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Document 62009CJ0253

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 1 dicembre 2011.
Commissione europea contro Repubblica d'Ungheria.
Inadempimento di uno Stato - Libera circolazione delle persone - Libertà di stabilimento - Acquisto di un bene immobile destinato a costituire una nuova abitazione principale - Determinazione della base imponibile dell’imposta prelevata sull’acquisto di beni immobili - Deduzione del valore dell’abitazione alienata dal valore dell’abitazione acquistata - Esclusione della deduzione se il bene alienato non è situato sul territorio nazionale.
Causa C-253/09.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2011:795

Causa C‑253/09

Commissione europea

contro

Repubblica di Ungheria

«Inadempimento di uno Stato — Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Acquisto di un immobile destinato a nuova abitazione principale — Determinazione della base imponibile dell’imposta prelevata sull’acquisto di beni immobili — Deduzione del valore dell’abitazione alienata dal valore dell’abitazione acquistata — Esclusione di detta deduzione se il bene alienato non è situato sul territorio nazionale»

Massime della sentenza

Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Cittadinanza dell’Unione europea — Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri — Restrizioni — Normativa tributaria — Imposta sulle cessioni di beni immobili

(Artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE; accordo SEE, artt. 28 e 31)

Non viene meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, nonché degli artt. 28 e 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) uno Stato membro la cui normativa prevede, per il calcolo dell’imposta applicabile all’atto di acquisto di un bene immobile destinato a divenire un’abitazione principale, che, qualora il privato acquirente alieni un’altra sua abitazione nell’anno precedente o successivo all’acquisto, la base imponibile per il calcolo dell’imposta sarà rappresentata dalla differenza tra il valore di mercato lordo dell’immobile acquistato e quello dell’immobile alienato, purché quest’ultimo sia parimenti situato sul territorio nazionale.

Certamente, nella misura in cui tale normativa penalizza, sotto il profilo dell’imposta sull’acquisto dei beni immobili, coloro che intendano installarsi in tale Stato membro acquistandovi un bene immobile rispetto a coloro che si trasferiscano nell’ambito di detto Stato membro, non consentendo ai primi di godere del beneficio fiscale in questione all’acquisto di un bene immobile, essa costituisce una restrizione alle libertà di circolazione delle persone sancite dagli artt. 39 CE e 43 CE. Quanto all’art. 18 CE, l’esclusione dal beneficio della riduzione della base imponibile fiscale delle persone che si spostano nell’ambito dell’Unione per motivi non connessi all’esercizio di un’attività economica può parimenti, in alcuni casi, essere tale da dissuadere tali persone dall’esercizio delle libertà fondamentali garantite da detto articolo.

Tale differenza di trattamento riguarda, inoltre, situazioni oggettivamente comparabili dato che, quanto all’imposta controversa, l’unica differenza tra la situazione dei non residenti, inclusi i cittadini del Paese in questione che abbiano usufruito del loro diritto alla libera circolazione nell’Unione, e quella dei residenti, cittadini del Paese de quo o di un altro Stato membro, che abbiano acquisito una nuova residenza principale nello Stato in parola, riguarda il luogo della loro residenza principale precedente. In queste due situazioni, infatti, tali persone avranno acquistato un bene immobile in detto Stato membro per stabilirvisi e, in occasione dell’acquisto della loro precedente residenza principale, gli uni avranno versato un’imposta della medesima natura dell’imposta controversa nello Stato in cui si trovava tale residenza, mentre gli altri avranno versato la stessa imposta nello Stato membro in parola.

Tuttavia, tale restrizione può essere giustificata dai motivi attinenti alla tutela della coerenza del regime fiscale. Infatti, quando il bene venduto è situato in uno Stato membro diverso, quest’ultimo Stato non dispone di alcuna potestà impositiva sulla transazione che aveva effettuato, nel primo Stato membro, la persona che aveva deciso di acquistare nello Stato in questione un bene immobile destinato ad essere la sua residenza principale. Ciò premesso, nel prevedere che possano godere di tale beneficio fiscale, all’acquisto di detto bene, solo coloro che abbiano già versato l’imposta controversa all’acquisto di un bene simile, la configurazione del beneficio fiscale stesso riflette una logica simmetrica. Infatti, se godessero del beneficio fiscale in questione, i contribuenti che non hanno versato precedentemente detta imposta, ai sensi del regime fiscale controverso, trarrebbero un vantaggio indebito da un’imposta alla quale il loro precedente acquisto, al di fuori del territorio in questione, non sarebbe stato assoggettato. Sussiste pertanto un nesso diretto tra il beneficio fiscale concesso e il prelievo iniziale. Da una parte, infatti, detto beneficio e l’onere fiscale riguardano la stessa persona e, dall’altra, si iscrivono nel contesto della medesima imposta.

Inoltre, tale restrizione è adeguata al conseguimento di siffatto obiettivo, in quanto opera in modo simmetrico, poiché solo la differenza tra il valore del bene immobile venduto situato nello Stato membro in parola e quello del bene immobile acquistato può essere presa in considerazione nel contesto del regime fiscale in questione. Inoltre, detta restrizione è proporzionata all’obiettivo da conseguire dal momento che, da una parte, l’obiettivo della normativa in questione consiste, in particolare, nell’evitare, all’acquisto di una seconda residenza principale in tale Stato, la doppia imposizione del capitale investito per l’acquisto della precedente residenza nel frattempo rivenduta e, dall’altra, uno Stato membro non dispone di alcuna potestà impositiva sulle transazioni immobiliari effettuate in altri Stati membri. Ciò premesso, la considerazione di tali transazioni ai fini della riduzione della base imponibile dell’imposta in questione comporterebbe che queste ultime transazioni siano trattate come se fossero già state assoggettate all’imposta controversa, nonostante ciò non sia accaduto. Tale situazione sarebbe evidentemente in contrasto con il menzionato obiettivo di evitare la doppia imposizione riguardo al sistema fiscale nazionale.

Dato che le norme che vietano le restrizioni alla libera circolazione e alla libertà di stabilimento enunciate agli artt. 28 e 31 dell’accordo SEE possiedono la stessa portata giuridica delle disposizioni, sostanzialmente identiche, previste dagli artt. 39 CE e 43 CE, nemmeno tali articoli ostano alla normativa in questione.

(v. punti 58, 64, 68, 74-76, 80-82, 85, 87, 91)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1° dicembre 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Libera circolazione delle persone – Libertà di stabilimento – Acquisto di un bene immobile destinato a costituire una nuova abitazione principale – Determinazione della base imponibile dell’imposta prelevata sull’acquisto di beni immobili – Deduzione del valore dell’abitazione alienata dal valore dell’abitazione acquistata – Esclusione della deduzione se il bene alienato non è situato sul territorio nazionale»

Nella causa C‑253/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto l’8 luglio 2009,

Commissione europea, rappresentata dal sig. R. Lyal e dalla sig.ra K. Talabér‑Ritz, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica di Ungheria, rappresentata dalla sig.ra R. Somssich e dal sig. M. Z. Fehér, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Safjan, M. Ilešič, E. Levits e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. J. Mazák

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 settembre 2010,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 dicembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica di Ungheria, applicando un trattamento differente all’acquisto di un immobile in Ungheria destinato a divenire un’abitazione principale, a fronte della vendita di un altro immobile di questo stesso tipo, a seconda che il bene alienato sia situato in Ungheria o in un altro Stato membro, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, nonché degli artt. 28 e 31 dell’Accordo 2 maggio 1992 sullo Spazio economico europeo (GU 1994, L 1, pag. 3, in prosieguo: l’«accordo SEE»).

 Contesto normativo nazionale

2        L’art. 63 della legge CXVII del 1995 relativa all’imposta sui redditi (in prosieguo: la «legge relativa all’imposta sui redditi»), nella sua versione in vigore fino al 31 dicembre 2007, prevedeva quanto segue:

«(…) l’aliquota applicabile ai redditi derivanti dalla vendita di beni immobili e di diritti su beni immobili è pari al 25%.

(…) L’imposta dovuta è ridotta (o esclusa) a concorrenza dell’importo dell’imposta applicabile alla parte dei proventi derivanti dalla vendita di un bene immobile o di un diritto su un bene immobile (agevolazione per l’acquisto di abitazioni), utilizzata per l’acquisto di un immobile ad uso abitativo da parte di un individuo per se medesimo, un membro stretto della famiglia o un precedente coniuge, nei 12 mesi che precedono l’incasso del provento o nei 60 mesi successivi a tale data (base dell’agevolazione per l’acquisto di abitazioni)».

3        La suddetta agevolazione per l’acquisto di abitazioni era concessa solo se l’investimento aveva riguardato immobili ad uso abitativo situati in Ungheria.

4        L’art. 1 della legge XCIII del 1990 sulle imposte (in prosieguo: la «legge sulle imposte») nella sua versione applicabile nella presente fattispecie dispone quanto segue:

«L’imposta sui beni immobili è dovuta in caso di successione, donazione o trasferimento a titolo oneroso di beni immobili (...)».

5        L’art. 2, n. 2, della legge sulle imposte prevede quanto segue:

«Le disposizioni relative alle imposte sulle donazioni e sulle cessioni di beni immobili a titolo oneroso si applicano agli immobili situati nel territorio nazionale e ai relativi diritti di natura patrimoniale, salvo che convenzioni internazionali non stabiliscano altrimenti».

6        L’art. 21, n. 5, della legge sulle imposte così recita:

«(...) Nel caso in cui un privato acquirente alieni un’altra sua abitazione nell’anno precedente o successivo all’acquisto, la base imponibile per il calcolo dell’imposta è rappresentata dalla differenza tra il valore di mercato – lordo – dell’immobile acquistato e quello dell’immobile alienato (...)».

 Fase precontenziosa del procedimento

7        Con lettera di diffida del 23 marzo 2007 la Commissione richiamava l’attenzione della Repubblica di Ungheria sul fatto che la normativa fiscale nazionale relativa alla cessione di beni immobili poteva risultare in contrasto con i diritti garantiti dagli artt. 18 CE, 39 CE, 43 CE e 56 CE nonché dai corrispondenti articoli dell’Accordo SEE.

8        La Commissione sosteneva che tali disposizioni fiscali disciplinino in termini discriminatori l’acquisto, in Ungheria, di un bene immobile a uso abitativo successivo alla vendita di un precedente immobile a uso abitativo, in quanto prevedono misure più favorevoli nell’ipotesi in cui tale immobile sia situato in Ungheria e non sul territorio di un altro Stato membro. In tal modo, dette disposizioni assoggetterebbero ad imposizione più gravosa l’acquisto di beni immobili a uso abitativo connesso alla vendita di un precedente immobile quando quest’ultimo non sia sito in Ungheria. Inoltre, a causa del loro carattere discriminatorio, le disposizioni stesse ostacolerebbero la libera circolazione dei lavoratori e dei capitali nonché la libertà di stabilimento. La Commissione ha parimenti dichiarato di non vedere alcun motivo valido tale da giustificare detta differenza di regime.

9        Con lettera datata 8 agosto 2007, la Repubblica di Ungheria riconosceva che la disposizione di cui all’art. 63 della legge relativa all’imposta sui redditi costituiva una violazione della normativa dell’Unione vigente ed annunciava di voler adottare una nuova normativa volta a garantire ai soggetti passivi di non essere trattati in modo discriminatorio in sede di calcolo della loro imposta sui redditi in ragione del luogo ove sia situato il loro bene immobile.

10      Per contro, quanto alla disposizione di cui all’art. 21, n. 5, della legge sulle imposte, la Repubblica di Ungheria riteneva che essa non violasse il diritto dell’Unione.

11      Con lettera del 12 dicembre 2007, la Repubblica di Ungheria comunicava alla Commissione che il Parlamento ungherese aveva adottato la legge CXXVI del 2007, recante modifica di alcune leggi fiscali, entrata in vigore il 1° gennaio 2008. L’art. 19 di tale legge modifica l’art. 63 della legge relativa all’imposta sui redditi, abrogando le disposizioni relative alla riduzione dell’imposta applicata per l’acquisto di immobili ad uso abitativo situati sul territorio ungherese.

12      Ciò premesso, la Commissione, ribadendo la posizione espressa nella sua lettera di diffida, il 27 giugno 2008 emetteva un parere motivato in cui invitava la Repubblica di Ungheria a adottare le misure necessarie per conformarsi al parere medesimo entro un termine di due mesi dalla sua ricezione.

13      La Repubblica di Ungheria rispondeva al parere motivato con lettera del 27 agosto 2008, reiterando le considerazioni già espresse nella lettera dell’8 agosto 2007.

14      Non essendo soddisfatta da tale risposta, la Commissione proponeva il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

15      La Commissione fa valere che la normativa controversa, e in particolare il sistema di calcolo dell’imposta sull’acquisto di beni immobili, è in contrasto con gli artt.18 CE, 39 CE e 43 CE nonché con gli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE nella parte in cui svantaggia i cittadini dell’Unione e dello Spazio economico europeo (SEE) che intendano acquistare un bene immobile in Ungheria, nel contesto dell’esercizio del loro diritto di libera circolazione, vendendo contemporaneamente un loro bene immobile situato in un altro Stato membro dell’Unione europea o del SEE.

16      L’istituzione ritiene che il tributo in questione sia un’imposta indiretta.

17      La Commissione fa poi valere che detta imposta è dovuta all’atto di ogni acquisto, in Ungheria, di un bene immobile destinato a divenire un’abitazione principale, ma può essere ridotta, se non soppressa, se l’acquisto presenta una certa contemporaneità con la vendita dell’abitazione precedente dell’acquirente, a condizione che quest’ultima sia situata in Ungheria. Infatti, se è vero che la base imponibile di detta imposta, ai sensi dell’art. 21, n. 5, della legge sulle imposte, è rappresentata dalla differenza tra il valore di mercato – lordo – dell’immobile acquistato e quello dell’immobile alienato, può essere dedotto solo il valore dei beni alienati situati sul territorio ungherese. Ciò premesso, in ragione della discriminazione indotta dal regime della medesima imposta, le persone che acquistino per la prima volta in Ungheria un bene immobile destinato a divenire la loro abitazione principale si troverebbero in una situazione meno favorevole e sarebbero meno motivate ad acquistare una nuova abitazione in tale Stato membro e a stabilirvisi, rispetto a coloro che effettuino un secondo acquisto di un bene siffatto per sostituire quello già posseduto sul territorio ungherese.

18      Orbene, secondo la Commissione, i soggetti che dispongano, precedentemente all’acquisto in Ungheria della loro nuova abitazione principale, di un’abitazione principale in un altro Stato membro possono trovarsi nella medesima situazione di coloro che già dispongano di un tale immobile in Ungheria, vale a dire una situazione nella quale anche i primi avevano già dovuto versare, in tale altro Stato membro, un’imposta di un livello equivalente a quello dell’imposta controversa, all’acquisto del bene destinato a costituire la loro abitazione principale. La circostanza che la normativa ungherese non preveda alcuna possibilità di dedurre il valore commerciale del bene venduto dal valore del nuovo bene acquistato nel calcolo della base imponibile quando il bene venduto non sia situato in Ungheria indurrebbe a trattare in maniera differente situazioni oggettivamente comparabili e sarebbe, pertanto, discriminatoria.

19      Quanto alla lesione della libertà di stabilimento, la Commissione ritiene, contrariamente alla posizione della Repubblica di Ungheria, che sotto il profilo dell’esercizio di tale libertà sia di scarso rilievo il fatto che la disposizione normativa in questione riguardi beni immobili utilizzati a uso abitativo e non edifici commerciali. Non può escludersi, infatti, che un lavoratore autonomo stabilisca il luogo della propria attività professionale nel luogo della propria residenza principale.

20      Quanto ai soggetti che non esercitano un’attività economica, la medesima conclusione si impone, secondo la Commissione, per ragioni identiche, sulla base dell’art. 18 CE.

21      La Commissione ritiene parimenti che, per i medesimi motivi attinenti alla violazione degli artt. 39 CE e 43 CE, la Repubblica di Ungheria sia venuta meno anche agli obblighi impostile dagli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE, relativi, rispettivamente, alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei lavoratori.

22      La Commissione deduce, inoltre, che tale discriminazione non è giustificata da obiettivi di interesse generale.

23      Quanto alle ragioni relative alla coerenza del sistema fiscale, la Commissione ritiene che la Repubblica di Ungheria non possa invocare le sentenze 28 gennaio 1992, causa C‑204/90, Bachmann (Racc. pag. I‑249), e 23 febbraio 2006, causa C‑471/04, Keller Holding (Racc. pag. I‑2107). Se è pur vero, secondo la Commissione, che la necessità di garantire la coerenza del sistema fiscale può giustificare una limitazione all’esercizio dei principi fondamentali garantiti dal Trattato CE, l’argomento fondato su tale motivo potrebbe essere accolto solo se esistesse un nesso diretto tra l’agevolazione fiscale de qua e la compensazione di tale agevolazione con un determinato prelievo fiscale. Orbene, non sussisterebbe alcun nesso fiscale diretto tra le vendite dei beni immobili di cui alla decisione controversa.

24      La Commissione, inoltre, sostiene che nemmeno il principio di territorialità, vale a dire l’esistenza di una giurisdizione tributaria che può essere esercitata senza restrizioni sui beni immobili situati sul territorio nazionale e l’assenza di una tale giurisdizione quanto ai beni situati all’estero, invocato dalla Repubblica di Ungheria, possa giustificare l’esistenza della misura di cui all’art. 21, n. 5, della legge sulle imposte.

25      Parimenti, secondo la Commissione, che si richiama al riguardo alla sentenza 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen (Racc. pag. I‑7477, punto 49), l’eventuale riduzione del gettito tributario non può essere invocata dalle autorità ungheresi quale motivo imperativo di interesse generale per giustificare detto provvedimento.

26      Infine, richiamandosi nuovamente alla menzionata sentenza Manninen, la Commissione respinge anche la giustificazione attinente alle difficoltà, per le autorità ungheresi, di tener conto, nella determinazione dell’importo dell’imposta dovuta per l’acquisto di un bene immobile situato in Ungheria, dell’esistenza delle proprietà vendute in altri Stati membri e delle imposte versate al loro acquisto. La difficoltà di determinare in qual misura – con riguardo al merito e al metodo di calcolo – l’imposta corrisposta all’estero corrisponda all’imposta controversa non può in alcun caso costituire un argomento tale da giustificare la discriminazione in oggetto. La Commissione riconosce, tuttavia, che la Repubblica di Ungheria, in applicazione della sentenza 17 gennaio 2008, causa C‑256/06, Jäger (Racc. pag. I‑123), può imporre al soggetto passivo determinati oneri per ottenere le informazioni necessarie e tali oneri non devono però in alcun caso essere sproporzionati rispetto all’obiettivo ricercato.

27      La Repubblica di Ungheria, sottolineando che l’imposta controversa, contrariamente all’opinione della Commissione, deve essere catalogata nella categoria delle imposte dirette, replica che il regime fiscale in questione non è tale da violare gli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, né le corrispondenti disposizioni dell’Accordo SEE. In subordine, detto Stato membro fa valere che tale regime sarebbe, in ogni caso, giustificato da obiettivi di interesse generale.

28      La Repubblica di Ungheria fa valere, anzitutto, l’assenza di lesione alla libera circolazione delle persone ed alla libertà di stabilimento, principalmente in ragione del fatto che non sussisterebbe una discriminazione tra situazioni oggettivamente comparabili. Contestando al riguardo l’opinione della Commissione, la Repubblica di Ungheria osserva che si trovano in una situazione oggettivamente comparabile tutti coloro che per la prima volta intendano acquistare un bene immobile in Ungheria, mentre sarebbe di scarso rilievo la circostanza che essi abbiano o meno acquistato un bene siffatto in un altro Stato membro. Si troverebbero parimenti in una situazione oggettivamente comparabile i soggetti che, essendo già proprietari in Ungheria di un bene immobile destinato a loro abitazione principale, acquistino in tale Stato un nuovo bene dello stesso tipo in sostituzione del precedente.

29      Per contro, secondo tale Stato membro, non si trovano in una situazione comparabile i soggetti che vendano un bene immobile destinato a loro abitazione principale situato in Ungheria per acquistare, nel medesimo Stato, un altro bene dello stesso tipo e quelli che vendano un bene immobile destinato a loro abitazione principale situato in un altro Stato membro per acquistare in Ungheria un altro bene dello stesso tipo. Da una parte, infatti, il domicilio fiscale di tali soggetti può essere differente, dato che coloro che appartengono alla prima categoria sono residenti nazionali, mentre coloro che ricadono nella seconda sono residenti all’estero. Dall’altra, per quest’ultima categoria di soggetti, il bene precedentemente detenuto sfugge all’applicazione della normativa tributaria ungherese ratione loci e ratione materiae, a differenza di quanto accade riguardo ai beni venduti dall’altra categoria di soggetti.

30      Al riguardo, la Repubblica di Ungheria richiama la giurisprudenza della Corte e, in particolare, le sentenze 14 febbraio 1995, causa C‑279/93, Schumacker (Racc. pag. I‑225, punto 34), e 5 luglio 2005, causa C‑376/03, D. (Racc. pag. I‑5821), secondo la quale, in materia di imposte sui redditi e di imposte sul patrimonio, le situazioni dei soggetti residenti e di quelli non residenti non sono, in genere, comparabili e il fatto, per uno Stato membro, di escludere un non residente dal beneficio di talune agevolazioni fiscali che concede al residente non è, di regola, discriminatorio. Inoltre, detto Stato membro invoca, a sostegno della propria tesi, la causa sfociata nella sentenza 8 settembre 2005, causa C‑512/03, Blanckaert (Racc. pag. I‑7685), sottolineando la similitudine delle disposizioni controverse in tale causa e in quella in oggetto.

31      La Repubblica di Ungheria sottolinea d’altronde che il Trattato, secondo l’interpretazione della Corte, non garantisce al cittadino dell’Unione che il trasferimento delle sue attività in un altro Stato membro sia neutrale sotto il profilo fiscale (v., segnatamente, sentenze 29 aprile 2004, causa C‑387/01, Weigel, Racc. pag. I‑4981, punto 55; 15 luglio 2004, causa C‑365/02, Lindfors, Racc. pag. I‑7183, punto 34, e 12 luglio 2005, causa C‑403/03, Schempp, Racc. pag. I‑6421, punto 45). Detto Stato membro fa pertanto valere che il regime in questione è conforme al principio tributario della territorialità, riconosciuto dal diritto dell’Unione (v., segnatamente, sentenza 15 maggio 1997, causa C‑250/95, Futura Participations e Singer, Racc. pag. I‑2471) e in forza del quale i diversi sistemi fiscali nazionali coesistono senza trovarsi in rapporti gerarchici.

32      Dato che le eventuali distorsioni derivanti dalle disparità tra le normative tributarie nazionali non ricadono nella sfera di applicazione delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione, si può ammettere che un soggetto che abbia beneficiato delle disposizioni in materia di libera circolazione venga trattato, in uno Stato membro, in modo meno favorevole sotto il profilo fiscale per la semplice ragione di essere soggetto alla giurisdizione tributaria di un altro Stato membro. Tuttavia, una tale situazione non può essere considerata, da una parte, come costitutiva, di per sé, di una discriminazione a scapito di tale soggetto e, dall’altra, come una restrizione, in contrasto con il diritto dell’Unione, del diritto di libera circolazione.

33      La Repubblica di Ungheria sottolinea, al riguardo, che la giurisdizione tributaria degli Stati membri comporta non solo la determinazione dell’onere fiscale, ma anche la concessione di agevolazioni. In tal senso, la normativa controversa sarebbe conforme al principio di territorialità e non violerebbe il diritto dell’Unione.

34      L’eventuale limitazione delle libertà fondamentali in tale ipotesi sarebbe, secondo la Repubblica di Ungheria, la necessaria conseguenza della ripartizione territoriale della giurisdizione tributaria degli Stati membri. Orbene, il mantenimento della ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri farebbe parte degli obiettivi di interesse generale che giustificano tali limitazioni.

35      In subordine, detto Stato membro, richiamando una costante giurisprudenza (v. sentenze Bachmann, cit.; 28 gennaio 1992, causa C‑300/90, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑305; Manninen, cit.; Keller Holding, cit., e 8 novembre 2007, causa C‑379/05, Amurta, Racc. pag. I‑9569), afferma che il regime impositivo controverso è giustificato da motivi di interesse generale attinenti alla coerenza del sistema fiscale. La Corte avrebbe ammesso tale giustificazione in dette circostanze, da una parte, ove sia provata l’esistenza di un nesso diretto tra la concessione del beneficio fiscale in questione e l’onere fiscale che ne costituisce la contropartita e, dall’altra, ove il beneficio e l’onere riguardino la stessa persona e la stessa imposta. Nel caso di specie, la Repubblica di Ungheria afferma che sussiste un nesso di tale natura in considerazione del fatto che solo i soggetti che abbiano già acquistato un bene immobile sul territorio ungherese possono godere del beneficio fiscale controverso all’acquisto di un altro bene immobile in Ungheria. Sarebbe pertanto innegabile che tale beneficio fiscale e l’onere fiscale che ne costituisce la contropartita riguardino la stessa persona e si inseriscano nel contesto della medesima imposta.

36      La Repubblica di Ungheria respinge, peraltro, l’argomento sostenuto dalla Commissione secondo il quale la normativa controversa sarebbe intesa unicamente ad evitare una diminuzione del gettito erariale. L’obiettivo perseguito da tale normativa consisterebbe nel fare in modo che qualsiasi acquisto immobiliare in Ungheria sia assoggettato almeno una volta all’imposta controversa su tutto il valore commerciale del bene acquistato, evitando che le risorse gravate da tale imposta al primo acquisto lo siano nuovamente in seguito. Si tratterebbe di un meccanismo coerente, inseparabile dall’attuazione del principio di territorialità.

37      Lo Stato membro medesimo, infine, fa valere che l’estensione del beneficio fiscale ai beni immobili esteri nel contesto della normativa controversa comporterebbe problemi pratici di una gravità tale da impedire il funzionamento del sistema e da non consentire più, in particolare, di prevenire eventuali abusi.

38      Inoltre, la Repubblica di Ungheria ricorda, nella controreplica, che dal ricorso della Commissione risulta che quest’ultima contesta la normativa ungherese ove essa limita l’esercizio dei diritti di libera circolazione e di libertà di stabilimento di coloro che intendano trasferire il luogo della loro residenza principale in Ungheria nell’esercizio dei loro diritti di libera circolazione e di libertà di stabilimento. Se la Commissione ha inteso esaminare la normativa controversa considerando l’acquisto del bene come un mero investimento, senza tener conto dei cambiamenti di residenza o di domicilio fiscale, deve ritenersi che lo abbia fatto sotto il profilo della libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56 CE.

39      Tuttavia, dato che essa ha evocato non questa libertà fondamentale, ma unicamente la libera circolazione delle persone, si deve considerare che il ricorso riguardi unicamente le situazioni in cui un soggetto, esercitando il suo diritto di libera circolazione, trasferisca la sua residenza in Ungheria. Lo Stato membro medesimo ne trae pertanto la conclusione che il cambiamento del luogo di residenza e di domicilio fiscale giustifica che si operi una distinzione tra i soggetti che acquistino per la prima volta un’abitazione in Ungheria e quelli che acquistino una nuova abitazione in Ungheria per sostituire un’abitazione precedente già situata in tale Stato.

40      Conseguentemente, la Repubblica di Ungheria, invocando a sostegno del proprio ragionamento la sentenza 12 febbraio 2009, causa C‑67/08, Block (Racc. pag. I‑883), sostiene che non sussista l’obbligo, per uno Stato membro, di prendere in considerazione il valore commerciale di un’abitazione situata in un altro Stato membro dell’Unione o del SEE.

 Giudizio della Corte

41      In limine, occorre ricordare che la Commissione e la Repubblica di Ungheria dissentono in ordine alla qualificazione dell’imposta controversa quale imposta diretta ovvero indiretta.

42      Al riguardo, si deve necessariamente ricordare che, indipendentemente dal fatto che, nel caso di specie, detta imposta sia diretta o indiretta, essa non è stata oggetto di un’armonizzazione nell’ambito dell’Unione e ricade, pertanto, nella competenza degli Stati membri che, per giurisprudenza costante della Corte, devono esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in particolare, quanto alla fiscalità diretta, sentenze 4 marzo 2004, causa C‑334/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2229, punto 21; 20 gennaio 2011, causa C‑155/09, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑65, punto 39, e 16 giugno 2011, causa C‑10/10, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑5389, punto 23).

43      Si deve pertanto esaminare se, come sostiene la Commissione, la normativa nazionale relativa alla tassazione dei beni immobili trasferiti a titolo oneroso, segnatamente il combinato disposto degli artt. 2, n. 2, e 21, n. 5, della legge sulle imposte, costituisca una restrizione alle libertà di circolazione delle persone sancite dagli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE nonché dagli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE.

 Sulle censure relative alla violazione delle disposizioni del Trattato

44      Quanto alla censura relativa alla violazione degli artt. 18 CE, 39 CE e 43 CE, si deve ricordare che l’art. 18 CE, che stabilisce in maniera generale il diritto per ogni cittadino dell’Unione di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, trova un’espressione specifica negli artt. 39 CE, per quanto riguarda la libera circolazione dei lavoratori, e 43 CE, con riferimento alla libertà di stabilimento (v. sentenze 26 ottobre 2006, causa C‑345/05, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑10633, punto 13; 18 gennaio 2007, causa C‑104/06, Commissione/Svezia, Racc. pag. I‑671, punto 15; 17 gennaio 2008, causa C‑152/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑39, punto 18, e Commissione/Grecia, cit., punto 41).

45      Si deve pertanto esaminare, anzitutto, il regime fiscale di cui è causa alla luce degli artt. 39 CE e 43 CE prima di esaminarlo alla luce dell’art. 18 CE per i soggetti che si trasferiscano da uno Stato membro a un altro Stato membro al fine di stabilirvisi per ragioni non connesse all’esercizio di un’attività economica.

–       Sull’esistenza di restrizioni agli artt. 39 CE e 43 CE

46      L’insieme delle norme del Trattato relative alla libera circolazione delle persone mira a facilitare ai cittadini dell’Unione l’esercizio di attività lavorative di qualsivoglia natura nel territorio di quest’ultima ed osta ai provvedimenti che potrebbero sfavorire tali cittadini qualora intendano svolgere un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (v. sentenza 15 settembre 2005, causa C‑464/02, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑7929, punto 34 e giurisprudenza ivi citata, nonché citate sentenze Commissione/Portogallo, punto 15; Commissione/Svezia, punto 17; Commissione/Germania, punto 21 e Commissione/Grecia, punto 43).

47      La libertà di stabilimento riconosciuta ai cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro comporta, in particolare, l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio alle condizioni poste dalla normativa dello Stato membro di stabilimento per i propri cittadini (v., in particolare, sentenze 28 gennaio 1986, causa 270/83, Commissione/Francia, Racc. pag. 273, punto 13, e 24 maggio 2011, causa C‑47/08, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑4105, punto 79, nonché, in tal senso, sentenza 22 dicembre 2008, causa C‑161/07, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑10671, punto 27). In altri termini, l’art. 43 CE vieta a ciascuno Stato membro di prevedere nelle sue leggi, per le persone che si avvalgono della libertà di stabilirvisi, norme per l’esercizio delle loro attività diverse da quelle stabilite per i propri cittadini (citate sentenze 22 dicembre 2008, Commissione/Austria, punto 28, e 24 maggio 2011, Commissione/Belgio, punto 79).

48      Nel caso di specie, la Commissione fa valere che la normativa controversa è discriminatoria, a causa della differenza di trattamento fiscale previsto per i soggetti passivi, stranieri o ungheresi, che vendano un bene situato sul territorio ungherese, rispetto ai soggetti passivi che vendano un bene situato al di fuori di tale territorio, e che essa è tale da dissuadere i secondi dall’esercizio del loro diritto alla libera circolazione e alla libertà di stabilimento.

49      La Commissione ritiene, pertanto, che la discriminazione risulti dal trattamento fiscale meno favorevole riservato ai trasferimenti di domicilio da uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Ungheria verso tale Stato rispetto a quello riservato ai trasferimenti di domicilio all’interno del territorio ungherese, considerando che, in sostanza, in virtù del principio di parità di trattamento fiscale, la prima situazione, che comporta un elemento transfrontaliero, deve essere trattata come la seconda e che essa dovrebbe dare accesso al diritto al beneficio fiscale controverso.

50      Al riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe, ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse (v., in particolare, sentenze Schumacker, cit., punto 30; 22 marzo 2007, causa C‑383/05, Talotta, Racc. pag. I‑2555, punto 18, nonché 18 luglio 2007, causa C‑182/06, Lakebrink e Peters-Lakebrink, Racc. pag. I‑6705, punto 27).

51      Pertanto, una differenza di trattamento tra due categorie di contribuenti può essere qualificata come discriminazione ai sensi del Trattato quando le situazioni di tali categorie di contribuenti sono comparabili alla luce delle norme tributarie in questione.

52      Ne consegue che, nel caso di specie, la Repubblica di Ungheria è obbligata a concedere il beneficio fiscale di cui è causa ai contribuenti che vendano un bene immobile situato al di fuori del territorio di tale Stato membro solo a condizione che la loro situazione sia considerata oggettivamente comparabile, nel contesto dell’imposta in questione, a quella dei contribuenti che vendano un bene immobile situato in Ungheria.

53      Al riguardo, la Repubblica di Ungheria si oppone alla conclusione della Commissione e fa valere l’assenza di comparabilità delle situazioni. Tale Stato membro afferma che è possibile escludere l’estensione della concessione del beneficio fiscale controverso a beni per i quali un’imposta doveva o avrebbe dovuto precedentemente essere assolta in un altro Stato membro qualora lo Stato stesso avesse istituito un tale onere pubblico. Dato che la sfera di applicazione della normativa controversa comprende, in considerazione della natura di tale onere pubblico, solo i beni immobili situati in Ungheria, i soggetti che non avevano acquistato precedentemente un bene immobile in tale Stato membro e quelli che vi disponevano già di un bene siffatto non si troverebbero, pertanto, in situazioni comparabili, sicché il fatto di applicare regole differenti a tali due categorie di soggetti non costituirebbe una discriminazione ai sensi del Trattato.

54      Tale argomento non può essere tuttavia accolto.

55      Infatti, è ben vero che, secondo la giurisprudenza della Corte in materia di imposte dirette, la situazione dei residenti e quella dei non residenti in uno Stato non sono di regola comparabili, in quanto il reddito percepito nel territorio di uno Stato da un non residente costituisce il più delle volte solo una parte del suo reddito complessivo, concentrato nel suo luogo di residenza, e in quanto la capacità contributiva personale del non residente, derivante dalla presa in considerazione di tutti i suoi redditi e della sua situazione personale e familiare, può essere valutata più agevolmente nel luogo in cui egli ha il centro dei suoi interessi personali ed economici, che corrisponde in genere al luogo della sua residenza abituale (sentenze Schumacker, cit., punti 31 e 32; 14 settembre 1999, causa C‑391/97, Gschwind, Racc. pag. I‑5451, punto 22, nonché 1º luglio 2004, causa C‑169/03, Wallentin, Racc. pag. I‑6443, punto 15).

56      Inoltre, il fatto che uno Stato membro non faccia fruire un non residente di talune agevolazioni fiscali che concede al residente non è di regola discriminatorio, tenuto conto delle differenze obiettive tra la situazione dei residenti e quella dei non residenti per quanto attiene sia alla fonte dei redditi, sia alla capacità contributiva personale, sia ancora alla situazione personale e familiare (citate sentenze Schumacker, punto 34, e Gschwind, punto 23; sentenze 12 giugno 2003, causa C‑234/01, Gerritse, Racc. pag. I‑5933, punto 44, e Wallentin, cit., punto 16).

57      Tuttavia, occorre rilevare che tali principi sono stati elaborati dalla Corte nel contesto di una giurisprudenza relativa all’imposta sui redditi, settore nel quale le differenze oggettive tra i soggetti passivi, quali la fonte dei redditi, la capacità contributiva personale o la situazione personale e familiare, possono influire sull’imposizione del contribuente e sono generalmente prese in considerazione dal legislatore. Orbene, ciò non si verifica riguardo all’imposta controversa, che è fissata in relazione al prezzo di vendita dei beni immobili. Del resto, la Repubblica di Ungheria non ha dedotto, né ciò risulta da alcun elemento degli atti di causa, che le circostanze personali del contribuente sono prese in considerazione all’atto del versamento di detta imposta.

58      In tale contesto, quanto all’imposta controversa, l’unica differenza tra la situazione dei non residenti in Ungheria, ivi inclusi i cittadini ungheresi che abbiano usufruito del loro diritto alla libera circolazione nell’Unione e quella dei residenti in Ungheria, cittadini ungheresi o di un altro Stato membro, che abbiano acquisito una nuova residenza principale in tale Stato membro, riguarda il luogo della loro residenza principale precedente. In queste due situazioni, infatti, tali persone avranno acquistato un bene immobile in Ungheria per stabilirvisi e, in occasione dell’acquisto della loro precedente residenza principale, gli uni avranno versato un’imposta della medesima natura dell’imposta controversa nello Stato in cui si trovava tale residenza, mentre gli altri avranno versato la stessa imposta in Ungheria.

59      Ciò premesso, ammettere che uno Stato membro possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la prima residenza principale di un cittadino dell’Unione si trova in un altro Stato membro svuoterebbe di contenuto le norme relative alla libera circolazione delle persone (v., in tal senso, sentenze 28 gennaio 1986, Commissione/Francia, cit., punto 18; 8 marzo 2001, cause riunite C‑397/98 e C‑410/98, Metallgesellschaft e a., Racc. pag. I‑1727, punto 42, nonché 27 novembre 2008, causa C‑418/07, Papillon, Racc. pag. I‑8947, punto 26).

60      Alla luce delle suesposte considerazioni, come correttamente rilevato dalla Commissione, tutte le persone che trasferiscono la loro residenza principale all’interno dell’Unione e del SEE, indipendentemente dal fatto che tale trasferimento sia delimitato nell’ambito del territorio ungherese o che si operi dallo Stato membro in cui era situata la precedente residenza verso l’Ungheria, sono in una situazione comparabile.

61      Ciò detto, si deve rilevare che, per accertare l’esistenza di una discriminazione, la comparabilità tra una situazione comunitaria ed una situazione puramente interna deve essere parimenti esaminata alla luce dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali interessate (v., in particolare, sentenza Papillon, cit., punto 27).

62      Al riguardo, dagli atti di causa risulta che, nel caso di specie, la finalità della normativa nazionale consiste nell’assoggettare ogni acquisto immobiliare al versamento di un’imposta la cui base imponibile è costituita dal valore commerciale complessivo del bene acquistato, evitando che le risorse gravate dall’imposta all’acquisto del bene immobile venduto lo siano nuovamente all’atto di un successivo acquisto.

63      Orbene, per quanto riguarda la comparabilità delle situazioni, tale finalità consistente nel tassare il capitale investito per l’acquisto di beni immobili può essere conseguita una sola volta, in linea di principio, tanto nell’ipotesi in cui il bene immobile venduto sia situato nel territorio ungherese quanto in quella in cui esso sia situato sul territorio di un altro Stato membro.

64      Alla luce della finalità della legge sulle imposte, tali due situazioni sono, pertanto, oggettivamente comparabili.

65      Conseguentemente, il regime fiscale controverso instaura una disparità di trattamento in ragione del luogo in cui si trova il bene immobile venduto.

66      Quanto all’effetto dissuasivo della normativa controversa, dedotto dalla Commissione, si deve ricordare che, come si è rilevato supra, nel rifiutare la concessione del beneficio fiscale controverso a coloro che acquistano in Ungheria un bene immobile destinato a divenire la loro residenza principale mentre hanno proceduto – o stanno per procedervi – alla vendita della loro precedente residenza principale situata in un altro Stato membro, tale normativa comporta per tali soggetti un onere fiscale più gravoso rispetto a coloro che godono di tale beneficio.

67      Ciò premesso, non può escludersi che la normativa controversa possa, in alcuni casi, dissuadere le persone che esercitino il loro diritto di libera circolazione (e di libertà di stabilimento) che discendono dagli artt. 39 CE e 43 CE dall’acquisto di un’abitazione in Ungheria.

68      Alla luce delle suesposte considerazioni si deve rilevare che, nella misura in cui penalizzano, sotto il profilo dell’imposta sull’acquisto dei beni immobili, coloro che intendano installarsi in Ungheria acquistandovi un bene immobile rispetto a coloro che si trasferiscano nell’ambito di detto Stato membro, non consentendo ai primi di godere del beneficio fiscale in questione all’acquisto di un bene immobile, le disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 2, n. 2, e 21, n. 5, della legge sulle imposte costituiscono una restrizione alle libertà di circolazione delle persone sancite dagli artt. 39 CE e 43 CE.

–       Sulla giustificazione delle restrizioni

69      Risulta da una giurisprudenza consolidata che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono tuttavia essere giustificati qualora perseguano un obiettivo di interesse generale, siano adeguati a garantire la realizzazione dello stesso e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo (v., in particolare, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 51).

70      Si deve pertanto esaminare se la differenza di trattamento sussistente tra tali due categorie di contribuenti può essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale come la necessità di tutelare la coerenza del sistema fiscale.

71      La Corte, infatti, ha già statuito che la necessità di tutelare la coerenza di un regime fiscale può giustificare una normativa tale da comportare restrizioni alle libertà fondamentali (v., segnatamente, citate sentenze Bachmann, punto 21; Manninen, punto 42; sentenze 23 ottobre 2008, causa C‑157/07, Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, Racc. pag. I‑8061, punto 43, e 17 settembre 2009, causa C‑182/08, Glaxo Wellcome, Racc. pag. I‑8591, punto 77).

72      Tuttavia, affinché un argomento fondato su tale giustificazione possa trovare accoglimento, occorre che risulti accertata l’esistenza di un nesso diretto tra la concessione del beneficio fiscale de quo e la compensazione di tale beneficio con un determinato prelievo fiscale (v., in particolare, sentenze Manninen, cit., punto 42, 13 marzo 2007, causa C‑524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I‑2107, punto 68, e Amurta, cit., punto 46).

73      Al riguardo, occorre rilevare che il regime fissato dalla legge sulle imposte si fonda sull’idea secondo la quale l’acquirente di un bene immobile situato in Ungheria e destinato a costituire la sua residenza principale, che venda la sua precedente residenza, parimenti situata in tale Stato, entro il termine previsto dalla legge, deve versare l’imposta non sul valore integrale del bene acquistato, ma sulla sola differenza tra il valore commerciale del bene acquistato e quella del bene venduto. In tal modo, è tassata solamente la parte delle risorse investite per l’acquisto di un patrimonio che non è già stata assoggettata a imposizione.

74      Per contro, quando il bene venduto è situato in uno Stato membro diverso dalla Repubblica di Ungheria, quest’ultimo Stato non dispone di alcuna potestà impositiva sulla transazione che aveva effettuato, nel primo Stato membro, la persona che aveva deciso di acquistare in Ungheria un bene immobile destinato ad essere la sua residenza principale. Ciò premesso, nel prevedere che possano godere di tale beneficio fiscale, all’acquisto di detto bene, solo coloro che abbiano già versato l’imposta controversa all’acquisto di un bene simile, la configurazione del beneficio fiscale stesso riflette una logica simmetrica, ai sensi della giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, cit., punto 42).

75      Infatti, se godessero del beneficio fiscale in questione, i contribuenti che non hanno versato precedentemente detta imposta, ai sensi del regime fiscale controverso, trarrebbero un vantaggio indebito da un’imposta alla quale il loro precedente acquisto, al di fuori del territorio ungherese, non sarebbe stato assoggettato.

76      Ne consegue che, in tale regime, sussiste un nesso diretto tra il beneficio fiscale concesso e il prelievo iniziale. Da una parte, infatti, detto beneficio e l’onere fiscale riguardano la stessa persona e, dall’altra, si iscrivono nel contesto della medesima imposta.

77      In tale contesto, si deve ricordare che tali due condizioni di identità dell’imposta e del contribuente sono state considerate sufficienti per dimostrare l’esistenza di un siffatto nesso (v., segnatamente, sentenza 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen, Racc. pag. I‑4071, punto 58; 18 settembre 2003, causa C‑168/01, Bosal, Racc. pag. I‑9409, punti 29 e 30, nonché Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, cit., punto 42). Inoltre, si deve sottolineare che la Commissione non ha esplicitamente contestato che il beneficio fiscale in questione è concesso al medesimo contribuente nel contesto della medesima imposta.

78      Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rilevare che la restrizione derivante dagli artt. 2, n. 2, e 21, n. 5, della legge sulle imposte è giustificata dalla necessità di garantire la coerenza del regime fiscale.

79      Tuttavia, affinché la restrizione sia giustificata a tale titolo occorre ancora, come ricordato al precedente punto 69, che essa sia adeguata e proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito.

80      A tal riguardo, è giocoforza rilevare che la restrizione di cui è causa è adeguata, alla luce della giurisprudenza della Corte, al conseguimento di siffatto obiettivo, in quanto opera in modo simmetrico, poiché solo la differenza tra il valore del bene immobile venduto situato in Ungheria e quello del bene immobile acquistato può essere presa in considerazione nel contesto del regime fiscale in questione (v., in tal senso, sentenza Krankenheim Ruhesitz am Wannsee-Seniorenheimstatt, cit., punto 44).

81      Detta restrizione, inoltre, è proporzionata rispetto all’obiettivo da conseguire. Si deve ricordare, infatti, da una parte, che l’obiettivo della normativa in questione consiste, in particolare, nell’evitare, all’acquisto di una seconda residenza principale in Ungheria, la doppia imposizione del capitale investito per l’acquisto della precedente residenza nel frattempo rivenduta. Dall’altra, come rilevato al precedente punto 74, la Repubblica di Ungheria non dispone di alcuna potestà impositiva sulle transazioni immobiliari effettuate in altri Stati membri.

82      Ciò premesso, la considerazione di tali transazioni ai fini della riduzione della base imponibile dell’imposta in questione comporterebbe che, diversamente da quanto in realtà avvenuto, queste ultime transazioni sarebbero trattate come se fossero già state assoggettate all’imposta controversa. Tale situazione sarebbe evidentemente in contrasto con il menzionato obiettivo di evitare la doppia imposizione riguardo al sistema fiscale ungherese.

83      Se è pur vero che le transazioni immobiliari effettuate in altri Stati membri hanno potuto essere assoggettate ad imposte simili, se non identiche a quella in questione, si deve tuttavia necessariamente rilevare che, allo stato attuale dello sviluppo del diritto dell’Unione, gli Stati membri godono, fatto salvo il rispetto del diritto dell’Unione, di una certa autonomia in materia fiscale e che, pertanto, non hanno l’obbligo di adattare il proprio sistema fiscale ai vari sistemi di tassazione degli altri Stati membri, al fine, in particolare, di eliminare la doppia imposizione (v., per analogia, sentenze 6 dicembre 2007, causa C‑298/05, Columbus Container Services, Racc. pag. I‑10451, punto 51, e 12 febbraio 2009, causa C‑67/08, Block, Racc. pag. I‑883, punto 31).

84      Tale valutazione non può essere rimessa in questione dal fatto che, in ragione del modo in cui si calcola la base imponibile dell’imposta sul patrimonio, il contribuente può essere esonerato dal pagamento di tale imposta all’acquisto di un bene immobile situato in Ungheria. Infatti, quando il valore del secondo bene immobile acquistato è inferiore a quello del bene venduto, dato che il capitale investito in tale secondo acquisto non è allora affatto assoggettato a imposta, il contribuente non ha diritto ad alcun abbattimento di parte dell’imposta assolta in occasione del primo acquisto. Un tale meccanismo consente di considerare che il regime in oggetto costituisce un’agevolazione e non un’esenzione occulta a vantaggio esclusivo dei residenti ungheresi.

85      Ne consegue che la restrizione alla libera circolazione delle persone e alla libertà di stabilimento può essere giustificata dai motivi attinenti alla tutela della coerenza del regime fiscale.

–       Sull’esistenza di una restrizione all’art. 18 CE

86      Quanto ai soggetti non residenti in Ungheria e che non vi esercitino alcuna attività economica, si deve rilevare che una normativa nazionale che penalizzi taluni suoi cittadini per il solo fatto di aver esercitato la loro libertà di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro rappresenta una restrizione delle libertà riconosciute dall’art. 18, n. 1, CE a tutti i cittadini dell’Unione (v. sentenze 18 luglio 2006, causa C‑406/04, De Cuyper, Racc. pag. I‑6947, punto 39; 26 ottobre 2006, causa C‑192/05, Tas-Hagen e Tas, Racc. pag. I‑10451, punto 31, nonché 23 ottobre 2007, cause riunite C‑11/06 e C‑12/06, Morgan e Bucher, Racc. pag. I‑9161, punto 25).

87      Nel caso di specie, non si può validamente negare che l’esclusione dal beneficio della riduzione della base imponibile fiscale delle persone che si spostano nell’ambito dell’Unione per motivi non connessi all’esercizio di un’attività economica possa, in alcuni casi, essere tale da dissuadere tali persone dall’esercizio delle libertà fondamentali garantite da detto art. 18 CE.

88      Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che una restrizione del genere può essere giustificata, con riferimento al diritto dell’Unione, solo se è basata su considerazioni oggettive di interesse generale, indipendenti dalla cittadinanza delle persone interessate, ed è commisurata allo scopo legittimamente perseguito dal diritto nazionale (v. citate sentenze De Cuyper, punto 40; Tas-Hagen e Tas, punto 33, nonché Morgan e Bucher, cit., punto 33).

89      Al riguardo, si deve rilevare che la stessa conclusione raggiunta ai precedenti punti 69‑85 per la giustificazione della restrizione riguardo agli artt. 39 CE e 43 CE si impone per identità di motivi quanto alla censura fondata sulla violazione dell’art. 18 CE (v. sentenze 5 luglio 2007, causa C‑522/04, Commissione/Belgio, Racc. pag. I‑5701, punto 72; Commissione/Germania, cit., punto 30, e Commissione/Grecia, cit., punto 60).

 Sulle censure relative alla violazione delle disposizioni dell’Accordo SEE

90      La Commissione fa parimenti valere che la Repubblica di Ungheria ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 e 31 dell’Accordo SEE, relativi, rispettivamente, alla libera circolazione dei lavoratori ed alla libertà di stabilimento.

91      A tale proposito si deve rilevare che le disposizioni che vietano le restrizioni alla libera circolazione e alla libertà di stabilimento enunciate negli artt. 28 e 31 dell’accordo SEE possiedono la stessa portata giuridica di quelle, sostanzialmente identiche, previste dagli artt. 39 CE e 43 CE (v., in particolare, sentenza 5 luglio 2007, Commissione/Belgio, cit., punto 76).

92      Ciò premesso, gli addebiti relativi alla violazione della libera circolazione delle persone e alla libertà di stabilimento devono essere respinti in quanto infondati.

93      Poiché nessun addebito è stato accolto, il ricorso della Commissione dev’essere respinto.

 Sulle spese

94      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Repubblica di Ungheria ne ha fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’ungherese.

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