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Document 51996AC0696

    Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori»

    GU C 212 del 22.7.1996, p. 36–37 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    51996AC0696

    Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori»

    Gazzetta ufficiale n. C 212 del 22/07/1996 pag. 0036


    Parere del Comitato economico e sociale in merito alla «Comunicazione della Commissione in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori»

    (96/C 212/08)

    La Commissione europea, in data 20 novembre 1995, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla comunicazione die cui sopra.

    La Sezione «Affari sociali, famiglia, istruzione e cultura», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo della relatrice Engelen-Kefer e del correlatore Boussat in data 2 maggio 1996.

    Il Comitato economico e sociale ha adottato il 29 maggio 1996, nel corso della 336a sessione plenaria, con 118 voti favorevoli, 3 contrari e 13 astensioni, il seguente parere.

    1. Per comprendere a fondo la Comunicazione della Commissione è necessario operare una distinzione almeno sommaria tra le questioni trattate.

    2. Lo strumento dell'informazione e della consultazione dei lavoratori non è infatti assimilabile a quello riguardante la partecipazione a livello dell'impresa o degli organi aziendali previsti dal diritto delle società: si tratta di due cose diverse. Questa necessaria distinzione non viene però operata dalla Commissione, che riserva lo stesso trattamento ai due strumenti. Le riflessioni della Commissione e le tre opzioni da questa formulate si fondano perciò su una premessa scorretta.

    3. Per questo motivo sarebbe opportuno distinguere la prassi dell'informazione e della consultazione, vigente in quasi tutti gli Stati membri anche se in misura diversa, da quella della partecipazione che, pur essendo in vigore in alcuni Stati membri, è di diversa natura e persegue altri obiettivi.

    4. Un'azione a livello comunitario presuppone anche per prima cosa che siano note le norme già adottate nei singoli Stati membri, un aspetto che non viene analizzato dalla Comunicazione in esame. Solo un'analisi comparativa consente però di constatare in che misura le norme dei vari paesi siano in accordo, oppure in contrasto, e in che misura un intervento comunitario sia opportuno e necessario. La Commissione dovrebbe quindi iniziare col redigere un inventario, e, a tal fine, effettuare uno studio comparativo.

    5. Il tema in discussione, straordinariamente complesso e delicato, riguarda soprattutto le relazioni che intercorrono tra i datori di lavoro e i lavoratori (e i loro organi rappresentativi). Proprio di fronte ad una tematica come questa appare opportuno e auspicabile che la discussione si svolga prevalentemente a livello delle parti sociali, nell'ambito dell'apposita procedura del dialogo sociale, e che non si intervenga prima di conoscere l'esito di tale discussione. In tale contesto sono formulate, a titolo complementare, le osservazioni che seguono.

    6. Tutte le direttive comunitarie fino ad oggi adottate trattano esclusivamente dell'informazione e della consultazione dei lavoratori. La direttiva sui comitati aziendali europei regola tali questioni a livello transnazionale ad uso delle imprese e dei gruppi che operano in tutta l'Unione.

    7. La direttiva sui licenziamenti collettivi e quella sul mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese prevedono sì l'informazione e la consultazione delle rappresentanze sindacali a livello nazionale, ma si tratta pur sempre di casi specifici.

    8. Prima di avviare una possibile nuova iniziativa a livello europeo in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, lo studio comparativo di cui al punto 4 dovrebbe essere presentato alle parti sociali e da esse discusso, affinché possano valutare l'opportunità di redigere una normativa quadro europea, preferibilmente risultante da un accordo, da completare nei dettagli a livello nazionale. L'esperienza della direttiva sui comitati aziendali europei dimostra che, anche nel caso di trattative su base volontaria, è quanto mai utile che il legislatore predisponga un quadro del genere, in modo che le parti sociali possano definirne i dettagli entro un determinato lasso di tempo.

    9. Anche i sei strumenti di diritto delle società cui fa riferimento la Commissione vanno esaminati separatamente, poiché i vari datori di lavoro di cui si tratta presentano diverse forme giuridiche, assai differenti a seconda degli Stati e con una diffusione più o meno estesa. Va detto soprattutto che, a seconda dello strumento in esame, l'associazione dei salariati viene trattata in maniera molto diversa, ed è questo l'oggetto della comunicazione della Commissione.

    10. Le proposte formulate finora in merito allo statuto della società europea vanno già oltre l'informazione e la consultazione dei lavoratori, occupandosi anche della partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori negli organi aziendali. Tali diritti ampliati, in materia di partecipazione, pur non essendo riconosciuti in tutti gli Stati membri, in alcuni sono già una realtà. Né la direttiva sui comitati aziendali europei, circoscritta alle questioni dell'informazione e della consultazione dei lavoratori, né il futuro quadro giuridico comunitario relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori a livello nazionale di cui al punto 8 possono sostituire validamente la partecipazione dei lavoratori a livello dell'impresa.

    11. L'adozione dello statuto della società europea non deve avere come conseguenza che le imprese degli Stati membri la cui legislazione concede diritti di partecipazione più ampi possano assolvere tale obbligo adottando la forma giuridica di società europea.

    12. Non si tratta di trasferire a tutti gli altri il modello di partecipazione adottato da uno o pochi Stati membri. Occorre però evitare nel contempo che le norme sulla partecipazione possano essere aggirate ricorrendo ad uno strumento giuridico europeo. I lavoratori dello Stato membro interessato non dovrebbero perdere i diritti di cui godono a livello nazionale solo perché l'Unione europea non è in grado di concedere diritti di partecipazione che trascendano la semplice informazione e consultazione.

    13. Gli Stati membri in cui vigono più ampi diritti di partecipazione ritengono che le possibilità previste dalla Commissione nella seconda e nella terza opzione non siano di per sé sufficienti. Occorre invece trovare una soluzione per garantire che le norme nazionali sulla partecipazione non possano essere né limitate né aggirate da qualsiasi tipo di società europea.

    14. In ogni caso, le riserve finora espresse in merito all'aggiramento delle norme sulla partecipazione, che riguardano lo statuto della società europea, valgono anche per gli altri tipi di imprese europee (associazione europea, società cooperativa europea, mutua europea). Sarebbe opportuno escludere questi ultimi dallo statuto della società europea e farne l'oggetto di altri documenti da adottare separatamente. È auspicabile che la decisione venga presa il più rapidamente possibile allo scopo di equiparare le condizioni di concorrenza delle società di capitali e delle società di persone. Perchè ciò si faccia in tempi brevi, i rapporti tra i dipendenti e le future società cooperative europee, mutue europee o assicurazione europee, considerate nella loro qualità di datori di lavoro, dovrebbero essere oggetto di opportune disposizioni che tengano conto del loro carattere specifico. I rappresentanti delle cooperative, mutue ed associazioni devono partecipare alla elaborazione di tale normativa quadro europea.

    Bruxelles, 29 maggio 1996.

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale

    Carlos FERRER

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