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Document 51995IE0320
OPINION OF THE ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE on Spatial planning and inter-regional cooperation in the Mediterranean area
PARERE DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE riguardante "L' assetto del territorio e la cooperazione interregionale nel Mediterraneo"
PARERE DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE riguardante "L' assetto del territorio e la cooperazione interregionale nel Mediterraneo"
GU C 133 del 31.5.1995, p. 32–41
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT)
PARERE DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE riguardante "L' assetto del territorio e la cooperazione interregionale nel Mediterraneo"
Gazzetta ufficiale n. C 133 del 31/05/1995 pag. 0032
Parere riguardante l'assetto del territorio e la cooperazione interregionale nel Mediterraneo (95/C 133/10) Il Comitato economico e sociale, in data 20 dicembre 1994, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 23, terzo comma, del Regolamento interno, d'elaborare un parere riguardante l'assetto del territorio e la cooperazione interregionale nel Mediterraneo. La Sezione « Sviluppo regionale, assetto territoriale e urbanistica », incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato all'unanimità il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Vasco Cal, che ha sostituito Amato, in data 10 marzo 1995. Il Comitato economico e sociale ha adottato il 30 marzo 1995, nel corso della 324a sessione plenaria, a maggioranza e 2 astensioni, il seguente parere. PREMESSA Il parere, che verte sull'assetto del territorio e sulla cooperazione interregionale nel Mediterraneo, è articolato come segue : 1. Introduzione 2. Il Mediterraneo tra globalizzazione e marginalizzazione 3. Cambiare il modello di sviluppo europeo : premessa indispensabile per una nuova organizzazione dello spazio mediterraneo 4. Gli assi strategici di una nuova organizzazione dello spazio mediterraneo 5. Le politiche per l'assetto del territorio nel Mediterraneo 6. Le reti transeuropee e transmediterranee 7. La cooperazione interregionale 8. La partecipazione delle forze economiche e sociali 9. Conclusioni 1. Introduzione 1.1. Le esigenze di competitività di un'economia basata su di un nuovo modello di sviluppo sostenibile hanno evidenti implicazioni territoriali. La strategia globale del Libro bianco contiene infatti una notevole componente relativa al riassetto territoriale, per un territorio inteso in termini più competitivi ed efficaci nella prospettiva d'uno sviluppo sostenibile e maggiormente solidale, a beneficio d'una più grande coesione economica e sociale. 1.2. La necessità d'un riassetto territoriale a livello europeo è stata sottolineata da numerose istanze, ed in particolare dal Comitato (), e viene oramai ampiamente riconosciuta. L'assetto del territorio permette infatti a più interlocutori, a livello di Stati e regioni, di mettersi, su di un quadro globale coerente, d'accordo, facilitandone la cooperazione e permettendo di risolvere determinati problemi ai quali - se fossero stati affrontati isolatamente - non sarebbe stato possibile trovare una soluzione. 1.3. I recenti incontri ministeriali ed i Consigli organizzati dopo l'adozione, nel 1991, del primo documento « Europa 2000 », hanno ripetutamente dato l'impulso politico necessario a concretizzare tale esigenza. I ministri riunitisi a Lisbona nel maggio del 1992, e quindi a Liegi nel novembre del 1993 - primo Consiglio informale - ed a Corfù nel giugno del 1994 hanno operato in tal senso, ed hanno finalmente esaminato a Lipsia, nel settembre scorso, il nuovo documento « Europa 2000+ », nonché gli orientamenti politici relativi allo schema di sviluppo dello spazio comunitario, un documento elaborato dal Comitato di sviluppo spaziale creato dopo l'adozione del primo documento « Europa 2000 ». 1.4. Una serie di studi intrapresi in seguito alla pubblicazione di « Europa 2000 », analizzati nella relazione allegata al presente parere (), hanno sottolineato l'apparire di un nuovo divario nello sviluppo territoriale, che può acuire gli squilibri tra le regioni dell'UE e nel loro interno. Per influenzare e, se del caso, agevolare un riequilibrio territoriale dell'Unione è necessaria la realizzazione d'un certo numero di misure di carattere transnazionale, tra le quali la cooperazione transfrontaliera interna ed esterna dovrà svolgere un ruolo determinante. Accanto a queste azioni a livello transnazionale sarà opportuno prevedere una cooperazione transnazionale ed interregionale con i paesi vicini all'Unione, onde promuovere uno sviluppo coerente dell'intero spazio europeo. 1.5. Il presente parere è incentrato sulle questioni dell'assetto territoriale e della cooperazione interregionale nell'area mediterranea. Il Comitato ha già preso posizione in diverse occasioni sulla situazione mediterranea () ed intende offrire un nuovo contributo ad uno sviluppo integrato delle regioni dell'area mediterranea, in una prospettiva di maggior coesione economica e sociale, conformemente alla strategia delineata dal Libro bianco. 2. Il Mediterraneo tra globalizzazione e marginalizzazione 2.1. I riflessi del processo di globalizzazione dell'economia sulla regione mediterranea sono stati oggetto di studio da parte di precedenti pareri del Comitato. In larga misura la globalizzazione alla quale stiamo assistendo si realizza tra le imprese, i settori e le regioni più avanzate dal punto di vista tecnologico, marginalizzando progressivamente le imprese, i settori e le regioni meno sviluppate. Lo spazio mediterraneo è un'area instabile ed in rapida evoluzione, che soffre da un lato degli effetti d'una crescente polarizzazione dello sviluppo verso il centro dell'Europa, e dall'altro presenta significative differenze di crescita e di ricchezza, il che ne accentua il carattere frammentario. 2.2. Gli studi transregionali predisposti dalla Commissione nel quadro di Europa 2000, confermano questa tendenza alla marginalizzazione dell'area mediterranea. Il divario tra le regioni mediterranee dell'Unione europea e il cosiddetto « Centro delle capitali » () era già rilevante. Si tratta d'un divario ancor più significativo nei confronti delle regioni alpine (), il cui PIL pro capite, rispetto alla media comunitaria, supera oramai quello della « regione delle capitali ». Per quanto riguarda l'area mediterranea non si tratta solo di una distanza rilevabile con gli indicatori macroeconomici (PIL pro-capite, tasso di disoccupazione, ecc.), ma l'accento viene posto su un insieme di fattori strutturali che hanno un'importanza fondamentale nella organizzazione del territorio. E cioè : - disoccupazione strutturale, (prevalentemente giovanile) alla quale si aggiunge quella derivante dalla crisi attuale; - sotto-industrializzazione rilevante e debolezza del settore dei servizi per l'industria; - sviluppo del settore informale; - incipiente crisi e perdita di concorrenzialità del settore turistico; - insufficienza delle reti infrastrutturali; - specializzazione perversa del trasporto con concentrazione sulla modalità strada e saturazione dei sistemi di comunicazione; - strutture agricole fragili, penalizzate dalla PAC, assistite ed in continua perdita di competitività; - crisi ecologiche di rilevanti proporzioni : erosione dei suoli, inquinamento marino ed atmosferico, inquinamento urbano, abbandono delle zone montane e interne, urbanizzazione speculativa del litorale investito tanto dalla deindustrializzazione che dal turismo di massa, emergenza di un grave problema dell'acqua potabile; - crisi dei sistemi di welfare e di intervento pubblico (rilevanti nel Mezzogiorno, in Grecia, Andalusia, Liguria, PACA); - minore efficienza delle pubbliche amministrazioni e sostanziale mancanza di progettualità locale (salvo alcune eccezioni). 2.3. L'acuirsi delle disparità di sviluppo all'interno della Comunità comporta il rischio di una complessiva perdita di competitività della UE verso l'esterno : i due fenomeni non soltanto sono correlati per quanto riguarda il passato, ma per l'intera UE si ripropone il problema, classico per l'Italia, dell'arretratezza interna come vincolo esterno negativo. La coesione economica e sociale infatti non è solo una questione di solidarietà, ma altresì un importante fattore per la competitività globale dello spazio europeo. 2.4. Nell'ambito di tale processo di polarizzazione verso il centro si rilevano mutamenti rilevanti a livello di assi di sviluppo : il centro cambia. Non è più la Lotaringia della grande industria; in questa ampia regione centrale si sono ormai creati dei vuoti : la soppressione dell'industria pesante ha marginalizzato intere regioni, facendo emergere nuovi assi di sviluppo. Ma il « centro » non è più nemmeno la « banana blu », l'asse (Londra-Bruxelles-Francoforte-Milano) che si era affermato negli anni '80 e che risulta ora scomposto con l'emergere del « Centro delle capitali ». Oramai la regione alpina si distingue, creando un ravvicinamento del centro in direzione del Mediterraneo, il che provoca degli effetti di ricupero nei confronti delle regioni più vicine, nonché una dinamica commerciale ed economica estesa all'assieme dell'area mediterranea. 2.5. Per quanto attiene al Mediterraneo non comunitario, e più in particolare per i paesi del Sud e dell'Est del Mediterraneo (PSEM) (), il rapporto con l'Europa in termini di polarizzazione/marginalizzazione si presenta sotto due aspetti. Da un lato aumentano gli squilibri per il drenaggio di risorse operato dall'Europa, in termini di asimmetria dell'interscambio commerciale, di evoluzione sfavorevole delle ragioni di scambio e dei flussi finanziari (per il peso del servizio del debito). Dall'altro lato la dipendenza dei PSEM riflette altresì la polarizzazione europea. Infatti essi tendono a commerciare più col Centro-Nord che col Sud dell'Europa. Ciò a conferma che anche gli investimenti europei nei PSEM hanno in prevalenza la stessa provenienza. Infatti i flussi commerciali seguono quelli degli investimenti. 2.6. Gli scenari di sviluppo delineati dagli studi transregionali mostrano l'esigenza di invertire radicalmente gli attuali trend economici e sociali. La loro continuazione condurrebbe inevitabilmente alla periferizzazione dell'Arco Latino, alla frammentazione e marginalizzazione del Mezzogiorno e della Grecia, alla deflagrazione economica, sociale e politica del Mediterraneo del Sud e dell'Est che andrebbe ad aggiungersi a quella già in atto nel Mediterraneo balcanico. L'interfaccia mediterranea dell'Unione europea può svolgere un ruolo assai positivo nelle relazioni tra PSEM e regioni dell'Europa centrale e settentrionale, contribuendo così a contrastare gli effetti di marginalizzazione dell'assieme dell'area mediterranea. 3. Cambiare il modello di sviluppo europeo : premessa indispensabile per una nuova organizzazione dello spazio mediterraneo 3.1. Da quanto detto finora è evidente che la marginalizzazione del Mediterraneo, come area di insediamento industriale e di crescita occupazionale nel settore dei servizi commerciali (diversi dal turismo), è strettamente connessa al modello di sviluppo economico che si è andato affermando in Europa e soprattutto al modo in cui esso ha aderito alle tendenze più negative del processo di globalizzazione dell'economia. A titolo esemplificativo si possono ricordare le modalità con le quali i sovraccosti delle aree congestionate pesino sulla competitività di molte regioni tra le più sviluppate in Europa o quanto le carenze infrastrutturali incidano nei differenziali di sviluppo regionale e nel conseguente drenaggio di risorse dalle aree più deboli a quelle più ricche. È oramai generalmente riconosciuto che l'assetto del territorio, con l'aiuto di un'adeguata politica ambientale, economica e sociale, può contribuire a sormontare le attuali disfunzioni del territorio, che gravano sull'economia europea, anche se esso non potrà certo risolverli da solo. 3.2. Che sia necessario cambiare il modello di sviluppo europeo lo riconosce anche il Libro bianco. Occorre che questo cambiamento sia compiuto in rapporto agli obiettivi della competitività e dell'occupazione, ma anche che tenga conto della necessità d'uno sviluppo armonioso delle regioni, per ovviare altresì alla marginalizzazione di cui le regioni mediterranee fanno oggi le spese. È inoltre necessario rafforzare uno sviluppo policentrico, in cui il Mediterraneo si configuri come area di riequilibrio e di cooperazione regionale. 3.3. Le regioni del Mediterraneo, pur avendo una storia ed un destino comuni, presentano una grande diversità sotto il profilo economico, sociale ed ecologico. Da tempo il Comitato propone la costruzione di un'area strategica euromediterranea (che comprenda anche i paesi dell'Est). La recente comunicazione della Commissione sul « Rafforzamento della politica mediterranea dell'UE e lo stabilimento di un partenariato euromediterraneo () », ha finalmente raccolto la proposta del Comitato ponendo l'obiettivo della costruzione (attraverso il partenariato euromediterraneo) di una « zona euromediterranea di stabilità politica e di sicurezza » nonché di uno « spazio economico euromediterraneo ». Obiettivo finale di tale processo non potrà che essere l'Associazione all'UE dei Paesi terzi mediterranei. 3.3.1. Le tre aree strategiche mondiali : quella americana, quella europea e quella asiatica, sviluppano oggi relazioni privilegiate con i propri vicini più prossimi. Nell'ultimo decennio questo processo si è sviluppato in forme profondamente nuove rispetto al ventennio precedente. Sono cresciuti meno gli scambi di merci fra CE, Giappone e Stati Uniti, di quanto siano cresciuti gli scambi degli Stati Uniti con Canada e Messico (ora NAFTA) e del Giappone con il resto dell'Asia del Sud-Est. In assoluto gli scambi della CE sono cresciuti meno di quelli statunitensi e giapponesi. In effetti la CE non è stata capace di rafforzare, come USA e Giappone, le proprie relazioni economiche con i vicini del Mediterraneo e dell'Est europeo. 3.4. Conformemente alle analisi del Libro bianco, assistiamo a profonde modifiche tecnologiche e di organizzazione del lavoro, nonché all'emergere di nuovi settori, servizi e tipi di produzione. Lo sviluppo dell'area mediterranea deve pertanto tener conto di tali cambiamenti, per meglio collocarsi nell'ambito dell'economia globale, evitando investimenti industriali tradizionali spinti all'estremo, i cui limiti sono già oggi evidenti. 3.5. Parallelamente l'UE deve farsi promotrice di politiche che consentano ai PSEM di svilupparsi tramite la creazione di un mercato interno e regionale, l'innalzamento dei livelli di vita ed il superamento degli squilibri strutturali (deficit alimentare, di salute, di formazione, della bilancia dei pagamenti, ecc.). Questo processo, lungi dall'essere competitivo con quello delle regioni mediterranee dell'UE, può essere di tipo cooperativo e non deve limitarsi, come finora è stato fatto, al settore dell'abbigliamento, ma investire i settori della produzione di una gamma più vasta di beni di consumo durevole. Può istituirsi una complementarità fra le due rive, nutrita di scambi economici, di merci, know-how, modelli di consumo e forza-lavoro competitiva d'alto livello. 3.6. Lo sviluppo coerente delle due sponde del Mediterraneo è, ovviamente, la condizione principale per instaurare una nuova cooperazione nell'area euromediterranea. Ma vi sono almeno altre quattro aree d'intervento che hanno riflessi notevoli nell'organizzazione del territorio mediterraneo e che necessitano di profonde revisioni delle politiche europee e di nuove politiche di cosviluppo. a) I problemi dell'agricoltura asciutta e delle zone aride. L'orientamento della ricerca biotecnologica e della ricerca agronomica verso questo tipo di problematica risulta decisiva per la sicurezza alimentare, per la lotta alla desertificazione nonché per lo stesso sviluppo dei parchi tecnologici. Il Comitato richiama nuovamente l'attenzione sugli effetti che le misure adottate nell'ambito della politica agricola comune possono provocare contemporaneamente sull'ambiente e sull'economia delle zone rurali. I cambiamenti drammatici che si producono nelle regioni agricole mediterranee rischiano inoltre d'aggravare ancor più l'esodo delle popolazioni e la desertificazione delle zone rurali. b) Il blocco della degradazione ambientale ed il risanamento territoriale : l'unicità dello spazio mediterraneo ed i costi crescenti del consumo del territorio impongono soluzioni orientate allo sviluppo sostenibile. Per combattere efficacemente contro l'inquinamento del Mediterraneo, è importante che tutti i paesi adottino una politica di depurazione delle acque. Occorre una diversa dislocazione degli sforzi di istituzioni di ricerca e di formazione su questa problematica. c) Turismo. La sponda sud sta conquistando nuova competitività rispetto a quella nord. La cooperazione in questo campo, che esige strutture efficienti (quali quelle esistenti in Austria, Germania ed altri paesi dell'Europa del Nord), permetterebbe al bacino mediterraneo di accrescere la sua competitività globale nei confronti dei mutamenti d'offerta provenienti da altre aree. Essa dovrebbe inoltre tendere all'eliminazione dei rischi ambientali dovuti al sovraccarico turistico nelle zone ecologicamente fragili. d) Formazione delle risorse umane : una cooperazione stretta e bidirezionale si impone a tutti i livelli. Alfabetizzazione, scuole tecniche, università, formazione professionale e formazione continua al sud; formazione e inserimento della forza-lavoro immigrata, nuovi insegnamenti universitari a nord. 3.6.1. La valorizzazione delle risorse umane è il fattore chiave per promuovere lo sviluppo nell'area mediterranea. Il contributo della Comunità - basato sulle sue esperienze interne - dovrà comprendere il rafforzamento della capacità di ricerca e di sviluppo, la formazione alle nuove tecnologie e la formazione continua dei lavoratori nei settori soggetti a ristrutturazione industriale, allo scopo di permettere l'apparizione d'una forza lavoro volta al futuro e capace d'adeguarsi ai nuovi parametri. 4. Gli assi strategici di una nuova organizzazione dello spazio mediterraneo 4.1. Il nesso tra il cambiamento del modello di sviluppo e la revisione delle politiche economiche, da un lato, ed un assetto del territorio più equilibrato, dall'altro, non può essere rappresentato che dalla definizione di una effettiva politica europea del territorio, cioè di precisi orientamenti universalmente accettati che debbono indirizzare e vincolare le politiche economiche e territoriali dell'UE, degli Stati membri, delle regioni e delle comunità locali. In questo senso il Comitato vede con favore il lavoro che all'interno del « Comitato di sviluppo spaziale », Commissione e Stati membri stanno svolgendo per la definizione dello « Schema di sviluppo dello spazio comunitario ». 4.2. Per quanto attiene allo spazio mediterraneo, l'orientamento strategico principale dovrà riguardare una diversa articolazione delle direttrici di sviluppo e di comunicazione, a cominciare da quelle dell'Europa del Sud. Come è noto esse sono oggi generalmente orientate verso Nord lasciando negli interspazi ampie zone di isolamento più o meno marcato (le cosiddette « maglie mancanti »). Per modificare questa realtà occorre da un lato sviluppare nuove relazioni funzionali lungo direttrici Est-Ovest, dall'altro superare la frammentazione spaziale, soprattutto nel Mezzogiorno ed in Grecia, completando quei collegamenti Nord-Sud che permettano alle zone più periferiche continentali ed alle isole di uscire dall'isolamento. La principale direttrice latitudinale da sviluppare è quella che dovrebbe unire l'Algarve alla Tracia, passando per Siviglia, Murcia, Valencia, Barcellona, Marsiglia, Genova, Livorno, Roma, Napoli, Brindisi, Igoumenitza, Patrasso, Atene, Salonicco. 4.3. Coerentemente con l'obiettivo dell'integrazione euro-mediterranea vanno sviluppate le direttrici di sviluppo che collegano l'Unione europea con i paesi terzi mediterranei, valorizzando il ruolo dell'interfaccia mediterranea europea. Si tratta innanzitutto di quelle che uniscono le sponde nord e sud del Mediterraneo : il sud della penisola iberica con il Marocco, le regioni ed i porti principali dell'Arco Latino (che hanno sempre guardato prevalentemente al Nord) e la Sicilia con il Magreb e con Malta; le regioni adriatiche italiane con la Grecia, l'area balcanica e la Turchia; la Grecia continentale e insulare con i paesi del Mediterraneo del Sud e dell'Est. Si richiama in particolare l'attenzione su Malta e Cipro, due comunità insulari che presentano esigenze individuali specifiche. Occorre inoltre tener presente le emergenti necessità di Israele e delle zone limitrofe, regioni in cui lo sviluppo del commercio e la crescita economica sono cruciali per l'avvio di relazioni stabili e durature. 4.4. Un secondo asse strategico è quello del decongestionamento urbano. La regione mediterranea conosce enormi problemi di carattere ambientale, economico, sociale e di convivenza civile legati allo sviluppo disordinato ed al degrado delle grandi aree urbane, alla crescita abnorme di vere e proprie megalopoli, come Atene ed il Cairo. La via obbligata per risolvere questo problema è quello del decentramento delle funzioni urbane, realizzando un'armatura urbana policentrica ed equilibrata, che eviti peraltro l'eccessiva dispersione nel territorio, puntando al rafforzamento del ruolo delle città intermedie (« concentrazione decentrata »). Accanto a ciò occorre uno sviluppo coordinato delle politiche di risanamento urbanistico ed ambientale nonché di lotta all'esclusione sociale nelle grandi città. 4.5. La gestione integrata delle coste è un'altra delle priorità strategiche nel Mediterraneo. I problemi di congestionamento, di cementificazione, di sovraccarico turistico, di fragilizzazione ecologica che spesso diventa vero e proprio degrado, vanno affrontati con un approccio globale ed integrato. Ciò significa riconsiderare in modo unitario tutte le funzioni produttive, di servizio, abitative, turistiche, ricreative, ecc., che si svolgono lungo i litorali, nel retroterra e nelle acque prospicienti. 4.6. Il decongestionamento delle città e delle coste ha il suo reciproco nella rivitalizzazione delle aree interne e di montagna. Infatti, se per il Centro ed il Nord dell'Europa è corretto porsi l'obiettivo di preservare le zone rurali, nelle regioni mediterranee alla nozione di area rurale occorre sostituire quella di area interna e di montagna. Interna perchè compresa tra le coste delle penisole e delle isole; di montagna (nell'accezione ampia già esplicitata dal Comitato in precedenti pareri) perchè si tratta prevalentemente di aree collinari e montuose. Esse sono in generale caratterizzate da abbandono, spopolamento, degrado ambientale ed anche desertificazione. Ridare a queste zone funzioni produttive (in agricoltura e in altre attività economiche) ed insediative significherebbe attuare il riequilibrio generale del territorio nelle regioni mediterranee. 4.7. Integrare la dimensione marittima nell'organizzazione dello spazio mediterraneo, è un'altra delle scelte strategiche da assumere tanto più che il commercio nell'area si è sviluppato nel caso degli ultimi anni in maniera assai più rilevante. Ciò significa innanzi tutto cogliere i nessi tra funzioni che si svolgono sulla terraferma ed attività marittime (pesca, acquacoltura, attività estrattive, trasporti, attività ricreative, ecc.) nonché tutte le interazioni mare-terra a cominciare da quelle che riguardano l'ambiente. Ma significa anche prendere in conto i problemi di frammentazione dello spazio e di isolamento di cui soffrono le isole ed in particolare di quelle più piccole e più periferiche. 4.8. Lo spazio mediterraneo contiene un patrimonio enorme di beni naturali, ambientali, storici, artistici e culturali. Si tratta di beni da conservare ma anche di risorse da valorizzare. Una oculata organizzazione dello spazio non può non assumere tra le proprie scelte strategiche quella della difesa, conservazione e valorizzazione di questo patrimonio. 4.9. Il Comitato chiede che gli assi strategici per una nuova organizzazione dello spazio mediterraneo qui indicati vengano integrati, dal Comitato di sviluppo spaziale, nello « Schema di sviluppo dello spazio comunitario ». 5. Le politiche per l'assetto del territorio nel Mediterraneo 5.1. Non esiste ancora una vera e propria politica comunitaria dell'assetto del territorio. Lo stesso « Schema di sviluppo dello spazio comunitario » rimane ancora nell'ambito della cooperazione tra Commissione e Stati membri. Ciò può rappresentare un percorso metodologico opportuno per l'elaborazione dello « Schema », ma, ad avviso del Comitato, esso dovrà tradursi in un quadro comunitario di riferimento, che definisca priorità ed obiettivi, accettato da tutte le parti in causa. Ciò permetterà una cooperazione interregionale più efficace ed il coinvolgimento degli interlocutori, ivi compresi quelli economici e sociali, a tutti i livelli : nazionale, regionale e locale. 5.2. Solo così la revisione ed il continuo aggiustamento, da parte della Commissione, delle politiche comunitarie che hanno effetti territoriali importanti (reti, ambiente, ricerca, agricoltura, ecc.) nonché la verifica dell'impatto territoriale degli interventi dei fondi strutturali, possono passare dalla fase dell'auspicio o dell'esercitazione burocratica a quella di una nuova importante politica europea. 5.3. Per quanto riguarda l'integrazione con i paesi terzi mediterranei il riferimento comunitario è rappresentato dalla politica mediterranea. Nella già citata ultima Comunicazione, che ne propone il rafforzamento/rinnovamento, non si fa menzione esplicita ad una politica di assetto del territorio euro-mediterraneo. Ma la proposta di creare uno spazio economico euro-mediterraneo - attraverso il libero scambio, il sostegno alla cooperazione regionale soprattutto nel campo della protezione dell'ambiente, il rafforzamento della cooperazione decentrata e della cooperazione tecnica ed economica in vari settori - ha forti implicazioni sull'organizzazione dello spazio mediterraneo. Occorrerà anche qui predisporre un dispositivo di orientamento e di monitoraggio degli interventi della politica mediterranea definito sulla base di alcuni assi strategici per l'organizzazione dello spazio mediterraneo. 5.4. Allo stato attuale, dati i tempi necessari per la messa in atto di tali dispositivi, sia a livello di politica comunitaria che mediterranea, i margini di manovra per realizzare concretamente una politica di assetto del territorio vanno cercati da un lato nelle reti transeuropee, dall'altro nella cooperazione interregionale. 6. Le reti transeuropee e transmediterranee 6.1. Per un'analisi dettagliata delle reti transeuropee e transmediterranee proposte a livello comunitario, nonché per un quadro coerente di proposte relative ai diversi tipi di rete, si rimanda alla relazione. Qui ci si limiterà ad alcune considerazioni generali. 6.2. Nel processo di riequilibrio fra le diverse regioni europee, il problema delle reti transeuropee acquista, a partire del Libro bianco, una valenza strategica in quanto è sul sistema trasporti-telecomunicazioni ed energia che si centrerà l'azione della Comunità, anche dal punto di vista congiunturale, per sostenere la ripresa della competitività europea e dell'occupazione. La questione è assolutamente decisiva in quanto, come è noto, le scelte riguardanti le reti di trasporto, di telecomunicazione e di energia comportano risultati di tipo economico, politico e sociale, sul medio e lungo periodo : si tratta, quindi, delle scelte che condizionano l'Unione europea per i prossimi 30-50 anni. 6.3. È necessario ribadire pertanto che il problema delle reti ha implicazioni di crescita, di riequilibrio e di assetto strategico dell'UE. Da questo punto di vista è motivo di rammarico constatare che la problematica e le singole proposte del Libro bianco risultino del tutto avulse dall'analisi della dimensione territoriale (regionale) delle problematiche europee. 6.4. I 14 progetti presentati al Consiglio europeo di Essen, tutti inerenti al settore dei trasporti, non hanno tenuto conto dei problemi di squilibrio territoriale, e non hanno rispettato quelli comportati dalle « maglie mancanti » e dal trasporto intermodale. Il Comitato comprende l'esigenza di far partire progetti immediatamente finanziabili, ma chiede che il primo elenco venga integrato al più presto con altri progetti che abbiano una chiara valenza di riequilibrio del territorio dell'UE e di intregrazione tra l'interfaccia mediterranea europea ed i PSEM. 6.5. Sul rapporto fra le tematiche « sviluppo ed integrazione fra i paesi del fronte mediterraneo » e « reti di infrastrutture » ci si limita alla seguente considerazione : che le reti vanno decise, ed attuate, sulla base della loro funzionalità e gli obiettivi economico-sociali considerati, e non come un fattore economico e finanziario in sé. In altre parole la decisione di sviluppare un asse stradale, o di trasporto energia, dovrebbe essere valutata prioritariamente sulla base dei suoi impatti sulla struttura del territorio, sul processo di sviluppo ed integrazione delle regioni di utilizzo, e, soltanto in via secondaria, sulla base dei suoi impatti sull'occupazione, sul reddito regionale, ecc. 6.6. Nella scelta delle priorità il fattore cronologico ha importanza capitale. Se per motivi di opportunità finanziaria si dà priorità a progetti che rappresentano il rafforzamento delle tendenze in atto, quando si sa che bisognerebbe andare in controtendenza, non solo si aumentano gli squilibri territoriali esistenti ma si compromettono per lungo tempo le possibilità di recupero con eventuali successivi interventi riequilibratori. 7. La cooperazione interregionale 7.1. La cooperazione interregionale rappresenta, insieme alle reti transeuropee e transmediterranee, lo strumento più concreto e più agibile per iniziare a realizzare una politica di assetto del territorio nel Mediterraneo. A tal fine occorre che una quota consistente delle risorse comunitarie, che in modo diverso finanziano la cooperazione interregionale, sia destinata al Mediterraneo, per realizzare il necessario riequilibrio territoriale. Attualmente la maggior parte di tali risorse sono utilizzate per le regioni del Centro-Nord dell'UE. 7.2. Le azioni comunitarie a sostegno della cooperazione interregionale nel Mediterraneo dovrebbero dare priorità ai programmi ed ai progetti che vadano nella direzione : a) dell'integrazione economica e del cosviluppo affrontandone le diverse dimensioni : settoriale (industria, agricoltura, turismo), fattoriale (R & S, formazione) e infrastrutturale (trasporti, telecomunicazione, energia, risorse idriche) b) dello sviluppo sostenibile e del risanamento ambientale e territoriale. Assumano gli assi strategici di organizzazione dello spazio mediterraneo, descritti al paragrafo 4 : nuove direttrici di sviluppo, decongestionamento urbano, gestione integrata delle coste, rivitalizzazione delle aree interne e di montagna, integrazione della dimensione marittima, conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale. 7.3. La cooperazione interregionale promossa dalla Comunità, si può definire per : a) tipo di soggetti : Regioni, grandi città, enti locali sub-regionali; b) categorie spaziali : continuità o discontinuità territoriale (cooperazione transfrontaliera o transnazionale); c) area geografica : cooperazione all'interno dell'UE o tra regioni comunitarie e regioni di aree limitrofe (EFTA, PECO, ora si propone anche i PTM); d) livelli di cooperazione : - scambi di esperienze e reti per il trasferimento di know-how - pianificazione territoriale (nuova priorità per 1994-99) - progetti comportanti investimenti in strutture e infrastrutture. Finora la combinazione delle diverse tipologie è stata concepita in modo selettivo : per esempio solo alcuni livelli con determinate categorie spaziali o con determinate aree geografiche, ecc. Il Comitato ritiene che per quanto riguarda il Mediterraneo i diversi soggetti, categorie spaziali, aree geografiche e livelli di cooperazione debbano potersi combinare senza alcuna limitazione. Le proposte che seguono sono articolate secondo i livelli di cooperazione, ma è sottointeso che ciascun livello può comprendere i diversi soggetti, la cooperazione transfrontaliera o non, la cooperazione interregionale all'interno del territorio dell'UE oppure quella con i PTM. 7.4. Gli scambi di esperienze e le reti di trasferimento di know-how rappresentano il livello più elementare, ma non per questo il meno importante, della cooperazione interregionale. Per il periodo 1994-99 la Commissione ha proposto la continuazione dei programmi Pacte e Recite, che, anche ad avviso del Comitato, hanno dato buoni risultati. Occorre fare in modo che vi partecipino un numero maggiore di regioni e di enti locali dell'Europa del Sud con progetti che abbiano le finalità indicate al punto 7.2. La Commissione intende rafforzare anche i programmi Ouverture/ECOS (cooperazione tra enti locali e regionali dell'UE e dei paesi Phare e Tacis). Nel quadro della costruzione di uno spazio euro-mediterraneo, dovrebbero essere adequatamente sostenuti i progetti di cooperazione tra enti locali e regionali del Sud dell'UE e dei paesi balcanici e del Mar Nero. Ma soprattutto il Comitato chiede che i programmi Ouverture/ECOS vengano estesi, a partire dal 1995, a tutti i PTM. Occorrerà, a tal fine, far fronte - con una diversa dislocazione delle risorse comunitarie - alle difficoltà di cofinanziamento delle istanze dei paesi partner, già presentatesi per i PECO. 7.5. Nel quadro di Europa 2000+, la Commissione prevede di cofinanziare nel prossimo quinquennio : a) progetti di sviluppo territoriale o studi di fattibilità che contribuiscano alla promozione della pianificazione territoriale, che abbiano una dimensione transnazionale e che risultino di interesse per la Comunità; b) progetti pilota dimostrativi a carattere transnazionale per l'assetto territoriale laddove esiste un'importante dimensione transnazionale (bacini idrografici, aree montane, coste, ecc.), nonché per la promozione di modelli innovativi d'assetto territoriale. Queste proposte trovano il consenso del Comitato, proprio a partire dalle esigenze dell'area mediterranea. Un'attenzione particolare dovrebbe essere data dalla Commissione ai progetti pilota o studi di fattibilità volti all'integrazione delle sub-aree del Mediterraneo. (Arco Latino - Mediterraneo meridionale - Adriatico - Mediterraneo Sud-occidentale) nonché alla pianificazione dello sviluppo integrato tra le regioni mediterranee dell'UE e i PTM. 7.6. Stando alle attuali decisioni, l'unica possibilità di co-finanziamento comunitario di questo tipo di progetti viene da Interreg II. Ciò comporta forti limitazioni nella realizzazione della cooperazione interregionale, come il Comitato ha già sottolineato nei suoi ultimi pareri sui programmi d'iniziativa comunitaria, nei quali ha in particolare raccomandato un allargamento del campo d'azione di Interreg (). Innanzitutto perché la loro realizzazione è consentita soltanto nel caso di continuità spaziale e cioè in ambito transfrontaliero. E ciò perché è prevalsa una concezione sostanzialmente infrastrutturale della cooperazione interregionale, che esclude progetti incentrati su interventi economici e produttivi, condotti congiuntamente per realizzare complementarità ed integrazione, sia a livello di alcune filiere che a livello di territori (che per questo non necessitano di essere contigui). Un secondo limite va individuato nel riconoscimento di frontiera marittima che nell'ambito dell'UE è concesso a due soli casi nel Mediterraneo : Corsica-Sardegna e Italia-Grecia. Da quanto detto precedentemente sull'esigenza di costruire direttrici Est-Ovest, anche attraverso il transporto intermodale e quindi le comunicazioni marittime, deriva l'esigenza di considerare frontiere marittime elegibili quelle che separano le regioni tirreniche italiane da quelle francesi e spagnole. Il terzo limite di Interreg II è quello di aver ristretto l'eleggibilità di programmi di cooperazione interregionale con i PTM a due soli casi : Andalusia/Marocco e Puglia/Albania, escludendo situazioni di evidente contiguità marittima come Sicilia/Tunisia o Creta/Egitto o isole greche dell'Egeo/Turchia. Questa limitazione di Interreg II nei confronti dei PTM è insostenibile soprattutto se si considera che con la combinazione Interreg-Phare si è già consolidata un'esperienza positiva di cooperazione con aree limitrofe, che non si capisce per quale motivo non debba essere estesa a tutti i PTM. La situazione rischia peraltro di diventare paradossale nel momento in cui, già con il bilancio 1994 e ancor più con le nuove proposte della politica mediterranea, vengono stanziate risorse consistenti ai PTM per la cooperazione interregionale con le regioni dell'UE, ma che non potranno essere utilizzate perché manca il finanziamento corrispettivo dal lato comunitario. È necessario pertanto che in occasione della verifica intermedia di Interreg II questi limiti vengano rimossi. Basterà allargare l'intervento di Interreg II a tutti i tipi di cooperazione transnazionale e non solo transfrontaliera connessi all'assetto territoriale, sia tra le regioni dell'UE, che tra queste e tutti i PTM. Ciò comporterà evidentemente il rafforzamento della dotazione finanziaria di Interreg II. In attesa di questa modifica, la Commissione dovrà assegnare priorità di finanziamento ai progetti pilota di pianificazione territoriale e a studi di fattibilità che siano propedeutici ai progetti di investimenti che Interreg II non può attualmente finanziare : sia all'interno dell'UE (progetti di integrazione di territori non contigui) che tra regioni dell'UE e PTM, a cominciare dalle più evidenti frontiere marittime non riconosciute, come Sicilia e Tunisia. In questa stessa ottica il PE ha previsto, nel bilancio comunitario, la possibilità di finanziare, attraverso l'Interreg II, l'elaborazione di una nuova iniziativa comunitaria nell'ambito della cooperazione tra le regioni del bacino mediterraneo. Il Comitato sollecita la Commissione ad applicare tempestivamente questa decisione. 7.7. Il finanziamento di un numero considerevole di progetti di cooperazione interregionale (relativi ai tre livelli di cooperazione indicati) porrà alla Commissione il problema della loro coerenza. Il Comitato ripropone quindi l'esigenza di disporre di uno schema quadro per definire gli obiettivi di organizzazione dello spazio mediterraneo, in base al quale valutare gli orientamenti e le ricadute dei progetti proposti al finanziamento comunitario, nonché la loro conformità rispetto ai finanziamenti provenienti da altri fondi, quali la BEI. 8. La partecipazione delle forze economiche e sociali 8.1. Dall'approccio generale che si è qui adottato e dalle proposte concrete avanzate, è evidente che il Comitato prospetta un processo di organizzazione dello spazio mediterraneo che abbia come protagoniste le istituzioni democratiche, a cominciare da quelle regionali e locali. Le affinità, gli interessi congiunti, le proiezioni esterne comuni, che le regioni sapranno mettere in campo, dovranno essere determinanti nella formazione di un coerente spazio territoriale, economico e sociale mediterraneo, così come la loro capacità di proporre, partecipare e controllare l'attuazione delle misure di politica economica comunitarie e nazionali. Ma questo ruolo degli enti locali e regionali ha piena valenza democratica solo se accompagnato dalla concertazione con i partner economici e sociali (). 8.2. D'altra parte tale concertazione è condizione per la stessa efficacia degli interventi. Non a caso gli strumenti qui suggeriti, le reti e la cooperazione interregionale, implicano una maggiore attenzione allo sviluppo endogeno, il cui successo è strettamente legato alla partecipazione delle forze economiche e sociali. In un recente studio dell'OCSE () si dimostra infatti che nelle aree in cui si realizza il partenariato tra sindacati, imprenditori e amministratori locali, la disoccupazione è minore. 8.3. La partecipazione delle forze sociali può inoltre contribuire ad una maggiore trasparenza nella gestione amministrativa a tutti i livelli. 8.4. Anche per quanto riguarda la costruzione di uno spazio di cosviluppo tra UE e PTM, il partenariato tra le forze economiche e sociali è ineludibile se accanto ad uno spazio economico si vuole costruire anche uno spazio sociale euro-mediterraneo, unica garanzia per sfuggire ad una competitività fondata sull'abbassamento dei livelli di protezione sociale. 8.5. La partecipazione delle forze economiche e sociali a tutti i livelli ed in tutte le fasi della cooperazione interregionale permetterà d'accrescere l'efficacia e la trasparenza delle opzioni dei diversi programmi ammissibili al finanziamento. 9. Conclusioni 9.1. L'area mediterranea soffre di notevoli squilibri territoriali (frammentazione spaziale, isolamento delle zone più periferiche, ecc.). Questi squilibri sono connessi al modello di sviluppo europeo (globalizzazione/polarizzazione/marginalizzazione). Essi possono essere superati solo se si afferma un modello di sviluppo policentrico. Il Mediterraneo deve diventare uno dei poli di sviluppo della grande zona strategica euro-mediterranea, soprattutto rafforzando la sua coesione interna, costruendo l'integrazione tra le sue sub-aree e il cosviluppo euro-mediterraneo. 9.2. L'UE si deve dotare di una politica di assetto del territorio. Lo « Schema di sviluppo dello spazio comunitario » è solo un primo passo che deve tradursi nell'elaborazione, con la partecipazione delle diverse istanze interessate, di un quadro comunitario di riferimento, che stabilisca le priorità e gli obiettivi, accettato da tutte le parti in causa. Ciò permetterà una cooperazione interregionale più efficace ed il coinvolgimento degli interlocutori, ivi compresi quelli economici e sociali, a tutti i livelli : nazionale, regionale e locale. 9.3. Gli assi strategici di questo schema quadro saranno : - nuove direttrici di sviluppo (Est-Ovest e Nord-Sud) attraverso nuove funzioni economiche e produttive (in particolare industria, agricoltura, turismo, R.S. formazione) e territoriali (trasporti, telecomunicazioni, energia, risorse idriche) - sviluppo sostenibile e risanamento ambientale e territoriale - decongestionamento urbano - gestione integrata delle coste - rivitalizzazione delle aree interne e di montagna - integrazione della dimensione marittima - conservazione e valorizzazione del patrimonio ambientale e territoriale 9.4. Nell'immediato, i margini di manovra per realizzare concretamente una politica di assetto del territorio mediterraneo, sono rappresentati da : - le reti transeuropee e transmediterranee - la cooperazione interregionale 9.5. Le proposte dettagliate relative alle diverse reti transeuropee e transmediterranee sono contenute nella relazione. Il Comitato chiede, peraltro, che l'elenco dei progetti prioritari del Libro bianco, approvato ad Essen, venga integrato al più presto con altri progetti che abbiano una chiara valenza di riequilibrio dell'area mediterranea e di integrazione con i PTM. 9.6. Per quanto riguarda la cooperazione interregionale il Comitato auspica l'impiego dell'intero ventaglio degli strumenti esistenti e chiede che : - sia verificata la coerenza di tutti i progetti proposti al finanziamento della Commissione e concernenti l'area mediterranea, rispetto a comuni indirizzi di assetto territoriale; - in occasione della verifica intermedia di Interreg II, tale programma sia esteso a tutti i tipi di cooperazione transnazionale e non solo transfrontaliera connessa all'assetto del territorio, sia tra le regioni dell'UE che tra queste e tutti i PTM; - sia rafforzata la presenza mediterranea nei programmi Pacte e Recite; - i programmi Ouverture/ECOS vengano estesi a tutti i PTM; - la Commissione assegni priorità di cofinanziamento, a progetti pilota e studi di fattibilità che : a) si pongano l'obiettivo dell'integrazione delle sub-aree del Mediterraneo (Arco Latino - Mediterraneo meridionale - Adriatico - Mediterraneo Sud-occidentale); b) promuovano la pianificazione dello sviluppo integrato tra le regioni mediterranee dell'UE e i PTM, nonché all'interno dei PTM; c) siano propedeutici ai progetti di investimenti che Interreg II non può attualmente finanziare : sia all'interno dell'UE (progetti di integrazione di territori non contigui) che tra regioni dell'UE e PTM, a cominciare dalle più evidenti frontiere marittime non riconosciute, come Sicilia/Tunisia. 9.7. La partecipazione delle forze economiche e sociali, a tutti livelli ed in tutte le fasi della cooperazione interregionale, permetterà d'accrescere l'efficacia e la trasparenza delle opzioni dei diversi programmi e progetti ammissibili al finanziamento. Bruxelles, 30 marzo 1995. Il Presidente del Comitato economico e sociale Carlos FERRER () GU n. C 339 del 31. 12. 1991 e GU n. C 287 del 4. 11. 1992. () Doc. CES 629/94 fin allegato. () Docc. CES 386/89 fin, GU n. C 221 del 26. 3. 1990, GU n. C 168 del 10. 7. 1990 e GU n. C 40 del 17. 2. 1992. () Nel documento della Commissione Europa 2000+ esso comprende : sud-est dell'Inghilterra, la metà sud dei Paesi Bassi, il Belgio, il nord e nord-est della Francia (Bacino Parigino compreso), il Lussemburgo, il centro-ovest ed il sud-ovest della Germania. () Stando allo studio della Commissione, « l'Arco alpino » comprende : - In Germania : Baden-Wurtemberg e Baviera; - In Francia : Alsazia, Franche-Comté, Rodano-Alpi ed i dipartimenti alpini della Provenza-Alpi-Costa Azzurra; - In Italia : Piemonte, Val d'Aosta, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche; - l'Austria; - la Svizzera; - il Liechtenstein. () I PSEM comprendono i paesi del Magreb, del Mashrak, Israele e Turchia. In questa analisi non si prende in considerazione la regione balcanica data la preminenza dei problemi geopolitici, ed il peso dei conflitti in atto, sui rapporti economici con l'UE. () COM(94) 427 def. () Pareri CES : GU n. C 304 del 10. 11. 1993 e GU n. C 295 del 22. 10. 1994. () GU n. C 393 del 31. 12. 1994. () « Studio sull'occupazione dell'OCSE », Parigi, 1994.