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Document 62005CJ0146

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 27 settembre 2007.
Albert Collée contro Finanzamt Limburg an der Lahn.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania.
Sesta direttiva IVA - Articolo 28 quater, punto A, lett. a), primo comma - Cessione intracomunitaria - Diniego di esenzione - Prova della cessione fornita tardivamente.
Causa C-146/05.

Raccolta della Giurisprudenza 2007 I-07861

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2007:549

Causa C-146/05

Albert Collée

contro

Finanzamt Limburg an der Lahn

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof)

«Sesta direttiva IVA — Art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma — Cessione intracomunitaria — Diniego di esenzione — Prova della cessione fornita tardivamente»

Conclusioni dell’avvocato generale J. Kokott, presentate l’11 gennaio 2007 

Sentenza della Corte (Terza Sezione) 27 settembre 2007 

Massime della sentenza

1.     Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]

2.     Disposizioni tributarie — Armonizzazione delle legislazioni — Imposte sulla cifra di affari — Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto — Regime transitorio di tassazione degli scambi fra gli Stati membri

[Direttiva del Consiglio 77/388, art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma]

1.     L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari, come modificata dalla direttiva 91/680, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro rifiuti di esentare dall’imposta sul valore aggiunto una cessione intracomunitaria, effettivamente avvenuta, per la sola ragione che la prova di tale cessione non è stata prodotta nei termini.

Un provvedimento nazionale che essenzialmente subordini il diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano soddisfatti eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta. Infatti, le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive. Orbene, per quanto riguarda la determinazione del carattere intracomunitario di una cessione, se una cessione soddisfa le condizioni previste dall’art. 28 quater, punto A, lett a), primo comma, della sesta direttiva, nessuna imposta sul valore aggiunto è dovuta per tale genere di cessione. Di conseguenza, qualora sia stata incontestabilmente effettuata una cessione intracomunitaria, il principio di neutralità fiscale esige che l’esenzione dall’imposta sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi. La situazione sarebbe diversa solo se la violazione di tali requisiti formali avesse l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti.

Peraltro, un requisito secondo il quale le necessarie registrazioni devono essere effettuate immediatamente dopo la realizzazione dell’operazione senza che, tuttavia, sia previsto un termine preciso in proposito sarebbe tale da compromettere il principio della certezza del diritto. Infatti, è importante consentire che modifiche della qualificazione di una cessione intracomunitaria apportate successivamente alla realizzazione di tale operazione possano essere prese in considerazione nella contabilità dei soggetti passivi. Pertanto, il carattere intracomunitario di una cessione deve essere riconosciuto nel caso di una regolarizzazione successiva della contabilità, purché siano soddisfatti i criteri oggettivi sui quali si basano le nozioni che definiscono questa operazione.

(v. punti 29-33, 41 e dispositivo)

2.     Nell’esaminare il diritto all’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione intracomunitaria, il giudice del rinvio deve prendere in considerazione il fatto che il soggetto passivo ha in un primo momento consapevolmente occultato l’esistenza di una cessione intracomunitaria soltanto se esiste un rischio di perdite di entrate fiscali e se tale rischio non è stato completamente eliminato dal soggetto passivo.

Infatti, per garantire la neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, spetta agli Stati membri contemplare nel loro ordinamento giuridico interno la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede. Tuttavia, quando colui che ha emesso la fattura ha eliminato completamente, in tempo utile, il rischio di perdite di entrate fiscali, il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto impone che l’imposta indebitamente fatturata possa essere regolarizzata, senza che una simile regolarizzazione possa essere subordinata alla buona fede del soggetto che ha emesso la fattura. Le stesse regole si applicano anche nel caso di regolarizzazione della contabilità al fine di ottenere l’esenzione di una cessione intracomunitaria.

Infine, il diritto comunitario non impedisce agli Stati membri di considerare, a talune condizioni, l’occultamento dell’esistenza di un’operazione intracomunitaria come un tentativo di frode all’imposta sul valore aggiunto e di applicare, in tal caso, le ammende o sanzioni pecuniarie previste dal loro diritto interno. Tuttavia, sanzioni di tale genere devono essere proporzionate alla gravità dell’abuso.

(v. punti 35, 40 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

27 settembre 2007 (*)

«Sesta direttiva IVA – Articolo 28 quater, parte A, lett. a), primo comma – Cessione intracomunitaria – Diniego di esenzione – Prova della cessione fornita tardivamente»

Nel procedimento C‑146/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania), con decisione 10 febbraio 2005, pervenuta in cancelleria il 1° aprile 2005, nella causa tra

Albert Collée, quale successore a titolo universale della Collée KG,

e

Finanzamt Limburg an der Lahn,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, J. Malenovský, U. Lõhmus (relatore) e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 15 giugno 2006,

considerate le osservazioni presentate:

–       per il sig. Albert Collée, successore universale della Collée KG, dal sig. M. Preisinger, Steuerberater;

–       per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e F. Huschens nonché dalla sig.ra C. Schulze-Bahr, in qualità di agenti;

–       per il governo italiano, dal sig. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. M. Massella Ducci Teri, avvocato dello Stato;

–       per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Triantafyllou, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’11 gennaio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE (GU L 376, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2       Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra il sig. Albert Collée, quale successore a titolo universale della Collée KG (in prosieguo: la «Collée»), ed il Finanzamt Limburg an der Lahn (Ufficio tributario di Limburg an der Lahn; in prosieguo: il «Finanzamt») in ordine al diniego di quest’ultimo di accordare l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») per una cessione intracomunitaria effettuata nel corso dell’esercizio 1994.

 Contesto normativo

 La normativa comunitaria

3       In forza dell’art. 2 della sesta direttiva, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo sono soggette all’IVA.

4       La sesta direttiva comprende un titolo XVI bis, rubricato «Regime transitorio di tassazione degli scambi tra Stati membri», introdotto dalla direttiva 91/680.

5       Il diritto all’esenzione per le cessioni intracomunitarie di beni è previsto all’art. 28 quater, parte A, della sesta direttiva, il quale è così formulato:

«Fatte salve altre disposizioni comunitarie e alle condizioni da essi fissate per assicurare una corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste qui di seguito e prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso, gli Stati membri esentano:

a)      le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 5 e dell’articolo 28 bis, paragrafo 5, lettera a), spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

(…)».

6       L’art. 22 della sesta direttiva, nella versione modificata dall’art. 28 nonies della stessa direttiva, disciplina gli obblighi di forma a carico del debitore dell’IVA. Esso stabilisce in particolare:

«(…)

2.       a)     Ogni soggetto passivo deve tenere una contabilità che sia sufficientemente particolareggiata da consentire l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ed i relativi controlli da parte dell’amministrazione fiscale.

(…)

3.      a)     Ogni soggetto passivo deve emettere una fattura, o altro documento equivalente, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che effettua per conto di un altro soggetto passivo o di un ente che non è soggetto passivo. Parimenti, ogni soggetto passivo deve emettere fattura, o altro documento equivalente, per le cessioni di beni di cui all’articolo 28 ter, punto B, paragrafo 1, e per le cessioni di beni che effettua alle condizioni previste dall’articolo 28 quater, punto A. Il soggetto passivo deve conservare copia di tutti i documenti rilasciati.

(…)

4.       a)     Ogni soggetto passivo deve presentare una dichiarazione entro un termine che dovrà essere stabilito dagli Stati membri. Tale termine non dovrà superare di due mesi la scadenza di ogni periodo fiscale. Il periodo fiscale può essere fissato dagli Stati membri in un mese, due mesi, ovvero un trimestre. Tuttavia, gli Stati membri possono stabilire periodi diversi, non comunque superiori ad un anno.

         b)     Nella dichiarazione devono figurare tutti i dati necessari ad accertare l’importo dell’imposta esigibile e quello delle deduzioni da operarsi, compreso ─ eventualmente e qualora risulti necessario per fissare la base imponibile ─ l’importo complessivo delle operazioni relative a tale imposta e a tali deduzioni, nonché l’importo globale delle operazioni esenti.

(…)

8.      Gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire, subordinatamente al rispetto del principio della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

 La normativa nazionale

7       In applicazione dell’art. 4, n. 1, lett. b), della legge del 1993 sull’imposta sul fatturato (Umsatzsteuergesetz 1993, BGBl. 1993 I, pag. 565; in prosieguo: l’«UStG»), le cessioni intracomunitarie rientranti nelle operazioni di cui all’art. 1, n. 1, punto 1, della stessa legge sono esenti dall’IVA.

8       L’art. 6a, n. 1, dell’UStG, dispone che una cessione intracomunitaria implichi in particolare che un imprenditore o la sua controparte trasportino o spediscano l’oggetto della cessione nell’ambito del territorio comunitario.

9       Ai sensi dell’art. 6a, n. 3, dell’UStG, i requisiti posti dall’art. 6a, n. 1, devono essere provati dall’imprenditore. Il Ministero federale delle Finanze può determinare con decreto, previo assenso del Bundesrat, le modalità secondo le quali l’imprenditore deve fornire la prova del trasporto o della spedizione dei beni oggetto di una cessione intracomunitaria.

10      A tal proposito, l’art. 17a, n. 1, del decreto di attuazione sull’imposta sul fatturato del 1993 (Umsatzsteuer-Durchführungsverordnung 1993, BGBl. 1993 I, pag. 601) dispone che, in caso di cessioni intracomunitarie, l’imprenditore che agisce all’interno della sfera di applicazione del decreto debba dimostrare in via documentale il fatto che egli o il suo acquirente ha trasportato o inviato l’oggetto della cessione nell’ambito del territorio comunitario.

11     Inoltre, conformemente all’art. 17c, n. 1, di detto decreto di attuazione, spetta all’imprenditore fornire la prova contabile che ricorrono i presupposti per l’esenzione dall’IVA. Tale disposizione precisa in particolare che deve «risultare con chiarezza ed evidenza dalla contabilità» che l’imprenditore ha soddisfatto tali presupposti.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

12     La Collée KG era la società controllante di una società a responsabilità limitata di diritto tedesco (in prosieguo: la «GmbH») che vendeva automobili in veste di concessionario della società per azioni A (in prosieguo: la «A-AG»). Nella primavera del 1994, la GmbH stipulava un contratto avente ad oggetto la compravendita di 20 autovetture dimostrative con un concessionario belga, B, che trasferiva con bonifico alla GmbH il prezzo d’acquisto al netto dell’imposta e, dopo l’accredito del denaro, ritirava i veicoli presso la sede della GmbH ricorrendo ad un proprio trasportatore.

13     La GmbH, poiché per motivi di esclusività territoriale aveva diritto alla provvigione versata dalla A-AG solo per le vendite stipulate con acquirenti del proprio distretto, faceva ricorso ad un commerciante d’auto, S, che agiva in qualità di intermediario. Quest’ultimo, in cambio di una commissione, acquistava e rivendeva pro forma le autovetture dimostrative. La GmbH emetteva nei confronti di S le fatture relative a tale compravendita fittizia facendo risultare l’IVA. S rimetteva alla GmbH fatture in bianco utilizzate in seguito a nome di S per la consegna delle automobili a B. Nella sua dichiarazione IVA per il periodo luglio-settembre 1994, S faceva valere come assolta a monte l’imposta che gli era stata fatturata dalla GmbH.

14     A seguito di un controllo speciale effettuato nel corso dell’ottobre 1994 dal Finanzamt, quest’ultimo negava a S il diritto di detrarre dalle fatture l’IVA pagata a monte, perché aveva accertato che la vendita tra la GmbH e S aveva carattere fittizio, essendo S intervenuto solo sulla carta.

15     Essendo venuta a conoscenza di tale controllo, la Collée avvertiva S che le fatture emesse da luglio a settembre 1994 erano divenute prive di oggetto e, il 25 novembre 1994, annullava le relative scritture contabili e registrava gli introiti corrispondenti come «cessioni intracomunitarie esenti da imposta», riportando tale operazione nella sua dichiarazione provvisoria IVA del novembre 1994.

16     Con una cartella esattoriale rettificata del 12 febbraio 1998, relativa all’IVA per il 1994, il Finanzamt aumentava il fatturato imponibile della Collée di un importo equivalente a quello del prezzo di vendita delle autovetture cedute a B, ma negava a quest’ultimo l’esenzione fiscale per tale cessione, con la motivazione che le registrazioni necessarie non erano state effettuate immediatamente e direttamente dopo la realizzazione dell’operazione in questione.

17     Poiché tanto l’opposizione avverso la suddetta cartella esattoriale quanto il ricorso presentato dinanzi al Finanzgericht (Sezione tributaria del Tribunale) sono stati respinti, la Collée ha proposto un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale). A sostegno del proprio ricorso, essa fa valere l’esistenza di prove contabili relative al contratto di vendita, al pagamento del prezzo di vendita e all’attestazione del ritiro delle automobili da parte di B, che è stata successivamente integrata con le fatture emesse dalla GmbH a B. Essendo essa stessa convinta che tali documenti commerciali sono in grado di dimostrare l’esistenza di una cessione intracomunitaria, la Collée ha chiesto che la suddetta cartella esattoriale sia rettificata in maniera tale che la consegna delle automobili dimostrative effettuata agli inizi del 1994 sia considerata esente da imposta.

18     Il giudice del rinvio rileva che dalla propria giurisprudenza in merito ai requisiti di prova di una cessione all’estero verso un paese terzo applicabile anche alla controversia di cui è investito emerge che la prova documentale fa parte integrante della prova contabile e che le registrazioni necessarie ai fini di tale prova devono essere effettuate immediatamente e direttamente dopo la realizzazione dell’operazione in questione. Avendo accertato che quest’ultimo requisito non è soddisfatto nel caso di specie, esso si chiede in che modo occorra risolvere, in diritto comunitario, il conflitto tra l’obbligo di fornire la prova della cessione intracomunitaria e il principio di proporzionalità.

19     Pertanto, ritenendo che l’esito della causa di cui è investito dipenda dall’interpretazione della sesta direttiva, il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’amministrazione tributaria possa rifiutare di esentare una cessione intracomunitaria, evidentemente sussistente, per la sola ragione che il soggetto passivo non ha prodotto nei termini le prove contabili richieste a tal fine.

2)      Se la soluzione della questione dipenda dal fatto che il soggetto passivo ha consapevolmente occultato, in un primo momento, l’esistenza di una cessione intracomunitaria».

 Sulle questioni pregiudiziali

20     Con le questioni sollevate, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice a quo domanda in sostanza se l’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva vada interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro rifiuti di esentare dall’IVA una cessione intracomunitaria, che è effettivamente avvenuta, per la sola ragione che la prova di tale cessione non è stata prodotta nei termini. Il suddetto giudice si chiede inoltre se il fatto che il soggetto passivo abbia in un primo momento consapevolmente occultato l’esistenza di una cessione intracomunitaria sia pertinente in proposito.

21     Occorre innanzi tutto ricordare che l’obbligo degli Stati membri di esentare le cessioni intracomunitarie è previsto all’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva. Da questa disposizione risulta che gli Stati membri esentano le cessioni di beni, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di uno Stato membro ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

22     In quanto deroga al principio fondamentale inerente al sistema comune dell’IVA. secondo il quale l’imposta si applica ad ogni operazione di produzione o di distribuzione (v., in particolare, sentenze 6 luglio 1995, causa C-62/93, BP Soupergaz, Racc. pag. I-1883, punto 16; 12 gennaio 2006, cause riunite C-354/03, C-355/03 e C-484/03, Optigen e a., Racc. pag. I-483, punto 54, e 6 luglio 2006, cause riunite C-439/04 e C-440/04, Kittel e Recolta Recycling, Racc. pag. I-6161, punto 49), la suddetta esenzione trova il suo fondamento nel regime transitorio dell’IVA applicabile al commercio intracomunitario nell’ambito del quale la tassazione degli scambi tra gli Stati membri riposa sul principio dell’attribuzione del gettito fiscale allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale (v. sentenza 27 settembre 2007, causa C‑184/05, Twoh International, Racc. pag. I‑7897, punto 22).

23     Quindi, l’esenzione di una cessione intracomunitaria nello Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto intracomunitario di beni, alla quale corrisponde un acquisto intracomunitario tassato nello Stato membro di destinazione di detta spedizione o di detto trasporto, permette di evitare la doppia imposizione e, pertanto, la violazione del principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA (v., in tal senso, sentenza 27 settembre 2007, causa C‑409/04, Teleos e a., Racc. pag. I‑7797, punti 24 e 25).

24     Quanto alle prove che i soggetti passivi sono tenuti a fornire per beneficiare dell’esenzione dall’IVA, si deve necessariamente rilevare che nessuna disposizione della sesta direttiva riguarda direttamente tale questione. Tale direttiva stabilisce soltanto, all’art. 28 quater, parte A, prima parte della frase, che spetta agli Stati membri stabilire le condizioni alle quali essi esentano le cessioni intracomunitarie di beni (sentenza Twoh International, cit., punto 25).

25     Invero, l’art. 22 della sesta direttiva disciplina alcuni obblighi di forma a carico dei debitori d’imposta relativi alla contabilità, alla fatturazione, alla dichiarazione e alla presentazione dell’elenco ricapitolativo all’amministrazione tributaria. Il n. 8 nello stesso articolo, tuttavia, conferisce agli Stati membri la facoltà di stabilire altri obblighi che essi ritengano necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta e ad evitare le frodi.

26     Orbene, da una giurisprudenza costante emerge che i provvedimenti che gli Stati membri possono adottare ai sensi dell’art. 22, n. 8, della sesta direttiva per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare frodi non devono eccedere quanto è necessario a tal fine (v. sentenza 21 marzo 2000, cause riunite da C‑110/98 a C-147/98, Gabalfrisa e a., Racc. pag. I-1577, punto 52, e ordinanza 3 marzo 2004, causa C‑395/02, Transport Service, Racc. pag. I-1991, punto 29). Tali provvedimenti non possono quindi essere utilizzati in modo tale da mettere in discussione la neutralità dell’IVA, che costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa comunitaria in materia (v. sentenze 19 settembre 2000, causa C‑454/98, Schmeink & Cofreth e Strobel, Racc. pag. I‑6973, punto 59, e 21 febbraio 2006, causa C-255/02, Halifax e a., Racc. pag. I-1609, punto 92).

27     Il governo tedesco sostiene che i requisiti relativi alla prova documentale e contabile soddisfano il principio di proporzionalità, poiché essi non mettono sistematicamente in discussione il diritto all’esenzione dall’IVA nel caso di cessione intracomunitaria. Da una parte, tali requisiti perseguirebbero un fine espressamente previsto dall’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, ossia una riscossione regolare e semplice nonché la lotta contro gli abusi e, dall’altra, essi sarebbero necessari per impedire la cosiddetta «frode carosello dell’IVA».

28     A tal proposito, occorre rilevare che il diniego dell’esenzione dall’IVA nella causa principale non risulta, secondo la decisione di rinvio, dal requisito della legislazione tedesca per cui il debitore d’imposta deve dimostrare la cessione intracomunitaria tramite prove documentali e contabili. Infatti, tale diniego è il risultato della giurisprudenza del Bundesfinanzhof in base alla quale le registrazioni necessarie ai fini della prova contabile devono essere effettuate immediatamente e direttamente dopo la realizzazione dell’operazione in questione, requisito che nella suddetta causa non era soddisfatto, mentre l’esistenza della cessione intracomunitaria è chiaramente accertata, come peraltro è stato ammesso anche dal Finanzamt.

29     Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se l’amministrazione tributaria possa rifiutare di esentare dall’IVA una cessione intracomunitaria per la sola ragione che la prova contabile di tale cessione è stata prodotta tardivamente, occorre constatare che un provvedimento nazionale che essenzialmente subordini il diritto all’esenzione di una cessione intracomunitaria al rispetto di obblighi di forma senza prendere in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano soddisfatti eccede quanto è necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta.

30     Infatti, le operazioni devono essere tassate prendendo in considerazione le loro caratteristiche oggettive (v., in particolare, citate sentenze, Optigen e. a., punto 44, e Kittel e Recolta Recycling, punto 41). Orbene, per quanto riguarda la determinazione del carattere intracomunitario di una cessione, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, se una cessione soddisfa le condizioni previste dall’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva, nessuna IVA è dovuta per tale genere di cessione (ordinanza Transport Service, cit., punti 18 e 19).

31     Di conseguenza, nella causa principale, dal momento che dalla decisione di rinvio emerge che è stata incontestabilmente effettuata una cessione intracomunitaria, il principio di neutralità fiscale esige, come sostenuto a buon diritto anche dalla Commissione delle Comunità europee, che l’esenzione dall’IVA sia accordata se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, anche se certi requisiti formali sono stati omessi da parte dei soggetti passivi. La situazione sarebbe diversa solo se la violazione di tali requisiti formali avesse l’effetto di impedire che sia fornita la prova certa che i requisiti sostanziali sono stati soddisfatti. Tuttavia, ciò non sembra verificarsi nella causa principale.

32     Peraltro, occorre rilevare che il requisito secondo il quale le necessarie registrazioni devono essere effettuate immediatamente dopo la realizzazione dell’operazione senza che, tuttavia, sia previsto un termine preciso in proposito è tale da compromettere il principio della certezza del diritto, che fa parte dell’ordinamento giuridico comunitario e che deve essere rispettato dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri che conferiscono loro le direttive comunitarie (v. sentenza 11 marzo 2006, causa C-384/04, Federation of Technological Industries e a., Racc. pag. I-4191, punto 29).

33     Infatti, come ha giustamente rilevato l’avvocato generale al paragrafo 35 delle sue conclusioni, è importante consentire che modifiche della qualificazione di una cessione intracomunitaria apportate successivamente alla realizzazione di tale operazione possano essere prese in considerazione nella contabilità dei soggetti passivi. Rettifiche del genere possono risultare eventualmente necessarie in seguito a circostanze che si siano prodotte indipendentemente dalla volontà di questi ultimi. Pertanto, il carattere intracomunitario di una cessione deve essere riconosciuto nel caso di una regolarizzazione successiva della contabilità, purché siano soddisfatti i criteri oggettivi sui quali si basano le nozioni che definiscono questa operazione.

34     Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se il fatto che il soggetto passivo abbia occultato, in un primo momento, l’esistenza di una cessione intracomunitaria sia pertinente per dare una risposta al giudice del rinvio e quindi se l’esenzione dell’IVA possa essere subordinata alla buona fede del soggetto passivo, occorre constatare che la risposta a tale questione dipende dall’esistenza di un rischio di perdite di entrate fiscali per lo Stato membro in questione.

35     Infatti, al punto 18 della sentenza 13 dicembre 1989, causa C-342/87, Genius Holding (Racc. pag. 4227), la Corte ha dichiarato che, per garantire la neutralità dell’IVA, spetta agli Stati membri contemplare nel loro ordinamento giuridico interno la possibilità di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché chi ha emesso la fattura dimostri la propria buona fede. Tuttavia, essa ha precisato, ai punti 60 e 63 della citata sentenza Schmeink & Cofreth e Strobel, che, quando colui che ha emesso la fattura ha, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di entrate fiscali, il principio di neutralità fiscale impone che l’imposta indebitamente fatturata possa essere regolarizzata, senza che una simile regolarizzazione possa essere subordinata alla buona fede del soggetto che ha emesso la fattura (v. sentenza 6 novembre 2003, cause riunite da C-78/02 a C-80/02, Karageorgou e a., Racc. pag. I-13295, punto 50). Le stesse regole si applicano anche nel caso di regolarizzazione della contabilità al fine di ottenere l’esenzione di una cessione intracomunitaria.

36     È quindi compito del giudice nazionale verificare se, tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti alla controversia pendente dinanzi ad esso, il ritardo nel fornire la prova contabile potesse causare una perdita di entrate fiscali o compromettere la riscossione dell’IVA.

37     A tal proposito, occorre constatare che non può essere considerata una perdita di entrate fiscali la mancata percezione dell’IVA relativa ad una cessione intracomunitaria che, in un primo momento, era stata erroneamente qualificata quale cessione effettuata all’interno del paese in via di principio soggetta a IVA. Infatti, in conformità al principio di territorialità, entrate del genere appartengono allo Stato membro in cui ha luogo il consumo finale.

38     Spetta inoltre al giudice nazionale verificare se l’occultamento di un’operazione intracomunitaria e il ritardo che ne deriva nella regolarizzazione delle relative scritture contabili non siano inficiati da frode all’IVA. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, gli interessati non possono avvalersi abusivamente o fraudolentemente del diritto comunitario (v., in particolare, sentenza Kittel e Recolta Recycling, cit., punto 54). Allo stesso modo, l’applicazione della normativa comunitaria non può estendersi fino a comprendere le operazioni realizzate allo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario (v., in tal senso, sentenza Halifax e a., cit., punto 69).

39     Orbene, in una situazione come quella della causa principale, la circostanza di aver fatto ricorso ad un intermediario al fine di percepire commissioni contrattuali non può essere assimilata ad un’operazione inficiata da frode fiscale né ad un uso abusivo delle norme comunitarie, qualora sia appurato che un’operazione del genere non è stata effettuata per ottenere un indebito vantaggio fiscale.

40     Infine, occorre sottolineare che il diritto comunitario non impedisce agli Stati membri diconsiderare , a talune condizioni, l’occultamento dell’esistenza di un’operazione intracomunitaria come un tentativo di frode all’IVA e di applicare, in tal caso, le ammende o sanzioni pecuniarie previste dal loro diritto interno (v., in tal senso, sentenza Schmeink & Cofreth e Strobel, cit., punto 62). Tuttavia, come ha giustamente sostenuto la Commissione, sanzioni di tale genere devono sempre essere proporzionate alla gravità dell’abuso.

41     Pertanto, occorre risolvere le questioni proposte affermando che l’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro rifiuti di esentare dall’IVA una cessione intracomunitaria, effettivamente avvenuta, per la sola ragione che la prova di tale cessione non è stata prodotta nei termini.

42     Nell’esaminare il diritto all’esenzione dall’IVA di una cessione di tal genere, il giudice del rinvio deve prendere in considerazione il fatto che il soggetto passivo ha in un primo momento consapevolmente occultato l’esistenza di una cessione intracomunitaria soltanto se esiste un rischio di perdite di entrate fiscali e se tale rischio non è stato completamente eliminato dal soggetto passivo.

 Sulle spese

43     Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva del Consiglio 16 dicembre 1991, 91/680/CEE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’amministrazione tributaria di uno Stato membro rifiuti di esentare dall’imposta sul valore aggiunto una cessione intracomunitaria, effettivamente avvenuta, per la sola ragione che la prova di tale cessione non è stata prodotta nei termini.

Nell’esaminare il diritto all’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto di una cessione di tal genere, il giudice del rinvio deve prendere in considerazione il fatto che il soggetto passivo ha in un primo momento consapevolmente occultato l’esistenza di una cessione intracomunitaria soltanto se esiste un rischio di perdite di entrate fiscali e se tale rischio non è stato completamente eliminato dal soggetto passivo.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.

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