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Document 52006AE0403

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi d'investimento nell'UE COM(2005) 314 def.

GU C 110 del 9.5.2006, p. 19–25 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

9.5.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 110/19


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi d'investimento nell'UE

COM(2005) 314 def.

(2006/C 110/04)

La Commissione europea, in data 12 luglio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito al Libro verde sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi d'investimento nell'UE

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 21 febbraio 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore GRASSO.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 marzo 2006, nel corso della 425a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 138 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

1.   Premesse

1.1

Nel cammino verso la completa integrazione dei mercati finanziari in Europa, il Libro verde della Commissione europea fornisce indicazioni strategiche di grande rilievo. Com'è noto lo sviluppo economico e la crescita dei paesi europei sono strettamente legati allo sviluppo ed all'integrazione dei mercati finanziari, integrazione che rappresenta anche la piena realizzazione della terza fase dell'Unione stessa.

1.2

Al di là del dibattito accademico se lo sviluppo finanziario preceda o segua lo sviluppo economico, appare importante sottolineare come nel dualismo tra orientamento alla banca e orientamento ai mercati finanziari che contraddistingue il cosiddetto modello anglosassone (e statunitense in particolare) rispetto al «modello europeo», l'evoluzione della legislazione in atto e gli indirizzi dell'Unione sembrano voler proseguire sulla strada di una piena integrazione dei due orientamenti nel nostro sistema economico.

1.3

Infatti, mercati e istituzioni finanziarie svolgono all'interno della società il fondamentale compito di mettere in relazione unità in «deficit» finanziario con unità in «surplus» obbedendo a regole del gioco basate su criteri di efficienza allocativa e razionalità. Non solo, ma va tenuto presente che una corretta competizione e concorrenza tra imprese avviene nel mercato del capitale e del credito ancor prima che su quello dei beni.

2.   Il mercato degli OICVM nell'UE e la necessità di armonizzare

2.1

La regolamentazione europea del risparmio gestito, in generale, e degli OICVM (organismi di investimento collettivo in valori mobiliari) nello specifico, ruota intorno ad un nucleo normativo costituito dalla direttiva 85/611/CEE, che ha fornito in questi anni la cornice disciplinare entro la quale il settore si è evoluto. Sebbene il processo di smantellamento, all'interno della UE, delle barriere normative all'insediamento ed alla commercializzazione transfrontaliera dei prodotti non sia del tutto completato, il mercato degli OICVM si muove in un contesto regolamentare di riferimento armonizzato.

2.2

Lo sviluppo del mercato degli OICVM sembra un processo inarrestabile di continua ascesa. Il patrimonio netto gestito è aumentato negli ultimi anni con tassi di crescita a due cifre. Secondo i dati dell'European Fund and Asset Management Association, Investment Company Institute, and other Mutual Fund Association, il mercato che comprendeva UE-15, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia, Norvegia e Svizzera ha registrato, nel periodo 1996-2005, un tasso di incremento annuo composto del 14,5 %, passando da circa 1 450 miliardi di euro a più di 4 900 miliardi di euro di attivo netto.

2.3

La pubblicazione (1) dell'andamento annuo del numero e del capitale totale dei fondi a livello mondiale evidenzia come il fenomeno sia in crescita sia a livello di presenze che di volumi trattati.

2.4

A parere del CESE è molto importante, anche se effettivamente difficile, risolvere il problema della convergenza fiscale per accrescere la propensione alla crescita degli OICVM. Le strategie di internazionalizzazione del comparto possono essere influenzate sia da barriere all'entrata che all'uscita. Quelle all'uscita derivano dalla tassazione dei sottoscrittori non residenti secondo la legislazione interna del fondo; all'entrata derivano dalla legislazione del paese di residenza del sottoscrittore.

2.5

Nel panorama europeo, la disciplina fiscale degli OICVM appare quasi ovunque ispirata al principio della neutralità dell'investimento tramite fondi rispetto a quello diretto; in quasi tutti i paesi europei vi è il modello della trasparenza fiscale (no-veil) , formale o sostanziale, degli organismi, che comporta la tassazione dei proventi direttamente in capo agli investitori. Il modello della trasparenza è funzionale all'applicazione del principio di capital export neutrality e, in assenza di prelievi alla fonte sui proventi finanziari percepiti dal fondo, si traduce nella tassazione degli investitori in base al principio di residenza.

3.   Osservazioni sul paragrafo «Valutazione generale»

3.1

Nell'industria finanziaria europea la dimensione media degli OICVM è pari mediamente a meno di un terzo di quella degli omologhi prodotti statunitensi; si ritiene che da ciò derivino minori economie di scala nella gestione a danno dei rendimenti netti degli investitori finali.

3.2

Tuttavia, anche se il Legislatore comunitario ha come obiettivo prioritario definire una regolamentazione per la finanza di prodotto, il CESE ritiene che l'effettivo beneficio per gli investitori dipenda dalla regolamentazione complessiva del sistema finanziario (dunque: la regolamentazione sui prodotti e sui servizi).

3.3

Il Libro verde, poi, sottolinea il potenziale di incremento del rischio operativo conseguente alla esternalizzazione di talune funzioni, potenzialmente generatrici di conflitti di interesse: per il CESE si tratta di una preoccupazione fondata a cui dovrebbero far seguito adeguati interventi normativi.

3.4

Dal momento in cui un processo viene segmentato in più parti delegate ad organizzazioni differenti il problema non risiede tanto negli aspetti tecnici con cui la suddivisione ha luogo, quanto nelle condizioni di equilibrio con cui il (nuovo) mercato che regola i rapporti fra compratore e venditore si sviluppa. Si prenda come esempio il segmento dell'analisi finanziaria. Nella prassi corrente le analisi finanziarie sono oggetto di scambio non autonomo ma incorporato in altri servizi, normalmente di natura operativa: così, ad esempio, il broker di titoli tende a distribuire analisi su singoli titoli in cambio di continuità operativa basata su livelli di commissioni che incorporano anche il costo dell'analisi.

3.5

La circolazione delle informazioni (analisi) avviene quindi secondo logiche di mercato tipiche di un «bene pubblico»: le quantità di fabbisogni informativi sono date e il prezzo è la somma dei prezzi pagati dai diversi compratori; tra questi compratori, tuttavia, solo pochi pagano effettivamente. L'effetto è quanto meno squilibrante: l'attività di analisi è sottoremunerata, il che comporta un incentivo allo sviluppo di economie di scala nella produzione di analisi, con l'inevitabile caduta della qualità ed inoltre un incentivo a sfruttare benefici sui costi derivanti anche da conflitti di interessi (si veda, a titolo di esempio, l'intervento della FSA britannica in tema di soft commission fra broker/dealer e gestori di patrimoni). Il CESE è del parere che occorrerebbe individuare regole utili ad evitare quanto più possibile di confondere i meccanismi di formazione dei prezzi nell'industria dell'intermediazione dei rischi incorporati nei capitali finanziari con quelli di formazione dei prezzi nell'industria di intermediazione/trasformazione dei rischi di investimento.

4.   Risposte ai quesiti posti

4.1   Domanda 1: Le iniziative di seguito elencate apporteranno una certezza giuridica sufficiente nell'applicazione della direttiva?

A.

Eliminare le incertezze per il riconoscimento dei fondi durante la transizione dalla OICVM I alla OICVM III;

B.

semplificare la procedura di notifica per i fondi che si avvalgono del passaporto;

C.

promuovere l'applicazione delle raccomandazioni della Commissione sull'utilizzo dei derivati e sul prospetto semplificato;

D.

chiarire la definizione degli attivi che possono essere acquistati dagli OICVM.

4.1.1

Per rispondere alla domanda è necessario distinguere fra finanza «di prodotto» e finanza «di servizio». La prima ha come scopo la definizione degli strumenti operativi che permettono l'incontro fra datori e ricettori di capitale finanziario; la seconda, invece, ha come obiettivo la ricerca degli strumenti che meglio si adattano alle esigenze del prenditore o del datore dei fondi, indicando, in caso di assenza di prodotti adeguati, quali siano le caratteristiche mancanti.

4.1.2

La trasformazione dei sistemi finanziari da «banco-centrici» in «mercato-centrici» modifica la funzionalità dell'intermediazione finanziaria, la quale si trova sempre più frequentemente ad intermediare dei rischi anziché il capitale finanziario che li incorpora. L'intermediazione di rischi è proficua a condizione che l'intermediario sappia trattarli a costi inferiori rispetto all'investitore. Occorre quindi chiedersi se un impianto legislativo finalizzato alla riduzione dei rischi sia più efficace rispetto ad uno finalizzato a garantire adeguati livelli di efficienza del processo di intermediazione dei rischi.

4.1.3

Si deve tenere presente che anche in contesti di mercati finanziari efficienti il rischio complessivamente gravante su un investimento andrebbe idealmente scomposto in due parti: «rischio di payoff » e «rischio informativo». Il primo misura l'effettiva volatilità del rendimento di un investimento. Il secondo, invece, misura la difficoltà (dovuta essenzialmente a carenze informative dei soggetti economici) di misurare correttamente il rischio di payoff. Occorre prendere coscienza che il premio al rischio incorporato nelle scelte degli agenti economici deriva da entrambe le fattispecie di rischio e che i legami fra queste fattispecie non sono caratterizzati da una semplice addizionalità, ma da correlazioni di diversa intensità.

4.1.4

Ciò premesso, il CESE ritiene di rispondere affermativamente alla domanda, fatta salva l'avvertenza che quanto indicato vale per il settore della «finanza di prodotto». Relativamente alla «finanza di servizio» sarebbe opportuno introdurre una maggiore libertà di prestazione dei servizi di investimento, ad esempio rimuovendo i vincoli oggi esistenti sulle attività di promozione finanziaria, che non recepiscono pienamente il principio cosiddetto dell'home country control.

4.1.5

La preoccupazione su cui si basa questa prassi è chiara: evitare comportamenti elusivi da parte di soggetti che intendano organizzare una rete di promotori sfruttando regimi di paesi UE più favorevoli. Secondo il CESE, tuttavia, questo impianto logico soffre di un vizio d'origine: se l'elusione è possibile significa che i regimi non sono effettivamente parificati.

4.1.6

Il CESE, quindi, è del parere di accrescere la «libera circolazione» delle attività di «finanza di servizio» come leva per rendere più omogenee le singole applicazioni nazionali delle direttive comunitarie in materia di investimenti e valori mobiliari (ivi compresa l'OICVM III).

4.2   Domanda 2: Vi sono altri problemi riguardanti l'applicazione quotidiana della direttiva che devono essere affrontati in modo prioritario?

4.2.1

La convergenza nella disciplina regolamentare deve essere affiancata da misure di coordinamento delle regole fiscali applicabili al comparto. A tutt'oggi, coesistono sul mercato europeo, come per tutte le altre aree della finanza, i diversi sistemi nazionali, ai quali si aggiungono, per alcuni profili, le regole derivanti dagli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni.

4.2.2

L'intreccio delle diverse regolamentazioni fiscali determina distorsioni sul piano della concorrenza, duplicazioni nell'imposizione e opportunità di arbitraggi, di elusione e di evasione fiscale. L'assetto normativo di matrice nazionale necessita in questo senso di una maggiore efficacia con il crescere del grado di internazionalizzazione del mercato.

4.2.3

Per gli Stati nazionali la variabile fiscale è un formidabile strumento promozionale e protezionistico. Le diverse interpretazioni fiscali che possono essere date agli strumenti OICVM provenienti da altri paesi UE permettono l'applicazione di regimi fiscali meno convenienti, creando, nei fatti, una sorta di barriera all'entrata. Il Comitato è consapevole del fatto che l'armonizzazione fiscale non può essere considerata un obiettivo facilmente raggiungibile nel breve periodo, anche a causa dell'unanimità necessaria per intervenire su tale materia. Si suggerisce comunque di prendere in considerazione la definizione di un regime fiscale comunitario sui prodotti di investimento a livello di imposizione e di prelievo.

4.3   Domanda 3: Il fatto che le società di gestione possano avvalersi in modo efficace del sistema del passaporto apporterebbe importanti vantaggi supplementari sul piano economico, rispetto alle soluzioni degli accordi di delega? Indicate per cortesia la fonte e l'entità probabile dei vantaggi previsti.

4.3.1

Passaporto e «prospetto semplificato» appaiono misure adatte a superare i problemi legati alla frammentazione del mercato ed agli ostacoli a una perfetta mobilità dei capitali e completezza dei mercati e idonee a instaurare una sufficiente certezza del diritto; Il CESE, allo stesso tempo, ritiene indispensabile proseguire sulla via della dissipazione delle incertezze legate al riconoscimento dei fondi creati durante la transizione dalla OICVM I alla OICVM III.

4.4   Domanda 4: La suddivisione tra due Stati membri della responsabilità di vigilanza sulla società di gestione e sul fondo determinerebbe un aumento del rischio operativo o dei problemi di vigilanza? Descrivete per cortesia le fonti di problemi e le misure che occorrerebbe adottare per contenere efficacemente questi rischi.

4.4.1

Il CESE è consapevole del fatto che all'interno dell'UE coesistono due regimi finanziari, quello inglese e quello continentale, che difficilmente potranno convergere a breve termine. Tuttavia anche in questo caso il CESE auspica che le nuove norme prevedano l'applicazione di una sola fonte regolamentare atta ad agevolare il processo di convergenza, perché ritiene che l'imposizione di barriere legislative a livello di uso promiscuo degli istituti dell'uno o dell'altro impianto regolamentare servirebbe solo a perpetuare l'attuale situazione di squilibrio.

4.4.2

Il CESE esprime la sua convinzione che la suddivisione tra due Stati membri della responsabilità di vigilanza sulla Società di gestione e sul Fondo aumenta le difficoltà di vigilanza, con il pericolo di diminuire l'efficienza del loro intervento. Si ravvisa quindi l'opportunità di prevedere che la responsabilità nei confronti dell'investitore resti in capo al fondo del paese di appartenenza dell'investitore, anche nel caso in cui la società di gestione fosse una società estera.

4.5   Domanda 5: Un rafforzamento della trasparenza, della comparabilità e dell'attenzione prestata alle necessità degli investitori a livello della distribuzione delle quote di fondi potrebbe migliorare concretamente il funzionamento dei mercati europei dei fondi d'investimento ed il livello di protezione degli investitori? È opportuno considerare tale rafforzamento una priorità?

4.5.1

La sola regolamentazione della fase produttiva degli strumenti finanziari è insufficiente a migliorare il funzionamento dei mercati dei fondi e la protezione degli investitori. Il CESE suggerisce che si riservi una appropriata attenzione alla fase distributiva, rafforzandone la trasparenza per permettere agli investitori di effettuare scelte consapevoli.

4.5.2

L'informazione fornita agli investitori non può prescindere completamente dal contesto ambientale e culturale in cui gli investitori stessi sono cresciuti e vissuti. L'allargamento dell'Unione europea a paesi che fino a 15 anni fa non partecipavano all'economia di mercato pone il problema della opportunità di mantenere un unico standard informativo. Il Comitato ritiene che in proposito si dovrebbe avviare una riflessione tenendo presente, da un lato la necessità di dotarsi di un quadro normativo per quanto possibile semplice e uniforme, dall'altro la diversa cultura in ambito economico e finanziario ancora esistente tra alcuni Stati membri.

4.6   Domanda 6: Un chiarimento delle norme di comportamento applicabili alle imprese che vendono le quote dei fondi agli investitori al dettaglio darebbe un contributo significativo al raggiungimento di tale obiettivo? Devono essere previste altre misure (ad esempio un rafforzamento degli obblighi d'informazione)?

4.6.1

Un chiarimento delle norme di comportamento dei distributori non può che essere auspicabile da parte del CESE. Non si deve però sottovalutare il fatto che l'applicazione quotidiana della direttiva per quanto concerne la gestione dei rischi e la trasparenza delle commissioni comporta difficoltà oggettive non sempre facilmente superabili.

4.6.2

Si consideri, ad esempio, la problematica tecnica della rendicontazione contro benchmark. Essa assume valenze totalmente differenti nel caso in cui il mandato a gestire sia finalizzato a «battere il benchmark» rispetto al caso in cui si debba «replicare il benchmark»; il diverso processo di delega — a parità di strumento tecnico — richiede l'assunzione di rischi differenziati, posto che per «battere il benchmark» è necessario consentire al gestore scostamenti nelle allocazioni, quindi l'assunzione di dosi aggiuntive di rischio.

4.6.3

In questo contesto si suggerirebbe l'introduzione di normative volte a rendere più trasparenti anche le modalità (non le quantità) di rotazione degli investimenti inseriti in portafogli: a parità infatti di performance lorde, le maggiori rotazioni dei portafogli comportano addebiti di costi di transazione più elevati, riducendo le «performance» nette per il cliente. Si tratta in questo caso di un tema particolarmente scottante qualora parte dei costi di transazione venissero poi riconosciuti/retrocessi al gestore stesso.

4.7   Domanda 7: Vi sono alcune questioni specifiche ai fondi che non rientrano nei lavori in corso riguardanti le misure di esecuzione dettagliata delle norme di comportamento della MiFID?

4.7.1

La direttiva MiFID può fornire una base normativa importante soprattutto per quanto riguarda il conseguimento di elevati standard di trasparenza nella fase distributiva degli OICVM.

4.7.2

La direttiva MiFID non disciplina, tuttavia, la trasparenza per la negoziazione dei titoli obbligazionari il cui livello di opacità può essere non trascurabile. A parere del CESE pertanto non si può considerare la direttiva MiFID lo strumento che completa e copre tutte le eventuali lacune del quadro normativo degli OICVM.

4.8   Domanda 8: Le fusioni transfrontaliere di fondi rispondono ad una logica commerciale o economica (vantaggi netti)? Gran parte di tali vantaggi potrebbe essere ottenuta con una razionalizzazione all'interno delle frontiere nazionali?

4.8.1

La dimensione media dei fondi europei è ancora relativamente ridotta: nel 2004 essa era di 195 milioni di dollari, contro la media statunitense di 628 milioni di dollari nello stesso anno. Questo aspetto si riflette sulla possibilità di avere economie di scala, quindi sui rendimenti e non da ultimo sulla redditività della società che gestisce il fondo.

4.8.2

È noto che uno degli effetti finanziari del processo di globalizzazione dell'economia consiste nella riduzione del livello assoluto dei rischi a cui si associa una ricomposizione fra rischi di natura sistematica (crescenti) e rischi di natura specifica (calanti). Pur ammettendo che i processi di fusione transfrontaliera possano accrescere le economie di scala, si rende necessaria un'applicazione limitata a quei prodotti per i quali esse siano un effettivo driver di successo, ovvero a tutti i comparti del risparmio gestito in cui l'efficienza è più importante dell'efficacia. Nei segmenti in cui è l'efficacia ad essere carente, invece, i processi di agglomerazione potrebbero avere effetti tutt'altro che vantaggiosi.

4.9   Domanda 9: I vantaggi auspicati potrebbero essere ottenuti per mezzo della gestione congiunta dei fondi (pooling)?

4.9.1

Il pooling della gestione degli attivi di diversi fondi con caratteristiche sostanzialmente simili permette evidenti economie di scala ed è uno strumento già utilizzato dalle società di gestione per migliorare l'efficienza nella gestione degli investimenti. Il pooling transfrontaliero si scontra, però, con i problemi fiscali e normativi riguardanti i fondi d'investimento già ampiamente discussi in precedenza. A parere del CESE, pertanto, questa non può essere una via alternativa per aggirare i problemi e le difficoltà normative e istituzionali che incontra il consolidamento dell'industria dei fondi d'investimento.

4.10   Domanda 10: La concorrenza a livello della gestione e/o della distribuzione dei fondi è sufficiente a garantire che tutti gli investitori beneficino degli incrementi di efficienza?

4.10.1

La risposta a questa domanda è negativa, come è messo in luce anche dall'esperienza americana. Nel mercato americano i fondi d'investimento esistono da sessanta anni: nonostante lo spettacolare aumento del numero dei fondi offerti e della loro dimensione, i costi a carico dei fondi e degli investitori sono nel complesso circa raddoppiati (2). Ciò si è tradotto in una performance netta rispetto ai benchmark meno soddisfacente: mentre infatti nel periodo 1945-1965 i benchmark hanno sovraperformato i fondi in media del 1,7 % annuo, nel periodo 1983-2003 tale divario è aumentato, attestandosi allo 2,7 % annuo.

4.11   Domanda 11: Quali sono i vantaggi e gli inconvenienti (rischi di vigilanza o commerciali) che deriverebbero dalla possibilità di scegliere un depositario in un altro Stato membro? In che misura la delega o altri accordi renderebbero superflua un'iniziativa legislativa in questo ambito?

4.11.1

La possibilità di scegliere un depositario in uno Stato membro diverso da quello della società di gestione del fondo potrebbe aumentare la concorrenza tra depositari, abbassando gli oneri a carico del fondo.

4.11.2

Allo stesso tempo ciò potrebbe porre dei maggiori rischi di vigilanza qualora la cooperazione e la convergenza tra le autorità di regolamentazione del settore non fossero sufficientemente avanzate.

4.11.3

Per quanto non trascurabili, le commissioni corrisposte al depositario sono inferiori rispetto ad altri costi come, ad esempio, quelli che ricompensano la struttura distributiva. Il CESE suggerisce quindi di soppesare vantaggi e rischi di una simile iniziativa normativa.

4.12   Domanda 12: Pensate che un processo continuo di standardizzazione promosso dagli operatori del settore sarebbe in grado di dare frutti entro un termine ragionevole? È necessario un intervento del settore pubblico?

4.12.1

La standardizzazione, l'automazione e l'informatizzazione del collocamento degli ordini e della liquidazione dei fondi sono una condizione fondamentale per mettere i distributori nelle condizioni di ampliare la loro offerta di prodotti e aumentare la concorrenza.

4.12.2

Ciò richiederebbe, tuttavia, profondi interventi sui protocolli e sugli standard delle procedure operative e informatiche che imporrebbero costi considerevoli agli operatori. Si deve tenere presente che nell'Europa continentale spesso le società di gestione dei fondi e i distributori fanno parte dello stesso gruppo. In un simile contesto è probabile che gli operatori siano meno incentivati a sostenere i costi necessari per aumentare la concorrenza a livello distributivo. Si può ritenere, pertanto, che un intervento del settore pubblico possa stimolare e rendere più veloce questo processo.

4.13   Domanda 13: Il ricorso massiccio a limiti d'investimento formali costituisce un approccio valido per raggiungere un grado elevato di protezione degli investitori?

4.13.1

L'efficacia di schemi comportamentali rigidi rispetto al rischio è da sempre oggetto di ampio dibattito in economia, specie alla luce dei benefici alterni derivanti dall'esperienza posteriore agli accordi di cambio di Bretton-Woods. Ciò deriva dalla diversa natura che il rischio economico presenta rispetto al tempo: nel breve periodo, infatti, è rischioso ciò che fluttua rispetto ad un vincolo, mentre nel lungo periodo, al contrario, è rischioso ciò che è rigido rispetto alle evoluzioni del sistema. Di conseguenza, l'introduzione di rigidità imposte da limiti formali produrrebbe effetti benefici nel breve periodo, ma rischi sostanziali nel lungo termine.

4.13.2

A questo occorre aggiungere un aspetto derivante dai più recenti studi appartenenti al cosiddetto filone della «finanza comportamentale»: il comportamento e le decisioni dei singoli agenti tendono ad essere sostanzialmente influenzati dal grado di rischiosità che li circonda. Al crescere della rischiosità si osservano comportamenti maggiormente reattivi e viceversa; di conseguenza, il CESE valuta negativamente una normativa che introduca rigidità eccessive e che potrebbe produrre un duplice effetto a lungo termine: una vischiosità operativa negli strumenti e una ridotta reattività degli agenti economici con effetti tutti da determinare ma certamente negativi. Viceversa, la consapevolezza di «perdere veramente» il proprio capitale potrebbe essere lo stimolo più efficace alla sua protezione.

4.13.3

Questo fenomeno comporta un'ulteriore distorsione nei mercati: la formazione di aspettative secondo cui se il rischio produce risultati favorevoli, questi sono incorporati dall'investitore, mentre se si producono risultati sfavorevoli, essi sono trasferiti al mercato.

4.14   Domanda 14: Pensate che i presidi — a livello di società di gestione e del depositario — siano sufficientemente robusti per fare fronte ai nuovi rischi emersi in materia di gestione e di amministrazione degli OICVM? Quali altre misure tendenti a mantenere un grado elevato di protezione degli investitori considerereste appropriate?

4.14.1

Il CESE suggerisce di intervenire a breve termine eventualmente con regolamentazioni formali e rigide, ma finalizzate solo alla rottura dei patti collusivi; quando ciò fosse avvenuto il mercato sarebbe più maturo e, come tale, non richiederebbe più vincoli rigidi. Un'area di particolare interesse è quella della rendicontazione: troppo frequentemente gli obblighi di rendicontazione sono impostati su orizzonti temporali per nulla coerenti (troppo corti) con quelli dei prodotti finanziari, cosicché nei rendiconti stenta ad emergere il beneficio di diversificazione temporale che taluni investimenti comportano.

4.14.2

Per rafforzare il grado di protezione degli investitori il CESE suggerisce di prendere in considerazione l'istituzione di un fondo speciale di garanzia alimentato anche con i proventi derivanti dall'attività sanzionatoria delle autorità di vigilanza. Questo fondo non dovrebbe, ovviamente, coprire i rischi di mercato connaturati agli investimenti degli OICVM: dovrebbe invece, contribuire al risarcimento dei danni subiti dagli investitori in seguito a comportamenti degli intermediari non conformi alla normativa.

4.15   Domanda 15: Vi sono casi di distorsione della scelta degli investitori che esigerebbero un'attenzione particolare da parte dei politici europei e/o nazionali?

4.15.1

I fondi d'investimento si confrontano con prodotti finanziari, come le polizze unit linked , percepiti dagli investitori sullo stesso piano, nonostante abbiano una disciplina normativa assai diversa.

4.15.2

Ciò può comportare distorsioni nelle scelte degli investitori, con conseguenze negative sul piano dei costi e su quello dei rischi degli investimenti effettuati. Il Comitato ritiene che non si possa affrontare il problema con una concorrenza al ribasso, allentando i vincoli e le garanzie richieste all'investimento in fondi. È auspicabile, invece, un adeguamento verso l'alto degli standard normativi grazie al quale i prodotti finanziari che nei fatti dimostrano di essere percepiti come un'alternativa diretta all'investimento in fondi, sono sottoposti a requisiti normativi paragonabili a quelli degli investimenti in fondi.

4.16   Domanda 16: In quale misura i problemi di frammentazione della regolamentazione determinano problemi di accesso al mercato tali da rendere auspicabile la definizione di un approccio comune a livello della UE in materia di a) fondi di private equity e b) fondi speculativi e fondi di fondi speculativi?

4.16.1

La risposta a questa domanda richiede una premessa che aiuta a chiarire anche i termini del problema posto dalla domanda precedente. Occorre che il legislatore definisca con chiarezza il concetto di valore mobiliare. Va chiarito senza possibilità di dubbio se tale concetto si sovrapponga a quello di liquidità dello strumento o meno. Attualmente i due concetti sono utilizzati, nei fatti, come sostituti, tentando così di spingere «fuori» dal concetto di valore mobiliare sia gli investimenti alternativi sia i prodotti sostitutivi degli OICVM. A parere del Comitato, si tratta di un misunderstanding potenzialmente grave perché potrebbe indurre a confondere due principi ben diversi della teoria dei mercati finanziari: quello dell'efficienza con quello della completezza.

4.16.2

Un mercato finanziario è efficiente se i costi di transazione per gli investimenti in esso compresi sono tollerabili; un mercato finanziario è completo se in esso sono compresi tutti i possibili investimenti.

4.16.2

Il private equity e i fondi speculativi devono essere giudicati sul piano dell'efficacia (capacità di selezionare gli investimenti migliori) prima che sul piano dell'efficienza (capacità di ottenere economie di scala nei costi). Per questo motivo, è meno rilevante la questione della dimensione dei fondi: anzi, problemi legati all'efficacia (capacità di muoversi rapidamente sul mercato senza condizionarne l'andamento) e al contenimento del rischio sistemico (si veda il salvataggio del fondo LTCM nel 1998) suggeriscono che sia preferibile non incentivare obiettivi di eccessiva crescita dimensionale.

4.17   Domanda 17: Esistono rischi particolari (dal punto di vista della protezione degli investitori o della stabilità del mercato) associati alle attività dei fondi di private equity o dei fondi speculativi che meriterebbero un'attenzione particolare?

4.17.1

Questi investimenti si caratterizzano per la presenza massiccia, accanto al payoff risk, del rischio informativo. È giusto disciplinare questo rischio, soprattutto per contenere il rischio di frodi, ma sarebbe sbagliato tentare di ridurlo eccessivamente. Infatti, se la trasparenza di questi fondi venisse completamente sviluppata, si rischierebbe di rendere vana la competenza del gestore, che invece è alla base della produzione di rendimenti scarsamente correlati con il mercato.

4.17.2

Il Comitato ritiene che l'azione da intraprendere non consista nel tentativo utopistico di rendere trasparente un processo complesso, bensì in quella di rendere consapevole l'investitore «medio» del fatto che l'investimento alternativo richiede capacità conoscitive più elevate e, in loro assenza, l'intervento di uno specialista.

4.18   Domanda 18: In che misura un regime comune in materia di collocamento diretto contribuirebbe a superare gli ostacoli allo sviluppo di un'offerta transfrontaliera di investimenti alternativi destinati a investitori qualificati? Questo chiarimento delle procedure di marketing e di vendita può avvenire indipendentemente da misure di accompagnamento a livello del gestore del fondo?

4.18.1

La definizione di una normativa comune in termini di collocamento diretto a investitori qualificati potrebbe essere un'importante spinta allo sviluppo dei fondi di private equity nell'Unione europea.

4.18.2

Gli investitori qualificati devono essere per definizione dotati delle competenze tecniche e della capacità patrimoniale necessarie per effettuare investimenti con elevati profili di rischio, come quelli in private equity. Si deve perciò supporre che sappiano valutare la capacità e la credibilità dei gestori. Tenuto inoltre conto che i fondi di private equity assicurano di per sé a una certa diversificazione dei rischi, non dovrebbero essere necessarie altre misure di accompagnamento che regolamentino pesantemente l'attività della società di gestione.

4.19   Domanda 19: L'attuale legislazione sugli OICVM, prescrittiva e basata sui prodotti, costituisce a lungo termine un quadro normativo valido per un mercato europeo dei fondi d'investimento integrato e ben vigilato? In quali condizioni, o in quale fase, sarà opportuno prevedere un'evoluzione verso una regolamentazione basata sui principi e fondata sui rischi?

4.19.1

Vi sono diversi esempi che mostrano le carenze dell'attuale impostazione: basta pensare al caso degli ETF (Exchange Traded Funds) che combinano gli aspetti positivi di un fondo (notevole diversificazione) con quelli di un'azione (possibilità di compravendita continua sul mercato). La direttiva facilita la diffusione di questo strumento, sottoponendolo al beneficio del passaporto in quanto OICVM. Per altro verso, ne limita la detenzione da parte di un altro OICVM perché a tale fine lo considera come se fosse un titolo azionario.

4.19.2

Alla luce anche delle considerazioni effettuate in tema d'investimenti alternativi e all'importanza di non limitare l'attenzione alla finanza di prodotto ma anche a quella di servizio, il Comitato ritiene che un'evoluzione verso una regolamentazione basata sui principi sia auspicabile. Allo stesso tempo, ritiene che l'aggiornamento del quadro normativo debba avvenire con un approccio graduale, cercando un ragionevole equilibrio tra tempi di consultazione e rapidità del processo di revisione.

5.   Le sfide future

5.1

Da quanto si è evidenziato, il sistema degli OICVM europeo appare ancora un mercato frammentato, costituito da imprese di relativamente piccola dimensione rispetto a quelle americane, in cui la collaborazione e i flussi transfrontalieri appaiono tuttora soggetti a viscosità, elementi questi che non consentono il raggiungimento di elevate economie di scala e quindi abbattimento dei costi.

5.2

Per altro verso, l'eccesso di preoccupazione, espressa anche dal Libro verde (3), circa la definizione degli attivi che possono essere acquistati dagli OICVM, obbligando i fondi a investire soprattutto in strumenti finanziari liquidi, impedirebbe l'intervento in mercati non regolamentati.

5.3

Sarebbe auspicabile pertanto prendere in considerazione la possibilità di entrare in operazioni di private equity . Ciò sarebbe coerente con l'obiettivo di aprire il capitale delle PMI alla partecipazione del capitale di rischio e quindi del private equity.

5.4

Il sistema economico europeo è fortemente connotato dalla presenza della piccola e media impresa, impresa che appare spesso sottocapitalizzata per la sua caratteristica di ricorrere prevalentemente alla banca.

5.5

Questa sottocapitalizzazione si accompagna spesso a un eccessivo indebitamento, soprattutto nella forma di debito a breve, e con una elevata presenza di debiti e crediti di natura commerciale connessi con l'estrema interdipendenza tra imprese di una stessa filiera produttiva. Queste caratteristiche sono anche la conseguenza di un assetto proprietario tipico del capitalismo familiare in cui spesso vi è commistione fra patrimonio dell'imprenditore e capitale dell'impresa.

5.6

Queste problematiche a livello di impresa e la necessità di realizzare obiettivi più generali di «sistema» produttivo su scala europea rendono strategiche le soluzioni ai problemi finanziari delle PMI. Tali obiettivi, si articolano su tre direttrici, così sintetizzabili:

favorire una cultura d'impresa volta ad aprire il capitale delle PMI all'apporto di capitale di rischio da parte di terzi e di organismi finanziari,

favorire l'innovazione come strumento di competitività in mercati globalizzati,

accompagnare la continuità (e la successione) d'impresa, intesa come un processo che non deve provocare «discontinuità» tali da compromettere la vita dell'impresa.

5.7

È sulla base di queste premesse che si auspica che il legislatore europeo estenda la sua attenzione all'importante settore del private equity, mentre il venture capital è un settore ancora troppo poco sviluppato in Europa.

5.8

Il Comitato ritiene, inoltre, che la riflessione in corso sul quadro normativo dei fondi d'investimento debba essere l'occasione per guardare con attenzione anche allo sviluppo della finanza socialmente responsabile che non sacrifica al profitto i temi dello sviluppo sociale e della tutela ambientale. Nel 2003 era riconducibile a «fondi etici» circa lo 0,37 % del totale del patrimonio gestito dagli OICVM europei (4). Il confronto con il mercato americano, dove alla stessa data l'11,3 % del patrimonio complessivamente gestito dagli OICVM apparteneva a fondi etici, mostra che in Europa i margini di crescita della finanza socialmente responsabile sono ancora molto elevati.

5.9

Per favorirne un più rapido sviluppo della finanza socialmente responsabile, gli Stati membri potrebbero prevedere dei meccanismi di incentivazione fiscale incentrati su una parziale detassazione dei guadagni percepiti su questi investimenti, seguendo la linea, già prevista da alcuni Stati membri, che permette di dedurre dal reddito i contributi volontari alle organizzazioni di utilità sociale. Dovrebbero, inoltre, essere fiscalmente agevolati anche i profitti dei fondi eventualmente reinvestiti in organizzazioni di utilità sociale.

5.10

Stante il carattere innovativo di questa proposta, il Comitato auspica l'avvio di un ulteriore approfondimento del tema e di uno studio di fattibilità, avvalendosi anche dell'analisi delle best practices attualmente in essere.

5.11

Le sfide a medio e lungo termine consistono pertanto essenzialmente in:

considerare i nuovi prodotti che l'innovazione finanziaria necessariamente «crea» — e in particolare gli investimenti alternativi — sempre più indispensabili al «finanziamento dell'innovazione» per le PMI,

superare, anche attraverso fusioni, le troppo esigue dimensioni dei fondi europei che comportano costi di gestione non competitivi, e al tempo stesso far «emergere» il mercato dell'informazione e dell'analisi,

realizzare un mercato «completo» in cui siano regolamentate la «finanza di prodotto» e la «finanza di servizio».

5.12

Le corrette informazioni sui rischi e sui prodotti sottostanti, la credibilità dei gestori circa quantità e modalità delle transazioni sono tutti elementi che, al di là di norme pur necessarie, sono in grado di dare al mercato fiducia, correttezza e regole comportamentali, elementi che risultano fondamentali per la sua efficienza ed efficacia nell'allocazione delle risorse.

5.13

Pertanto armonizzare la normativa fiscale, incentivare le fusioni, consentire la gestione congiunta di fondi (il cosiddetto pooling), favorire la concorrenza nella gestione e distribuzione dei prodotti e dei servizi, superare il vincolo dell'appartenenza allo stesso Stato membro della società di gestione e del depositario, evitare gli elevati «costi di transazione» connessi con le frammentate procedure di sottoscrizione e rimborso, conferirà al mercato un livello più elevato di efficienza e di efficacia.

Bruxelles, 15 marzo 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Fonte: European Fund and Asset Management Association, Investment Company Institute, and other Mutual Fund Association.

(2)  Bogle J.C. (2005), «The Mutual Fund Industry 60 Year Later: For Better or Worse?», Financial Analysts Journal, January/February.

(3)  COM(2005) 314 def., punto 4, pag. 5.

(4)  Sustainable Investment Research International (SiRi) Group.


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