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Document 62019CJ0225

Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 24 novembre 2020.
R.N.N.S. e K.A. contro Minister van Buitenlandse Zaken.
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem.
Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Codice comunitario dei visti – Regolamento (CE) n. 810/2009 – Articolo 32, paragrafi da 1 a 3 – Decisione di rifiuto di visto – Allegato VI – Modulo uniforme – Motivazione – Minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, o per le relazioni internazionali di uno o di più Stati membri – Articolo 22 – Procedura di consultazione preliminare delle autorità centrali degli altri Stati membri – Obiezione al rilascio di un visto – Ricorso contro una decisione di rifiuto di visto – Portata del sindacato giurisdizionale – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo.
Cause riunite C-225/19 e C-226/19.

Court reports – general – 'Information on unpublished decisions' section

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2020:951

 SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

24 novembre 2020 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Codice comunitario dei visti – Regolamento (CE) n. 810/2009 – Articolo 32, paragrafi da 1 a 3 – Decisione di rifiuto di visto – Allegato VI – Modulo uniforme – Motivazione – Minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, o per le relazioni internazionali di uno o di più Stati membri – Articolo 22 – Procedura di consultazione preliminare delle autorità centrali degli altri Stati membri – Obiezione al rilascio di un visto – Ricorso contro una decisione di rifiuto di visto – Portata del sindacato giurisdizionale – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo»

Nelle cause riunite C‑225/19 e C‑226/19,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi), con decisioni del 5 marzo 2019, pervenute in cancelleria il 14 marzo 2019, nei procedimenti

R.N.N.S. (C‑225/19),

K.A. (C‑226/19)

contro

Minister van Buitenlandse Zaken,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta (relatrice), vicepresidente, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, E. Regan, L. Bay Larsen, N. Piçarra e A. Kumin, presidenti di sezione, T. von Danwitz, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, C. Lycourgos, P.G. Xuereb e I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

per R.N.N.S., da E. Schoneveld e I. Vennik, advocaten;

per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen e C.S. Schillemans, in qualità di agenti;

per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil, A. Brabcová e A. Pagáčová, in qualità di agenti;

per il governo tedesco, da R. Kanitz e J. Möller, in qualità di agenti;

per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Pucciariello, avvocato dello Stato;

per il governo lituano, da K. Dieninis e K. Juodelytė, in qualità di agenti;

per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

per la Commissione europea, da G. Wils e C. Cattabriga, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 settembre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 32, paragrafi da 1 a 3, del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (GU 2009, L 243, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 182, pag. 1) (in prosieguo: il «codice dei visti»), letto alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie tra, rispettivamente, da un lato, R.N.N.S. (causa C‑225/19) e K.A. (causa C‑226/19) e, dall’altro, il Minister van Buitenlandse Zaken (Ministro degli Affari esteri, Paesi Bassi; in prosieguo: il «ministro»), in merito al rifiuto da parte di quest’ultimo di rilasciare loro un visto.

Contesto normativo

3

Il considerando 29 del codice dei visti stabilisce quanto segue:

«Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla convenzione [europea] per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali [del Consiglio d’Europa] [, firmata a Roma il 4 novembre 1950] e dalla [Carta]».

4

L’articolo 1, paragrafo 1, di tale codice è così formulato:

«Il presente regolamento fissa le procedure e le condizioni per il rilascio del visto di transito o per soggiorni previsti sul territorio degli Stati membri non superiori a 90 giorni su un periodo di 180 giorni».

5

L’articolo 21, paragrafo 3, di detto codice enuncia quanto segue:

«Nel determinare se il richiedente soddisfi le condizioni d’ingresso, il consolato verifica:

(...)

d)

che il richiedente non sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, punto 19, del [regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L. 105, pag. 1)], o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, che non sia oggetto di segnalazione ai fini della non ammissione nelle banche dati nazionali degli Stati membri per gli stessi motivi;

(...)».

6

L’articolo 22 del medesimo codice, intitolato «Consultazione preliminare delle autorità centrali degli altri Stati membri», prevede quanto segue:

«1.   Uno Stato membro può chiedere che le autorità centrali degli altri Stati membri consultino le sue autorità centrali nel corso dell’esame di domande presentate da cittadini di determinati paesi terzi o da specifiche categorie di tali cittadini. Tale consultazione non si applica alle domande di visto di transito aeroportuale.

2.   Le autorità centrali consultate danno una risposta definitiva entro sette giorni di calendario dalla consultazione. La mancanza di risposta entro tale termine implica che esse non hanno motivo di opporsi al rilascio del visto.

(...)».

7

L’articolo 25 del codice dei visti è così formulato:

«1.   I visti con validità territoriale limitata sono rilasciati eccezionalmente nei seguenti casi:

a)

quando, per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali, lo Stato membro interessato ritiene necessario:

i)

derogare al principio del rispetto delle condizioni di ingresso di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), c), d) ed e), del codice frontiere Schengen;

ii)

rilasciare un visto nonostante l’opposizione al rilascio di un visto uniforme manifestata dallo Stato membro consultato a norma dell’articolo 22; oppure

iii)

rilasciare un visto per motivi di urgenza benché non abbia avuto luogo la consultazione preliminare a norma dell’articolo 22;

ovvero

b)

quando, per motivi ritenuti giustificati dal consolato, è rilasciato un nuovo visto per un soggiorno durante lo stesso periodo di 180 giorni a un richiedente che, al di là di questo periodo di 180 giorni, ha già utilizzato un visto uniforme o un visto con validità territoriale limitata per un soggiorno di 90 giorni;

2.   Un visto con validità territoriale limitata è valido per il territorio dello Stato membro di rilascio. In via eccezionale può essere valido per il territorio di uno o di più altri Stati membri, fatto salvo il consenso di ciascuno degli Stati membri interessati.

(...)».

8

L’articolo 32 di detto codice, intitolato «Rifiuto di un visto», dispone quanto segue:

«1.   Ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 25, paragrafo 1, il visto è rifiutato:

a)

quando il richiedente:

(...)

vi)

sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, paragrafo 19, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, sia segnalato nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi; (...)

(...)

2.   La decisione di rifiuto e i motivi su cui si basa sono notificati al richiedente mediante il modulo uniforme di cui all’allegato VI.

3.   I richiedenti cui sia stato rifiutato il visto hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono proposti nei confronti dello Stato membro che ha adottato la decisione definitiva in merito alla domanda e disciplinati conformemente alla legislazione nazionale di tale Stato membro. Gli Stati membri forniscono ai richiedenti informazioni sulla procedura cui attenersi in caso di ricorso, come precisato nell’allegato VI.

(...)

5.   Le informazioni sui visti rifiutati sono inserite nel [sistema di informazione visti (VIS)] conformemente all’articolo 12 del [regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, concernente il sistema di informazione visti e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS) (GU 2008, L 218, pag. 60)]».

9

L’allegato VI del codice dei visti è costituito dal «Modulo uniforme per la notificazione e la motivazione del rifiuto, dell’annullamento o della revoca di un visto» (in prosieguo: il «modulo uniforme»). Tale modulo comprende in particolare, sotto la frase «La decisione si fonda sui seguenti motivi», undici caselle, destinate ad essere contrassegnate dall’autorità competente, in ciascuna delle quali figurano uno o più motivi predefiniti di rifiuto, di annullamento o di revoca di un visto. La sesta di tali caselle corrisponde ai seguenti motivi di rifiuto:

«la Sua presenza rappresenta, secondo uno o più Stati membri, una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica quale definita all’articolo 2, paragrafo 19 del [regolamento n. 562/2006] o per le relazioni internazionali di uno o più Stati membri».

10

Il modulo uniforme include anche una rubrica intitolata «Osservazioni», seguita da uno spazio che può essere completato dall’autorità competente.

11

Come risulta dal suo considerando 1, il regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1), ha proceduto alla codificazione del regolamento n. 562/2006. L’articolo 2, punto 19, del regolamento n. 562/2006, cui fanno riferimento i punti 5, 8 e 9 della presente sentenza, è divenuto l’articolo 2, punto 21, del codice frontiere Schengen risultante da tale codificazione.

Le controversie nei procedimenti principali, le questioni pregiudiziali e il procedimento dinanzi alla Corte

12

Nella causa C‑225/19, R.N.N.S. è un cittadino egiziano residente in Egitto. Dal 28 agosto 2017 è coniugato con una cittadina olandese.

13

Il 7 giugno 2017 R.N.N.S. presentava al ministro una domanda di visto al fine di visitare i suoceri residenti nei Paesi Bassi.

14

Con decisione del 19 giugno 2017, il ministro respingeva tale domanda per il motivo che uno o più Stati membri avevano considerato che egli costituisse una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, ai sensi dell’articolo 2, punto 21, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri. Infatti, nell’ambito della procedura di consultazione preliminare di cui all’articolo 22 del codice dei visti, l’Ungheria si sarebbe opposta al rilascio del visto a R.N.N.S.

15

Tale decisione veniva comunicata a R.N.N.S. mediante il modulo uniforme. Sebbene la sesta casella di quest’ultimo fosse stata barrata, detto modulo non menzionava l’identità dello Stato membro che si era opposto al rilascio del visto né la motivazione sottesa a tale opposizione.

16

Il 30 giugno 2017 R.N.N.S. presentava un reclamo contro detta decisione dinanzi al ministro che, con decisione del 31 ottobre 2017, lo respingeva.

17

Il 22 novembre 2017 R.N.N.S. proponeva un ricorso avverso quest’ultima decisione dinanzi al giudice del rinvio, il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi), facendo valere, in particolare, che egli non beneficiava di una tutela giurisdizionale effettiva, non essendo in grado di contestare nel merito la decisione del ministro del 19 giugno 2017. Il ministro sostiene che, nel diritto dei Paesi Bassi, qualora uno Stato membro si opponga al rilascio di un visto, la motivazione sottesa a tale opposizione non può formare oggetto di un controllo nel merito e il richiedente, a tal fine, deve adire i giudici dello Stato membro che ha sollevato detta obiezione.

18

Nell’ambito del procedimento dinanzi al giudice del rinvio, il ministro comunicava a R.N.N.S. l’identità dello Stato membro che si era opposto al rilascio del suo visto. Nel 2018 R.N.N.S. aveva contattato i rappresentanti diplomatici dell’Ungheria in vari paesi allo scopo di ottenere chiarimenti sulla motivazione sottesa all’obiezione sollevata da tale Stato membro. Egli non avrebbe ottenuto alcun chiarimento in questo modo e avrebbe inoltre ignorato l’identità dell’autorità ungherese che aveva sollevato detta obiezione.

19

Nella causa C‑226/19, K.A. è una cittadina siriana residente in Arabia Saudita.

20

Il 2 gennaio 2018 K.A. presentava al ministro una domanda di visto al fine di visitare i suoi figli residenti nei Paesi Bassi.

21

Con decisione del 15 gennaio 2018, il ministro respingeva tale domanda per il motivo che uno o più Stati membri avevano considerato che ella costituisse una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, ai sensi dell’articolo 2, punto 21, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri. Infatti, nell’ambito della procedura di consultazione preliminare di cui all’articolo 22 del codice dei visti, la Repubblica federale di Germania si sarebbe opposta al rilascio del visto a K.A.

22

Tale decisione veniva comunicata a K.A. mediante il modulo uniforme. Sebbene la sesta casella di quest’ultimo fosse stata barrata, detto modulo non menzionava l’identità dello Stato membro che si era opposto al rilascio del visto né la motivazione sottesa a tale opposizione.

23

Il 23 gennaio 2018 K.A. presentava un reclamo avverso detta decisione dinanzi al ministro. Supponendo che la Repubblica federale di Germania avesse potuto sollevare un’obiezione al rilascio del suo visto, K.A. chiedeva al ministro, in tale reclamo, di rivolgersi alle autorità tedesche per conoscere la ragione per la quale era stata considerata una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica. Con decisione del 14 maggio 2018, il ministro respingeva detto reclamo.

24

Il 28 maggio 2018 K.A. proponeva un ricorso avverso quest’ultima decisione dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo, in particolare, di non beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva, non essendo in grado di contestare nel merito la decisione del ministro del 15 gennaio 2018. Ella fa valere, in particolare, che il motivo di rifiuto del visto contenuto in tale decisione è formulato in modo troppo generico e che il ministro avrebbe dovuto chiedere alle autorità tedesche di comunicarle i motivi sottesi alla loro obiezione al rilascio del suo visto. Secondo il ministro, il codice dei visti non lo obbliga a chiedere alle autorità tedesche le ragioni sottese alla loro obiezione al rilascio del visto a K.A. né a comunicarle tali ragioni.

25

Il giudice del rinvio rileva che né R.N.N.S. né K.A. sono oggetto di segnalazione ai fini di un rifiuto di visto nel sistema di informazione visti (VIS), cosicché essi non possono proporre un ricorso o presentare un reclamo ai sensi del regolamento VIS per ottenere la rettifica o la cancellazione di dati inesatti che avrebbero influito sul trattamento della loro domanda di visto.

26

Tale giudice afferma altresì, da un lato, che né R.N.N.S. né K.A. erano a conoscenza del fatto che una decisione in materia di ordine pubblico, di sicurezza interna, di salute pubblica o di relazioni internazionali fosse stata adottata nei loro confronti dalle autorità competenti degli Stati membri che si erano opposti al rilascio dei loro visti. Dall’altro lato, detto giudice sottolinea che, anche se siffatte decisioni fossero state adottate, nei procedimenti principali non esistono elementi per verificare se R.N.N.S. e K.A. disponessero in tali Stati membri di un mezzo di ricorso effettivo contro tali decisioni.

27

Inoltre, secondo il giudice del rinvio, nelle sue decisioni del 19 giugno 2017 e del 15 gennaio 2018, il ministro non ha fornito a R.N.N.S. né a K.A. alcuna informazione relativa alla possibilità di proporre un ricorso contro dette decisioni negli Stati membri che si erano opposti al rilascio dei loro rispettivi visti.

28

In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se il motivo di rifiuto previsto all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale nell’ambito del ricorso contro una decisione definitiva di rifiuto di visto di cui all’articolo 32, paragrafo 3, di tale codice e, se del caso, in che modo debba essere esercitato tale controllo al fine di soddisfare i requisiti derivanti dall’articolo 47 della Carta.

29

Inoltre, nel caso in cui R.N.N.S. e K.A. dovessero proporre un ricorso negli Stati membri che si erano opposti al rilascio dei visti per contestare il motivo di rifiuto di cui all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti, il giudice del rinvio si chiede se, nell’ambito del ricorso previsto all’articolo 32, paragrafo 3, di tale codice, occorra attendere l’esito del ricorso eventualmente proposto dai richiedenti in detti Stati membri.

30

In tali circostanze, il Rechtbank den Haag, zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem), ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in maniera identica in ciascuna delle cause riunite:

«1)

Se in caso di ricorso ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del codice dei visti, avverso una decisione definitiva di rifiuto di un visto per il motivo di cui all’articolo 32, paragrafo 1 [...] lettera a), punto vi), del codice dei visti, si configuri un diritto a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della [Carta], nelle seguenti circostanze:

nella motivazione della decisione lo Stato membro si è limitato ad affermare: “Lei viene considerata da uno o più Stati membri una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, punto 19 o punto 21, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno o più Stati membri”;

nella decisione o nel ricorso lo Stato membro non indica quale specifico motivo o quali specifici motivi dei quattro motivi elencati all’articolo 32, paragrafo 1 […] lettera a), del codice dei visti venga opposto;

nel ricorso lo Stato membro non fornisce ulteriori informazioni sostanziali o elementi di sostegno del motivo o dei motivi posti a fondamento dell’opposizione dell’altro Stato membro (o degli altri Stati membri).

2)

Se, stanti le circostanze indicate alla prima questione, si configuri il principio di buona amministrazione, ai sensi dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, segnatamente a causa dell’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni.

3)

a)

Se la risposta alla prima e alla seconda questione debba essere diversa allorché lo Stato membro, nella decisione definitiva sul visto, fa riferimento ad una possibilità di ricorso effettivamente esistente e specificata in modo sufficientemente chiaro nell’altro Stato membro avverso l’autorità competente indicata per nome in detto altro Stato membro (o Stati membri) che si è opposto (o che si sono opposti) ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1 [...] lettera a), punto vi), del codice dei visti, in cui il motivo di rifiuto di cui trattasi può essere messo in discussione.

b)

Se ai fini di una risposta affermativa alla prima questione in relazione alla [terza questione, lettera a)] sia richiesto che la decisione relativa al ricorso nello e avverso lo Stato membro, che ha adottato la decisione definitiva venga sospesa fino a che il richiedente abbia avuto la possibilità di avvalersi del diritto di ricorso in detto altro Stato membro (o in detti altri Stati membri) e, ove il richiedente se ne avvalga, fino a che non sia stata resa la decisione (definitiva) su detto ricorso.

4)

Se ai fini della risposta alle questioni faccia differenza la circostanza che al(l’autorità del-) lo Stato membro (o degli Stati membri) che si è opposto (o che si sono opposti) al rilascio del visto si possa offrire l’opportunità di intervenire come seconda controparte nel ricorso avverso la decisione definitiva sul visto e a tale titolo quella di poter presentare elementi di sostegno al motivo (o ai motivi) di rifiuto posto (posti) a fondamento dell’opposizione».

31

In considerazione della crisi sanitaria legata alla diffusione del coronavirus, la Grande Sezione della Corte, con decisione del 28 aprile 2020, ha annullato l’udienza di discussione prevista inizialmente nelle presenti cause e ha convertito in quesiti con richiesta di risposta scritta i quesiti che erano stati comunicati alle parti e agli interessati menzionati dall’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea che avevano presentato osservazioni scritte. R.N.N.S., K.A., i governi dei Paesi Bassi, tedesco e polacco nonché la Commissione europea hanno trasmesso alla Corte le loro risposte a detti quesiti.

Sulle questioni pregiudiziali

32

Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 32, paragrafi 2 e 3, del codice dei visti, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso, da un lato, che impone allo Stato membro che ha adottato una decisione definitiva di rifiuto di rilascio di un visto sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), di tale codice a causa di un’obiezione al rilascio del visto sollevata da un altro Stato membro di indicare, in tale decisione, l’identità dello Stato membro che ha sollevato siffatta obiezione, il motivo specifico di rifiuto basato su questa obiezione nonché i mezzi di ricorso disponibili contro detta obiezione e nel senso, dall’altro, che, qualora un ricorso sia proposto contro la stessa decisione sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 3, del medesimo codice, i giudici dello Stato membro che ha adottato quest’ultima decisione devono poter esaminare la legalità sostanziale dell’obiezione al rilascio del visto sollevata da un altro Stato membro.

33

In via preliminare, occorre constatare che l’articolo 41 della Carta, invocato dal giudice del rinvio, non è pertinente per fornire delucidazioni a quest’ultimo nell’ambito dei procedimenti principali. Infatti, dal tenore letterale di tale disposizione emerge chiaramente che essa si rivolge unicamente alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione, e non agli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C‑496/18 e C‑497/18, EU:C:2020:240, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

34

Tuttavia, poiché il giudice del rinvio si interroga, in particolare, sulla portata della motivazione che deve accompagnare una decisione definitiva di rifiuto di rilascio di un visto sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti, occorre ricordare che l’articolo 41 della Carta riflette un principio generale del diritto dell’Unione, applicabile agli Stati membri quando attuano tale diritto, secondo cui il diritto ad una buona amministrazione comprende l’obbligo per l’amministrazione di motivare le proprie decisioni (v., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, PI, C‑230/18, EU:C:2019:383, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

35

Per rispondere alle questioni poste, va rilevato che il sistema istituito dal codice dei visti ipotizza un’armonizzazione delle condizioni di rilascio dei visti uniformi, che esclude l’esistenza di divergenze tra gli Stati membri per quanto riguarda la determinazione dei motivi di rifiuto di simili visti, il che implica che le autorità competenti degli Stati membri non possono rifiutare di rilasciare un visto uniforme fondandosi su un motivo diverso da quelli previsti da tale codice (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Koushkaki, C‑84/12, EU:C:2013:862, punti 4547).

36

Conformemente all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti, il visto è rifiutato se il richiedente è considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, ai sensi dell’articolo 2, punto 21, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, se è oggetto di segnalazione nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi. Dalla formulazione stessa di tale disposizione, concernente la minaccia per uno degli Stati membri, risulta che l’esistenza di tale minaccia costituisce un motivo di rifiuto del visto, indipendentemente dal fatto che essa riguardi lo Stato membro del consolato competente o un altro Stato membro.

37

Spetta al consolato competente, nel controllare se il richiedente soddisfi le condizioni di ingresso, verificare in particolare, in forza dell’articolo 21, paragrafo 3, lettera d), di tale codice, che detto richiedente non sia considerato una siffatta minaccia e, segnatamente, che non sia oggetto di segnalazione nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi. A tal fine, le autorità centrali dello Stato membro che esamina la domanda di visto possono inoltre consultare le autorità centrali di altri Stati membri, nell’ambito della procedura di consultazione preliminare di cui all’articolo 22, paragrafi 1 e 2, di detto codice, per consentire loro, se del caso, di formulare obiezioni al rilascio del visto per gli stessi motivi.

38

A norma dell’articolo 32, paragrafo 2, del codice dei visti, la decisione di rifiuto di visto e i motivi su cui essa si basa sono comunicati al richiedente mediante il modulo uniforme. Come risulta dal punto 9 della presente sentenza, il modulo uniforme contiene undici caselle, corrispondenti, ciascuna, a uno o a più motivi di rifiuto, di annullamento o di revoca di un visto previsti da tale codice, che le autorità nazionali competenti barrano per comunicare al richiedente il visto la motivazione della decisione di rifiuto oppostagli.

39

In particolare, la sesta casella del modulo uniforme precisa che «secondo uno o più Stati membri» il richiedente rappresenta una minaccia per uno dei motivi di rifiuto contemplati all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti. Sebbene la formulazione della motivazione relativa a tale casella non preveda la possibilità che l’autorità nazionale competente identifichi lo Stato membro che si è opposto al rilascio del visto né che essa motivi ulteriormente la sua decisione, precisando, in particolare, tra l’insieme delle ragioni previste indistintamente in detta disposizione, la ragione specifica che giustifica tale decisione, siffatte precisazioni, tuttavia, possono essere fornite dalla stessa autorità nella rubrica intitolata «Osservazioni» del modulo uniforme.

40

In proposito, conformemente all’articolo 32, paragrafo 3, del codice dei visti, i richiedenti ai quali una decisione abbia rifiutato il visto possono proporre ricorso avverso tale decisione, chiamando in giudizio lo Stato membro che ha adottato la decisione definitiva sulla domanda di visto e conformemente alla legislazione nazionale di tale Stato membro.

41

La Corte ha dichiarato che l’interpretazione delle disposizioni del codice dei visti, compreso il diritto al ricorso di cui all’articolo 32, paragrafo 3, di tale codice, deve essere effettuata, come risulta dal considerando 29 di detto codice, nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti dalla Carta, la quale è applicabile quando uno Stato membro adotta una decisione di rifiuto di visto ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 1, del medesimo codice (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 2017, El Hassani, C‑403/16, EU:C:2017:960, punti 3237, nonché del 29 luglio 2019, Vethanayagam e a., C‑680/17, EU:C:2019:627, punto 79).

42

Pertanto, le caratteristiche del ricorso previsto all’articolo 32, paragrafo 3, del codice dei visti devono essere determinate conformemente all’articolo 47 della Carta, a norma del quale ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice nel rispetto delle condizioni previste in detto articolo.

43

Al riguardo, da una giurisprudenza costante emerge che l’efficacia del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione della decisione adottata nei suoi confronti, vuoi in base alla lettura della decisione stessa, vuoi a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, EU:C:1987:442, punto 15, nonché del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 53).

44

Nel caso di specie, dai fascicoli di cui dispone la Corte risulta che, a seguito delle obiezioni sollevate rispettivamente dall’Ungheria e dalla Repubblica federale di Germania al rilascio dei visti a R.N.N.S. e a K.A., il ministro ha respinto le loro domande di visto sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti. Il ministro ha motivato dette decisioni di rifiuto mediante il modulo uniforme, barrandone la sesta casella, relativamente alla quale figura la motivazione predefinita secondo cui uno o più Stati membri ritengono che il richiedente rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, ai sensi dell’articolo 2, punto 21, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno o di più Stati membri.

45

Orbene, tenuto conto della giurisprudenza esposta ai punti 34 e 43 della presente sentenza, va rilevato che il diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta esige che il richiedente cui sia stato negato il rilascio di un visto a causa di un’obiezione sollevata da uno Stato membro per uno dei motivi di cui all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti possa conoscere il motivo specifico di rifiuto sotteso a tale decisione nonché l’identità dello Stato membro che ha sollevato l’obiezione al rilascio di detto documento.

46

Pertanto, anche se, come emerge dal punto 39 della presente sentenza, la motivazione corrispondente alla sesta casella del modulo uniforme è predefinita, l’autorità nazionale competente è tenuta, in caso di applicazione del motivo di rifiuto di cui all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti, a precisare, nella rubrica intitolata «Osservazioni» del modulo uniforme, l’identità dello Stato membro o degli Stati membri che hanno sollevato un’obiezione al rilascio del visto e il motivo specifico di rifiuto basato su questa obiezione, corredato, se del caso, del contenuto essenziale dei motivi di detta obiezione.

47

Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 87 delle sue conclusioni, il regolamento (UE) 2019/1155 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, recante modifica del regolamento n. 810/2009 (GU 2019, L 188, pag. 25), prevede un nuovo modulo uniforme al quale le autorità competenti sono tenute a ricorrere per motivare le loro decisioni di rifiuto di visto e in cui i diversi motivi di rifiuto previsti all’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del codice dei visti sono ormai distinti gli uni dagli altri.

48

Per quanto concerne la questione relativa alla portata del controllo giurisdizionale nell’ambito del ricorso di cui all’articolo 32, paragrafo 3, del codice dei visti, occorre rammentare che l’obbligo degli Stati membri di garantire un diritto a un ricorso effettivo, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, contro una decisione di rifiuto di visto richiede che il controllo giurisdizionale di tale decisione non sia limitato ad un esame formale dei motivi previsti all’articolo 32, paragrafo 1, del codice dei visti. Pertanto, questo controllo deve riguardare altresì la legittimità di detta decisione, tenendo conto di tutti gli elementi del fascicolo, tanto di fatto quanto di diritto, su cui l’autorità nazionale competente ha basato tale decisione.

49

In proposito, le autorità nazionali competenti, allorché esaminano domande di visti, godono di un ampio margine discrezionale riguardo alle condizioni di applicazione dei motivi di rifiuto previsti dal codice dei visti e alla valutazione dei fatti pertinenti (v., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, Koushkaki, C‑84/12, EU:C:2013:862, punto 60, e del 13 dicembre 2017, El Hassani, C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 36). Il controllo giurisdizionale di detto margine discrezionale si limita, pertanto, a verificare se la decisione impugnata si fondi su una base di fatto sufficientemente solida e ad assicurarsi che essa non sia viziata da un errore manifesto (v., per analogia, sentenza del 4 aprile 2017, Fahimian, C‑544/15, EU:C:2017:255, punti 4546).

50

Tuttavia, si deve distinguere tra, da un lato, il controllo effettuato dai giudici dello Stato membro che ha adottato la decisione definitiva di rifiuto di visto, che ha ad oggetto l’esame della legittimità di tale decisione, conformemente all’articolo 32, paragrafo 3, del codice dei visti, e, dall’altro, il controllo della fondatezza dell’obiezione al rilascio di un visto sollevata da un altro Stato membro nell’ambito della procedura di consultazione preliminare di cui all’articolo 22 di tale codice, che spetta ai giudici nazionali di questo altro Stato membro o di questi altri Stati membri.

51

Al riguardo, i giudici dello Stato membro che ha adottato una decisione definitiva di rifiuto di visto a causa di un’obiezione al rilascio di tale documento sollevata da un altro Stato membro o da più altri Stati membri devono avere la possibilità di assicurarsi che la procedura di consultazione preliminare delle autorità centrali degli altri Stati membri descritta all’articolo 22 del codice dei visti sia stata applicata correttamente, e in particolare di verificare se il richiedente sia stato correttamente identificato come destinatario dell’obiezione di cui trattasi e che le garanzie procedurali, come l’obbligo di motivazione indicato al punto 46 della presente sentenza, siano state rispettate nel caso di specie.

52

Per contro, detti giudici non possono controllare la legalità sostanziale di un’obiezione al rilascio di un visto sollevata da uno Stato membro. Per consentire al richiedente il visto in questione di esercitare, conformemente all’articolo 47 della Carta, il suo diritto di ricorso contro tale obiezione, spetta alle autorità competenti dello Stato membro che ha adottato la decisione definitiva di rifiuto di visto indicare l’autorità alla quale il richiedente il visto può rivolgersi per conoscere i mezzi di ricorso disponibili a tal fine in questo altro Stato membro.

53

Va inoltre rilevato che il legislatore dell’Unione ha lasciato agli Stati membri la cura di decidere la natura e le modalità concrete di ricorso a disposizione dei richiedenti i visti, a condizione, tuttavia, che siano rispettati i principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani, C‑403/16, EU:C:2017:960, punti 2526).

54

Pertanto, spetta allo Stato membro che adotta una decisione definitiva di rifiuto di visto prevedere norme procedurali che contribuiscano a garantire il rispetto dei diritti della difesa e del diritto a un ricorso effettivo dei richiedenti un visto, come la richiesta di informazioni alle autorità competenti degli Stati membri che si sono opposti al rilascio di un visto o, ancora, la possibilità che questi ultimi intervengano nella procedura di ricorso avviata ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del codice dei visti o qualsiasi altro meccanismo volto a garantire che il ricorso di tali richiedenti non possa essere definitivamente respinto senza aver dato loro la possibilità concreta di esercitare i propri diritti.

55

Occorre aggiungere che, in ogni caso, lo Stato membro di cui trattasi può rilasciare un visto con validità territoriale limitata conformemente all’articolo 25 del codice dei visti.

56

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 32, paragrafi 2 e 3, del codice dei visti, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso, da un lato, che impone allo Stato membro che ha adottato una decisione definitiva di rifiuto di rilascio di un visto sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), di tale codice a causa di un’obiezione al rilascio del visto sollevata da un altro Stato membro, di indicare, in tale decisione, l’identità dello Stato membro che ha sollevato siffatta obiezione, il motivo specifico di rifiuto basato su questa obiezione, corredato, se del caso, del contenuto essenziale dei motivi di detta obiezione nonché l’autorità alla quale il richiedente il visto può rivolgersi per conoscere i mezzi di ricorso disponibili in questo altro Stato membro e nel senso, dall’altro, che, qualora un ricorso sia proposto contro la stessa decisione sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 3, del medesimo codice, i giudici dello Stato membro che ha adottato quest’ultima decisione non possono esaminare la legalità sostanziale dell’obiezione al rilascio del visto sollevata da un altro Stato membro.

Sulle spese

57

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

 

L’articolo 32, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti, come modificato dal regolamento (UE) n. 610/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso, da un lato, che impone allo Stato membro che ha adottato una decisione definitiva di rifiuto di rilascio di un visto sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 1, lettera a), sub vi), del regolamento n. 810/2009, come modificato dal regolamento n. 610/2013, a causa di un’obiezione al rilascio del visto sollevata da un altro Stato membro, di indicare, in tale decisione, l’identità dello Stato membro che ha sollevato siffatta obiezione, il motivo specifico di rifiuto basato su questa obiezione, corredato, se del caso, del contenuto essenziale dei motivi di detta obiezione nonché l’autorità alla quale il richiedente il visto può rivolgersi per conoscere i mezzi di ricorso disponibili in questo altro Stato membro, e nel senso, dall’altro, che, qualora un ricorso sia proposto contro la stessa decisione sul fondamento dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento n. 810/2009, come modificato dal regolamento n. 610/2013, i giudici dello Stato membro che ha adottato quest’ultima decisione non possono esaminare la legalità sostanziale dell’obiezione al rilascio del visto sollevata da un altro Stato membro.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il neerlandese.

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