle colture trattate, al momento della raccolta o del prelievo dai magazzini, secondo la buona pratica agricola (BPA) proposta, nonché |
— |
determinare, se del caso, la velocità di riduzione dei depositi di prodotti fitosanitari nelle piante. |
Circostanze di necessità delle prove
Questi studi devono sempre essere effettuati se il prodotto fitosanitario viene applicato a piante o prodotti vegetali utilizzati come alimenti per l'uomo o per gli animali oppure se tali piante possono assorbire residui dal terreno o da altri substrati, salvo nel caso in cui sia possibile un'estrapolazione da dati adeguati ottenuti su un'altra coltura.
Nel pianificare le sperimentazioni sui residui, occorre tener presente che le informazioni relative ai residui nelle colture mature o non mature può risultare rilevante ai fini della valutazione dei rischi in altri settori quali l'ecotossicologia o la sicurezza dei lavoratori.
Condizioni di prova
Le prove controllate sui residui devono corrispondere alla BPA critica proposta. Occorre definire le condizioni di prova (ad esempio, numero massimo di applicazioni proposte, intervalli minimi tra le applicazioni, concentrazione e percentuale di applicazione massime, intervalli di sicurezza di massima criticità (13) rispetto all'esposizione) per identificare i residui massimi che possono ragionevolmente presentarsi, rappresentative delle condizioni realistiche in base alla BPA critica secondo cui va utilizzata la sostanza attiva.
Nella definizione di un programma di prove controllate, si deve tener conto di fattori come le principali aree di coltivazione e le varie circostanze che possono presentarsi in tali regioni.
Occorre tener conto delle differenze nei metodi di produzione agricola (ad esempio usi in campo aperto rispetto all'uso in serra), delle stagioni di produzione e del tipo di formulazione.
Per la valutazione del comportamento dei residui e la fissazione dei livelli massimi di residui (LMR) a norma del regolamento (CE) n. 396/2005, occorre dividere l'Unione in due regioni, l'Europa settentrionale e l'Europa meridionale. Ai fini dell'utilizzo nelle serre, come trattamento post-raccolto e per il trattamento di locali di immagazzinamento vuoti, si applica un'unica regione di residui.
Il numero di prove necessarie è difficile da determinare prima della valutazione dei relativi risultati. Presupponendo che tutte le altre variabili con un impatto sui livelli di residui siano comparabili, il numero minimo di prove per ciascuna regione di residui va da 4 per le colture minori a 8 per le colture maggiori.
Tuttavia, se la BPA è la stessa in entrambe le regioni di residui, per le colture minori di norma sono sufficienti 6 prove equamente distribuite sulle aree di coltivazione rappresentative.
Il numero di studi da effettuare può essere ridotto se le prove sui residui dimostrano che i livelli dei residui nelle piante o nei prodotti vegetali sono inferiori al limite di quantificazione. Il numero di prove non deve essere inferiore a 3 per regione per le colture minori e a 4 per regione per le colture maggiori.
Se gli studi sul metabolismo delle piante rappresentative prevedono una situazione di «zero residui», occorre effettuare tre prove sui prodotti alimentari significativi per la dieta. Non è necessario effettuare prove su prodotti alimentari non significativi per la dieta. Occorre prevedere una situazione di «zero residui» se non si rintracciano residui nel corso di studi con percentuali di applicazione aumentati rispetto a quelli previsti.
Purché le condizioni siano comparabili e le prove siano ampiamente diffuse su diverse aree, è sufficiente effettuare prove nel corso di una stagione di coltivazione.
Una parte delle prove può essere sostituita da prove condotte al di fuori dell'Unione, a condizione che esse siano conformi alla BPA critica e che le condizioni di produzione (quali pratiche di coltura e condizioni climatiche) siano comparabili.
Le prove sul comportamento dei residui nei trattamenti post-raccolto devono essere effettuate in siti diversi con diversi cultivar. Occorre eseguire una serie di prove per ciascun metodo di applicazione e ciascuna condizione di immagazzinamento, salvo nel caso in cui si possa identificare con chiarezza la situazione peggiore che si può verificare per quanto riguarda i residui.
Se un prodotto fitosanitario è utilizzato sia in campo che in serra con la stessa BPA, occorre presentare un pacchetto contenente tutti i dati relativi ad entrambe le situazioni, salvo nel caso in cui si sia già accettato che uno dei due usi rappresenta la BPA critica.
Occorre verificare caso per caso, tenendo conto della morfologia della pianta e delle condizioni di applicazione, se sia possibile l'estrapolazione dalla coltura utilizzata per lo studio sul metabolismo ad altre colture appartenenti allo stesso gruppo.
Nel caso in cui al momento dell'applicazione sia presente una parte significativa del prodotto consumabile, devono essere presentati dati sulla metà delle prove controllate sui residui al fine di mostrare la variazione nel tempo del livello di residuo presente (studi di decadimento dei residui), salvo nel caso in cui la parte consumabile non sia esposta durante l'applicazione del prodotto fitosanitario, nelle condizioni d'impiego proposte. Per le colture raccolte dopo la fioritura (come la frutta o gli ortaggi da frutto), una parte significativa della coltura consumabile è presente a partire dalla piena fioritura (BBCH 65) in poi. Nel caso della maggior parte delle colture in cui vengono raccolte le parti con foglie (ad esempio la lattuga), questa condizione è soddisfatta se 6 foglie vere, coppie di foglie o verticilli sono completamente aperti (BBCH 16).
Nel caso di una sostanza attiva per la quale è stata ricavata una DAR, la distribuzione dei residui tra le singole unità può essere esaminata mediante studi di variabilità. Se il numero di risultati disponibili è sufficiente, è possibile sostituire il fattore di variabilità predefinito con un fattore specifico ricavato da tali studi.
6.4. Studi sull'alimentazione
L'obiettivo degli studi sull'alimentazione è di determinare i residui nei prodotti di origine animale derivanti da residui negli alimenti per animali.
I risultati ottenuti da uno studio sull'alimentazione sulle galline ovaiole vanno estrapolati a tutto il pollame destinato alla produzione alimentare. I risultati ottenuti da uno studio sull'alimentazione sulle vacche da latte o, in alternativa, sui suini, vanno estrapolati a tutti i mammiferi destinati alla produzione alimentare.
Circostanze di necessità delle prove
Sono necessari studi sull'alimentazione quando gli studi sul metabolismo indicano che si possono avere residui a livelli superiori a 0,01 mg/kg in tessuti animali commestibili, latte, uova o pesce, tenendo conto dei livelli di residui nei possibili alimenti per gli animali, ottenuti alla percentuale 1 × dose, calcolati in base al peso a secco.
Gli studi sull'alimentazione non sono necessari se l'assunzione è inferiore a 0,004 mg/kg p.c./giorno, salvo nel caso in cui il residuo (vale a dire la sostanza attiva, i suoi metaboliti o prodotti di degradazione, in base alla definizione di residuo ai fini della valutazione dei rischi) tende ad accumularsi.
6.4.1. Pollame
Gli studi sull'alimentazione del pollame devono essere effettuati sulle galline ovaiole. Per ciascun trattamento scelto, è opportuno trattare almeno 9 polli.
In generale, gli alimenti per animali devono essere somministrati in tre dosaggi (prima dose = livello di residuo previsto). Gli animali devono ricevere i dosaggi per almeno 28 giorni fino al raggiungimento del livello di concentrazione massima (plateau) nelle uova.
6.4.2. Ruminanti
Gli studi sull'alimentazione dei ruminanti devono essere effettuati sulle vacche da latte. Per ciascun trattamento scelto, occorre trattare almeno 3 vacche da latte.
In generale, gli alimenti per animali devono essere somministrati in tre dosaggi (prima dose = livello di residuo previsto). Gli animali devono ricevere i dosaggi per almeno 28 giorni fino al raggiungimento del livello di concentrazione massima (plateau) nel latte.
6.4.3. Suini
Se gli studi di metabolismo indicano che le vie metaboliche dei suini differiscono notevolmente da quelle dei ruminanti, è possibile condurre uno studio sull'alimentazione sui suini. Per ciascun trattamento scelto, occorre trattare almeno 3 suini.
In generale, gli alimenti per animali devono essere somministrati in tre dosaggi (prima dose = livello di residuo previsto). Gli animali devono ricevere i dosaggi per un periodo almeno pari a quello previsto per i ruminanti.
6.4.4. Pesci
Può essere necessario uno studio sull'alimentazione sui pesci se è ragionevolmente previsto un livello di residuo superiore a 0,01 mg/kg nei tessuti commestibili, in base ai risultati degli studi sul metabolismo nei pesci e ai residui massimi stimati negli alimenti per pesci. È opportuno prestare particolare attenzione alle sostanze lipofiliche caratterizzate dalla tendenza intrinseca ad accumularsi.
6.5. Effetti della trasformazione
6.5.1. Natura del residuo
L'obiettivo degli studi sulla natura del residuo è di stabilire se da residui contenuti nei prodotti agricoli non trasformati possano derivare, durante la trasformazione, prodotti di degradazione o di reazione per i quali potrebbe essere necessaria una specifica valutazione dei rischi.
Sono necessari studi sulla natura dei residui nella trasformazione se nei prodotti di origine vegetale o animale soggetti a trasformazione possono presentarsi residui in concentrazioni pari o superiori a 0,01 mg/kg (in base alla definizione di residuo ai fini della valutazione dei rischi per il prodotto non trasformato). Tuttavia tali studi non sono necessari nei seguenti casi:
— |
sostanze con una solubilità in acqua < 0,01 mg/L, |
— |
vengono effettuate esclusivamente operazioni fisiche semplici, che non comportano una variazione della temperatura del prodotto, quali lavaggio, pulitura o pressatura, oppure |
— |
la distribuzione dei residui tra polpa e buccia non commestibile è l'unico effetto della trasformazione. |
In funzione del livello previsto e della natura chimica del residuo contenuto nel prodotto di origine vegetale o animale devono essere esaminate, se del caso, varie situazioni rappresentative di idrolisi che simulino le relative operazioni di trasformazione. Occorre inoltre esaminare gli effetti dei processi di trasformazione diversi dall'idrolisi e la possibile formazione di prodotti di degradazione di rilevanza tossicologica.
Gli studi devono essere condotti con una o più forme radiomarcate della sostanza attiva pertinente.
6.5.2. Distribuzione del residuo nella buccia non commestibile e nella polpa
Gli obiettivi degli studi relativi alla distribuzione del residuo nella buccia non commestibile e nella polpa sono i seguenti:
— |
determinare la distribuzione quantitativa dei residui tra la buccia non commestibile e la polpa, |
— |
stimare i fattori di sbucciatura, e |
— |
consentire una stima più realistica dell'assunzione di residui attraverso la dieta. |
Questi studi sono necessari sui prodotti vegetali la cui buccia non è commestibile (come meloni e banane) o è mangiata solo raramente nella sua interezza dai consumatori (come gli agrumi).
Questi studi vanno effettuati nell'ambito delle sperimentazioni controllate sui residui e il numero di risultati riportati è subordinato al numero di sperimentazioni condotte sui residui. La possibile contaminazione della polpa deve essere oggetto di particolare attenzione. Occorre prendere precauzioni al fine di quantificare un livello massimo realistico di residuo.
6.5.3. Entità dei residui nei prodotti trasformati
I principali obiettivi degli studi relativi all'entità dei residui nei prodotti trasformati sono i seguenti:
— |
determinare la distribuzione quantitativa dei residui nei vari prodotti trasformati impiegati come alimenti per l'uomo o per gli animali, |
— |
stimare i fattori di trasformazione, e |
— |
consentire una stima più realistica dell'assunzione di residui attraverso la dieta. |
Nel determinare se sia necessario effettuare studi sulla trasformazione, occorre tenere conto dei seguenti elementi:
a) |
il carico alimentare di un prodotto trasformato nella dieta umana (come le mele) o animale (come la polpa di mele); |
b) |
il livello del residuo nella pianta o nel prodotto vegetale da trasformare (di norma, ≥ 0.1 mg/kg); |
c) |
le proprietà fisico-chimiche della sostanza attiva e dei suoi metaboliti rilevanti (quali la liposolubilità in caso di trasformazione di grani oleaginosi), e |
d) |
la possibilità di riscontrare prodotti di degradazione di rilevanza tossicologica dopo la trasformazione della pianta o del prodotto vegetale. |
Se il livello di residuo è inferiore a 0,1 mg/kg, occorre effettuare studi sulla trasformazione se l'apporto del prodotto in esame all'assunzione giornaliera massima teorica (TMDI) è ≥10% della DGA o se l'assunzione giornaliera stimata è ≥10% della DAR per la dieta di qualsiasi gruppo di consumatori europei.
Gli studi sulla trasformazione non sono necessari se le piante o i prodotti vegetali sono utilizzati esclusivamente non trasformati per la produzione di alimenti per l'uomo e per gli animali.
In alcuni casi, un semplice calcolo è sufficiente a determinare il fattore di trasformazione, come la concentrazione legata a fattori di disidratazione o di diluzione, a condizione che non si preveda che il processo di trasformazione in esame influisca sulla natura dei residui.
Se le proprietà della sostanza attiva, dell'impurezza o del metabolita, secondo il caso, indicano che potrebbe concentrarsi in una determinata frazione trasformata, è necessario uno studio sulla trasformazione anche nelle situazioni in cui il residuo nella pianta o nel prodotto vegetale da trasformare è inferiore a 0,1 mg/kg. In tali casi, occorre utilizzare, se necessario, percentuali di applicazione aumentate fino a 5 volte oppure tempi di sicurezza (PHI) ridotti al fine di conseguire un residuo quantificabile nella pianta o nel prodotto vegetale da trasformare. Non è necessario uno studio sulla trasformazione se le percentuali di applicazione aumentate (fino a 5 volte) non evidenziano un residuo quantificabile nella pianta o nel prodotto vegetale da trasformare. Nel prendere in considerazione i trattamenti ad una percentuale notevolmente incrementata è necessario tener conto della fototossicità.
Per i processi di trasformazione domestica e per quelli industriali di piccola entità, se non si rilevano residui pari o superiori a 0,1 mg/kg nel prodotto agricolo non trasformato alla BPA raccomandata dalle prove in campo controllate alla percentuale massima indicata sull'etichetta e al PHI minimo, non sono necessari studi sulla trasformazione.
Gli studi sulla trasformazione devono essere rappresentativi di preparati domestici (quali ortaggi cotti) o trasformazioni industriali commerciali (come la produzione di succo di mela). Gli studi di trasformazione vanno condotti su almeno una coltura rappresentativa di un gruppo, di cui si prevede l'utilizzo. La scelta della coltura e della trasformazione va motivata e spiegata.
La tecnologia usata negli studi di trasformazione deve corrispondere quanto più possibile alle effettive condizioni normalmente utilizzate nella pratica. Per ciascuna coltura da esaminare devono essere effettuati due studi per processo, al fine di determinare i fattori di concentrazione e di diluzione nei prodotti trasformati. Se si utilizza più di un metodo di trasformazione, occorre scegliere quello da cui ci si aspettano residui più elevati nel prodotto trasformato destinato al consumo umano. I risultati devono essere estrapolati a tutte le colture di un determinato gruppo sottoposte allo stesso processo di trasformazione.
Quando i risultati (fattore di trasformazione) dei due studi differiscono di oltre il 50 % nei principali prodotti trasformati, sono necessari ulteriori studi per ottenere un fattore di trasformazione coerente.
Occorre effettuare ulteriori studi se, utilizzando i fattori di trasformazione ricavati dall'estrapolazione, la stima dell'assunzione attraverso la dieta supera la DGA o la DAR. Tali studi devono essere effettuati sui processi e prodotti che maggiormente contribuiscono al superamento della DGA/DAR.
6.6. Residui nelle colture a rotazione
Occorre effettuare studi relativi ai residui nelle colture a rotazione che permettano di determinare la natura e la portata del potenziale accumulo dei residui nelle colture a rotazione mediante l'assorbimento attraverso il suolo e l'entità dei residui nelle colture a rotazione in condizioni in campo realistiche.
Non sono necessari studi sulle colture a rotazione non sono necessari per gli impieghi dei prodotti fitosanitari nelle colture permanenti (ad esempio, agrumi, pomacee), nelle colture semipermanenti (ad esempio, asparagi, ananas) o nei funghi, se le rotazioni sullo stesso substrato non rientrano nelle comuni pratiche agricole.
6.6.1. Metabolismo nelle colture a rotazione
Gli obiettivi degli studi sul metabolismo nelle colture a rotazione sono i seguenti:
a) |
fornire una stima dei residui finali totali presenti nella porzione interessata delle colture al momento del raccolto delle colture a rotazione dopo il trattamento della coltura precedente proposto; |
b) |
identificare i componenti principali del residuo finale totale; |
c) |
indicare la distribuzione dei residui tra le parti interessate della coltura; |
d) |
quantificare i componenti principali del residuo; |
e) |
indicare i componenti aggiuntivi da analizzare mediante studi di quantificazione dei residui (studi sulla rotazione delle colture in campo); |
f) |
stabilire restrizioni alla rotazione delle colture; |
g) |
determinare se siano necessarie prove in campo sui residui nelle colture a rotazione (studi in campo limitati). |
Sono necessari studi sul metabolismo nelle colture a rotazione se il composto originario o i metaboliti del suolo sono persistenti nel terreno o in presenza di concentrazioni significative dei metaboliti nel terreno.
Studi sul metabolismo delle colture a rotazione non sono necessari se è possibile rappresentare adeguatamente le peggiori condizioni che si possono verificare mediante altri studi disponibili effettuati sulle colture trattate conformemente al punto 6.2.1, in cui il prodotto fitosanitario viene applicato direttamente sul terreno (ad esempio, con trattamento di pre-semina o preemergenza).
Gli studi sul metabolismo devono essere effettuati almeno su tre colture appartenenti a tre diversi gruppi: radici, bulbi, tuberi, ortaggi a foglia e cereali. Dati relativi ad ulteriori gruppi di colture possono essere pertinenti ai fini della determinazione del LMR. Tali colture vanno piantate in un terreno trattato con la dose di applicazione massima raccomandata per le colture precedenti in seguito ad un adeguato intervallo di sospensione della coltura che riproduce una perdita di raccolto in una fase precoce della vegetazione, la rotazione della coltura nella stessa stagione o anno colturale e la rotazione della coltura nella stagione o anno colturale successivo.
6.6.2. Entità dei residui nelle colture a rotazione
Gli obiettivi degli studi sui residui nelle colture a rotazione sono i seguenti:
a) |
consentire una valutazione dell'entità dei residui nelle colture a rotazione; |
b) |
stabilire restrizioni alla rotazione delle colture; |
c) |
fornire informazioni ai fini della valutazione dell'importanza complessiva dei residui per la valutazione dei rischi alimentari, e |
d) |
determinare se siano necessari LMR per le colture a rotazione. |
Se gli studi sul metabolismo indicano la possibile presenza di residui della sostanza attiva o dei relativi metaboliti o prodotti di degradazione derivanti dal metabolismo delle piante o del terreno (> 0,01 mg/kg), occorre effettuare studi in campo limitati e, se del caso, prove in campo.
Gli studi non sono necessari nei seguenti casi:
— |
se non vanno effettuati studi sul metabolismo delle colture a rotazione, oppure |
— |
in base agli studi sul metabolismo delle colture a rotazione non si prevedono residui rilevanti nelle colture a rotazione. |
Per raggiungere gli obiettivi di cui sopra si deve adottare un approccio multilivello. Il primo livello consiste in studi in campo limitati in due siti ubicati all'interno di due delle principali aree di coltivazione. Occorre impiegare il prodotto fitosanitario per cui è richiesta l'autorizzazione o una formulazione molto simile.
Non sono necessari ulteriori studi se, in base ai risultati ottenuti con gli studi di primo livello, non si prevedono residui rintracciabili (<0,01 mg/kg) nelle colture a rotazione o se nel corso degli studi sul metabolismo non si osservano residui che richiedono una valutazione dei rischi.
Per gli studi di secondo livello, sono forniti dati aggiuntivi per consentire un'adeguata valutazione dei rischi alimentari nonché la determinazione dei livelli massimi di residui. Tali studi devono esaminare la comune pratica di rotazione delle colture. Essi vanno effettuati tenendo conto dei requisiti indicati al punto 6.3. Occorre condurre prove su colture rappresentative dei principali gruppi in condizioni quanto più prossime a quelle della normale pratica agricola. Vanno condotte almeno quattro prove per coltura all'anno in tutta l'Unione. Le prove vanno effettuate nelle principali aree di produzione in tutta l'Unione applicando la dose più elevata per le colture precedenti. Se i trattamenti annuali con le sostanze attive persistenti provocano nel terreno concentrazioni massime (di plateau) più elevate rispetto ad una singola applicazione, occorre tener conto della concentrazione massima (di plateau). I dati necessari relativi alle prove sui residui vanno elaborati di concerto con le autorità nazionali competenti degli Stati membri.
6.7. Definizioni dei residui e livelli massimi di residui proposti
6.7.1. Definizioni dei residui proposte
Nel valutare quali composti rientrino nella definizione di residuo, occorre esaminare i seguenti elementi:
— |
l'importanza tossicologica dei composti, |
— |
i quantitativi che potrebbero essere presenti, |
— |
i metodi analitici proposti ai fini del controllo post-approvazione e del monitoraggio. |
Possono essere necessarie due diverse definizioni di un residuo: una ai fini dell'applicazione delle disposizioni, basata sul concetto di marcatore, e una ai fini della valutazione dei rischi, che tiene conto dei composti di rilevanza tossicologica.
Il lavoro analitico svolto nel corso delle prove sui residui e degli studi sull'alimentazione deve esaminare tutti i componenti della definizione dei residui ai fini della valutazione dei rischi.
6.7.2. Livelli massimi di residui (LMR) proposti e giustificazione dell'accettabilità dei livelli proposti
Occorre stabilire un livello massimo di residui per tutti i prodotti di origine animale e vegetale che rientrano nel regolamento (CE) n. 396/2005. In tutti gli altri casi di prodotti di origine vegetale e animale utilizzati come alimenti per l'uomo o per gli animali e nel caso del tabacco e delle piante medicinali, occorre indicare un livello orientativo, vale a dire un livello determinato in base agli stessi principi utilizzati per stabilire il LMR.
Per i prodotti trasformati, è necessario indicare i fattori di trasformazione, salvo nel caso in cui gli studi di trasformazione non siano necessari.
Inoltre, occorre ricavare i valori dei residui mediani in prove controllate (STMR) e dei residui più elevati (HR) e, se vengono proposti fattori di trasformazione, i valori STMR-P e HR-P.
In casi eccezionali, se le condizioni stabilite nell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 396/2005, sono soddisfatte, è possibile proporre LMR sulla base dei dati di monitoraggio. In tali casi la proposta riguarderà il 95o percentile della popolazione a cui si riferiscono i dati ad un livello di confidenza del 95 %.
6.7.3. Livelli massimi di residui (LMR) proposti e giustificazione dell'accettabilità dei livelli proposti per i prodotti importati (tolleranza all'importazione)
Il punto 6.7.2 si applica agli LMR proposti per i prodotti importati (tolleranza all'importazione).
6.8. Intervalli di sicurezza proposti
Occorre stabilire degli intervalli di sicurezza (cioè intervalli pre-raccolto per gli impieghi previsti, oppure periodi di attesa o di immagazzinamento, nel caso di usi post-raccolto), tenendo conto degli organismi nocivi da controllare e dei risultati ottenuti dai dati delle prove sui residui. La durata minima di tali intervalli è di un giorno.
6.9. Stima dell'esposizione potenziale ed effettiva attraverso la dieta e altre vie
Nello stimare l'esposizione è necessario ricordare che la valutazione dei rischi deve tener conto della definizione del residuo stabilita ai fini della valutazione dei rischi.
Se del caso, occorre tener conto della possibile presenza di residui provenienti da fonti diverse dagli attuali impieghi delle sostanze attive nei prodotti fitosanitari (ad esempio, l'uso di sostanze attive che danno luogo a metaboliti comuni, l'uso come biocidi o come farmaci veterinari) e della relativa esposizione complessiva. Inoltre, se del caso, occorre tener conto dell'esposizione cumulativa a più di una sostanza attiva.
6.10. Altri studi
6.10.1. Livelli dei residui nel polline e nei prodotti delle api
L'obiettivo di questi studi è di determinare i residui nel polline e nei prodotti delle api destinati al consumo umano provenienti dai residui che le api da miele prelevano dalle colture durante la fioritura.
Il tipo e le condizioni degli studi da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
SEZIONE 7
Destino e comportamento nell'ambiente
7.1. Destino e comportamento nel suolo
Occorre fornire tutte le informazioni relative al tipo e alle proprietà del suolo utilizzato negli studi, inclusi il pH, il contenuto di carbonio organico, la distribuzione granulometrica e la capacità di ritenzione idrica.
La biomassa microbica dei suoli utilizzati per gli studi di degradazione in laboratorio deve essere determinata appena prima dell'inizio e alla fine dello studio.
I suoli utilizzati per gli studi di degradazione, adsorbimento e desorbimento o di mobilità devono essere rappresentativi della molteplicità di terreni agricoli tipici delle varie regioni dell'Unione in cui l'impiego è presente o previsto.
I suoli devono soddisfare le seguenti condizioni:
— |
devono rientrare in un certo intervallo di valori in termini di contenuto in carbonio organico, distribuzione granulometrica e pH (preferibilmente CaCl2), e |
— |
qualora, in base ad altre informazioni, si supponga che la degradazione o la mobilità dipendono dal pH, ad esempio solubilità e velocità dell'idrolisi (cfr. punti 2.7 e 2.8), essi devono rientrare approssimativamente nei seguenti intervalli di pH (preferibilmente CaCl2): da 5 a 6, da 6 a 7 e da 7 a 8. |
I suoli da utilizzare devono essere, se possibile, campionati di recente. Qualora l'utilizzo di suoli conservati sia inevitabile, la conservazione deve essere effettuata per un periodo di tempo limitato (al massimo tre mesi) in determinate condizioni indicate, idonee al mantenimento della capacità microbica del suolo. I suoli conservati per tempi più lunghi possono essere utilizzati solo per gli studi di adsorbimento/desorbimento.
Non va utilizzato un suolo con caratteristiche estreme per quanto riguarda parametri quali la distribuzione granulometrica, il contenuto di carbonio organico e il pH.
Gli studi in campo devono essere effettuati in condizioni quanto più prossime a quelle della normale pratica agricola su una gamma rappresentativa di suoli e di condizioni climatiche delle zone di utilizzo. Per gli studi in campo devono essere indicate le relative condizioni meteorologiche.
7.1.1. Via di degradazione nel suolo
Le informazioni e i dati forniti, assieme ad altre informazioni pertinenti, devono essere sufficienti a:
a) |
identificare, se possibile, l'importanza relativa dei tipi di processi che intervengono (bilancio tra degradazione chimica e biologica); |
b) |
identificare i singoli componenti presenti in qualsiasi momento in una percentuale superiore al 10% della quantità di sostanza attiva aggiunta, inclusi, se possibile, i residui non estraibili; |
c) |
identificare, se possibile, i singoli componenti presenti, nel corso delle ultime due misurazioni sequenziali, in una percentuale superiore al 5 % della quantità di sostanza attiva aggiunta; |
d) |
identificare, se possibile, i singoli componenti (> 5 %) per i quali alla fine dello studio non è ancora stata raggiunta la formazione massima; |
e) |
identificare o caratterizzare, se possibile, altri componenti singoli presenti; |
f) |
stabilire i rapporti relativi dei componenti presenti (bilancio delle masse); |
g) |
consentire di definire i residui di interesse nel suolo e a quali di questi residui sono o possono essere esposte le specie non bersaglio. |
Ai fini della presente sezione, per residui non estraibili si intendono le specie chimiche derivanti dalle sostanze attive contenute nei prodotti fitosanitari utilizzate conformemente alla buona pratica agricola che non possono essere estratte mediante metodi che non alterano in maniera significativa la natura chimica di tali residui o la natura della matrice del suolo. Tra questi residui non rientrano i metaboliti che portano a prodotti naturali.
7.1.1.1.
Occorre sempre indicare la via o le vie di degradazione aerobica, salvo quando la natura e il modo di utilizzo dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva escludano la contaminazione del suolo come nel caso degli usi in interno su prodotti immagazzinati o dei trattamenti di ferite di alberi effettuati con l'ausilio di spazzole.
Occorre indicare gli studi sulla via o le vie di degradazione relative ad almeno un suolo. L'ossigeno deve essere mantenuto a livelli che non limitino la capacità dei microrganismi di metabolizzare per via aerobica. Se vi è motivo di credere che la via di degradazione dipenda da una o più proprietà del suolo, quali il pH o il contenuto in argilla, occorre indicare la via di degradazione per almeno un suolo aggiuntivo le proprietà da cui dipende siano diverse.
I risultati devono essere presentati sotto forma di grafici schematici in cui siano indicate le vie di degradazione coinvolte e sia illustrato il bilancio della distribuzione del radiomarcante, in funzione del tempo:
a) |
nella sostanza attiva; |
b) |
nella CO2; |
c) |
nei composti volatili differenti dalla CO2; |
d) |
nei singoli prodotti di trasformazione identificati di cui al punto 7.1.1; |
e) |
nelle sostanze estraibili non identificate; |
f) |
nei residui non estraibili nel suolo. |
La ricerca delle vie di degradazione deve comprendere tutte le fasi possibili atte a caratterizzare e a quantificare i residui non estraibili formatisi dopo 100 giorni, se superiori al 70 % della dose di sostanza attiva applicata. Le tecniche e le metodologie applicate vengono selezionate caso per caso. Qualora i composti in questione non siano caratterizzati occorre darne motivazione.
Lo studio deve avere una durata di almeno 120 giorni, salvo nel caso in cui, dopo un periodo più breve, i livelli di residui non estraibili e di CO2 siano tali da rendere possibile la loro estrapolazione a 100 giorni. La durata sarà maggiore se ciò fosse necessario a stabilire la via di degradazione della sostanza attiva e dei suoi metaboliti, dei suoi prodotti di degradazione o di reazione.
7.1.1.2.
Devono essere indicati i risultati di uno studio di degradazione anaerobica, salvo il caso in cui il richiedente dimostri che l'esposizione dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva a condizioni anaerobiche è improbabile per gli usi previsti.
Il punto 7.1.1.1 si applica con riferimento alle condizioni di prova, salvo per quanto riguarda i livelli di ossigeno, che devono essere ridotti al minimo per consentire ai microrganismi di metabolizzare per via anaerobica.
7.1.1.3.
Devono essere indicati i risultati di uno studio della fotolisi nel suolo, salvo nel caso in cui il richiedente dimostri che il deposito della sostanza attiva sulla superficie del suolo è improbabile o che non si prevede che la fotolisi contribuisca in misura significativa alla degradazione della sostanza attiva nel suolo, ad esempio a causa della sua scarsa assorbanza.
7.1.2. Percentuale di degradazione nel suolo
7.1.2.1.
Gli studi di laboratorio sulla degradazione nel suolo devono fornire le migliori stime possibili del tempo necessario per la degradazione del 50% e del 90% (DegT50lab e DegT90lab) della sostanza attiva, dei suoi metaboliti, dei prodotti di degradazione e di reazione in condizioni di laboratorio.
7.1.2.1.1.
Circostanze di necessità delle prove
Occorre indicare la percentuale di degradazione nel suolo, salvo quando la natura e il modo di utilizzo dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva escludano la contaminazione del suolo come nel caso degli usi in interno su prodotti immagazzinati o dei trattamenti di ferite di alberi effettuati con l'ausilio di spazzole.
Condizioni di prova
Occorre indicare i risultati degli studi sulla percentuale di degradazione aerobica della sostanza attiva per tre suoli oltre a quello previsto al punto 7.1.1.1. Sono necessari valori attendibili di DegT50 e 90 relativi ad almeno quattro suoli diversi.
La durata dello studio non deve essere inferiore a 120 giorni. La durata è maggiore se questo è necessario a stabilire le frazioni di formazione cinetica dei metaboliti, dei prodotti di degradazione o di reazione. Se oltre il 90% della sostanza attiva si degrada prima del termine di 120 giorni, la durata del test può essere inferiore.
Per valutare l'influenza della temperatura sulla degradazione, occorre effettuare un calcolo con un opportuno fattore Q10 o un numero adeguato di studi aggiuntivi a diverse temperature.
7.1.2.1.2.
Circostanze di necessità delle prove
Occorre indicare la degradazione aerobica (valori DegT50 e 90) di almeno tre diversi suoli per i metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione che si presentano nel suolo, se una delle seguenti condizioni è soddisfatta:
a) |
rappresentano oltre il 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta in qualsiasi momento degli studi; |
b) |
rappresentano oltre il 5 % della quantità di sostanza attiva aggiunta in almeno due misurazioni sequenziali; |
c) |
la formazione massima non è raggiunta alla fine dello studio, ma rappresenta almeno il 5 % della sostanza attiva alla misurazione finale; |
d) |
tutti i metaboliti riscontrati negli studi al lisimetro a concentrazioni medie annuali sono superiori a 0,1 μg/L nel percolato. |
Non sono necessari studi quando tre valori DegT50 e 90 possono essere determinati in maniera affidabile a partire dai risultati degli studi di degradazione in cui la sostanza attiva è applicata come sostanza di prova.
Condizioni di prova
Le condizioni di prova sono quelle indicate alla sezione 7.1.2.1.1, salvo quando la sostanza di prova applicata è un metabolita o un prodotto di degradazione o di reazione. Occorre presentare studi sui metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione se ciò è necessario al fine di ottenere valori DegT50 e 90 affidabili per almeno tre suoli diversi.
7.1.2.1.3.
Circostanze di necessità delle prove
Deve essere indicata la percentuale di degradazione anaerobica della sostanza attiva qualora sia necessario effettuare uno studio anaerobico secondo quanto indicato al punto 7.1.1.2.
Condizioni di prova
In presenza delle condizioni di prova descritte al punto 7.1.1.2, sono necessari i valori anaerobici DT50 e 90 relativi alla sostanza attiva.
7.1.2.1.4.
Circostanze di necessità delle prove
Occorre indicare studi di degradazione anaerobica per i metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione che si presentano nel suolo se una delle seguenti condizioni è soddisfatta:
a) |
rappresentano oltre il 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta in qualsiasi momento degli studi; |
b) |
rappresentano oltre il 5 % della quantità di sostanza attiva aggiunta, se fattibile, in almeno due misurazioni sequenziali; |
c) |
la formazione massima non è raggiunta alla fine dello studio, ma rappresenta almeno il 5 % della sostanza attiva alla misurazione finale, se fattibile. |
Il richiedente non è tenuto a soddisfare tale requisito se è in grado di dimostrare che i valori DegT50 relativi ai metaboliti, ai prodotti di degradazione e di reazione possono essere determinati in maniera affidabile a partire dai risultati degli studi di degradazione anaerobica sulla sostanza attiva.
Condizioni di prova
In presenza delle condizioni di prova descritte al punto 7.1.1.2, occorre presentare studi sui metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione relativi ad un suolo.
7.1.2.2.
7.1.2.2.1.
Gli studi di dissipazione nel suolo devono fornire stime del tempo necessario per la dissipazione del 50 % e del 90 % (DisT50field e DisT90field) e, se possibile, del tempo necessario per la degradazione del 50 % e del 90 % (DegT50field e DegT90field) della sostanza attiva in condizioni di utilizzo in campo. Se del caso, devono essere raccolte informazioni relative ai metaboliti e ai prodotti di degradazione e di reazione.
Circostanze di necessità delle prove
Tali studi possono essere effettuati per la sostanza attiva, i suoi metaboliti, prodotti di degradazione e reazione se una delle seguenti condizioni è soddisfatta:
a) |
il valore DegT50lab per la sostanza attiva, i valori DegT50lab o DisT50lab per i metaboliti e i prodotti di degradazione o di reazione, in uno o più suoli, determinati ad una temperatura di 20°C e ad un'umidità del suolo correlata ad un valore di pF pari a 2 (pressione di aspirazione), sono maggiori di 60 giorni, oppure |
b) |
il valore DegT90lab per la sostanza attiva, i valori DegT90lab o DisT90lab per i metaboliti e i prodotti di degradazione o di reazione, in uno o più suoli, determinati ad una temperatura di 20°C e ad un'umidità del suolo correlata ad un valore di pF pari a 2 (pressione di aspirazione), sono maggiori di 200 giorni. |
Tuttavia, se i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva sono destinati ad essere utilizzati in condizioni climatiche rigide, gli studi devono essere effettuati se una delle seguenti condizioni è soddisfatta:
a) |
il valore DegT50lab per la sostanza attiva, i valori DegT50lab o DisT50lab per i metaboliti e i prodotti di degradazione o di reazione, determinati ad una temperatura di 10°C e ad un'umidità del suolo correlata ad un valore di pF pari a 2 (pressione di aspirazione), sono maggiori di 90 giorni, oppure |
b) |
il valore DegT90lab per la sostanza attiva, i valori DegT90lab o DisT90lab per i metaboliti e i prodotti di degradazione o reazione, in uno o più suoli, determinati ad una temperatura di 10°C e ad un'umidità del suolo correlata ad un valore di pF pari a 2 (pressione di aspirazione), sono maggiori di 300 giorni. |
Se durante gli studi in campo i metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione presenti negli studi di laboratorio sono inferiori al livello di quantificazione minimo tecnicamente possibile, che non deve superare l'equivalente del 5 % (base molare) della concentrazione nominale della sostanza attiva applicata, non è necessario indicare informazioni aggiuntive relative al destino e al comportamento di tali composti. In tali casi, occorre fornire una motivazione scientificamente valida per giustificare eventuali discrepanze tra i risultati dei metaboliti negli studi di laboratorio e in quelli in campo.
Condizioni di prova
I singoli studi su una molteplicità di suoli rappresentativi (di norma almeno quattro tipi diversi in diverse aree geografiche) devono essere portati avanti fino a che non si sia dissipata dal suolo almeno il 90 % della quantità di sostanza attiva applicata o questa non si sia trasformata in sostanze che non sono oggetto di studio.
7.1.2.2.2.
Gli studi di accumulo nel suolo devono fornire dati sufficienti a valutare la possibilità di accumulo dei residui della sostanza attiva e dei metaboliti, dei prodotti di degradazione e di reazione. Gli studi di accumulo nel suolo devono fornire stime del tempo necessario per la dissipazione del 50 % e del 90 % (DisT50field e DisT90field) della sostanza attiva e, se possibile, del tempo necessario per la sua degradazione del 50 % e del 90 % (DegT50field e DegT90field) della sostanza attiva in condizioni di utilizzo in campo.
Circostanze di necessità delle prove
Se dagli studi di dissipazione nel suolo risulta che il valore DisT90field, in uno o più suoli, è maggiore di un anno e se sono previste applicazioni ripetute, nella stessa stagione di coltivazione o negli anni successivi, occorre effettuare studi sulla possibilità di accumulo di residui nel suolo e sul livello di concentrazione massima (di plateau) raggiungibile a meno che non vengano presentati dati affidabili ottenuti con un opportuno modello di calcolo o un altro metodo di valutazione idoneo.
Condizioni di prova
Devono essere effettuati studi in campo a lungo termine che comportano diverse applicazioni su almeno due tipi di suolo appropriati in diverse aree geografiche.
In assenza di orientamenti allegati all'elenco di cui al punto 6 dell'introduzione, il tipo di studio da effettuare e le relative condizioni vanno discussi con le autorità nazionali competenti.
7.1.3. Adsorbimento e desorbimento nel suolo
7.1.3.1.
Le informazioni fornite, insieme ad altri dati pertinenti, devono essere sufficienti a determinare il coefficiente di adsorbimento della sostanza attiva, dei suoi metaboliti e prodotti di degradazione e di reazione.
7.1.3.1.1.
Circostanze di necessità delle prove
Occorre indicare studi di adsorbimento e desorbimento della sostanza attiva, salvo quando la natura e il modo di utilizzo dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva escludano la contaminazione del suolo come nel caso degli usi in interno su prodotti immagazzinati o dei trattamenti di ferite di alberi effettuati con l'ausilio di spazzole.
Condizioni di prova
Gli studi sulla sostanza attiva devono essere indicati per almeno quattro suoli.
Se non è possibile applicare il metodo discontinuo all'equilibrio a causa della degradazione rapida, occorre considerare come possibili metodi alternativi gli studi con tempi di riequilibrio brevi, la relazione quantitativa struttura-proprietà (Quantitative Structure Property Relationship, QSPR) o la cromatografia liquida ad alte prestazioni (High-Performance Liquid Chromatography, HPLC). Se non è possibile applicare il metodo discontinuo all'equilibrio a causa di uno scarso adsorbimento, occorre considerare in alternativa gli studi di lisciviazione su colonna (cfr. 7.1.4.1).
7.1.3.1.2.
Circostanze di necessità delle prove
Occorre indicare studi di adsorbimento e desorbimento per tutti i metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione, che nel corso degli studi di degradazione nel suolo soddisfano una delle seguenti condizioni:
a) |
rappresentano oltre il 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta, in qualsiasi momento degli studi; |
b) |
rappresentano oltre il 5 % della quantità di sostanza attiva aggiunta in almeno due misurazioni sequenziali; |
c) |
la formazione massima non è raggiunta alla fine dello studio, ma rappresenta almeno il 5 % della sostanza attiva alla misurazione finale; |
d) |
tutti i metaboliti riscontrati negli studi al lisimetro a concentrazioni medie annuali sono superiori a 0,1 μg/L nel percolato. |
Condizioni di prova
Occorre indicare studi sui metaboliti e sui prodotti di degradazione e di reazione per almeno tre suoli.
Se non è possibile applicare il metodo discontinuo all'equilibrio a causa della degradazione rapida, occorre considerare come metodi alternativi gli studi con tempi di riequilibrio brevi, la relazione quantitativa struttura-proprietà (Quantitative Structure Property Relationship, QSPR) o la cromatografia liquida ad alte prestazioni (High-Performance Liquid Chromatography, HPLC). Se non è possibile applicare il metodo discontinuo all'equilibrio a causa di uno scarso adsorbimento, occorre considerare in alternativa gli studi di lisciviazione su colonna (cfr. 7.1.4.1).
7.1.3.2.
Come opzione di fase superiore, è possibile indicare informazioni relative all'assorbimento in funzione del tempo.
La necessità di effettuare uno studio sull'assorbimento in funzione del tempo deve essere discussa con le autorità nazionali competenti.
In assenza di orientamenti allegati all'elenco di cui al punto 6 dell'introduzione, il tipo di studio da effettuare e le relative condizioni vanno discussi con le autorità nazionali competenti. Occorre inoltre tener conto dell'impatto della percentuale di degradazione. I dati relativi all'assorbimento in funzione del tempo devono essere compatibili con il modello entro cui tali valori saranno utilizzati.
7.1.4. Mobilità nel suolo
7.1.4.1.
7.1.4.1.1.
Gli studi di lisciviazione su colonna devono fornire dati sufficienti a valutare la mobilità e lisciviabilità della sostanza attiva.
Circostanze di necessità delle prove
Se dagli studi di adsorbimento e di desorbimento di cui al punto 7.1.2 non è possibile ottenere valori affidabili del coefficiente di adsorbimento a causa di uno scarso adsorbimento (ad esempio, Koc < 25 l/Kg), devono essere effettuati studi su almeno quattro suoli.
7.1.4.1.2.
Il test deve fornire dati sufficienti a valutare la mobilità e lisciviabilità dei metaboliti, dei prodotti di degradazione e di reazione.
Circostanze di necessità delle prove
Se dagli studi di adsorbimento e di desorbimento di cui al punto 7.1.2 non è possibile ottenere valori affidabili del coefficiente di adsorbimento a causa di uno scarso adsorbimento (ad esempio, Koc < 25 l/Kg), devono essere effettuati studi su almeno tre suoli.
7.1.4.2.
Se del caso, occorre effettuare studi al lisimetro per fornire informazioni relative a:
— |
la mobilità nel suolo, |
— |
la lisciviabilità da acque freatiche, |
— |
la possibile distribuzione nel suolo. |
La decisione sull'opportunità di effettuare studi al lisimetro, come studi sperimentali in campo aperto nell'ambito di un sistema di valutazione multilivello della lisciviazione, deve tener conto dei risultati della degradazione e di altri studi di mobilità, nonché dei valori delle concentrazioni ambientali previste nelle acque freatiche (PECGW), calcolate secondo quanto prescritto alla sezione 9, parte A, dell'allegato del regolamento (UE) n. 284/2013. Il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
Gli studi devono prevedere condizioni realistiche delle situazioni peggiori che si possono verificare, nonché la durata necessaria all'osservazione della lisciviabilità, tenendo conto del tipo di suolo, delle condizioni climatiche, della percentuale di applicazione e della frequenza e del periodo di applicazione.
L'acqua di percolazione attraverso le colonne di terreno deve essere analizzata ad intervalli opportuni e devono essere determinati i residui nel materiale vegetale all'epoca del raccolto. Al termine dei lavori sperimentali devono essere definiti i residui in una sezione di suolo in almeno cinque strati. Occorre evitare un campionamento intermedio poiché la rimozione di piante (salvo per operazioni di raccolto, secondo la normale pratica agricola) e del suolo altera le condizioni del processo di lisciviazione.
Devono essere registrate ad intervalli regolari (almeno settimanalmente) le precipitazioni e le temperature del suolo e dell'aria.
La profondità minima dei lisimetri deve essere di 100 cm. Le carote di suolo non devono essere alterate. Le temperature del suolo devono essere prossime a quelle in campo. Se del caso, è necessario provvedere ad una maggiore irrigazione in modo da garantire una crescita ottimale delle piante e una quantità d'acqua di percolazione prossima a quella delle regioni per le quali viene richiesta l'autorizzazione. Qualora, per motivi agricoli, il terreno debba essere alterato nel corso dello studio, le corrispondenti operazioni non devono estendersi ad una profondità superiore a 25 cm.
7.1.4.3.
Se del caso, occorre effettuare studi di lisciviazione in campo per fornire informazioni relative a:
— |
la mobilità nel suolo, |
— |
la lisciviabilità da acque freatiche, |
— |
la possibile distribuzione nel suolo. |
La decisione sull'opportunità di effettuare studi di lisciviazione in campo, come studi sperimentali in campo aperto nell'ambito di un sistema di valutazione multilivello della lisciviazione, deve tener conto dei risultati della degradazione e di altri studi di mobilità, nonché dei valori delle concentrazioni ambientali previste nelle acque freatiche (PECGW), calcolate secondo quanto prescritto alla sezione 9, parte A, dell'allegato del regolamento (UE) n. 284/2013. Il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
Gli studi devono prevedere condizioni realistiche delle situazioni peggiori che si possono verificare, tenendo conto del tipo di suolo, delle condizioni climatiche, della percentuale di applicazione e della frequenza e del periodo di applicazione.
L'acqua deve essere analizzata ad intervalli opportuni. Al termine dei lavori sperimentali devono essere definiti i residui in una sezione di suolo in almeno cinque strati. Occorre evitare un campionamento intermedio di materiale proveniente dalle piante e dal suolo (salvo per operazioni di raccolto, secondo la normale pratica agricola) poiché la rimozione di piante e del suolo altera le condizioni del processo di lisciviazione.
Devono essere registrate ad intervalli regolari (almeno settimanalmente) le precipitazioni e le temperature del suolo e dell'aria.
Devono essere presentati dati sulla superficie freatica nei campi sperimentali. In base al piano sperimentale, occorre effettuare una dettagliata caratterizzazione idrologica del campo su cui viene effettuato lo studio. Occorre descrivere in maniera esaustiva l'eventuale formazione di crepe del terreno osservata nel corso dello studio.
Occorre prestare attenzione al numero e all'ubicazione delle apparecchiature di raccolta delle acque. La loro installazione nel suolo non deve causare rigagnoli di scolo preferenziali.
7.2. Destino e comportamento nell'acqua e nel sedimento
Le informazioni fornite, insieme a quelle relative ad uno o più prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva e ad altre informazioni pertinenti, devono essere sufficienti a stabilire o consentire di stimare:
a) |
la persistenza in sistemi acquatici (acque e sedimenti di fondo, incluse le particelle sospese); |
b) |
il livello di rischio per le acque e gli organismi nei sedimenti; |
c) |
la potenziale contaminazione delle acque superficiali e delle acque freatiche. |
7.2.1. Via e percentuale di degradazione nei sistemi acquatici (degradazione chimica e fotochimica)
Le informazioni e i dati forniti, assieme ad altri dati e informazioni pertinenti, devono essere sufficienti a:
a) |
stabilire l'importanza relativa dei tipi di processi coinvolti (bilancio tra degradazione chimica e biologica); |
b) |
se possibile, identificare i singoli componenti presenti; |
c) |
stabilire i rapporti relativi dei componenti presenti e la loro distribuzione tra acque (incluse le particelle sospese) e sedimento, nonché |
d) |
consentire di stabilire i residui di interesse a cui sono o possono essere esposte specie non bersaglio. |
7.2.1.1.
Occorre determinare e indicare la velocità dell'idrolisi delle sostanze attive purificate alla temperatura di 20°C o 25°C. Si devono inoltre effettuare studi sulla degradazione idrolitica per i prodotti di degradazione e di reazione che rappresentano in qualsiasi momento oltre il 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta nello studio di idrolisi, salvo il caso in cui siano disponibili informazioni sufficienti relative alla loro degradazione, risultanti dal test effettuato con la sostanza attiva. Non sono necessarie ulteriori informazioni sull'idrolisi relative ai composti di degradazione se essi sono considerati stabili in acqua.
Occorre determinare e indicare la velocità dell'idrolisi per i pH 4, 7 e 9 in condizioni di sterilità, in assenza di luce, alla temperatura di 20°C o 25°C. Per le sostanze attive stabili o con una bassa velocità dell'idrolisi alle temperature di 20-25°C, la velocità va determinata a 50°C o a un'altra temperatura superiore a 50°C. Se a temperature uguali o superiori a 50°C si osserva una degradazione, è necessario determinare la percentuale di degradazione ad almeno altre tre temperature e costruire un diagramma di Arrhenius per consentire di stimare la velocità dell'idrolisi a 20°C e 25°C. È necessario indicare l'identità dei prodotti di idrolisi formatisi e le costanti di velocità osservate. Occorre indicare i valori DegT50 stimati alla temperatura di 20°C o 25°C.
7.2.1.2.
Per i composti aventi un coefficiente di adsorbimento molare (decadico) (ε) > 10 l × mol–1 × cm–1 ad una lunghezza d'onda (λ) ≥ 295 nm, è necessario determinare e indicare la fototrasformazione diretta delle sostanze attive purificate, salvo il caso in cui il richiedente dimostri che la contaminazione delle acque di superficie non avviene.
Gli studi di degradazione fotochimica diretta devono essere effettuati anche per i metaboliti e i prodotti di degradazione e di reazione che in qualsiasi momento rappresentano oltre il 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta nello studio di fotolisi, salvo nel caso in cui si siano ottenuti dati sufficienti sulla loro degradazione dal test effettuato con la sostanza attiva.
Non sono necessarie ulteriori informazioni sulla fotolisi relative ai composti di degradazione se questi sono considerati stabili in condizioni di fotolisi.
Occorre determinare e indicare la fototrasformazione diretta in soluzione acquosa purificata (ad esempio distillata) e tamponata, con l'uso di luce artificiale in condizioni di sterilità, se del caso utilizzando un solubilizzante. Nella prima fase teorica è necessario stimare una percentuale massima di fotolisi possibile, sulla base del coefficiente di estinzione molare della sostanza attiva. Se la fotolisi è considerata una via di degradazione potenzialmente significativa, occorre effettuare esperimenti di fotolisi per la definizione del range (livello 2). Per le sostanze attive per le quali il livello 2 evidenzia una fotolisi significativa, è necessario determinare il rendimento quantico e la via/la percentuale di fotolisi diretta (livelli 3 e 4). È necessario indicare l'identità dei prodotti di degradazione che si formano in qualsiasi momento dello studio in quantitativi > 10 % della sostanza attiva applicata, un bilancio di massa in ragione di almeno il 90 % della radioattività applicata, nonché l'emivita fotochimica (DT50).
7.2.1.3.
Si possono indicare studi di degradazione fotochimica indiretta se altri dati disponibili indicano che la fotodegradazione indiretta può avere un impatto significativo sulla via e sulla percentuale di degradazione nella fase acquosa.
Gli studi vanno effettuati in un sistema acquoso contenente composti organici (sostanze umiche) e inorganici (sali) in una composizione tipica delle acque di superficie naturali.
7.2.2. Via e percentuale di degradazione biologica nei sistemi acquatici
7.2.2.1.
Occorre effettuare il test di «biodegradabilità rapida». In assenza di questo, la sostanza attiva va automaticamente considerata non «rapidamente biodegradabile».
7.2.2.2.
Le informazioni e i dati forniti, assieme ad altri dati e informazioni pertinenti, devono essere sufficienti a:
a) |
identificare i singoli componenti presenti in qualsiasi momento in una percentuale superiore al 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta, inclusi, se possibile, i residui non estraibili; |
b) |
identificare i singoli componenti presenti in una percentuale superiore al 5 % della quantità di sostanza attiva aggiunta in almeno due misurazioni sequenziali, se possibile; |
c) |
identificare i singoli componenti (>5 %) per i quali alla fine dello studio non è ancora stata raggiunta la formazione massima, se possibile; |
d) |
identificare o caratterizzare, se possibile, altri componenti singoli; |
e) |
stabilire, se del caso, i rapporti relativi dei componenti (bilancio delle masse), nonché |
f) |
consentire di stabilire, se del caso, i residui di rilevanza nei sedimenti e a cui sono o possono essere esposte specie non bersaglio. |
Occorre indicare studi sulla mineralizzazione aerobica nelle acque di superficie, salvo nel caso in cui il richiedente dimostri l'impossibilità di contaminazione delle acque aperte (acqua dolce, estuariale o marina).
Occorre indicare la percentuale di degradazione e la via o le vie relativi ad un sistema di prova «pelagico» o ad un sistema di «sedimento sospeso». Se del caso, è necessario utilizzare ulteriori sistemi di prova, che differiscono tra loro in termini di contenuto di carbonio organico, struttura o pH.
I risultati devono essere presentati sotto forma di grafici schematici in cui siano indicate le vie di degradazione coinvolte e sia illustrato il bilancio della distribuzione del radiomarcante nell'acqua e, se del caso, nel sedimento in funzione del tempo, tra:
a) |
sostanza attiva; |
b) |
CO2; |
c) |
composti volatili differenti dalla CO2, nonché |
d) |
singoli prodotti di trasformazione identificati. |
La durata dello studio non deve superare i 60 giorni a meno di non utilizzare la procedura semi-continua rinnovando periodicamente la sospensione di prova. La durata del test in discontinuo può tuttavia essere prolungata fino ad un massimo di 90 giorni se la degradazione della sostanza ha avuto inizio entro i primi 60 giorni.
7.2.2.3.
Le informazioni fornite, assieme ad altre informazioni pertinenti, devono essere sufficienti a:
a) |
identificare i singoli componenti presenti in qualsiasi momento in una percentuale superiore al 10 % della quantità di sostanza attiva aggiunta, inclusi, se possibile, i residui non estraibili; |
b) |
identificare i singoli componenti presenti in una percentuale superiore al 5 % della quantità di sostanza attiva aggiunta, in almeno due misurazioni sequenziali, se possibile; |
c) |
identificare i singoli componenti (> 5 %) per i quali alla fine dello studio non è ancora stata raggiunta la formazione massima, se possibile; |
d) |
identificare o caratterizzare, se possibile, anche altri componenti singoli presenti; |
e) |
stabilire i rapporti relativi dei componenti (bilancio delle masse), nonché |
f) |
stabilire i residui di rilevanza nel sedimento, a cui sono o possono essere esposte specie non bersaglio. |
Qualora sia fatto riferimento a residui non estraibili, questi vengono definiti come specie chimiche provenienti da sostanze attive utilizzate conformemente alla buona pratica agricola che non possono essere estratte mediante metodi che non alterano in maniera significativa la natura chimica di tali residui o la natura della matrice del sedimento. Dei residui di questo tipo non fanno parte i frammenti delle vie metaboliche che conducono ai prodotti naturali.
Occorre indicare lo studio su acque/sedimenti salvo il caso in cui il richiedente dimostri l'impossibilità di contaminazione delle acque di superficie.
Occorre indicare la via o le vie di degradazione relative a due sistemi di acque/sedimenti. I due sedimenti selezionati devono differire in termini di contenuto di carbonio organico e struttura e, se del caso, pH.
I risultati devono essere presentati sotto forma di grafici schematici in cui siano indicate le vie coinvolte e sia illustrato il bilancio della distribuzione del radiomarcante nell'acqua e nel sedimento in funzione del tempo, tra:
a) |
sostanza attiva; |
b) |
CO2; |
c) |
composti volatili differenti dalla CO2; |
d) |
singoli prodotti di trasformazione identificati; |
e) |
sostanze estraibili non identificate; |
f) |
residui non estraibili nel sedimento. |
La durata dello studio non deve essere inferiore a 100 giorni. La durata è maggiore questo è necessario a stabilire la via di degradazione e il modello di distribuzione delle acque/dei sedimenti della sostanza attiva e dei suoi metaboliti e prodotti di degradazione o di reazione. Se oltre il 90 % della sostanza attiva si degrada prima del termine di 100 giorni, la durata del test può essere inferiore.
Il modello di degradazione dei metaboliti potenzialmente rilevanti nel corso dello studio su acque/sedimenti va stabilito ampliando lo studio sulla sostanza attiva o conducendo uno studio distinto per i metaboliti potenzialmente rilevanti.
7.2.2.4.
Si applicano le stesse disposizioni generali previste al punto 7.2.2.3.
Se la degradazione fotochimica è rilevante, è possibile indicare uno studio aggiuntivo su acque/sedimenti in un regime di luce/buio.
Il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
7.2.3. Degradazione nella zona di saturazione
Il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
7.3. Destino e comportamento nell'aria
7.3.1. Via e percentuale di degradazione nell'aria
Occorre indicare la tensione di vapore della sostanza attiva purificata, come previsto al punto 2.2. Occorre calcolare e indicare una stima dell'emivita nell'atmosfera superiore della sostanza attiva e di eventuali metaboliti e prodotti di degradazione e reazione volatili, formatisi nel suolo o in sistemi idrici naturali.
Occorre inoltre calcolare le stime relative alle emivite della sostanza attiva nell'atmosfera superiore, se sono disponibili i dati di monitoraggio che consentono tale operazione.
7.3.2. Propagazione atmosferica
Il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
Se viene superato il valore di volatilizzazione, Vp = 10–5 Pa (piante) oppure 10–4 Pa (suolo) ad una temperatura di 20°C, e sono necessarie misure di attenuazione (drift), è possibile indicare i risultati ottenuti da esperimenti condotti in ambiente ristretto.
Se necessario, è possibile indicare esperimenti atti a determinare il deposito in seguito alla volatilizzazione.
Occorre consultare le autorità nazionali competenti per stabilire se tali informazioni siano necessarie.
7.3.3. Effetti locali e globali
Per le sostanze applicate in quantità elevate, occorre esaminare i seguenti effetti:
— |
potenziale di riscaldamento globale (GWP), |
— |
potenziale di riduzione dell'ozono (OPD), |
— |
potenziale di creazione fotochimica di ozono (POCP), |
— |
accumulo nella troposfera, |
— |
potenziale di acidificazione (AP), |
— |
potenziale di eutrofizzazione (EP). |
7.4. Definizione del residuo
7.4.1. Definizione del residuo ai fini della valutazione dei rischi
La definizione del residuo ai fini della valutazione dei rischi per ciascun comparto deve essere tale da includere tutti i componenti (sostanza attiva, metaboliti, prodotti di degradazione e di reazione) identificati in conformità dei criteri di cui alla presente sezione.
Occorre tenere conto della composizione chimica dei residui presenti nel suolo, nelle acque freatiche, nelle acque di superficie (acqua dolce, estuariale e marina), nei sedimenti e nell'aria, derivanti dall'uso, o dall'impiego proposto, di un prodotto fitosanitario contenente la sostanza attiva.
7.4.2. Definizione del residuo ai fini del monitoraggio
In considerazione dei risultati dei test di valutazione tossicologica ed ecotossicologica, la definizione del residuo ai fini del monitoraggio deve includere quei componenti che rientrano nella definizione di residuo ai fini della valutazione dei rischi considerati pertinenti nel valutare i risultati di tali test.
7.5. Dati di monitoraggio
Devono essere riportati i dati di monitoraggio sul destino e sul comportamento della sostanza attiva e dei metaboliti rilevanti, nonché dei prodotti di degradazione e di reazione, nel suolo, nelle acque freatiche, nelle acque di superficie, nei sedimenti e nell'aria.
SEZIONE 8
Studi ecotossicologici
Introduzione
1. |
Devono essere indicati tutti i dati e le informazioni di ordine biologico disponibili e utili ai fini della valutazione del profilo ecotossicologico della sostanza attiva, compresi tutti gli effetti avversi potenziali riscontrati durante le indagini ecotossicologiche di routine. Se richiesto dalle autorità nazionali, occorre effettuare e indicare ulteriori studi, necessari ad esaminare i probabili meccanismi implicati e a valutare l'importanza di tali effetti. |
2. |
La valutazione ecotossicologica deve basarsi sul rischio rappresentato per gli organismi non bersaglio dalla sostanza attiva proposta utilizzata in un prodotto fitosanitario. Nell'effettuare una valutazione dei rischi, la tossicità va raffrontata all'esposizione. Il termine generale per descrivere il risultato di tale raffronto è «quoziente di rischio» o QR. Si fa presente che il QR può essere espresso in diversi modi, ad esempio in termini di rapporto tossicità/esposizione (RTE) e come quoziente di pericolo. Il richiedente deve tener conto delle informazioni di cui alle sezioni 2, 5, 6, 7 e 8. |
3. |
Può essere necessario effettuare studi separati per i metaboliti e i prodotti di degradazione o di reazione derivati dalla sostanza attiva, in caso di esposizione degli organismi non bersaglio e qualora i relativi effetti non siano valutabili in base ai risultati relativi alla sostanza attiva. Prima di effettuare tali studi, il richiedente deve tener conto delle informazioni di cui alle sezioni 5, 6 e 7. Gli studi realizzati consentono di caratterizzare i metaboliti e i prodotti di degradazione o di reazione, stabilendo se essi siano significativi, e rispecchiano la natura e la portata degli effetti la cui comparsa è considerata probabile. |
4. |
Per alcuni tipi di studi può essere più appropriato utilizzare un prodotto fitosanitario rappresentativo anziché la sostanza attiva fabbricata, ad esempio nei test sugli artropodi non bersaglio, sulle api, sulla riproduzione del lombrico, sulla micro-flora del suolo e sulle piante terrestri non bersaglio. Per determinati tipi di prodotti fitosanitari (ad esempio le sospensioni incapsulate) i test con l'uso del prodotto fitosanitario sono più appropriati rispetto ai test con la sostanza attiva, se tali organismi saranno esposti al prodotto fitosanitario stesso. Per i prodotti fitosanitari in cui la sostanza attiva è sempre destinata ad essere impiegata assieme ad un fitoprotettore e/o un sinergizzante e/o un coformulante e assieme ad altre sostanze attive, occorre utilizzare prodotti fitosanitari contenenti tali sostanze aggiuntive. |
5. |
Occorre esaminare l'impatto potenziale della sostanza attiva sulla biodiversità e sull'ecosistema, inclusi i possibili effetti indiretti imputabili all'alterazione della catena alimentare. |
6. |
Per gli orientamenti che consentono di progettare lo studio in maniera tale da determinare una concentrazione efficace (CEx), occorre effettuare lo studio per determinare una CE10, CE20 e CE50, se richiesto, assieme ad intervalli di confidenza del 95 %. Se si adotta un approccio CEx, è necessario determinare una concentrazione priva di effetti osservati (NOEC ). Gli studi accettabili esistenti, progettati in maniera tale da produrre una NOEC, non vanno ripetuti. Occorre effettuare una valutazione della potenza statistica della NOEC ottenuta mediante tali studi. |
7. |
Tutti i dati relativi alla tossicità acquatica devono essere impiegati nell'elaborare una proposta di standard di qualità ambientale (SQA medio annuo; SQA con concentrazione massima ammessa, SQA-MAC). La metodologia da adottare per derivare tali endpoint è delineata nella «Guida tecnica per la derivazione di standard di qualità ambientale (14)» nell'ambito della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15). |
8. |
Allo scopo di facilitare la valutazione della significatività dei risultati ottenuti nelle prove, inclusa una stima della tossicità intrinseca e dei fattori che influiscono sulla tossicità, si deve usare, se possibile, lo stesso ceppo di ciascuna specie rilevante (o specie della stessa origine registrata) nelle varie prove di tossicità specificate. |
9. |
Si devono utilizzare opportuni metodi statistici per progettare gli studi di livello superiore e per analizzarne i risultati. I metodi statistici devono essere descritti in maniera esaustiva. Se opportuno e del caso, gli studi di livello superiore devono essere suffragati da un'analisi chimica allo scopo di verificare che l'esposizione sia avvenuta ad un livello appropriato. |
10. |
In attesa della convalida e dell'adozione di nuovi studi e di un nuovo modello di valutazione dei rischi, è necessario utilizzare i protocolli esistenti per far fronte ai rischi acuti e cronici per le api, inclusi quelli per la sopravvivenza e lo sviluppo delle colonie, nonché l'identificazione e la misurazione di effetti subletali pertinenti nell'ambito della valutazione dei rischi. |
8.1. Effetti sugli uccelli e altri vertebrati terrestri
Per tutti gli studi sull'alimentazione di uccelli e mammiferi, va indicata la dose media realizzata, inclusa se possibile la dose in mg di sostanza/kg di peso corporeo. Se le dosi vengono somministrate con la dieta, la sostanza attiva deve essere distribuita in modo uniforme nella dieta.
8.1.1. Effetti sugli uccelli
8.1.1.1.
Deve essere determinata la tossicità orale acuta della sostanza attiva per gli uccelli.
Occorre esaminare gli effetti della sostanza attiva sugli eccelli salvo nel caso in cui che la sostanza sia contenuta in prodotti fitosanitari utilizzati, ad esempio, in spazi chiusi e nei trattamenti di ferite durante i quali gli uccelli non sono sottoposti ad alcuna esposizione, diretta o secondaria.
Occorre indicare uno studio che stabilisca la tossicità orale acuta (LD50) della sostanza attiva. Lo studio va effettuato, se disponibile, con una specie di quaglie [quaglia giapponese (Coturnix coturnix japonica) o Bobwhite (Colinus virginianus)], poiché in tali specie il rigurgito è raro. Se possibile, lo studio deve fornire i valori di LD50. Occorre indicare la dose letale di soglia, l'andamento temporale della risposta e del recupero, i valori di LD10 e LD20, nonché il livello al quale non si osservano effetti (NOEL) e i rilevamenti macropatologici. Se non è possibile stimare i valori di LD10 e LD20, è necessario fornire una motivazione. Lo studio deve essere progettato in maniera tale da ottimizzare l'accuratezza del valore di LD50.
La dose massima utilizzata nel test non deve superare i 2 000 mg di sostanza/kg di peso corporeo. Tuttavia, in base ai livelli di esposizione attesi in campo a seguito dell'impiego previsto per il composto, possono essere necessarie dosi superiori.
8.1.1.2.
Occorre fornire uno studio che stabilisca la tossicità alimentare a breve termine. Tale studio dovrà indicare i valori di LC50, la concentrazione letale minima (CLM), se possibile i valori NOEC, l'andamento temporale della risposta e del recupero, nonché i rilevamenti patologici. Occorre convertire i valori di LC50 e NOEC nella dose alimentare giornaliera (LD50) espressa in mg di sostanza/kg p.c./giorno e nel NOEL espresso in mg di sostanza/kg p.c./giorno.
Occorre presentare uno studio di tossicità alimentare (a cinque giorni) della sostanza attiva per gli uccelli solo se il meccanismo d'azione o i risultati degli studi sui mammiferi indicano che il valore di LD50 alimentare misurato dallo studio di tossicità alimentare a breve termine potrebbe essere inferiore al valore di LD50 basato su uno studio di tossicità orale acuta. L'unico obiettivo del test di tossicità alimentare a breve termine è di determinare la tossicità intrinseca attraverso l'esposizione alimentare, salvo nel caso in cui venga fornita una motivazione a sostegno della necessità di tale test.
Le specie da esaminare sono le stesse indicate al punto 8.1.1.1.
8.1.1.3.
Occorre indicare uno studio che stabilisca la tossicità subcronica e la tossicità per la riproduzione degli uccelli della sostanza attiva. Occorre indicare i valori CE10 e CE20. Se non è possibile stimare tali valori, è necessario fornire una motivazione, corredata della NOEC espressa in mg di sostanza/kg p.c./giorno.
La tossicità subcronica e riproduttiva della sostanza attiva per gli uccelli deve essere esaminata salvo nel caso in cui il richiedente dimostri l'improbabilità che si verifichi una esposizione di adulti o l'esposizione di siti di nidificazione durante la stagione riproduttiva. Tale motivazione deve essere suffragata da informazioni che dimostrano l'impossibilità che si verifichi un'esposizione o effetti ritardati nel corso della stagione riproduttiva.
Lo studio deve esaminare le stesse specie indicate al punto 8.1.1.1.
8.1.2. Effetti su vertebrati terrestri diversi dagli uccelli
Le seguenti informazioni devono essere derivate dalla valutazione tossicologica nei mammiferi sulla base degli studi di cui alla sezione 5.
8.1.2.1.
Occorre determinare la tossicità orale acuta della sostanza attiva per i mammiferi ed esprimere il valore di LD50 in mg di sostanza/kg p.c./giorno.
Occorre esaminare gli effetti della sostanza attiva sui mammiferi salvo nel caso in cui la sostanza sia contenuta nei prodotti fitosanitari utilizzati, ad esempio, in spazi chiusi e nei trattamenti di ferite durante i quali i mammiferi non sono sottoposti ad alcuna esposizione, diretta o secondaria.
8.1.2.2.
La tossicità della sostanza attiva per la riproduzione dei mammiferi deve essere studiata salvo nel caso in cui il richiedente fornisca una motivazione che dimostra l'improbabilità che si verifichi una esposizione di adulti durante la stagione riproduttiva. Tale motivazione deve essere suffragata da informazioni che dimostrano l'impossibilità che si verifichi un'esposizione o effetti ritardati nel corso della stagione riproduttiva.
Va indicato l'endpoint di rilevanza ecotossicologica a lungo termine più sensibile per i mammiferi (NOAEL) espresso in mg di sostanza/kg p.c./giorno. Occorre indicare i valori CE10 and CE20 nonché la NOEC espressa in mg di sostanza/kg p.c./giorno. Se non è possibile stimare i valori CE10 e CE20, è necessario fornire una motivazione.
8.1.3. Effetti della bioconcentrazione della sostanza attiva nelle prede di uccelli e mammiferi
Per le sostanze attive con un log Pow >3, occorre fornire una valutazione del rischio rappresentato dalla bioconcentrazione della sostanza nelle prede di uccelli e mammiferi.
8.1.4. Effetti sui vertebrati selvatici terrestri (uccelli, mammiferi, rettili e anfibi)
Occorre fornire i dati disponibili e pertinenti, inclusi i dati ottenuti dalla letteratura, relativi alla sostanza attiva di interesse, in merito ai potenziali effetti su uccelli, mammiferi, rettili e anfibi (cfr. il punto 8.2.3), nonché tenerne conto ai fini della valutazione dei rischi.
8.1.5. Proprietà di interferenza endocrina
Occorre valutare se la sostanza attiva sia potenzialmente dannosa per il sistema endocrino secondo le linee guida dell'Unione o concordate a livello internazionale. Ciò è possibile consultando la sezione sulla tossicologia per i mammiferi (cfr. la sezione 5). Occorre inoltre tener conto di altre informazioni disponibili in merito al profilo di tossicità e al meccanismo d'azione. Se a seguito di tale valutazione la sostanza attiva è identificata come potenzialmente dannosa per il sistema endocrino, il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
8.2. Effetti sugli organismi acquatici
Le relazioni dei test di cui ai punti 8.2.1, 8.2.4 e 8.2.6 vanno presentate per ogni sostanza attiva e suffragate da dati analitici sulle concentrazioni della sostanza nel mezzo.
Quando si conducono studi di tossicità acquatica con una sostanza scarsamente solubile, le concentrazioni limite inferiori a 100 mg di sostanza/L sono accettabili; tuttavia si deve evitare la precipitazione della sostanza nel mezzo e occorre utilizzare un solubilizzante, un solvente ausiliario o un agente di dispersione, se del caso. L'autorità nazionale competente può esigere test effettuati con prodotti fitosanitari se non si verificano effetti biologici al limite di solubilità della sostanza attiva.
Occorre calcolare gli endpoint di tossicità (ad esempio, LC50, CE10, CE20, CE50 e NOEC) sulla base delle concentrazioni nominali o delle concentrazioni medie/iniziali misurate.
8.2.1. Tossicità acuta per i pesci
Occorre indicare uno studio di tossicità acuta per i pesci (LC50) e che descriva in maniera esaustiva gli effetti osservati.
Occorre effettuare un test sulla trota iridea (Oncorhynchus mykiss).
Occorre determinare la tossicità acuta della sostanza attiva per i pesci. Allo scopo di ridurre al minimo i test sui pesci, va preso in considerazione un approccio in cui si stabilisce una soglia nell'effettuare i test di tossicità acuta per i pesci. Occorre effettuare un test limite di tossicità acuta nei pesci con 100 mg di sostanza/L o con una concentrazione appropriata selezionata dagli endpoint acquatici (punti 8.2.4, 8.2.6 o 8.2.7) dopo aver esaminato l'esposizione limite. Se il test limite sui pesci evidenzia una mortalità, è necessario uno studio di tossicità acuta dose-risposta nei pesci per determinare un valore di LC50 da utilizzare ai fini della valutazione dei rischi conformemente all'analisi del quoziente di rischio rilevante (cfr. il punto 2 dell'introduzione della presente sezione).
8.2.2. Tossicità a lungo termine e cronica per i pesci
Occorre fornire uno studio di tossicità a lungo termine o cronica per i pesci relativamente a tutte le sostanze attive in cui l'esposizione delle acque superficiali risulta probabile e la sostanza è destinata a rimanere stabile nell'acqua, cioè la perdita della sostanza originale mediante idrolisi nelle 24 ore successive è inferiore al 90 % (cfr. il punto 7.2.1.1). In tali circostanze deve essere fornito uno studio sui pesci nelle prime fasi di vita. Tuttavia, se viene indicato uno studio sull'intero ciclo di vita dei pesci, lo studio sui pesci nelle prima fasi di vita non è necessario.
8.2.2.1.
Un test di tossicità per i pesci nelle prime fasi di vita deve determinare gli effetti sulla crescita, sullo sviluppo e sul comportamento, nonché descrivere nei dettagli gli effetti osservati sui pesci nelle prime fasi di vita. Occorre indicare i valori CE10 e CE20 nonché la NOEC. Se non è possibile stimare i valori CE10 e CE20, è necessario fornire una motivazione.
8.2.2.2.
Un test sull'intero ciclo di vita dei pesci deve fornire informazioni relative agli effetti sulla riproduzione della generazione parentale e sulla vitalità della generazione filiale. Occorre indicare i valori CE10 e CE20 nonché la NOEC.
Per le sostanze attive che non sono considerate potenzialmente dannose per il sistema endocrino, può essere necessario un test sull'intero ciclo di vita dei pesci a seconda della persistenza e del potenziale di bioaccumulazione della sostanza.
Per le sostanze attive che soddisfano i criteri di controllo in uno dei due saggi di controllo nei pesci, o per le quali vi sono altre indicazioni in merito al fatto che possano essere dannose per il sistema endocrino (cfr. il punto 8.2.3), occorre inserire nel test ulteriori endpoint appropriati e discuterne con le autorità nazionali competenti.
Gli studi devono essere progettati in maniera tale da rispecchiare le problematiche evidenziate dai test di fase inferiore, dagli studi di tossicologia nei mammiferi e negli uccelli e altre informazioni. Il modello di esposizione va selezionato di conseguenza, tenendo conto delle percentuali di applicazione proposte.
8.2.2.3.
Il test sulla bioconcentrazione nei pesci deve indicare i fattori di bioconcentrazione allo stato stazionario, le costanti della percentuale di assunzione e della percentuale di depurazione, l'escrezione incompleta, i metaboliti formatisi nei pesci e, se disponibili, informazioni relative all'accumulo organo-specifico.
Tutti i dati devono essere corredati di limiti di confidenza per ciascuna sostanza di prova. I fattori di bioconcentrazione devono essere espressi in funzione sia del peso umido totale che del contenuto lipidico dei pesci.
I dati indicati al punto 6.2.5 devono essere presi in considerazione, se del caso, nel trattare il presente punto.
Occorre valutare la bioconcentrazione della sostanza se:
— |
il log Pow è superiore a 3 (cfr. il punto 2.7) o se vi sono altre indicazioni di bioconcentrazione, nonché |
— |
la sostanza è considerata stabile, cioè la perdita della sostanza originale mediante idrolisi nelle 24 ore successive è inferiore al 90 % (cfr. il punto 7.2.1.1). |
8.2.3. Proprietà di interferenza endocrina
Occorre valutare se la sostanza attiva rappresenti una potenziale sostanza dannosa per il sistema endocrino negli organismi acquatici non bersaglio secondo le linee guida dell'Unione o concordate a livello internazionale. Occorre inoltre tener conto di altre informazioni disponibili in merito al profilo di tossicità e al meccanismo d'azione. Se a seguito di tale valutazione la sostanza attiva è identificata come potenzialmente dannosa per il sistema endocrino, il tipo e le condizioni degli studi da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
8.2.4. Tossicità acuta per gli invertebrati acquatici
La tossicità acuta deve essere determinata per una specie Daphnia (preferibilmente la Daphnia magna). Per le sostanze attive con un meccanismo d'azione insetticida o che mostrano un'attività insetticida è necessario effettuare un test su una seconda specie, ad esempio le larve di chironomidi o i gamberi misidacei (Americamysis bahia).
8.2.4.1.
Occorre indicare un test di tossicità acuta della sostanza attiva per la Daphnia magna a 24 e a 48 ore, espressa come concentrazione mediana efficace (CE50) per l'immobilizzazione e, se possibile, la concentrazione massima che non provoca immobilizzazione.
Occorre sottoporre a test le concentrazioni fino a 100 mg di sostanza/L. Se i risultati di un test di definizione del range indicano che non vi sono effetti previsti, è possibile effettuare un test limite con 100 mg di sostanza/L.
8.2.4.2.
Occorre indicare un test di tossicità acuta della sostanza attiva per un'ulteriore specie di invertebrati acquatici, espressa come concentrazione mediana efficace (CE50) per l'immobilizzazione e, se possibile, la concentrazione massima che non provoca immobilizzazione.
Si applicano le condizioni stabilite al punto 8.2.4.1.
8.2.5. Tossicità a lungo termine e cronica per gli invertebrati acquatici
Occorre fornire uno studio di tossicità a lungo termine o cronica per gli invertebrati acquatici relativamente a tutte le sostanze attive per le quali l'esposizione delle acque superficiali risulta probabile e la sostanza è destinata a rimanere stabile nell'acqua, cioè la perdita della sostanza originale mediante idrolisi nelle 24 ore successive è inferiore al 90 % (cfr. il punto 7.2.1.1).
Occorre fornire uno studio di tossicità cronica su una specie di invertebrati acquatici. Se sono stati condotti test di tossicità acuta su due specie di invertebrati acquatici è necessario tener conto degli endpoint acuti (cfr. il punto 8.2.4) per determinare le specie appropriate da sottoporre a test nello studio di tossicità cronica.
Se la sostanza attiva è un regolatore di sviluppo degli insetti, è necessario effettuare un ulteriore studio di tossicità cronica utilizzando una specie che non appartiene ai crostacei, quale la Chironomus spp.
8.2.5.1.
L'obiettivo del test di tossicità per la riproduzione e lo sviluppo delle Daphnia magna è di misurare gli effetti avversi quali l'immobilizzazione e la perdita della capacità riproduttiva, nonché di descrivere dettagliatamente gli effetti osservati. Occorre indicare i valori CE10 e CE20 nonché la NOEC. Se non è possibile stimare i valori CE10 e CE20, è necessario fornire una motivazione.
8.2.5.2.
Il test di tossicità per la riproduzione e lo sviluppo di un'ulteriore specie di invertebrati acquatici deve misurare gli effetti avversi quali l'immobilizzazione e la perdita della capacità riproduttiva, nonché descrivere dettagliatamente gli effetti osservati. Occorre indicare i valori CE10 e CE20 nonché la NOEC. Se non è possibile stimare i valori CE10 e CE20, è necessario fornire una motivazione.
8.2.5.3.
La sostanza attiva deve essere applicata all'acqua al di sopra del sedimento e occorre misurare gli effetti sulla sopravvivenza e lo sviluppo del Chironomus riparius, inclusi gli effetti sulla comparsa di adulti, per fornire endpoint per le sostanze che si ritiene interferiscano con gli ormoni della muta degli insetti o che abbiano altri effetti sulla crescita e lo sviluppo degli insetti. Occorre indicare i valori CE10 e CE20 nonché la NOEC.
Occorre misurare le concentrazioni della sostanza attiva nell'acqua sovrastante e nel sedimento per stabilire i valori CE10, CE20 nonché una NOEC. La sostanza attiva deve essere misurata con una frequenza sufficiente a consentire il calcolo degli endpoint dei test in base alle concentrazioni nominali e alle concentrazioni medie ponderate in funzione del tempo.
8.2.5.4.
Se gli studi di destino ambientale indicano o prevedono l'accumulo di una sostanza attiva in un sedimento acquatico, occorre valutare l'impatto su un organismo nel sedimento. Occorre determinare il rischio cronico per il Chironomus riparius o il Lumbriculus spp. Se è disponibile un orientamento riconosciuto, è possibile utilizzare un'idonea specie di prova alternativa. La sostanza attiva deve essere applicata sull'acqua o nella fase di sedimentazione di un sistema idrico e di sedimentazione e il test deve tener conto della principale via di esposizione. Il principale endpoint derivato dallo studio deve essere espresso come mg di sostanza/kg del sedimento secco e mg di sostanza/L d'acqua. Occorre inoltre indicare i valori CE10 e CE20 nonché la NOEC.
Occorre misurare le concentrazioni della sostanza attiva nell'acqua sovrastante e nel sedimento per stabilire i valori CE10, CE20 nonché una NOEC.
8.2.6. Effetti sulla crescita delle alghe
Occorre effettuare i test su un'alga verde (quale la Pseudokirchneriella subcapitata, anche denominata Selenastrum capricornutum).
Per le sostanze attive che mostrano un'attività erbicida è necessario effettuare un test su una seconda specie appartenente ad un diverso gruppo tassonomico, come una diatomea, ad esempio la Navicula pelliculosa.
Occorre indicare i valori CE10, CE20, CE50 e le relative NOEC.
8.2.6.1.
Occorre effettuare un test per stabilire i valori CE10, CE20, CE50 per le alghe verdi e le relative NOEC per la percentuale di crescita e il rendimento delle alghe, in base alle misurazioni della biomassa o a variabili di misura sostitutive.
Occorre sottoporre a test le concentrazioni fino a 100 mg di sostanza/L. Se i risultati di un test di definizione del range indicano che non vi sono effetti previsti a basse concentrazioni, è possibile effettuare un test limite con 100 mg di sostanza/L.
8.2.6.2.
Occorre effettuare un test per stabilire i valori CE10, CE20, CE50 per un'ulteriore specie di alghe e le relative NOEC per la percentuale di crescita e il rendimento delle alghe, in base alle misurazioni della biomassa (o a variabili di misura sostitutive).
Si applicano le condizioni di prova stabilite al punto 8.2.6.1.
8.2.7. Effetti sui macrofiti acquatici
Occorre indicare un test che stabilisca i valori CE10, CE20, CE50 e le relative NOEC per il tasso di crescita e il rendimento della specie Lemna, in base alle misurazioni del numero di fronde e ad almeno un'altra variabile di misura aggiuntiva (peso a secco, peso fresco o area fogliare).
Per altre specie di macrofiti acquatici, un test deve fornire informazioni sufficienti a valutare l'impatto sulle piante acquatiche, nonché i valori CE10, CE20, CE50 e le relative NOEC in base alla misurazione degli idonei parametri di biomassa.
Occorre effettuare un test di laboratorio utilizzando la specie Lemna per i diserbanti e i fitoregolatori nonché per le sostanze attive se emergono elementi a suffragio del fatto che la sostanza di prova ha un'attività diserbante nelle informazioni presentate a norma del punto 8.6 della parte A del presente allegato oppure del punto 10.6 della parte A dell'allegato del regolamento (UE) n. 284/2013. Le autorità nazionali competenti possono richiedere ulteriori test su altre specie di macrofiti a seconda del meccanismo d'azione della sostanza, o in presenza di chiare indicazioni di elevata tossicità per specie di piante appartenenti ai dicotiledoni (ad esempio, inibitori dell'auxina, diserbanti per infestanti a foglia larga) o ad altri monocotiledoni (ad esempio gli erbicidi) evidenziate da test di efficacia o test condotti con piante terrestri non bersaglio (cfr. il punto 8.6 della parte A del presente allegato e il punto 10.6 della parte A dell'allegato del regolamento (UE) n. 284/2013).
Se del caso, è possibile effettuare ulteriori test su specie di macrofiti acquatici su una specie di dicotiledoni, come il Myriophyllum spicatum, il Myriophyllum aquaticum o su una specie di monocotiledoni, come l'erba acquatica Glyceria maxima. La necessità di effettuare tali studi deve essere discussa con le autorità nazionali competenti.
Occorre sottoporre a test le concentrazioni fino a 100 mg di sostanza/L. Se i risultati di un test di definizione del range indicano che non vi sono effetti previsti, è possibile effettuare un test limite con 100 mg di sostanza/L.
8.2.8. Ulteriori test sugli organismi acquatici
È possibile effettuare ulteriori studi sugli organismi acquatici per meglio definire il rischio identificato e per fornire informazioni e dati sufficienti a valutare l'impatto potenziale sugli organismi acquatici in condizioni di campo.
Gli studi avviati possono assumere la forma di test su specie aggiuntive, test di esposizione alterata, studi sul microcosmo o il mesocosmo.
La necessità di effettuare tali studi deve essere discussa con le autorità nazionali competenti.
Il tipo e le condizioni dello studio da effettuare devono essere discussi con le autorità nazionali competenti.
8.3. Effetti sugli artropodi
8.3.1. Effetti sulle api
Occorre esaminare gli effetti sulle api e valutarne i rischi, incluso il rischio derivante dai residui della sostanza attiva o i suoi metaboliti nel nettare, nel polline e nell'acqua, compresa la guttazione. Occorre presentare relazioni relative ai test di cui ai punti 8.3.1.1, 8.3.1.2 e 8.3.1.3, salvo nel caso in cui i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva siano destinati ad essere impiegati esclusivamente in situazioni in cui l'esposizione delle api non è probabile, ad esempio:
a) |
immagazzinamento di prodotti alimentari in spazi chiusi; |
b) |
preparati non sistemici destinati ad essere applicati sul terreno, eccetto i granuli; |
c) |
trattamenti per immersione non sistemici per il trapianto di colture e bulbi; |
d) |
trattamenti di chiusura e guarigione di ferite; |
e) |
esche rodenticide non sistemiche; |
f) |
uso in serre senza api come agenti impollinatori. |
Per i trattamenti delle sementi, occorre tener conto del rischio di dispersione di polveri durante la semina delle sementi trattate. Per quanto riguarda i granuli e le pastiglie per lumache, occorre tener conto del rischio di dispersione di polveri durante l'applicazione. Se una sostanza attiva è sistemica ed è destinata ad essere utilizzata su sementi, bulbi, radici, applicata direttamente al suolo, nelle acque di irrigazione, o applicata direttamente sulla o nella pianta, ad esempio mediante spruzzatura o iniezione nel fusto, occorre valutare il rischio per le api che si alimentano di tali piante, incluso il rischio derivante dai residui del prodotto fitosanitario nel nettare, nel polline e nell'acqua, compresa la guttazione.
Se l'esposizione delle api è probabile, è necessario condurre test di tossicità sia acuta (orale e per contatto) che cronica, includendo gli effetti subletali.
In presenza di esposizione delle api ai residui nel nettare, nel polline o nell'acqua, derivanti dalle proprietà sistemiche della sostanza attiva, e se la tossicità orale acuta è < 100 μg/ape o se si evidenzia una notevole tossicità per le larve, occorre indicare le concentrazioni di residui in tali matrici ed effettuare una valutazione dei rischi basata sul confronto tra l'endpoint rilevante e tali concentrazioni dei residui. Se da tale confronto non è possibile escludere un'esposizione a livelli tossici, occorre studiare gli effetti mediante test di livello superiore.
8.3.1.1.
Se l'esposizione delle api è probabile, occorre effettuare test di tossicità orale acuta e per contatto.
8.3.1.1.1.
Occorre indicare un test di tossicità orale acuta che stabilisca i valori di LD50 di tossicità acuta nonché la NOEC. Gli effetti subletali osservati devono essere indicati.
Condizioni di prova
Occorre effettuare il test utilizzando la sostanza attiva. I risultati devono essere espressi in μg di sostanza attiva/ape.
8.3.1.1.2.
Occorre indicare un test di tossicità acuta per contatto che stabilisca i valori di LD50 di tossicità acuta nonché la NOEC. Gli effetti subletali osservati devono essere indicati.
Condizioni di prova
Occorre effettuare il test utilizzando la sostanza attiva. I risultati devono essere espressi in μg di sostanza attiva/ape.
8.3.1.2.
Occorre indicare un test di tossicità cronica che stabilisca i valori CE10, CE20, CE50 di tossicità orale cronica nonché la NOEC. Se non è possibile stimare i valori CE10, EC20 e EC20 di tossicità orale cronica è necessario fornire una motivazione. Gli effetti subletali osservati devono essere indicati.
Il test va effettuato quando l'esposizione delle api è probabile.
Occorre effettuare il test utilizzando la sostanza attiva. I risultati devono essere espressi in μg di sostanza attiva/ape.
8.3.1.3.
Occorre effettuare uno studio sulle larve di api per determinare gli effetti sullo sviluppo delle api da miele e sull'attività delle larve. Lo studio sulle larve di api deve fornire informazioni sufficienti a valutare possibili rischi per le larve di api da miele derivanti dall'uso della sostanza attiva.
Il test deve indicare i valori CE10, CE20 e CE50 per le api adulte, se possibile, e per le larve, nonché la NOEC. Se non è possibile stimare i valori CE10, CE20 e CE50, è necessario fornire una motivazione. Gli effetti subletali osservati devono essere indicati.
Il test va condotto con le sostanze attive per le quali non è possibile escludere effetti subletali sulla crescita o sullo sviluppo, salvo nel caso in cui il richiedente dimostri l'impossibilità per le larve di api da miele di essere esposte alla sostanza attiva.
8.3.1.4.
Possono essere necessari test che esaminano gli effetti subletali, quali gli effetti sul comportamento e la riproduzione, nelle api e, se del caso, nelle colonie.
8.3.2. Effetti su artropodi non bersaglio diversi dalle api
Gli effetti su artropodi terrestri non bersaglio diversi dalle api vanno esaminati per tutte le sostanze attive, salvo nel caso in cui i prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva siano destinati ad essere impiegati esclusivamente in situazioni in cui non sono esposti artropodi non bersaglio, ad esempio:
— |
immagazzinamento di prodotti alimentari in spazi chiusi che impediscono l'esposizione, |
— |
trattamenti di chiusura e guarigione di ferite, |
— |
spazi chiusi con esche rodenticide. |
Due specie indicatrici, il parassitoide afide dei cereali Aphidius rhopalosiphi (Hymenoptera: Braconidae) e l'acaro predatore Typhlodromus pyri (Acari: Phytoseiidae) devono sempre essere sottoposte a test. Occorre effettuare i test iniziali utilizzando piastre di vetro e indicare la mortalità (nonché gli effetti sulla riproduzione, se valutati). I test devono stabilire un rapporto dose/risposta ed è necessario indicare gli endpoint LR50 (16), ER50 (17) e la NOEC ai fini della valutazione dei rischi per queste specie, conformemente all'analisi del quoziente di rischio rilevante. Se tali studi indicano chiaramente una previsione di effetti avversi, possono essere necessari studi di fase superiore (cfr. il punto 10.3 della parte A dell'allegato del regolamento (UE) n. 284/2013 per ulteriori dettagli).
Per le sostanze attive sospettate di avere un meccanismo d'azione speciale (ad esempio, i regolatori di sviluppo degli insetti, gli inibitori dell'appetito degli insetti) le autorità nazionali competenti possono richiedere test aggiuntivi che studiano fasi di vita sensibili, vie di assorbimento speciali o altre modifiche. Occorre fornire una motivazione della scelta delle specie di prova utilizzate.
8.3.2.1.
Il test deve fornire informazioni sufficienti a valutare la tossicità in termini di valore di LR50 e NOEC della sostanza attiva sull'Aphidius rhopalosiphi.
I test iniziali vanno effettuati utilizzando piastre di vetro.
8.3.2.2.
Il test deve fornire informazioni sufficienti a valutare la tossicità in termini di valore di LR50 e NOEC della sostanza attiva sul Typhlodromus pyri.
I test iniziali vanno effettuati utilizzando piastre di vetro.
8.4. Effetti sulla meso- e macrofauna del suolo non bersaglio
8.4.1. Lombrichi - effetti subletali
Il test deve fornire informazioni relative agli effetti sulla crescita, la riproduzione e il comportamento dei lombrichi.
Se la sostanza attiva può contaminare il suolo, è necessario esaminare gli effetti subletali per i lombrichi.
I test devono stabilire un rapporto dose/risposta e i valori CE10, CE20 e NOEC devono consentire di effettuare la valutazione dei rischi in conformità dell'analisi del quoziente di rischio pertinente, tenendo conto dell'esposizione probabile, del contenuto in carbonio organico (foc) nel mezzo e delle proprietà lipofiliche (Kow) della sostanza di prova. La sostanza di prova deve essere integrata nel suolo per ottenere una concentrazione uniforme nel suolo. I test con i metaboliti del suolo possono essere evitati se viene comprovata in maniera analitica la presenza del metabolita ad una concentrazione e per una durata adeguate nello studio condotto con la sostanza attiva originaria.
8.4.2. Effetti sulla meso- e macrofauna del suolo non bersaglio (diversa dai lombrichi)
Occorre esaminare gli effetti di tutte le sostanze di prova sugli organismi del suolo diversi dai lombrichi, salvo nelle situazioni in cui tali organismi del suolo non sono esposti, ad esempio:
a) |
immagazzinamento di prodotti alimentari in spazi chiusi che impediscono l'esposizione; |
b) |
trattamenti di chiusura e guarigione di ferite; |
c) |
spazi chiusi con esche rodenticide. |
Per i prodotti fitosanitari applicati spruzzando le foglie, le autorità nazionali competenti possono richiedere dati relativi alla Folsomia candida e all'Hypoaspis aculeifer. Se sono disponibili dati relativi sia all'Aphidius rhopalosiphi che al Typhlodromus pyri, questi possono essere utilizzati ai fini di una valutazione dei rischi iniziale. Se emerge l'interesse per altre specie sottoposte a test di cui al punto 8.3.2, è necessario fornire dati sia sulla Folsomia candida che sull'Hypoaspis aculeifer.
Se non sono disponibili dati relativi all'Aphidius rhopalosiphi e all'Typhlodromus pyri, è necessario fornire i dati stabiliti al punto 8.4.2.1.
Per i prodotti fitosanitari applicati direttamente sul suolo come trattamenti del suolo tramite spruzzatura o in formulazione solida, è necessario effettuare i test sia sulla Folsomia candida che sull'Hypoaspis aculeifer (cfr. il punto 8.4.2.1).
8.4.2.1.
Il test deve fornire informazioni sufficienti ad effettuare una valutazione della tossicità della sostanza attiva per le specie indicatrici appartenenti agli invertebrati del suolo Folsomia candida e Hypoaspis aculeifer.
Condizioni di prova
I test devono stabilire un rapporto dose/risposta e i valori CE10, CE20 e NOEC devono consentire di effettuare la valutazione dei rischi in conformità dell'analisi del quoziente di rischio pertinente, tenendo conto dell'esposizione probabile, del contenuto in carbonio organico (foc) nel mezzo e delle proprietà lipofiliche (Kow) della sostanza di prova. La sostanza di prova deve essere integrata nel suolo per ottenere una concentrazione uniforme nel suolo. I test con i metaboliti del suolo possono essere evitati se viene comprovata in maniera analitica la presenza del metabolita ad una concentrazione e per una durata adeguate nello studio condotto con la sostanza attiva originaria.
8.5. Effetti sulla trasformazione dell'azoto nel suolo
La prova deve fornire dati sufficienti a valutare l'impatto delle sostanze attive sull'attività microbica del suolo in termini di trasformazione dell'azoto.
Circostanze di necessità delle prove
Il test deve essere effettuato nel caso in cui prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva vengano applicati al suolo o lo possano contaminare nelle condizioni d'impiego pratiche. Nel caso di sostanze attive destinate all'uso in prodotti fitosanitari per la sterilizzazione del terreno, gli studi devono essere organizzati in modo tale da misurare le percentuali di recupero dopo il trattamento.
Condizioni di prova
I suoli usati devono essere suoli agricoli appena campionati. I siti da cui viene prelevato il suolo non devono essere stati trattati nei due anni precedenti con alcuna sostanza che possa alterare in modo sostanziale la diversità e i livelli delle popolazioni microbiche presenti in maniera non transitoria.
8.6. Effetti sulle piante superiori terrestri non bersaglio
8.6.1. Sintesi dei dati di screening
Le informazioni fornite devono essere sufficienti a consentire la valutazione degli effetti della sostanza attiva sulle piante non bersaglio.
I dati di screening devono stabilire se le sostanze di prova mostrano un'attività erbicida o fitoregolatrice. I dati devono includere test su almeno 6 specie di piante appartenenti a 6 famiglie diverse, sia mono- che dicotoledoni. Le concentrazioni e le percentuali di prova devono essere equivalenti o superiori alla percentuale di applicazione massima raccomandata e ad una percentuale che simuli il modello d'impiego in condizioni in campo, effettuando il test dopo il trattamento finale, oppure ad una percentuale applicata direttamente che tenga conto dell'accumulo dei residui in seguito ad applicazioni multiple del prodotto fitosanitario. Se gli studi di screening non coinvolgono la gamma di specie indicate o le concentrazioni e le percentuali necessarie, occorre effettuare i test previsti al punto 8.6.2.
I dati di screening non vanno usati ai fini della valutazione delle sostanze attive con attività erbicida o fitoregolatrice. Si applica il punto 8.6.2.
È necessario fornire una sintesi dei dati disponibili, sia positivi che negativi, derivati dai test utilizzati per valutare l'attività biologica e per individuare l'intervallo di dosaggio, in grado di fornire informazioni riguardo al possibile impatto su altre specie di flora non bersaglio, insieme ad una valutazione dell'impatto potenziale su specie vegetali non bersaglio.
Tali dati devono essere corredati di ulteriori informazioni, presentate in forma di sintesi, sugli effetti osservati nelle piante nel corso dei test in campo, in particolare gli studi di efficacia, sui residui, sul destino ambientale e quelli di ecotossicità in campo.
8.6.2. Test sulle piante non bersaglio
Il test deve fornire i valori ER50 della sostanza attiva sulle piante non bersaglio.
Per le sostanze attive che mostrano un'attività erbicida o fitoregolatrice, occorre indicare test di concentrazione/risposta per il vigore vegetativo e l'emergenza delle plantule per almeno 6 specie rappresentative di famiglie in cui si è riscontrata l'azione erbicida/fitoregolatrice. Se il meccanismo d'azione indica chiaramente un effetto sull'emergenza delle plantule o sul vigore vegetativo, occorre effettuare solo lo studio pertinente.
Non occorre presentare dati se l'esposizione è trascurabile, ad esempio nel caso dei rodenticidi, delle sostanze attive utilizzate per la protezione delle ferite o il trattamento delle sementi, o nel caso di sostanze attive utilizzate in prodotti immagazzinati o all'interno di serre in cui è impedita l'esposizione.
Occorre indicare test di dose/risposta su una selezione da 6 a 10 specie vegetali di monocotiledoni o dicotiledoni, rappresentative di quanti più gruppi tassonomici possibile.
8.7. Effetti su altri organismi terrestri (flora e fauna)
Occorre presentare gli eventuali dati disponibili relativamente agli effetti del prodotto su altri organismi terrestri.
8.8. Effetti sui metodi biologici di trattamento della acque reflue
Il test deve fornire indicazioni in merito al potenziale della sostanza attiva sui sistemi biologici di trattamento delle acque reflue.
Circostanze di necessità delle prove
Nel caso in cui l'uso di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva possa dar luogo ad effetti avversi sugli impianti di trattamento delle acque reflue, è necessario indicare gli effetti sui metodi biologici di trattamento delle acque reflue.
8.9. Dati di monitoraggio
Occorre indicare i dati di monitoraggio disponibili relativi agli effetti avversi della sostanza attiva sugli organismi non bersaglio.
SEZIONE 9
Dati tratti dalla letteratura
Occorre presentare una sintesi di tutti i dati pertinenti tratti dalla letteratura scientifica sottoposta a peer review sulla sostanza attiva, sui metaboliti e sui prodotti di degradazione o di reazione e sui prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva.
SEZIONE 10
Classificazione ed etichettatura
Le proposte di classificazione e di etichettatura della sostanza attiva a norma del regolamento (CE) n. 1272/2008 vanno presentate, motivate e devono includere:
— |
pittogrammi, |
— |
avvertenze, |
— |
indicazioni di pericolo, nonché |
— |
consigli di prudenza. |
PARTE B
MICRORGANISMI (COMPRESI I VIRUS)
INDICE
INTRODUZIONE
1. |
IDENTITÀ DEL MICRORGANISMO |
1.1. |
Richiedente |
1.2. |
Fabbricante |
1.3. |
Nome e descrizione delle specie, caratterizzazione del ceppo |
1.4. |
Specificazione del materiale utilizzato per la fabbricazione di prodotti formulati |
1.4.1. |
Tenore del microrganismo |
1.4.2. |
Identità e tenore di impurezze, additivi, microrganismi contaminanti |
1.4.3. |
Profilo analitico dei lotti |
2. |
PROPRIETÀ BIOLOGICHE DEL MICRORGANISMO |
2.1. |
Storia del microrganismo e suoi usi. Presenza in natura e distribuzione geografica |
2.1.1. |
Antecedenti |
2.1.2. |
Origine e presenza in natura |
2.2. |
Informazioni sugli organismi bersaglio |
2.2.1. |
Descrizione degli organismi bersaglio |
2.2.2. |
Meccanismo d'azione |
2.3. |
Spettro di specificità dell'ospite ed effetti su specie diverse dall'organismo nocivo bersaglio |
2.4. |
Stadi di sviluppo/ciclo di vita del microrganismo |
2.5. |
Infettività, capacità di diffusione e di colonizzazione |
2.6. |
Rapporti con agenti patogeni noti per le piante, gli animali o per l'uomo |
2.7. |
Stabilità genetica e fattori che la influenzano |
2.8. |
Informazioni sulla produzione di metaboliti (in particolare tossine) |
2.9. |
Antibiotici e altri agenti antimicrobici |
3. |
ULTERIORI INFORMAZIONI SUL MICRORGANISMO |
3.1. |
Funzione |
3.2. |
Campo d'impiego previsto |
3.3. |
Colture o prodotti protetti o trattati |
3.4. |
Metodo di produzione e controllo della qualità |
3.5. |
Informazioni sullo sviluppo o sul possibile sviluppo di resistenza degli organismi bersaglio |
3.6. |
Metodi per prevenire la perdita di virulenza del ceppo madre del microrganismo |
3.7. |
Metodi e precauzioni raccomandati per la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o in caso di incendio |
3.8. |
Metodi di distruzione o di decontaminazione |
3.9. |
Misure in caso di incidente |
4. |
METODI ANALITICI |
4.1. |
Metodi per l'analisi del microrganismo prodotto |
4.2. |
Metodi per determinare e quantificare i residui (vitali o non vitali) |
5. |
EFFETTI SULLA SALUTE DELL'UOMO |
5.1. |
Informazioni di base |
5.1.1. |
Dati medici |
5.1.2. |
Controlli medici sul personale dello stabilimento di produzione |
5.1.3. |
Eventuali osservazioni su sensibilizzazione/allergenicità |
5.1.4. |
Osservazione diretta, ad esempio casi clinici |
5.2. |
Studi di base |
5.2.1. |
Sensibilizzazione |
5.2.2. |
Tossicità acuta, patogenicità e infettività |
5.2.2.1. |
Tossicità orale acuta, patogenicità e infettività |
5.2.2.2. |
Tossicità acuta per inalazione, patogenicità e infettività |
5.2.2.3. |
Dose intraperitoneale/sottocutanea singola |
5.2.3. |
Test di genotossicità |
5.2.3.1. |
Studi in vitro |
5.2.4. |
Coltura di cellule |
5.2.5. |
Dati sulla tossicità e la patogenicità a breve termine |
5.2.5.1. |
Effetti sulla salute conseguenti ad esposizioni ripetute per via inalatoria |
5.2.6. |
Trattamento proposto: pronto soccorso, terapia medica |
5.3. |
Studi di tossicità, di patogenicità e di infettività specifiche |
5.4. |
Studi in vivo su cellule somatiche |
5.5. |
Genotossicità — Studi in vivo su cellule germinali |
5.6. |
Sintesi della tossicità, della patogenicità e dell'infettività nei mammiferi e valutazione complessiva |
6. |
RESIDUI IN O SU PRODOTTI, ALIMENTI PER L'UOMO E ALIMENTI PER GLI ANIMALI TRATTATI |
6.1. |
Persistenza e probabilità di moltiplicazione nelle colture, negli alimenti per l'uomo e per gli animali |
6.2. |
Altre informazioni necessarie |
6.2.1. |
Residui non vitali |
6.2.2. |
Residui vitali |
6.3. |
Sintesi e valutazione del comportamento dei residui sulla base dei dati di cui ai punti 6.1 e 6.2 |
7. |
DESTINO E COMPORTAMENTO NELL'AMBIENTE |
7.1. |
Persistenza e moltiplicazione |
7.1.1. |
Suolo |
7.1.2. |
Acqua |
7.1.3. |
Aria |
7.2. |
Mobilità |
8. |
EFFETTI SUGLI ORGANISMI NON BERSAGLIO |
8.1. |
Effetti sugli uccelli |
8.2. |
Effetti sugli organismi acquatici |
8.2.1. |
Effetti sui pesci |
8.2.2. |
Effetti sugli invertebrati di acqua dolce |
8.2.3. |
Effetti sulla crescita delle alghe |
8.2.4. |
Effetti sulle piante diverse dalle alghe |
8.3. |
Effetti sulle api |
8.4. |
Effetti su artropodi diversi dalle api |
8.5. |
Effetti sui lombrichi |
8.6. |
Effetti su microrganismi non bersaglio del terreno |
8.7. |
Studi supplementari |
9. |
SINTESI E VALUTAZIONE DELL'IMPATTO AMBIENTALE |
Introduzione
i) |
Le sostanze attive sono definite all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1107/2009; esse comprendono le sostanze chimiche e i microrganismi, compresi i virus. La presente parte specifica le informazioni da trasmettere per le sostanze attive costituite da microrganismi, compresi i virus. Il termine «microrganismo», come definito nell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1107/2009 si applica, tra l'altro, a batteri, funghi, protozoi, virus e viroidi. |
ii) |
Per tutti i microrganismi per i quali viene richiesta l'approvazione delle sostanze attive è opportuno presentare tutte le informazioni e la documentazione pertinenti disponibili allo stato attuale delle conoscenze. Le informazioni più utili e significative sono fornite dalla caratterizzazione e dall'identificazione del microrganismo. Tali informazioni, definite nelle sezioni da 1 a 3 (identità, proprietà biologiche e altre informazioni), costituiscono la base di valutazione degli effetti sulla salute dell'uomo e sull'ambiente. Di norma vengono richiesti dati recenti relativi ad esperimenti tossicologici e/o patologici eseguiti su animali da laboratorio, salvo nel caso in cui il richiedente sia in grado di dimostrare, sulla base delle informazioni precedenti, che l'utilizzo dei microrganismi nelle condizioni d'impiego proposte non ha effetti avversi sulla salute dell'uomo o degli animali o sulle acque freatiche, né un impatto non accettabile sull'ambiente. |
iii) |
In attesa dell'adozione di orientamenti specifici a livello internazionale, le informazioni richieste devono essere ottenute applicando i disciplinari per le prove approvati dall'autorità competente (quali ad esempio quelli dell'USEPA (18)); se del caso, è opportuno modificare i disciplinari per le prove descritti nella parte A del presente allegato, adeguandoli ai microrganismi. Le prove devono comprendere microrganismi attivi e, se del caso, inattivi, nonché un controllo in bianco. |
iv) |
Per le prove effettuate occorre fornire una descrizione dettagliata (specificazione tecnica) del materiale utilizzato e delle impurezze contenute, conformemente alle disposizioni del punto 1.4. Il materiale utilizzato deve corrispondere alla specificazione applicabile ai fini della produzione dei preparati da autorizzare. Qualora gli studi vengano svolti utilizzando microrganismi prodotti in laboratorio o in un sistema di produzione di un impianto pilota, gli studi devono essere ripetuti con l'utilizzo di microrganismi di produzione industriale, salvo nel caso in cui si possa dimostrare che il materiale usato nelle prove è sostanzialmente uguale ai fini delle prove e della valutazione. |
v) |
Nel caso di microrganismi geneticamente modificati, occorre presentare una copia della valutazione dei dati relativi al rischio stimato per l'ambiente, come previsto all'articolo 48 del regolamento (CE) n. 1107/2009. |
vi) |
Se del caso, i dati devono essere analizzati mediante appropriati metodi statistici. Dovranno essere riportati i dettagli completi dell'analisi statistica (ad esempio, devono essere indicati tutti i valori con i relativi intervalli di confidenza ed è opportuno specificare gli esatti valori di p piuttosto che la semplice indicazione di significativo o non significativo). |
vii) |
Nel caso di studi in cui la somministrazione si protragga nel tempo, va utilizzato preferibilmente un singolo lotto di microrganismi, se la stabilità lo permette. Se gli studi non sono eseguiti utilizzando un singolo lotto di microrganismi, occorre specificare la similarità dei vari lotti. Tutte le volte che uno studio implica l'uso di dosi differenti, la documentazione deve riportare la relazione esistente tra la dose e gli effetti indesiderati. |
viii) |
Se è noto che l'azione di protezione fitosanitaria è dovuta all'effetto residuo di una tossina o di un metabolita o se è prevedibile la presenza significativa di tossine o metaboliti non riconducibili all'effetto della sostanza attiva, per tali tossine o metaboliti occorre presentare un fascicolo in conformità dei requisiti della parte A del presente allegato. |
1. IDENTITÀ DEL MICRORGANISMO
L'identificazione e la caratterizzazione del microrganismo forniscono le informazioni più significative e hanno notevole rilevanza ai fini della decisione.
1.1. Richiedente
Devono essere indicati il nome e l'indirizzo del richiedente nonché il nome, la qualifica, i numeri di telefono e di fax della persona da contattare.
Inoltre, nel caso in cui il richiedente disponga di un ufficio, un'agenzia o una rappresentanza nello Stato membro al quale viene presentata la richiesta di approvazione e nello Stato membro relatore incaricato dalla Commissione, se diverso dal primo, devono essere indicati il nome e l'indirizzo dell'ufficio locale, dell'agenzia o della rappresentanza, nonché il nome, la qualifica, il numero di telefono e di fax della persona da contattare.
1.2. Fabbricante
Devono essere indicati il nome e l'indirizzo del fabbricante o dei fabbricanti del microrganismo nonché il nome e l'indirizzo di ciascuno stabilimento di produzione. Deve essere indicato un punto di contatto (di preferenza un punto di contatto centrale, con nome, numero di telefono e di fax), che fornisca informazioni aggiornate e risponda ai quesiti riguardanti la tecnologia di produzione, i procedimenti di produzione e la qualità del prodotto (se del caso, anche per i singoli lotti). Nei casi in cui, a seguito all'approvazione del microrganismo, vi siano mutamenti nella sede o nel numero dei fabbricanti, le informazioni richieste devono essere nuovamente notificate alla Commissione e agli Stati membri.
1.3. Nome e descrizione delle specie, caratterizzazione del ceppo
i) |
È opportuno che il microrganismo sia depositato in una collezione di colture internazionalmente riconosciuta e dotato di un numero di registrazione; tali informazioni devono essere notificate. |
ii) |
Ciascun microrganismo per il quale viene richiesta l'inclusione nell'elenco deve essere identificato e designato con il nome della specie. Occorre indicare il nome scientifico e il gruppo tassonomico, cioè famiglia, genere, specie, ceppo, sierotipo, pathovar e qualsiasi altra denominazione pertinente del microrganismo. Va precisato se il microrganismo:
Negli ultimi due casi occorre indicare tutte le differenze note tra il microrganismo modificato e il ceppo selvatico iniziale. |
iii) |
Per identificare e caratterizzare il microrganismo a livello del ceppo è opportuno utilizzare la migliore tecnologia disponibile. Occorre specificare le procedure e i criteri usati per l'identificazione (ad esempio, morfologia, biochimica, sierologia, identificazione molecolare). |
iv) |
Occorre indicare il nome comune o i nomi alternativi o sostitutivi e, se del caso, i nomi in codice utilizzati durante lo sviluppo. |
v) |
Occorre indicare i rapporti con agenti patogeni noti. |
1.4. Specificazione del materiale utilizzato per la fabbricazione di prodotti formulati
1.4.1. Tenore del microrganismo
Occorre indicare il tenore minimo o massimo del microrganismo nel materiale utilizzato per la fabbricazione di prodotti formulati. Il tenore va espresso in termini adeguati, quali il numero di unità attive per volume o peso o in qualsiasi altro modo pertinente per il microrganismo considerato.
Nei casi in cui le informazioni disponibili fornite si riferiscano ad un sistema di produzione di un impianto pilota, esse dovranno essere nuovamente comunicate alla Commissione e agli Stati membri una volta che siano stati definiti metodi e procedimenti di produzione su scala industriale, nel caso in cui il cambiamento del sistema di produzione si traduca in una diversa specificazione della purezza.
1.4.2. Identità e tenore di impurezze, additivi, microrganismi contaminanti
Per quanto possibile, è auspicabile che i prodotti fitosanitari non contengano contaminanti (compresi i microrganismi contaminanti). Il livello e la natura di contaminanti ammissibili vanno stabiliti dall'autorità competente sulla base di una valutazione dei rischi.
Ove sia possibile e utile, occorre comunicare l'identità e il tenore massimo (espresso con l'idonea unità di misura) di tutti i microrganismi contaminanti. Se possibile, i dati relativi all'identità devono essere forniti conformemente a quanto specificato al punto 1.3 della parte B del presente allegato.
Occorre identificare e caratterizzare, in diversi stati o stadi di crescita del microrganismo [cfr. il punto viii) della presente introduzione], i metaboliti rilevanti (cioè che rappresentano un potenziale fattore di rischio per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente) prodotti dal microrganismo.
Se del caso, occorre fornire informazioni particolareggiate su tutti i componenti, quali condensati, terreni di coltura, ecc.
Per le impurezze chimiche che rappresentano un rischio per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente occorre indicare l'identità e il tenore massimo, espressi in termini adeguati.
Per gli additivi occorre specificare l'identità e il tenore espresso in g/kg.
I dati relativi all'identità di sostanze chimiche quali additivi devono essere forniti conformemente a quanto specificato al punto 1.10. della parte A del presente allegato.
1.4.3. Profilo analitico dei lotti
Se del caso, occorre comunicare i dati di cui al punto 1.11. della parte A del presente allegato, utilizzando unità di misura adeguate.
2. PROPRIETÀ BIOLOGICHE DEL MICRORGANISMO
2.1. Storia del microrganismo e suoi usi. Presenza in natura e distribuzione geografica
Occorre presentare la familiarità del microrganismo, intesa come la disponibilità di conoscenze pertinenti.
2.1.1. Antecedenti
Occorre presentare gli antecedenti del microrganismo e il suo utilizzo (prove/progetti di ricerca o impiego commerciale).
2.1.2. Origine e presenza in natura
Devono essere indicate la regione geografica e la posizione nell'ecosistema (ad esempio, la pianta o l'animale ospite, o il terreno in cui il microrganismo è stato isolato), precisando il metodo di isolamento utilizzato. Le informazioni riguardanti la presenza in natura del microrganismo nell'ambiente di cui trattasi vanno fornite, se possibile, a livello del ceppo.
Nel caso di un microrganismo mutante o geneticamente modificato, è opportuno fornire informazioni dettagliate sulla sua produzione e sul suo isolamento, nonché sugli elementi atti a distinguerlo chiaramente dal ceppo originario selvatico.
2.2. Informazioni sugli organismi bersaglio
2.2.1. Descrizione degli organismi bersaglio
Se del caso, è necessario precisare gli organismi nocivi sui quali agisce il prodotto.
2.2.2. Meccanismo d'azione
Occorre indicare il principale meccanismo d'azione, specificando inoltre a tale riguardo se il microrganismo produca una tossina avente un effetto residuo sull'organismo bersaglio. In questo caso occorre descrivere il meccanismo d'azione della tossina.
Se del caso, occorre fornire informazioni riguardanti il punto di infezione e il modo di penetrazione nell'organismo bersaglio, nonché le sue fasi sensibili. I risultati di eventuali studi sperimentali devono essere documentati.
Occorre precisare le possibili vie di assorbimento (contatto, ingestione, inalazione) del microrganismo o dei suoi metaboliti (in particolare le tossine). È altresì necessario specificare se il microrganismo o i suoi metaboliti si trasferiscano o meno nelle piante e, se del caso, come avviene tale trasferimento.
In caso di effetto patogeno sull'organismo bersaglio, occorre precisare la dose infettiva (dose necessaria per infettare una specie bersaglio con l'effetto desiderato) e la trasmissibilità [possibilità di diffusione del microrganismo nella popolazione bersaglio, ma anche da una specie bersaglio ad un'altra specie (bersaglio)] a seguito dell'applicazione nelle condizioni d'impiego proposte.
2.3. Spettro di specificità dell'ospite ed effetti su specie diverse dall'organismo nocivo bersaglio
È necessario fornire tutte le informazioni disponibili sugli effetti su organismi non bersaglio nella zona di possibile propagazione del microrganismo, segnalando anche la presenza di organismi non bersaglio strettamente collegati alle specie bersaglio o particolarmente esposti.
È necessario comunicare eventuali esperienze riguardanti la tossicità della sostanza attiva o dei suoi metaboliti per l'uomo o gli animali, precisando se l'organismo è in grado di colonizzare o di invadere essere umani o animali (compresi i soggetti immunodepressi) e se ha effetti patogeni. Occorre altresì segnalare qualsiasi esperienza atta a rivelare se la sostanza attiva o i suoi derivati sono irritanti per la pelle, gli occhi o gli organi respiratori di esseri umani o animali o se possono provocare reazioni allergiche in caso di contatto cutaneo o di inalazione.
2.4. Stadi di sviluppo/ciclo di vita del microrganismo
Devono essere fornite informazioni riguardanti il ciclo di vita del microrganismo, i casi descritti di simbiosi e di parassitismo, i competitori, i predatori, ecc., compresi gli organismi ospiti, nonché i vettori per i virus.
Occorre precisare il tempo di generazione e il tipo di riproduzione del microrganismo.
Devono essere fornite informazioni sulle fasi di riposo, e la loro durata di vita, la virulenza e il potenziale infettivo del microrganismo.
Occorre indicare se, nelle varie fasi di sviluppo successive alla liberazione, il microrganismo può produrre metaboliti, tra cui tossine potenzialmente pericolose per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente.
2.5. Infettività, capacità di diffusione e di colonizzazione
Devono essere fornite informazioni sulla persistenza del microrganismo e sul suo ciclo di vita nelle condizioni ambientali caratteristiche dell'impiego previsto, segnalando inoltre se esso è particolarmente sensibile a determinate componenti ambientali (ad es. raggi ultravioletti, suolo, acqua).
Occorre indicare le condizioni ambientali (temperatura, pH, umidità, nutrienti, ecc.) necessarie per la sopravvivenza, la riproduzione, la colonizzazione, la lesione (anche di tessuti umani) e l'efficacia del microrganismo. Va segnalata la presenza di fattori specifici di virulenza.
Deve essere determinato l'intervallo di temperature entro il quale è possibile la proliferazione del microrganismo, precisando la temperatura minima, massima e ottimale. Tali informazioni sono di particolare utilità per studiare gli effetti sulla salute dell'uomo (sezione 5).
Occorre altresì indicare eventuali effetti prodotti da fattori quali la temperatura, i raggi ultravioletti, il pH e la presenza di talune sostanze sulla stabilità delle tossine in questione.
Vanno fornite informazioni sulle possibili vie di dispersione del microrganismo in condizioni ambientali tipiche (attraverso l'aria — particelle di polvere o aerosol — o attraverso organismi ospiti che fungono da vettori).
2.6. Rapporti con agenti patogeni noti per le piante, gli animali o per l'uomo
È necessario indicare l'eventuale esistenza di una o più specie del genere del microrganismo attivo e, se del caso, dei contaminanti, che hanno un effetto patogeno noto sull'uomo, gli animali, le colture agrarie o altre specie non bersaglio, precisando il tipo di malattia cagionata. Occorre indicare se sia possibile, e in che modo, distinguere chiaramente il microrganismo attivo dalle specie patogene.
2.7. Stabilità genetica e fattori che la influenzano
Se del caso occorre fornire informazioni sulla stabilità genetica (ad esempio, tasso di mutazione dei caratteri relativi al meccanismo d'azione o assorbimento di materiale genetico esogeno) nelle condizioni ambientali dell'impiego proposto.
Occorre altresì fornire dati sulla capacità del microrganismo di trasferire materiale genetico ad altri microrganismi, nonché di produrre effetti patogeni sui vegetali, sugli animali o sull'uomo. Se il microrganismo presenta elementi genetici supplementari, va indicata la stabilità dei caratteri codificati.
2.8. Informazioni sulla produzione di metaboliti (in particolare tossine)
Se altri ceppi appartenenti alla stessa specie microbica del ceppo che forma oggetto della domanda producono metaboliti (in particolare tossine) che, durante o a seguito dell'applicazione, hanno effetti inaccettabili sulla salute dell'uomo e/o sull'ambiente, occorre specificare la natura e la struttura della sostanza prodotta, la sua presenza all'interno o all'esterno della cellula, la sua stabilità, il suo meccanismo d'azione (precisando i fattori esogeni ed endogeni necessari per l'azione del microrganismo), nonché i suoi effetti sull'uomo, sugli animali o su altre specie non bersaglio.
È necessario descrivere le condizioni di produzione dei metaboliti (in particolare tossine).
Vanno fornite tutte le informazioni disponibili riguardanti il meccanismo in base al quale i microrganismi regolano la produzione dei metaboliti.
Vanno altresì fornite informazioni sull'influenza che i metaboliti prodotti esercitano sul meccanismo d'azione del microrganismo.
2.9. Antibiotici e altri agenti antimicrobici
Molti microrganismi producono sostanze antibiotiche. Occorre evitare qualsiasi interferenza con l'impiego di antibiotici nella medicina umana o veterinaria in ogni stadio dello sviluppo di un prodotto fitosanitario microbico.
Occorre fornire informazioni sulla resistenza o sulla sensibilità del microrganismo agli antibiotici o ad altri agenti antimicrobici, con particolare riguardo alla stabilità dei geni che codificano per la resistenza antibiotica, salvo qualora si possa dimostrare che il microrganismo non ha effetti avversi sulla salute dell'uomo o degli animali, o che non può trasferire la propria resistenza agli antibiotici e ad altri agenti antimicrobici.
3. ULTERIORI INFORMAZIONI SUL MICRORGANISMO
Introduzione
i) |
È necessario precisare le finalità, la dose e le modalità d'impiego effettive o proposte dei preparati contenenti il microrganismo. |
ii) |
Le informazioni fornite devono specificare i normali metodi e le normali precauzioni di manipolazione, conservazione e trasporto del microrganismo. |
iii) |
Gli studi, i dati e le informazioni presentati devono dimostrare l'idoneità delle misure proposte ad affrontare eventuali situazioni d'emergenza. |
iv) |
Le informazioni e i dati in questione sono necessari per ciascun microrganismo, salvo in caso di indicazione diversa. |
3.1. Funzione
La funzione biologica della sostanza deve essere specificata scegliendola fra le seguenti:
— |
battericida, |
— |
fungicida, |
— |
insetticida, |
— |
acaricida, |
— |
molluschicida, |
— |
nematocida, |
— |
erbicida, |
— |
altri (specificare). |
3.2. Campo d'impiego previsto
I campi d'impiego attuali e quelli proposti per i preparati contenenti il microrganismo devono essere specificati scegliendoli tra i seguenti:
— |
uso in campo, per agricoltura, orticoltura, silvicoltura e viticoltura, |
— |
colture protette (ad esempio in serra), |
— |
aree di svago (parchi pubblici, ecc.), |
— |
diserbante in zone non coltivate, |
— |
impiego in giardinaggio domestico, |
— |
per piante da interni, |
— |
conservazione di prodotti immagazzinati, |
— |
altri (specificare). |
3.3. Colture o prodotti protetti o trattati
È necessario precisare l'impiego attuale e previsto su colture, gruppi di colture, piante o prodotti vegetali protetti.
3.4. Metodo di produzione e controllo della qualità
Occorre fornire una descrizione particolareggiata del metodo di produzione del microrganismo in grande scala.
Il richiedente deve garantire un controllo permanente della qualità sia del metodo/processo di produzione che del prodotto. In particolare, va monitorata l'insorgenza di qualsiasi modificazione spontanea delle principali caratteristiche del microrganismo, nonché la presenza/assenza di contaminanti significativi. È opportuno indicare i criteri applicabili al controllo di qualità della produzione.
Occorre descrivere e specificare le tecniche utilizzate per assicurare l'uniformità del prodotto e i metodi di saggio finalizzati alla normalizzazione, conservazione e purezza del microrganismo (ad esempio HACCP).
3.5. Informazioni sull'eventuale sviluppo di resistenza degli organismi bersaglio
È necessario fornire le informazioni disponibili sull'eventuale sviluppo di resistenza o resistenza crociata degli organismi bersaglio. Se possibile, occorre descrivere le opportune strategie di prevenzione.
3.6. Metodi per prevenire la perdita di virulenza del ceppo madre del microrganismo
È necessario illustrare i metodi atti a prevenire la perdita di virulenza delle colture iniziali.
Va altresì descritto qualsiasi altro metodo eventualmente disponibile inteso a prevenire la perdita di efficacia del microrganismo sulle specie bersaglio.
3.7. Metodi e precauzioni raccomandati per la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o in caso di incendio
Per ciascun microrganismo è necessario fornire una scheda di dati di sicurezza a norma dell'articolo 31 del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio.
3.8. Metodi di distruzione o di decontaminazione
In molti casi il sistema preferibile, oppure l'unico possibile per uno smaltimento sicuro di microrganismi, materiali o imballaggi contaminati, consiste nell'incenerimento controllato effettuato in un inceneritore autorizzato.
Deve essere fornita una descrizione particolareggiata dei metodi utilizzati per eliminare in modo sicuro il microrganismo o, se necessario, per ucciderlo prima di eliminarlo, nonché dei sistemi di smaltimento degli imballaggi e dei materiali contaminati. È necessario fornire dati atti a determinare l'efficacia e la sicurezza di siffatti metodi.
3.9. Misure in caso di incidente
Devono essere specificate le procedure utilizzate per rendere innocuo il microrganismo nell'ambiente (ad esempio, nell'acqua o nel suolo) in caso di incidente.
4. METODI ANALITICI
Introduzione
Il presente capitolo verte esclusivamente sui metodi analitici richiesti ai fini del controllo post-registrazione e del monitoraggio.
Tutti i parametri relativi alla valutazione dei rischi possono formare oggetto di controlli successivamente all'approvazione. Ciò vale in particolar modo nel caso in cui una domanda verta su (ceppi di) microrganismi non indigeni della zona prevista d'applicazione. Per i metodi analitici impiegati ai fini dell'elaborazione di dati, in conformità del presente regolamento, o per altri scopi, il richiedente deve giustificare il metodo utilizzato; se necessario verranno messe a punto apposite istruzioni per questo tipo di metodi sulla base degli stessi requisiti prescritti per i metodi impiegati a fini del controllo post-registrazione e del monitoraggio.
Devono essere fornite descrizioni di metodi comprendenti informazioni particolareggiate sulle attrezzature e i materiali utilizzati e le condizioni necessarie. Deve essere segnalata l'applicabilità di qualsiasi metodo internazionalmente riconosciuto.
Se possibile, questi metodi devono essere semplici, economici e basati sull'impiego di apparecchiature comunemente disponibili.
Per i metodi d'analisi dei microrganismi e dei loro residui occorre inoltre fornire dati relativi alla specificità, alla linearità, alla precisione e alla ripetibilità, in conformità dei punti 4.1 e 4.2 della parte A del presente allegato.
Ai fini della presente sezione si applicano le seguenti definizioni:
Impurezze, metaboliti, metaboliti rilevanti, residui |
Come definiti nel regolamento (CE) n. 1107/2009 |
Impurezze rilevanti |
Impurezze, secondo la precedente definizione, che costituiscono un rischio per la salute dell'uomo o degli animali e/o per l'ambiente |
Devono essere forniti, su richiesta, i seguenti campioni:
i) |
campioni del microrganismo prodotto; |
ii) |
metodi di analisi dei metaboliti rilevanti (specialmente le tossine) e/o di altri componenti compresi nella definizione di residuo; |
iii) |
se disponibili, campioni delle sostanze di riferimento delle impurezze rilevanti. |
4.1. Metodi per l'analisi del microrganismo prodotto
— |
Metodi per l'identificazione del microrganismo. |
— |
Metodi per ottenere informazioni sulla possibile variabilità del ceppo madre/microrganismo attivo. |
— |
Metodi per differenziare i mutanti del microrganismo dal ceppo selvatico originario. |
— |
Metodi per stabilire e controllare la purezza del ceppo dal quale sono stati prodotti i vari lotti. |
— |
Metodi per determinare il tenore del microrganismo nel materiale usato per la produzione dei prodotti formulati e metodi per dimostrare che i microrganismi contaminanti sono controllati a livelli accettabili. |
— |
Metodi per la determinazione di impurezze rilevanti nel materiale fabbricato. |
— |
Metodi per verificare l'assenza e quantificare (con idonei limiti di determinazione) la presenza di eventuali patogeni per l'uomo e i mammiferi. |
— |
Metodi per determinare la stabilità durante l'immagazzinamento e la conservabilità del microrganismo, se del caso. |
4.2. Metodi per determinare e quantificare i residui (vitali o non vitali)
— |
del microrganismo attivo/dei microrganismi attivi, |
— |
dei metaboliti rilevanti (specialmente le tossine), |
sulle e/o nelle colture agrarie, negli alimenti per l'uomo e per gli animali, nei tessuti e liquidi biologici umani e animali, nel suolo, nell'acqua (comprese l'acqua potabile, le acque freatiche e le acque superficiali) e nell'aria, a seconda dei casi.
Si raccomanda di includere anche metodi analitici per determinare il tenore o l'attività dei prodotti proteici, quali l'analisi delle colture in fase esponenziale e dei surnatanti in un biosaggio su cellule animali.
5. EFFETTI SULLA SALUTE DELL'UOMO
Introduzione
i) |
Le informazioni disponibili sulle proprietà del microrganismo e degli organismi corrispondenti (sezioni da 1 a 3), compresi rapporti medici e sanitari, possono essere sufficienti a determinare se il microrganismo può avere un effetto (infettivo/patogeno/tossico) sulla salute dell'uomo. |
ii) |
Le informazioni fornite, insieme a quelle relative ad uno o più preparati contenenti il microrganismo, devono essere sufficienti a consentire una valutazione dei rischi per l'uomo, direttamente o indirettamente associato alla manipolazione e all'utilizzo di prodotti fitosanitari contenenti il microrganismo, del rischio per l'uomo conseguente alla manipolazione di prodotti trattati, nonché del rischio per l'uomo derivante da tracce di residui o contaminanti contenuti negli alimenti e nell'acqua. Inoltre, le informazioni fornite devono essere sufficienti a:
|
iii) |
Tutti gli effetti riscontrati nel corso delle ricerche devono essere riportati. Possono essere necessari studi supplementari al fine di individuare il probabile meccanismo d'azione e valutare l'importanza di tali effetti. |
iv) |
In tutti gli studi deve essere indicata la dose reale massima somministrata, espressa in unità che formano colonie per kg di peso corporeo (cfu/kg) e in altre unità adeguate. |
v) |
La valutazione del microrganismo deve essere effettuata secondo uno schema multifase. |
La prima fase (Fase I) comprende le informazioni di base disponibili e gli studi di base che devono essere effettuati per tutti i microrganismi. Occorre far ricorso al parere di un esperto per definire caso per caso un idoneo programma di sperimentazione. Di norma vengono richiesti dati recenti relativi ad esperimenti convenzionali tossicologici e/o patologici eseguiti su animali da laboratorio, salvo se il richiedente è in grado di dimostrare, sulla base delle informazioni precedenti, che l'impiego del microrganismo nelle condizioni proposte non ha effetti avversi sulla salute dell'uomo o degli animali. In attesa dell'adozione di orientamenti specifici a livello internazionale, le informazioni richieste saranno ottenute applicando i disciplinari per le prove esistenti (ad esempio, USEPA, OPPTS).
Se i test di Fase I evidenziano effetti avversi sulla salute, si eseguono gli studi relativi alla Fase II. Il tipo di indagine da effettuare è determinato in funzione degli effetti osservati alla Fase I. Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa il tipo di studio da eseguire.
FASE I
5.1. Informazioni di base
Sono richieste informazioni di base sulla capacità dei microrganismi di determinare effetti negativi, ad esempio la capacità di colonizzare, di provocare danni e di produrre tossine e altri metaboliti rilevanti.
5.1.1. Dati medici
Se disponibili e fatte salve le disposizioni dell'articolo 10 della direttiva 98/24/CE del Consiglio, devono essere forniti, se disponibili, informazioni e dati sperimentali utili per il riconoscimento dei sintomi di infezione o di patogenicità e per la valutazione dell'efficacia delle misure terapeutiche e di primo intervento. Se del caso, deve essere studiata, riportandone i risultati, l'efficacia dei potenziali antagonisti. Si devono indicare gli eventuali metodi per distruggere il microrganismo o per renderlo inoffensivo (cfr. il punto 3.8.).
Se disponibili e se sufficientemente attendibili, sono di particolare utilità dati e informazioni inerenti agli effetti dell'esposizione dell'uomo per confermare la validità delle estrapolazioni e delle conclusioni concernenti gli organi bersaglio, la virulenza e la reversibilità degli effetti avversi. Questi dati possono essere ottenuti in seguito ad esposizione professionale o accidentale.
5.1.2. Controlli medici sul personale dello stabilimento di produzione
Devono essere presentati i rapporti dei programmi di sorveglianza sulla salute dei lavoratori, con informazioni particolareggiate sulla struttura del programma e sull'esposizione al microrganismo. Tali rapporti devono contenere, se possibile, dati sul meccanismo d'azione del microrganismo e riportare dati, se disponibili, relativi a persone esposte negli impianti di produzione o dopo l'applicazione del microrganismo (ad esempio in prove di efficacia).
Particolare attenzione va prestata ai soggetti sensibili, ad esempio per precedenti malattie, assunzione di medicinali, immunodeficienza, gravidanza o allattamento.
5.1.3. Eventuali osservazioni su sensibilizzazione/allergenicità
Devono essere fornite le informazioni disponibili sulla sensibilizzazione e sulla risposta allergenica di lavoratori — tra cui addetti agli impianti di produzione, agricoltori e ricercatori — e di altre persone esposte al microrganismo, specificando eventualmente l'incidenza dei casi d'ipersensibilità e di sensibilizzazione cronica. Queste informazioni devono inoltre precisare la frequenza, il livello e la durata dell'esposizione, i sintomi osservati e altre osservazioni cliniche pertinenti. Si dovrà indicare se i lavoratori sono stati sottoposti a prove allergiche o anamnesi per eventuali sintomi di allergia.
5.1.4. Osservazione diretta, ad esempio casi clinici
Devono essere presentate le relazioni disponibili, tratte dalla letteratura — in particolare da pubblicazioni scientifiche o da relazioni ufficiali — e basate su casi clinici, concernenti il microrganismo in questione o organismi affini appartenenti allo stesso gruppo tassonomico, unitamente alle relazioni di eventuali verifiche a posteriori. Queste relazioni, particolarmente utili, devono contenere descrizioni complete della natura, del livello e della durata dell'esposizione, dei sintomi clinici osservati, delle misure terapeutiche e di primo intervento applicate, nonché le misurazioni e le osservazioni effettuate. Riassunti e informazioni frammentarie non sono di particolare utilità.
Se sono stati eseguiti studi su animali, la documentazione relativa ai casi clinici può essere di particolare utilità per confermare o meno la validità delle estrapolazioni dall'animale all'uomo e per individuare effetti avversi imprevisti specifici per l'uomo.
5.2. Studi di base
Per poter interpretare correttamente i risultati ottenuti, è della massima importanza che i metodi di prova proposti siano pertinenti dal punto di vista della sensibilità nei confronti della specie, della via di somministrazione, nonché rilevanti dal punto di vista biologico e tossicologico. La scelta della via di somministrazione del microrganismo in esame dipende dalle principali vie di esposizione umana.
Per valutare gli effetti a medio e lungo termine conseguenti ad un'esposizione acuta, subacuta o semicronica a microrganismi, è necessario attenersi ai metodi descritti negli orientamenti OCSE, che prevedono il prolungamento degli studi in questione con un periodo di ripresa, al termine del quale si procederà ad un esame macroscopico e microscopico completo della patologia, compresa la ricerca di microrganismi nei tessuti e negli organi. Risulta così agevolata l'interpretazione di taluni effetti ed è possibile riconoscere l'infettività e/o la patogenicità, ciò che a sua volta consente di decidere in merito ad altre questioni quali la necessità di condurre ulteriori studi a lungo termine (cancerogenicità, ecc.; cfr. il punto 5.3.) e l'opportunità o meno di eseguire studi sui residui (cfr. il punto 6.2.).
5.2.1. Sensibilizzazione (20)
Il test deve fornire dati sufficienti a consentire di determinare la probabilità che il microrganismo provochi reazioni di sensibilizzazione cutanea o inalatoria. Si deve quindi eseguire uno studio di massima azione.
Le informazioni sulla sensibilizzazione devono essere documentate.
5.2.2. Tossicità acuta, patogenicità e infettività
Gli studi, i dati e le informazioni da fornire e da valutare devono essere sufficienti a consentire di individuare gli effetti di una singola esposizione al microrganismo e, in particolare, a stabilire o indicare:
— |
la tossicità, la patogenicità e l'infettività del microrganismo, |
— |
il decorso e le caratteristiche degli effetti, con indicazioni complete sui mutamenti comportamentali ed eventuali conclusioni macropatologiche post mortem, |
— |
se possibile, il modello dell'azione tossica, |
— |
il pericolo relativo inerente alle diverse vie di esposizione, e |
— |
le analisi ematiche nell'intero corso delle ricerche, onde valutare l'eliminazione del microrganismo. |
Gli effetti tossici/patogeni acuti possono essere accompagnati da infettività e/o da effetti a più lungo termine non osservabili immediatamente. Per poter valutare lo stato di salute, è dunque necessario effettuare studi sul potenziale infettivo del microrganismo legato all'assunzione per via orale, per inalazione e per iniezione intraperitoneale/sottocutanea in mammiferi da sperimentazione.
Nell'ambito degli studi di tossicità acuta, di patogenicità e di infettività, si deve valutare il tasso di eliminazione del microrganismo e/o della tossina attiva negli organi ritenuti rilevanti per l'esame microbico (fegato, reni, milza, polmoni, cervello, sangue e punto di inoculazione).
Le osservazioni, che devono essere effettuate con esperto discernimento scientifico, possono comprendere la numerazione del microrganismo in tutti i tessuti potenzialmente interessati (cioè che presentano lesioni) e negli organi principali (reni, cervello, fegato, polmoni, milza, vescica, sangue, ghiandole linfatiche, tratto gastrointestinale, ghiandola del timo, nonché lesioni nel punto di inoculazione) di animali morti o moribondi e al momento del sacrificio intermedio e finale.
I dati ottenuti dai test di tossicità acuta, patogenicità e infettività sono di particolare utilità per valutare i possibili pericoli conseguenti ad incidenti e i rischi per il consumatore dovuti all'esposizione ad eventuali residui.
5.2.2.1.
Devono essere documentate la tossicità orale acuta, la patogenicità e l'infettività del microrganismo.
5.2.2.2.
Devono essere documentate la tossicità acuta per via inalatoria (22), la patogenicità e l'infettività del microrganismo.
5.2.2.3.
Il test intraperitoneale/sottocutaneo è considerato un saggio altamente sensibile che consente di dedurre, in particolare, l'infettività.
L'inoculazione intraperitoneale è richiesta in ogni caso per tutti i microrganismi. Tuttavia qualora la temperatura massima di proliferazione e di riproduzione sia inferiore a 37°C, viene richiesto un test di tipo sottocutaneo.
5.2.3. Test di genotossicità
Se il microrganismo produce esotossine (cfr. il punto 2.8.), queste tossine e ogni altro metabolita rilevante presente nel terreno di coltura devono essere sottoposti ad un test di genotossicità. Per questi test su tossine e metaboliti va utilizzata, se possibile, la sostanza chimica purificata.
Se dagli studi di base non risulta la formazione di metaboliti tossici, la ricerca sul microrganismo stesso dipenderà dal giudizio degli esperti sulla validità e sulla pertinenza dei dati di base. Se si tratta di un virus, si dovrà discutere il rischio di mutagenesi per inserzione nelle cellule dei mammiferi o il rischio di cancerogenicità.
Questi studi sono utili a:
— |
predire il potenziale genotossico, |
— |
individuare precocemente gli agenti cancerogeni genotossici, |
— |
chiarire il meccanismo d'azione di alcuni agenti cancerogeni. |
È importante che venga adottato un approccio flessibile e che la scelta di ulteriori test venga effettuata in funzione dell'interpretazione dei risultati di ogni fase.
La genotossicità dei microrganismi cellulari sarà studiata, se possibile, dopo la rottura delle cellule. È opportuno giustificare il metodo impiegato per la preparazione del campione.
La genotossicità dei virus va studiata su isolati infettivi.
5.2.3.1.
Devono essere descritti i risultati dei test di mutagenesi in vitro (saggio batterico di mutazione genica, test di clastogenicità in cellule di mammiferi e test di mutazione genica in cellule di mammiferi).
5.2.4. Coltura di cellule
Questa operazione deve essere documentata per i microrganismi che si riproducono all'interno delle cellule, come virus, viroidi o determinati batteri e protozoi, salvo nel caso in cui le informazioni di cui alle sezioni da 1 a 3 dimostrino chiaramente che il microrganismo non si riproduce negli organismi a sangue caldo. Per la coltura cellulare si useranno cellule o tessuti umani prelevati da organi diversi. La scelta può essere determinata dagli organi bersaglio previsti dopo l'infezione. In mancanza di colture di cellule o tessuti umani di particolari organi, si possono usare colture di cellule e tessuti di altri mammiferi. Per i virus, una considerazione essenziale è la capacità d'interagire con il genoma umano.
5.2.5. Dati sulla tossicità e la patogenicità a breve termine
Gli studi di tossicità a breve termine mirano a fornire dati sulla quantità di microrganismo tollerabile senza effetti tossici nelle condizioni dello studio. Queste ricerche forniscono dati utili sui rischi per i manipolatori e gli utilizzatori di preparati contenenti il microrganismo. In particolare, gli studi di tossicità a breve termine forniscono un quadro essenziale delle eventuali azioni cumulative imputabili al microrganismo e sui rischi per i lavoratori che possono esservi esposti intensivamente. Da questi studi si ottengono inoltre informazioni utili per la programmazione di studi di tossicità cronica.
Gli studi, i dati e le informazioni da fornire e da valutare devono essere sufficienti a consentire di individuare gli effetti conseguenti ad esposizioni ripetute al microrganismo e, in particolare, a stabilire o indicare:
— |
il rapporto tra dose ed effetto, |
— |
la tossicità del microrganismo, incluso, se possibile, il NOAEL per le tossine, |
— |
se del caso, gli organi bersaglio, |
— |
il decorso e le caratteristiche degli effetti, con indicazioni complete sui mutamenti comportamentali ed eventuali conclusioni macropatologiche post mortem, |
— |
gli effetti tossici specifici e le modificazioni patologiche prodotte, |
— |
se del caso, la persistenza e la reversibilità di taluni effetti tossici osservati, dopo la sospensione del dosaggio, |
— |
se possibile, il modello dell'azione tossica, nonché |
— |
il pericolo relativo inerente alle diverse vie di esposizione. |
Nell'ambito degli studi di tossicità a breve termine, si deve valutare il tasso di eliminazione del microrganismo dagli organi principali.
Si dovranno includere anche ricerche sui parametri di patogenicità e di infettività.
Deve essere documentata la tossicità a breve termine (minimo 28 giorni) del microrganismo.
La scelta delle specie da esaminare deve essere motivata. La scelta della durata dello studio dipende dai dati sulla tossicità acuta e sulla velocità di eliminazione del microrganismo.
Per decidere quale via di somministrazione sia da preferirsi, ci si atterrà al parere degli esperti.
5.2.5.1.
I dati concernenti gli effetti sulla salute conseguenti ad esposizione ripetuta per via inalatoria sono ritenuti necessari, in particolare, per la valutazione dei rischi nell'ambiente di lavoro. L'esposizione ripetuta potrebbe influire sulla capacità di eliminazione (ad esempio resistenza) dell'ospite (uomo). Inoltre, ai fini di una corretta valutazione dei rischi, occorre considerare la tossicità a seguito di esposizione ripetuta a contaminanti, terreno di coltura, altri coformulanti e al microrganismo stesso. È opportuno tenere conto del fatto che i coformulanti presenti nel prodotto fitosanitario possono influenzare la tossicità e l'infettività di un microrganismo.
Occorrono dati sull'infettività, sulla patogenicità e sulla tossicità a breve termine (per via respiratoria) del microrganismo, salvo se le informazioni disponibili sono sufficienti a valutare gli effetti sulla salute dell'uomo. Ciò dicasi nel caso in cui sia dimostrato che il materiale di prova non ha alcuna frazione inalabile e/o che non è prevista un'esposizione ripetuta.
5.2.6. Trattamento proposto: pronto soccorso, terapia medica
Devono essere indicate le misure di pronto soccorso in caso di infezione e in caso di contaminazione oculare.
Devono essere descritti in dettaglio i trattamenti terapeutici da applicare in caso di ingestione o di contaminazione oculare e/o cutanea. Devono essere fornite informazioni — basate sull'esperienza pratica, se disponibili, o su fondamenti teorici, in caso contrario — sull'efficacia di eventuali trattamenti alternativi.
Devono essere fornite informazioni sulla resistenza agli antibiotici.
(FINE DELLA FASE I)
FASE II
5.3. Studi di tossicità, di patogenicità e di infettività specifiche
In certi casi può essere necessario effettuare ricerche supplementari per chiarire ulteriormente gli effetti sull'uomo.
In particolare, se i risultati di studi precedenti rivelano che il microrganismo può provocare effetti a lungo termine sulla salute, si dovranno svolgere ricerche sulla tossicità, patogenicità e infettività croniche, sulla cancerogenicità e sulla tossicità riproduttiva. Inoltre, se il microrganismo produce tossine, occorre effettuare studi cinetici.
Questi studi devono essere progettati singolarmente, sulla base dei particolari parametri da osservare e degli obiettivi da conseguire. Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa il tipo di studio da eseguire.
5.4. Studi in vivo su cellule somatiche
Circostanze di necessità delle prove
Se tutti i risultati delle analisi in vitro sono negativi, si devono effettuare ulteriori test, prendendo in considerazione altri dati pertinenti. Questi test possono essere in vivo o in vitro basate su un sistema di metabolismo diverso da quello o da quelli precedentemente considerati.
Se l'esito del test di clastogenicità in vitro è positivo, deve essere effettuato un test in vivo su cellule somatiche (analisi della metafase nel midollo osseo di roditori o test micronucleare nei roditori).
Se l'esito di almeno uno dei test di mutazione genica in vitro è positivo, occorre effettuare un test in vivo della sintesi non programmata del DNA o un saggio delle macchie (spot test) sul topo.
5.5. Genotossicità — Studi in vivo su cellule germinali
Scopo e condizioni della prova
Cfr. il punto 5.4 della parte A.
Circostanze di necessità delle prove
Se l'esito di uno studio in vivo su cellule somatiche è positivo, può essere motivata la conduzione di un test in vivo per determinare gli effetti sui gonoblasti. La necessità di questi test sarà valutata caso per caso, tenendo conto di altri elementi pertinenti, tra cui l'uso e l'esposizione prevista. Sono necessari test opportuni per esaminare l'interazione con il DNA (ad esempio il saggio dei letali dominanti) e le potenzialità di effetti ereditari con un'eventuale valutazione quantitativa. Data la loro complessità, si ammette che gli studi quantitativi siano necessari solo se fortemente motivati.
(FINE DELLA FASE II)
5.6. Sintesi della tossicità, della patogenicità e dell'infettività nei mammiferi e valutazione complessiva
Deve essere presentata una sintesi di tutti i dati di cui dal punto 5.1 al punto 5.5, con una loro valutazione particolareggiata e critica, tenendo conto dei pertinenti criteri e orientamenti valutativi e decisionali, con particolare riferimento ai rischi, reali o eventuali, per l'uomo e per gli animali, unitamente ad indicazioni sulla portata, la qualità e l'affidabilità della base di dati.
Si deve spiegare se l'esposizione dell'uomo o degli animali abbia possibili implicazioni dal punto di vista della vaccinazione o del monitoraggio sierologico.
6. RESIDUI IN O SU PRODOTTI, ALIMENTI PER L'UOMO E ALIMENTI PER GLI ANIMALI TRATTATI
Introduzione
i) |
Le informazioni fornite, congiuntamente a quelle relative ad uno o più preparati contenenti il microrganismo, devono essere sufficienti a consentire una valutazione dei rischi per l'uomo e/o per gli animali, derivanti dall'esposizione al microrganismo e ai relativi residui e metaboliti (tossine) presenti nelle o sulle piante o prodotti vegetali. |
ii) |
Inoltre, le informazioni fornite devono essere sufficienti a:
|
iii) |
Ai fini della valutazione dei rischi derivanti dai residui, non sono necessari dati sperimentali sui livelli di esposizione ai residui se può essere dimostrato che il microrganismo e i relativi metaboliti non sono pericolosi per l'uomo in concentrazioni come quelle risultanti da un uso autorizzato. Tale dimostrazione può essere suffragata dalla letteratura, dalla sperimentazione empirica o dalle informazioni di cui alle sezioni da 1 a 3 e alla sezione 5. |
6.1. Persistenza e probabilità di moltiplicazione nelle colture e negli alimenti per l'uomo e per gli animali
Deve essere presentata una stima documentata della persistenza/competitività del microrganismo e dei metaboliti secondari rilevanti (specialmente tossine) nelle o sulle colture nelle condizioni ambientali che ricorrono durante e dopo l'uso, tenendo conto in particolare delle informazioni di cui alla sezione 2.
Inoltre, nella domanda si dovrà dichiarare in che misura e per quale motivo si ritiene che il microrganismo possa/non possa proliferare nelle o sulle piante o prodotti vegetali, o durante il processo di trasformazione delle materie prime.
6.2. Altre informazioni necessarie
I consumatori possono rimanere esposti per un certo tempo al microrganismo in seguito al consumo di prodotti alimentari trattati. I potenziali effetti sul consumatore devono quindi essere desunti da studi cronici o semicronici, in modo da poter fissare una soglia tossicologica (ad esempio la DGA) ai fini della gestione del rischio.
6.2.1. Residui non vitali
Un microrganismo non vitale è un microrganismo non più atto a riprodursi o a trasferire materiale genetico.
Se è stata constatata la persistenza di quantità significative di microrganismi o di metaboliti da essi prodotti, in particolare tossine, conformemente a quanto indicato ai punti 2.4 e 2.5, sarà necessario disporre di dati sperimentali completi sui residui, come previsto nella sezione 6 della parte A del presente allegato, qualora le concentrazioni di microrganismi e/o delle relative tossine negli o sugli alimenti trattati per l'uomo e per gli animali siano prevedibilmente superiori a quelle che ricorrono in natura o in un diverso stato fenotipico.
In conformità con il regolamento (CE) n. 1107/2009, la conclusione in merito alla differenza tra concentrazioni naturali e un'elevata concentrazione dovuta al trattamento con il microrganismo deve essere fondata su dati sperimentali e non su estrapolazioni o calcoli ricavati da modelli.
Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa il tipo di studio da eseguire.
6.2.2. Residui vitali
Se le informazioni di cui al punto 6.1. sembrano rivelare la persistenza di quantità significative di microrganismi nei o sui prodotti trattati, si dovranno analizzare i possibili effetti sull'uomo e/o sugli animali, salvo nel caso in cui le informazioni di cui alla sezione 5 dimostrino che il microrganismo e i suoi metaboliti o i prodotti di degradazione non sono pericolosi per l'uomo in concentrazioni e in forme come quelle risultanti da un uso autorizzato.
In conformità con il regolamento (CE) n. 1107/2009, la conclusione in merito alla differenza tra concentrazioni naturali e un'elevata concentrazione dovuta al trattamento con il microrganismo deve essere fondata su dati sperimentali e non su estrapolazioni o calcoli ricavati da modelli.
La persistenza di residui vitali richiede particolare attenzione se dai paragrafi 2.3, 2.5 o dalla sezione 5 è emersa un'infettività o una patogenicità nei mammiferi, o se qualsiasi altro elemento induce a sospettare un pericolo per i consumatori o per i lavoratori. In questo caso, le autorità competenti possono esigere che vengano condotti studi analoghi a quelli descritti nella parte A.
Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa il tipo di studio da eseguire.
6.3. Sintesi e valutazione del comportamento dei residui sulla base dei dati di cui ai punti 6.1 e 6.2
7. DESTINO E COMPORTAMENTO NELL'AMBIENTE
Introduzione
i) |
Per poter valutare il destino e il comportamento nell'ambiente, occorrono informazioni sull'origine, sulle proprietà e sulla sopravvivenza del microrganismo e dei suoi metaboliti residui, nonché sull'uso che se ne intende fare. Di norma si richiedono dati sperimentali, tranne se si può dimostrare che i dati disponibili sono di per sé sufficienti a realizzare la valutazione. Tale dimostrazione può essere suffragata dalla letteratura, dalla sperimentazione empirica o dalle informazioni di cui alle sezioni 1-6. Particolare interesse riveste la funzione del microrganismo nei processi ecologici. |
ii) |
Le informazioni fornite, congiuntamente a quelle relative ad uno o più preparati contenenti il microrganismo e ad altri dati pertinenti, devono essere sufficienti a consentire una valutazione del destino e del comportamento del microrganismo e delle sue tracce residue e tossine, ove siano rilevanti per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente. |
iii) |
In particolare, le informazioni fornite devono essere sufficienti a:
|
iv) |
I metaboliti rilevanti (cioè che implicano un rischio per la salute dell'uomo e/o per l'ambiente) prodotti dall'organismo esaminato in determinate condizioni ambientali devono essere caratterizzati. Se il microrganismo contiene o produce metaboliti rilevanti, potranno essere necessari i dati indicati nella sezione 7, parte A, del presente allegato, a condizione che siano soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
|
v) |
Devono essere prese in considerazione le informazioni disponibili sui rapporti con i ceppi selvatici esistenti in natura. |
vi) |
Prima di eseguire gli studi di seguito descritti, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa la necessità di eseguirli e, secondariamente, circa il tipo di studio da eseguire. Si prenderanno in considerazione anche le informazioni risultanti dalle altre sezioni. |
7.1. Persistenza e moltiplicazione
Se del caso, si forniranno opportune informazioni sulla persistenza e la moltiplicazione del microrganismo in tutti i comparti ambientali, salvo nel caso in cui si possa dimostrare l'improbabilità che un particolare comparto ambientale sia esposto al microrganismo. Particolare attenzione sarà rivolta:
— |
alla competitività nelle condizioni ambientali prevalenti durante e dopo l'uso, |
— |
alla dinamica della popolazione in condizioni climatiche estreme, quali si possono verificare a livello regionale o stagionale (estati torride, inverni rigidi, piogge intense), nonché alle pratiche agricole applicate dopo l'uso. |
Si indicheranno le quantità stimate del microrganismo durante un lasso di tempo successivo all'uso del prodotto nelle condizioni d'impiego proposte.
7.1.1. Suolo
Si registreranno i dati sull'attività e sulla dinamica della popolazione in diversi campioni di suolo, coltivato e non, rappresentativi dei suoli tipici delle vari regioni UE in cui il prodotto è utilizzato o se ne prevede l'uso. Per la scelta del suolo, la raccolta e la manipolazione dei campioni, ci si atterrà alle indicazioni che figurano nell'introduzione del punto 7.1. della parte A. Se l'organismo in esame va utilizzato in associazione con altri materiali (ad esempio lana di roccia), questi vanno inclusi nello spettro analitico.
7.1.2. Acqua
È opportuno registrare i dati sull'attività e sulla dinamica della popolazione in sistemi idrici e di sedimentazione naturale, alla luce e al buio.
7.1.3. Aria
In caso di un particolare rischio di esposizione degli operatori o delle astanti, potrebbe rendersi necessario raccogliere informazioni sulle concentrazioni nell'aria.
7.2. Mobilità
Deve essere valutata la possibilità di diffusione del microrganismo e dei suoi prodotti di degradazione nei vari comparti ambientali, salvo nel caso in cui si possa dimostrare l'improbabilità che un particolare comparto ambientale sia esposto al microrganismo. In questo contesto, rivestono particolare interesse l'uso prescritto (pieno campo o serra, applicazione al suolo o sulle colture), le fasi del ciclo vitale, la presenza di vettori, la persistenza e la capacità dell'organismo di colonizzare habitat adiacenti.
La diffusione, la persistenza e le probabili distanze di trasporto richiedono particolare attenzione qualora siano emerse tossicità, infettività o patogenicità, oppure qualsiasi elemento induca a sospettare un pericolo per l'uomo, gli animali o l'ambiente. In questo caso, le autorità competenti possono esigere che vengano condotti studi analoghi a quelli descritti nella parte A. Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa il tipo di studio da eseguire.
8. EFFETTI SUGLI ORGANISMI NON BERSAGLIO
Introduzione
i) |
Le informazioni sull'identità, le proprietà biologiche e altre informazioni, che figurano nelle sezioni 1, 2, 3 e 7, costituiscono la base di valutazione degli effetti sulle specie non bersaglio. Nella sezione 7 si possono trovare altre informazioni utili sul destino e sul comportamento nell'ambiente e nella sezione 6 sul tenore in residui nelle piante; questi dati, insieme a quelli concernenti la natura del preparato e le modalità d'impiego, definiscono le caratteristiche e la portata dell'esposizione potenziale. I dati di cui alla sezione 5 forniscono informazioni essenziali quanto agli effetti sui mammiferi e ai relativi meccanismi. Di norma si richiedono dati sperimentali, tranne se si può dimostrare che i dati disponibili sono di per sé sufficienti per valutare gli effetti sugli organismi non bersaglio. |
ii) |
La scelta degli organismi non bersaglio per l'esame degli effetti ambientali si deve basare sull'identità del microrganismo (compresa la specificità dell'ospite, la modalità d'azione e l'ecologia dell'organismo). Tali conoscenze dovrebbero consentire di scegliere gli organismi idonei da esaminare, ad esempio organismi strettamente affini all'organismo bersaglio. |
iii) |
Le informazioni fornite, insieme a quelle precisate per uno o più preparati contenenti il microrganismo, devono essere sufficienti a consentire una valutazione dell'impatto sulle specie non bersaglio (flora e fauna) che potrebbero essere soggette a rischi da esposizione al microrganismo, se di rilevanza ambientale. L'impatto può risultare da un'esposizione singola, prolungata o ripetuta e può essere reversibile o irreversibile. |
iv) |
Le informazioni fornite relative al microrganismo, assieme ad altre informazioni pertinenti e a quelle fornite a riguardo dei preparati che la contengono, devono essere sufficienti a:
|
v) |
È necessario che tutti gli effetti potenzialmente dannosi scoperti durante le regolari indagini sugli effetti ambientali siano riportati nella relazione e che, se richiesto dalle autorità competenti, vengano intrapresi e documentati studi supplementari che si rendessero necessari allo scopo di studiare i probabili meccanismi implicati e di valutare l'importanza di questi effetti. La relazione deve riportare tutti i dati e tutte le informazioni di ordine biologico disponibili e utili per la valutazione del profilo ecologico del microrganismo. |
vi) |
In tutti gli studi deve essere indicata la dose media realizzata, espressa in cfu/kg di peso corporeo e in altre unità adeguate. |
vii) |
Può essere necessario effettuare studi separati per i metaboliti rilevanti (specialmente tossine), qualora questi prodotti possano rappresentare un rischio rilevante per organismi non bersaglio e i loro effetti non siano valutabili in base ai risultati relativi al microrganismo. Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa la necessità di eseguirli e, secondariamente, circa il tipo di studio da eseguire. Si prenderanno in considerazione le informazioni risultanti dalle sezioni 5, 6 e 7. |
viii) |
Allo scopo di facilitare la valutazione della significatività dei risultati ottenuti, nelle varie prove specificate si dovrà utilizzare, se possibile, lo stesso ceppo di ciascuna specie pertinente (o specie della stessa origine registrata). |
ix) |
Non occorre eseguire le prove se si può dimostrare che l'organismo non bersaglio non sarà esposto al microrganismo. Se viene dimostrato che il microrganismo non ha effetti tossici e non è patogeno né infettivo per le piante o per i vertebrati, si dovrà esaminare soltanto la reazione ad opportuni organismi non bersaglio. |
8.1. Effetti sugli uccelli
Scopo delle prove
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per gli uccelli.
8.2. Effetti sugli organismi acquatici
Scopo delle prove
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per gli organismi acquatici.
8.2.1. Effetti sui pesci
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per i pesci.
8.2.2. Effetti sugli invertebrati di acqua dolce
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per gli invertebrati di acqua dolce.
8.2.3. Effetti sulla crescita delle alghe
Devono essere presentate informazioni sulla crescita delle alghe, sul tasso di accrescimento e sulla capacità di recupero.
8.2.4. Effetti sulle piante diverse dalle alghe
Devono essere presentate informazioni circa gli effetti sulle piante diverse dalle alghe.
8.3. Effetti sulle api
Scopo delle prove
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per le api.
8.4. Effetti su artropodi diversi dalle api
Scopo delle prove
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per gli artropodi diversi dalle api. È opportuno che la scelta delle specie da esaminare sia determinata dall'uso potenziale del prodotto fitosanitario (ad esempio, applicazione sulle foglie o al suolo). È opportuno prestare particolare attenzione agli organismi utilizzati per la lotta biologica e agli organismi che svolgono un ruolo importante nella difesa integrata contro i parassiti.
8.5. Effetti sui lombrichi
Scopo delle prove
Devono essere presentate informazioni sulla tossicità, sull'infettività e sulla patogenicità per i lombrichi.
8.6. Effetti su microrganismi non bersaglio del terreno
Deve essere documentato l'impatto su microrganismi non bersaglio rilevanti e sui loro predatori (ad esempio protozoi per inoculazione batterica). Per decidere se siano necessari studi supplementari, bisognerà ricorrere al parere di esperti. Ai fini di tale decisione, entreranno in considerazione le informazioni disponibili a titolo della presente e di altre sezioni, in particolare i dati sulla specificità del microrganismo e sull'esposizione prevista. Utili informazioni potranno essere ricavate anche dalle osservazioni condotte nell'ambito delle prove di efficacia. Particolare attenzione sarà rivolta agli organismi utilizzati nella difesa integrata delle colture.
8.7. Studi supplementari
Ulteriori studi potrebbero vertere sugli effetti acuti esaminati su altre specie o in altri processi (ad esempio i sistemi fognari), oppure su fasi superiori come quella cronica, subletale o riproduttiva in organismi non bersaglio selezionati.
Prima di eseguire tali studi, il richiedente deve ottenere l'accordo delle autorità competenti circa il tipo di studio da eseguire.
9. SINTESI E VALUTAZIONE DELL'IMPATTO AMBIENTALE
Devono essere effettuate una sintesi e una valutazione di tutti i dati relativi all'impatto sull'ambiente, secondo le direttive impartite al riguardo dalle autorità competenti degli Stati membri. Tali dati devono essere sottoposti a una valutazione critica e dettagliata sulla base dei pertinenti criteri e orientamenti valutativi e decisionali, con particolare riferimento ai rischi che si presentano o possono presentarsi per l'ambiente e per le specie non bersaglio e per l'estensione, la qualità e l'affidabilità della base di dati. In particolare, sono da prendere in considerazione i seguenti elementi:
— |
distribuzione e destino nell'ambiente e relativi decorsi temporali, |
— |
identificazione di specie e popolazioni non bersaglio a rischio e portata della loro esposizione potenziale, |
— |
definizione delle precauzioni necessarie per evitare o ridurre al minimo la contaminazione dell'ambiente e per proteggere le specie non bersaglio. |
(1) GU L 276 del 20.10.2010, pag. 33.
(2) GU L 353 del 31.12.2008, pag. 1.
(3) GU L 70 del 16.3.2005, pag. 1.
(4) GU L 50 del 20.2.2004, pag. 44.
(5) Cfr. pag. 85 della presente Gazzetta ufficiale.
(6) Nazioni Unite, New York e Ginevra (2009), ISBN 978-92-1-139135-0.
(7) GU L 396 del 30.12.2006, pag. 1.
(8) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 34.
(9) aLAEO è l'abbreviazione di «LAEO acuto».
(10) LD50 è l'abbreviazione di «dose letale, 50 %», cioè la dose necessaria per uccidere la metà della popolazione sottoposta a prova dopo una determinata durata della prova.
(11) GU L 131 del 5.5.1998, pag. 11.
(12) mg/kg p.c./giorno = mg di sostanza attiva / kg di peso corporeo delle specie interessate / giorno.
(13) Nella presente sezione gli intervalli di sicurezza si riferiscono agli intervalli pre-raccolto, periodi di attesa o di immagazzinamento nel caso di utilizzi post-raccolto.
(14) Pubblicazione delle Comunità europee (2011) ISBN: 978-92-79-16228-2.
(15) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.
(16) LR50 è l'abbreviazione di «tasso letale, 50 %», cioè il tasso di applicazione necessario per uccidere la metà della popolazione sottoposta a prova dopo una determinata durata della prova.
(17) ER50 è l'abbreviazione di «percentuale di effetto, 50 %», cioè la percentuale di applicazione necessaria per causare un effetto nella metà della popolazione sottoposta a prova dopo una determinata durata della prova.
(18) USEPA Microbial Pesticide Test Guidelines, OPPTS Series 885, febbraio 1996.
(19) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1.
(20) I metodi disponibili per i saggi di sensibilizzazione cutanea non sono adatti ai microrganismi. La sensibilizzazione per inalazione costituisce probabilmente un problema di portata maggiore rispetto all'esposizione cutanea ai microrganismi, ma finora non esistono metodi di analisi convalidati. È quindi estremamente importante mettere a punto metodi di questo tipo. Nel frattempo, tutti i microrganismi devono essere considerati come potenziali sensibilizzanti. Questo approccio permette di tener conto anche dei soggetti immunodeficienti o altrimenti sensibili (donne incinte, neonati, anziani, ecc.).
(21) A causa della mancanza di metodi di analisi idonei, tutti i microrganismi saranno considerati come potenziali sensibilizzanti, salvo il caso in cui il richiedente intenda dimostrare il carattere non sensibilizzante di un microrganismo, fornendo dati in proposito. Pertanto, la richiesta relativa alla comunicazione di dati non è da considerarsi obbligatoria, bensì facoltativa, a titolo provvisorio.
(22) La prova di inalazione può essere sostituita da uno studio intratracheale.
(23) Poiché questi metodi di analisi sono stati concepiti per le sostanze chimiche solubili, è necessario adattarli ai microrganismi.