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Document 32000D0425
2000/425/EC: Commission Decision of 16 November 1999 on aid granted by France to Gooding Consumer Electronics Ltd in connection with the purchase of the former Grundig plant at Creutzwald (notified under document number C(1999) 4230) (Text with EEA relevance) (Only the French text is authentic)
2000/425/CE: Decisione della Commissione, del 16 novembre 1999, relativa agli aiuti che la Francia ha accordato a Gooding Consumer Electronics Ltd nell'ambito del rilevamento dell'ex stabilimento Grundig di Creutzwald [notificata con il numero C(1999) 4230] (Testo rilevante ai fini del SEE) (Il testo in lingua francese è il solo facente fede)
2000/425/CE: Decisione della Commissione, del 16 novembre 1999, relativa agli aiuti che la Francia ha accordato a Gooding Consumer Electronics Ltd nell'ambito del rilevamento dell'ex stabilimento Grundig di Creutzwald [notificata con il numero C(1999) 4230] (Testo rilevante ai fini del SEE) (Il testo in lingua francese è il solo facente fede)
GU L 165 del 6.7.2000, p. 25–32
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
In force
2000/425/CE: Decisione della Commissione, del 16 novembre 1999, relativa agli aiuti che la Francia ha accordato a Gooding Consumer Electronics Ltd nell'ambito del rilevamento dell'ex stabilimento Grundig di Creutzwald [notificata con il numero C(1999) 4230] (Testo rilevante ai fini del SEE) (Il testo in lingua francese è il solo facente fede)
Gazzetta ufficiale n. L 165 del 06/07/2000 pag. 0025 - 0032
Decisione della Commissione del 16 novembre 1999 relativa agli aiuti che la Francia ha accordato a Gooding Consumer Electronics Ltd nell'ambito del rilevamento dell'ex stabilimento Grundig di Creutzwald [notificata con il numero C(1999) 4230] (Il testo in lingua francese è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE) (2000/425/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 88, paragrafo 2, primo comma, visto l'accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare l'articolo 62, paragrafo 1, lettera a), dopo aver invitato gli interessati, conformemente agli articoli succitati, a presentare osservazioni, considerando quanto segue: I. PROCEDIMENTO (1) Gli articoli pubblicati dalla stampa hanno richiamato l'attenzione della Commissione sull'esistenza di aiuti che le autorità francesi intendevano accordare all'ex stabilimento Grundig di Creutzwald, che era stato da poco rilevato da Gooding Consumer Electronics Ltd (di seguito GCE). (2) Le informazioni trasmesse, su richiesta della Commissione, dalla Francia tra il 16 giugno 1994 ed il 25 marzo 1995, nonché i documenti allegati alla lettera del 5 gennaio 1995, hanno permesso di accertare che gli aiuti sono stati in parte effettivamente erogati. Si tratta di due aiuti, di cui uno alla ricerca e sviluppo (R & S) e l'altro alla ristrutturazione (denominato anche aiuto di accompagnamento), più precisamente: a) il primo aiuto ammontava a 10 milioni di FRF (1,52 milioni di ECU) ed è stato accordato sulla base e nel rispetto del regime per il settore elettronico approvato dalla Commissione(1); b) il secondo aiuto ammontava a 36 milioni di FRF (5,5 milioni di ECU), di cui 24 milioni sono stati apportati dallo Stato e 12 milioni dalle autorità regionali. In entrambi i casi si tratta di interventi ad hoc. (3) L'acquisto dell'ex stabilimento Grundig da parte di GCE è stato effettuato secondo un piano di acquisto, la cui attuazione è iniziata il 30 marzo 1994, vertente su due assi: la ristrutturazione dell'impresa ed il ripristino della sua redditività a lungo termine. L'acquirente proponeva le linee di azione seguenti: i) riorientare l'attività produttiva [televisori (mono) di qualità ed introduzione di tecnologie relative ai ricevitori satellitari, mercato in rapida crescita], ii) disporre di una quota di produzione garantita grazie agli ordinativi impartiti dall'ex azionista Grundig, iii) diminuire la produzione e ridurre i posti di lavoro, iv) acquistare un marchio molto importante atto a commercializzare una parte considerevole della produzione diretta e v) creare una rete di fabbricazione e di distribuzione "Original Equipment Manufacturing" (OEM). (4) Nel 1994 GESA aveva un organico di 350 unità, inferiore del 38 % all'organico di 562 unità dell'ex stabilimento Grundig. (5) Successivamente alla ristrutturazione e per razionalizzare l'investimento, GESA ha diminuito le sue capacità produttive riducendole a circa 300000 televisori rispetto ai 578000 apparecchi di Grundig nel 1990-1991. GCE/GESA sono intervenuti sul mercato europeo con stime di produzione, secondo uno studio di mercato fornito dalle autorità francesi, di 16,7 milioni di televisori a colori nel 1993. La loro quota di mercato era quindi, all'epoca, pari all'1,74 %. Sempre nel 1993 la domanda di questo stesso mercato europeo era di 21,5 milioni di apparecchi. (6) In data 3 e 25 luglio 1995 le autorità francesi hanno informato la Commissione che GESA aveva depositato il bilancio il 22 giugno 1995. Successivamente, e da ultimo in data 20 ottobre 1997, sono pervenute alla Commissione altre informazioni sulla situazione dell'impresa e sulle procedure di amministrazione controllata e di liquidazione. (7) A più riprese nel corso dell'istruzione del fascicolo, le autorità francesi hanno chiesto alla Commissione di tener conto degli ultimi sviluppi intervenuti nell'ambito del procedimento giudiziario prima di decidere l'avvio del procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, del trattato in quanto simile decisione "poteva rendere più difficile un eventuale acquisto della società". (8) GESA aveva ottenuto dal tribunale di Metz (Tribunal de grande instance - TGI) di fruire di un periodo di osservazione di sei mesi, rinnovabili, conformemente alla legge del 25 gennaio 1985 n. 98, relativa all'amministrazione controllata ed alla liquidazione giudiziaria delle imprese. Il 16 aprile 1997 le autorità francesi hanno informato la Commissione che, in data 21 febbraio 1997, il TGI di Metz ha pronunciato la liquidazione di GESA. Tale decisione è stata sospesa in seguito a una domanda di rinvio dell'esecuzione a motivo della presentazione di un'offerta di acquisto da parte del gruppo Cofidur. Il TGI di Metz ha poi accordato a Cofidur la cessione delle attività di GESA. Cofidur ha creato una nuova società, Continental Edison, che, secondo le autorità francesi, è del tutto distinta dalla precedente. (9) Il 25 giugno 1997 la Francia ha notificato alla Commissione l'intenzione di accordare nuovi aiuti alla società Cofidur che ha rilevato le attività di GESA. In seguito all'esame di detti aiuti, la Commissione, in data 25 febbraio 1998, ha deciso di avviare procedimento ex articolo 88, paragrafo 2, del trattato(2). (10) Alla stessa data la Commissione ha deciso di avviare identico procedimento nei confronti delle misure summenzionate in favore di GESA. La Francia è stata informata di detta decisione con lettera del 22 aprile 1998(3), pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee l'11 giugno 1998(4). La Commissione ha invitato gli interessati a presentare osservazioni in merito all'aiuto in causa. Nell'ambito di tale procedimento alla Commissione non è pervenuta alcuna reazione di Stati membri né di terzi interessati. II. OSSERVAZIONI NEL QUADRO DEL PROCEDIMENTO EX ARTICOLO 88, PARAGRAFO 2, DEL TRATTATO Ragioni invocate dalla Commissione per avviare il procedimento (11) I motivi per cui la Commissione ha deciso di avviare il procedimento sono i seguenti: a) Non era stato possibile accertare la conformità dell'operazione proposta da GCE con gli "orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà"(5) (in appresso "orientamenti comunitari") in quanto non era stato dimostrato che il piano di ristrutturazione presentato poteva garantire, entro un lasso di tempo ragionevole, il ripristino dell'efficienza economica e finanziaria a lungo termine dell'impresa. Infatti la Commissione nutriva dubbi quanto al carattere realistico di talune ipotesi concernenti le condizioni future di gestione e la formazione dei conti previsionali, il che poteva rimettere in discussione i risultati previsionali positivi che si supponeva la società registrasse al termine della ristrutturazione. Tali dubbi non permettevano di constatare la credibilità dei conti previsionali per i tre esercizi successivi, né delle previsioni di liquidità e del piano di finanziamento comunicati dalle autorità francesi. b) Non era stata dimostrata la prevenzione di distorsioni indebite di concorrenza nel segmento di mercato su cui GESA intendeva operare, ossia dei televisori mono di qualità con diagonale schermo da 37 a 55 cm, giacché la produzione doveva raddoppiare prima della fine del piano di ristrutturazione. c) La mancata realizzazione del piano di ristrutturazione, che non aveva potuto essere concluso a causa di gravi problemi di approvvigionamento di componenti nonché a causa di altre difficoltà incontrate da GESA. La Commissione, contrariamente alla Francia, ha ritenuto che tali perturbazioni fossero endogene, ossia imputabili all'impresa. Inoltre sussisteva un dubbio quanto alla reale volontà dell'azionista di portare a termine il piano di rilancio che aveva elaborato. Tale dubbio era stato confermato dal fatto che l'aiuto di 10 milioni di FRF accordato nel quadro del regime "settore elettronico" non ha potuto essere versato pur essendo stati eseguiti i lavori di ricerca, giacché la società non ha presentato alle autorità francesi i certificati amministrativi necessari. d) Apparentemente le autorità francesi non hanno esaminato dettagliatamente la situazione finanziaria del gruppo GCE, azionista di GESA. Anche il fatto stesso che GCE abbia cessato di esistere poteva essere un indizio che l'impresa mancava della solidità finanziaria necessaria. La cessazione di attività induceva a ritenere che non potevano essere soddisfatte in futuro le condizioni richieste dagli ordinamenti comunitari. Osservazioni della Francia (12) Con lettere del 20 maggio e 18 giugno 1998, la Francia ha fatto pervenire le sue osservazioni alla Commissione. (13) Innanzitutto la Francia ha respinto i dubbi della Commissione concernenti le previsioni su cui doveva basarsi il ripristino della redditività economico-finanziaria dell'impresa. Infatti tali previsioni non apparivano irrealistiche giacché la nicchia dei televisori di piccola dimensione era sostenuta dalla progressiva generalizzazione della pluridotazione da parte delle famiglie di apparecchi televisivi. Inoltre la strategia consisteva nel sostituirsi in parte alle importazioni asiatiche, soddisfacendo in tal modo una domanda esplicita della grande distribuzione. (14) Secondo la Francia l'aumento del fatturato superiore all'80 % registrato tra il 1994 e il 1996 si spiega con il fatturato iniziale (1994) estremamente modesto rispetto alla produzione della fabbrica Grundig. Le autorità francesi sottolineano inoltre che l'impresa non è stata svantaggiata dalla carenza di ordinativi, bensì dalla difficoltà di eseguirli a causa delle perturbazioni esogene subite durante tale periodo. Sempre secondo la Francia tali perturbazioni sono state causate dalla penuria di tubi catodici provocata da un incidente industriale avvenuto presso uno dei principali fornitori di GESA. (15) Le previsioni di riduzione dei costi di produzione di GESA si basavano sullo sviluppo del nuovo châssis G 1000 particolarmente integrato e flessibile, quindi facilmente adattabile ai diversi standard europei. Tali previsioni si fondavano anche sull'esistenza di uno strumento di produzione efficiente, estremamente automatizzato e quindi idoneo alla fabbricazione di uno châssis molto più integrato di quello dei concorrenti asiatici di questo segmento di mercato. (16) Infine, per approfittare pienamente di detta automazione occorreva realizzare un volume di produzione ingente. Non è stato però possibile conseguire tale obiettivo a causa delle turbative intervenute nell'approvvigionamento di componenti e dell'impossibilità di commercializzare il marchio Continental Edison. Le autorità francesi indicano, a questo riguardo, che anche altri industriali del settore dell'elettronica di massa avevano scelto, alla stessa epoca, di aumentare la loro produzione europea di prodotti affini, diminuendo le rispettive importazioni dai paesi asiatici. (17) La Francia respinge le tesi della Commissione secondo cui l'aiuto ha potuto provocare distorsioni di concorrenza tra i produttori comunitari. In realtà GESA non si collocava nella nicchia dei produttori europei di prodotti di grande marca (salvo per la produzione realizzata per conto di Grundig), bensì, al contrario, in quella dei prodotti di bassa qualità essenzialmente importati dall'Asia e dei quali la produzione comunitaria era modesta. (18) La Francia smentisce che le sua autorità non abbiano sufficientemente esaminato la situazione finanziaria del gruppo GCE, poco noto in Francia all'epoca del rilevamento dell'impresa data la sua dimensione media e la sua assenza sul mercato francese. Al contrario, essa conferma di aver realizzato le indagini necessarie per accertarsi che la situazione del gruppo GCE fosse sana. Da tali indagini era emerso che la società britannica godeva di una buona reputazione fondata tra l'altro sul suo posizionamento su un mercato in crescita (in particolare i ricevitori satellitari), sulla personale reputazione del suo dirigente ed azionista principale e sui legami commerciali con il gruppo Grundig. (19) La Francia condivide invece i dubbi della Commissione quanto alla reale volontà degli azionisti di GCE di portare a termine il piano che avevano concepito. Infatti gli azionisti non hanno rispettato la totalità dei loro impegni, tra cui la promessa di diversificare l'attività a Creutzwald. Il trasferimento della produzione di ricevitori satellitari costituiva un elemento importante del piano giacché doveva apportare allo stabilimento un volume notevole di attività. (20) Il comportamento di questi azionisti ha altresì avuto l'effetto di limitare le risorse a disposizione dell'impresa, giacché ha reso impossibile sia il versamento degli aiuti alla ricerca e sviluppo che dei prestiti bancari, privando in tal modo l'impresa di 53 milioni di FRF. Fatto ancora più grave, si sospettano appropriazioni indebite e malversazioni. (21) Concludendo, la Francia ribadisce che le difficoltà dell'impresa traggono origine dal carattere eccezionale e non prevedibile del comportamento degli azionisti e sottolinea essenzialmente che la concomitanza di eventi sfavorevoli (presi separatamente, si tratta di errori negli ordinativi e della carenza di taluni componenti elettronici e di tubi catodici) ha moltiplicato l'effetto di ciascuna di queste circostanze non prevedibili ed ha particolarmente svantaggiato GESA. Il fallimento del piano di ristrutturazione sarebbe pertanto dovuto a cause esogene all'impresa. III. VALUTAZIONE DELLE MISURE (22) L'aiuto all'accompagnamento in favore di GESA costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato in quanto questo conferimento pubblico ha permesso all'impresa beneficiaria di procedere alla ristrutturazione senza doverne sostenere interamente i costi come dovrebbe fare qualsiasi impresa in una situazione normale di mercato. (23) Inoltre, come indicato in occasione dell'avvio del presente procedimento, il settore europeo dei televisori è oggetto di una feroce concorrenza, provocata dalla persistente diminuzione dei prezzi e dalla notevole presenza di prodotti provenienti da paesi terzi. Dai dati in possesso della Commissione risulta che la quota francese del commercio intracomunitario di televisori a colori era mediamente del 18,7 % nel 1992, del 19,05 % nel 1993, per scendere poi fino al 15,7 % nel 1996. La bilancia commerciale della Francia in questi scambi intracomunitari è rimasta deficitaria nel periodo 1992-1996, escluso il 1993, in cui si è registrata una leggera eccedenza. (24) La Commissione deplora che la Francia non le abbia notificato questo aiuto alla ristrutturazione in tempo utile affinché potesse pronunciarsi al riguardo, conformemente alle disposizioni dell'articolo 88, paragrafo 3, del trattato. Omettendo di notificare la misura, la Francia è venuta meno agli obblighi che le derivano dal trattato. Questi stessi obblighi sono stati nuovamente ignorati nel momento in cui la Francia ha deciso di versare l'aiuto promesso senza che la Commissione si fosse pronunciata sulla sua compatibilità. Di conseguenza l'aiuto in questione è illegale. (25) L'aiuto non è compatibile con il mercato comune in virtù delle deroghe di cui all'articolo 87, paragrafo 2, del trattato in quanto non costituisce un aiuto a carattere sociale concesso ai singoli consumatori, né è destinato ad ovviare ai danni arrecati da calamità naturali oppure da eventi eccezionali. Non può neppure fruire della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 2, lettera c). (26) L'aiuto non può nemmeno essere considerato compatibile in virtù delle deroghe di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettere a), b) e d). Infatti non è destinato a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), conformemente alla comunicazione della Commissione sul metodo utilizzato per l'applicazione dell'articolo 92, paragrafo 3, lettera c), agli aiuti nazionali a finalità regionale(6) né è destinato a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo e neppure a porre rimedio ad un grave perturbamento dell'economia di uno Stato membro né a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio. (27) Occorre quindi limitare l'esame della compatibilità dell'aiuto alla deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), alla luce degli orientamenti comunitari applicabili. (28) In base a detti orientamenti, la Commissione ritiene che questi aiuti possano contribuire allo sviluppo di attività economiche senza incidere sugli scambi intracomunitari in misura contraria all'interesse comunitario purché siano soddisfatte talune condizioni. Affinché la Commissione possa approvare un aiuto, occorre che il piano di ristrutturazione soddisfi tutte le condizioni generali, in particolare il ripristino della redditività economico-finanziaria a lungo termine dell'impresa, la prevenzione di distorsioni indebite della concorrenza, la proporzionalità degli aiuti ai costi ed ai benefici della ristrutturazione e la piena attuazione del programma di ristrutturazione. (29) Orbene, l'avvio del procedimento è stato motivato dal fatto che non sembravano soddisfatte, in base agli elementi di informazione forniti alla Commissione, talune condizioni indicate negli orientamenti comunitari. (30) Innanzitutto, va osservato che il piano di ristrutturazione, posto in atto dalla data in cui lo stabilimento Grundig è stato rilevato da GCE il 30 marzo 1994 e per una durata di tre anni, non ha potuto essere portato a termine come dimostra il deposito del bilancio in data 22 giugno 1995. Ciononostante, secondo la Francia, il deposito di bilancio da parte di GESA, a poco più di un anno di distanza dal lancio del piano di ristrutturazione, non costituisce una dimostrazione del fatto che le previsioni di gestione e dei conti fossero irrealistiche al momento della concessione degli aiuti. La Commissione deve pertanto esaminare la pertinenza del piano tenuto conto delle condizioni stabilite negli orientamenti comunitari nel momento in cui il rilevatario ha presentato alle autorità francesi la decisione di investire nell'ex stabilimento di Grundig. L'esistenza di un piano di ristrutturazione basato su ipotesi realistiche di ripristino della redditività economico-finanziaria (31) Secondo le autorità francesi il ripristino della redditività economico-finanziaria nel lungo periodo di GESA, entro un arco di tempo ragionevole, si basava su previsioni realistiche. L'evoluzione del fatturato, quale rilevata dalla Commissione in occasione dell'avvio del procedimento, prevedeva un aumento superiore all'80 % tra il 1994 e il 1996. Tale evoluzione si basava, secondo la Francia, su un fatturato di riferimento alquanto modesto, ossia un livello di produzione iniziale molto basso rispetto a quello dell'ex stabilimento Grundig. (32) La capacità di produzione iniziale di GESA è stata ridotta a 300000 pezzi all'anno. Infatti gli ordinativi di Grundig a GESA hanno garantito l'integralità dell'attività di quest'ultima nel 1994, rappresentando 160000 apparecchi e vari sottoinsiemi. Tenuto conto del riorientamento della produzione verso apparecchi televisivi di formato ridotto, il piano prevedeva un aumento dei volumi negli anni successivi al fine di soddisfare la domanda in questo settore. (33) La Commissione osserva che questo aumento di produzione era una condizione determinante ai fini della redditività economico-finanziaria del progetto, giacché l'automatizzazione del processo di produzione esigeva livelli elevati di produzione per poter essere redditizia. Inoltre, anche prevedendo che in due anni raddoppiasse, la produzione avrebbe dovuto raggiungere l'ordine di grandezza di quella realizzata da Grundig prima che si ritirasse, ossia 500000 apparecchi nel periodo 1992-1993 (e circa 600000 l'anno precedente) che inoltre, nel segmento dei televisori di piccole dimensioni, è più in crescita che quello in cui operava Grundig (televisori di grandi dimensioni) prima che si ritirasse dallo stabilimento. (34) La Francia giustifica la strategia di penetrazione del segmento dei piccoli televisori che all'epoca era caratterizzato da una guerra dei prezzi dei principali produttori risalente ai primi anni '90, adducendo la progressiva generalizzazione della pluridotazione da parte delle famiglie di apparecchi televisivi. Questa tendenza del mercato per gli anni 1993-1995 è confermata dal Panorama de l'Industrie Communautaire del 1997, secondo il quale la maggior parte delle vendite viene effettuato sotto forma di acquisto di rinnovo oppure di un secondo apparecchio. (35) Questa strategia di GESA si basava su una domanda chiara della grande distribuzione, la quale chiedeva fonti locali, flessibili in materia di produzione, di qualità e competitive, di televisori di marchio proprio o non, destinati a sostituire i prodotti di qualità modesta di origine asiatica. Secondo le informazioni fornite dalla Francia la grande distribuzione intendeva sostituire questa produzione caratterizzata da un'affidabilità irregolare e quindi con un servizio costoso di assistenza ai consumatori ed i cui tempi di approvvigionamento non erano adeguati alla fluttuazione della domanda. (36) Trattandosi di una domanda esplicita della grande distribuzione, quindi di un canale di smercio importante (un terzo del mercato nel 1993), era ragionevole anticipare un forte aumento delle vendite. Occorre inoltre aggiungere che nel 1993 la produzione di apparecchi televisivi di piccole dimensioni rappresentava soltanto la metà della domanda europea di questo segmento (4,1 milioni di apparecchi prodotti, contro una domanda di 8,3 milioni)(7), giacché il grosso delle importazioni europee avveniva in questo segmento. (37) Questa strategia è stata peraltro seguita da un certo numero di produttori europei di media dimensione, ad esempio Kasui in Francia, Mivar, Formenti o Imperial in Italia ed Elbe in Spagna. Si deve pertanto concludere che la scelta di GESA non sembra anormale, essendo comune ad altri produttori di dimensioni analoghe situati in altri Stati membri. (38) La validità di questa strategia si è rapidamente confermata, giacché GESA ha convinto la grande distribuzione europea, da un lato, con la sua gamma G 1000 dallo châssis molto integrato, affidabile ed adattabile a tutti gli standard europei e, dall'altro, grazie alla sua capacità di soddisfare rapidamente la domanda di un mercato diventato ormai molto stagionale. Infatti non è stata l'insufficienza di ordinativi a svantaggiare l'impresa, bensì la difficoltà di soddisfarli a causa delle perturbazioni intervenute nelle forniture. (39) In occasione dell'avvio del procedimento, la Commissione aveva constatato che l'obiettivo di GESA consisteva nel produrre televisori a prezzi particolarmente competitivi, comparabili a quelli dei produttori del Sudest asiatico. La Commissione aveva espresso dubbi quanto alla capacità della società di raggiungere un livello di costi, in particolare per la manodopera, comparabile a quello della produzione importata. (40) Nell'ambito del procedimento, la Francia ha precisato che l'obiettivo della società non era quello di raggiungere costi di produzione identici a quelli dei produttori asiatici. Infatti la grande distribuzione, costantemente alla ricerca di prezzi bassi, accetta esplicitamente un sovraccosto relativo per questi prodotti europei, purché la loro qualità superiore e la loro facilità di approvvigionamento le permettano di mantenere margini identici a quelli ottenuti sui prodotti importati. La diminuzione dei proventi del servizio di assistenza alla clientela e la capacità di risposta ad una domanda molto ciclica, pur diminuendo le scorte precauzionali, permettono infatti di compensare un leggero sovraccosto all'acquisto. (41) Inoltre, la riduzione dei costi di produzione di GESA si basava sullo sviluppo del nuovo châssis G 1000 e sull'esistenza di uno strumento di produzione estremamente automatizzato e quindi adattato alla fabbricazione di uno châssis molto più integrato di quello dei concorrenti asiatici di questo segmento di mercato. Naturalmente, per trarre pieno profitto da questa automatizzazione e quindi ridurre i costi di manodopera, occorreva realizzare un volume di produzione notevole, il che non è stato invece possibile a causa delle succitate turbative di approvvigionamento. (42) Tenuto conto di quanto sopra, la Commissione ritiene che le ipotesi di formazione dei conti previsionali si basassero in realtà su prospettive realistiche grazie allo sfruttamento di una nuova nicchia sempre più grande del mercato in questione. Inoltre, il risanamento della società previsto nell'arco di tre esercizi era coerente, sufficientemente progressivo e basato su miglioramenti strutturali (diversificazione nei segmenti in crescita, apporto di nuove tecnologie da parte dell'acquirente, riduzione dei costi di manodopera rispetto al fatturato, mantenimento degli investimenti in materia di ricerca e sviluppo) per essere credibile ed assicurare la redditività economico-finanziaria dell'impresa. Pertanto il reddito operativo doveva migliorare fino a raggiungere, al termine della ristrutturazione, il 5,2 % del fatturato prima dell'imposta e l'1,4 % al netto dell'imposta. (43) Inoltre i conti previsionali per il 1996, anno conclusivo della ristrutturazione, indicavano una situazione sana delle liquidità ed un cash-flow nettamente positivo. Il coefficiente debiti/fondi propri si normalizzava dopo l'incremento iniziale dovuto agli investimenti nei primi anni della ristrutturazione. La redditività dei fondi propri era prevista intorno al 15 % al termine della ristrutturazione. (44) Da aggiungere, inoltre, che l'esercizio 1994 si è chiuso con risultati netti positivi, allorché il piano di ristrutturazione prevedeva un risultato negativo. Va anche segnalato che questo risultato è stato ottenuto unicamente grazie agli ordinativi cui Grundig si era impegnata con GESA. (45) Il criterio del ripristino della redditività economico-finanziaria richiesto dagli orientamenti comunitari è dunque rispettato dal piano presentato dall'acquirente dell'ex stabilimento Grundig. Prevenzione di distorsioni indebite di concorrenza (46) Come constatato dalla Commissione in occasione dell'avvio del procedimento, si poteva ragionevolmente credere, tenuto conto in particolare degli obiettivi dell'impresa in materia di costi, che la produzione di GESA avrebbe sostituito quella degli altri produttori comunitari, anziché le importazioni dai paesi terzi. Non era pertanto escluso che l'aiuto provocasse una distorsione indebita della concorrenza. (47) Orbene la Commissione constata che GESA non rientrava nel novero dei produttori europei di grande marca, salvo che per la produzione realizzata per conto di Grundig, ma apparteneva alla nicchia dei prodotti di qualità inferiore essenzialmente importati dall'Asia. Inoltre, la produzione commissionata da Grundig avrebbe dovuto mantenersi abbastanza stabile nel tempo. Infine, GESA non ambiva a realizzare costi di produzione identici a quelli dei produttori asiatici, bensì costi comparabili tenuto conto della differenza di qualità dei suoi prodotti. (48) La domanda dei prodotti di GESA da parte della grande distribuzione è da imputare alla qualità e non all'eventuale influenza dell'aiuto sul prezzo finale di vendita. Giacché la grande distribuzione era ovviamente disposta ad accettare un sovraccosto per prodotti qualitativamente migliori, è ragionevole pensare che la produzione di GESA si sarebbe sostituita alla produzione importata piuttosto che a quella di altri concorrenti europei. D'altronde, nessuno di questi ha protestato presso la Commissione, nel quadro del presente procedimento, sostenendo che gli aiuti in favore di GESA finanziassero una strategia suscettibile di arrecare loro danno. (49) Questa tendenza poteva logicamente espandersi, dato lo scarto di oltre 4 milioni di apparecchi tra la domanda europea di televisori di piccole dimensioni e la produzione europea. Infatti, secondo le informazioni comunicate dalla Francia, altri industriali dell'elettronica di massa, tra cui Sanyo o Sharp, hanno deciso, alla stessa epoca, di aumentare la loro produzione europea di prodotti affini diminuendo le rispettive importazioni dai paesi asiatici notoriamente a basso costo di manodopera, per fruire del vantaggio competitivo derivante da strumenti di produzione molto automatizzati e da una qualità più elevata e per premunirsi contro dazi doganali e tasse antidumping. (50) Tenuto conto che l'aumento previsto della produzione di questo tipo di prodotti non rischiava di avvenire a spese della produzione comunitaria, ma piuttosto di sostituirsi parzialmente alla produzione importata dai paesi terzi, la Commissione ritiene che sia soddisfatta la condizione relativa alla prevenzione di distorsioni indebite di concorrenza. (51) La Commissione osserva altresì che la capacità di produzione dello stabilimento ha registrato una riduzione alquanto significativa al momento del rilevamento. Considerato l'aumento di produzione previsto, non era escluso che potesse anche aumentare la capacità di produzione. Tuttavia, conformemente agli orientamenti comunitari, la Commissione ritiene che i dati disponibili non giustifichino la richiesta di una riduzione di capacità al termine del periodo di ristrutturazione giacché, all'epoca dell'elaborazione del piano di ristrutturazione, il segmento in cui opera GESA non era, secondo lo studio di mercato fornito dalle autorità francesi, caratterizzato da sovraccapacità strutturale. Proporzionalità dell'aiuto ai costi (52) Sempre secondo gli orientamenti comunitari, l'aiuto deve essere proporzionato ai costi ed ai benefici della ristrutturazione. Ciò presuppone, tra l'altro, che i beneficiari dell'aiuto di norma contribuiscano in maniera significativa al piano di ristrutturazione mediante le loro risorse o tramite un finanziamento esterno ottenuto alle condizioni del mercato. Nel caso di specie, gli aiuti ammontano a 46 milioni di FRF, di cui 10 milioni in base al regime del settore elettronico, approvato dalla Commissione. Inoltre, il finanziamento dell'operazione di rilevamento si basava su 80 milioni di FRF di capitale apportati da GCE e su 75 milioni di FRF per il finanziamento dei piani sociali precedenti. L'ammontare totale dell'operazione era dunque di 201 milioni di FRF. L'aiuto alla ristrutturazione equivale al 18 % di detto importo totale. Il conferimento pubblico risulta proporzionato, considerato il finanziamento totale dell'acquisto, in gran parte sostenuto da imprese private. Piena attuazione del piano di ristrutturazione (53) Secondo la Francia, la liquidazione di GESA in data 22 giugno 1995 non pregiudica affatto la valutazione della compatibilità dell'aiuto di Stato accordato nel 1994. Poiché gli orientamenti comunitari esigono anche che il piano di ristrutturazione sia portato a termine, occorre esaminare i motivi per i quali nel caso di GESA, ciò non è avvenuto. (54) A questo proposito, la Commissione constata che vari elementi hanno perturbato l'esecuzione del piano di ristrutturazione. Nella fattispecie si trattava dell'impossibilità di soddisfare gli ordinativi dovuta, da un lato, alla carenza di componenti elettronici e di tubi catodici e, dall'altro, alle difficoltà connesse alla commercializzazione del marchio Continental Edison. (55) La Commissione, in seguito alle informazioni fornite dalla Francia nel quadro del presente procedimento, ritiene che le turbative d'approvvigionamento di componenti a meno di un anno dall'acquisto del sito possono in parte essere considerate come esogene all'impresa e non prevedibili, visti i problemi di approvvigionamento incontrati da uno dei principali fornitori. Infatti Thomson ha improvvisamente interrotto la fornitura di tubi catodici. Orbene, tenuto conto dell'importanza di tale componente, che rappresenta circa un terzo del costo totale, e del suo legame tecnico con lo châssis elettronico che non permette di cambiare rapidamente fornitore, l'interruzione dell'approvvigionamento ha fatto crollare sensibilmente la produzione di GESA. D'altronde, la Francia afferma che neppure imprese concorrenti hanno saputo fronteggiare questo rischio di penuria, in particolare Daewoo, che ha installato in Moselle uno stabilimento di televisori allo stesso tempo di GESA. (56) La Commissione ritiene invece endogeni, e quindi da attribuire alla responsabilità degli azionisti, "gli errori negli ordinativi" commessi dall'impresa e ammessi dalle autorità francesi nell'ambito dell'esame dell'aiuto in questione. Questi errori hanno avuto un effetto moltiplicatore della carenza succitata. (57) GESA si è trovata nell'impossibilità di utilizzare il marchio Continental Edison che avrebbe permesso, grazie alla notorietà di cui godeva, lo smercio di una produzione considerevole. Quest'impossibilità è imputabile al protrarsi del negoziato tra GESA e l'ex proprietario del marchio, Thomson SA. Il disaccordo verteva sul volume di prodotti che GESA avrebbe potuto commercializzare con il marchio in questione. In occasione dell'avvio del procedimento, la Commissione aveva osservato che questo tipo di clausole è classico nel commercio in caso di cessione di marchi, e quindi prevedibile. La Francia, pur riconoscendo ciò, ritiene estremamente insolito che la difficoltà del negoziato in questione sia stata un pretesto per l'ex proprietario per rinviare di vari mesi la firma del contratto. Inoltre, sempre secondo la Francia, non era prevedibile l'utilizzazione impropria di questa clausola da parte della controparte. Infatti i negoziati si sono conclusi soltanto dopo il deposito di bilancio di GESA, nell'agosto 1995, ossia quando la situazione di quest'ultima era già compromessa. Ciononostante, la Commissione ritiene che GCE non si è attivamente adoperata per concludere, in tempo utile, il negoziato che permetteva l'utilizzazione del marchio Continental Edison. (58) Infine, il mancato rispetto delle promesse fatte dal potenziale rilevatario all'epoca della proposta di ristrutturazione ha comportato una limitazione delle risorse a disposizione dell'impresa. Gli azionisti non hanno diversificato l'attività svolta nel sito né vi hanno trasferito la produzione dei ricevitori satellitari. Inoltre l'assenza di motivi validi ha impedito il versamento dell'aiuto alla ricerca e allo sviluppo (10 milioni di FRF) accordato in base e nel rispetto di un regime autorizzato dalla Commissione, malgrado l'investimento fosse stato realizzato. A ciò si aggiunge il fatto che gli azionisti, rifiutandosi di comunicare gli stati finanziari consolidati del gruppo, hanno indotto le banche a rimettere in discussione i crediti previsti nel piano di finanziamento per un importo di 53 milioni di FRF. Pertanto il deposito del bilancio di GESA non sarebbe da ascrivere alla presunta insolvenza del gruppo GCE Ltd, bensì al silenzio della casa madre sulla sua situazione finanziaria consolidata. (59) Il piano di finanziamento e la ristrutturazione si basavano dunque sul rispetto da parte degli azionisti degli impegni assunti. La Francia sospetta, inoltre, l'esistenza di malversazioni, tanto che è stata avviata un'indagine giudiziaria al riguardo. Secondo informazioni pubblicate all'epoca nella stampa, sarebbero stati effettuati ingenti movimenti finanziari da GESA verso la società del gruppo GCE. Secondo queste stesse fonti, la giustizia si interesserebbe tra l'altro all'utilizzazione degli aiuti ricevuti da GESA. (60) La Francia conferma i dubbi che la Commissione aveva manifestato in occasione dell'avvio del procedimento quanto alla reale volontà degli azionisti di GCE di rispettare il piano che avevano proposto. In particolare il comportamento degli azionisti, dipendente da fattori esogeni oppure endogeni, non era assolutamente prevedibile ed ha rovinato qualsiasi possibilità di garantire la perennità del sito, contro la volontà stessa delle autorità francesi. Il comportamento degli azionisti costituisce pertanto l'elemento chiave che spiega il motivo per cui il piano di ristrutturazione non ha potuto essere completato. (61) In tale contesto, la Francia ha assicurato la Commissione di aver effettuato tutte le indagini necessarie per stabilire la situazione reale di GCE. Da tale indagine risulta che nessun elemento disponibile negli ambienti commerciali, in particolare presso gli esperti in materia, poteva indurre a ritenere che GCE incontrasse difficoltà. La società apparentemente godeva di una buona reputazione, basata in particolare sul suo posizionamento su un mercato in crescita, sulla reputazione personale del suo dirigente ed azionista principale e sui suoi legami commerciali con il gruppo Grundig. (62) Tuttavia i dubbi che la Commissione aveva già formulato in occasione dell'avvio del procedimento quanto alla reale volontà di rispettare il piano proposto risultano confermati dai comportamenti irregolari dell'azionista principale di GESA, il gruppo GCE. IV. CONCLUSIONI (63) Tenuto conto di quanto sopra, la Commissione conclude che il piano di ristrutturazione di GESA era credibile, basato su ipotesi realistiche per quanto riguarda le condizioni future di gestione ed idoneo a ripristinare la redditività a lungo termine dell'impresa. L'attuazione del piano di ristrutturazione è stata invece un insuccesso che ha provocato il deposito del bilancio della società. Le cause di tale insuccesso sono da ricercare in parte in fattori esterni, tra cui le interruzioni accidentali di fornitura ma, soprattutto, nel mancato rispetto degli impegni assunti dall'acquirente in materia di finanziamento e di diversificazione dell'attività di produzione. Ciò costituisce inadempimento di una delle condizioni generali definite nella disciplina comunitaria degli aiuti alla ristrutturazione, ossia l'attuazione integrale da parte dell'impresa del piano di ristrutturazione. (64) Di conseguenza, l'aiuto di 36 milioni di FRF accordato dalle autorità francesi a GESA non può beneficiare, per i motivi testé descritti, della deroga di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato, ai sensi degli orientamenti comunitari. (65) In caso di incompatibilità degli aiuti con il mercato comune, la Commissione deve avvalersi delle facoltà riconosciutele dalla Corte di giustizia delle Comunità europee nella sentenza pronunciata il 12 luglio 1973 nella causa 70/72, Commissione contro Germania(8), confermata dalla sentenza del 24 febbraio 1987 nella causa 310/85, Deufil contro Commissione(9), e dalla sentenza del 20 settembre 1990 nella causa C-5/89, Commissione contro Germania(10), e obbligare lo Stato membro a recuperare presso i beneficiari l'intero ammontare dell'aiuto illegalmente erogato. Questo rimborso è necessario per ripristinare la situazione anteriore, sopprimendo tutti i vantaggi finanziari di cui il beneficiario dell'aiuto concesso abusivamente abbia indebitamente beneficiato a decorrere dalla data di erogazione di detto aiuto. (66) Il rimborso di tali aiuti deve essere effettuato conformemente alle regole procedurali della legislazione francese. L'ammontare degli aiuti matura interessi a decorrere dal momento dell'erogazione delle agevolazioni fino al loro effettivo recupero. Tali interessi sono calcolati in base al tasso commerciale, in riferimento al tasso utilizzato per calcolare l'equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'aiuto di Stato posto in essere dalla Francia a favore della società Gooding Electronique SA per un ammontare di 36 milioni di FRF è incompatibile con il mercato comune. Articolo 2 1. La Francia adotta tutte le misure necessarie per recuperare presso il beneficiario l'aiuto di cui all'articolo 1 e già illegalmente messo a sua disposizione. 2. Il recupero è effettuato senza indugio conformemente alle procedure del diritto nazionale, purché permettano l'esecuzione immediata ed effettiva della presente decisione. L'aiuto da recuperare comprende gli interessi maturati a decorrere dalla data in cui l'aiuto è stato messo a disposizione del beneficiario fino alla data del suo recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell'equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale. Articolo 3 La Francia informa la Commissione, entro il termine di due mesi a decorrere dalla data della notifica della presente decisione, delle misure adottate per conformarvisi. Articolo 4 La Repubblica francese è destinataria della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 16 novembre 1999. Per la Commissione Mario Monti Membro della Commissione (1) La decisione della Commissione è stata comunicata alle autorità francesi con lettera del 1o dicembre 1986. (2) GU C 198 del 24.6.1998, pag. 12. (3) SG(98) D/3213. (4) GU C 179 dell'11.6.1998, pag. 9. (5) GU C 368 del 23.12.1994, pag. 12. (6) GU C 282 del 26.10.1995, pag. 11. (7) Fonte: Grundig. (8) Raccolta 1973, pag. 813. (9) Raccolta 1987, pag. 901. (10) Raccolta 1990, pag. I-3437.