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Documento 62016TJ0120
Judgment of the General Court (Third Chamber) of 6 December 2017.#Tulliallan Burlington Ltd v European Union Intellectual Property Office.#EU trade mark — Opposition proceedings — International registration designating the European Union — Figurative mark Burlington — Earlier national word marks BURLINGTON and BURLINGTON ARCADE — Earlier EU and national figurative marks BURLINGTON ARCADE — Relative ground for refusal — Likelihood of confusion — Article 8(1)(b) of Regulation (EC) No 207/2009 (now Article 8(1)(b) of Regulation (EU) 2017/1001) — Use in the course of trade of a sign of more than mere local significance — Article 8(4) of Regulation No 207/2009 (now Article 8(4) of Regulation 2017/1001) — Unfair advantage taken of the distinctive character or the repute of the earlier trade marks — Article 8(5) of Regulation No 207/2009 (now Article 8(5) of Regulation 2017/1001).#Case T-120/16.
Sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 6 dicembre 2017.
Tulliallan Burlington Ltd contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.
Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Registrazione internazionale che designa l’Unione europea – Marchio figurativo Burlington – Marchi nazionali denominativi anteriori BURLINGTON e BURLINGTON ARCADE – Marchi dell’Unione europea nazionale e figurativi anteriori BURLINGTON ARCADE – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001] – Utilizzo nella normale prassi commerciale di un segno di portata non puramente locale – Articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001) – Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001).
Causa T-120/16.
Sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 6 dicembre 2017.
Tulliallan Burlington Ltd contro Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.
Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Registrazione internazionale che designa l’Unione europea – Marchio figurativo Burlington – Marchi nazionali denominativi anteriori BURLINGTON e BURLINGTON ARCADE – Marchi dell’Unione europea nazionale e figurativi anteriori BURLINGTON ARCADE – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001] – Utilizzo nella normale prassi commerciale di un segno di portata non puramente locale – Articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001) – Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001).
Causa T-120/16.
Raccolta della giurisprudenza - generale
Identificatore ECLI: ECLI:EU:T:2017:873
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)
6 dicembre 2017 ( *1 )
«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Registrazione internazionale che designa l’Unione europea – Marchio figurativo Burlington – Marchi nazionali denominativi anteriori BURLINGTON e BURLINGTON ARCADE – Marchi dell’Unione europea nazionale e figurativi anteriori BURLINGTON ARCADE – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (UE) 2017/1001] – Utilizzo nella normale prassi commerciale di un segno di portata non puramente locale – Articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 4, del regolamento 2017/1001) – Profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001)»
Nella causa T‑120/16,
Tulliallan Burlington Ltd, con sede a Saint-Hélier (Jersey), rappresentata da A. Norris, barrister,
ricorrente,
contro
Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M. Fischer, in qualità di agente,
convenuto,
controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale,
Burlington Fashion GmbH, con sede a Schmallenberg (Germania), rappresentata da A. Parr, avvocato,
avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO dell’11 gennaio 2016 (procedimento R 94/2014-4), relativa a un procedimento d’opposizione tra la Tulliallan Burlington e la Burlington Fashion,
IL TRIBUNALE (Terza Sezione),
composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, I. S. Forrester e E. Perillo (relatore), giudici,
cancelliere: I. Dragan, amministratore
visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 marzo 2016,
visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 giugno 2016,
visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 giugno 2016,
in seguito all’udienza del 28 aprile 2017,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti
1 |
Il 12 novembre 2009 la Burlington Fashion GmbH, interveniente, ha presentato una domanda di tutela nell’Unione europea della registrazione internazionale n. 1017273 all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)]. La registrazione per la quale la tutela è stata richiesta è per il marchio figurativo seguente: |
2 |
I prodotti per i quali era stata domandata la tutela rientrano nelle classi 3, 14, 18, e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:
|
3 |
Il 16 agosto 2010 la Tulliallan Burlington Ltd, ricorrente, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento n. 2017/1001), alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti rientranti nelle classi 3, 14 e 18. Essa è proprietaria, nel centro di Londra (Regno Unito), della galleria commerciale «Burlington Arcade». |
4 |
L’opposizione si basava, in particolare, sui marchi e sui diritti anteriori seguenti:
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5 |
Gli impedimenti invocati a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e paragrafi 4 e 5, del regolamento n. 2017/1001]. |
6 |
Il 22 novembre 2013 la divisione di opposizione, dopo aver esaminato l’opposizione della ricorrente sulla base del marchio dell’Unione europea figurativo registrato con il numero 3618857, ha accolto tale opposizione per i prodotti compresi nelle classi 3, 14 e 18, condannando, di conseguenza, l’interveniente alle spese. |
7 |
Il 2 gennaio 2014 l’interveniente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento n. 2017/1001), avverso la decisione della divisione di opposizione. |
8 |
Con decisione dell’11 gennaio 2016 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’EUIPO ha annullato la decisione della divisione di opposizione, condannando pertanto la ricorrente a sopportare le spese dei procedimenti di opposizione e di ricorso. |
9 |
Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha, in primo luogo, ritenuto che, quanto all’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, la notorietà dei marchi anteriori fosse dimostrata nel territorio di riferimento per i servizi rientranti nelle classi 35 e 36, ad eccezione, tuttavia, del servizio «raccolta, a beneficio di terzi, di prodotti diversi in modo da consentire ai clienti […] d’esaminare e acquistare comodamente tali prodotti da una gamma di negozi [di vendita al dettaglio] di prodotti vari» compreso nella classe 35. In secondo luogo, quanto all’impedimento di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del suddetto regolamento, essa ha ritenuto, in sostanza, che la ricorrente non avesse dimostrato, nel caso di specie, la sussistenza delle condizioni necessarie per accertare la riproduzione ingannevole e il pregiudizio nei confronti del pubblico di riferimento. In terzo luogo, per quanto riguarda l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, essa ha ritenuto, in sostanza, che i prodotti e i servizi in questione fossero diversi e che fosse escluso ogni rischio di confusione, a prescindere, peraltro, dalla somiglianza dei marchi interessati. |
Conclusioni delle parti
10 |
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
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11 |
L’EUIPO e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:
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In diritto
12 |
A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce tre motivi, vertenti, in sostanza, il primo, su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, su un vizio di procedura e su una violazione di norme procedurali, il secondo, su una violazione dell’obbligo di motivazione, del diritto al contraddittorio nonché su una violazione dell’articolo 8 paragrafo 4, del suddetto regolamento e, il terzo, su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento. |
Sul primo motivo
13 |
In primo luogo, la ricorrente contesta, in sostanza, alla commissione di ricorso di aver commesso un errore di interpretazione in riferimento a una parte di servizi compresi nella classe 35 e per i quali la notorietà dei marchi anteriori non era stata dimostrata. In secondo luogo, essa sostiene che detta commissione ha commesso un errore quanto alla definizione dei servizi compresi nelle classi 35 e 36. In terzo luogo, essa deduce una violazione delle norme procedurali da parte di detta commissione. |
14 |
A sostegno della prima censura, la ricorrente afferma che il servizio «raggruppamento per conto di terzi di vari prodotti, tale da consentire ai clienti di esaminarli e acquistarli comodamente in una gamma di negozi [di vendita al dettaglio] di prodotti vari» rientrante nella classe 35, designa anche i servizi forniti dalle «gallerie commerciali», e non soltanto il servizio di «vendita al dettaglio» effettuato in singoli negozi. Ad avviso della stessa, un’interpretazione siffatta è confermata, in particolare, dall’uso, nella descrizione di tale classe, dell’espressione «in una gamma di negozi di vendita al dettaglio», circostanza che proverebbe, contrariamente a quanto sostenuto dalla commissione di ricorso, che i servizi di una galleria commerciale corrispondevano alla raccolta di prodotti diversi in vendita in una «gamma di negozi», piuttosto che esclusivamente in singoli negozi di vendita al dettaglio. |
15 |
A tal proposito, inoltre, la commissione di ricorso non avrebbe interpretato correttamente la sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker Bau- und Heimwerkermärkte (C‑418/02, EU:C:2005:425; in prosieguo: la «sentenza Praktiker»). Secondo la ricorrente, infatti, la Corte ha accolto, in tale sentenza, un’interpretazione estensiva della nozione di vendita al dettaglio, tale da includere i servizi di una galleria commerciale. |
16 |
Infine, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata è parimenti inficiata da un vizio di procedura nei limiti in cui la commissione di ricorso ha constatato che solo l’interveniente aveva presentato osservazioni, mentre anche la ricorrente aveva presentato osservazioni in data 12 novembre 2015. |
17 |
A sostegno della seconda censura, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la commissione di ricorso ha interpretato la nozione di servizi compresi nelle classi 35 e 36 in maniera restrittiva in quanto ha ritenuto che, per il pubblico di riferimento, non esisteva alcun nesso tra i servizi e i prodotti di cui trattasi, perché tra i consumatori di prodotti e di servizi che rientrano nelle classi 35 e 36 figurano parimenti i consumatori finali dei prodotti venduti nei negozi. |
18 |
Infine, a sostegno della terza censura, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha violato le norme procedurali per aver considerato che essa non aveva presentato alcun argomento a dimostrazione che l’uso del marchio richiesto traesse profitto dal marchio anteriore o arrecasse allo stesso pregiudizio. |
19 |
L’EUIPO e l’interveniente chiedono il rigetto del presente motivo. |
20 |
Per quanto riguarda le prime due censure formulate dalla ricorrente, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, la registrazione del marchio è esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nell’Unione europea e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi. Poiché tali condizioni sono cumulative, la mancanza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile la suddetta disposizione [sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, EU:T:2007:93, punto 34]. |
21 |
In particolare, quanto alla condizione dell’identità o della somiglianza con un marchio anteriore, in merito alla somiglianza dei segni in conflitto, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la valutazione della somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in questione deve essere fondata sull’impressione d’insieme prodotta da tali segni, tenendo conto, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del 9 marzo 2012, Ella Valley Vineyards/UAMI – HFP (ELLA VALLEY VINEYARDS), T‑32/10, EU:T:2012:118, punto 38 e giurisprudenza ivi citata]. |
22 |
Inoltre, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico di riferimento, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti rilevanti [v. sentenza del 14 aprile 2011, Lancôme/UAMI – Focus Magazin Verlag (ACNO FOCUS), T‑466/08, EU:T:2011:182, punto 52 e giurisprudenza ivi citata]. Sul piano concettuale, ad esempio, dei segni sono abbastanza simili quando evocano, in particolare, la stessa idea commerciale [v., in tal senso, sentenza del 27 ottobre 2016, Spa Monopole/EUIPO – YTL Hotels & Properties (SPA VILLAGE), T‑625/15, non pubblicata, EU:T:2016:631, punto 35]. |
23 |
Infine, poiché l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 richiede che la somiglianza esistente sia in grado di indurre il pubblico interessato non già a confondere i segni in conflitto, ma ad avvicinarli, vale a dire a stabilire un nesso tra loro, si deve giungere alla conclusione che la tutela prevista da tale disposizione a favore dei marchi notori può applicarsi anche se i segni in conflitto presentano un grado di somiglianza ridotto (sentenza del 10 dicembre 2015, El Corte Inglés/UAMI, C‑603/14 P, EU:C:2015:807, punto 42). |
24 |
Nel caso di specie, occorre confermare, anzitutto, le valutazioni della commissione di ricorso che figurano ai punti da 21 a 24 della decisione impugnata, peraltro non contestate dalla ricorrente, e secondo le quali i segni in conflitto sono mediamente simili a causa del loro elemento denominativo comune, ossia il termine «burlington». |
25 |
Poi, tra le altre condizioni di tutela previste dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, sulle quali la ricorrente fonda il suo primo motivo, deve essere presa in considerazione anche quella relativa alla notorietà dei marchi e dei diritti anteriori e la loro eventuale protezione. |
26 |
A tal proposito, occorre rilevare che, in assenza di una definizione giuridica della nozione di notorietà da parte del legislatore europeo, il giudice dell’Unione ritiene che, per soddisfare tale condizione, un marchio anteriore debba essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi da esso contraddistinti [v., in tal senso, sentenze del 6 febbraio 2007, Aktieselskabet af 21. november 2001/UAMI – TDK Kabushiki Kaisha (TDK), T‑477/04, EU:T:2007:35, punto 48, e del 2 ottobre 2015, The Tea Board/UAMI – Delta Lingerie (Darjeeling), T‑627/13, non pubblicata, EU:T:2015:740, punto 74]. |
27 |
Dagli atti del fascicolo risulta, inoltre, che i marchi anteriori della ricorrente, che designano i servizi rientranti nelle classi 35 e 36, sono conosciuti da una parte significativa del pubblico del mercato di riferimento quale nome di una galleria commerciale molto rinomata nel Regno Unito, situata nel centro di Londra e che riunisce al suo interno negozi di lusso. Atteso che tale notorietà dei marchi anteriori della ricorrente non è contestata dalle parti, la domanda che si pone nel caso di specie è, in definitiva, se detta notorietà corrisponda effettivamente ai servizi che rientrano nella classe 35 per i quali i marchi anteriori sono stati registrati, di modo che la ricorrente possa legittimamente beneficiare della tutela della notorietà in questione. |
28 |
Secondo la commissione di ricorso, quanto al servizio di vendita al dettaglio rientrante nella classe 35, la notorietà dei marchi anteriori della ricorrente non è stata dimostrata. |
29 |
La suddetta affermazione della commissione di ricorso non può essere, tuttavia, condivisa. |
30 |
Occorre, in primo luogo, rilevare che, nella sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker (C‑418/02, EU:C:2005:425), la Corte ha statuito, al punto 34, che «la finalità del commercio al dettaglio consiste nella vendita di prodotti ai consumatori», che «detto commercio comprende, oltre all’atto giuridico della vendita, l’intera attività svolta dall’operatore al fine di indurre alla conclusione dell’atto stesso» e che «[t]ale attività consiste, in particolare, nella selezione di un assortimento di prodotti messi in vendita e nell’offerta di varie prestazioni volte a indurre il consumatore a concludere l’atto di acquisto con il commerciante in questione piuttosto che con un concorrente». |
31 |
Inoltre, il Tribunale ha altresì avuto modo di precisare che l’interpretazione fornita dalla Corte della questione se il commercio al dettaglio di merci costituisse un servizio ai sensi dell’articolo 2 della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), richiamato al punto 30 supra, «non può costituire una definizione esaustiva e di portata generale della nozione di servizio di vendita al dettaglio» [sentenza del 26 giugno 2014, Basic/UAMI – Repsol YPF (basic), T‑372/11, EU:T:2014:585, punto 55]. |
32 |
Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dall’EUIPO nella presente causa, l’interpretazione fornita dalla Corte al punto 34 della sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker (C‑418/02, EU:C:2005:425), non consente di affermare che le gallerie commerciali o i centri commerciali sono, per definizione, esclusi dall’ambito di applicazione della nozione di servizio di vendita al dettaglio definito nella classe 35. |
33 |
L’interpretazione data dalla Corte al punto 34 della sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker (C‑418/02, EU:C:2005:425), osta, inoltre, anche alla tesi sostenuta dall’EUIPO secondo cui i servizi di una galleria commerciale sarebbero essenzialmente limitati a servizi di locazione e di gestione immobiliare e che, di conseguenza, i clienti ai quali tali servizi sono destinati sarebbero principalmente le persone interessate a prendere in locazione i negozi e gli uffici che si trovano in una galleria del genere. La nozione di «diverse prestazioni», come menzionata nel suddetto punto, infatti, non può non includere anche i servizi offerti da una galleria commerciale per mantenere l’attrattiva e i vantaggi pratici di un simile luogo di commercio, secondo, peraltro, gli stessi termini utilizzati nella formulazione della classe 35, essendo la finalità quella di consentire ai clienti interessati ai vari prodotti «di esaminarli e acquistarli comodamente da una gamma di negozi» e di aumentare così in tale luogo l’affluenza di clienti interessati all’acquisto di detti prodotti, piuttosto che quella di assistere, come evidenziato dalla Corte nella sentenza di cui sopra, all’acquisto di tali prodotti presso «un concorrente» che non ha il suo negozio di vendita all’interno della galleria commerciale di cui trattasi. |
34 |
Occorre pertanto concludere che, alla luce della formulazione della classe 35, la nozione di servizio di vendita al dettaglio, come interpretata dalla Corte al punto 34 della sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker (C‑418/02, EU:C:2005:425), comprende anche i servizi di vendita forniti da una galleria commerciale. |
35 |
In considerazione di quanto precede, occorre quindi constatare che l’interpretazione restrittiva della nozione di vendita al dettaglio utilizzata nel caso di specie dalla commissione di ricorso non è corretta e che la ricorrente può, di conseguenza, avvalersi della tutela della notorietà del marchio anteriore per i servizi rientranti nella classe 35. |
36 |
Inoltre, la commissione di ricorso ha ritenuto nella decisione impugnata che non vi fosse alcun nesso tra i marchi in conflitto e che la ricorrente non avesse dimostrato che l’uso del marchio richiesto avrebbe potuto trarre indebitamente profitto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori o che avrebbe potuto arrecare loro pregiudizio. |
37 |
A tal proposito, occorre ricordare che, per beneficiare della tutela prevista dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, il titolare del marchio anteriore deve anche fornire, tra le condizioni menzionate al punto 20 supra, la prova, conformemente alla formulazione di tale articolo, che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto trarrebbe indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, VIPS, T‑215/03, EU:T:2007:93, punto 34). |
38 |
Inoltre, occorre ricordare che la sussistenza di un vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore deve essere valutata in relazione al consumatore medio dei prodotti o servizi interessati dal marchio, quale consumatore normalmente informato e ragionevolmente avveduto (v., in tal senso, sentenza del 12 marzo 2009, Antartica/UAMI, C‑320/07 P, non pubblicata, EU:C:2009:146, punti da 46 a 48). Orbene, trattandosi di prodotti per il consumo di massa, quali saponi, toiletteria, articoli in cuoio e altri articoli simili, il pubblico di riferimento è, nel caso di specie, il grande pubblico, composto proprio da consumatori medi. |
39 |
Occorre altresì rammentare che, al fine di beneficiare della tutela di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale al suo marchio ai sensi della suddetta disposizione. Quando è prevedibile, infatti, che dall’uso che il titolare del marchio posteriore potrebbe fare del proprio marchio deriverà una violazione del genere, il titolare del marchio anteriore non può essere obbligato ad attendere che questa si realizzi effettivamente per poter far vietare detto uso. Il titolare del marchio anteriore deve tuttavia dimostrare l’esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che tale violazione abbia luogo in futuro (sentenza del 10 maggio 2012, Rubinstein e L’Oréal/UAMI, C‑100/11 P, EU:C:2012:285, punto 93). |
40 |
Pertanto, al fine di determinare se l’uso del segno contestato tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore, occorre procedere a una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, il livello di notorietà e il grado di distintività del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punto 42). |
41 |
In particolare, quanto al livello di notorietà e della distintività del marchio anteriore, la Corte ha dichiarato che più il carattere distintivo e la notorietà di tale marchio sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione. Inoltre, più l’evocazione del marchio anteriore ad opera del segno contestato è immediata e forte, più aumenta il rischio che l’uso attuale o futuro del segno possa trarre un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punti da 67 a 69). |
42 |
In tale contesto, è stato parimenti dichiarato che spettava al titolare del marchio anteriore dimostrare, eventualmente, se il comportamento economico del consumatore medio dei suoi prodotti o dei suoi servizi avesse potuto subire una modifica a causa dell’uso del marchio posteriore o se vi fosse un rischio serio che una tale modifica potesse prodursi in futuro (sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punti 77 e 81 e punto 6 del dispositivo). |
43 |
Alla luce di quanto precede, occorre quindi constatare che, nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito dinanzi alla commissione di ricorso o dinanzi al Tribunale elementi coerenti che consentano di affermare che l’uso del marchio richiesto trae indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori. |
44 |
Anche se la ricorrente evidenzia il carattere «quasi unico» dei suoi marchi anteriori così come la loro notorietà «significativa ed esclusiva», infatti, occorre rilevare che la stessa non ha fornito elementi specifici che possano dimostrare che l’uso del marchio richiesto riduca l’attrattiva dei marchi anteriori, segnatamente alla luce dei criteri stabiliti dalla sentenza del 14 novembre 2013, Environmental Manufacturing/UAMI (C‑383/12 P, EU:C:2013:741, punto 43), secondo cui deduzioni del genere devono basarsi «su una disamina delle probabilità e tener conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze nel caso di specie». |
45 |
Orbene, il fatto che un altro soggetto economico possa essere autorizzato a utilizzare un marchio che comprende il termine «burlington» per prodotti simili a quelli in vendita nella galleria londinese della ricorrente, non è tale da infirmare, da solo, agli occhi del consumatore medio, l’attrattiva commerciale di tale luogo. Come precisato peraltro dalla Corte nella sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker (C‑418/02, EU:C:2005:425) (v. punto 30 supra), infatti, una tale caratteristica è strettamente collegata alle «diverse prestazioni» commerciali realizzate dai locatari dei negozi che si trovano nella suddetta galleria e non esclusivamente al nome di quest’ultima, che, per di più, corrisponde, come correttamente evidenziato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, ai nomi di altri luoghi parimenti molto conosciuti che si trovano in prossimità di tale galleria, quali i Burlington Gardens o la Burlington House. |
46 |
Infine, quanto al vizio di procedura da cui sarebbe affetta la decisione impugnata, in quanto la commissione di ricorso ha constatato che solo l’interveniente aveva presentato osservazioni, mentre anche la ricorrente aveva presentato osservazioni il 12 novembre 2015, occorre rilevare, da un lato, che tali ultime osservazioni sono contenute nel fascicolo della causa di cui trattasi e, dall’altro, che in udienza l’EUIPO ha confermato che le suddette osservazioni, che sono contenute anche nel fascicolo di cui gli organi competenti dell’EUIPO disponevano, sono state debitamente prese in considerazione da questi ultimi. Occorre quindi respingere tale argomento in quanto infondato. |
47 |
Quanto alla terza censura della ricorrente, è sufficiente rilevare che dalla formulazione dei punti 33 e 34 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha preso formalmente atto che la ricorrente aveva sì presentato osservazioni, ma che queste ultime non erano idonee a dimostrare, nel caso di specie, la sussistenza delle condizioni di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, segnatamente la prova che l’uso del marchio poteva trarre indebito profitto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori della ricorrente. La censura vertente su una violazione delle norme procedurali non può, pertanto, essere accolta. |
48 |
Alla luce di quanto precede, occorre respingere il primo motivo. |
Sul secondo motivo
49 |
La ricorrente sostiene, anzitutto, che nella decisione impugnata la commissione di ricorso non motiva affatto il rigetto del suo argomento diretto a far valere la violazione, nel caso di specie, dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009. Inoltre, detta decisione sarebbe affetta da un errore di diritto in quanto, a causa della mancanza di una notorietà ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del suddetto regolamento, l’opposizione in forza dell’articolo 8, paragrafo 4, dello stesso dovrebbe essere respinta di conseguenza. La ricorrente ritiene, poi, che quando la valutazione del «goodwill», vale a dire la forza di attrazione della clientela, è invocata, sul piano nazionale, nell’ambito di un’azione per abuso di denominazione, tale valutazione non può essere limitata ai soli servizi per i quali i marchi anteriori sono stati registrati, come avviene invece in occasione della valutazione della notorietà ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento. Essa sostiene di aver in ogni caso ampiamente dimostrato dinanzi a detta commissione di ricorso la sua notorietà (ossia il suo goodwill) come galleria commerciale di alta gamma. Infine, essa afferma che tale commissione ha commesso un errore di procedura non dando alle parti, nel corso del procedimento dinanzi alla stessa, un’ulteriore occasione per presentare i loro argomenti sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento in questione. |
50 |
L’EUIPO chiede il rigetto del presente motivo. |
51 |
L’interveniente, per quanto la riguarda, ritiene che taluni argomenti relativi all’applicazione corretta dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 sono stati invocati dalla ricorrente solo nella fase del procedimento dinanzi al Tribunale e che, di conseguenza, essi non possono essere presi in considerazione da tale giudice. |
52 |
Occorre anzitutto respingere l’argomento della ricorrente vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione e quello vertente sulla violazione del diritto al contraddittorio. Tali argomenti sono, infatti, infondati. |
53 |
Dai punti 36 e seguenti della decisione impugnata risulta, infatti, che la commissione di ricorso ha proceduto all’esame delle diverse condizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 e, nel caso di specie, anche a quello delle condizioni relative all’azione per abuso di denominazione. Inoltre, quanto alla circostanza secondo cui le parti non avrebbero potuto presentare le loro osservazioni su tali condizioni, dal fascicolo della causa risulta che, durante il procedimento dinanzi agli organi dell’EUIPO, la ricorrente è stata effettivamente posta nella condizione di poter presentare le sue osservazioni. |
54 |
A tal proposito, se è vero che dinanzi alla commissione di ricorso la ricorrente non ha sviluppato la censura invocata durante il procedimento di opposizione, ossia la violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, non può tuttavia contestarsi alla commissione di ricorso la circostanza che essa non abbia domandato alle parti ulteriori osservazioni su tale punto. Inoltre, secondo la giurisprudenza pertinente, il diritto al contraddittorio non si applica al parere definitivo prima che venga adottato dalla commissione di ricorso competente. Quest’ultima, infatti, non è tenuta a informare le parti circa le sue conclusioni in diritto prima della pronuncia della sua decisione definitiva, né è tenuta a dar loro la possibilità di sottoporre le loro osservazioni su simili conclusioni, ovvero di sottoporre ulteriori prove [v, sentenza del 14 giugno 2012, Seven Towns/UAMI (Rappresentazione di sette quadrati in diversi colori), T‑293/10, non pubblicata, EU:T:2012:302, punto 46 e giurisprudenza ivi citata]. |
55 |
Infine, occorre ricordare che la valutazione dei fatti appartiene all’autore dell’atto decisionale. Orbene, il diritto di essere sentiti si estende a tutti gli elementi di fatto o di diritto che costituiscono il fondamento dell’atto decisionale, ma non alla posizione finale che l’amministrazione intende adottare [v. sentenza del 7 giugno 2005, Lidl Stiftung/UAMI – REWE-Zentral (Salvita), T‑303/03, EU:T:2005:200, punto 62 e giurisprudenza ivi citata]. |
56 |
Per quanto riguarda, poi, l’argomento della ricorrente vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, occorre ricordare che, ai sensi di tale disposizione, il titolare di un segno diverso da un marchio può opporsi alla registrazione di un marchio dell’Unione europea se detto segno soddisfa cumulativamente i quattro requisiti seguenti: tale segno deve essere utilizzato nella normale prassi commerciale; deve avere una portata che non sia puramente locale; il diritto a tal segno deve essere acquisito conformemente alla normativa dello Stato membro in cui questo era stato utilizzato prima della data di deposito della domanda di marchio dell’Unione europea; infine, in forza di tale segno, il suo titolare deve avere il diritto di vietare l’uso di un marchio successivo. Tali requisiti sono cumulativi di modo che, quando un segno non soddisfa uno di tali requisiti, l’opposizione non può essere accolta [sentenza del 30 giugno 2009, Danjaq/UAMI – Mission Productions (Dr. No), T‑435/05, EU:T:2009:226, punto 35]. |
57 |
Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha rilevato che un’azione per abuso di denominazione proposta nei confronti di un marchio non registrato utilizzato nella normale prassi commerciale nel Regno Unito può ben costituire un diritto precedente ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 (v. segnatamente punti 38 e 39 della decisione impugnata). |
58 |
A tal proposito, è stato dichiarato che l’opponente interessato deve dimostrare, conformemente al regime giuridico dell’azione per abuso di denominazione prevista dal diritto del Regno Unito, che le tre condizioni seguenti siano soddisfatte, vale a dire, in primo luogo, che il marchio non registrato o il segno in questione abbia acquisito il «goodwill», in secondo luogo, che la presentazione da parte del titolare del marchio successivo sia ingannevole e, in terzo luogo, che il «goodwill» di cui trattasi abbia subito un pregiudizio [v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2012, Tilda Riceland Private/UAMI – Siam Grains (BASmALI), T‑304/09, EU:T:2012:13, punto 19]. |
59 |
È necessario parimenti constatare che, al punto 38 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha fatto specificamente riferimento alle suddette tre condizioni e che la ricorrente riconosce, del resto, che detta commissione ha correttamente identificato il contesto giuridico relativo alle azioni per l’abuso di denominazione. |
60 |
Inoltre, è d’uopo ricordare che, conformemente all’articolo 76, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 95, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), l’onere della prova, dinanzi all’EUIPO, grava a tal riguardo sull’opponente interessato. (v., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2011, Anheuser-Busch/Budějovický Budvar, C‑96/09 P, EU:C:2011:189, punto 189). |
61 |
Infatti, dagli atti di causa risulta che durante il procedimento dinanzi alla divisione di opposizione, la ricorrente, in qualità di opponente, pur invocando la violazione dell’articolo 8, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009, non ha fornito tuttavia gli elementi di fatto o di diritto necessari per dimostrare che i requisiti relativi all’applicazione di tale disposizione fossero debitamente soddisfatti. Successivamente, dinanzi alla commissione di ricorso, essa si è limitata ad affermare che «confermava gli argomenti presentati dinanzi alla divisione di opposizione», quando invece è pacifico che, dinanzi alla suddetta commissione, gli argomenti non sono stati ulteriormente supportati, né in fatto né in diritto. |
62 |
La commissione di ricorso, al punto 39 della decisione impugnata, ha pertanto correttamente ritenuto che la ricorrente non avesse dimostrato che le condizioni per fondare l’azione per abuso di denominazione fossero debitamente soddisfatte. Atteso che la suddetta commissione non ha quindi commesso alcun errore di diritto o di procedura, occorre respingere il secondo motivo. |
Sul terzo motivo
63 |
La ricorrente deduce una violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Essa ritiene, in sostanza, che vi sia, in primo luogo, una somiglianza evidente tra i servizi della sua galleria commerciale e i prodotti interessati dal marchio richiesto, perché i consumatori finali sarebbero, nel caso di specie, i medesimi. A tal proposito, essa evidenzia che il termine «burlington» ha un carattere particolarmente distintivo. In secondo luogo, contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso al punto 45 della decisione impugnata, essa ritiene che, sebbene la classe 35 riguardi anche l’attività di una galleria commerciale, l’indicazione «raccolta» che figura nella formulazione di detta classe coprirebbe i servizi di gallerie commerciali piuttosto che i servizi di vendita al dettaglio di prodotti vari e, che, quindi, essa non sarebbe tenuta a specificare i prodotti in quesitone. In terzo luogo, essa afferma, in sostanza, che, secondo il manuale dei marchi dell’Intellectual Property Office (Ufficio della proprietà intellettuale, Regno Unito) nonché secondo la giurisprudenza della High Court of Justice (England & Wales) Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della cancelleria, Regno Unito], essa non aveva l’obbligo di specificare detti prodotti. |
64 |
L’EUIPO e l’interveniente chiedono il rigetto del presente motivo. |
65 |
Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con il marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. |
66 |
Secondo costante giurisprudenza, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato «globalmente», in base alla percezione dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento, tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi contrassegnati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata]. |
67 |
Il rischio di confusione presuppone, infatti, sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di due condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata]. |
68 |
Orbene, per valutare la somiglianza tra i prodotti o i servizi controversi, occorre tener conto di tutti i fattori pertinenti che caratterizzano il rapporto tra di essi. Questi fattori includono, in particolare, la loro natura, nonché la loro concorrenzialità o complementarità. Anche altri fattori possono essere esaminati, come i canali di distribuzione dei prodotti interessati [v. sentenza dell’11 luglio 2007, El Corte Inglés/UAMI – Bolaños Sabri (PiraÑAM diseño original Juan Bolaños), T‑443/05, EU:T:2007:219, punto 37 e giurisprudenza ivi citata]. |
69 |
Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 44 della decisione impugnata, che i servizi della ricorrente e i prodotti oggetto del marchio richiesto non fossero simili. |
70 |
Da un lato, per quanto riguarda i servizi che rientrano nella classe 36, è pacifico che, ad esempio, tra i servizi di locazione di negozi e di uffici o di gestione di beni immobiliari e i prodotti quali saponi, articoli di bigiotteria o articoli in cuoio, non vi sia alcuna somiglianza. Dall’altro lato, per quanto riguarda i servizi che rientrano nella classe 35, il giudice dell’Unione ha chiaramente stabilito che, per il servizio di vendita al dettaglio, era necessario che i prodotti offerti in vendita fossero puntualmente precisati [v., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2008, Oakley/UAMI – Venticinque (O STORE), T‑116/06, EU:T:2008:399, punto 44; v. anche, in tal senso e per analogia, sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker, C‑418/02, EU:C:2005:425, punto 50]. |
71 |
Orbene, l’assenza di qualsiasi indicazione precisa riguardo ai prodotti che possono essere venduti in diversi negozi che compongono una galleria commerciale come la Burlington Arcade impedisce qualsiasi associazione tra questi ultimi e i prodotti del marchio richiesto, atteso che la definizione fornita, nel caso di specie, dalla ricorrente relativa ai «prodotti di lusso» non era sufficiente per determinare di quali prodotti si tratta. Pertanto, in mancanza di una simile determinazione, non è possibile stabilire una somiglianza o una complementarità tra i servizi oggetto del marchio anteriore e i prodotti oggetto del marchio richiesto. |
72 |
Di conseguenza, l’argomento della ricorrente secondo cui, per i servizi delle gallerie commerciali, non è necessario specificare i prodotti interessati deve essere parimenti respinto, in considerazione del fatto che, al punto 34 della presente sentenza, il Tribunale ha statuito che, rispetto alla formulazione della classe 35, la nozione di servizio di vendita al dettaglio, come interpretata dalla Corte al punto 34 della sentenza del 7 luglio 2005, Praktiker (C‑418/02, EU:C:2005:425) comprende anche i servizi di vendita forniti da una galleria commerciale. Inoltre, occorre rilevare che la sovrapposizione tra i gruppi di consumatori finali non è sufficiente per dimostrare un rischio di confusione in mancanza di qualsiasi specificazione dei prodotti che possono essere veduti all’interno della galleria. |
73 |
Infine, quanto all’argomento relativo all’applicabilità del manuale dei marchi dell’Ufficio per la proprietà intellettuale, nonché della giurisprudenza della High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione della cancelleria], tale argomento è inconferente in quanto il contesto giuridico di riferimento nel caso di specie, è costituito dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, secondo costante giurisprudenza, il regime dei marchi dell’Unione europea rappresenta un sistema autonomo, costituito da un complesso di norme e che persegue obiettivi ad esso specifichi, dal momento che la sua applicazione è indipendente da ogni sistema nazionale [v. sentenza del 16 gennaio 2014, Message Management/UAMI – Absacker (ABSACKER of Germany), T‑304/12, non pubblicata, EU:T:2014:5, punto 58 e giurisprudenza ivi citata]. |
74 |
Alla luce delle suesposte considerazioni, poiché uno dei requisiti necessari previsti dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non è soddisfatto, occorre respingere il presente motivo, nonché il ricorso nella sua integralità. |
Sulle spese
75 |
Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. |
76 |
La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO e dell’interveniente. |
Per questi motivi, IL TRIBUNALE (Terza Sezione) dichiara e statuisce: |
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Frimodt Nielsen Forrester Perillo Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 dicembre 2017. Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.