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Document 52006IE0414

Parere del Comitato economico e sociale europeo La prevenzione e il trattamento della delinquenza giovanile e il ruolo della giustizia minorile nell'Unione europea

GU C 110 del 9.5.2006, p. 75–82 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

9.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 110/75


Parere del Comitato economico e sociale europeo La prevenzione e il trattamento della delinquenza giovanile e il ruolo della giustizia minorile nell'Unione europea

(2006/C 110/13)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 febbraio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere: La prevenzione e il trattamento della delinquenza giovanile e il ruolo della giustizia minorile nell'Unione europea.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 febbraio 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore ZUFIAUR NARVAIZA.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 marzo 2006, nel corso della 425a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 98 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.

1.   Introduzione

1.1

La delinquenza giovanile si configura attualmente come uno dei fenomeni sociali che maggiormente preoccupano le società europee e, a partire dal secolo scorso, è tra i problemi criminologici tenuti sotto costante osservazione a livello internazionale. È tuttavia opportuno segnalare che i comportamenti dei giovani hanno spesso un'eco sociale maggiore di quelli degli adulti, specie se sono negativi. Si produce così una percezione sociale particolarmente ostile nei riguardi dei minori delinquenti. Inoltre è opportuno segnalare che in molti casi le vittime della delinquenza giovanile sono gli stessi giovani. In tal senso, l'importanza che la società europea dà al fenomeno della delinquenza giovanile fa nascere l'esigenza di mettere a punto risposte concrete che dovranno svilupparsi sulla base di tre pilastri o linee di azione: prevenzione, misure sanzionatorie ed educative, integrazione e reinserimento sociale dei minori e dei giovani delinquenti.

1.2

A parere del Comitato, delineare una strategia comune di lotta contro la delinquenza giovanile dovrebbe essere un obiettivo che nell'ambito dell'Unione europea meriterebbe maggiore attenzione e ciò non solo perché esso riguarda una parte particolarmente a rischio della sua popolazione (i minori e i giovani e, frequentemente, tra questi, quelli appartenenti a comunità minacciate dal fenomeno dell'esclusione sociale), ma anche perché prevenire e intervenire oggi sui minori e i giovani trasgressori implica già di per sé, oltre allo sforzo di reinserirli socialmente, la prevenzione della criminalità adulta di domani. Esistono già alcuni progetti e politiche europee che possono collateralmente avere effetti anche sulla prevenzione della delinquenza (per esempio la strategia europea per l'occupazione adottata dal Consiglio europeo di Lussemburgo del novembre 1997, l'Agenda sociale europea adottata dal Consiglio di Nizza del dicembre 2000, il Patto europeo per la gioventù adottato dal Consiglio europeo di Bruxelles del marzo 2005 e la promozione della cittadinanza attiva, ecc.), oltre a diversi accordi e risoluzioni aventi per oggetto i giovani (1), che favoriscono del pari il normale processo di integrazione di questo settore della popolazione nelle rispettive società. Tuttavia si nota la mancanza di strumenti e misure incentrati sul fenomeno specifico della delinquenza minorile.

1.3

Non è semplice analizzare la situazione nei paesi dell'Unione poiché ognuno di essi definisce la delinquenza giovanile in base a parametri diversi. Per alcuni paesi, questo concetto comprende gli atti commessi da minori che rientrino in una delle fattispecie previste nelle loro leggi o nel loro codice penale. In altri paesi, in cui il sistema della giustizia minorile si basa sul modello educativo o assistenziale, lo spettro dei comportamenti perseguibili dal sistema giudiziario quando sono messi in atto da minori risulta più ampio, essendovi compresi atti che, se fossero commessi da adulti, sarebbero perseguibili unicamente per via amministrativa o civile o, addirittura, non sarebbero perseguiti (2). Esistono inoltre differenze significative nel regime delle sanzioni, in quanto se alcuni paesi hanno elaborato un diritto penale giovanile con un regime di sanzioni specifico, altri paesi invece applicano ai minori le stesse pene applicabili agli adulti, sebbene con certe limitazioni e attenuazioni. A tutto ciò si aggiunge la questione della differente delimitazione della fascia di età all'interno della quale si configura una responsabilità penale del minore: pur essendovi una maggiore uniformità per il suo limite massimo (18 anni, con la possibilità in alcuni paesi di estenderlo a 21 anni), non avviene lo stesso per il suo limite minimo, per il quale le differenze sono notevoli (l'età in cui si comincia a essere penalmente responsabili varia dai 7 ai 16 anni) (3).

1.4

Tenendo conto delle limitazioni che derivano da queste divergenze, va segnalato che, in base alle statistiche comparate degli stati membri dell'Ue, gli atti di delinquenza giovanile rappresentano in media il 15 % di tutti gli atti di criminalità generale, anche se in alcuni paesi essi possono arrivare al 22 %. Ad ogni modo, va segnalato che «la criminalità sommersa» (percentuale o numero di atti illeciti che non giunge a conoscenza degli organi di controllo sociale ufficiale, cioè polizia e magistratura) è un fenomeno che riguarda soprattutto gli atti commessi da minori, principalmente a causa della natura generalmente non grave delle azioni e anche del fatto che frequentemente le vittime sono anch'esse minori d'età, meno inclini a rivolgersi a questi organi.

1.5

Indipendentemente dal quadro che presentano i dati statistici in un momento dato, è un fatto che nei paesi europei è ampiamente diffusa la percezione che la delinquenza giovanile sia in aumento e che aumenti in misura crescente la gravità dei reati commessi dai giovani. Dinanzi a questa situazione i cittadini chiedono meccanismi di controllo più efficaci, richiesta che sta provocando in molti paesi un irrigidimento della legislazione riguardante i minori. Tutto ciò rende quanto mai necessarie misure di coordinamento e orientamento che agevolino una governance europea del fenomeno, oltre a politiche di informazione adeguate che contribuiscano a sdrammatizzare la percezione esageratamente negativa cui si faceva riferimento nel punto 1.1 di questo parere e a collocarla nella sua giusta prospettiva.

1.6

Senza minimamente trascurare l'importanza di esaminare le cause della delinquenza giovanile (tema affrontato, anche se in modo sintetico, nel capitolo seguente) e la necessità di procedere più a fondo con le politiche di prevenzione (anch'esse menzionate in questo documento, ma che ad ogni modo dovranno essere dirette a eliminare le cause del fenomeno) l'obiettivo principale del presente parere è quello di analizzare la situazione dei minori che, a causa di comportamenti che infrangono il codice penale, entrano nei meccanismi dei rispettivi sistemi di giustizia minorile, e di esaminare gli strumenti di intervento utilizzabili per proteggerli, rieducarli, e aiutarli a reinserirsi nella società, evitando in tal modo che ricadano in comportamenti devianti.

2.   Cause della delinquenza giovanile

2.1

Sono molteplici e varie le cause o le circostanze che possono portare un minore a delinquere; d'altra parte non esiste tra gli studiosi di questa materia un consenso generale su tali cause. Partendo da quelle che sono generalmente accettate e rivolgendo l'attenzione in particolare a quelle collegate a fattori economici e socioambientali, cioè a quelle che interessano principalmente ai fini di questo parere, si possono segnalare le cause seguenti.

2.1.1

L'appartenenza del minore a famiglie destrutturate (broken homes) e anche i problemi che a volte esistono nel conciliare la vita familiare e quella lavorativa, tutte situazioni in cui in misura crescente si presentano casi di mancanza di attenzione, di limiti e di controllo nei confronti dei figli. Ciò fa sì che a volte i giovani cerchino di compensare queste carenze entrando a far parte di gruppi o bande giovanili, i cui membri sono legati da affinità di segno molto diverso (ideologico, musicale, etnico, sportivo, ecc.), ma sono in genere caratterizzati dai loro atteggiamenti trasgressivi. In seno a questo tipo di gruppi si verifica un'elevata percentuale di comportamenti antisociali (vandalismo, graffiti) o direttamente violenti e delittuosi.

2.1.2

L'emarginazione socioeconomica o povertà, che rende inoltre difficile l'adeguato processo di socializzazione del minore. Tale emarginazione si verifica in proporzione maggiore tra i giovani appartenenti a famiglie immigranti (e in questo contesto risultano particolarmente vulnerabili i minori immigranti non accompagnati) e in certi «ghetti» delle grandi aree metropolitane, quartieri spesso caratterizzati da una struttura urbana disumanizzante che favorisce l'insorgere, in chi vi abita, di ansia e aggressività.

2.1.3

L'assenteismo e l'insuccesso scolastico, perché già nella scuola si crea un'etichetta o una stigmatizzazione sociale che, in molti casi, renderà più facile indirizzarsi verso comportamenti antisociali o verso la delinquenza.

2.1.4

La mancanza di lavoro, che fa registrare i tassi di disoccupazione più alti proprio tra i giovani e dà origine in molti casi a situazioni di frustrazione e disperazione che potranno anche alimentare comportamenti devianti (4).

2.1.5

La trasmissione di immagini e atteggiamenti violenti in certi programmi di taluni mezzi di comunicazione di massa o in videogiochi destinati ai minori, cosa che contribuisce a inculcare nei giovani un sistema di valori in cui la violenza risulta un'opzione accettabile.

2.1.6

Il consumo di droghe e di sostanze tossiche che, in molti casi, fa sì che chi ha sviluppato una dipendenza si veda costretto a commettere atti illeciti per procurarsi i mezzi economici con cui soddisfare tale dipendenza. Inoltre, i freni inibitori normali vengono ridotti o eliminati per effetto del consumo di tali sostanze o di una crisi di astinenza. Va anche citato il consumo smodato di alcool (anche se sporadico) che ha un ruolo non indifferente negli atti vandalici e nelle infrazioni che compromettono la sicurezza stradale.

2.1.7

Ai fattori menzionati al punto precedente, in associazione con essi o indipendentemente da essi, si affiancano i disturbi della personalità e del comportamento, di solito uniti ad altri fattori sociali e ambientali, che inducono il giovane ad agire in modo impulsivo o irriflessivo, senza alcuna considerazione per le norme di comportamento socialmente accettate.

2.1.8

L'insegnamento e la trasmissione insufficienti di valori sociali o civici, come il rispetto delle norme, la solidarietà, la generosità, la tolleranza, il rispetto degli altri, la capacità autocritica, l'empatia, l'orgoglio del lavoro ben fatto, ecc., che vengono sostituiti nelle nostre società globalizzate da valori più utilitaristici come l'individualismo, la competitività, il consumo smisurato di beni, che danno luogo in determinate circostanze a una certa anomia sociale.

2.2

Questo insieme di fattori si ritrova in maggiore o minore misura in tutti i paesi dell'Unione europea, in società con un livello di benessere alto, ma in cui si generano elementi di destrutturazione e mancanza di coesione sociale che spiegano questo tipo di comportamenti antisociali o devianti.

2.3

Per evitare il comportamento violento e far fronte alla delinquenza giovanile, le società devono adottare strategie che combinino misure di prevenzione, di intervento e di repressione. Le strategie preventive e di intervento devono essere volte a socializzare e integrare tutti i minori e i giovani, specie attraverso la famiglia, la comunità, il gruppo dei pari (peer group), la scuola, la formazione professionale e il mercato del lavoro.

Le misure o le risposte giudiziarie e repressive dovranno, in ogni caso, basarsi sui principi di legalità, presunzione di innocenza, diritto di difesa, giudizio con tutte le garanzie, rispetto della vita privata, proporzionalità e flessibilità: tanto lo sviluppo del processo come la scelta della misura e la sua successiva esecuzione, dovranno ispirarsi al principio del superiore interesse del minore  (5).

3.   le limitazioni dei sistemi tradizionali di giustizia minorile

3.1

I modelli classici di giustizia minorile hanno avuto molti problemi a rispondere e adattarsi alla realtà attuale del fenomeno criminale. In effetti, i sistemi europei di giustizia penale minorile erano realmente lenti, inefficaci ed economicamente carenti: termini di attesa lunghi erano normali e il tasso di recidività dei minori era molto alto. A ciò bisogna aggiungere il graduale indebolimento delle fonti tradizionali di controllo sociale informale (scuola, famiglia, luogo di lavoro, ecc.).

3.2

Dal cosiddetto modello di protezione, sorto nei primi anni del XX secolo, che si basava su un approccio paternalista e considerava il minore delinquente come un malato sociale (mettendolo nello stesso gruppo e confondendolo con altri minori non tutelati), si è passati in alcuni paesi (specie quelli nordici) al denominato modello educativo o assistenziale, come modello sociale o comunitario di risposta alla delinquenza giovanile; questo modello però, collocandosi a latere del sistema giudiziario, privava il minore delle necessarie garanzie giuridiche.

3.2.1

Diverse convenzioni e molti trattati internazionali relativi alla giustizia minorile (le regole minime delle Nazioni Unite relative all'amministrazione della giustizia minorile — Regole di Pechino del 1985; le Linee-guida delle Nazioni Unite per la prevenzione della delinquenza minorile, Linee-guida di Riyadh del 1990, le Regole delle Nazioni Unite per la protezione dei minori privati della libertà del 1990 e la raccomandazione N. R (87) 20 sulle risposte sociali alla delinquenza minorile (Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, Strasburgo, 17 settembre 1987) hanno determinato a partire dal decennio degli anni '80 un cambiamento progressivo nei sistemi di giustizia minorile dei paesi europei, introducendo il cosiddetto modello di responsabilità. Va dato particolare risalto in questo processo alla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, la quale è stata ratificata da tutti gli stati membri dell'UE, diventando per questi Stati una disposizione vincolante, e che dedica al tema qui trattato gli articoli 37 e 40. Il modello di responsabilità è caratterizzato dal rafforzamento della posizione giuridica del minore, avvicinando in tal senso la giustizia minorile alla giustizia penale per gli adulti, in quanto si riconoscono al minore gli stessi diritti e le stesse garanzie previsti per gli adulti. Si tratta di unire l'aspetto educativo a quello giudiziario, applicando un modello garantista e misure di contenuto eminentemente educativo. L'intenzione è, insomma, quella di «educare nella responsabilità».

3.3

Tale modello, derivante dalla norme internazionali già citate, è stato accolto progressivamente nelle legislazioni dei venticinque paesi che formano parte dell'UE.

3.3.1

Il modello di responsabilità si basa sui seguenti principi:

la prevenzione piuttosto che la repressione: il miglior modo di lottare contro la delinquenza giovanile è impedire che vi siano delinquenti giovanili e a tal fine sono necessari programmi adeguati di assistenza sociale, lavorativa, economica ed educativa (tra i quali non vanno dimenticati quelli volti a facilitare e rendere più accessibile un impiego appropriato del tempo libero),

va limitato al minimo indispensabile il ricorso al sistema giudiziario tradizionale e vanno istituiti nuovi sistemi di giustizia ad hoc concepiti per il fenomeno della delinquenza minorile, lasciando ad altri ambiti (assistenziali e sociali) il trattamento delle altre situazioni in cui possano venire a trovarsi i minori (minori abbandonati, maltrattati, disadattati, ecc.),

limitare l'intervento punitivo dello Stato attivando simultaneamente strategie preventive nel settore dell'assistenza sociale ai minori, della politica sociale, del mercato del lavoro, delle offerte di svaghi per il tempo libero e della politica degli enti locali in generale, lasciando inoltre più spazi d'autonomia alla comunità e ad altri gruppi della vita sociale, per esempio la famiglia, gli assistenti sociali, la scuola, la comunità, le organizzazioni sociali, nella soluzione del conflitto e nella ricerca di alternative valide,

ridurre al massimo le misure di privazione della libertà o le sanzioni di questo tipo, limitandole a fattispecie eccezionali,

rendere più agile e diversificare la reazione penale con misure flessibili, alternative alla privazione della libertà, capaci di adeguarsi ed essere appropriate alle circostanze del minore, in funzione delle condizioni del trattamento, dei progressi nel trattamento o nell'esecuzione della misura,

applicare ai minori autori di reati tutti i diritti e le garanzie riconosciute agli adulti nel processo penale (giudizio giusto, imparziale e equo),

formare professionalmente e specializzare gli organi di controllo sociale formale che intervengono nel sistema di giustizia minorile. In questo senso, è necessario fornire una formazione specializzata a tutti i soggetti che intervengono nell'amministrazione della giustizia minorile (polizia, magistratura, avvocati e le persone preposte all'esecuzione delle sanzioni).

4.   Le nuove tendenze della giustizia minorile

4.1

Esistono altre alternative possibili per rispondere al fenomeno della delinquenza giovanile, oltre al sistema tradizionale di internamento. Così, i nuovi orientamenti internazionali, senza pregiudizio delle necessarie misure educative di privazione della libertà nei casi in cui ciò sia indispensabile, prediligono sistemi sostitutivi o complementari alle suddette misure e tali da rendere il trattamento del minore più efficace e, soprattutto, più educativo ai fini del suo sviluppo personale e socioprofessionale.

4.2

Le buone pratiche europee nell'ambito della giustizia minorile possono raggrupparsi intorno a tre grandi assi: la prevenzione, l'intervento educativo nella stessa comunità o in centri appositi e l'integrazione sociolavorativa.

4.2.1

A parte la prevenzione di cui si è già parlato, l'intervento educativo dovrà essere effettuato preferibilmente in strutture o istituzioni dell'ambiente sociale del minore, cercando di fornirgli quelle competenze o necessità formative la cui mancanza lo ha condotto a suo tempo a infrangere la legge penale. Il minore dovrà essere oggetto di uno studio completo da parte di esperti di diverse aree allo scopo di conoscere quali siano queste carenze e in che modo fornirgli gli strumenti che consentano di ridurre il rischio che torni a manifestare un comportamento deviante. Avendo di mira lo stesso obiettivo, si dovrà lavorare con le famiglie dei minori, per cercare la loro collaborazione e il loro impegno nel processo educativo e di risocializzazione dei loro figli.

4.2.2

D'altro canto, i minori autori di reati si ritrovano, insieme con altre categorie come le persone disabili, le minoranze etniche, gli anziani, ecc., tra i gruppi che soffrono o sono a rischio di esclusione sociale: le loro speciali carenze e difficoltà, cui si è fatto cenno, li rendono bisognosi di un sostegno specifico nella ricerca dell'autonomia personale, poiché, altrimenti, sarebbero destinati al fallimento e di conseguenza ad essere disadattati rispetto al loro ambiente, situazioni che fanno aumentare il rischio che ripetano i loro comportamenti devianti e finiscano per entrare nel sistema penale degli adulti.

4.2.3

Per tale motivo i giovani devono essere aiutati e guidati nel loro processo d'integrazione attraverso itinerari molti diversi (integrazione sociale, culturale, linguistica, ecc.). Non vi è un percorso prestabilito che garantisca l'integrazione sociale dei giovani delinquenti, come non vi sono formule infallibili che garantiscano che una persona perfettamente integrata non adotti comportamenti antisociali. Esiste, tuttavia, un consenso ampio nel considerare l'inserimento lavorativo una strada fondamentale per avvicinare i giovani delinquenti a contesti di integrazione e stabilità economica e sociale.

4.3

In ordine all'evoluzione del sistema di giustizia minorile e riprendendo il discorso svolto nei punti 3.2 e 3.3, va segnalato, in primo luogo, che di fronte al concetto di giustizia retributiva (pagare per i danni causati) è emersa una concezione restaurativa o riparatrice della giustizia (restorative justice) nata con il movimento di politica penale a favore della vittima (vittimologia) e il recupero del ruolo della vittima nel processo penale. La giustizia restaurativa è il paradigma di una giustizia che coinvolge la vittima, l'imputato e la comunità nella ricerca di soluzioni alle conseguenze del conflitto generato dal fatto delittuoso, allo scopo di promuovere la riparazione del danno, la riconciliazione tra le parti e il rafforzamento del senso di sicurezza collettiva. La giustizia restaurativa cerca di tutelare sia l'interesse della vittima (l'autore dell'offesa deve riconoscere il danno procurato alla vittima e sforzarsi di ripararlo) sia quello della comunità (riuscire a recuperare l'autore del fatto delittuoso, evitare la recidività e ridurre i costi della giustizia) sia, infine, quello dell'imputato (evitando di farlo entrare nei meccanismi della giustizia penale, ma garantendogli il rispetto delle garanzie costituzionali).

4.4

Inoltre, rispetto a quest'ultimo, la riparazione esercita una specifica azione educativa in quanto stimola la riflessione del minore sulla sua colpevolezza, mettendolo direttamente dinanzi alla vittima, e può così dissuaderlo dal tenere comportamenti analoghi in futuro. È per questo motivo un modello idoneo per il sistema di giustizia minorile poiché è poco stigmatizzante, ha un alto valore pedagogico e un carattere meno repressivo.

4.5

In sintesi, negli ultimi due decenni, vi è stato un cambiamento reale nel sistema della giustizia minorile quanto ai procedimenti, ai tipi di sanzioni e alle sentenze. Si affermano sempre più le sentenze non punitive, come i servizi alla comunità, la compensazione e la riparazione, la mediazione con la vittima o con la comunità di origine, la formazione professionale in tirocini, ovvero trattamenti speciali per i tossicodipendenti e per altri disturbi derivanti da una dipendenza, come l'alcolismo. Questo tipo di misure richiede una supervisione e un controllo continuo dei progressi e dei risultati ottenuti dal minore. Attualmente esse vengono usate sempre più spesso e sono adottate sotto forma di internamento in regime aperto o semiaperto, di vigilanza e controllo continui, libertà vigilata, controllo elettronico dei movimenti, ecc., ovvero la combinazione di diverse misure. Nonostante ciò, la privazione della libertà in un centro educativo o di detenzione, è tuttora una modalità molto utilizzata.

4.6

In direzione opposta, la rilevanza pubblica dei nuovi fenomeni che hanno fatto la loro apparizione da qualche tempo specie nelle grandi città europee (criminalità organizzata, bande giovanili, vandalismo urbano, violenza nelle manifestazioni sportive, bullismo nelle scuole, violenza diretta contro i genitori, comportamenti xenofobici ed estremisti, collegamento tra le nuove forme di criminalità e immigrazione, tossicodipendenza, ecc.) ha fatto sì che si possa osservare in alcuni paesi europei una tendenza all' inasprimento del diritto penale minorile, con la possibilità di applicare sanzioni massime più severe e l'introduzione di diverse forme d'internamento in centri a regime chiuso, e addirittura, rendendo i genitori del minore responsabili per alcuni atti commessi da quest'ultimo.

4.6.1

Vanno menzionate in tale contesto le riforme del diritto penale minorile introdotte nei Paesi Bassi nel 1995 e in Francia nel 1996 e il Criminal Justice Act del 1994 in Inghilterra, che innalza da uno a due anni la pena massima applicabile ai minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni e stabilisce l'internamento in centri a regime chiuso per periodi compresi tra i 12 mesi e i 2 anni anche per minori di età compresa tra i 12 e i 14 anni. In Inghilterra è stato altresì introdotto il cosiddetto parenting order, in virtù del quale i genitori di minori che abbiano commesso reati o di minori che, per esempio, siano stati iscritti nei registri di polizia per essere stati assenti alle lezioni senza giustificazione, possono essere costretti a seguire corsi di educazione una volta a settimana per un massimo di tre mesi. I genitori che non assolvano ripetutamente i loro doveri educativi possono essere puniti con multe fino a 1.000 sterline.

4.6.2

Il problema delle disposizioni di questo tipo è che comportano la «deresponsabilizzazione» del minore il quale, in linea con le impostazioni moderne del diritto penale «responsabilizzatore» dovrebbe essere incitato a cercare di riparare o compensare il danno causato. Inoltre, in determinate circostanze, i genitori (soprattutto quelli che dispongono di minori mezzi economici e di conseguenza di minori possibilità di dedicare attenzione ai figli e vigilare su di loro) si vedono ingiustificatamente danneggiati se non riescono ad addurre una prova che escluda la loro responsabilità. In realtà, quello di cui i genitori hanno bisogno è un aiuto per dare un'educazione adeguata ai loro figli e non di essere colpevolizzati senza ragione.

4.6.3

Alcuni paesi, a loro volta, vedono tornare in auge concezioni che negli anni '80 si consideravano superate come l'internamento dei minori in centri a regime chiuso, destinati anche a prestare assistenza sociale a minori non tutelati, vale a dire che si mettono insieme di nuovo i minori inseriti nel sistema di protezione e quelli soggetti al sistema penale minorile.

5.   Attuale trattamento della questione nell'ambito dell'UE

5.1

Se il Consiglio d'Europa ha avuto già occasione di affrontare specificamente il tema della giustizia minorile in diversi documenti (tra cui si deve ricordare in particolare la già citata Raccomandazione del Comitato dei ministri N. R (87) 20 sulle risposte sociali alla delinquenza minorile e la Raccomandazione REC(2003) 20 del Comitato dei ministri sulle nuove modalità di trattamento della delinquenza giovanile ed il ruolo della giustizia minorile  (6)), non è accaduto lo stesso nel quadro delle istituzioni dell'Unione europea, che hanno toccato questo problema solo tangenzialmente nell'esame di altre questioni più vaste, come la prevenzione della criminalità.

5.2

I testi fondamentali dell'Unione europea e della Comunità europea permettono di avvicinarci alla materia oggetto di questo parere attraverso due vie: il Titolo VI del Trattato sull'Unione europea (TUE) «Disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale» e il Titolo XI del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) politica sociale, istruzione, formazione professionale e gioventù.

5.2.1

Nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale si deve far riferimento al disposto dell'articolo 29 e seguenti del TUE che hanno come obiettivo quello di offrire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. In queste disposizioni si prevedono attività di cooperazione intergovernativa in materia penale, a livello di polizie e a livello giudiziario, citando espressamente, tra l'altro, la prevenzione e la lotta alla criminalità, organizzata o no. In questo contesto, la Commissione ha presentato il 30 aprile 2004 il Libro verde sul ravvicinamento, il riconoscimento mutuo e l'esecuzione delle sanzioni penali nell'Unione europea (Livre vert sur le rapprochement, la reconnaissance mutuelle et l'exécution des sanctions pénales dans l'Union européenne — NdT: documento non disponibile in italiano). Con questo documento di consultazione la Commissione intende esaminare se l'esistenza di diversi sistemi nell'UE comporti problemi per la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri e cerca di individuare gli ostacoli all'applicazione del principio del riconoscimento reciproco. Nel documento non si fa alcun cenno alla delinquenza giovanile e ai sistemi di giustizia minorile, ma non vi sarebbero ostacoli per l'applicazione a questi ultimi sia degli obiettivi perseguiti, elencati nella parte introduttiva del documento, sia dei riferimenti alle pene, quelle che prevedono la privazione della libertà ovvero quelle alternative, e alla mediazione.

5.2.2

In questa sede si può inoltre far riferimento al programma quadro AGIS (7) adottato dalla Commissione il 22 luglio 2002, il quale promuove la cooperazione di polizia doganale e giudiziaria in materia penale e sostiene gli sforzi degli addetti del settore per contribuire allo sviluppo della politica europea in questo campo. Nel quadro di questo programma sono state avviate alcune iniziative riguardanti il riconoscimento reciproco delle legislazioni e le buone pratiche nell'ambito della delinquenza giovanile e della giustizia minorile.

5.2.3

Analogamente occorrerebbe far riferimento nell'ambito del Titolo VI del TUE alla decisione del Consiglio del 28 maggio 2001 con la quale è stata istituita la Rete europea di prevenzione della criminalità (8), che comprende tutti i tipi di criminalità, ma che presta particolare attenzione alla delinquenza giovanile (9), alla criminalità urbana e a quella legata alla droga.

5.2.4

Nel campo della politica sociale, dell'istruzione e della formazione professionale e della gioventù, l'articolo 137 del TCE sottolinea esplicitamente l'azione delle istituzioni comunitarie a favore dell'integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e la lotta contro l'esclusione sociale. Senza alcun dubbio, e rinviando a quanto detto precedentemente, l'integrazione sociale e quella lavorativa costituiscono due assi fondamentali per la prevenzione e la lotta contro la delinquenza giovanile. In questo ambito, le strategie, le agende, i progetti e i programmi adottati dai consigli europei e dalle istituzioni comunitarie sono stati numerosi; ad alcuni di essi si è fatto riferimento nel punto 1.2, ma va segnalato in particolare, per la sua relazione più stretta con i minori delinquenti, il programma d'azione per combattere la discriminazione  (10), che rientra nell'Obiettivo 1 del fondo sociale europeo.

5.3

Il Parlamento europeo, anche se con un carattere programmatico, ha svolto da parte sua un'attività intensa nel campo della protezione dei minori, con numerose risoluzioni tra le quali spicca la Carta europea dei diritti del fanciullo da esso approvata con la risoluzione A 3-0172/1992 dell'8 luglio 1992, che nei punti 8.22 e 8.23 menziona un insieme di garanzie a favore dei minori coinvolti in un processo penale e cita i criteri e i principi che devono ispirare le sanzioni da comminare e le risorse da usare nel trattamento dei minori autori di reati.

6.   L'opportunità di un quadro europeo di riferimento sulla giustizia minorile

6.1

Come segnalato in precedenza, la delinquenza giovanile è considerata con preoccupazione da una buona parte dei cittadini europei. È ancora più esatto dire che esiste una chiara consapevolezza del fatto che si tratti di un problema comune per i paesi europei e che sarebbe opportuno che ad occuparsene fossero le istituzioni dell'Unione. Questo atteggiamento è rispecchiato dai dati dell'Eurobarometro 2001 (il primo che si sia occupato della sicurezza interna dei paesi membri). Secondo l'eurobarometro 2001, il 45 % circa dei cittadini europei reputa che in materia di politica di prevenzione della delinquenza giovanile le autorità nazionali e le istituzioni dell'UE dovrebbero avere una competenza congiunta.

6.2

Come si è già detto in precedenza esistono già diverse norme internazionali, nel quadro dell'ONU e del consiglio d'Europa, che affrontano il tema della delinquenza giovanile e della giustizia minorile. Nonostante ciò, la loro forza coercitiva è scarsa o addirittura nulla (con l'eccezione della già citata Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia) ed esse rappresentano solo dei minimi comuni denominatori per tutta la comunità internazionale. Ovviamente, a partire dalle basi gettate da tali principi, l'Unione europea, considerato il suo livello di sviluppo e il suo maggior grado di omogeneità interna, dovrebbe coltivare l'ambizione e fissarsi l'obiettivo di migliorare e rendere più effettivi nel suo territorio i principi stabiliti a livello internazionale.

6.3

I paesi membri dell'UE, d'altra parte, all'atto di definire le loro politiche di trattamento della delinquenza giovanile, nei loro diversi aspetti di prevenzione, giustizia, protezione e integrazione, potrebbero avvantaggiarsi delle esperienze e delle buone pratiche degli altri Stati membri. Ciò è vero soprattutto dinanzi all'evidente crescente somiglianza delle diverse cause e forme di manifestazione della delinquenza giovanile negli Stati membri (tossicodipendenza, comportamenti xenofobici, violenza nello sport, uso delle nuove tecnologie per commettere reati, vandalismo urbano, ecc.).

6.4

Allo stesso modo, i fattori derivanti dal processo d'integrazione, come la soppressione delle frontiere e la libera circolazione delle persone pesano moltissimo nel rafforzare l'idea che siano opportune norme comuni sulla giustizia minorile: i giovani possono spostarsi liberamente tra i paesi comunitari, per non parlare degli spostamenti tra le regioni frontaliere, che coprono migliaia di chilometri se si considerano i 25 Stati membri. La maggiore omogeneità e/o il maggior coordinamento tra le legislazioni e le politiche nazionali in questa materia potrebbero impedire o ridurre alcuni rischi o situazioni nuove collegate a questa più elevata mobilità (come per esempio, la possibilità che un giovane autore di reati risieda in un paese e sia condannato per un reato in un altro paese, all'interno dell'UE).

6.5

D'altra parte, e considerato che con frequenza i paesi «usano» i loro sistemi di giustizia minorile come banchi di prova delle riforme future della legislazione penale per gli adulti, il coordinamento e il ravvicinamento dei sistemi di giustizia minorile potrebbero facilitare, a loro volta, un processo di convergenza di queste legislazioni penali nazionali, obiettivo che, come si è già indicato, forma già parte delle finalità dell'Unione europea e nel cui ambito sono stati già registrati progressi importanti (mandato di arresto europeo, riconoscimento reciproco ed esecuzione di sentenze penali, ecc.). Inoltre, le legislazioni riguardanti la delinquenza giovanile sono relativamente recenti (quelle di più antica data risalgono all'inizio del XX secolo) per cui avviare un processo di convergenza non solleverebbe molte resistenze e tanti problemi come per i sistemi penali per gli adulti, i quali presentano una traiettoria prolungata in cui hanno influito ragioni storiche, culturali e giuridiche radicate.

6.6

Non si dovrebbe neanche disdegnare l'effetto che un quadro comunitario di riferimento potrebbe avere nel circoscrivere o impedire tendenze regressive nel trattamento della delinquenza giovanile e del sistema penale minorile di cui, come rilevato in precedenza, si rilevano segnali in alcuni stati membri dell'UE.

6.7

In definitiva, sia dal punto di vista della prevenzione e delle considerazioni sociali che da quello della repressione e delle considerazioni giudiziarie, i fenomeni comuni che si manifestano in quest'area nei paesi dell'Unione europea raccomandano di dare inizio a un processo di elaborazione di un quadro comune per il trattamento della questione. Lo ha chiesto il Consiglio d'Europa, segnalando in una sua raccomandazione la necessità di stabilire delle regole europee sulle sanzioni e sulle misure applicate nella Comunità e delle regole penitenziarie europee specifiche e diverse per i minori (REC(2003) 20).

7.   Alcune proposte per una politica europea di giustizia

7.1

Dalle osservazioni esposte nei punti precedenti di questo parere possono ricavarsi le linee guida o gli orientamenti seguenti:

7.1.1

In tutti i paesi membri dell'UE, in misura maggiore o minore, esistono fenomeni relativamente analoghi che esigono risposte anch'esse simili: la crisi delle istituzioni di controllo sociale informale (famiglia, scuola, lavoro), la formazione nei grandi centri urbani di ghetti in cui una parte significativa degli abitanti è a rischio di esclusione sociale, le nuove forme di delinquenza giovanile (violenza domestica e nell'ambiente scolastico, bande giovanili, vandalismo urbano), l'abuso di droghe e di alcool, ecc.

7.1.2

A partire dagli anni '70-'80, e come frutto dell'emergere della normativa internazionale cui si fa riferimento nel punto 3.2.1 di questo parere, i modelli della giustizia minorile degli Stati membri dell'UE si sono progressivamente avvicinati con l'imporsi del modello detto di responsabilità di solito unitamente a quello della giustizia restaurativa o riparatrice. Ciò non impedisce, tuttavia, che continuino a sussistere disparità rilevanti tra i modelli adottati dagli Stati membri (tra queste va rimarcata l'età richiesta perché vi sia responsabilità penale giovanile, come si è visto sopra).

7.1.3

Ragioni molto diverse, cui si è fatto cenno dettagliatamente in tutto il presente documento — situazioni socioeconomiche e politiche analoghe tra gli Stati membri, tradizioni giuridiche, in alcuni casi molto simili e in altri almeno non irriconciliabili, politiche sociali che incidono collateralmente sulla prevenzione della delinquenza giovanile già finanziate o sostenute dai bilanci comunitari — raccomandano di tendere ad una progressiva omogeneizzazione dei modelli e dei sistemi di prevenzione, protezione, intervento e trattamento relativi al fenomeno della delinquenza giovanile e dei modelli e dei sistemi della giustizia minorile.

7.1.4

Infine esistono, nell'ambito di cui ci occupiamo, altri fattori diversi che fanno proclamare l'opportunità del processo di avvicinamento, coordinamento e scambio.

7.1.4.1

L'intervento nel campo della delinquenza giovanile e della giustizia minorile non rimane circoscritto solo al piano giuridico (in cui le tradizioni e i modelli giuridici differenti possono rappresentare un ostacolo per questo processo), ma deve essere pluridisciplinare e pluriistituzionale, integrando altre branche del sapere — come le scienze sociali e del comportamento — e istituzioni, autorità e organizzazioni molto diverse (amministrazioni statali, regionali e locali, servizi sociali di ambito distinto, apparato di polizia e giudiziario, organizzazioni senza fin di lucro, imprese private attraverso progetti di responsabilità sociale delle imprese, associazioni delle famiglie, soggetti economici e sociali, ecc.) le quali spesso operano in modo scarsamente coordinato.

7.1.4.2

La società dell'informazione, i progressi tecnologici, la permeabilità delle frontiere e altri fattori analoghi svolgono indubbiamente un ruolo importante nella generalizzazione dei fenomeni cui si accenna nel punto 7.1.1 (11). Tuttavia, non va scartato il semplice effetto d'imitazione di tali comportamenti (potenziato dalla diffusione degli avvenimenti nei mezzi di informazione): si tratta in tutti i casi di cambiamenti straordinariamente rapidi e dinanzi ai quali i paesi europei non possono rimanere impassibili.

7.2

Sulla base di queste premesse, il Comitato ritiene che si debba sviluppare una politica comunitaria in materia di delinquenza giovanile e la giustizia minorile procedendo come segue:

7.2.1

in primo luogo, è indispensabile poter disporre di dati quantitativi aggiornati e comparabili sulla situazione della delinquenza giovanile nei venticinque Stati membri dell'UE in modo tale da avere un quadro affidabile del fenomeno cui ci troviamo di fronte e sapere qual è la sua vera dimensione e le diverse maniere di affrontarlo, tenendo presente, tra le altre variabili, le differenze che potrebbero esservi tra la delinquenza maschile e quella femminile.

7.2.2

Da un punto di vista qualitativo, si reputa inoltre necessario definire standard minimi o orientamenti comuni tra tutti gli Stati membri che vadano dalle politiche di prevenzione, passando per il trattamento da parte degli organi di polizia e giudiziari dei minori che hanno infranto la legge penale, fino a giungere alla loro rieducazione e risocializzazione. Questi standard dovrebbero basarsi sui principi fissati nella Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, specie sui suoi articoli 37 e 40, e sulle linee guida internazionali relative a questa materia definite nelle convenzioni citate nel punto 3.2.1 di questo parere; a partire da lì occorrerebbe poi approfondire e portare avanti il loro sviluppo e la loro applicazione.

7.2.3

Il primo passo in direzione dello sviluppo di questi standard minimi sarebbe quello di disporre di una conoscenza quanto più possibile precisa delle diverse realtà ed esperienze di ciascuno Stato membro. Il processo per giungere a questa conoscenza può variare, ma potrebbe consistere nell'ottenimento di informazioni attraverso la realizzazione di indagini in ciascuno Stato membro e in successive riunioni di gruppi di esperti e di addetti ai lavori in cui si procederebbe a uno scambio di esperienze e buone pratiche. Queste riunioni potrebbero acquisire un carattere stabile mediante la creazione di una rete di esperti, con partecipanti e compiti adeguati alla specifica finalità perseguita. Infine, allo scopo di orientare meglio la riflessione e il dibattito su questa materia e per farlo giungere al maggior numero possibile di istituzioni, organizzazioni e singoli cittadini, sarebbe opportuno che la Commissione pubblicasse un libro verde in materia.

7.2.4

Contemporaneamente alle tappe indicate nel punto precedente o quanto meno come anello successivo nel processo di conoscenza e avvicinamento dei modelli di giustizia minorile degli Stati membri, si dovrebbe creare un osservatorio europeo sulla delinquenza giovanile; ciò favorirebbe non solo lo studio permanente di questo fenomeno, ma la diffusione dei risultati di questo studio e la consulenza e il sostegno alle autorità e alle istituzioni con responsabilità decisionali. Si dovrebbe, cioè, fare in modo che tali sforzi di ricerca e conoscenza non si traducano solo in risultati accademici, ma siano strumenti che aiutino ad adottare politiche e strategie reali (12).

7.3

Senza che ciò infici quanto detto finora, e considerando il fatto che le diverse questioni che incidono sul fenomeno della delinquenza giovanile e della giustizia minorile sono affrontate in modo frammentario dalle singole politiche dell'Unione europea (libertà, sicurezza e giustizia; gioventù; istruzione e formazione; occupazione e affari sociali) è necessario istituire un coordinamento operativo tra tutti i servizi interessati e le agenzie coinvolte in modo da poter dare al fenomeno della delinquenza giovanile il trattamento pluridisciplinare e pluriistituzionale, che è quello più idoneo, come si è già ribadito più volte in questo parere.

7.4

Le specificità del fenomeno della delinquenza giovanile e il suo carattere dinamico e mutevole esigono una formazione più specializzata possibile e un costante aggiornamento degli addetti ai lavori oltre che dei soggetti che partecipano a tutto il processo di intervento riguardante questi minori: giudici, organi giudiziari inquirenti, avvocati, polizia, funzionari, mediatori, educatori, tecnici preposti all'esecuzione delle misure, ecc. In questo ambito le istituzioni comunitarie devono svolgere un ruolo di primo piano attraverso i meccanismi cui si è già accennato (rete di esperti, osservatorio, ecc.) e altri meccanismi complementari come potrebbero essere i programmi di scambio di personale tra gli Stati membri, il lavoro in rete, le nuove modalità di formazione a distanza come l'e-learning, ecc. A tale scopo andrebbero attuati programmi comunitari che si sforzino di coprire queste necessità formative concrete. Non si dimentichi inoltre, che i progressi che si riuscissero a realizzare nell'UE nell'ambito della giustizia minorile contribuirebbero a dare prestigio a questo campo del sapere e a promuovere l'elaborazione di studi specializzati nelle università europee, che dovrebbero anch'esse partecipare a questo processo.

7.5

Considerato poi che il problema che ci interessa ha un'evidente dimensione sociale e civile, non dovrà trascurarsi in tutto questo processo la partecipazione di tutte quelle organizzazioni e degli esponenti della società civile che hanno una relazione diretta con questo ambito (organizzazioni del terzo settore, associazioni, famiglie, ONG, ecc.), in modo che essi contribuiscano alla progettazione e successiva applicazione dei programmi e delle strategie in seno all'UE.

7.6

Per quanto riguarda l'integrazione e il reinserimento sociale dei minori e dei giovani delinquenti, ovvero il terzo pilastro di cui si parla nel punto 1.1, le politiche comunitarie che verranno adottate dovrebbero tener conto anche del ruolo delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, e dei loro specifici canali di dialogo, al momento di scegliere le modalità atte a realizzare l'integrazione e l'inserimento sociolavorativo e professionale dei minori che vivono una situazione di esclusione sociale. È pertanto necessario un impegno di tutti i soggetti coinvolti, dal momento che l'inserimento sociolavorativo è una delle modalità essenziali del reinserimento dei minori nella nostra società.

7.7

Il Comitato è consapevole del fatto che per portare avanti tutte queste politiche sono necessarie corrispondenti dotazioni di bilancio. È per questo che la Commissione europea dovrà destinare linee di bilancio al sostegno della protezione dei minori, della prevenzione della delinquenza giovanile e del trattamento dei minori delinquenti, sia nel quadro di progetti o iniziative già esistenti (come quelle destinate all'eliminazione dell'emarginazione e dell'esclusione sociale e di sostegno alla gioventù e al suo inserimento sociolavorativo) (13), sia attraverso programmi specificamente diretti a conseguire gli obiettivi indicati.

Bruxelles, 15 marzo 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 14 dicembre 2000 relativa all'integrazione sociale dei giovani (GU C 374 del 28.12.2000); Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 27 giugno 2002 relativa al quadro di cooperazione europea in materia di gioventù (GU C 168 del 13.7.2002); Libro bianco della Commissione europea - Un nuovo impulso per la gioventù europea (COM(2001) 681 def.); Comunicazione della Commissione al Consiglio sulle politiche europee concernenti la gioventù - Rispondere alle preoccupazioni dei giovani in Europa - attuare il Patto europeo per la gioventù e promuovere la cittadinanza attiva (COM(2005) 206 def.).

(2)  Rientrerebbero in questa fattispecie comportamenti definiti come «reati connessi allo status di minorenne» come la fuga dal domicilio o il vagabondaggio, ecc.

(3)  Per il limite massimo vi è tra i paesi dell'UE maggiore uniformità, in quanto il sistema della giustizia minorile funziona pienamente in tutti i casi fino ai 18 anni di età, pur esistendo paesi che ne contemplano l'applicazione, con gradi differenti e secondo i casi, ai giovani fino ai 21 anni di età (Austria, Germania, Italia, Paesi Bassi, Portogallo). Per quanto riguarda il limite minimo, le differenze sono marcate: in Irlanda è fissato ai 7 anni, Scozia e Grecia agli 8 anni di età; Inghilterra, Galles e Francia fissano l'età minima alla quale si diventa penalmente responsabili nell'ambito del sistema di giustizia minorile a 10 anni; i Paesi Bassi e il Portogallo a 12 anni, la Polonia a 13, l'Austria, l'Estonia, la Germania, l'Ungheria, l'Italia, la Lettonia, la Lituania, la Slovenia e la Spagna a 14, la Repubblica ceca, la Danimarca, la Finlandia, la Slovacchia e la Svezia a 15, il Belgio a 16. Tuttavia, è necessario tener presente che, nella maggioranza dei casi, per le età comprese tra i 7 e i 13-15 anni, i provvedimenti previsti non sono di natura propriamente penale oppure sono più benevoli di quelli previsti per i minori compresi tra questa fascia d'età e quella dei 18-21 anni, essendo escluso totalmente, in molti casi, l'internamento in centri.

(4)  In relazione a questo fattore e a quello della povertà menzionato al punto 2.1.2 è opportuno citare lo studio Thematic Study on Policy Measures concerning Disadvantaged Youth, in corso di elaborazione da parte della direzione generale Occupazione, affari sociali e pari opportunità della Commissione europea e coordinato dall'Institute for Regional Innovation and Social Research (IRIS).

(5)  Articolo 40 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea generale dell'ONU il 20.11.1989.

(6)  Si potrebbero citare qui anche la risoluzione (66) 25 sul trattamento di breve durata per i giovani delinquenti con meno di 21 anni, la risoluzione (78) 62 sulla trasformazione sociale e delinquenza giovanile, la raccomandazione (88) 6 sulle risposte sociali alla delinquenza giovanile dei giovani provenienti da famiglie immigrate e la raccomandazione (2000) 20 sul ruolo dell'intervento psicosociale precoce per prevenire la criminalità.

(7)  Questo programma prosegue e amplia il lavoro dei programmi precedenti che sono stati istituiti in conformità con il Titolo VI del TUE: Grotius II - Penale, Stop II, Oisin II, Hippokrates e Falcone.

(8)  GU L 153 dell'8.6.2001.

(9)  La relazione A Review of the knowledge on juvenile violence: trends, policies and responses in the EU member states, Fitzgerald, Stevens and Hale, 2004 è un esempio dei lavori portati avanti dalla Rete europea di prevenzione della criminalità.

(10)  Per citare un esempio della sua applicazione nell'ambito della giustizia minorile, in Spagna la ONG Fundación Diagrama (ente che gestisce in numerose comunità autonome misure giudiziarie di privazione della libertà imposte a minori autori di reati) cogestisce insieme con tali comunità un programma d'azione diretto ai minori che stiano scontando o abbiano scontato sanzioni di privazione della libertà imposte dal sistema di rieducazione giovanile. L'obiettivo del programma consiste nel progettare, anche prima che il minore lasci il centro di internamento, un itinerario personalizzato e completo di integrazione sociolavorativa per questi giovani, che sta dando risultati notevoli.

(11)  È opportuno citare in questa sede l'importanza che, a quanto pare, hanno avuto nei fatti avvenuti nelle città francesi nel novembre 2005, l'uso delle chat, della posta elettronica, dei blog, dei telefoni cellulari, ecc.

(12)  Già il 21 febbraio 2003 un numeroso gruppo di deputati del Parlamento europeo ha presentato una proposta di risoluzione sulla istituzione dell'Osservatorio europeo sulle devianze minorili (B5-0155/03).

(13)  Tra i progetti e i programmi attualmente in corso possono citarsi i programmi AGIS, Daphne II, EQUAL e il programma d'azione per combattere la discriminazione.


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