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Document 52017AE5067

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea degli investimenti: «Investire in un’industria intelligente, innovativa e sostenibile — Una rinnovata strategia di politica industriale dell’UE» [COM(2017) 479 final]

    EESC 2017/05067

    GU C 227 del 28.6.2018, p. 70–75 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    28.6.2018   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 227/70


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea degli investimenti: «Investire in un’industria intelligente, innovativa e sostenibile — Una rinnovata strategia di politica industriale dell’UE»

    [COM(2017) 479 final]

    (2018/C 227/10)

    Relatore:

    Bojidar DANEV

    Correlatrice:

    Monika SITAROVÁ HRUŠECKÁ

    Consultazione della Commissione europea

    9.10.2017

    Base giuridica

    Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

    Organo competente

    Commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI)

    Adozione in CCMI

    23.1.2018

    Adozione in sessione plenaria

    15.2.2018

    Sessione plenaria n.

    532

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    166/1/2

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione sullo sviluppo intelligente, innovativo e sostenibile e l’approccio in essa adottato, volto a coinvolgere i cittadini e le imprese. Nondimeno:

    ritiene che si debba garantire la continuità e la prevedibilità a più lungo termine della politica industriale, o meglio dell’insieme delle attuali politiche in materia, che la Commissione dovrebbe trasformare in una strategia coerente e a più lungo termine;

    con il presente parere desidera rivolgersi anche al Consiglio: gli Stati membri, infatti, sono competenti per la maggior parte delle questioni di politica industriale e devono perciò impegnarsi ad agire in maniera coerente, poiché nessuno di essi può affrontare da solo le sfide globali che attendono l’industria;

    reputa che il futuro dell’Europa possa consistere in obiettivi condivisi e in un quadro comune di politica industriale, ma che, in questa prospettiva, sia necessario migliorare la governance dell’UE, in modo tale che produca risultati;

    ritiene che occorra agire con urgenza, poiché la tecnologia digitale, la decarbonizzazione e i mutamenti politici globali pongono sfide senza precedenti e imprevedibili.

    In merito alla comunicazione in esame, il CESE formula le seguenti conclusioni:

    1.1.

    l’approccio adottato dalla Commissione consiste nell’integrare le misure necessarie nei settori d’intervento di diverse politiche al fine di creare condizioni propizie alla competitività e allo sviluppo industriali, in linea con quanto proposto da anni dal CESE;

    1.2.

    il cambiamento di paradigma indotto dall’era digitale sta avendo un effetto dirompente, che interessa trasversalmente tutte le imprese e la società in generale;

    1.3.

    le imprese si trovano ad affrontare la sfida senza precedenti di convertire rapidamente nuove tecnologie in processi e prodotti innovativi e vincenti su mercati sempre più competitivi. Per molte, assume grande importanza assicurarsi una posizione centrale nella catena globale del valore;

    1.4.

    le persone sono al centro del cambiamento. Le politiche in materia di mercato del lavoro devono adattarsi al mutare delle circostanze. Una «transizione equa» implica un sostegno alle persone e alle regioni chiamate a confrontarsi con cambiamenti strutturali;

    1.5.

    l’istruzione e la formazione sono fattori abilitanti e trainanti della transizione industriale. Tutti i lavoratori hanno bisogno di migliorare le proprie competenze, specialmente in campo digitale, e molti hanno bisogno di svolgere nuove professioni;

    1.6.

    il fatto di dover far fronte alle sfide riguardanti l’ambiente, i cambiamenti climatici e altri obiettivi di sviluppo sostenibile comporta cambiamenti significativi per l’intera economia. Si aprono nuove opportunità imprenditoriali, ma, al tempo stesso, il passaggio a un’industria senza emissioni di carbonio richiede enormi investimenti in tecnologie radicalmente nuove a emissioni zero e molta più energia elettrica pulita a prezzi competitivi;

    1.7.

    il livello degli investimenti nell’industria europea rimane basso, benché vi siano già alcuni segnali positivi. In ogni caso, per attrarre gli investitori è indispensabile creare condizioni quadro adatte allo sviluppo industriale;

    1.8.

    l’accesso ai mercati globali è di vitale importanza per l’industria, ragion per cui è necessario sviluppare ulteriormente la rete di accordi commerciali, basandosi sul principio del commercio equo.

    Il CESE formula le seguenti raccomandazioni:

    1.9.

    la finalità complessiva dell’azione dell’UE dovrebbe essere l’ulteriore sviluppo di un arsenale ben congegnato di politiche orizzontali e di un quadro giuridico prevedibile che incentivino l’innovazione, sostengano gli investimenti e aiutino l’industria a offrire soluzioni alle sfide che interessano la collettività. Tutto ciò dovrebbe generare valore aggiunto con effetti misurabili sulla crescita e sull’occupazione, con i minori oneri amministrativi possibili e con benefici diffusi per la società nel suo insieme;

    1.10.

    occorrerebbe compiere ogni sforzo per completare il mercato unico, con una particolare attenzione alla sua attuazione da parte degli Stati membri. La vigile applicazione della politica di concorrenza, che è un motore irrinunciabile di innovazione ed equità, non dovrebbe peraltro frenare la crescita delle imprese europee;

    1.11.

    la strategia per il mercato digitale deve essere attuata con urgenza e accompagnata da una politica occupazionale mirata;

    1.12.

    occorrerebbe adottare un atteggiamento aperto e realistico nei confronti delle tecnologie e dei modelli imprenditoriali nuovi e dirompenti, prestando un’attenzione specifica ad offrire alle imprese e alla società nel suo insieme l’opportunità di trarre vantaggio da nuove possibilità;

    1.13.

    il dialogo sociale e il dialogo con la società civile dovrebbero essere rinnovati e rafforzati a tutti i livelli per facilitare il cambiamento, gestire i problemi sociali ed evitare i conflitti;

    1.14.

    è necessario creare percorsi flessibili tra il lavoro e l’istruzione, come ad esempio gli apprendistati e l’apprendimento basato sul lavoro. In molti Stati membri, la formazione professionale dovrebbe essere maggiormente valorizzata;

    1.15.

    la posizione di leader nell’economia a basse emissioni di carbonio e nell’economia circolare dovrebbe apportare benefici alle nostre economie. Le politiche dovrebbero sostenere lo sviluppo di nuove imprese innovative, nonché la conversione, assai costosa, delle produzioni ad alta intensità energetica, onde evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e degli investimenti;

    1.16.

    occorrerebbe analizzare gli ostacoli che impediscono alle attuali, notevoli eccedenze dei risparmi privati di tradursi in investimenti produttivi nell’industria e nelle infrastrutture;

    1.17.

    il sostegno dell’UE dovrebbe essere diretto principalmente a stimolare l’innovazione, a consentire alle PMI di espandersi, ad aiutare le regioni in difficoltà e a rafforzare la posizione dei cittadini. Al riguardo, l’effetto leva sulla finanza privata dovrebbe costituire un criterio importante;

    1.18.

    nel prossimo quadro finanziario è indispensabile garantire risorse aggiuntive per la R&S e l’innovazione. Le relative politiche dovrebbero puntare maggiormente a favorire la diffusione delle nuove tecnologie e l’espansione e il successo dell’industria europea sui mercati, senza escludere le imprese di alcuna dimensione;

    1.19.

    le statistiche ufficiali dovrebbero rispecchiare meglio i mutamenti intervenuti nell’economia, quali il progressivo sfumare dei confini tra i diversi settori e l’affermarsi di nuove forme di attività economica. Vi è bisogno di un metodo comune per calcolare il valore aggiunto generato dall’industria e dai servizi;

    1.20.

    in aggiunta all’obiettivo del 20 % del PIL occorre anche tornare a riflettere in maniera aperta sugli obiettivi e gli indicatori più pertinenti per la politica industriale, sia a livello macroeconomico che a livelli meno aggregati;

    1.21.

    è necessario migliorare la governance (rafforzando il Consiglio Competitività o con altri mezzi), in modo tale da garantire l’integrazione delle politiche e la coerenza lungo l’intero processo decisionale;

    1.22.

    la Giornata europea dell’industria e la Tavola rotonda industriale ad alto livello vanno salutate come innovazioni utili ad accrescere la titolarità della strategia industriale tra le parti interessate, fermo restando, peraltro, che il dialogo con l’industria non dovrebbe limitarsi a queste sedi.

    2.   Introduzione

    2.1.

    La spina dorsale dell’economia europea è costituita dal settore dell’industria. Esso fornisce il 24 % di tutti i posti di lavoro nell’UE: 32 milioni direttamente e 21 milioni indirettamente, principalmente nei servizi. Si tratta di posti di lavoro che offrono una retribuzione relativamente elevata sia ai lavoratori altamente qualificati che a quelli meno qualificati. I prodotti industriali rappresentano il 75 % delle esportazioni. La crescita del settore industriale si diffonde in tutti gli altri settori economici. Inoltre, l’industria è la culla dell’innovazione in tutti i settori, anche per quanto riguarda le soluzioni a numerose sfide che interessano la collettività. Peraltro, le maggiori interconnessioni tra produzione di beni e prestazione di servizi, come pure l’integrazione nell’ambito delle catene del valore, costituiscono l’essenza del valore aggiunto nelle nostre economie.

    2.2.

    Dopo molti anni di declino, in Europa la produzione, le esportazioni e l’occupazione nel settore industriale sembrano adesso avviate sulla strada della ripresa. Tuttavia, tale ripresa è ancora incompleta, e la competitività dell’industria europea è insoddisfacente. Si registrano spesso livelli di imposizione fiscale e prezzi dell’energia relativamente elevati, investimenti sia materiali che immateriali insufficienti, lentezza della crescita della produttività, divari di innovazione rispetto ai concorrenti, penuria di competenze e flessione della domanda interna.

    2.3.

    Le megatendenze che incidono sull’industria sono in particolare:

    le rivoluzioni tecnologiche: la digitalizzazione e tutte le relative applicazioni, ma anche le nanotecnologie, i nuovi materiali, le tecnologie basate sulle scienze della vita ecc.;

    i requisiti sempre più elevati in tema di ambiente, compresi quelli volti a mitigare i cambiamenti climatici;

    il diffondersi di un tenore di vita più elevato, l’invecchiamento demografico e l’urbanizzazione;

    la globalizzazione, che implica l’apertura dei mercati e l’integrazione della produzione in catene di valore ma obbliga anche a confrontarsi con imprese di Stato particolarmente aggressive e con misure protezionistiche.

    Queste tendenze ben note aprono vaste opportunità all’industria europea, ma, se ad esse non si reagisce in modo appropriato ed efficace, potrebbero anche comportare gravi rischi per la collettività e la stessa industria.

    3.   Osservazioni generali

    3.1.

    Il CESE accoglie con favore la comunicazione della Commissione e, in linea di massima, concorda con la sua analisi della situazione e delle sfide che l’industria europea si trova ad affrontare. La comunicazione rappresenta principalmente un aggiornamento delle proposte esistenti, e prospetta una serie di nuove misure che la Commissione intende presentare. Tuttavia, occorre garantire la continuità e la prevedibilità a più lungo termine della politica industriale. La Commissione dovrebbe elaborare con urgenza una strategia a più lungo termine, a favore della quale dovrebbero impegnarsi tutti gli Stati membri.

    3.2.

    Il CESE osserva con soddisfazione che l’approccio alla politica industriale adottato dalla Commissione è coerente con quello che il CESE stesso propone ormai da anni: adesso, infatti, il suo approccio non consiste più nell’elaborare normative nei numerosi ambiti di intervento delle politiche riguardanti l’industria senza troppo preoccuparsi delle loro ripercussioni su quest’ultima e delle istanze che da essa provengono, bensì nell’integrare tra loro tali interventi settoriali facendo dello sviluppo industriale una priorità.

    3.3.

    Negli ultimi anni il CESE ha presentato pareri (1) in merito a proposte della Commissione relative a diversi settori industriali e a diversi ambiti di intervento delle politiche che li riguardano. Tali pareri sono in massima parte ancora rilevanti ai fini della comunicazione in esame. Nel presente parere il CESE desidera sottolineare alcuni aspetti relativi alla politica industriale che sono ancora di grande attualità e formulare inoltre alcune nuove osservazioni.

    3.4.

    Le imprese sono oggi confrontate a una necessità senza precedenti di adeguarsi ai cambiamenti, in molti casi radicali. Esse devono recepire rapidamente le nuove tecnologie e convertirle in migliore produttività e in innovazioni per affermarsi su mercati sempre più competitivi. Posizionarsi bene, possibilmente al centro della catena internazionale del valore, per molte imprese è ormai diventato un imperativo. Le PMI possono e anzi dovrebbero ambire a svolgere un ruolo importante e innovativo in queste catene del valore, perlopiù costruite intorno a grandi imprese dotate delle risorse e delle reti necessarie.

    3.5.

    Emergeranno nuovi settori industriali. La digitalizzazione dà luogo a innumerevoli nuove reti e interazioni, promuovendo un nuovo spettro di prodotti e servizi, sempre più in sintonia con le esigenze dei clienti. Per creare le condizioni per l’espansione delle tecnologie relative alla produzione, ai prodotti e ai servizi, nonché per la crescita delle start-up, è necessario adottare politiche adatte a livello europeo, dato che le catene del valore non sono confinate ai singoli paesi. D’altro canto, però, le differenze esistenti tra gli Stati membri e tra le regioni impongono di adottare specifici interventi «su misura».

    3.6.

    Tutte le imprese devono costantemente migliorare le loro attività. Le imprese obsolete e non redditizie non possono essere mantenute a galla dalle sovvenzioni. Detto ciò, l’Europa ha bisogno di un’ampia gamma di industrie per far fronte ai bisogni della società, e occorre pertanto sviluppare strategie specifiche per i settori posti di fronte a sfide particolari.

    3.7.

    Le persone sono al centro del cambiamento. Senza lavoratori qualificati e professionali non può esservi industria. Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dalle innovazioni devono essere sfruttate, ma la digitalizzazione e altre tecnologie altamente innovative avranno un impatto sulla struttura del mercato del lavoro, facendo diminuire i posti di lavoro nel settore manifatturiero e aumentare quelli per gli esperti di informatica. Muteranno il concetto di organizzazione del lavoro e quello di gestione aziendale, con implicazioni per la qualità del lavoro, che diverrà meno pericoloso, ma anche più intenso e flessibile.

    3.8.

    L’impatto sull’occupazione delle «rotture tecnologiche» deve essere opportunamente valutato, e l’armamentario degli strumenti per anticipare il cambiamento deve essere reso più efficace. L’adattamento dei mercati del lavoro ai cambiamenti strutturali porrà enormi sfide: quelle di garantire la massima sicurezza lavorativa possibile e quante più nuove opportunità occupazionali possibili, nonché di assicurare una protezione sociale per coloro che ne hanno bisogno e di impedire il declino di intere regioni. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione necessita di maggiori risorse, e il suo campo di applicazione deve essere ampliato in modo da coprire gli effetti del cambiamento tecnologico. Le relazioni industriali a tutti i livelli, e in particolare il dialogo sociale a livello aziendale, con il coinvolgimento dei lavoratori, sono strumenti di vitale importanza per agevolare le trasformazioni industriali e contribuire nel contempo a fare accettare meglio il cambiamento e a prevenire i conflitti.

    3.9.

    L’istruzione e la formazione sono strumenti e motori necessari della transizione industriale. Tutti i lavoratori hanno bisogno di migliorare le proprie competenze, specialmente in campo digitale. Molti hanno bisogno di essere formati per poter svolgere professioni del tutto nuove. La rapidità dello sviluppo tecnologico pone la grande sfida di mantenere i programmi e i numeri dei corsi di studio in linea con l’evoluzione dei bisogni dell’industria. Le soluzioni di apprendimento basato sul lavoro, come il sistema duale applicato con ottimi risultati in Germania, dovrebbero essere applicate in misura molto più ampia. Almeno in alcuni Stati membri, dovrebbe essere rivalutata la formazione professionale. Analogamente, bisognerebbe rafforzare l’attrattiva delle materie STEM.

    3.10.

    La politica macroeconomica e quella industriale si stanno rafforzando a vicenda. L’attuale ripresa economica, infatti, crea una finestra di opportunità per modernizzare le infrastrutture di trasporto, energetiche e digitali, migliorare la R&S e farne scaturire innovazioni di successo ed equilibrare lo sviluppo regionale. La giusta combinazione di politica macroeconomica e industriale dovrebbe prolungare la ripresa e proteggere l’economia e l’industria nei confronti di qualsiasi futura crisi.

    3.11.

    Gli investimenti nell’industria europea si attestano ancora a un livello talmente basso da essere preoccupante, mentre nell’UE vi è una notevole eccedenza di risparmio che non si è trasformata in investimenti produttivi. Le ragioni di questa situazione dovrebbero essere studiate in maniera approfondita, soprattutto perché la trasformazione industriale richiede enormi investimenti. Una cosa, peraltro, appare chiara: per attrarre gli investitori, siano essi interni o internazionali, è indispensabile creare condizioni quadro che consentano una sufficiente competitività.

    3.12.

    Detto ciò, tuttavia, si registrano già alcuni segnali di possibili tendenze positive in materia di investimenti. In un mondo che deve fare i conti con una formidabile instabilità politica, l’UE è un luogo sicuro e stabile per gli investimenti. Grazie alla crescente domanda, in alcuni settori industriali si sta ormai raggiungendo il pieno sfruttamento della capacità produttiva, il che consentirà di stimolare gli investimenti in nuova capacità, auspicabilmente in Europa.

    3.13.

    I vincoli ambientali e climatici, in particolare quelli derivanti dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, interessano tutte le imprese. L’economia a basse emissioni di carbonio e l’economia circolare aprono molte nuove opportunità imprenditoriali, e le ambizioni dell’UE di essere e rimanere all’avanguardia possono aiutare le imprese europee sui mercati globali. Le industrie ad alta intensità di energia e risorse, in particolare, si trovano nella necessità di effettuare mutamenti tecnologici fondamentali, che richiedono una politica ambiziosa di sostegno al fine di evitare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio e degli investimenti. Il passaggio, nella produzione e nei trasporti, all’uso di combustibili e carburanti non derivati da energie fossili porterà a un aumento significativo della domanda di energia elettrica a prezzi competitivi.

    3.14.

    La cooperazione tra tutti gli attori principali (l’UE, i governi degli Stati membri, le autorità, le regioni, le università e le scuole, le parti interessate e le imprese) potrebbe e dovrebbe essere migliore. Per esempio, occorre migliorare la collaborazione tra le imprese e le università. Le scuole dovrebbero rivolgersi alle imprese per essere aiutate ad aggiornare tempestivamente i programmi di studio e gli apprendistati. Soprattutto, gli Stati membri dovrebbero cooperare attuando in tempi brevi, e facendo rispettare, le misure politiche e legislative concordate.

    3.15.

    I metodi statistici attuali non offrono un quadro tempestivo ed utile della situazione dell’industria in Europa. La suddivisione delle attività economiche nei settori «produzione», «servizi» e «altre attività» è ormai superata. Una parte considerevole dell’attività economica non viene considerata ai fini del calcolo del PIL. Le statistiche sulle importazioni e le esportazioni non registrano fedelmente l’attività industriale in un’epoca in cui circa la metà della produzione industriale fa parte di catene globali del valore. Vi è urgente bisogno di un metodo comune per calcolare il valore aggiunto e l’interconnessione dell’industria e dei servizi.

    3.16.

    Il CESE è dell’avviso che, per quanto riguarda l’industria, la quota obiettivo del 20 % del PIL debba essere integrata da traguardi e indicatori più pertinenti, che rispecchino meglio tutti gli aspetti dello sviluppo industriale.

    3.17.

    La governance dell’integrazione delle politiche che incidono sulla competitività e lo sviluppo industriali, nonché tra gli Stati membri, deve essere rafforzata. È importante migliorare la regolamentazione, vale a dire renderla prevedibile, efficiente e basata su dati concreti, ed effettuare valutazioni d’impatto ex ante e trasparenti. La coerenza lungo tutto il processo decisionale dovrebbe essere garantita rafforzando il ruolo del Consiglio Competitività o attraverso altri meccanismi istituzionali. Se si vuole reagire efficacemente all’accresciuto dinamismo dell’economia globale, è indispensabile abbandonare il modo di pensare «a compartimenti stagni», sia in sede UE che a livello nazionale.

    4.   Osservazioni specifiche

    4.1.

    Rafforzare l’industria europea: il CESE conviene sulla necessità di una visione olistica e lungimirante per l’industria europea. Per rendere l’industria europea più forte, l’azione dell’UE dovrebbe puntare, nel suo complesso, alla creazione di un quadro giuridico ben funzionante e prevedibile che incentivi l’innovazione e aiuti l’industria a offrire soluzioni alle sfide che interessano la collettività. Tutto ciò dovrebbe generare valore aggiunto con effetti misurabili sulla crescita e sull’occupazione, con i minori oneri amministrativi possibili e con benefici diffusi per la società nel suo insieme.

    4.2.

    Mercato unico: il CESE accoglie con favore l’approccio volto a coinvolgere i cittadini e le imprese, e appoggia le azioni proposte per rafforzare il mercato unico, compreso il mercato dei capitali. In tale contesto, il potenziamento della standardizzazione e il miglioramento dell’autoregolamentazione costituiscono aree di intervento importanti. Cosa ancor più importante, gli Stati membri devono rispettare e far rispettare gli loro obblighi di legge. La vigile applicazione della politica di concorrenza è essenziale per l’innovazione e la formazione dei prezzi. La vigilanza svolta dalla Commissione nei confronti dei grandi operatori globali è meritevole di grande apprezzamento. Tuttavia, la crescita delle imprese europee non dovrebbe risultarne intralciata, considerato che nell’UE (Regno Unito escluso) le dimensioni mediane di una società quotata sono soltanto circa la metà di quelle di una sua omologa statunitense. Si tratta di una questione di interpretazione della definizione di «mercato rilevante» ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza.

    4.3.

    Era digitale: la digitalizzazione comporta un vero e proprio cambiamento di paradigma con effetti sulla società nel suo complesso, e persino sul piano geopolitico. I punti di vista del CESE in merito sono stati già esposti in altri pareri, i quali hanno riguardato ad esempio i megadati, la 5G, le tecnologie produttive avanzate e la robotica. Le strategie dell’UE per un mercato unico digitale, la digitalizzazione dell’industria europea, la sicurezza informatica e l’intelligenza artificiale sono temi di capitale importanza. Un’importante questione di principio è quella di trovare il giusto equilibrio tra l’esigenza di impiegare, e cogliere i benefici di, tecnologie nuove e dirompenti e quella di garantire la sicurezza e l’equità. Occorrerebbe porre l’accento sulla necessità di offrire alla collettività, incluse le imprese, l’opportunità di trarre vantaggio da queste nuove possibilità, adottando un atteggiamento aperto e realistico.

    4.4.

    Una società circolare e a basse emissioni di carbonio: mantenere una posizione leader in questi campi rappresenta una grossa sfida in un contesto di crescente competizione. La leadership, tuttavia, non dovrebbe costituire un fine in sé, bensì apportare vantaggi alle nostre economie e alle nostre società. La transizione energetica va sostenuta, ma i prezzi dell’energia devono essere competitivi per l’industria.

    4.5.

    Investimenti: i numerosi strumenti dell’UE a sostegno di investimenti (sia materiali che immateriali) dovrebbero essere destinati principalmente a stimolare l’innovazione, aiutare le PMI ad espandersi, sostenere le regioni in difficoltà, migliorare le infrastrutture e mettere i cittadini in grado di essere più partecipi attraverso l’istruzione e la formazione. Le PMI hanno ancora bisogno di maggiore sostegno per orientarsi verso la più appropriata tra le numerose e diverse fonti disponibili, nonché di procedure molto più semplici per fare domanda e relazionare. Un importante criterio dovrebbe essere rappresentato dall’effetto leva sugli investimenti privati. Sono benvenute tutte le proposte (comprese quelle che dovrebbero essere formulate dal gruppo di alto livello sulla finanza sostenibile) che puntino a riorientare l’allocazione del capitale verso gli investimenti a lungo termine e i contributi alla crescita sostenibile (2).

    4.6.

    Innovazione: il CESE concorda nel ritenere che le politiche debbano puntare maggiormente alla diffusione delle nuove tecnologie, all’espansione e al successo dell’industria europea sui mercati e alla collaborazione nei (e tra i) distretti produttivi regionali, senza escludere le imprese di alcuna dimensione. Il programma che subentrerà a «Orizzonte 2020» dovrebbe essere dotato di risorse nettamente maggiori nel prossimo quadro finanziario. Ogni qual volta sia possibile, la prima applicazione industriale di una attività di R&S finanziata con fondi pubblici dovrebbe aver luogo all’interno dell’UE. Il potenziale degli appalti pubblici dovrebbe essere sfruttato appieno attraverso l’inserimento, nelle relative regole, di criteri di innovazione, rispetto dell’ambiente e protezione sociale, applicando sistematicamente il principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

    4.7.

    Aspetti internazionali: Il commercio deve essere aperto, ma anche equo e sostenibile. L’accesso ai mercati globali e alle materie prime è di vitale importanza per l’industria, ragion per cui è necessario sviluppare ulteriormente la rete di accordi commerciali. Il CESE esorta la Commissione a utilizzare con decisione gli strumenti disponibili per contrastare le pratiche commerciali sleali. Un’attenzione specifica dovrebbe essere rivolta alle nuove forme di protezionismo da parte di paesi terzi. L’UE dovrebbe promuovere le sue norme ambientali e sociali nell’ambito degli accordi commerciali. Per quanto riguarda gli investimenti esteri diretti, è importante che essi siano soggetti a monitoraggio per individuare possibili minacce alla sicurezza o all’ordine pubblico. Nel contempo, quando si rendono necessari maggiori investimenti nelle imprese dell’UE, gli investimenti esteri diretti dovrebbero essere accolti con favore: anch’essi, del resto, sono sintomi del potenziale dell’Europa.

    4.8.

    Partenariati: Il CESE accoglie con favore l’introduzione di una Giornata annuale dell’industria e l’istituzione di una Tavola rotonda industriale ad alto livello, e manifesta il suo vivo interesse a partecipare ad entrambe. Tale approccio dovrebbe coprire tutti gli ambiti della politica industriale, al fine di accrescere la titolarità della strategia tra le parti interessate. Il dialogo con l’industria, tuttavia, non dovrebbe limitarsi a queste sedi. Sono necessarie maggiore trasparenza e una più stretta cooperazione, specie quando si tratta di avviare valutazioni d’impatto.

    Bruxelles, 15 febbraio 2018.

    Presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Georges DASSIS


    (1)  Ad esempio GU C 327 del 12.11.2013, pag. 82, GU C 12 del 15.1.2015, pag. 23, GU C 389 del 21.10.2016, pag. 50, GU C 311 del 12.9.2014, pag. 47, GU C 383 del 17.11.2015, pag. 24.

    (2)  GU C 246 del 28.07.2017, pag. 8.


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