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Document 61994CJ0289

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 settembre 1996.
    Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana.
    Inadempimento di uno Stato - Obbligo di previa notifica ai sensi della direttiva 83/189/CEE.
    Causa C-289/94.

    Raccolta della Giurisprudenza 1996 I-04405

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:1996:330

    61994J0289

    Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 17 settembre 1996. - Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana. - Inadempimento di uno Stato - Obbligo di previa notifica ai sensi della direttiva 83/189/CEE. - Causa C-289/94.

    raccolta della giurisprudenza 1996 pagina I-04405


    Massima
    Parti
    Motivazione della sentenza
    Decisione relativa alle spese
    Dispositivo

    Parole chiave


    ++++

    1. Ricorso per inadempimento ° Procedimento precontenzioso ° Diffida ° Delimitazione dell' oggetto della controversia ° Parere motivato ° Esposizione particolareggiata degli addebiti

    (Trattato CE, art. 169)

    2. Ricorso per inadempimento ° Esame nel merito da parte della Corte ° Situazione rilevante ° Situazione alla scadenza del termine fissato nel parere motivato

    (Trattato CE, art. 169)

    3. Ravvicinamento delle legislazioni ° Procedura d' informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche ° Obbligo degli Stati membri di comunicare alla Commissione qualsiasi progetto di regola tecnica ° Nozione di regola tecnica ° Normativa relativa alla qualità delle acque destinate alla molluschicoltura ° Inclusione ° Presupposti

    (Direttiva del Consiglio 83/189/CEE, art. 8)

    4. Ravvicinamento delle legislazioni ° Procedura d' informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche ° Obbligo degli Stati membri di comunicare alla Commissione qualsiasi progetto di regola tecnica ° Nozione di regola tecnica ° Specificazioni tecniche obbligatorie relative ai metodi e ai procedimenti di produzione dei medicinali ° Inclusione

    (Direttiva del Consiglio 83/189, artt. 1, punti 1 e 5, e 8)

    Massima


    1. Nella fase precontenziosa del procedimento di inadempimento, la lettera di diffida ha l' obiettivo di circoscrivere l' oggetto della controversia e di indicare allo Stato membro, invitato a presentare le proprie osservazioni, gli elementi necessari alla preparazione della sua difesa.

    Mentre il parere motivato di cui all' art. 169 del Trattato deve contenere un' esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato interessato è venuto meno a uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti.

    2. Nel contesto di un ricorso ex art. 169 del Trattato, l' esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi.

    3. Una normativa nazionale vertente su taluni aspetti della qualità delle acque destinate ad accogliere popolazioni di molluschi eduli lamellibranchi, dal momento che dispone che soltanto i molluschi coltivati in acque che rispondono alle specificazioni tecniche istituite dal detto decreto potranno essere commercializzati, deve essere considerata una regola tecnica, soggetta all' obbligo di notifica previsto dall' art. 8 della direttiva 83/189, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche.

    4. Dall' art. 1, punto 1, della direttiva 83/189, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche, come modificata con direttiva 88/182, risulta che la nozione di "specificazione tecnica" comprende i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai medicinali, quali definiti dall' art. 1 della direttiva 65/65, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alle specialità medicinali.

    La normativa nazionale che introduca nuove specificazioni tecniche obbligatorie ai fini della commercializzazione di specialità medicinali provenienti da organi e da tessuti bovini costituisce pertanto una regola tecnica ai sensi dell' art. 1, punto 5, della direttiva 83/189 e avrebbe dovuto essere notificata alla Commissione ai sensi dell' art. 8 della direttiva stessa.

    Parti


    Nella causa C-289/94,

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal signor Antonio Aresu, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro del medesimo servizio, Centre Wagner, Kirchberg,

    ricorrente,

    contro

    Repubblica italiana, rappresentata dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Pier Giorgio Ferri, avvocato dello Stato, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo presso la sede dell' ambasciata d' Italia, 5, rue Marie-Adélaïde,

    convenuta,

    avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato i quattro decreti del ministero della Sanità 1 agosto 1990, n. 256, 1 agosto 1990, n. 257, nonché 1 settembre 1990 e 7 giugno 1991, senza averli notificati alla Commissione allo stato di progetto, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 109, pag. 8), come modificata con direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE (GU L 81, pag. 75),

    LA CORTE (Sesta Sezione),

    composta dai signori C.N. Kakouris, presidente di sezione, G.F. Mancini e H. Ragnemalm (relatore), giudici,

    avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer

    cancelliere: signora D. Louterman-Hubeau, amministratore principale

    vista la relazione d' udienza,

    sentite le difese orali svolte dalle parti all' udienza del 28 marzo 1996,

    sentite le conclusioni dell' avvocato generale, presentate all' udienza del 25 aprile 1996,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Motivazione della sentenza


    1 Con atto introduttivo depositato nella cancelleria della Corte il 24 ottobre 1994, la Commissione delle Comunità europee ha proposto, ai sensi dell' art. 169 del Trattato CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, avendo adottato i quattro decreti del ministero della Sanità 1 agosto 1990, n. 256, 1 agosto 1990, n. 257, nonché 1 settembre 1990 e 7 giugno 1991, senza averli notificati alla Commissione allo stato di progetto, è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi degli artt. 8 e 9 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU L 109, pag. 8), come modificata con direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE (GU L 81, pag. 75).

    2 Il ministero italiano della Sanità ha pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana (in prosieguo: la "GURI") i seguenti quattro decreti ministeriali:

    ° il decreto ministeriale 1 agosto 1990, n. 256, recante modificazione al decreto ministeriale 27 aprile 1978, concernente i requisiti microbiologici, biologici, chimici e fisici delle zone acquee sede di banchi e di giacimenti naturali di molluschi eduli lamellibranchi e delle zone acquee destinate a molluschicoltura, ai fini della classificazione in zone approvate, condizionate e precluse (GURI Supplemento ordinario n. 211 del 10 settembre 1990);

    ° il decreto ministeriale 1 agosto 1990, n. 257, recante modificazione al decreto ministeriale 5 ottobre 1978, concernente i requisiti microbiologici, chimici e biologici dei molluschi eduli lamellibranchi in relazione alla loro destinazione. Modalità di prelievo dei molluschi eduli da sottoporre ad analisi durante le varie fasi della produzione e commercializzazione (GURI Supplemento ordinario n. 211 del 10 settembre 1990);

    ° il decreto ministeriale 1 settembre 1990, relativo ai metodi di analisi per la determinazione delle biotossine algali nei molluschi bivalvi, nonché per la determinazione qualitativa e quantitativa dei popolamenti fitoplanctonici nelle acque marine adibite alla molluschicoltura (GURI n. 218 del 18 settembre 1990);

    ° il decreto ministeriale 7 giugno 1991, recante misure relative a specialità medicinali provenienti da organi e tessuti bovini (GURI n. 135 dell' 11 giugno 1991).

    3 La Commissione ritiene che questi quattro decreti (in prosieguo: i "decreti controversi") avrebbero dovuto esserle notificati allo stato di progetto, conformemente all' art. 8, n. 1, della direttiva 83/189, come modificata con direttiva 88/182 (in prosieguo: la "direttiva 83/189"), che fa obbligo agli Stati membri di comunicare immediatamente alla Commissione qualsiasi progetto di regola tecnica, salvo che si tratti di una semplice trasposizione integrale di una norma internazionale o europea, e di indicare brevemente i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica. La Commissione informa senza indugio del progetto gli altri Stati membri.

    4 La nozione di regola tecnica di cui al detto art. 8 è così definita nell' art. 1, punto 5, della direttiva 83/189:

    "(...) le specificazioni tecniche, comprese le disposizioni che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria de jure o de facto, per la commercializzazione o l' utilizzazione in uno Stato membro o in una parte importante di esso, ad eccezione di quelle fissate dalle autorità locali".

    5 L' art. 9, n. 3, della direttiva dispone:

    "I paragrafi 1, 2 e 2 bis non sono applicabili se uno Stato membro, per urgenti motivi attinenti alla tutela della salute pubblica o alla sicurezza, deve elaborare in brevissimo tempo regole tecniche per adottarle e applicarle tempestivamente, senza che sia possibile procedere ad una consultazione. Nella comunicazione di cui all' articolo 8 detto Stato membro indica allora i motivi che giustificano l' urgenza di tali provvedimenti".

    6 Quanto all' art. 10 della direttiva, questo prevede:

    "Gli articoli 8 e 9 non sono applicabili quando gli Stati membri adempiono agli obblighi derivanti da direttive comunitarie o agli impegni derivanti da un accordo internazionale aventi per effetto l' adozione di prescrizioni tecniche uniformi nella Comunità".

    7 Considerando i decreti controversi regole tecniche che, conformemente all' art. 8 della direttiva 83/189, avrebbero dovuto esserle notificate allo stato di progetto, la Commissione, con lettere 12 marzo 1991 e 12 febbraio 1992, ha ingiunto al governo italiano di farle conoscere le sue osservazioni.

    8 Con telex 18 aprile 1991 e, rispettivamente, 31 marzo 1992, il governo italiano ha risposto che la mancanza di notifica dei decreti considerati era dovuta alla necessità di aggiornare le modalità di controllo della qualità delle acque nelle zone sedi di banchi di molluschi bivalvi e di molluschi destinati al consumo umano a seguito dell' apparizione di alghe tossiche, come pure a urgenti motivi.

    9 Nonostante tali precisazioni, la Commissione, in data 2 dicembre 1991 e 23 ottobre 1992, ha indirizzato alla Repubblica italiana due pareri motivati, nei quali ricordava che, come emergerebbe dall' art. 9, n. 3, della direttiva 83/189, l' esistenza di motivi urgenti non esonerava il governo italiano dal notificare i decreti controversi allo stato di progetto e invitava il governo italiano ad adottare i provvedimenti necessari per conformarvisi entro due mesi.

    10 La Repubblica italiana non ha risposto ai due pareri motivati né ha altrimenti reagito.

    11 A seguito di ciò, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

    Sulla ricevibilità del ricorso

    12 Avverso la ricevibilità del ricorso la Repubblica italiana deduce tre motivi.

    Sul primo motivo

    13 La Repubblica italiana sostiene che le lettere di diffida che le sono state indirizzate erano redatte in termini generici e insufficienti. La Commissione si sarebbe infatti limitata ad affermare in modo generico e astratto che i decreti controversi costituivano regole tecniche, senza spiegare né dimostrare le ragioni per cui era pervenuta a una conclusione siffatta. Il governo italiano, pertanto, non sarebbe stato messo in grado di conoscere, in tale fase, i motivi sui quali è basato il ricorso e, pertanto, di predisporre, adeguatamente gli argomenti a sua difesa.

    14 La Commissione sottolinea a questo proposito che la natura di regola tecnica dei decreti controversi non è mai stata messa in discussione dal governo italiano nel corso della fase precontenziosa. Quest' ultimo avrebbe avuto la possibilità di contestare l' applicabilità della direttiva 83/189, ma avrebbe preferito darla per scontata, insistendo piuttosto sull' urgenza per giustificare la mancanza della previa notifica dei decreti controversi.

    15 Si deve ricordare che ai sensi dell' art. 169 del Trattato, la Commissione può adire la Corte con un ricorso di inadempimento solo dopo aver posto lo Stato membro interessato in grado di presentare le sue osservazioni. Pertanto, secondo la costante giurisprudenza, nella fase precontenziosa del procedimento per inadempimento la lettera di diffida ha lo scopo di circoscrivere l' oggetto del contendere e di fornire allo Stato membro, invitato a presentare le sue osservazioni, i dati che gli occorrono per predisporre la propria difesa (v., in particolare, sentenze 28 marzo 1985, causa 274/83, Commissione/Italia, Racc. pag. 1077, punto 19, e 15 novembre 1988, causa 229/87, Commissione/Grecia, Racc. pag. 6347, punti 11 e 12).

    16 Mentre il parere motivato di cui all' art. 169 del Trattato deve contenere un' esposizione coerente e particolareggiata dei motivi che hanno condotto la Commissione alla convinzione che lo Stato interessato è venuto meno a uno degli obblighi che gli incombono ai sensi del Trattato, la lettera di diffida non deve soddisfare requisiti di esaustività così rigidi, dato che, necessariamente, può consistere solo in un primo e succinto riassunto degli addebiti. Nulla impedisce dunque alla Commissione di precisare, nel parere motivato, gli addebiti da essa già esposti in maniera più globale nella lettera di diffida (v., in particolare, sentenza Commissione/Italia, citata, punto 21).

    17 Nella specie, le lettere di diffida 12 marzo 1991 e 12 febbraio 1992 individuavano in misura sufficiente l' inadempimento ascritto alla Repubblica italiana, consistente nell' adozione dei decreti controversi che contenevano regole tecniche senza la loro previa notifica alla Commissione allo stato di progetto, come disposto dalla direttiva 83/189. Le dette lettere, pertanto, erano idonee ad informare il governo italiano della natura degli addebiti formulati nei suoi confronti, dandogli la possibilità di presentare le sue difese, come il detto governo ha poi fatto con i due telex 18 aprile 1991 e 31 marzo 1992.

    18 Ne consegue che il primo dei motivi di irricevibilità deve essere disatteso.

    Sul secondo motivo

    19 Il governo italiano rimprovera alla Commissione di non aver tenuto conto, in alcun momento della fase precontenziosa del procedimento, della successiva adozione, da parte della Repubblica italiana, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530 (GURI Supplemento ordinario dell' 11 gennaio 1993), che era diretto a dare attuazione alla direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/492/CEE, recante norme sanitarie applicabili alla produzione e alla commercializzazione dei molluschi bivalvi vivi (GU L 268, pag. 1). Tale decreto sarebbe stato notificato alla Commissione, la quale avrebbe emesso peraltro un parere circostanziato il 27 gennaio 1993.

    20 Si deve ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, l' esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi (sentenza 2 maggio 1996, causa C-133/94, Commissione/Belgio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 17).

    21 Orbene, nella specie il decreto n. 530 è stato adottato successivamente allo scadere del termine impartito nel parere motivato 2 dicembre 1991.

    22 Ne consegue che anche il secondo motivo di irricevibilità deve essere disatteso.

    Sul terzo motivo

    23 Il governo italiano sostiene che quanto meno due dei decreti controversi, cioè il decreto 1 agosto 1990, n. 257, e il decreto 1 settembre 1990, non erano soggetti all' obbligo di notifica previsto dall' art. 10 della direttiva 83/189. Questi due decreti rientrerebbero anch' essi nella sfera di applicazione della direttiva 91/492, di cui sarebbero divenuti le disposizioni di attuazione, e quindi il parere motivato ad essi relativo, emesso dalla Commissione il 2 dicembre 1991, posteriormente cioè all' emanazione della direttiva 91/492, avrebbe perduto ogni rilevanza. Infatti, pretendere la sospensione dei due decreti controversi e la loro successiva notifica allo stato di progetto si risolverebbe nell' impedire a uno Stato membro di mantenere in vigore norme di salvaguardia della salute conformi a una direttiva già pubblicata, ma il cui termine di attuazione è ancora in corso.

    24 Tale argomentazione non è idonea a rendere irricevibile il presente ricorso. Infatti, la questione se la Repubblica italiana fosse dispensata dall' obbligo di notificare i due decreti considerati in applicazione dell' art. 10 della direttiva 83/189 rientra nell' esame del merito della presente causa.

    25 Ne consegue che anche il terzo motivo di irricevibilità deve essere respinto e che il presente ricorso è ricevibile.

    Nel merito

    26 La Commissione sostiene che i motivi urgenti invocati dalla Repubblica italiana nelle risposte alle lettere di diffida non giustificano la totale assenza di comunicazione dei decreti controversi allo stato di progetto. L' art. 9, n. 3, della direttiva 83/189 consente, è vero, agli Stati membri di derogare ai termini di statu quo, loro prescritti nei paragrafi precedenti, per motivi urgenti attinenti alla tutela della salute delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali o alla sicurezza. Tuttavia, neppure il sussistere di motivi siffatti dispenserebbe gli Stati membri dal comunicare i progetti di decreti considerati, poiché l' art. 9, n. 3, seconda frase, dispone: "Nella comunicazione di cui all' articolo 8 detto Stato membro indica (...) i motivi che giustificano l' urgenza di tali provvedimenti". Orbene, nella specie non sono stati comunicati alla Commissione né i progetti di decreti né i motivi della loro adozione urgente. Alla luce di quanto sopra la Repubblica italiana sarebbe venuta meno agli obblighi impostile dagli artt. 8 e 9 della direttiva 83/189.

    27 Nel controricorso e nella controreplica, la Repubblica italiana non si richiama più alle ragioni di urgenza che aveva invocato e sviluppato nelle risposte alle lettere di diffida al fine di giustificare la mancanza della notifica.

    28 Di conseguenza, al contrario di quanto sostenuto dalla Commissione, non si deve esaminare se la Repubblica italiana, non avendole indicato i motivi che giustificavano l' adozione d' urgenza dei decreti controversi, sia venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell' art. 9 della direttiva 83/189.

    29 Per contro, si deve valutare se, come sostenuto dalla Repubblica italiana, i quattro decreti controversi siano sottratti all' obbligo di notifica imposto dall' art. 8 della direttiva 83/189 perché non costituiscono regole tecniche ai sensi dell' art. 1, punto 5, o perché sono diretti a trasporre direttive comunitarie e ricadono sotto l' art. 10 della direttiva 83/189.

    Sul decreto ministeriale 1 agosto 1990, n. 256

    30 In primo luogo, la Repubblica italiana considera che il decreto n. 256 non rientra nel campo di applicazione della direttiva 83/189, dato che le disposizioni in esso contenute non costituiscono regole tecniche ai sensi dell' art. 1, punto 5 di tale direttiva. Il detto decreto riguarderebbe la qualità delle acque destinate alla coltura dei molluschi eduli lamellibranchi e non le caratteristiche richieste per la loro commercializzazione.

    31 Tale argomento deve essere respinto.

    32 Il decreto n. 256, anche se verte su taluni aspetti della qualità delle acque destinate ad accogliere popolazioni di molluschi eduli lamellibranchi, pone cionondimeno in essere, come giustamente sottolineato dalla Commissione, un nesso molto stretto tra la qualità delle acque di coltura e la commercializzazione dei molluschi lamellibranchi destinati al consumo umano. Infatti, soltanto i molluschi coltivati in acque che rispondono alle specificazioni tecniche istituite dal decreto n. 256 potranno essere commercializzati. L' osservanza di tali specificazioni, che sono obbligatorie, ha pertanto diretta incidenza sulla commercializzazione dei molluschi e il decreto n. 256 deve essere quindi considerato una regola tecnica, soggetta all' obbligo di notifica previsto dall' art. 8 della direttiva 83/189.

    33 In secondo luogo la Repubblica italiana sostiene che le disposizioni del decreto n. 256, dal momento che riguardano la qualità delle acque, si riferiscono a una materia disciplinata dalla direttiva del Consiglio 30 dicembre 1979, 79/923/CEE, relativa ai requisiti di qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (GU L 281, pag. 47), la quale è menzionata nel preambolo del decreto stesso. Di conseguenza, il governo italiano ritiene che, in applicazione dell' art. 10 della direttiva 83/189, esso non fosse tenuto a notificare il detto decreto.

    34 Neppure questa argomentazione del governo italiano può essere accolta.

    35 Si deve rilevare infatti che il decreto n. 256 mira unicamente ad aggiornare gli artt. 4 e 6 del citato decreto ministeriale 27 aprile 1978, relativo alla qualità delle acque destinate alla coltura dei molluschi, a seguito dell' apparizione di talune biotossine algali in determinate aree costiere italiane del Mare Adriatico. Poiché tale nuova situazione ambientale presenta rischi per il consumatore, la Repubblica italiana ha inteso adottare misure di tutela e di prevenzione, in particolare, intensificando i prelievi a campione di acque e molluschi al fine di prevenire ogni rischio di contaminazione. Lungi dal sostituirsi al decreto 27 aprile 1978, il decreto n. 256 si è limitato a renderlo attuale, fissando criteri e modalità di sorveglianza più dettagliati e intensivi delle acque destinate alla coltura dei molluschi.

    36 Per quanto riguarda la direttiva 79/923, questa ha un campo di applicazione molto più vasto di quello del decreto n. 256. Essa non solo prevede il potenziamento delle procedure di campionamento e di controllo periodico delle acque di coltura dei molluschi a seguito della comparsa di nuove biotossine algali, bensì fissa un programma generale di progressiva riduzione dell' inquinamento delle acque e istituisce un sistema complesso di classificazione delle acque destinate alla molluschicoltura. Tali obiettivi sono solo in parte perseguiti dal decreto n. 256, il cui campo di applicazione è molto più ristretto.

    37 Si deve pertanto constatare che il decreto n. 256 non costituisce una misura di trasposizione della direttiva 79/923 idonea a giustificare l' applicazione dell' art. 10 della direttiva 83/189 e doveva pertanto essere notificato alla Commissione, conformemente all' art. 8 della direttiva per ultimo menzionata.

    Sul decreto 1 agosto 1990, n. 257, e sul decreto 1 settembre 1990

    38 La Repubblica italiana sostiene che la citata direttiva 91/492 è stata adottata il 15 luglio 1991, cioè prima che la Commissione inviasse, il 2 dicembre 1991, il parere motivato relativo al decreto 1 agosto 1990, n. 257, e al decreto 1 settembre 1990. Considera pertanto che i detti due decreti sono diventati disposizioni di attuazione della direttiva 91/492 e che, pertanto, ai sensi dell' art. 10 della direttiva 83/189 essa era dispensata dall' obbligo di darne notifica.

    39 Una siffatta argomentazione non può essere condivisa.

    40 Si deve infatti rilevare che il decreto n. 257 ha soltanto modificato, per ragioni identiche a quelle che hanno portato all' adozione del decreto n. 256, l' art. 8 del citato decreto ministeriale 5 ottobre 1978, concernente i requisiti microbiologici, chimici e biologici dei molluschi.

    41 Per quanto riguarda il decreto ministeriale 1 settembre 1990, questo ha istituito un nuovo metodo di analisi ai fini della determinazione della presenza di biotossine algali nei molluschi bivalvi e nelle acque destinate alla molluschicoltura.

    42 I due decreti, pertanto, avevano, al pari del decreto n. 256, un obiettivo circoscritto, consistente nel prevenire la comparsa di nuove biotossine algali potenziando i metodi di analisi esistenti e istituendone nuovi.

    43 Orbene, la direttiva 91/492 contiene disposizioni di portata molto più ampia sulla commercializzazione non solo dei molluschi bivalvi, ma anche dei gasteropodi marini, dei tunicati e degli echinodermi. Essa, infatti, prescrive nuovi requisiti per tutte le fasi della raccolta, della manipolazione, del magazzinaggio, del trasporto e della distribuzione dei molluschi. Istituisce altresì un sistema di registrazione e di marchiatura che consente di identificare a fini sanitari l' origine di ciascuna partita.

    44 Inoltre, la mancanza di un nesso diretto tra la direttiva 91/492 e i due decreti considerati è corroborata dall' affermazione del governo italiano secondo cui la detta direttiva è stata trasposta nel diritto italiano a mezzo del citato decreto legge 30 dicembre 1992, n. 530. Tale decreto, che secondo le affermazioni dello stesso governo italiano costituisce il testo unico di attuazione della direttiva 91/492, è stato censurato dalla Commissione nel parere circostanziato trasmesso in data 27 gennaio 1993 in quanto si applicava a una terza tossina, la NSP, non contemplata dalla direttiva 91/492.

    45 Non costituendo misure di trasposizione della direttiva 91/492 idonee a giustificare l' applicazione dell' art. 10 della direttiva 83/189, il decreto 1 agosto 1990, n. 257, e il decreto 1 settembre 1990 dovevano essere notificati alla Commissione, conformemente all' art. 8 della direttiva per ultimo menzionata.

    Sul decreto 7 giugno 1991

    46 Secondo il governo italiano, il decreto 7 giugno 1991, recante misure relative a specialità medicinali provenienti da organi e tessuti bovini, risponde ai timori suscitati dalla diffusione di patologie bovine infettive (in particolare l' encefalopatia spongiforme bovina, più conosciuta come "malattia della mucca pazza"). Per prevenire la presenza di virus o di agenti patogeni specifici in tali specialità medicinali, le autorità italiane avrebbero preferito esigere documentazione e analisi ulteriori rispetto a quelle presentate a sostegno delle domande di autorizzazione di immissione sul mercato a suo tempo prodotte, piuttosto che decidere una sospensione generalizzata di tali autorizzazioni.

    47 Il governo italiano ritiene che siffatte misure rientrino nell' ambito dei poteri riconosciuti agli Stati membri con direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, 65/65/CEE, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alle specialità medicinali, come successivamente modificata (GU 1965, n. 22, pag. 369). Tali poteri implicherebbero, infatti, la possibilità, per gli Stati membri, di sospendere e di revocare le autorizzazioni di immissione sul mercato come pure di esigere un' ulteriore documentazione a sostegno della domanda iniziale di immissione sul mercato.

    48 Rispondendo a un quesito scritto rivoltogli dalla Corte, il governo italiano ha affermato che l' estensione, a mezzo della direttiva 88/182, della sfera di applicazione della direttiva 83/189 ai metodi e alle procedure di produzione di medicinali ai sensi della direttiva 65/65 non può né modificare né ridurre la portata del regime speciale di tale settore, estremamente delicato, disciplinato dalla direttiva per ultimo menzionata, compromettendo, in particolare, i poteri di controllo e di verifica delle autorità nazionali nell' ambito del regime speciale di registrazione delle specialità medicinali.

    49 Di conseguenza, il governo italiano considera che soltanto i provvedimenti nazionali aventi ad oggetto specialità medicinali che non rientrano nella sfera di applicazione della direttiva 65/65 devono costituire oggetto della procedura di informazione prevista dalla direttiva 83/189.

    50 Tale argomento non può essere accolto.

    51 Dall' art. 1, punto 1, della direttiva 83/189 risulta che la nozione di "specificazione tecnica" comprende i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai medicinali, quali definiti dall' art. 1 della direttiva 65/65.

    52 Pertanto, il decreto 7 giugno 1991, il quale introduce nuove specificazioni tecniche obbligatorie ai fini della commercializzazione di specialità medicinali provenienti da organi e da tessuti bovini, costituisce una regola tecnica ai sensi dell' art. 1, punto 5, della direttiva 83/189 e avrebbe dovuto essere notificato alla Commissione.

    53 Di conseguenza, si deve dichiarare che, adottando i quattro decreti controversi senza averli notificati alla Commissione allo stato di progetto, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell' art. 8 della direttiva 83/189.

    Decisione relativa alle spese


    Sulle spese

    54 Ai sensi dell' art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese. Poiché la Repubblica italiana è rimasta soccombente, le spese vanno poste a suo carico.

    Dispositivo


    Per questi motivi,

    LA CORTE (Sesta Sezione)

    dichiara e statuisce:

    1) Avendo adottato i quattro decreti del ministero della Sanità 1 agosto 1990, n. 256, 1 agosto 1990, n. 257, nonché 1 settembre 1990 e 7 giugno 1991, senza averli notificati alla Commissione allo stato di progetto, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell' art. 8 della direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/189/CEE, che prevede una procedura di informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, come modificata con direttiva del Consiglio 22 marzo 1988, 88/182/CEE.

    2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.

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