Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52004IE0528

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La diversificazione economica nei paesi in via di adesione – il ruolo delle PMI e delle imprese dell'economia sociale

    GU C 112 del 30.4.2004, p. 105–112 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    30.4.2004   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 112/105


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La diversificazione economica nei paesi in via di adesione – il ruolo delle PMI e delle imprese dell'economia sociale

    (2004/C 112/27)

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 luglio 2003, ha deciso, conformemente all'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema La diversificazione economica nei paesi in via di adesione – il ruolo delle PMI e delle imprese dell'economia sociale.

    La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 marzo 2004, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice FUSCO e dal correlatore GLORIEUX.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 31 marzo 2004, nel corso della 407a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere all'unanimità.

    1.   Introduzione: definizioni e obiettivi

    1.1

    L'adesione di dieci nuovi paesi all'Unione europea è un avvenimento storico senza precedenti, sia per il numero di paesi interessati che per il profondo cambiamento socioeconomico che comporta per tali Stati e per l'Europa nel suo complesso. In tale prospettiva, e conformemente all'obiettivo prioritario, indicato dal Presidente BRIESCH nel discorso dell'11 dicembre 2002, di rafforzare la presenza del CESE nei dibattiti sul futuro dell'Europa, il presente parere d'iniziativa intende contribuire a sottolineare la partecipazione della società civile e delle sue organizzazioni al processo di formazione dell'opinione politica nel corso di questo periodo di allargamento (1).

    1.2

    Il presente parere intende inoltre contribuire al dibattito sia sulle conseguenze dell'allargamento descritte nella relazione Ampliamento dell'Unione europea - Risultati e sfide presentata da Wim KOK il 26 marzo 2003, sottolineando il ruolo svolto dalle piccole e medie imprese (PMI) e dalle imprese dell'economia sociale (IES) nell'ambito della diversificazione economica (e delle sue ripercussioni sociali) nei paesi in via di adesione, sia sulla sfida della piena integrazione di questi ultimi nel mercato unico. Il Comitato desidera contribuire alle diverse iniziative comunitarie volte a garantire che l'adesione di questi paesi all'UE abbia esito positivo su tutta la linea, anche per quanto riguarda la coesione socioeconomica nella fase di trasformazione industriale in corso.

    1.3

    Le PMI, termine che include anche le microimprese che pure hanno caratteristiche proprie, sono imprese che rispondono a precisi criteri numerici, definiti dalla Commissione europea (cfr. tabella 1 in allegato) (2).

    1.4

    Le IES rientrano in un insieme di quattro diverse categorie: cooperative, mutue, associazioni e fondazioni. Sono imprese caratterizzate dal primato del loro obiettivo sociale sulla massimizzazione del profitto, il che crea spesso un legame con il territorio e lo sviluppo locale, e dalla soddisfazione di bisogni che gli altri settori dell'economia non possono soddisfare da soli. I loro valori di fondo sono: solidarietà, coesione sociale, responsabilità sociale, gestione democratica, partecipazione, autonomia (3).

    1.5

    Nel marzo del 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato l'obiettivo di fare dell'Europa l'economia basata sulla conoscenza più dinamica e competitiva del mondo, sottolineando nel contempo la necessità di «creare un ambiente favorevole all'avviamento e allo sviluppo di imprese innovative, specialmente di PMI» e aggiungendo che «la competitività e il dinamismo delle imprese dipendono direttamente da un contesto normativo propizio all'investimento, all'innovazione e all'imprenditorialità» (4). Su questa base il Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno 2000 ha approvato la Carta europea per le piccole imprese, in cui si afferma che «le piccole imprese sono la spina dorsale dell'economia europea» e che «sono una fonte primaria di posti di lavoro e un settore in cui fioriscono le idee commerciali» (5). Per di più la strategia di Lisbona annovera la crescita economica tra i fattori chiave per garantire la coesione sociale in Europa. La Commissione ha successivamente osservato che l'attuazione dell'agenda di Lisbona pone diverse sfide: il bisogno di aumentare l'offerta occupazionale e il tasso d'occupazione, il bisogno di migliorare le conoscenze tecniche, il bisogno di garantire un flusso ordinato dall'agricoltura e dall'industria verso i servizi senza aggravare le disparità regionali all'interno dei singoli paesi (6).

    1.6

    Nel suo parere 242/2000 (7) il Comitato ha sottolineato l'importanza delle imprese dell'economia sociale, indicando che esse svolgono una funzione fondamentale per il pluralismo imprenditoriale e la diversificazione dell'economia (8). La maggior parte delle IES è compresa nella definizione standard di PMI adottata dall'UE (9). In genere anche quelle che, per dimensione, non rientrano nella definizione presentano caratteristiche in comune con le PMI, quali un modesto tasso di investimento esterno, l'assenza di quotazione in borsa, la vicinanza dei proprietari-azionisti e uno stretto rapporto con il tessuto locale.

    1.7

    La Commissione ha riconosciuto che le PMI costituiscono il fondamento dell'industria europea, poiché rappresentano il 66 % dell'occupazione complessiva e il 60 % del valore aggiunto totale nell'UE escluso il settore agricolo. Nel 1999 la quota delle PMI sull'occupazione totale dei paesi candidati era ancora più elevata: il 72 %, escluso il settore agricolo. La quota di posti di lavoro più significativa è quella delle microimprese (meno di dieci dipendenti), pari al 40 % dell'occupazione totale (10), pertanto questa categoria di imprese merita un'attenzione particolare (cfr. tabella 2 in allegato).

    1.8

    Nell'UE l'importanza socioeconomica delle imprese e delle organizzazioni dell'economia sociale è in crescita: con circa 9 milioni di unità di lavoro (o equivalente tempo pieno -ETP), rappresentano il 7,9 % del lavoro dipendente in ambito civile (11). Inoltre esse interessano una parte considerevole della società civile, dato che si stima che oltre il 25 % dei cittadini dell'UE ne facciano parte in quanto produttori, consumatori, risparmiatori, inquilini, assicurati, studenti, volontari, ecc. Nei paesi in via di adesione e candidati dell'Europa centrale e orientale, le sole cooperative sono stimate a 15 000 unità, forniscono oltre 700 000 posti di lavoro, contano quasi 15 milioni di soci e, dopo un periodo di recessione, registrano attualmente una nuova fase di crescita (12). Le IES si stanno diffondendo soprattutto in settori quali la sanità, l'ambiente, i servizi sociali e l'istruzione (13). Svolgono quindi un ruolo essenziale per la creazione di capitale sociale, la capacità di assumere persone svantaggiate, il benessere sociale, la rinascita dell'economia locale e l'ammodernamento dei modelli di gestione locale. Hanno messo a punto dei sistemi di bilancio societario, in cui è valutato il loro impatto sociale e ambientale.

    1.9

    In diversi Stati membri attuali dell'UE esiste una notevole interazione fra le PMI convenzionali e le IES. Le banche cooperative spesso finanziano progetti di start-up e di sviluppo di PMI convenzionali. Determinate strutture dell'economia sociale hanno dimostrato la loro utilità nel rafforzamento delle PMI convenzionali, quando queste ultime le utilizzano per formare fra loro dei sistemi di impresa (reti, gruppi, strutture comuni di sostegno) o realizzare delle economie di scala, nonché per creare dei meccanismi di reciproca garanzia dei prestiti bancari.

    1.10

    Nel suo parere del 25 settembre 2003«Le trasformazioni industriali: situazione attuale e prospettive future - Un approccio globale», predisposto dalla commissione consultiva per le trasformazioni industriali (CCMI), il Comitato sottolinea la differenza esistente tra il concetto di trasformazione e quello di ristrutturazione, precisando che il primo in realtà è «un concetto molto più dinamico, che, se da una parte ingloba un processo di evoluzione permanente dell'impresa (creazione, sviluppo, diversificazione, trasformazione), dall'altra non può prescindere dal fatto che il mondo dell'impresa è strettamente legato al contesto politico e sociale europeo nel quale si sviluppa e che, a sua volta, influenza il processo di trasformazione industriale (14)». Inoltre, «è oggi importante orientarsi verso un concetto di trasformazione proattivo, nell'ottica di una migliore anticipazione e gestione delle conseguenze economiche, sociali, organizzative, ambientali ecc. delle trasformazioni industriali.» (15) Questo concetto di trasformazione assume particolare importanza di fronte al ritmo sempre più rapido delle ristrutturazioni, in un contesto caratterizzato dalla globalizzazione, dall'allargamento dell'UE, dall'approfondimento del mercato unico e dai mutamenti tecnologici, industriali e sociali.

    1.11

    Il presente parere tiene conto in particolare della relazione della Commissione «Gestire il cambiamento», del 2 novembre 1998, elaborata da un gruppo d'alto livello presieduto da Piehr GYLLENHAMMER (16), sulla quale il CESE ha espresso un parere critico ma positivo, compiacendosi del fatto che riconosca che le trasformazioni industriali creano nuove possibilità e che ponga l'accento sulla creazione di posti di lavoro, osservando che «è valida anche la strategia generale di ricercare [stimoli con un'impostazione basata] sull'analisi comparativa (benchmarking), sull'innovazione e sulla coesione sociale». Per quanto riguarda le PMI, il Comitato sottolinea che esse non possono risolvere da sole i problemi di un settore industriale in declino o derivanti da crisi gravi e improvvise. Il Comitato è del parere che le trasformazioni più significative vadano gestite con uno sforzo collettivo e tramite partnership territoriali flessibili su base volontaria (17).

    1.12

    Le trasformazioni industriali iniziate negli anni '90, la concorrenza globalizzata e la crescente concentrazione imprenditoriale pongono sfide enormi alle PMI e alle IES della maggior parte dei paesi in via di adesione alla vigilia del loro ingresso nel mercato unico. Allo stesso tempo, data la loro decisiva importanza socioeconomica, è urgente che l'UE nel suo complesso rifletta sul modo migliore per valorizzarne il ruolo, sostenere il loro processo di adattamento a tali sfide e promuoverne la capacità innovativa e di finanziamento, l'imprenditorialità e la competitività.

    2.   Osservazioni sulle peculiarità dei paesi in via di adesione per quanto riguarda le PMI, le IES e le trasformazioni economiche

    2.1   Trasformazioni e diversificazioni economiche nei paesi in via di adesione

    2.1.1

    Nel corso del passaggio dall'economia centralizzata all'economia di mercato, i paesi in via di adesione dell'Europa centrale e orientale hanno vissuto una profonda trasformazione nel settore industriale. Hanno subito una brusca liberalizzazione, accompagnata dalla relativa perdita dei tradizionali mercati d'esportazione e da una sensibile riduzione del numero di posti di lavoro nell'industria (18).

    2.1.2

    Dopo un decennio di ristrutturazioni, le industrie manifatturiere dei paesi dell'Europa centrale e orientale sono ormai vicine al modello dell'UE in termini di strutture produttive e di occupazione. Hanno infatti approfittato degli investimenti diretti esteri per modernizzarsi, aprendo così un divario di produttività e di redditività tra le imprese di proprietà straniera e quelle nazionali. Se alcuni paesi si sono indirizzati verso settori a valore aggiunto più elevato, altri sembrano essere tuttora specializzati in attività ad alta concentrazione di manodopera scarsamente qualificata, con quote di mercato più consistenti in determinati rami industriali (19). Tra l'altro, l'industria ha recuperato posizioni soprattutto nei grandi centri urbani, cosa che in futuro rischia di accentuare il divario tra le regioni (20). Esiste anche il rischio che le imprese di questo tipo siano delocalizzate nei paesi confinanti con la futura UE man mano che nei paesi in via di adesione aumenterà il costo della manodopera.

    2.1.3

    Le trasformazioni industriali in concomitanza con l'allargamento comprendono anche una crescita del commercio intraindustriale e di altri tipi di partnership (joint ventures, fusioni, associazioni momentanee, ecc.) tra i paesi in via di adesione e gli Stati membri dell'UE (21), oltre che degli accordi di subfornitura tra PMI e grandi imprese. Si tratta di un'evoluzione decisiva per realizzare una ripartizione più equa dei benefici dell'allargamento e un'integrazione meno conflittuale nel mercato unico. Se le economie di scala che ne risulteranno saranno significative, potrà accentuarsi la complementarità tra le grandi imprese e le PMI e queste ultime potranno svolgere un ruolo essenziale come imprese di subfornitura e prestatrici di servizi.

    2.1.4

    La quota dei servizi di mercato sul PIL dei paesi in via di adesione continua a crescere e nel 2001 ha raggiunto il 54 %, ma in un contesto di subfornitura e di interconnessione tra industria e servizi. Ciononostante, nel 2001 l'industria forniva ancora il 33 % del PIL e anche in futuro continuerà ad avere grande peso (22).

    2.1.5

    Se si escludono i servizi di mercato di cui sopra e si considera che, in termini assoluti, tra il 1994 e il 2000 la maggior parte dei nuovi posti di lavoro è stata creata nel settore dei servizi, si vedrà che nei servizi alla collettività l'occupazione ha conosciuto un incremento molto scarso o è addirittura diminuita (23). In questo settore, di grande importanza socioeconomica, sussiste ancora un divario considerevole tra i paesi in via di adesione e gli Stati membri dell'UE, sia a livello economico che occupazionale (24).

    2.1.6

    Il Comitato osserva però che, nei paesi in via di transizione, le PMI tendono ad essere più flessibili e a presentare un maggiore potenziale innovativo rispetto alle grandi imprese e una produttività generalmente superiore nei servizi e in settori di nicchia dell'industria manifatturiera: sono insomma più inclini allo spirito imprenditoriale. Il tasso di mortalità delle imprese, comprese le PMI, resta tuttavia molto elevato, anche se in certi paesi (25) il rapporto tra i tassi di natalità lordo e netto delle PMI è più favorevole rispetto a diversi Stati membri dell'UE (cfr. tabella 4).

    2.2   L'impatto sociale delle trasformazioni

    2.2.1

    L'analisi dell'evoluzione dei posti di lavoro per categoria dimensionale registrata nei paesi candidati dal 1995 al 1999 indica che l'occupazione è sensibilmente cresciuta nelle PMI, mentre ha subito una contrazione nelle grandi imprese (cfr. tabella 3 in allegato). Tuttavia, secondo la relazione dell'Osservatorio delle PMI europee, questa crescita, che può essere dovuta sia alla perdita di posti di lavoro nelle grandi imprese che alla loro sostituzione da parte delle PMI, non ha compensato il calo complessivo dell'occupazione (26).

    2.2.2

    La fase di transizione ha comportato un'accentuazione della povertà e della disuguaglianza (27). Uno dei problemi è che, stando alle analisi effettuate (basate su dati incompleti), le donne sono chiaramente svantaggiate sul mercato del lavoro (28).

    2.2.3

    In questi ultimi anni i sistemi di protezione sociale e sanitaria dei paesi in via di adesione sono stati oggetto di numerose riforme. Certamente, i problemi che affliggono questi paesi sono in larga misura gli stessi che negli Stati membri attuali: incremento della spesa e stagnazione o diminuzione delle entrate. Tuttavia, in generale le condizioni di salute della popolazione sono nettamente peggiori rispetto alla media europea. La speranza di vita è di sei anni inferiore a quella fatta registrare negli Stati membri (29).

    2.3   Ruolo e sfide delle PMI e delle IES nei paesi in via di adesione

    2.3.1

    L'attuale disavanzo delle partite correnti nei paesi in via di adesione e i vincoli del patto di stabilità faranno pesare sulla spesa pubblica tensioni supplementari (30). È quindi necessario individuare modalità innovative per soddisfare i bisogni d'interesse generale (31), un ambito nel quale soprattutto le IES possono svolgere una funzione rilevante, come già avviene in parecchi paesi dell'UE (32). Ciò è ancora più importante nelle regioni deindustrializzate, dove in genere gli investimenti convenzionali sono carenti, e nelle regioni rurali, dove si assiste alla scomparsa di numerose PMI agricole. Già oggi, in buona parte dei paesi in via di adesione e dei paesi candidati dell'Europa centrale e orientale, le IES sono di gran lunga il principale datore di lavoro per i disabili.

    2.3.2

    La Carta europea per le piccole imprese riconosce non solo che queste sono «la spina dorsale dell'economia europea», ma anche che sono «più sensibili ai cambiamenti del contesto economico», tanto più nei paesi in procinto di aderire all'UE, che insieme hanno adottato ufficialmente la Carta europea (33). Per la capacità delle PMI e delle IES di fronteggiare la concorrenza nel mercato unico, la sfida è nettamente più ardua che in tutti i precedenti allargamenti. Tra le principali limitazioni che pesano su queste categorie di imprese si possono ricordare la mancanza di manodopera qualificata, la difficoltà nell'accedere ai finanziamenti e gli adempimenti amministrativi (cfr. tabella 5 in allegato).

    2.3.3

    Nel Libro verde sull'imprenditorialità in Europa, la Commissione afferma che le IES, dovendo applicare «l'efficienza e i principi imprenditoriali nel perseguire obiettivi sociali e societari, … incontrano particolari difficoltà nell'accedere ai finanziamenti, alla formazione manageriale e alla consulenza» (34). La sfida è ancora più ardua nei paesi in via di adesione, in cui le IES devono affrontare ulteriori problemi. In particolare, le cooperative sono spesso viste come un retaggio del regime precedente, pur essendo nate in realtà un secolo e mezzo fa ed essendosi generalmente bene adattate all'introduzione dell'economia di mercato. Le regole e i pregiudizi cui sono soggette spesso limitano il loro accesso al mercato. Eppure, nelle economie in transizione, l'abbinamento tra piccole cooperative di produzione, risparmio locale cooperativo, istituti di credito cooperativi ed enti locali (in veste di sostenitori, garanti e a volte detentori di una quota di partecipazione finanziaria negli organismi di produzione o di finanziamento) è un fenomeno del tutto naturale (35).

    2.3.4

    Nei paesi in via di adesione le PMI e le IES fungono da importante strumento di occupazione e di reinserimento occupazionale nel quadro delle grandi trasformazioni industriali in corso, che vedono il passaggio da settori in declino e che riducono la forza lavoro verso settori tradizionali (artigianato, mestieri) e altri settori in espansione, quali i servizi alle imprese, le nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione, l'alta tecnologia, le costruzioni e i lavori pubblici, i servizi di prossimità (anche sanitari) e il turismo.

    2.3.5

    In questa trasformazione le PMI e le IES possono svolgere un ruolo importante secondo diverse modalità, la cui sperimentazione nei paesi dell'UE ha dato origine, in molti casi, a buone pratiche: mediante l'inserimento di nuovi soggetti nel mercato del lavoro, mediante il sostegno alla capacità innovatrice delle microimprese e delle piccole imprese, mediante il reinserimento di lavoratori licenziati da industrie costrette a riduzioni collettive del personale per non chiudere, mediante la creazione di istituti di previdenza sociale, mediante la creazione di nuove imprese (start-up) nei settori in espansione, mediante lo sviluppo dei servizi e della subfornitura, mediante il trasferimento ai dipendenti della proprietà delle imprese in crisi e mediante una trasformazione qualitativa all'interno di un dato settore di attività. Inoltre, le IES possono fornire un contributo specifico alla trasformazione, sia mediante la loro capacità di formare all'imprenditorialità, di cui hanno già dato prova negli attuali Stati membri, sia attraverso i valori che promuovono, ad esempio un'imprenditoria socialmente responsabile, la democrazia e la partecipazione civica, il coinvolgimento - anche finanziario - del personale nella gestione dell'impresa, l'inclusione sociale, l'interesse per lo sviluppo locale e lo sviluppo sostenibile.

    2.3.6

    La regolarizzazione dell'economia sommersa è un altro nodo da sciogliere nei paesi in via di adesione. Questa componente dell'economia, secondo uno studio pubblicato nel 2003 dall'Università delle Nazioni Unite (36), data la sua instabilità non può fungere da motore della crescita o dell'accumulo di capitale, poiché la sua funzione primaria consiste nel sopravvivere sostenendo i consumi. L'economia sommersa pregiudica le normative sul lavoro e a lungo termine determina effetti macroeconomici negativi, come l'erosione del sistema fiscale, della base del mercato dei cambi e della protezione sociale, compromettendo così l'efficacia della gestione macroeconomica. Questo tipo di economia mantiene una struttura settoriale irrazionale, con una predominanza assoluta delle microimprese e un basso livello di capitalizzazione, un carattere scarsamente imprenditoriale e una tecnologia in rapida obsolescenza. Data l'intensificazione della concorrenza che farà seguito all'adesione all'UE, è urgente che una politica industriale per i paesi in via di adesione affronti questa realtà preoccupante che le autorità di tali paesi dovrebbero gestire con fermezza.

    3.   Raccomandazione riguardante un programma integrato per la promozione delle PMI e delle IES nell'ambito della diversificazione economica dei paesi in via di adesione

    3.1   Considerazioni generali

    Le caratteristiche comuni alle PMI (comprese le microimprese) e alle IES (cfr. punto 1.6) e l'interazione positiva esistente fra di loro (cfr. punti 1.9 e 2.3.5) sono argomenti convincenti per lanciare un nuovo sforzo combinato a livello dell'UE per la promozione e il sostegno di questo tipo di imprese. Le sfide particolarmente gravose che le PMI e le IES devono affrontare nella congiuntura dell'adesione (cfr. sezione 2) rendono particolarmente importante l'avvio di misure di sostegno che consentano a questi due tipi di imprese di fornire un contributo efficace allo sviluppo dei nuovi Stati membri.

    Il Comitato ha preso atto dei programmi esistenti per il sostegno delle PMI in particolare, ma osserva altresì che le strutture per il sostegno alle IES e per la promozione di iniziative congiunte fra PMI e IES sono insoddisfacenti.

    Di conseguenza il Comitato propone che venga lanciato un programma integrato per il sostegno delle PMI e delle IES dei paesi di prossima adesione. Un siffatto programma dovrebbe essere promosso congiuntamente dalla Commissione europea, dalla Banca europea per gli investimenti, dal Fondo europeo per gli investimenti, dai governi dei paesi interessati e dalle organizzazioni di rappresentanza e sostegno delle PMI e delle IES a livello europeo e nazionale. I fondi strutturali, che saranno accessibili ai paesi in via di adesione a partire dal maggio 2004, dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano nel finanziamento delle attività del programma integrato. Dovrebbe anche essere realizzato un collegamento con il piano d'azione legato alla comunicazione della Commissione sull'imprenditorialità.

    3.2   Programma in dieci punti

    3.2.1   Integrare i dati

    Nella maggior parte dei paesi in via di adesione i dati statistici sulle PMI e sulle IES, nonché sulle rispettive organizzazioni di rappresentanza e sostegno, sono ancora insufficienti e mancano di uniformità (37). Le IES fanno registrare imprecisioni ancora più gravi rispetto alle PMI convenzionali. Questi paesi, infatti, non dispongono ancora di dati precisi sulle IES al di fuori di quelli forniti dalle federazioni che le riuniscono, laddove esistono. Il Comitato considera quindi particolarmente necessaria la proposta della Commissione europea di affiancare agli istituti statistici nazionali un sistema di contabilità satellite, già sperimentato in alcuni Stati membri (38), effettuando un sistema di raccolta dei dati sufficientemente semplice e chiaro, affinché le PMI e le IES possano fornire tali dati senza difficoltà (39).

    3.2.2   Migliorare la conformità all'acquis comunitario e la sua effettiva attuazione, nonché il quadro giuridico e amministrativo

    3.2.2.1

    Nonostante gli sforzi considerevoli che stanno compiendo i paesi in via di adesione prima per recepire l'acquis comunitario nelle legislazioni e nelle normative nazionali, poi per dargli attuazione per mezzo di politiche pubbliche, questo lavoro è ancora molto incompleto per quanto riguarda l'acquis attinente alle PMI e alle imprese dell'economia sociale, specie negli ambiti delle politiche d'impresa, della promozione delle PMI, dell'occupazione, della politica sociale, dell'inclusione sociale, della responsabilità sociale delle imprese, in particolare per quanto riguarda il rispetto dell'ambiente, ecc. Questo processo andrà notevolmente potenziato, soprattutto fornendo indicazioni al personale amministrativo e aiutando le PMI e le IES a conformarsi progressivamente alle normative comunitarie con l'appoggio della Commissione europea. I lavori in corso nel campo dell'acquis e della sua attuazione nel quadro del Phare-Business Support Programme dovrebbero essere proseguiti. Del resto i paesi in via di adesione, pur avendo notevolmente perfezionato la propria legislazione sulle PMI (soprattutto in tema di fallimenti), fanno tuttora registrare progressi molto scarsi per quanto riguarda la legislazione tendente a promuovere le imprese dell'economia sociale. Le ultime modifiche apportate alla legislazione sulle cooperative in alcuni paesi in via di adesione equivalgono addirittura a passi indietro. In molti di questi paesi la disciplina relativa alle cooperative e agli altri tipi di IES dovrebbe quindi essere riformata e convergere maggiormente con lo statuto della società cooperativa europea (e i futuri statuti dell'associazione europea e della mutua europea). Andrebbero avviati scambi e studi comparativi sulle specifiche normative riguardanti le PMI e le IES. D'altro canto i costi previsti dalla legislazione di numerosi paesi in via di adesione in caso di costituzione di un'impresa dell'economia sociale andrebbero ridotti, considerando anche che queste imprese non possono fare appello agli investimenti esterni e in genere rimangono radicate nel tessuto locale.

    3.2.2.2

    Perché le condizioni di accesso al mercato unico siano davvero eque, occorre modificare quanto prima le norme che, in diversi paesi in via di adesione, limitano l'accesso delle IES agli appalti pubblici. Nel settore degli appalti come in quello fiscale, occorre anche tener conto del prezzo in termini di produttività che pagano alcune PMI, soprattutto le IES (40), per aver attuato scelte come l'assunzione di persone svantaggiate o l'applicazione delle norme sociali e ambientali al di là del minimo prescritto per legge (41).

    3.2.3   Promuovere attivamente l'imprenditorialità attraverso l'informazione e l'istruzione

    3.2.3.1

    Mentre sembra che si siano compiuti notevoli progressi nella semplificazione delle procedure per costituire una PMI, soprattutto con la creazione di centri informativi a livello locale, resta ancora molto da fare, nei paesi in via di adesione, perché i poteri pubblici si impegnino attivamente in un'analoga azione informativa a favore delle IES. Inoltre, tali centri informativi dovrebbero promuovere maggiormente i mestieri tradizionali e i settori più promettenti, come i servizi alle imprese, i servizi di prossimità, i servizi sanitari, le attività legate alle TIC e il turismo.

    3.2.3.2

    Il Comitato si compiace del fatto che, secondo la Carta europea per le piccole imprese, «specifici moduli imprenditoriali» costituiscono «una componente fondamentale dei programmi educativi a livello d'istruzione universitaria» nonché di «opportuni programmi di formazione per i manager delle piccole imprese». Tuttavia tale obiettivo sembra ben lungi dall'essere stato realizzato nella maggior parte dei paesi in via di adesione. Occorre inoltre che questi programmi formativi comprendano anche una trattazione delle imprese dell'economia sociale, cosa che in genere oggi non avviene. Il potenziale che presentano le imprese dell'economia sociale per la formazione all'imprenditoria, rilevato negli Stati membri dell'UE, dovrebbe essere valorizzato, promuovendo fra l'altro la formazione da impresa a impresa e dando ai dirigenti di tali imprese la possibilità di confrontare le loro esperienze in appositi centri per la formazione in gestione d'impresa.

    3.2.4   Promuovere i centri di sostegno e di consulenza alla creazione, allo sviluppo e ai trasferimenti di proprietà delle imprese

    3.2.4.1

    Per quanto la creazione di nuove imprese debba continuare ad essere fortemente incoraggiata, soprattutto nei settori più promettenti, non va dimenticato quanto è importante per le trasformazioni industriali in atto che abbiano esito positivo i trasferimenti di proprietà delle imprese senza eredi o in crisi. Le successioni concluse positivamente possono salvaguardare non soltanto l'attività dell'impresa, ma anche i posti di lavoro indotti e quindi una parte consistente del tessuto socioeconomico locale (42). Negli Stati membri dell'UE il trasferimento della proprietà dell'impresa ai dipendenti, soprattutto per mezzo di IES, presenta un tasso di successo particolarmente elevato nei casi in cui vi è stato un accompagnamento adeguato. Ci si può utilmente avvalere di tale esperienza per tutti i tipi di trasferimento di PMI.

    3.2.4.2

    Nel corso di tutta la vita dell'impresa, compresa la sua costituzione e il trasferimento della proprietà, le PMI e le IES hanno bisogno di una reale politica di sostegno nonché di validi servizi di appoggio, consulenza e accompagnamento in tema di strategia d'impresa, design, innovazione, know-how tecnologico, ricerca e sviluppo, certificazione di qualità e così via, come dimostrano tra l'altro diversi esperimenti riusciti nei distretti industriali nell'UE. L'enfasi andrebbe posta, tra l'altro, sulla collaborazione fra centri di sostegno e università nonché sulla promozione dell'imprenditorialità tra le donne e i giovani. Occorre altresì incoraggiare il sostegno alla commercializzazione e all'esportazione dei prodotti delle PMI e delle IES, specie mediante il riconoscimento dei prodotti tipici, e coinvolgere le camere di commercio e dell'artigianato e le organizzazioni professionali nella promozione di tali prodotti.

    3.2.5   Migliorare le condizioni di finanziamento e di accesso ai finanziamenti

    3.2.5.1

    Per le PMI e le IES appena costituite oppure oggetto di successione la questione della disponibilità di capitale assume un rilievo fondamentale. Migliorare il quadro finanziario di sostegno alla creazione e allo sviluppo di questi tipi di imprese, migliorare l'accesso ai fondi strutturali e accogliere con favore le iniziative della Banca europea per gli investimenti, come propone la Carta europea per le piccole imprese, sono presupposti essenziali almeno quanto i servizi di sostegno. Il Comitato propone di lanciare un meccanismo finanziario comprendente diversi strumenti per intervenire sull'intero ciclo di crescita delle PMI e delle IES dei paesi in via di adesione, con la partecipazione della BEI, del Fondo europeo per gli investimenti e delle banche dell'economia sociale, nonché finanziamenti attraverso i fondi strutturali (43). Si dovrebbero incoraggiare anche sistemi finanziari per un sostegno pubblico alle PMI e alle IES appena costituite oppure oggetto di successione e sistemi volti a produrre un effetto di trascinamento tramite fondi di solidarietà, come quelli sperimentati con successo in alcuni paesi europei (44).

    3.2.5.2

    Occorre altresì sottolineare il ruolo che possono svolgere le reti della finanza etica e solidale nell'offerta di strumenti finanziari adattati alle PMI e alle IES dei paesi di prossima adesione. Il parlamento italiano lo ha evidenziato in una risoluzione adottata all'unanimità nell'ottobre 2003. Vi si sottolinea che diverse organizzazioni della finanza alternativa stanno già lavorando a un progetto comune che possa fungere da volano per le realtà emergenti (45).

    3.2.5.3

    Andrebbe inoltre promossa la formazione di società di reciproca garanzia tra le PMI e le IES che in tal modo potrebbero garantirsi reciprocamente crediti bancari, un sistema che ha dato buoni risultati in diversi paesi dell'UE, spesso sotto forma cooperativa, mutualistica o associativa (46).

    3.2.5.4

    Il Comitato sottolinea che va incoraggiata anche l'opera svolta da IES specializzate, come le mutue che operano negli Stati membri dell'UE, a difesa del finanziamento solidale della spesa derivante dalle malattie, dall'invalidità e dalle pensioni.

    3.2.6   Promuovere le PMI e le IES nel quadro dello sviluppo locale

    Le PMI e le IES fanno parte del tessuto economico locale e svolgono quindi un ruolo essenziale per lo sviluppo locale. Ciò dovrebbe spingere gli enti territoriali a concludere con esse partenariati attivi a questo fine (47). I partenariati tra enti territoriali e operatori dell'economia sociale già avviati nei paesi dell'UE andrebbero pubblicizzati attivamente nei paesi in via di adesione (48).

    3.2.7   Sostenere lo sviluppo di sistemi imprenditoriali

    La Carta europea per le piccole imprese sottolinea tra l'altro che è necessario costituire gruppi, raggruppamenti, reti e cluster di imprese. L'esperienza maturata nei paesi dell'UE, soprattutto da raggruppamenti e consorzi di cooperative e di mutue, spesso su base territoriale o settoriale, mostra che lo sviluppo di sistemi imprenditoriali può rivelarsi fondamentale per le PMI e per le IES allo scopo di definire congiuntamente strategie imprenditoriali di lungo periodo, accrescere le loro dimensioni nel settore o nella regione, svilupparne la capacità tecnologica e migliorarne la competitività, pur conservando una capacità decisionale autonoma. Del resto, l'allargamento e l'approfondimento del mercato unico depongono a favore dell'utilizzo dello strumento transeuropeo della società cooperativa europea da parte delle PMI e delle IES degli attuali e dei nuovi Stati membri dell'UE. Il Comitato ritiene che l'elaborazione di questi diversi sistemi d'impresa dovrebbe essere attivamente incoraggiato nei paesi in via di adesione.

    3.2.8   Potenziare la rappresentanza istituzionale delle PMI e delle IES.

    Il Comitato ritiene che, nei paesi in via di adesione, occorra sviluppare, consolidare e rendere più efficace la difesa degli interessi delle PMI e delle IES da parte di organizzazioni rappresentative, la capacità di queste ultime di negoziare con i pubblici poteri, la loro azione strategica di promozione dei servizi di sostegno all'impresa e i collegamenti tra tali organizzazioni a ogni livello. Queste due categorie di imprese devono far sentire la propria voce in quanto elementi fondamentali del tessuto socioeconomico. Di qui l'importanza di proseguire la significativa opera avviata dal Phare-Business Support Programme per contribuire al rafforzamento delle organizzazioni rappresentative delle PMI e delle IES nei paesi in via di adesione e nei paesi candidati dell'Europa centrorientale (49).

    3.2.9   Sviluppare il dialogo sociale.

    Le PMI e le IES dei paesi in via di adesione devono anche essere considerate nella loro veste di datori di lavoro, anche se nel loro ambito il lavoro dipendente convenzionale è affiancato da forme di lavoro autonomo e associato. In quanto datori di lavoro, tali imprese devono impegnarsi a rispettare le norme europee e mondiali sul lavoro. Inoltre, le loro organizzazioni rappresentative devono impegnarsi come soggetti indipendenti nel dialogo sociale, riguardante non solo i rapporti di lavoro ma anche l'insieme delle politiche sociali, con le organizzazioni sindacali e gli altri soggetti economici e sociali ad ogni livello. Delle attività in tal senso andrebbero attivamente promosse nel quadro del programma proposto dal Comitato.

    3.2.10   Avviare e approfondire attività di scambio di buone pratiche tra le PMI e le IES dell'UE attuale e quelle dei paesi in via di adesione.

    Le iniziative della Commissione europea (50) dimostrano che è necessario far beneficiare sistematicamente le PMI e le IES dei paesi in via di adesione dell'esperienza maturata da imprese comparabili dei paesi dell'UE, in ciascuno degli ambiti trattati nei punti dal 3.2.1 al 3.2.9. Sono da incoraggiare soprattutto gli sforzi compiuti dalla Commissione per creare una rete di scambio di buone pratiche in materia di qualità dei servizi di sostegno alle PMI. Tali scambi permettono ai soggetti imprenditoriali dei paesi in via di adesione di migliorare la propria strategia di sviluppo, grazie alla riflessione strategica suscitata dai modelli d'eccellenza proposti, e di affermarsi sempre più come soggetti di cui i poteri pubblici devono tener conto nelle loro politiche.

    4.   Conclusioni

    4.1

    Il Comitato riconosce che il successo e l'efficacia delle PMI e delle IES non sono automatici e non dipendono esclusivamente dalle imprese stesse. Le loro possibilità di svilupparsi e di assolvere al proprio ruolo nelle economie in transizione e nella diversificazione economica dei paesi in via di adesione devono essere favorite da un contesto propizio che tenga conto delle loro peculiarità. Tale contesto dovrebbe essere promosso mediante un programma specificamente destinato a questi paesi che comprenda le dieci componenti elencate sopra. Il Comitato invita la Commissione a promuovere un programma di questo tipo per le PMI e le IES dei paesi in via di adesione.

    4.2

    Il Comitato, in linea con i suoi pareri e le sue dichiarazioni di questi ultimi anni, intende contribuire sia al lancio di nuove misure di sostegno che al loro seguito. In particolare, nel contesto dei lavori sul mercato interno, il Comitato seguirà da vicino lo sviluppo delle PMI e delle IES nell'UE, riservando particolare attenzione ai nuovi Stati membri.

    4.3

    Il Comitato ritiene che, in un'Europa allargata, la politica industriale debba tener conto molto più efficacemente delle esigenze e delle sfide delle PMI e delle IES nei paesi in via di adesione. Richiama quindi l'attenzione sui loro bisogni, ovvero l'istruzione e la formazione in materia gestionale, l'innovazione, la qualità, il design e strumenti di finanziamento e di cooperazione come i cluster, le strutture di secondo e terzo grado, le reti e così via, che saranno sempre più necessari per far fronte alle sfide dell'allargamento e dell'internazionalizzazione.

    4.4

    Infine il Comitato si impegna - e lancia un appello in questo senso a tutte le istituzioni europee, compresa la Commissione - a sviluppare un approfondito dialogo con tutte le istanze rappresentative e i dirigenti delle PMI e delle IES dei paesi in via di adesione, in modo da affrontare insieme le notevoli sfide con le quali tali imprese devono misurarsi nel corso del processo di adesione dei loro paesi all'UE, nella consapevolezza che è in gioco l'evoluzione storica di tutta l'Europa nel XXI secolo.

    Bruxelles, 1o aprile 2004.

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale

    Roger BRIESCH


    (1)  Già nel corso del convegno sull'allargamento svoltosi al CESE dal 14 al 17 novembre 2000, Verso un partenariato per la crescita economica e i diritti sociali, i componenti dei comitati consultivi misti (CCM) coinvolgenti i paesi candidati avevano evidenziato i principali problemi incontrati da questi paesi e la necessità di aprire un confronto su alcuni temi essenziali, fra i quali il contributo delle PMI alle economie nazionali e la mancanza di un dialogo sociale. Cfr. parere del CESE 1635/2003.

    (2)  Raccomandazione 2003/361/CE, che sostituisce la raccomandazione 96/280/CE (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36) ed entrerà in vigore il 1o gennaio 2005. Le definizioni contenute nella nuova raccomandazione sono identiche a quelle della raccomandazione in vigore. Variano soltanto i fatturati o i totali di bilancio.

    (3)  B. ROELANTS (a cura di): Dossier di preparazione alla Prima conferenza dell'economia sociale nei paesi dell'Europa centrale ed orientale, 2002, pag. 34. Denominatori comuni individuati in base alle definizioni elaborate dalla Commissione europea, dal Comitato delle regioni, dalla CEP-CMAF (Conferenza europea delle cooperative, delle mutue, delle associazioni e delle fondazioni ) e dal FONDA (legato a organizzazioni che sono all'origine del concetto di economia sociale).

    (4)  Conclusioni della Presidenza, Lisbona, 23 e 24 marzo 2000, punto 14.

    (5)  Carta europea per le piccole imprese, Lussemburgo, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2002. La Commissione sostiene che la Carta è stata riconosciuta a Maribor il 23 aprile 2002 (cfr. http://europa.eu.int/comm/enterprise/enterprise_policy/sme-package/index.htm). Sia il Comitato che il Parlamento continuano a chiedere a viva voce che la Carta sia dotata di valore giuridico e inserita espressamente nel capitolo sull'industria della Convenzione europea.

    «Una strategia per il pieno impiego e posti di lavoro migliori per tutti» COM(2003) 6 def.

    (6)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L'economia sociale ed il mercato unico; CES 242/2000 del 3 marzo 2000.

    (7)  In un recente studio (N.d.T.: che non esiste in italiano), l'OCSE precisa che la categoria «economia sociale» è più vasta di quella del «settore non profit», essendo meno condizionata dal vincolo alla non distribuzione che vieta per legge a un'organizzazione del secondo tipo di ridistribuire eccedenze ai propri titolari. (Versione inglese: OECD 2003, The non-profit sector in a changing economy, Parigi, pag. 299).

    (8)  McINTYRE et al, Small and medium enterprises in transitional economies, Houndmills, Macmillan, pag. 10.

    (9)  Cfr. la comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni La politica industriale in un'Europa allargata, COM(2002) 714 def.

    (10)  Ciriec 2000, The enterprises and organisations of the third system: strategic challenge for employment, Università di Liegi.

    (11)  Calcolo basato sullo studio realizzato nel 1997 dall'Alleanza cooperativa internazionale e finanziato dalla Commissione europea.

    (12)  Cfr. lo statuto della CEP-CMAF (Conferenza europea permanente delle cooperative, mutue, associazioni e fondazioni).

    (13)  CESE 1180/2003, punto 2.1.1.

    (14)  Ibid.

    (15)  Parere del Comitato economico e sociale sul tema Gestire il cambiamento - Relazione finale del gruppo d'alto livello sulle implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali, CES 698/99.

    (16)  Parere del CESE del 7 luglio 1999, GU C 258 del 10.9.1999, punti 3.7.2. e 3.7.3.

    (17)  Ad eccezione della Polonia e dell'Ungheria cfr. Commissione europea: Impact of enlargement on industry, SEC(2003) 234 del 24 febbraio 2003, pagg. 3-4 della versione inglese (N.d.T.: non esiste in italiano).

    (18)  Soprattutto nell'industria agroalimentare e delle bevande, nei settori tessile e del legno e nell'industria metallurgica di base.

    (19)  Ibid. nota 18, pag. 8.

    (20)  Specie nel caso della Repubblica ceca, della Slovenia, dell'Ungheria e, in misura minore, della Polonia. Questo tipo di scambi interessa i settori tessile, elettrico, ottico e delle attrezzature di trasporto.

    (21)  Ibid. nota 18, pag. 1 e pagg. 4-5.

    (22)  Specie in Bulgaria, Ungheria e Polonia.

    (23)  VIDOVIC, H. The service sectors in Central and Eastern Europe, in: Research Report, settembre 2002, n. 289, pag. 16.

    (24)  Come la Polonia e la Repubblica ceca.

    (25)  Sono state registrate perdite nette soprattutto in Lituania e in Slovacchia.

    (26)  TANG et al., Winners and losers of EU integration, Washington, Banca mondiale, 2002, pag. 8.

    (27)  L'età è uno dei principali fattori di discriminazione. Altri gruppi vulnerabili sono i disabili e le minoranze come le popolazioni Rom.

    (28)  Le donne presentano una maggiore tendenza a uscire dal mercato del lavoro in via definitiva rispetto agli uomini. In alcuni paesi in via di adesione, al momento di entrare nel mercato del lavoro sono più soggette degli uomini a restare disoccupate. Fonte: UNECE, Economic Survey of Europe, 1999-1, tabella 41, Gender differences in employment in 1997.

    (29)  Secondo l'AIM (Associazione internazionale della mutualità), tra i principali problemi si possono ricordare: il rapido aumento della spesa, le lunghe liste d'attesa, una carenza di dati per la valutazione e l'organizzazione dei servizi, i pagamenti sottobanco ai prestatori di servizi sanitari, ecc.

    (30)  KUMAR et al, Transitional impacts and the EU enlargement complexity, Lubiana, Università di Lubiana, 2002, pagg. 25-36.

    (31)  TANG et al, 2002, pag. 44.

    (32)  Soprattutto nel caso del sistema italiano di cooperative sociali. Cfr. altresì il rapporto 2001 sulla procedura BEST (SEC(2001) 1704, 29 ottobre 2001). Le misure descritte nel rapporto BEST costituiscono un'importante fonte di conoscenze per il miglioramento dell'ambiente imprenditoriale nei paesi in via di adesione.

    (33)  Maribor 2003.

    (34)  Commissione europea, Libro verde L'imprenditorialità in Europa, COM(2003) 27 def., punto C, ii.

    (35)  McINTYRE, R., The complex ecology of small enterprises, capitolo 3 di: McINTYRE and DALLAGO (a cura di), Small and Medium Enterprises in Transitional Economies, Palgrave, Macmillan, 2003, in collaborazione con l'Università delle Nazioni Unite e con il World Institute for Development Economics Research, pagg. 49-50.

    Le conclusioni della prima Conferenza dell'economia sociale nei paesi dell'Europa centrale e orientale vanno nello stesso senso, cfr. http://www.cecop.org/praha

    (36)  GLINKINA, S. Small businesses, survival strategies and the shadow economy, cap. 4, in McINTYRE and DALLAGO (eds), 2003, Small and Medium Enterprises in Transitional Economies, Palgrave, Macmillan, in collaborazione con l'Università delle Nazioni Unite e con il World Institute for Development Economics Research.

    (37)  In particolare, è urgente che le PMI siano classificate secondo il sistema NACE.

    (38)  Commissione europea, documento di lavoro Le cooperative nell'Europa imprenditoriale, 7 dicembre 2001, pag. 34.

    (39)  Commissione europea, documento di lavoro Le cooperative nell'Europa imprenditoriale, 7 dicembre 2001, pag. 34.

    (40)  Va tenuto conto anche della raccomandazione 193/2002 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, approvata quasi all'unanimità (con due astensioni) e in particolare dai governi dei quindici Stati membri dell'UE e dei dieci paesi in via d'adesione, soprattutto dell'articolo 7 sulle politiche fiscali e gli appalti pubblici e degli articoli 4 e 6 sull'appartenenza delle cooperative a un settore più vasto comprendente anche le mutue e le associazioni.

    (41)  Sono comportamenti che rientrano nel concetto di responsabilità sociale delle imprese. Lo sviluppo degli interventi di valutazione (reporting) permetterebbe di tener conto di questi progressi nel percorso verso lo sviluppo sostenibile.

    (42)  Per di più si è riscontrato che le possibilità di sopravvivenza delle imprese oggetto di successione sono in media superiori a quelle delle start-up. Cfr. Commissione europea, Aiutare la successione nelle imprese, DG Imprese, 2003.

    (43)  Diversi organismi finanziari europei (Crédit Coopératif, Crédit mutuel, ESFIN in Francia, Coopfond (Legacoop) in Italia e Soficatra in Belgio) lavorano già, in contatto con la Commissione europea, alla creazione di un progetto «Coop-Est» comprendente diversi strumenti finanziari che rispondono ai bisogni in materia di strutture di finanziamento delle IES.

    (44)  Per i meccanismi pubblici, specie in Italia e in Spagna, con il pagamento unico di sussidi di disoccupazione. Per i meccanismi di leva, alcuni sistemi di IES, in parecchi casi di eccellenza nell'UE, hanno messo a punto dei fondi di solidarietà e di capitale-rischio per il finanziamento del loro sviluppo. Tali fondi hanno generalmente un effetto di leva su altri finanziamenti, quali i prestiti delle banche commerciali e hanno dato prova della loro capacità di generare imprese e occupazione. Tali fondi esistono già all'interno di alcune federazioni di cooperative nei paesi in via di adesione, ma sarebbe opportuno sostenere energicamente questo genere di sforzo nel quadro dei fondi strutturali.

    (45)  Costituendo una Federazione europea delle banche etiche e alternative (Febea) e una Società europea della finanza etica e alternativa (Sefea).

    (46)  Cfr. André DOUETTE (2003), La garantie des prêts aux petites et moyennes entreprises - Les systèmes de garantie membres de l'Association européenne du Cautionnement Mutuel, Association européenne du Cautionnement Mutuel.

    (47)  Come quelli esistenti nell'ambito della Rete europea delle città e delle regioni per l'economia sociale (REVES), che si possono classificare in tre modalità distinte:

    la creazione di strutture miste pubblico-private, quali il Job Centre del Comune di Genova, l'Agenzia «Gagner» (Vincere) di Roubaix, il day-care centre SAKA BYAGARD/SOKOYAN KYATALO di Kokkola in Finlandia,

    il sostegno pubblico alla costituzione di organismi d'interesse collettivo: per esempio, il Centro servizi per l'integrazione degli immigrati di Genova, la Rete per lo sviluppo locale integrato ARKESIS di Reggio Calabria,

    la partnership di servizi, nella quale il settore pubblico fornisce un quadro di riferimento per la gestione e la prestazione di servizi d'interesse collettivo da parte di IES: per esempio la Pfefferwerk GmbH, nel centro di Berlino, o le cooperative che gestiscono direttamente i Centri per l'impiego delle province di Forlì-Cesena e di Ravenna in Italia.

    Altri importanti esempi di partnership multiple locali cui partecipano IES negli Stati membri dell'UE sono: il sistema delle cooperative sociali italiane integrate nel Consorzio nazionale della cooperazione di solidarietà sociale Gino Matarelli (CGM), il settore dell'aiuto a domicilio e il nuovo statuto della «società cooperativa di interesse generale» (SCIC) in Francia, la rete Solidarités des Alternatives in Vallonia, le cooperative di donne in Svezia ecc.

    (48)  Ibid. Cfr. anche il parere del Comitato delle regioni sul tema Partenariato tra enti locali e regionali e organizzazioni dell'economia sociale: contributo all'occupazione, allo sviluppo locale ed alla coesione sociale CdR 384/2001 fin.

    (49)  Un aspetto sviluppato soprattutto nel punto 10 della Carta europea per le piccole imprese.

    (50)  In particolare il Phare-Business Support Programme, con il BSP1 e BSP2 dell'UAPME per le PMI e lo SCOPE 1 e 2 della CECOP per le IES, come indica il documento di lavoro dei servizi della Commissione europea Le cooperative nell'Europa imprenditoriale, 7 dicembre 2001, pag. 25, nota 27.


    Top