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Documento 62012TJ0480

Sentenza del Tribunale (Ottava Sezione) dell'11 dicembre 2014.
The Coca-Cola Company contro Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI).
Causa T-480/12.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:T:2014:1062

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

11 dicembre 2014 ( *1 )

«Marchio comunitario — Opposizione — Domanda di marchio comunitario figurativo Master — Marchi comunitari figurativi anteriori Coca‑Cola e marchio nazionale figurativo anteriore C — Impedimento relativo alla registrazione — Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009 — Somiglianza dei segni — Elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto»

Nella causa T‑480/12,

The Coca‑Cola Company, con sede ad Atlanta, Georgia (Stati Uniti), rappresentata da S. Malynicz, barrister, D. Stone, L. Ritchie, solicitors, e S. Baran, barrister,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da J. Crespo Carrillo, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico), con sede a Damasco (Siria), rappresentata da A.‑I. Malami, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 29 agosto 2012 (procedimento R 2156/2011‑2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la The Coca‑Cola Company e la Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico),

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias, presidente, M. Kancheva (relatore) e C. Wetter, giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 novembre 2012,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 febbraio 2013,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 marzo 2013,

in seguito all’udienza del 9 luglio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

1

Il 10 maggio 2010, l’interveniente, la Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico), presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1).

2

Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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3

I prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione rientrano, a seguito della limitazione intervenuta nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI, nelle classi 29, 30 e 32 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

classe 29: «Yogurt, carne, pesce, pollame e selvaggina, estratti di carne, frutta e ortaggi conservati, congelati, essiccati e cotti, gelatine, marmellate, frutta conservata, uova sottaceto e conserve sottaceto, insalate sottaceto, patate chips»;

classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè, farine e preparati fatti di cereali, confetteria, bonbons, gelati, miele, sciroppo di melassa, pasta, farina, lievito da forno, polvere per fare lievitare, sale, senape, aceto, pepe, salse (condimenti), spezie, con la specifica eccezione di prodotti di pasticceria e da forno, ghiaccio, cioccolato, gomma, tutti i tipi di antipasti a base di mais e di frumento, con la specifica eccezione di prodotti di pasticceria e da forno»;

classe 32: «Acque minerali e naturali, bevande a base d’orzo, birre analcoliche, bevande gassose analcoliche di tutti i tipi, in particolare aromatizzate (cola, ananas, mango, arancia, limone, aromatizzate, mela, a base di cocktail di frutti, tropicali, energetiche, fragola, frutti, limonate, melagrana...), e tutti i tipi di bevande analcoliche al succo di frutta naturale (mela, limone, arancia, cocktail di frutti, melagrana, ananas, mango...), e succhi concentrati analcolici e concentrati per la preparazione di succhi analcolici di tutti i tipi, polveri e puree per la preparazione di sciroppo analcolico».

4

La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 128/2010, del 14 luglio 2010.

5

Il 14 ottobre 2010, la ricorrente, The Coca‑Cola Company, presentava opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti indicati supra, al punto 3.

6

L’opposizione si fondava, in primo luogo, su quattro marchi comunitari figurativi anteriori Coca‑Cola, riprodotti in prosieguo:

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7

I quattro marchi comunitari figurativi anteriori di cui trattasi designavano in particolare i prodotti e i servizi rientranti, rispettivamente, per quanto concerne il primo, nelle classi 30, 32 e 33, nel caso del secondo, nella classe 32, riguardo al terzo, nelle classi 32 e 43 e, per quanto riguarda il quarto, nelle classi 32 e 33, corrispondenti, per ciascuno di detti marchi e di dette classi, alla seguente descrizione:

marchio comunitario n. 8792475:

classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio»;

classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

classe 33: «Bevande alcoliche (eccetto le birre)»;

marchio comunitario n. 3021086:

classe 32: «Bevande, ossia acque potabili, acque aromatizzate, acque minerali e gassose; e altre bevande analcoliche, ossia bevande non alcoliche, bevande energetiche e bevande per lo sport; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi, polveri e concentrati per la preparazione di bevande, ossia acque aromatizzate, acque minerali e gassose, bevande rinfrescanti, bevande energetiche, bevande per lo sport, bevande di frutta e succhi di frutta»;

marchio comunitario n. 2117828:

classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

classe 43: «Servizi di ristorazione (alimentazione e bevande); alloggi temporanei»;

marchio comunitario n. 2107118:

classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

classe 33: «Bevande alcoliche (eccetto le birre)».

8

L’opposizione si fondava, in secondo luogo, sul marchio figurativo anteriore C del Regno Unito, riprodotto in prosieguo:

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9

Tale marchio figurativo anteriore del Regno Unito designava in particolare i prodotti rientranti nella classe 32 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande».

10

I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli contemplati all’articolo 8, paragrafi 1, lettera b), e 5, del regolamento n. 207/2009.

11

Il 26 settembre 2011 la divisione di opposizione respingeva in toto l’opposizione.

12

Il 17 ottobre 2011 la ricorrente proponeva un ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione di opposizione.

13

Con decisione del 29 agosto 2012 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI respingeva il ricorso.

14

Da un lato, per quanto attiene al motivo di opposizione fondato sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, la commissione di ricorso in primo luogo definiva il consumatore di riferimento come un comune membro del mercato di massa dell’Unione europea. In secondo luogo, essa osservava che l’interveniente non contestava la conclusione preliminare della divisione di opposizione secondo cui i prodotti designati dai marchi in conflitto erano identici. In terzo luogo, la commissione di ricorso riteneva che apparisse subito che i segni in conflitto non erano affatto simili, in quanto i loro elementi denominativi, «coca‑cola» e «master», più distintivi rispetto ai loro elementi figurativi, non avevano praticamente nulla in comune, eccetto la «coda» che prolungava la lettera «c» e la lettera «m» in detti segni. Essa respingeva altresì l’argomento della ricorrente secondo cui la somiglianza dei segni, nella fattispecie, non dipendeva dalla percezione di coincidenze tra gli elementi denominativi, bensì dalla modalità speciale e distintiva con cui questi ultimi erano rappresentati, con lo stesso carattere tipografico denominato «scrittura spencerian», in quanto un simile carattere distintivo particolare doveva essere preso in considerazione nell’ambito della valutazione del rischio di confusione e non in quello della valutazione della somiglianza dei segni in conflitto.

15

In quarto luogo, la commissione di ricorso concludeva nel senso dell’assenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto per le seguenti ragioni. Essa rilevava subito che la ricorrente, pur essendo titolare di una serie di marchi Coca‑Cola assai rinomati e notori, la cui notorietà era connessa alla loro rappresentazione mediante la scrittura spencerian, non era tuttavia titolare di tale scrittura di innegabile eleganza, che poteva essere utilizzata liberamente da tutti. La commissione di ricorso osservava poi che, sebbene i prodotti, nella fattispecie, fossero identici e i marchi anteriori godessero di una notorietà incontestata, era difficile comprendere perché un consumatore avrebbe dovuto confondere la parola «master», accompagnata da una parola araba, con i marchi anteriori contenenti le parole «coca‑cola», in mancanza di un elemento di coincidenza sul piano testuale. A suo dire, nei segni anteriori non vi era nulla di tangibile che fosse riprodotto nel segno richiesto, eccetto l’elemento della «coda» che partiva dalla base delle rispettive lettere «c» ed «m». Tuttavia – aggiungeva la commissione di ricorso – tale elemento di per sé, scisso dal contesto principale Coca‑Cola, non era sufficiente a creare un grado di somiglianza tra i segni, atteso che gli elementi di prova non dimostravano che i consumatori si concentrassero su questo dettaglio quando era scisso da detto contesto. Inoltre, essa riteneva che la scrittura spencerian non fosse particolarmente originale, a dispetto delle sue code, delle sue curvature e di altri abbellimenti, e non presentasse un carattere così distintivo da far supporre, ove fosse stata presente in marchi diversi da quelli della ricorrente, che questi ultimi avessero la stessa origine commerciale. Infine, la commissione di ricorso respingeva l’affermazione della ricorrente secondo cui, in pratica, l’interveniente forniva prodotti recanti etichette che imitavano quelle presenti sui prodotti della prima, in quanto la questione pertinente nel caso di specie era se il marchio, come richiesto, presentasse una somiglianza che poteva ingenerare una confusione con i marchi anteriori, come registrati, risultando irrilevante ai fini di tali valutazione la modalità con cui i marchi potevano essere utilizzati in pratica.

16

D’altro canto, per quanto concerne il motivo di opposizione fondato sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, la commissione di ricorso affermava, innanzitutto, che non ricorreva la prima condizione richiesta per accogliere detto motivo, ossia l’esistenza di una connessione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, atteso che i marchi non erano stati considerati simili nell’ambito dell’esame del motivo di opposizione relativo al rischio di confusione (v. supra, punti 14 e 15). In proposito, essa ricordava che, a prescindere dal grado di notorietà dei marchi anteriori, i pregiudizi su cui verteva tale motivo erano conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio richiesto e il marchio anteriore, a causa della quale il pubblico interessato effettuava un collegamento tra i due, vale a dire stabiliva un nesso tra gli stessi. Tale ipotesi non ricorreva, a suo dire, nel caso di specie, in mancanza di somiglianza tra i marchi in conflitto.

17

In secondo luogo, la commissione di ricorso respingeva la tesi della ricorrente, sostenuta da elementi di prova, secondo cui l’interveniente commercializzava bevande analcoliche recanti il marchio Master unitamente ad altri elementi, in modo tale che l’impressione globale che scaturiva dal prodotto confezionato era simile a quella che scaturiva da un tipico prodotto Coca‑Cola, e aveva deliberatamente adottato una presentazione, un’immagine, una stilizzazione, un carattere tipografico e un confezionamento uguali a quelli adottati dalla ricorrente. A tal proposito, la commissione di ricorso rilevava che, se tali fatti fossero stati accertati, la ricorrente avrebbe potuto ragionevolmente sostenere che l’interveniente aveva intenzione di trarre indebito vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori, tuttavia non avrebbe potuto farlo nel contesto dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, nell’ambito del quale doveva essere preso in considerazione soltanto il marchio di cui era chiesta la registrazione da parte dell’interveniente.

Conclusioni delle parti

18

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese.

19

L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

20

A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce, in sostanza, un motivo unico, relativo alla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e articolato in due parti. Nella prima parte, essa contesta all’UAMI di aver confuso la valutazione della somiglianza dei marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento in parola con la valutazione relativa all’esistenza di una connessione tra detti marchi ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, di tale regolamento. Nella seconda parte, la ricorrente contesta all’UAMI di aver ignorato gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, pertinenti per dimostrare l’intenzione dell’interveniente di trarre vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori.

21

Tuttavia, la ricorrente dichiara esplicitamente di non contestare la conclusione della commissione di ricorso relativa all’assenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

22

Si deve inoltre osservare che le parti non contestano le valutazioni della commissione di ricorso relative al pubblico di riferimento e all’identità dei prodotti designati dai marchi in conflitto. Quindi, è pacifico che il marchio richiesto, così come i marchi anteriori, comprende in particolare bevande analcoliche rientranti nella classe 32, incluse le bevande a base di cola (v. supra, punto 3).

Sulla prima parte

23

Nella prima parte del motivo unico la ricorrente eccepisce che la commissione di ricorso avrebbe erroneamente realizzato una commistione tra la questione della somiglianza dei marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e la questione della connessione tra detti marchi ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, dello stesso regolamento. Detta parte si articola, in sostanza, in due censure, la prima secondo cui l’esistenza di una somiglianza tra i marchi in conflitto costituirebbe un fattore per la valutazione dell’esistenza di una connessione tra detti marchi ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, non già una condizione per l’applicazione di tale disposizione, e la seconda vertente sull’esistenza di un certo grado di somiglianza tra tali marchi.

24

In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, «[i]n seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore o se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio comunitario anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nella Comunità o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi».

25

Dal tenore dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, risulta che la sua applicazione è soggetta alle condizioni seguenti: in primo luogo, l’identità o la somiglianza dei marchi in conflitto; in secondo luogo, l’esistenza della notorietà del marchio anteriore invocato in sede di opposizione; in terzo luogo, la sussistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi pregiudizio allo stesso. Tali condizioni sono cumulative e la mancanza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile la disposizione in questione [v., in tal senso, sentenze del 25 maggio 2005, Spa Monopole/UAMI – Spa‑Finders Travel Arrangements (SPA‑FINDERS), T‑67/04, Racc., EU:T:2005:179, punto 30; del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, Racc., EU:T:2007:93, punto 34, e del 29 marzo 2012, You‑Q/UAMI – Apple Corps (BEATLE), T‑369/10, EU:T:2012:177, punto 25].

26

Secondo una giurisprudenza costante, le varie lesioni prese in considerazione dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 sono la conseguenza di un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio di cui è chiesta la registrazione, a causa del quale il pubblico interessato effettua un collegamento tra i due, vale a dire stabilisce un nesso tra gli stessi, sebbene non li confonda necessariamente. L’esistenza di un nesso tra il marchio di cui è chiesta la registrazione e il marchio notorio anteriore, che dev’essere oggetto di valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, è dunque un requisito essenziale per l’applicazione di tale disposizione [sentenze SPA‑FINDERS, punto 25 supra, EU:T:2005:179, punto 41; del 10 maggio 2007, Antartica/UAMI – Nasdaq Stock Market (nasdaq), T‑47/06, EU:T:2007:131, punto 53, e BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 46; v. altresì, per analogia, sentenze del 23 ottobre 2003, Adidas‑Salomon e Adidas Benelux, C‑408/01, Racc., EU:C:2003:582, punti 29, 30 e 38, e del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, Racc., EU:C:2008:655, punti 30, 41, 57, 58 e 66].

27

Tra tali fattori possono essere menzionati, in primo luogo, il grado di somiglianza tra i segni in conflitto, in secondo luogo, la natura dei prodotti o dei servizi per i quali i segni in conflitto sono rispettivamente registrati, compreso il grado di prossimità o di dissomiglianza di tali prodotti o servizi nonché il pubblico interessato, in terzo luogo, il livello di notorietà del marchio anteriore, in quarto luogo, la distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore e, in quinto luogo, l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico (sentenze Intel Corporation, punto 26 supra, EU:C:2008:655, punto 42, e BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 47).

28

Le due censure dedotte dalla ricorrente a sostegno della prima parte del proprio motivo unico devono essere esaminate alla luce di tali considerazioni preliminari.

29

Con la prima censura, la ricorrente afferma, in sostanza, che la commissione di ricorso ha commesso un errore deducendo la mancanza di una connessione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 dalla mera mancanza di somiglianza tra detti marchi, constatata nell’ambito della sua valutazione relativa all’assenza di rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), dello stesso regolamento, così disattendendo la giurisprudenza della Corte in base alla quale l’esistenza di tale nesso dev’essere oggetto di una valutazione globale, in considerazione di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Essa ritiene che la commissione di ricorso, nell’ambito della sua interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento in parola, non avrebbe dovuto imboccare una «scorciatoia» basandosi soltanto sulle proprie conclusioni relative alla somiglianza tra i segni, ma, in applicazione dei criteri giurisprudenziali, avrebbe dovuto rilevare che la maggior parte di questi ultimi conducevano alla conclusione che il pubblico instaurerebbe una connessione tra i marchi in conflitto.

30

L’UAMI e l’interveniente ribattono che l’esistenza di una somiglianza tra i marchi in conflitto costituisce una condizione di applicazione comune all’articolo 8, paragrafi 1, lettera b), e 5, del regolamento n. 207/2009, la quale deve essere valutata allo stesso modo in riferimento ad entrambe le disposizioni. Atteso che la commissione di ricorso ha dichiarato, nella fattispecie, che detti marchi non erano simili, ma differenti, secondo loro, essa ha correttamente concluso nel senso dell’inapplicabilità dell’articolo 8, paragrafo 5, di tale regolamento senza procedere all’esame degli altri fattori giurisprudenziali.

31

Secondo la giurisprudenza della Corte, l’esistenza di una somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato costituisce una condizione di applicazione comune ai paragrafi 1, lettera b), e 5 dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009. Tale condizione di somiglianza tra i marchi in conflitto presuppone, tanto nell’ambito del paragrafo 1, lettera b), quanto in quello del paragrafo 5 di detto articolo, l’esistenza, in particolare, di elementi di analogia visiva, fonetica o concettuale (v., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2011, Ferrero/UAMI, C‑552/09 P, Racc., EU:C:2011:177, punti 51 e 52).

32

Certamente, il grado di somiglianza richiesto nel contesto dell’una o dell’altra disposizione è differente. Infatti, mentre l’attuazione della tutela introdotta dall’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 è subordinata alla constatazione di un grado di somiglianza tra i marchi in conflitto tale da generare, nel pubblico interessato, un rischio di confusione tra gli stessi, per contro, ai fini della tutela prevista dal paragrafo 5 dello stesso articolo, non è necessaria la sussistenza di un simile rischio. Quindi, le violazioni di cui al detto paragrafo 5 possono essere conseguenza di un minor grado di somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio richiesto, a condizione che esso sia sufficiente affinché il pubblico interessato associ tali marchi, vale a dire stabilisca un nesso tra loro (v., in tal senso e per analogia, sentenze Adidas‑Salomon e Adidas Benelux, punto 26 supra, EU:C:2003:582, punti 27, 29 e 31, e Intel Corporation, punto 26 supra, EU:C:2008:655, punti 57, 58 e 66). Non risulta invece né dal tenore letterale delle citate disposizioni né dalla giurisprudenza che la somiglianza tra i marchi in conflitto debba essere valutata in modo diverso a seconda che tale valutazione sia effettuata alla luce dell’una o dell’altra di tali disposizioni (sentenza Ferrero/UAMI, punto 31 supra, EU:C:2011:177, punti 53 e 54).

33

Se è vero che la valutazione globale relativa alla sussistenza di una connessione tra il marchio anteriore e il marchio contestato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 implica una certa interdipendenza dei fattori presi in considerazione, un tenue grado di somiglianza tra i marchi potendo quindi essere compensato da un elevato carattere distintivo del marchio anteriore, resta il fatto che, in assenza di qualsiasi somiglianza tra il marchio anteriore e il marchio contestato, la notorietà o la rinomanza del marchio anteriore così come l’identità o la somiglianza dei prodotti o dei servizi interessati non sono sufficienti per constatare la sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto o di una connessione tra questi ultimi nella mente del pubblico interessato. Infatti, com’è stato indicato supra, al punto 31, l’identità o la somiglianza dei marchi in conflitto è una condizione necessaria per l’applicazione sia del paragrafo 1, lettera b), che del paragrafo 5 dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009. Di conseguenza, tali disposizioni sono manifestamente inapplicabili quando il Tribunale esclude qualsiasi somiglianza dei marchi in conflitto (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2010, Calvin Klein Trademark Trust/UAMI, C‑254/09 P, Racc., EU:C:2010:488, punto 68). È soltanto nell’ipotesi in cui i marchi in conflitto presentino una certa somiglianza, ancorché tenue, che spetta al suddetto giudice procedere a una valutazione globale al fine di stabilire se, nonostante il tenue grado di somiglianza esistente tra tali marchi, la presenza di altri fattori pertinenti, quali la notorietà o la rinomanza del marchio anteriore, possa dar adito a un rischio di confusione o creare un nesso tra tali marchi nella mente del pubblico di riferimento (sentenza Ferrero/UAMI, punto 31 supra, EU:C:2011:177, punti 65 e 66).

34

Emerge chiaramente da tale giurisprudenza della Corte che l’esistenza di un’identità o di una somiglianza, seppur tenue, tra i marchi in conflitto costituisce una condizione cui è subordinata l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e non un semplice fattore per la valutazione della sussistenza di un nesso tra detti marchi ai sensi della disposizione de qua. Del resto, tale conclusione scaturisce direttamente dalla seguente formula, utilizzata in detto articolo: «se [il marchio richiesto] è identico o simile al marchio anteriore».

35

Pertanto, il Tribunale rileva che, se è vero che il grado di somiglianza tra i segni in conflitto rientra tra i fattori pertinenti ai fini della valutazione globale dell’esistenza di una connessione tra i segni in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (v. supra, punto 27), resta il fatto che la stessa esistenza di una somiglianza tra detti segni, a prescindere dal suo grado, costituisce una condizione per l’applicazione di detto articolo. Quindi, quest’ultimo può trovare applicazione soltanto in presenza di tale somiglianza, seppur tenue, purché essa sia conforme alla giurisprudenza citata supra, al punto 33.

36

Dunque la commissione di ricorso ha correttamente ritenuto di poter immediatamente concludere nel senso dell’inapplicabilità dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, senza esaminare i fattori giurisprudenziali pertinenti per accertare l’esistenza di una connessione tra detti marchi ai sensi della disposizione in parola, atteso che i marchi in conflitto non erano simili, bensì differenti.

37

Pertanto, la prima censura dev’essere respinta.

38

Con la seconda censura, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la commissione di ricorso ha commesso un errore concludendo nel senso dell’insussistenza di somiglianza tra i segni in conflitto, mentre aveva ammesso la sussistenza, perlomeno, di un certo grado di somiglianza tra essi, relativa all’analoga «coda» delle lettere «c» ed «m», e che, del resto, entrambi detti segni utilizzavano una calligrafia spencerian simile. In particolare, la commissione di ricorso, affermando, al punto 29 della decisione impugnata, che «tale elemento [ossia la calligrafia spencerian] di per sé, scisso dal contesto “Coca‑Cola”, non [era sufficiente] a creare un grado di somiglianza tra i segni», avrebbe erroneamente scisso la calligrafia spencerian dalle parole «coca‑cola» o «master», anziché esaminare le rappresentazioni dei marchi nella loro globalità.

39

L’UAMI e l’interveniente invocano la mancanza complessiva di somiglianza tra i segni in conflitto e la mancanza di connessione tra il marchio richiesto ed i marchi anteriori, cosicché l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 non sarebbe applicabile. Infatti, le differenze tra gli elementi denominativi «coca‑cola» e «master», addirittura la scrittura araba nel marchio richiesto, influenzerebbero la percezione dei consumatori di riferimento in misura nettamente maggiore rispetto agli elementi di somiglianza tra detti segni, specie la loro «coda». In particolare, dopo aver rilevato che, al punto 29 della decisione impugnata, «tale elemento di per sé» indica la «coda» e non «la scrittura spencerian», l’UAMI afferma che la commissione di ricorso non ha inteso scindere detta «coda» da un contesto «Coca‑Cola» nei marchi anteriori, ma ha evidenziato che l’unico elemento tangibile dei marchi anteriori riprodotto nel marchio richiesto era appunto tale «coda».

40

Secondo una costante giurisprudenza, due marchi sono simili quando, dal punto di vista del pubblico pertinente, esiste tra loro un’uguaglianza almeno parziale per quanto riguarda uno o più aspetti pertinenti, ossia gli aspetti visivi, fonetici e concettuali [v., in tal senso, sentenze del 23 ottobre 2002, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), T‑6/01, Racc., EU:T:2002:261, punto 30; del 31 gennaio 2012, Spar/UAMI – Spa Group Europe (SPA GROUP), T‑378/09, EU:T:2012:34, punto 27, e del 31 gennaio 2013, K2 Sports Europe/UAMI – Karhu Sport Iberica (SPORT), T‑54/12, EU:T:2013:50, punto 22 e giurisprudenza ivi citata].

41

La valutazione globale volta ad accertare la sussistenza del nesso tra i marchi di cui trattasi deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che il consumatore medio ha dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto nesso. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi [v., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2007, La Perla/UAMI – Worldgem Brands (NIMEI LA PERLA MODERN CLASSIC), T‑137/05, EU:T:2007:142, punto 35, e del 9 marzo 2012, Ella Valley Vineyards/UAMI – HFP (ELLA VALLEY VINEYARDS), T‑32/10, Racc., EU:T:2012:118, punto 38; v. altresì, per analogia, sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc., EU:C:2007:333, punto 35].

42

Nel caso di specie, si deve ritenere, in limine, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, che la commissione di ricorso, nell’ambito della sua valutazione, non abbia omesso di prendere in esame i marchi n. 3021086 e n. 2107118, ma li abbia implicitamente considerati all’interno del gruppo omogeneo dei quattro marchi comunitari figurativi anteriori contenenti ciascuno l’elemento «coca‑cola» in scrittura spencerian (v. supra, punto 6), concentrandosi, tra questi quattro marchi, su quello che le sembrava il più vicino al marchio richiesto, ossia il marchio n. 2117828. In ogni caso, il riferimento al marchio n. 2107118, visivamente più vicino a detta della ricorrente, non sarebbe stato tale da modificare in modo sostanziale la valutazione della commissione di ricorso.

43

Si deve poi rilevare che la ricorrente non contesta le valutazioni degli organi dell’UAMI secondo cui i segni in conflitto sono differenti dal punto di vista fonetico e concettuale e, durante l’udienza, ha confermato che la controversia verteva soltanto sulla somiglianza visiva di detti segni.

44

Pertanto, occorre concentrare il sindacato di legittimità della decisione impugnata sull’esame, innanzitutto, del confronto visivo tra i segni in conflitto, in secondo luogo, della valutazione globale della somiglianza tra gli stessi, tenendo conto delle loro differenze fonetiche e concettuali, in terzo ed ultimo luogo, delle conseguenze di detta valutazione sull’applicazione, nella fattispecie, dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

45

In primo luogo, per quanto concerne il confronto visivo tra i segni in conflitto, può essere approvata la constatazione fatta al punto 20 della decisione impugnata, secondo cui i segni anteriori sono composti dalle parole stilizzate «coca‑cola» o dalla lettera «c» stilizzata e il segno richiesto è composto dalla parola stilizzata «master», presentando un termine arabo sopra quest’ultima. A tal proposito, si deve tuttavia precisare che, nel marchio richiesto, detto elemento in lingua araba riveste un’importanza secondaria rispetto all’elemento dominante «master» [v., in tal senso, sentenza del 18 aprile 2007, House of Donuts/UAMI – Panrico (House of donuts), T‑333/04 e T‑334/04, EU:T:2007:105, punto 32], data la sua inintelligibilità per il consumatore di riferimento, membro ordinario del mercato di massa dell’Unione europea (v. supra, punto 14).

46

Certamente si deve osservare, come l’UAMI e l’interveniente, che i segni in conflitto presentano evidenti differenze visive relative al numero e all’iniziale degli elementi denominativi, all’assenza di una lettera comune che occupi la stessa posizione all’interno di essi nonché, in misura minore, alla forma degli elementi figurativi.

47

Tuttavia, si deve rilevare che i segni in conflitto presentano altresì elementi di somiglianza visiva.

48

Innanzitutto, come ha osservato la commissione di ricorso al punto 20 della decisione impugnata dopo aver correttamente constatato la mancanza di coincidenza testuale tra gli elementi denominativi «coca‑cola» o «c» e «master», è pacifico che ciascun segno in conflitto presenta una «coda» che prolunga le rispettive lettere iniziali, «c» ed «m», in una curvatura che evoca una firma con uno svolazzo.

49

A tal proposito, la commissione di ricorso ha certamente operato in modo corretto richiamando, al punto 20 della decisione impugnata, la giurisprudenza secondo cui, quando un marchio è composto di elementi denominativi e figurativi, i primi dovrebbero, in linea di principio, essere considerati come maggiormente distintivi rispetto ai secondi, poiché il consumatore medio farà più facilmente riferimento ai prodotti in questione citando il nome del marchio che descrivendo l’elemento figurativo dello stesso [sentenza del 14 luglio 2005, Wassen International/UAMI – Stroschein Gesundkost (SELENIUM‑ACE), T‑312/03, Racc., EU:T:2005:289, punto 37].

50

Tuttavia, va ricordato che tale principio subisce eccezioni a seconda delle circostanze. Quindi, riguardo a prodotti alimentari delle classi 29 e 30, è stato dichiarato che essi sono normalmente acquistati in supermercati o in stabilimenti analoghi e, dunque, sono scelti direttamente dal consumatore su uno scaffale, anziché chiesti oralmente. Allo stesso modo, in tali stabilimenti il consumatore impiega poco tempo tra i successivi acquisti e, spesso, non procede ad una lettura di tutte le indicazioni riportate sui differenti prodotti, ma si lascia piuttosto guidare dal complessivo impatto visivo prodotto dalle loro etichette o dai loro imballaggi. In tale contesto, per la valutazione dell’esistenza di un eventuale rischio di confusione o di una connessione tra i segni in questione, l’esito dell’analisi della somiglianza visiva diviene più importante dell’esito dell’analisi della somiglianza fonetica e concettuale. Inoltre, nell’ambito di tale valutazione, gli elementi figurativi di un marchio svolgono un ruolo più importante rispetto ai suoi elementi denominativi nella percezione del consumatore interessato [v., in tal senso, sentenze del 12 settembre 2007, Koipe/UAMI – Aceites del Sur (La Española), T‑363/04, Racc., EU:T:2007:264, punto 109, e del 2 dicembre 2008, Ebro Puleva/UAMI – Berenguel (BRILLO’S), T‑275/07, EU:T:2008:545, punto 24].

51

Nel caso di specie, trattandosi di prodotti alimentari delle classi 29, 30 e 32 e, in particolare, di bevande analcoliche, tenuto conto delle eccezioni giurisprudenziali al principio richiamato dalla commissione di ricorso, si deve ritenere che, nella complessiva percezione visiva del consumatore interessato, gli elementi figurativi dei marchi in conflitto svolgano un ruolo perlomeno altrettanto importante di quello svolto dai loro elementi denominativi.

52

Ne consegue che, per la valutazione dell’esistenza di una somiglianza e del grado di somiglianza tra i segni in conflitto, la presenza di un elemento figurativo comune consistente in una «coda» che prolunga le loro rispettive lettere iniziali, «c» ed «m», in una curvatura che evoca una firma con uno svolazzo ha, perlomeno, un’importanza pari a quella della constatazione della mancanza di coincidenza testuale tra i loro elementi denominativi.

53

In secondo luogo, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 21 della decisione impugnata, la ricorrente sostiene che la somiglianza tra i segni in conflitto, almeno per quanto concerne i quattro marchi comunitari figurativi anteriori Coca‑Cola e il marchio richiesto Master, deriva in particolare dalla loro rappresentazione speciale e distintiva nello stesso carattere tipografico, «la scrittura spencerian».

54

A tal proposito, la commissione di ricorso ha ricordato, indubbiamente in modo corretto, al punto 22 della decisione impugnata, che la notorietà di un marchio anteriore o il suo particolare carattere distintivo devono essere presi in considerazione nell’ambito della valutazione del rischio di confusione e non nell’ambito della valutazione della somiglianza dei marchi in conflitto, che costituisce una valutazione preliminare a quella del rischio di confusione [v., in tal senso, sentenza del 19 maggio 2010, Ravensburger/UAMI – Educa Borras (EDUCA Memory game), T‑243/08, EU:T:2010:210, punto 27 e giurisprudenza ivi citata].

55

Tuttavia, si deve ritenere che tale giurisprudenza non possa essere sufficiente, nel caso di specie, per respingere detto argomento della ricorrente. Infatti, se si prescinde dal particolare carattere distintivo della scrittura spencerian, con le sue curvature e altri eleganti ornamenti, resta il fatto che l’utilizzo, da parte dei segni in conflitto, di uno stesso carattere tipografico, per di più poco comune nella prassi commerciale contemporanea, costituisce un elemento pertinente per la valutazione dell’esistenza di una somiglianza visiva tra gli stessi.

56

In un altro caso, il Tribunale ha quindi dichiarato che elementi denominativi differenti presentavano nondimeno una certa somiglianza sul piano visivo, posto che si trattava di due brevi parole scritte in un carattere tipografico somigliante alla scrittura infantile, e ha concluso che, nonostante significative differenze visive tra i marchi in conflitto, non poteva essere negata l’esistenza di un tenue grado di somiglianza sul piano visivo tra tali marchi [v., in tal senso, sentenza Comercial Losan/UAMI – McDonald’s International Property (Mc. Baby), T‑466/09, EU:T:2012:346, punti 33 e 35].

57

Nel caso di specie, è giocoforza constatare che i segni in conflitto, se percepiti – conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 41 – nel loro insieme e non secondo un esame analitico dei loro elementi denominativi o figurativi, presentano, nonostante le loro differenze, una certa somiglianza sul piano visivo dovuta al comune utilizzo di un carattere tipografico poco usuale nella prassi commerciale contemporanea, ossia la scrittura spencerian.

58

Orbene, la commissione di ricorso, nell’ambito della propria valutazione del rischio di confusione – e non nell’ambito della valutazione della somiglianza dei segni – al punto 29 della decisione impugnata, ha affermato che «nel segno del[la ricorrente] non vi [era] nulla di tangibile che [fosse] riprodotto nel segno del[l’interveniente] eccetto l’elemento della “coda” che part[iva] dalla base della lettera [“c”] nel segno de[la ricorrente] e della lettera [“m”] in quello del[l’interveniente]». Tuttavia, «tale elemento di per sé, scisso da un contesto “COCA‑COLA”, non [era sufficiente] a creare un grado di somiglianza tra i segni» e «[g]li elementi di prova non dimostra[vano] che i consumatori si concentr[assero] su tale dettaglio quando [era] scisso dal contesto principale “COCA‑COLA”».

59

A tal proposito, va condivisa l’affermazione della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe così erroneamente scisso la calligrafia spencerian dalle parole «coca‑cola» o «master», anziché valutare le rappresentazioni dei marchi nella loro globalità. Infatti, se è vero che si deve certamente rilevare, come l’UAMI, che dalla struttura del citato punto 29 della decisione impugnata risulta che «tale elemento di per sé» indica la «coda» e non «la scrittura spencerian», resta il fatto che la commissione di ricorso, nella misura in cui ha concentrato la propria analisi della somiglianza dei segni sull’elemento «coda» scindendo quest’ultimo dal contesto legato al termine «coca‑cola» nei marchi anteriori, ha omesso di svolgere una valutazione globale dei segni in conflitto in quanto entrambi sono scritti con la calligrafia spencerian e, pertanto, ha omesso di accertare effettivamente tale elemento di somiglianza visiva tra questi ultimi.

60

La commissione di ricorso, nell’ambito della propria valutazione relativa al rischio di confusione – e non nell’ambito della valutazione della somiglianza dei segni – ai punti 27 e 29 della decisione impugnata, ha altresì affermato che la ricorrente «non [era] titolare della scrittura [spencerian]» e che «[l]a scrittura spen[c]erian, come qualsiasi altra scrittura, p[oteva] essere utilizzata liberamente da tutti».

61

Supponendo che la commissione di ricorso abbia ritenuto tali considerazioni pertinenti per concludere nel senso della mancanza di somiglianza tra i segni, si dovrebbe condividere l’affermazione della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe così commesso un errore. Infatti, simili considerazioni possono essere pertinenti soltanto ai fini dell’analisi globale di un rischio di confusione o di una connessione nella mente del consumatore interessato ai sensi del paragrafo 1, lettera b), o del paragrafo 5 dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009, ma non ai fini dell’analisi oggettiva della somiglianza tra i segni. Pertanto, si deve ritenere che l’interesse pubblico a che la scrittura spencerian, come qualsiasi altro carattere tipografico, sia utilizzabile liberamente da tutti non possa, di per sé, ostare alla deduzione della scrittura spencerian quale elemento di somiglianza tra i segni in conflitto nella percezione del consumatore di riferimento.

62

Va rilevato, del resto, che qualsiasi tentativo di monopolizzazione di uno specifico carattere tipografico da parte di un operatore sul mercato contrasta con le condizioni restrittive degli impedimenti relativi alla registrazione di cui ai paragrafi 1, lettera b), e 5, dell’articolo 8 del regolamento n. 207/2009, quali la sussistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto o la sussistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi (v. supra, punto 25).

63

A tal proposito, va condivisa l’affermazione della ricorrente secondo cui essa non tenta di monopolizzare la calligrafia spencerian per tutti i prodotti o servizi, ma, a causa della somiglianza tra le calligrafie e di altri elementi di presentazione dei marchi in conflitto, tra cui la lunga «coda» sotto le loro lettere «c» ed «m», i consumatori stabiliranno un nesso o una connessione tra i marchi di cui trattasi quando saranno utilizzati per commercializzare i prodotti designati dal marchio richiesto e, segnatamente, bevande analcoliche come le bevande a base di cola. Dunque, l’interveniente incorre in errore quando sostiene che una decisione che riconosca l’esistenza di una somiglianza o di un nesso tra i marchi posti a confronto non solo farebbe sì che la ricorrente si arroghi il monopolio dello sfruttamento di tale scrittura, impedendo quindi a qualsiasi altro operatore di utilizzarla per l’etichettatura delle proprie bevande analcoliche e di altri prodotti o servizi, ma sarebbe inoltre atta ad aprire la strada ad altri titolari di marchi notori, consentendo loro di monopolizzare altri tipi di scritture.

64

Dalle precedenti considerazioni risulta che i segni in conflitto presentano, oltre ad evidenti differenze visive, elementi di somiglianza visiva relativi non soltanto alla «coda» che prolunga le loro rispettive lettere iniziali, «c» ed «m», in una curvatura che evoca una firma con uno svolazzo, ma altresì al comune utilizzo di un carattere tipografico poco comune nella prassi commerciale contemporanea: la scrittura spencerian, percepita nella sua globalità dal consumatore di riferimento.

65

Da una valutazione globale di tali elementi di somiglianza e di diversità visiva risulta che i segni in conflitto, perlomeno i quattro marchi comunitari figurativi anteriori Coca‑Cola e il marchio richiesto Master, presentano un tenue grado di somiglianza visiva, posto che le loro differenze di dettaglio sono parzialmente controbilanciate dalle loro somiglianze complessive. Per contro, il marchio britannico anteriore C, considerata in particolare la sua brevità, è visivamente differente dal marchio richiesto Master.

66

In secondo luogo, per quanto attiene alla valutazione globale della somiglianza dei segni in conflitto, occorre verificare se le differenze fonetiche e concettuali tra detti segni, non contestate dalla ricorrente, siano tali da escludere qualsiasi somiglianza tra gli stessi o, piuttosto, siano neutralizzate dal tenue grado di somiglianza visiva tra tali segni.

67

Secondo la giurisprudenza, al fine di valutare il grado di somiglianza esistente tra i marchi in questione, occorre determinarne il grado di somiglianza visiva, fonetica e concettuale nonché, eventualmente, valutare la rilevanza che occorre attribuire a questi diversi elementi, tenendo conto della categoria dei prodotti o servizi in questione e delle condizioni in cui essi sono messi in commercio, nell’ambito di una valutazione globale (sentenza Ferrero/UAMI, punto 31 supra, EU:C:2011:177, punti 85 e 86; v. altresì, per analogia, sentenza UAMI/Shaker, punto 41 supra, EU:C:2007:333, punto 36).

68

A tal proposito, occorre ricordare che gli aspetti visivo, fonetico o concettuale dei segni in conflitto non hanno sempre lo stesso valore. L’importanza degli elementi di somiglianza o di diversità tra segni può dipendere, in particolare, dalle caratteristiche intrinseche degli stessi o dalle condizioni di commercializzazione dei prodotti o servizi contrassegnati dai marchi in conflitto. Ove i prodotti contrassegnati dai marchi in questione siano, di norma, venduti in negozi self‑service, in cui è lo stesso consumatore a scegliere il prodotto, facendo quindi affidamento principalmente sull’immagine del marchio apposto su di esso, una somiglianza visiva tra i segni avrà, in linea generale, maggiore rilevanza. Se, invece, il prodotto considerato viene per lo più offerto in vendita oralmente, verrà normalmente attribuito più valore ad una somiglianza fonetica tra i segni. Quindi, il grado di somiglianza fonetica tra due marchi ha un’importanza ridotta nel caso di prodotti che vengano commercializzati in modo tale che, abitualmente, il pubblico di riferimento, al momento dell’acquisto, percepisce in modo visivo il marchio che li designa [sentenza del 21 febbraio 2013, Esge/UAMI – De’Longhi Benelux (KMIX), T‑444/10, EU:T:2013:89, punti 36 e 37 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenze La Española, punto 50 supra, EU:T:2007:264, punto 109, e BRILLO’S, punto 50 supra, EU:T:2008:545, punto 24].

69

Nel caso di specie, trattandosi di prodotti delle classi 29, 30 e 32 normalmente venduti in negozi self‑service, gli elementi di somiglianza e di diversità visive tra i segni in conflitto risultano quindi avere maggiore importanza rispetto agli elementi di somiglianza e di diversità fonetiche e concettuali tra detti segni.

70

Da una valutazione globale di detti elementi di somiglianza e di diversità emerge che i segni in conflitto, perlomeno i quattro marchi comunitari figurativi anteriori Coca‑Cola e il marchio richiesto Master, presentano un tenue grado di somiglianza, atteso che le loro differenze fonetiche e concettuali, nonostante gli elementi di diversità visiva, sono neutralizzate dagli elementi di somiglianza visuale complessiva, aventi maggiore importanza. Per contro, il marchio britannico anteriore C, considerata in particolare la sua brevità, è differente dal marchio richiesto Master.

71

Del resto, tale valutazione globale è conforme alla giurisprudenza secondo cui marchi contenenti differenze al contempo sui piani visivo, fonetico e concettuale presentavano tuttavia, secondo una valutazione complessiva, un grado di somiglianza tenue o assai tenue [v., in tal senso, sentenze del 23 settembre 2009, Arcandor/UAMI – dm drogerie markt (S‑HE), T‑391/06, EU:T:2009:348, punto 54, e SPA GROUP, punto 40 supra, EU:T:2012:34, punto 54].

72

In terzo ed ultimo luogo, occorre precisare le conseguenze di detta valutazione globale di somiglianza sull’applicazione, nella fattispecie, dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

73

Dalla giurisprudenza citata supra, ai punti 26, 27 e da 31 a 33, risulta che l’esistenza di una somiglianza, ancorché tenue, tra i segni in conflitto costituisce una condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e che il grado di tale somiglianza rappresenta un fattore rilevante ai fini della valutazione di un nesso tra detti segni.

74

Nel caso di specie, la valutazione globale volta ad accertare l’esistenza nella mente del pubblico di riferimento di una connessione tra i marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 porta alla conclusione che, considerato il grado di somiglianza, seppur tenue, tra tali marchi, esiste il rischio che detto pubblico possa stabilire una simile connessione. Infatti, anche qualora i segni in conflitto abbiano una somiglianza tenue, non è escluso che il pubblico di riferimento instauri una connessione tra essi e, anche in assenza di un rischio di confusione, sia indotto a trasferire l’immagine e i valori dei marchi anteriori sui prodotti contrassegnati dal marchio richiesto (v., in tal senso, sentenza BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 71). Quindi, contrariamente a quanto affermato dalla commissione di ricorso al punto 33 della decisione impugnata, i segni in conflitto presentano un grado di somiglianza sufficiente – secondo la giurisprudenza citata supra al punto 32 – affinché il pubblico di riferimento associ il marchio richiesto e i marchi comunitari anteriori, vale a dire stabilisca un nesso ai sensi dell’articolo in parola.

75

Ne deriva che la commissione di ricorso avrebbe dovuto esaminare le altre condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (v. supra, punto 25). Orbene, quest’ultima, pur avendo concluso nel senso dell’esistenza di un’elevata notorietà dei marchi anteriori fatti valere in opposizione, non si è pronunciata riguardo all’esistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori o rechi pregiudizio agli stessi. Poiché la commissione di ricorso non ha esaminato tale questione, non spetta al Tribunale pronunciarsi in proposito, per la prima volta, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione impugnata [v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, Racc., EU:C:2011:452, punti 72 e 73; del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, Racc., EU:T:2011:739, punto 63, e BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 75 e giurisprudenza ivi citata].

76

Spetterà dunque alla commissione di ricorso esaminare dette condizioni di applicazione tenendo conto del grado di somiglianza tra i segni in conflitto, certamente tenue, ma nondimeno sufficiente affinché il pubblico di riferimento associ il marchio richiesto e i marchi comunitari anteriori, vale a dire stabilisca un nesso tra loro ai sensi dell’articolo de quo.

77

Pertanto, la seconda censura dev’essere respinta.

78

Di conseguenza, la prima parte del motivo unico va accolta in quanto fondata.

79

Ad abundantiam, il Tribunale ritiene opportuno esaminare la seconda parte del motivo unico, al fine di dirimere la presente controversia per quanto attiene agli elementi di prova che devono essere presi in considerazione in sede di esame delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

Sulla seconda parte

80

Nella seconda parte del proprio motivo unico, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha commesso un errore rifiutando di prendere in considerazione, nell’ambito della sua interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, gli elementi di prova relativi alle modalità con cui in pratica l’interveniente commercializza i propri prodotti e da cui si può presumere che essa intenda utilizzare il marchio richiesto, ossia su un prodotto che imita l’immagine dei marchi anteriori e i riferimenti visivi delle bevande della ricorrente. A tal proposito, la ricorrente sostiene che la valutazione dell’indebito vantaggio, secondo la giurisprudenza relativa all’articolo in parola, non si limita al marchio richiesto, ma deve basarsi su tutte le circostanze del caso di specie, segnatamente sugli indici delle intenzioni dell’interveniente.

81

L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente. In particolare, l’interveniente sostiene che gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente relativi all’uso commerciale del marchio richiesto sono privi di rilevanza nel caso di specie e sono stati correttamente esclusi dalla commissione di ricorso, atteso che una valutazione a norma dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 deve prendere in considerazione soltanto il marchio di cui è chiesta la registrazione.

82

In via preliminare, va ricordato che il vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo del marchio anteriore o dalla sua notorietà è dimostrato in particolare in caso di tentativo di sfruttare chiaramente un marchio famoso in modo parassitario (sentenze SPA‑FINDERS, punto 25 supra, EU:T:2005:179, punto 51; nasdaq, punto 26 supra, EU:T:2007:131, punto 55, e BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 63) e che vi si fa, quindi, riferimento mediante la nozione di «rischio di parassitismo». In altri termini, si tratta del rischio che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, in modo che la commercializzazione di questi ultimi sia facilitata da tale associazione con il marchio anteriore notorio [sentenze VIPS, punto 25 supra, EU:T:2007:93, punto 40, e del 22 maggio 2012, Environmental Manufacturing/UAMI – Wolf (Rappresentazione di una testa di lupo), T‑570/10, Racc., EU:T:2012:250, punto 27].

83

Il rischio di parassitismo si distingue, da un lato, dal «rischio di diluizione» – nozione secondo cui il pregiudizio arrecato al carattere distintivo del marchio anteriore è normalmente dimostrato allorché l’uso del marchio oggetto della domanda di registrazione farebbe sì che il marchio anteriore non risulti più in grado di suscitare un’immediata associazione con i prodotti per i quali è stato registrato ed utilizzato – e, dall’altro, dal «rischio di annacquamento», nozione secondo cui il pregiudizio arrecato alla notorietà del marchio anteriore è normalmente dimostrato allorché i prodotti per i quali è chiesta la registrazione del marchio influiscono sulla percezione del pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio anteriore ne risulta compromesso (v., in tal senso, sentenze SPA‑FINDERS, punto 25 supra, EU:T:2005:179, punti 43 e 46; nasdaq, punto 26 supra, EU:T:2007:131, punto 55, e BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 63).

84

Secondo una costante giurisprudenza, si può pervenire a concludere nel senso di un rischio di parassitismo, come anche nel senso di un rischio di diluizione o di annacquamento, segnatamente in base a deduzioni logiche risultanti da una disamina delle probabilità – a condizione che non si limitino a mere supposizioni – e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze del caso di specie [v., in tal senso, sentenze nasdaq, punto 26 supra, EU:T:2007:131, punto 54; BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 62, e Rappresentazione di una testa di lupo, punto 82 supra, EU:T:2012:250, punto 52, confermata, su tale punto, dalla sentenza del 14 novembre 2013, Environmental Manufacturing/UAMI, C‑383/12 P, Racc., EU:C:2013:741, punto 43].

85

In particolare, la Corte ha dichiarato che, nell’ambito della valutazione globale volta a stabilire l’esistenza di un vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di un marchio anteriore, era necessario tenere conto, in particolare, del fatto che l’utilizzo di scatole e di flaconi simili a quelli dei profumi imitati era diretto a sfruttare, a scopi pubblicitari, il carattere distintivo e la notorietà dei marchi con cui detti profumi erano commercializzati. La Corte ha altresì precisato che, quando un terzo tenta, con l’uso di un segno simile ad un marchio notorio, di porsi nel solco tracciato da quest’ultimo, al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, così come di sfruttare, senza qualsivoglia corrispettivo economico e senza dover operare sforzi propri a tale scopo, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine di detto marchio, si deve considerare il vantaggio derivante da siffatto uso come indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio in parola (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, Racc., EU:C:2009:378, punti 48 e 49).

86

Nel caso di specie, è pacifico che, nel corso del procedimento di opposizione, la ricorrente ha prodotto elementi di prova relativi all’uso commerciale da parte dell’interveniente del marchio oggetto della domanda di registrazione. Tali elementi includevano una testimonianza della sig.ra L. Ritchie, consulente della ricorrente, datata 23 febbraio 2011, alla quale quest’ultima allegava catture di schermate stampate il 16 febbraio 2011 e tratte dal sito Internet dell’interveniente (www.mastercola.com). Tali catture di schermate erano volte a dimostrare che l’interveniente utilizzava in ambito commerciale il marchio richiesto in particolare nella forma seguente:

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87

La commissione di ricorso, al punto 34 della decisione impugnata, ha affermato che, qualora dovesse risultare, in base a tali elementi di prova, che l’interveniente aveva «deliberatamente adottato una presentazione, un’immagine, una stilizzazione, un carattere tipografico e un confezionamento» uguali a quelli adottati dalla ricorrente, quest’ultima «potrebbe allora ragionevolmente sostenere che [l’interveniente] aveva intenzione di trarre indebito vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori». Tuttavia, «non potrebbe farlo nel contesto delle specifiche disposizioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del [regolamento n. 207/2009], nell’ambito del quale deve essere preso in considerazione soltanto il marchio de[ll’interveniente] di cui è chiesta la registrazione».

88

È giocoforza constatare che tale valutazione della commissione di ricorso si scosta dalla giurisprudenza citata supra, ai punti da 82 a 85, secondo cui, in sostanza, si può pervenire a concludere nel senso di un rischio di parassitismo a norma dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 segnatamente in base a deduzioni logiche risultanti da una disamina delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze del caso di specie, incluso l’uso, da parte del titolare del marchio richiesto, di imballaggi simili a quelli dei prodotti del titolare dei marchi anteriori. Tale giurisprudenza, quindi, non limita affatto al solo marchio richiesto gli elementi rilevanti da prendere in considerazione ai fini dell’accertamento del rischio di parassitismo – ossia del rischio che dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori sia tratto un indebito vantaggio – ma consente altresì di prendere in considerazione tutti gli elementi di prova destinati ad effettuare detta disamina delle probabilità per quanto concerne le intenzioni del titolare del marchio richiesto e, a fortiori, gli elementi di prova relativi all’effettivo uso commerciale del marchio richiesto.

89

Orbene, gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, come prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento di opposizione, costituiscono manifestamente elementi pertinenti ai fini dell’accertamento di un simile rischio di parassitismo nel caso di specie.

90

Pertanto, si deve concludere che la commissione di ricorso ha commesso un errore escludendo tali elementi di prova in sede di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

91

Tale conclusione non può essere invalidata dall’affermazione dell’UAMI secondo cui la ricorrente potrebbe dedurre detti elementi di prova nell’ambito di un’azione per contraffazione in base all’articolo 9, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 207/2009. Infatti, una simile affermazione contrasta con l’economia del regolamento in parola e con la ratio del procedimento di opposizione istituito all’articolo 8 del medesimo, consistente nel garantire, per ragioni di certezza del diritto e di buona amministrazione, che i marchi il cui uso potrebbe, a posteriori, venir contestato validamente in sede giudiziaria non vengano registrati in precedenza (v., in tal senso, sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc., EU:C:1998:442, punto 21; del 6 maggio 2003, Libertel, C‑104/01, Racc., EU:C:2003:244, punto 59, e del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, Racc., EU:C:2007:162, punto 48).

92

Tuttavia, come è stato rilevato supra, al punto 75, poiché la commissione di ricorso non ha esaminato la questione dell’eventuale vantaggio indebito che sarebbe tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori, non spetta al Tribunale pronunciarsi in proposito, per la prima volta, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione impugnata [v., in tal senso, sentenze Edwin/UAMI, punto 75 supra, EU:C:2011:452, punti 72 e 73; VÖLKL, punto 75 supra, EU:T:2011:739, punto 63, e BEATLE, punto 25 supra, EU:T:2012:177, punto 75 e giurisprudenza ivi citata].

93

Spetterà dunque alla commissione di ricorso, in sede di esame delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (v. supra, punto 76), prendere in considerazione gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, come prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento di opposizione.

94

Di conseguenza, la seconda parte del motivo unico va accolta in quanto fondata.

95

Alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, la decisione impugnata dev’essere annullata, in base alla prima parte nonché, ad abundantiam, alla seconda parte del motivo unico.

Sulle spese

96

Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

97

Poiché l’UAMI e l’interveniente sono rimaste soccombenti, da un lato, l’UAMI va condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, e, dall’altro, occorre decidere che l’interveniente sopporterà le proprie spese.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 29 agosto 2012 (procedimento R 2156/2011‑2) è annullata.

 

2)

L’UAMI sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla The Coca‑Cola Company.

 

3)

La Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico) sopporterà le proprie spese.

 

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 dicembre 2014.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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