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Documento 62005TJ0308

    Sentenza del Tribunale di primo grado (Seconda Sezione) del 12 dicembre 2007.
    Repubblica italiana contro Commissione delle Comunità europee.
    Fondi strutturali - Cofinanziamento - Regolamenti (CE) nn. 1260/1999 e 448/2004 - Requisiti di ammissibilità degli acconti erogati da organismi nazionali nell’ambito di regimi di aiuti di Stato o relativamente alla concessione di aiuti - Prova dell’utilizzo dei fondi da parte dei destinatari ultimi - Ricorso di annullamento - Atto impugnabile.
    Causa T-308/05.

    Raccolta della Giurisprudenza 2007 II-05089

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:T:2007:382

    SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

    12 dicembre 2007 ( *1 )

    «Fondi strutturali — Cofinanziamento — Regolamenti (CE) nn. 1260/1999 e 448/2004 — Requisiti di ammissibilità degli acconti erogati da organismi nazionali nell’ambito di regimi di aiuti di Stato o relativamente alla concessione di aiuti — Prova dell’utilizzo dei fondi da parte dei destinatari ultimi — Ricorso di annullamento — Atto impugnabile»

    Nella causa T-308/05,

    Repubblica italiana, rappresentata inizialmente dal sig. A. Cingolo, successivamente dal sig. P. Gentili, avvocati dello Stato,

    ricorrente,

    contro

    Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. L. Flynn e dalla sig.ra M. Velardo, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. G. Faedo,

    convenuta,

    avente ad oggetto una domanda di annullamento delle decisioni asseritamente contenute nelle lettere della Commissione del 7 giugno 2005, n. 5272, dell’8 giugno 2005, n. 5453, del 17 giugno 2005, nn. 5726 e 5728, e del 23 giugno 2005, n. 5952,

    IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

    composto dal sig. A.W.H. Meij, facente funzione di presidente, dal sig. N.J. Forwood e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

    cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 25 aprile 2007,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    Contesto normativo

    1

    A norma dell’art. 159 CE, la Comunità europea appoggia la realizzazione degli obiettivi di coesione economica e sociale, tra cui lo sviluppo regionale, con l’azione che essa svolge attraverso fondi a finalità strutturale (Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione «orientamento», Fondo sociale europeo e Fondo europeo di sviluppo regionale; in prosieguo: i «fondi strutturali» o i «fondi»).

    2

    Ai sensi dell’art. 161 CE, il Consiglio definisce in particolare i compiti, gli obiettivi prioritari e l’organizzazione dei fondi strutturali nonché le norme generali applicabili a tali fondi.

    3

    Sulla base di quest’ultima disposizione, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui fondi strutturali (GU L 161, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento generale»), che disciplina gli obiettivi, l’organizzazione, il funzionamento e l’applicazione dei fondi strutturali nonché il ruolo e le competenze della Commissione e degli Stati membri in materia.

    Disposizioni relative all’ammissibilità delle spese alla partecipazione dei fondi

    4

    L’art. 30 del regolamento generale precisa i requisiti per l’«ammissione» delle spese alla partecipazione finanziaria dei fondi. Ai sensi del suo n. 3, le «norme nazionali pertinenti si applicano alle spese ammissibili a meno che, ove necessario, la Commissione decida norme comuni di ammissibilità delle spese secondo la procedura di cui all’articolo 53, paragrafo 2».

    5

    In applicazione degli artt. 30, n. 3, e 53, n. 2, del regolamento generale, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) 28 luglio 2000, n. 1685, recante disposizioni di applicazione del regolamento generale per quanto riguarda l’ammissibilità delle spese concernenti le operazioni cofinanziate dai fondi strutturali (GU L 193, pag. 39). Tale regolamento è entrato in vigore il 5 agosto 2000 ed è stato successivamente modificato, con effetto a decorrere dalla data della sua entrata in vigore per quanto concerne le disposizioni rilevanti nella presente controversia, dal regolamento (CE) della Commissione 27 giugno 2003, n. 1145 (GU L 160, pag. 48). Successivamente, la Commissione ha adottato il regolamento (CE) 10 marzo 2004, n. 448 (GU L 72, pag. 66), che abroga il regolamento n. 1145/2003 e modifica l’allegato del regolamento n. 1685/2000, sostituendolo con il testo contenuto nell’allegato di questo (in prosieguo: l’«allegato del regolamento n. 448/2004»). Il regolamento n. 448/2004 è entrato in vigore l’11 marzo 2004. Ai sensi del suo art. 3, esso si applica retroattivamente a decorrere dal 5 luglio 2003, data di entrata in vigore del regolamento n. 1145/2003, fatta eccezione, segnatamente, per i punti 1.3, 2.1, 2.2 e 2.3 di cui alla norma n. 1 del suo allegato, che si applicano a decorrere dal 5 agosto 2000, data di entrata in vigore del regolamento n. 1685/2000.

    6

    La norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004, dedicata alle «[s]pese effettivamente sostenute», precisa ciò che dev’essere inteso per «pagamenti effettuati dai beneficiari finali». Secondo il punto 1.2 quest’ultima:

    «Nel caso dei regimi di aiuto ai sensi dell’articolo 87 del Trattato e dell’aiuto concesso da organismi designati dagli Stati membri, per “pagamenti effettuati dai beneficiari finali” si intendono finanziamenti versati ai singoli destinatari ultimi dagli organismi che concedono l’aiuto. I pagamenti dell’aiuto effettuati dai beneficiari finali devono essere giustificati con riferimento alle condizioni e agli obiettivi dell’aiuto».

    7

    Ai sensi del punto 1.4 di questa stessa norma:

    «Nei casi diversi da quelli indicati al punto 1.2, per “pagamenti effettuati dai beneficiari finali” si intendono i pagamenti effettuati dagli organismi o dalle imprese pubbliche o private del tipo definito nel complemento di programmazione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, lettera b), del regolamento generale, direttamente responsabili dell’attuazione dell’operazione specifica».

    8

    La norma n. 1 precisa, peraltro, le modalità di «[p]rova della spesa». Ai sensi del suo punto 2.1:

    «In linea generale, i pagamenti effettuati dai beneficiari finali, a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo, devono essere comprovati da fatture quietanzate. Ove ciò non risulti possibile, tali pagamenti devono essere comprovati da documenti contabili aventi forza probatoria equivalente».

    9

    Il punto 2.3 della norma n. 1 così dispone:

    «Inoltre, ove le operazioni siano eseguite nell’ambito di appalti pubblici, i pagamenti effettuati dai beneficiari finali a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo devono essere comprovati da fatture quietanzate rilasciate secondo le disposizioni dei contratti sottoscritti. In tutti gli altri casi, inclusa la concessione di sovvenzioni pubbliche, i pagamenti eseguiti dai beneficiari finali, a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo, devono essere comprovati mediante le spese effettivamente sostenute (incluse le spese di cui al punto 1.5) [ossia gli ammortamenti, i contributi in natura e le spese generali] dagli organismi o dalle imprese pubbliche o private implicate nell’esecuzione dell’operazione».

    Disposizioni in tema di pagamento della partecipazione dei fondi

    10

    L’art. 32 del regolamento generale disciplina i «pagamenti» della partecipazione dei fondi. Ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo e quarto comma:

    «Il pagamento può assumere la forma di acconti, di pagamenti intermedi o di pagamenti del saldo. I pagamenti intermedi e i pagamenti del saldo si riferiscono alle spese effettivamente sostenute, che devono corrispondere a pagamenti effettuati dai beneficiari finali e giustificati da fatture quietanzate o da documenti contabili di valore probatorio equivalente.

    In funzione delle disponibilità finanziarie, la Commissione esegue i pagamenti intermedi entro un termine non superiore a due mesi, a decorrere dal ricevimento di una domanda ammissibile (…)».

    11

    Secondo l’art. 32, n. 2, del regolamento generale:

    «All’atto del primo impegno, la Commissione versa un acconto all’autorità di pagamento. L’acconto è pari al 7% della partecipazione dei Fondi all’intervento in questione (…)».

    12

    L’art. 32, n. 3, del regolamento generale dispone in particolare quanto segue:

    «I pagamenti intermedi sono effettuati da parte della Commissione per rimborsare le spese effettivamente sostenute a titolo dei Fondi e certificate dall’autorità di pagamento (…). Essi devono rispettare [talune] condizioni (…). Se una delle condizioni non è rispettata e la domanda di pagamento non è pertanto ammissibile, lo Stato membro e l’autorità di pagamento ne sono informati senza indugio dalla Commissione e adottano le disposizioni necessarie per porre rimedio alla situazione».

    13

    Ai sensi dell’art. 32, n. 4, del regolamento generale:

    «Il pagamento del saldo dell’intervento viene eseguito in presenza delle seguenti condizioni:

    a)

    se l’autorità di pagamento ha presentato alla Commissione, entro sei mesi dal termine fissato per il pagamento nella decisione relativa alla partecipazione dei fondi, una dichiarazione certificata delle spese effettivamente pagate;

    (…)».

    Disposizioni relative alla certificazione delle spese

    14

    In applicazione dell’art. 53, n. 2 del regolamento generale e al fine di armonizzare i requisiti relativi alla certificazione delle spese imputabili a pagamenti di fondi effettuati a titolo di pagamenti intermedi o di pagamenti del saldo, la Commissione ha adottato, nell’ambito del regolamento (CE) della Commissione 2 marzo 2001, n. 438, recante modalità di applicazione del regolamento generale per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo dei contributi concessi nell’ambito dei fondi strutturali (GU L 63, pag. 21), talune norme che precisano il contenuto delle certificazioni delle dichiarazioni di spese intermedie e finali e specificano la natura e la qualità delle informazioni su cui esse si fondano.

    Disposizioni in tema di controllo finanziario

    15

    Il controllo finanziario è disciplinato dagli artt. 38 e 39 del regolamento generale, nonché dalle relative disposizioni di applicazione contenute nel regolamento n. 438/2001.

    16

    L’art. 38, n. 1, del regolamento generale prevede che, nell’ambito del controllo finanziario di cui essi assumono la responsabilità primaria, gli Stati membri «collaborano con la Commissione per assicurare che i fondi comunitari siano utilizzati conformemente a principi di sana gestione finanziaria».

    17

    Nell’ambito delle disposizioni relative ai «sistemi di gestione e di controllo», l’art. 7 del regolamento n. 438/2001 dispone quanto segue:

    «1.   I sistemi di gestione e di controllo degli Stati membri prevedono un’adeguata pista di controllo.

    2.   Una pista di controllo è adeguata se consente:

    a)

    di verificare la corrispondenza dei dati riepilogativi certificati alla Commissione alle singole registrazioni di spesa e alla relativa documentazione giustificativa, conservate ai vari livelli dell’amministrazione e presso i beneficiari finali, nonché, nel caso in cui questi ultimi non siano i percettori finali del contributo, presso gli organismi o le imprese che eseguono le operazioni (…)».

    18

    Nella parte dedicata alla «[c]ertificazione delle spese», l’art. 9, n. 1, del regolamento n. 438/01 stabilisce quanto segue:

    «Le certificazioni delle dichiarazioni di spesa intermediarie e finali di cui all’articolo 32, paragrafi 3 e 4, del regolamento [generale] sono redatte, secondo il modello di cui all’allegato II, da un addetto o da un ufficio dell’autorità di pagamento funzionalmente indipendenti da qualunque ufficio che autorizza i pagamenti».

    19

    L’art. 9, n. 2, lett. b), punto i), del regolamento n. 438/2001 dispone che, prima di certificare una determinata dichiarazione di spesa, l’autorità di pagamento deve verificare, in particolare, che la dichiarazione di spesa riguardi esclusivamente spese che siano «corrispondenti alle spese effettuate dai beneficiari finali, ai sensi dei paragrafi 1.2, 1.3 e 2 della norma n. 1 dell’allegato del regolamento (…) n. 1685/2000, documentate mediante fatture quietanzate o documenti contabili di valore probatorio equivalente».

    Fatti all’origine del ricorso

    20

    Con lettera del 7 settembre 2001 la Commissione ha fatto pervenire alla Repubblica italiana una nota contenente un’interpretazione dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale (in prosieguo: la «nota interpretativa»). Ai sensi della lettera accompagnatoria, la nota interpretativa aveva lo «scopo di chiarire certi quesiti posti alla Commissione relativamente alle nozioni di “spese effettivamente sostenute” e “pagamenti effettuati dai beneficiari finali”». In questo contesto, al suo punto 8 la nota interpretativa stabiliva, con riferimento all’articolo citato, i requisiti per l’ammissione a un cofinanziamento mediante i fondi strutturali degli acconti versati da organismi nazionali (in prosieguo: i «beneficiari finali») nell’ambito di regimi di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87 CE o relativamente alla concessione di aiuti (in prosieguo: gli «acconti»): «[n]el caso in cui il beneficiario finale non coincida con il destinatario ultimo dei fondi comunitari, ad esempio per i regimi di aiuto, gli acconti sulle sovvenzioni sono versati ai destinatari ultimi dai beneficiari finali. Tuttavia, le spese dichiarate dal beneficiario finale all’autorità di gestione o di pagamento o all’organismo intermedio devono riferirsi alle spese effettive dei destinatari ultimi, giustificate dalle fatture quietanziate o da documenti di valore probatorio equivalente. Per questo motivo i pagamenti di acconti da parte del beneficiario finale non possono essere inclusi nelle spese dichiarate alla Commissione, a meno che tale beneficiario non abbia potuto stabilire che il destinatario ultimo ha utilizzato questo acconto per coprire spese effettive». Così, secondo la nota interpretativa, gli acconti non corredati delle prove del loro utilizzo da parte dei destinatari ultimi (in prosieguo gli «acconti non comprovati») non erano ammissibili alla partecipazione dei fondi (in prosieguo: la «regola generale controversa»).

    21

    Con lettera 20 gennaio 2003 la Commissione ha comunicato alla Repubblica italiana, occupandosi di una domanda di pagamento inoltrata da quest’ultima, che avrebbe defalcato l’importo corrispondente agli acconti non comprovati. Essa ha invitato la Repubblica italiana a comunicare detto importo, mentre il trattamento della sua domanda di pagamento sarebbe stato, nell’attesa, interrotto.

    22

    Con lettera 3 marzo 2003 la Commissione ha fatto presente alla Repubblica italiana di aver disposto il pagamento di una somma inferiore a quella richiesta, a seguito della defalcazione di un importo corrispondente agli acconti non comprovati.

    23

    Il 27 marzo 2003 la Repubblica italiana ha presentato un ricorso d’annullamento avverso le due lettere citate (causa C-138/03).

    24

    Parallelamente alle vicende descritte, una procedura di consultazione era in corso in seno al comitato per lo sviluppo e la riconversione delle regioni (in prosieguo: il«comitato»), allo scopo di definire le modalità di semplificazione della gestione dei fondi strutturali. In tale contesto, la Commissione aveva chiesto al comitato di esaminare la possibilità di ammettere gli acconti alla partecipazione dei fondi nonché i requisiti per una siffatta ammissione. Non essendo stato raggiunto alcun accordo nel corso della settantatreesima riunione del comitato, il 19 febbraio 2003 la Commissione ha infine rinunciato ad assumere qualsiasi altra iniziativa a riguardo.

    25

    Con lettera 14 maggio 2003 la Commissione ha informato la Repubblica italiana della conclusione del dibattito svoltosi in seno al comitato. Essa ha precisato pertanto che la sua posizione in ordine all’ammissibilità degli acconti restava quella espressa nella nota interpretativa. Tuttavia, riferendosi ai dubbi che potevano sorgere in ordine all’interpretazione delle norme in vigore e per non eludere le aspettative che il dibattito in seno al comitato aveva potuto legittimamente suscitare, la Commissione ha deciso di considerare ammissibili gli acconti non comprovati relativi ad aiuti per i quali la decisione definitiva di erogazione era stata adottata al più tardi il 19 febbraio 2003, ovvero nei casi di aiuti assegnati nell’ambito di una procedura di gara conclusasi, al più tardi, entro la stessa data. Peraltro, la Commissione ha fatto presente alla Repubblica italiana che l’ammontare degli acconti doveva essere specificato, in base ai criteri così indicati, nelle dichiarazioni di spesa che corredano le domande di pagamento che essa le avrebbe inviato. Il 24 luglio 2003 la Repubblica italiana ha presentato un ricorso d’annullamento avverso la lettera del 14 maggio 2003 (causa C-324/03).

    26

    In applicazione dei principi espressi nella lettera del 14 maggio 2003, il 5 giugno 2003 le autorità italiane hanno ricevuto il pagamento degli importi di cui alle lettere 20 gennaio e 3 marzo 2003, reclamati nell’ambito del ricorso C-138/03.

    27

    Con lettera del 29 luglio 2003 la Commissione ha comunicato alle autorità italiane una nuova versione della lettera 14 maggio 2003 che correggeva taluni errori di traduzione contenuti nella stessa. Il 9 ottobre 2003 la Repubblica italiana ha presentato un ricorso d’annullamento avverso la lettera 29 luglio 2003 (causa C-431/03). Come nell’ambito della causa C-324/03, la Repubblica italiana ha contestato la lettera nella parte in cui essa nega di riconoscere l’ammissibilità al contributo dei fondi strutturali degli acconti non giustificati da prove documentali relativamente al loro utilizzo da parte dei destinatari ultimi quando la decisione definitiva di erogazione dell’aiuto o la conclusione della procedura di gara siano intervenute successivamente alla data del 19 febbraio 2003 (in prosieguo: gli «acconti controversi»).

    28

    Il 25 settembre 2003 la Repubblica italiana ha altresì presentato un ricorso avverso il regolamento n. 1145/2003, il quale era entrato in vigore il 5 luglio 2003 (causa C-401/03, divenuta, a seguito di trasferimento al Tribunale, causa T-223/04).

    29

    Con lettera del 25 marzo 2004 la Commissione ha fatto presente alla Repubblica italiana che gli importi degli acconti pagati nell’ambito di regimi di aiuto, per ogni programma rientrante negli obiettivi nn. 1 e 2, avrebbero dovuto essere specificati, per ogni misura, nelle future dichiarazioni di spesa, in linea con quanto previsto nelle lettere del 14 maggio e del 29 luglio 2003. La Repubblica italiana ha presentato un ricorso avverso tale lettera e, in subordine, avverso il regolamento n. 448/2004, il quale era entrato in vigore l’11 marzo 2004 (causa T-207/04).

    30

    Con lettera del 1o marzo 2005, n. 6311, la Repubblica italiana ha presentato alla Commissione una domanda di pagamento intermedio per l’attuazione del programma operativo regionale (in prosieguo: il «POR») ai sensi dell’obiettivo n. 1 relativo alla Regione Campania per il periodo 2000-2006.

    31

    Con lettera del 21 marzo 2005, n. 2772, la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana di integrare la dichiarazione di spesa che corredava tale domanda di pagamento precisando chiaramente l’importo degli acconti controversi erogati.

    32

    Con lettera del 29 aprile 2005, n. 12827, la Repubblica italiana ha presentato alla Commissione un’altra domanda di pagamento per un importo di EUR 17341776,84 nell’ambito dell’attuazione dello stesso POR.

    33

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 marzo 2005, la Repubblica italiana ha proposto un ricorso avverso, segnatamente, la lettera della Commissione del 21 marzo 2005, n. 2772 (causa T-212/05).

    34

    Con lettera del 7 giugno 2005, n. 5272 (in prosieguo: la «prima lettera impugnata»), la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana di integrare le dichiarazioni di spesa che corredavano le domande di pagamento presentatele con lettere del 1o marzo 2005, n. 6311, e del 29 aprile 2005, n. 12827 (in prosieguo: le «dichiarazioni di spesa controverse» e le «domande di pagamento controverse»), specificando, per ciascuna misura, l’importo degli acconti controversi erogati o eventualmente erogati e ha precisato inoltre che le procedure di liquidazione corrispondenti alle domande di pagamento controverse si sarebbero interrotte o sarebbero rimaste interrotte in attesa di ricevere le dette informazioni. Tale lettera è pervenuta alle autorità italiane interessate l’8 giugno 2005.

    35

    Con lettere dell’8 giugno 2005, n. 5453 (in prosieguo: la «seconda lettera impugnata»), del 17 giugno 2005, nn. 5726 e 5728, e del 23 giugno 2005, n. 5952 (in prosieguo, rispettivamente: la «terza lettera impugnata» e la «quarta lettera impugnata»), e del 23 giugno 2005, n. 5952 (in prosieguo: la «quinta lettera impugnata»), la Commissione ha informato la Repubblica italiana che i pagamenti effettuati sarebbero stati d’importo diverso rispetto a quello richiesto nell’ambito dell’attuazione, da un lato, del documento unico di programmazione relativo all’obiettivo n. 2 per la Regione Lazio per il periodo 2000-2006 e, dall’altro, del POR relativo all’obiettivo n. 1 per la Regione Puglia per lo stesso periodo, a seguito della defalcazione degli importi relativi agli acconti controversi.

    36

    Con sentenza 24 novembre 2005, cause riunite C-138/03, C-324/03 e C-431/03, Italia/Commissione (Racc. pag. I-10043, in prosieguo: la «sentenza 24 novembre 2005»), la Corte ha dichiarato il non luogo a provvedere sul ricorso nella causa C-138/03 e che i ricorsi nelle cause C-324/03 e C-431/03 dovevano essere respinti; il primo perché infondato, il secondo perché irricevibile.

    Procedimento e conclusioni delle parti

    37

    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 agosto 2005, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

    38

    Con lettera 10 gennaio 2006, la cancelleria ha invitato le parti a formulare le loro osservazioni in merito alle eventuali conseguenze da trarsi, ai fini della presente causa, dalla sentenza 24 novembre 2005, di cui al punto 36 supra. Le parti hanno depositato le loro osservazioni entro i termini impartiti e la Commissione ha in seguito inviato in cancelleria un corrigendum per la rettifica di un errore materiale contenuto nelle sue osservazioni.

    39

    Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Seconda Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, a titolo di misure di organizzazione del procedimento, ha invitato la Commissione a rispondere a taluni quesiti e la Repubblica italiana a produrre un documento. Le parti hanno ottemperato a tali richieste.

    40

    Con decisione del 2 febbraio 2007, i giudici A.W.H. Meij e N.J. Forwood sono stati rispettivamente designati come presidente di sezione facente funzione e giudice, in sostituzione del giudice J. Pirrung, in ragione di un impedimento di quest’ultimo.

    41

    Le parti sono state sentite nelle loro difese orali e nelle loro risposte ai quesiti del Tribunale in occasione dell’udienza svoltasi il 25 aprile 2007. All’esito di quest’ultima, è stata organizzata dinanzi al Tribunale una riunione informale con i rappresentanti delle parti.

    42

    La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

    annullare la prima lettera impugnata, nella parte in cui le si chiede di integrare le dichiarazioni di spesa che corredano le domande di pagamento controverse specificando, per ciascuna misura, l’importo degli acconti controversi erogati o eventualmente erogati e nella parte in cui essa precisa che, in attesa di ricevere le dette informazioni, le procedure di liquidazione relative a tali domande si sarebbero interrotte o sarebbero rimaste interrotte;

    annullare la seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata, nella parte in cui esse precisano che i pagamenti effettuati saranno d’importo diverso rispetto a quello richiesto, a seguito della defalcazione degli importi relativi agli acconti controversi;

    condannare la Commissione alle spese.

    43

    La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

    respingere il ricorso come irricevibile o infondato;

    condannare la Repubblica italiana alle spese.

    Sulla ricevibilità

    Argomenti delle parti

    44

    La Commissione contesta la ricevibilità del ricorso presentato avverso la prima lettera impugnata, poiché, in ragione della sua natura interpretativa e, in subordine, confermativa, essa non costituisce un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE.

    45

    In via principale, la Commissione sostiene che la prima lettera impugnata non produce alcun effetto giuridico proprio, ma ha carattere puramente interpretativo.

    46

    Per quanto riguarda, in primo luogo, la regola generale controversa, la prima lettera impugnata si limiterebbe a ribadire l’interpretazione resa dalla Commissione in ordine all’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e non produrrebbe alcun effetto giuridico proprio nei confronti della Repubblica italiana.

    47

    In secondo luogo, la richiesta di comunicare informazioni in ordine agli acconti rappresenterebbe solo una modalità applicativa ed un’esplicitazione pratica della normativa sull’ammissibilità delle spese e, più specificamente, delle norme sulla certificazione delle spese dettate dal regolamento n. 448/2004.

    48

    Per quanto riguarda, in terzo e ultimo luogo, l’avvertimento che, nell’attesa di ricevere le informazioni sugli acconti, le procedure di liquidazione di cui trattasi sarebbero state o sarebbero rimaste interrotte, ciò corrisponderebbe ad un obbligo, per la Commissione, di non dar seguito, in forza dei principi della buona gestione finanziaria, a domande di pagamento irregolari o incomplete o che non rispettino le norme sulla certificazione delle spese. Esso discenderebbe dall’impossibilità in cui si sarebbe trovata la Commissione di effettuare i pagamenti sollecitati in assenza delle informazioni richieste, senza tuttavia esprimere una presa di posizione della Commissione in merito alla fondatezza delle domande di pagamento controverse.

    49

    Replicando all’argomento della Repubblica italiana, la Commissione sostiene che, conformemente alla giurisprudenza, l’impugnabilità della prima lettera impugnata non può dedursi dall’eventuale illegittimità della regola generale controversa, cui essa si riferisce, come neppure dall’eventuale superamento dei poteri spettanti alla Commissione in sede di adozione della stessa.

    50

    In subordine, la Commissione afferma che la prima lettera impugnata ha natura puramente confermativa. Quest’ultima confermerebbe la regola generale controversa esposta nelle lettere del 14 maggio e del 29 luglio 2003 nonché, ancor prima dell’adozione delle lettere citate, nella nota interpretativa. Tali lettere avrebbero definitivamente chiuso il dibattito istituzionale sulla questione dell’ammissibilità degli acconti. Ai punti 36 e 37 della sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, la Corte avrebbe confermato che la lettera del 14 maggio 2003 rendeva manifesto il risultato definitivo di un riesame di tale questione.

    51

    Infine, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana non può attendersi alcun reale vantaggio dall’eventuale annullamento della prima lettera impugnata, atteso che essa continuerà, comunque, ad applicare i criteri stabiliti nella nota interpretativa per valutare le domande di pagamento controverse.

    52

    La Repubblica italiana sostiene la ricevibilità del ricorso diretto contro la prima lettera impugnata. Tale lettera sarebbe idonea a produrre effetti giuridici propri e sarebbe atta a modificare direttamente la sua situazione giuridica, cosicché costituirebbe, secondo una giurisprudenza costante, un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE.

    53

    Per un verso, la prima lettera impugnata conterrebbe, conformemente al contenuto delle lettere del 29 luglio 2003 e del 25 marzo 2004, l’ordine di comunicare, nelle dichiarazioni di spesa controverse, informazioni relative agli acconti. L’obbligo di dichiarazione posto in tal modo a suo carico non deriverebbe dalle disposizioni del regolamento n. 438/2001, che disciplina le modalità di certificazione di spesa, bensì dalla regola generale controversa, che si baserebbe su un’interpretazione erronea delle disposizioni del regolamento generale e del regolamento n. 448/2004, che regola l’ammissibilità delle spese.

    54

    Per altro verso, la prima lettera impugnata avrebbe una portata innovatrice rispetto alle norme che disciplinano l’ammissibilità delle spese e la loro certificazione, nonché rispetto alle precedenti lettere della Commissione, in quanto assocerebbe una sanzione al precetto di comunicare le informazioni relative agli acconti. Infatti, la lettera precisa che non sarà dato corso alle domande di pagamento controverse fin tanto che le informazioni relative agli acconti non saranno state trasmesse. La prima lettera impugnata avrebbe così introdotto, in violazione della normativa applicabile, una nuova ipotesi di rigetto delle domande di pagamento di ordine meramente procedurale.

    55

    Infine, la Repubblica italiana contesta l’argomento della Commissione secondo cui la prima lettera impugnata sarebbe un atto di natura puramente confermativa. Infatti, dopo essere stata messa in discussione, la regola generale controversa citata nella nota interpretativa sarebbe stata riesaminata in modo approfondito nell’ambito del dibattito istituzionale relativo alla modifica del regolamento n. 1685/2000, del quale la prima lettera impugnata, adottata poco dopo il regolamento n. 448/2004, rappresenterebbe l’esito.

    Giudizio del Tribunale

    56

    Secondo una giurisprudenza costante, l’azione di annullamento ai sensi dell’art. 230 CE deve potersi esperire nei confronti di qualsiasi provvedimento adottato dalle istituzioni, indipendentemente dalla sua natura e dalla sua forma, che miri a produrre effetti giuridici (v. sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 32, e giurisprudenza ivi citata).

    57

    Per stabilire se la prima lettera impugnata produca effetti giuridici ai sensi della giurisprudenza citata, laddove essa chiede alla Repubblica italiana di integrare le dichiarazioni di spesa controverse specificando, per ciascuna misura, l’importo degli acconti controversi erogati o eventualmente erogati e laddove essa precisa che, fin quando non saranno pervenute dette informazioni, le procedure avviate con riferimento alle domande di pagamento controverse saranno o resteranno interrotte, è necessario esaminare nel contempo il suo contenuto nonché il contesto in cui essa è stata adottata (v. ordinanza della Corte 13 giugno 1991, causa C-50/90, Sunzest/Commissione, Racc. pag. I-2917, punto 13).

    58

    Per quanto riguarda, in primo luogo, l’asserzione della Repubblica italiana secondo cui la prima lettera impugnata le infliggerebbe una sanzione laddove precisa che non sarà dato alcun seguito alle domande di pagamento controverse sino a quando non siano pervenute le informazioni relative agli acconti, occorre rilevare che ciò equivale, in sostanza, a denunciare un prolungato stato di inattività della Commissione. La Repubblica italiana ritiene, come essa ha sostenuto in sede di udienza, che la Commissione sarebbe stata tenuta, nella fattispecie, ad effettuare i pagamenti corrispondenti alle domande di pagamento controverse entro il termine di due mesi previsto dall’art. 32, n. 1, quarto comma, del regolamento generale.

    59

    Occorre a tal proposito ricordare che, una volta investita di una domanda di pagamento ammissibile ai sensi dell’art. 32, n. 3, del regolamento generale, la Commissione non è legittimata a prolungare uno stato di inattività. In funzione delle disponibilità finanziarie, essa deve, infatti, eseguire i pagamenti intermedi corrispondenti a tale domanda entro un termine non superiore a due mesi a decorrere dal ricevimento di quest’ultima, come previsto dall’art. 32, n. 1, quarto comma, del regolamento generale. Di conseguenza, se la Commissione avesse, nella fattispecie, violato tale obbligo di agire, come sostenuto dalla Repubblica italiana, per contestare tale circostanza quest’ultima avrebbe dovuto presentare un ricorso per carenza (v., in tal senso, sentenza della Corte 26 maggio 1982, causa 44/81, Germania/Commissione, Racc. pag. 1855, punto 6, e sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, cause riunite T-314/04 e T-414/04, Germania/Commissione, punto 48). Nell’ipotesi in cui tale ricorso per carenza fosse stato accolto, la Commissione sarebbe stata tenuta, in applicazione dell’art. 233 CE, ad assumere le misure necessarie all’esecuzione della sentenza (sentenza 14 dicembre 2006, Germania/Commissione, cit., punto 48).

    60

    Tale soluzione non è messa in discussione dal fatto che la Repubblica italiana è stata espressamente informata, mediante la prima lettera impugnata, del rifiuto di agire della Commissione. Un rifiuto di agire, pur essendo esplicito, può essere infatti deferito alla Corte a norma dell’art. 232 CE in quanto non fa venir meno la carenza (sentenza della Corte 27 settembre 1988, causa 302/87, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. 5615, punto 17).

    61

    In ogni caso, come la Commissione ha confermato in sede di udienza, senza essere contraddetta sul punto dalla Repubblica italiana, lo stato di inattività reso noto mediante la prima lettera impugnata aveva carattere meramente temporaneo ed è cessato una volta che le ragioni che lo giustificavano sono venute meno, poiché la Commissione ha infine adottato una decisione in merito alle domande di pagamento controverse. Tale decisione finale è stata comunicata alla Repubblica italiana con lettera del 24 agosto 2005, n. 8799, e quest’ultima ha presentato ricorso avverso la lettera stessa (T-402/05).

    62

    Di conseguenza, occorre rilevare che la prima lettera impugnata, nella parte in cui ha reso noto alla Repubblica italiana il rifiuto di agire della Commissione in ordine alle domande di pagamento controverse, non ha prodotto alcun effetto giuridico che possa essere oggetto di un ricorso d’annullamento presentato in base all’art. 230 CE.

    63

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’indicazione secondo cui la Repubblica italiana avrebbe dovuto comunicare alla Commissione le informazioni relative agli acconti, occorre precisare che la prima lettera impugnata si riferisce in tal modo, per rinvio, ad un obbligo di dichiarazione che deriverebbe, in capo a tale Stato membro, da un’applicazione combinata della regola generale controversa e della decisione contenuta nella lettera del 14 maggio 2003 (v. punto 25 supra), da cui risultano essere ammissibili al cofinanziamento dei fondi esclusivamente gli acconti non comprovati relativi ad aiuti per i quali la decisione definitiva di erogazione era stata adottata al più tardi il 19 febbraio 2003, ovvero relativi ad aiuti assegnati nell’ambito di una procedura di gara conclusasi, al più tardi, entro la stessa data. Infatti, la prima lettera impugnata rinvia espressamente alla lettera del 21 marzo 2005, n. 2772 (v. punto 31 supra), la quale a sua volta rinvia alla lettera del 29 luglio 2003, che rettifica la lettera del 14 maggio 2003 (v. punto 27 supra).

    64

    Emerge quindi dal contenuto stesso della prima lettera impugnata che quest’ultima intendeva ricordare alla Repubblica italiana, in occasione dell’esame delle domande di pagamento controverse, un obbligo di dichiarazione a cui essa era tenuta in forza della normativa riguardante l’ammissibilità delle spese e, in particolare, in forza della regola generale controversa.

    65

    Per verificare se la prima lettera impugnata si limiti effettivamente a ricordare alla Repubblica italiana taluni obblighi derivanti dalla disciplina comunitaria, senza modificarne l’ambito di applicazione, ovvero se, al contrario, essa sia idonea a produrre effetti giuridici, è necessario risolvere talune questioni di merito sollevate dalla presente controversia (v., in tal senso, sentenza della Corte 20 marzo 1997, causa C-57/95, Francia/Commissione, Racc. pag. I-1627, punti 9 e 10, e sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punti 33-35).

    Sul merito

    66

    A sostegno della sua domanda di annullamento della prima, della seconda, della terza, della quarta e della quinta lettera impugnata (in prosieguo, nel loro insieme: le «lettere impugnate»), la Repubblica italiana deduce nove motivi. Il primo motivo attiene al difetto di fondamento normativo e alla violazione delle norme che regolano il controllo finanziario. Il secondo motivo si fonda sul difetto assoluto di motivazione. Il terzo motivo si riferisce alla mancata osservanza del procedimento di formazione delle decisioni della Commissione nonché alla violazione del suo regolamento interno. Il quarto motivo attiene alla violazione dell’art. 32 del regolamento generale e della norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004. Il quinto motivo si riferisce alla violazione delle disposizioni relative all’ammissibilità delle spese. Il sesto motivo si fonda sulla violazione del principio di proporzionalità e sullo sviamento di potere. Il settimo motivo attiene alla violazione del regolamento n. 448/2004, dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto, nonché alla contraddittorietà delle lettere impugnate. L’ottavo motivo si riferisce alla violazione dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001. Infine, il nono motivo attiene alla violazione di un principio di semplificazione.

    67

    Poiché la Commissione ha contestato la ricevibilità del terzo motivo, è necessario esaminare innanzi tutto il motivo citato.

    68

    Occorre altresì ricordare che la soluzione della questione relativa alla ricevibilità, sollevata al precedente punto 65, dipende dalle risposte che saranno fornite alle questioni relative al merito ed aventi ad oggetto, per un verso, l’interpretazione della disciplina comunitaria in materia di ammissibilità delle spese e, per altro verso, le conseguenze che inevitabilmente derivano da tale disciplina nella fase della dichiarazione e della certificazione delle spese. Poiché tali questioni, relative al merito, sono sollevate con il quarto e con il quinto motivo, per un verso, e con l’ottavo e con il nono motivo, per altro verso, occorre di seguito esaminare questi ultimi.

    Sul terzo motivo, relativo alla mancata osservanza del procedimento di formazione delle decisioni della Commissione e alla violazione del suo regolamento interno

    Argomenti delle parti

    69

    La Repubblica italiana afferma, in sostanza, che, inviandole le lettere impugnate, la Commissione le ha notificato talune decisioni che non sembrano essere state adottate nell’osservanza del procedimento previsto dal suo regolamento interno.

    70

    La Commissione chiede il rigetto del terzo motivo in quanto irricevibile, in applicazione delle disposizioni di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale. L’argomento su cui si basa il motivo in esame risulterebbe oscuro e impreciso in merito all’identificazione delle norme asseritamente violate.

    Giudizio del Tribunale

    71

    L’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura prevede che il ricorso debba contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire in cosa consistono i motivi di ricorso e non può limitarsi alla sola enunciazione astratta degli stessi (sentenze del Tribunale 18 novembre 1992, causa T-16/91, Rendo e a./Commissione, Racc. pag. II-2417, punto 130, e 28 marzo 2000, causa T-251/97, T. Port/Commissione, Racc. pag. II-1775, punto 90).

    72

    Inoltre, l’esposizione dei motivi, anche sommaria, dev’essere sufficientemente chiara e precisa al fine di consentire alla parte convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni a sostegno. La certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia richiedono, affinché un ricorso o, più nello specifico, un motivo di ricorso siano ricevibili, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano in modo coerente e comprensibile dal testo stesso dell’istanza (v., sulla ricevibilità del ricorso, sentenze del Tribunale 14 marzo 1998, causa T-348/94, Enso Española/Commissione, Racc. pag. II-1875, punto 143, e T. Port/Commissione, punto 71 supra, punto 91).

    73

    Nella fattispecie, l’argomento su cui si fonda il terzo motivo manca di chiarezza e di precisione quanto all’individuazione delle norme del regolamento interno che sarebbero state asseritamente violate in sede di adozione delle lettere impugnate, e ciò benché il regolamento interno della Commissione sia un documento pubblicato, in tutte le lingue dell’Unione europea, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 2000, L 308, pag. 26).

    74

    La Commissione ha dunque ragione nel sostenere che l’esposizione del presente motivo, nell’ambito del ricorso, non risultava sufficientemente chiara e precisa da consentirle di predisporre le proprie difese. Essa non consente neppure al Tribunale di decidere in merito alla fondatezza del motivo in esame.

    75

    Pertanto, il terzo motivo deve essere dichiarato irricevibile.

    Sul quarto motivo, attinente alla violazione dell’art. 32 del regolamento generale e della norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, e sul quinto motivo, attinente alla violazione delle norme in tema di ammissibilità delle spese

    Argomenti delle parti

    76

    La Repubblica italiana afferma che le lettere impugnate violano l’art. 32 del regolamento generale e la norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004, in quanto si basano sulla regola generale controversa. Nell’ipotesi in cui il regolamento n. 448/2004 rappresentasse il fondamento della regola generale controversa, essa sostiene l’illegittimità di quest’ultimo, in quanto contrasterebbe con l’art. 32 del regolamento generale.

    77

    La Repubblica italiana sostiene che la soluzione fornita dalla Corte nella sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, non può essere trasposta al caso di specie. Per un verso, la norma n. 1, punto 2, dell’allegato del regolamento n. 1685/2000, sulla quale si fonda la detta soluzione, sarebbe stata sostanzialmente modificata dal regolamento n. 448/2004. Per altro verso, la controversia in esame riguarderebbe esclusivamente l’art. 30 del regolamento generale e le disposizioni dell’allegato del regolamento n. 448/2004, che disciplinano l’ammissibilità delle spese affrontate dai beneficiari finali, mentre la sentenza della Corte interpreta una disposizione diversa, vale a dire l’art. 32 del regolamento generale che disciplina il pagamento, da parte della Commissione, della partecipazione dei fondi.

    78

    La Repubblica italiana contesta peraltro che l’art. 32 del regolamento generale e la norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004 possano essere interpretati in senso corrispondente alla regola generale controversa.

    79

    In primo luogo, le disposizioni del regolamento generale o del regolamento n. 448/2004 non consentirebbero di prendere in considerazione l’attività dei destinatari ultimi allo scopo di valutare l’ammissibilità degli acconti. Le nuove disposizioni del regolamento (CE) del Consiglio 11 luglio 2006, n. 1083, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento generale (GU L 210, pag. 25), confermerebbero, a contrario, che le disposizioni di quest’ultimo non consentivano, fino ad allora, di prendere in considerazione l’attività dei destinatari ultimi. Infatti, solo con la modifica della nozione di «beneficiario», introdotta dal regolamento n. 1083/2006, sarebbe divenuto possibile prendere in considerazione tale elemento.

    80

    In secondo luogo, la norma n. 1, punto 2.1, dell’allegato del regolamento n. 448/2004 confermerebbe implicitamente l’ammissibilità degli acconti non comprovati al contributo dei fondi strutturali, imponendo semplicemente ai beneficiari finali di documentare i pagamenti da essi effettuati a titolo di «pagamenti intermedi e (…) pagamenti del saldo».

    81

    In terzo luogo, il principio di necessità degli aiuti di Stato, secondo cui gli aiuti possono essere dichiarati compatibili con il diritto comunitario solo qualora vadano a beneficio di imprese che non dispongono di risorse finanziarie proprie sufficienti a realizzare l’investimento previsto, impedirebbe di subordinare l’ammissibilità degli acconti alla presentazione dei documenti probatori relativi alla loro utilizzazione da parte dei destinatari ultimi. In forza di tale principio, il versamento degli acconti dovrebbe sempre precedere l’investimento realizzato dalle imprese. Allo stesso modo in cui il principio di necessità degli aiuti di Stato giustificherebbe il fatto che i versamenti erogati ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia sono considerati spese ammissibili, come previsto dalla norma n. 1, punto 1.3, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, tale principio implicherebbe altresì la necessità di riconoscere l’ammissibilità degli acconti non comprovati.

    82

    Infine, le disposizioni dell’allegato del regolamento n. 448/2004 relative alle spese di ammortamento, ai contributi in natura e alle spese generali dimostrerebbero che la peculiare natura di talune spese può far sì che la loro ammissibilità non sia subordinata alla presentazione dei documenti probatori relativi al loro utilizzo.

    83

    La Commissione contesta tutti gli argomenti sollevati dalla Repubblica italiana. Essa sostiene che le lettere impugnate, laddove si riferiscono alla regola generale controversa o la applicano, sono conformi alla formulazione e all’intento dell’art. 32 del regolamento generale e della norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004. Essa chiede, di conseguenza, il rigetto del quarto e del quinto motivo. Per quanto riguarda l’eccezione di illegittimità del regolamento n. 448/2004 con riferimento all’art. 32 del regolamento generale, la Commissione rileva che essa è irricevibile in quanto sollevata tardivamente e che, in ogni caso, tale regolamento è conforme al regolamento generale.

    Giudizio del Tribunale

    84

    Con il suo quarto e quinto motivo, la Repubblica italiana sostiene, in sostanza, che la Commissione ha interpretato l’art. 32 del regolamento generale e la norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004 in maniera erronea, deducendo da tali disposizioni la regola generale controversa.

    85

    Occorre innanzi tutto rilevare che nella sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, la Corte ha risolto, in base all’art. 32 del regolamento generale e della norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 1685/2000, la questione riguardante l’ammissibilità degli acconti alla partecipazione dei fondi, stabilendo gli eventuali requisiti in tal senso.

    86

    In tale contesto, la Corte ha innanzi tutto sottolineato che uno degli obiettivi del regolamento generale, ricordato al suo quarantatreesimo ‘considerando’, era quello di garantire una sana gestione finanziaria verificando la giustificazione e la certificazione delle spese (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 44). Alla luce di tale obiettivo si spiega il fatto che il sistema istituito dall’art. 32 del regolamento generale e dalla norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 1685/2000 si basi sul principio del rimborso delle spese (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 45). Ciò implica che, in linea di principio, l’ammissibilità delle spese effettuate dagli organismi nazionali è subordinata alla presentazione ai servizi della Commissione di una prova del loro utilizzo nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione europea, la quale prova può risolversi in fatture quietanzate o, ove ciò si riveli impossibile, in documenti contabili di valore probatorio equivalente (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 46). Se, a titolo di acconto previsto ai sensi dell’art. 32, n. 2, del regolamento generale, la Commissione versa alle autorità nazionali un importo pari al 7% della partecipazione dei fondi strutturali all’intervento in questione senza pretendere, già in questa fase, documenti giustificativi delle spese effettuate (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 47), nondimeno siffatti documenti devono essere presentati con riferimento ai pagamenti intermedi e ai pagamenti del saldo (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 49).

    87

    In conclusione, la Corte ha dichiarato conforme all’art. 32 del regolamento generale nonché alla norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 1685/2000 la regola secondo cui gli acconti erogati dagli Stati membri nell’ambito di un regime di aiuti e dichiarati da questi ultimi a titolo di pagamenti intermedi e di pagamenti del saldo non sono ammissibili al contributo dei fondi strutturali, a meno che non siano presentati documenti giustificativi relativi al loro utilizzo da parte dei destinatari ultimi (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 50).

    88

    Nessuna delle circostanze fatte valere dalla Repubblica italiana impedisce di trasporre alla fattispecie in esame la soluzione fornita dalla Corte nella sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, così da riconoscere la conformità della regola generale controversa all’art. 32 del regolamento generale nonché alla norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004.

    89

    Gli argomenti basati sull’entrata in vigore del regolamento n. 448/2004 devono essere respinti. Per un verso, il regolamento n. 448/2004 non ha modificato il significato né la portata dell’art. 32 del regolamento generale, del quale esso si limita a precisare le modalità di applicazione, come previsto dall’art. 53, n. 2, del regolamento generale. Per altro verso, con riferimento alla norma n. 1, punto 2, dell’allegato del regolamento n. 1685/2000, il riferimento aggiunto dal regolamento n. 448/2004 alla necessità di comprovare, «a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo», i pagamenti effettuati dai beneficiari finali risulta essere, tenuto conto del contesto regolamentare in cui esso si inserisce, una semplice esplicitazione della regola precedentemente applicabile e non una modifica di quest’ultima. Infatti, in base alla norma n. 1, punti 1 e 2, del regolamento n. 1685/2000, la Corte ha rilevato che il principio del rimborso delle spese si applica ai soli pagamenti della Commissione che assumano la forma di pagamento intermedio o di pagamento del saldo, ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punti 48 e 49).

    90

    Erroneamente, quindi, la Repubblica italiana afferma che il regolamento n. 448/2004 ha modificato il significato della norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 1685/2000. A tal proposito, essa si è peraltro contraddetta nell’ambito dei propri scritti difensivi rilevando, a più riprese, la sostanziale identità delle disposizioni rilevanti del regolamento n. 1685/2000, prima e dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 448/2004. Tale identità giustifica, nella fattispecie, un’applicazione in via analogica della soluzione fornita dalla Corte nella sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra.

    91

    Occorre del pari respingere l’argomento secondo cui la differenza tra le regole esaminate dalla Corte nella sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, e quelle rilevanti nella presente controversia osterebbe a tale applicazione in via analogica. Risulta, infatti, chiaramente dagli stessi scritti difensivi della Repubblica italiana e, in particolare, dal quarto e dal quinto motivo sollevati nel ricorso che nella presente controversia si pone la questione se gli acconti siano ammissibili con riferimento all’art. 32 del regolamento generale e alle sue modalità di applicazione, contenute nel regolamento n. 448/2004. Si tratta quindi di una questione analoga a quella esaminate dalla Corte nella sentenza 24 novembre 2005 (v. precedenti punti 85 e 87).

    92

    Di conseguenza, per gli stessi motivi esposti dalla Corte nella sua sentenza e che sono stati ricordati ai precedenti punti 86 e 87, occorre constatare che la regola generale controversa è conforme sia all’art. 32 del regolamento generale, sia alla norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004. Senza neppure doversi pronunciare sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, occorre di conseguenza respingere l’eccezione di illegittimità del regolamento n. 448/2004 sollevata dalla Repubblica italiana.

    93

    Peraltro, nessuno degli argomenti fatti valere dalla Repubblica italiana consente di rimettere in discussione la conformità della regola generale controversa alla disciplina riguardante l’ammissibilità delle spese.

    94

    Occorre innanzi tutto respingere l’argomento secondo cui la disciplina applicabile non consentirebbe di tener conto dell’attività dei destinatari ultimi ai fini della valutazione dell’ammissibilità degli acconti. Tale argomento, che era già stato formulato dinanzi alla Corte in base all’art. 32 del regolamento generale e alla norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 1685/2000, è stato respinto da quest’ultima (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punti 39, 40 e 44-50). Esso non può trovare accoglimento neppure dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 448/2004, il quale non ha modificato né il significato né la portata delle regole rilevanti applicabili (v. punto 90 supra).

    95

    Dal punto 2.1 della norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004, relativo alla prova della spesa, risulta che i pagamenti effettuati dai beneficiari finali, a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo, devono essere comprovati da documenti giustificativi. Alla luce della sua economia, tale regola trova generale applicazione ai pagamenti effettuati dai beneficiari finali sia nell’ambito delle operazioni da essi stessi realizzate, sia nell’ambito degli aiuti che essi concedono, segnatamente in base a regimi di aiuto. Per quanto riguarda, tuttavia, quest’ultimo genere di pagamenti, il punto 2.3 della norma n. 1 dell’allegato del regolamento n. 448/2004 precisa che i documenti giustificativi devono corrispondere alle spese effettivamente sostenute dai destinatari ultimi nell’esecuzione dell’operazione.

    96

    Come giustamente osservato dalla Commissione, la produzione di documenti giustificativi relativi all’utilizzo degli acconti da parte dei destinatari ultimi nell’ambito dell’esecuzione delle operazioni è altresì prevista dall’art. 7 del regolamento n. 438/2001, che stabilisce che la pista di controllo attuata dagli Stati membri nell’ambito dei loro sistemi di gestione e di controllo deve consentire di verificare la corrispondenza dei dati riepilogativi certificati alla Commissione alle singole registrazioni di spesa e alla relativa documentazione giustificativa, tra cui, nel caso dei regimi di aiuti di Stato o della concessione di aiuti, vi è quella conservata presso i destinatari ultimi.

    97

    Dalle considerazioni che precedono risulta oltretutto che l’argomento a contrario che la Repubblica italiana vorrebbe trarre dalle disposizioni del regolamento n. 1083/2006, applicabile ai programmi del periodo 2007-2013, deve essere respinto. Del resto, come giustamente sostenuto dalla Commissione in sede di udienza, lungi dal contraddire la regola generale controversa, l’art. 78, n. 2, del regolamento n. 1083/2006 conferma che il riconoscimento dell’ammissibilità degli acconti implicava un intervento del legislatore comunitario. Quest’ultimo doveva, in particolare, consentire di definire, nel rispetto dei principi di buona gestione, le condizioni di un tale riconoscimento, poiché non era stato possibile trovare alcun accordo sul punto in merito alla programmazione per il periodo 2000-2006 (v. precedente punto 24).

    98

    Risulta altresì privo di qualsivoglia fondamento giuridico l’argomento testuale basato sulla norma n. 1, punto 2.1, dell’allegato del regolamento n. 448/2004. Occorre ricordare che tale disposizione disciplina la prova delle spese dichiarate alla Commissione al fine di ottenere da quest’ultima «pagamenti intermedi o del saldo» ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale. In tale contesto, il riferimento ai citati «pagamenti intermedi o del saldo» si spiega per il fatto che, nel caso del pagamento da parte della Commissione, a titolo di acconto, di un importo pari al 7% della partecipazione dei fondi all’intervento in questione, previsto all’art. 32, n. 2, primo comma, del regolamento generale, le autorità nazionali non sono tenute a presentare, già in questa fase, documenti giustificativi delle spese effettuate (sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 47). Di conseguenza, i termini «pagamenti intermedi e (…) pagamenti del saldo», contenuti nella norma n. 1, punto 2.1, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, non possono essere interpretati nel senso che agli acconti non è applicabile il principio del rimborso delle spese.

    99

    Occorre inoltre respingere, in quanto privi di rilevanza, gli argomenti basati su un «principio di necessità» degli aiuti di Stato. La Repubblica italiana non ha spiegato in che modo il «principio di necessità» da essa fatto valere, anche a volerlo considerare esistente, imporrebbe di eludere il principio del rimborso delle spese applicabile, in forza dell’art. 32 del regolamento generale, alle domande di pagamenti intermedi e del saldo. Il fatto che, nell’ambito dei regimi di aiuto, gli Stati membri versino acconti ad imprese che non dispongono di risorse proprie sufficienti non impone alla Commissione di rimborsare gli acconti di cui trattasi, a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo, anche se non corrispondono a spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32 del regolamento generale.

    100

    A tal proposito, non può trarsi alcun argomento dalla norma n. 1, punto 1.3, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, poiché quest’ultima dispone espressamente che i versamenti erogati ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia (inclusi i fondi di partecipazione in capitale di rischio), che rispondono ai requisiti stabiliti dalla norma, devono essere considerati spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale. L’ammissibilità degli acconti al contributo dei fondi non può, infatti, essere dedotta da un testo di applicazione speciale, che disciplina unicamente i pagamenti effettuati dagli Stati membri nell’ambito dei fondi di capitale di rischio, di fondi per mutui o di fondi per garanzia.

    101

    Infine, gli argomenti basati sulle disposizioni dell’allegato del regolamento n. 448/2004 relative agli ammortamenti, ai contributi in natura e alle spese generali non possono essere accolti. Anche a supporre che l’ammissibilità di tali spese non sia subordinata alla presentazione di documenti giustificativi, tale circostanza è priva di rilevanza al fine di valutare l’ammissibilità degli acconti. In ogni caso, dalla norma n. 1, punti 2.1 e 2.3, dell’allegato del regolamento n. 448/2004 risulta che gli ammortamenti, i contributi in natura e le spese generali devono essere comprovati da documenti contabili dotati di forza probatoria.

    102

    Risulta da quanto precede che la prima lettera impugnata, laddove rinvia alla regola generale controversa, non ha modificato il campo d’applicazione della disciplina comunitaria e non può, sotto questo profilo, rappresentare un atto impugnabile ai sensi dell’art. 230 CE.

    103

    Ne discende inoltre che la seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata, laddove si basano sulla regola generale controversa per rifiutare di porre a carico dei fondi gli importi corrispondenti agli acconti controversi, sono conformi all’art. 32 del regolamento generale e alla norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004.

    104

    Il quarto e il quinto motivo devono pertanto essere respinti in quanto infondati con riferimento alla seconda, alla terza, alla quarta e alla quinta lettera impugnata.

    Sull’ottavo motivo, attinente alla violazione dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001, e sul nono motivo, attinente alla violazione di un principio di semplificazione.

    Argomenti delle parti

    105

    La Repubblica italiana sostiene che le lettere impugnate violano le norme relative alla certificazione delle spese sancite dall’art. 9 del regolamento n. 438/2001, in quanto impongono ovvero danno per presupposto il fatto che le autorità nazionali competenti specifichino nelle loro dichiarazioni di spesa, per ciascuna misura, l’importo degli acconti controversi erogati o eventualmente erogati. Le modalità di certificazione delle spese sarebbero integralmente disciplinate da tale articolo, il quale dispone che le dichiarazioni certificate di spesa di cui all’art. 32, nn. 3 e 4, del regolamento generale devono essere redatte secondo il modello di certificato contenuto nel allegato II al regolamento n. 438/2001. Oltre un determinato importo, le spese dovrebbero essere dichiarate solamente mediante tale certificato, distinguendo, per ciascuna misura, la fonte di finanziamento di cui trattasi («pubblica comunitaria», «altra pubblica» e «privata») e l’anno nel corso del quale le spese sono state affrontate. Così, imponendo alle autorità nazionali competenti di integrare le loro dichiarazioni di spesa con informazioni relative all’importo degli acconti erogati, la Commissione avrebbe imposto a queste ultime obblighi di dichiarazione non previsti dalla normativa vigente.

    106

    La Repubblica italiana osserva inoltre che, imponendo talune modalità di certificazione delle spese maggiormente gravose e maggiormente vincolanti rispetto a quelle previste dall’art. 9 del regolamento n. 438/2001, la Commissione ha violato un principio di semplificazione della gestione dei fondi strutturali. L’esistenza di un tale principio potrebbe essere dedotta dal quarantaduesimo ‘considerando’ del regolamento generale, dalle affermazioni orali della Commissione nonché dalle proposte che quest’ultima ha sottoposto al comitato.

    107

    La Commissione chiede che il motivo attinente alla violazione dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001 sia respinto in quanto infondato. Le informazioni relative agli acconti controversi erogati sarebbero risultate indispensabili al fine di stabilire l’importo degli acconti che dovevano essere posti a carico del bilancio comunitario. Di conseguenza, la comunicazione di tali informazioni sarebbe equivalsa, per le autorità nazionali, all’esecuzione del loro obbligo di certificazione delle spese in forza dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001.

    108

    La Commissione respinge, peraltro, il motivo attinente alla violazione di un principio di semplificazione. L’obiettivo di semplificazione della gestione dei fondi non può giustificare un pregiudizio, come nella fattispecie, alle regole relative alla dichiarazione e alla certificazione delle spese derivanti dai principi della buona gestione finanziaria.

    Giudizio del Tribunale

    109

    La Commissione esercita la funzione di esecuzione del bilancio generale dell’Unione europea ai sensi dell’art. 274 CE. Poiché tale articolo non opera alcuna distinzione in base alla modalità di gestione applicata, la Commissione continua ad esercitare tale responsabilità generale nell’ambito della gestione comune dei fondi strutturali. Dagli artt. 10 CE e 274 CE risulta oltretutto che, nella gestione comune dei fondi strutturali, gli Stati membri sono tenuti a cooperare con la Commissione per garantire che i fondi comunitari siano utilizzati secondo i principi della buona gestione finanziaria. Le norme citate sono richiamate dall’art. 38, n. 1, lett. g), del regolamento generale, relativo al controllo finanziario degli interventi.

    110

    Nell’ambito di tale controllo finanziario, lo Stato membro assume la responsabilità primaria, certificando, in particolare, alla Commissione che le spese dichiarate con riferimento alle domande di pagamento intermedie o del saldo corrispondono a spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e della norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004. La Commissione assume una decisione relativamente a tali domande di pagamento stabilendo, nell’esercizio della responsabilità generale che le incombe nell’ambito dell’esecuzione del bilancio, l’importo delle spese dichiarate e certificate dallo Stato membro da porsi a carico del bilancio comunitario.

    111

    Qualora i sistemi di gestione e di controllo degli Stati membri risultino affidabili e garantiscano un’«adeguata pista di controllo» ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 438/2001, la certificazione delle spese dichiarate fornisce alla Commissione, in linea di principio, una garanzia sufficiente in merito alla correttezza, alla regolarità e all’ammissibilità delle domande di contributi comunitari, come risulta dall’art. 2, n. 1, del regolamento n. 438/2001.

    112

    Tuttavia, nel caso in cui, come nella fattispecie, la Commissione e uno Stato membro forniscano interpretazioni divergenti di un testo che determina le condizioni d’ammissibilità di talune spese, l’affidabilità del sistema nazionale di gestione e di controllo non garantisce più alla Commissione che le spese dichiarate da tale Stato membro corrispondano interamente a spese ammissibili ai sensi della disciplina applicabile. Spetta quindi allo Stato membro interessato, nell’esercizio delle sue responsabilità in materia di certificazione delle spese e nell’ambito di una cooperazione leale con le istituzioni comunitarie, consentire alla Commissione di procedere all’esecuzione del bilancio sotto la propria responsabilità, fornendole tutti gli elementi informativi che essa giudica necessari per consentirle di effettuare pagamenti conformi all’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale. Qualsiasi altra soluzione arrecherebbe pregiudizio all’effetto utile dell’art. 38, n. 1, del regolamento generale e, più estesamente, degli artt. 10 CE e 274 CE.

    113

    Sia la regola generale controversa, di cui è stata rilevata la conformità all’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e alla norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, sia la regola speciale relativa all’ammissibilità degli acconti non comprovati versati sino al 19 febbraio 2003, basata su una decisione della Commissione che non è stata contestata nell’ambito delle cause C-324/03 e C-431/03, risultavano opponibili alla Repubblica italiana in quanto le erano state previamente comunicate (v. precedenti punti 25 e 27). Orbene, come emerge dal precedente punto 112, l’applicazione combinata di tali regole imponeva necessariamente alla Repubblica italiana di comunicare, unitamente alle sue domande di pagamento e alle sue dichiarazioni di spesa, le informazioni in suo possesso che erano state richieste dalla Commissione per consentire a quest’ultima di stabilire l’importo degli acconti controversi erogati o eventualmente erogati. La Commissione sostiene quindi giustamente che la formalità dichiarativa controversa era, nella fattispecie, una semplice modalità applicativa e un’inevitabile conseguenza pratica dell’obbligo di certificazione delle spese gravante sulla Repubblica italiana ai sensi dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001.

    114

    Pertanto, nell’invitare le autorità italiane a completare le dichiarazioni di spesa controverse specificando, per ciascuna misura, l’importo degli acconti controversi erogati o eventualmente erogati, la prima lettera impugnata si è limitata a rammentare loro un obbligo dichiarativo che inevitabilmente deriva, a loro carico, dalla disciplina comunitaria, senza modificare l’ambito di applicazione di quest’ultima. Alla luce delle considerazioni che precedono, nonché alla luce di quelle svolte al precedente punto 102, occorre concludere che la prima lettera impugnata non ha prodotto alcuno degli effetti giuridici contestati dalla Repubblica italiana e non può, sotto questo profilo, rappresentare un atto giuridico impugnabile ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 56. Nella parte in cui si riferisce alla prima lettera impugnata, il presente ricorso deve pertanto essere respinto in quanto irricevibile. Di conseguenza, è necessario proseguire l’esame del ricorso stesso solamente per la parte in cui esso ha ad oggetto la seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata.

    115

    A tal proposito, la Repubblica italiana ha torto nell’affermare che la seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata violerebbero l’art. 9 del regolamento n. 438/2001 ovvero un principio generale di semplificazione, in quanto esse presupporrebbero il rispetto, da parte delle autorità nazionali competenti, della formalità dichiarativa controversa.

    116

    È già stato rilevato al precedente punto 113 che la formalità in questione rappresentava una modalità applicativa ed una conseguenza pratica inevitabile dell’obbligo di certificazione delle spese gravante sulla Repubblica italiana ai sensi dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001.

    117

    Oltretutto, la legittimità della formalità dichiarativa controversa non può essere messa in discussione sulla base del principio di semplificazione fatto valere dalla Repubblica italiana. Se è certamente vero che il regolamento generale risponde a talune preoccupazioni connesse alla semplificazione delle procedure di impegno e di pagamento, e che la Commissione si impegna, in tale contesto, a sopprimere le complicazioni amministrative inutili, è altresì vero che nel sistema dei fondi strutturali non vige un principio secondo cui le procedure d’impegno e di pagamento dovrebbero essere semplificate senza considerare le conseguenze derivanti sotto il profilo del buon funzionamento e della sana gestione finanziaria dei fondi. La volontà di semplificazione delle procedure espressa nell’ambito del regolamento generale non può, nella fattispecie, portare a mettere in discussione una formalità dichiarativa derivante da un’attuazione del sistema dei fondi strutturali conforme ai principi della buona gestione finanziaria, di cui all’art. 274 CE, come già rilevato al precedenti punti 112 e 113.

    118

    Di conseguenza, l’ottavo e il nono motivo, invocati a sostegno della domanda di annullamento della seconda, della terza, della quarta e della quinta lettera impugnata, non possono essere accolti.

    Sul primo motivo, attinente ad un difetto di fondamento normativo e alla violazione delle norme che regolano il controllo finanziario

    Argomenti delle parti

    119

    La Repubblica italiana afferma che le lettere impugnate non indicano la disposizione che ha permesso la loro adozione, come è invece imposto dal principio di certezza del diritto (sentenza della Corte 16 giugno 1993, causa C-325/91, Francia/Commissione, Racc. pag. I-3283, punto 26). Il semplice richiamo implicito alla lettera del 29 luglio 2003 non potrebbe costituire un fondamento normativo legittimo e congruo, in quanto la regola generale controversa contenuta in tale lettera sarebbe contraria alle disposizioni del regolamento generale e del regolamento n. 448/2004.

    120

    La Repubblica italiana addebita inoltre alla Commissione di aver usurpato, adottando le lettere impugnate, una competenza spettante esclusivamente agli Stati membri in forza degli artt. 38 e 39 del regolamento generale e delle sue disposizioni di attuazione, che figurano nel regolamento n. 438/2001. Risulterebbe infatti da tali disposizioni, nonché dalla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio 6 settembre 2004, riguardante le rispettive responsabilità degli Stati membri e della Commissione nella gestione comune dei fondi strutturali e del Fondo di coesione [COM(2004) 580 def.], che sono gli Stati membri ad assumersi in primo luogo la responsabilità del controllo finanziario degli interventi dei fondi e ad essere tenuti ad accertare e certificare alla Commissione l’ammissibilità delle spese che essi dichiarano, a titolo di pagamenti intermedi e di pagamenti del saldo. La Commissione avrebbe soltanto il compito di controllare i «sistemi di gestione e controllo» posti in essere dagli Stati membri.

    121

    La Commissione chiede il rigetto della prima censura, basata su un difetto di fondamento normativo. Le lettere impugnate si inserirebbero in un contesto regolamentare chiaramente definito e da lungo tempo noto alla Repubblica italiana. Esse si riferirebbero, infatti, alla lettera del 29 luglio 2003, la quale a sua volta si riferirebbe alla nota interpretativa, e potrebbero quindi trovare, mediante detto rinvio, il loro fondamento normativo nella regola generale controversa, citata nell’ambito di queste ultime.

    122

    Quanto alla seconda censura, attinente alla pretesa violazione delle norme che regolano il controllo finanziario, la Commissione ritiene che il ragionamento della Repubblica italiana debba essere respinto perché privo di fondamento. La responsabilità del controllo finanziario degli interventi dei fondi, assunta in via primaria dagli Stati membri, sarebbe priva di rilevanza ai fini dell’ammissibilità degli acconti. La Commissione ribadisce che la regola generale controversa è conforme al principio del rimborso delle spese, sotteso alla disciplina applicabile in materia.

    Giudizio del Tribunale

    123

    Per quanto riguarda la prima censura, basata su un difetto di fondamento normativo, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, la legislazione comunitaria dev’essere chiara e la sua applicazione dev’essere prevedibile per tutti gli interessati. Il principio di certezza del diritto fa parte dei principi generali del diritto comunitario di cui il Tribunale deve garantire l’osservanza. Esso esige che ogni atto inteso a produrre effetti giuridici tragga il proprio valore giuridico da una norma del diritto comunitario, che va esplicitamente indicata come fondamento normativo e che prescrive la forma giuridica di cui l’atto dev’essere rivestito (sentenza 16 giugno 1993, causa C-325/91, Francia/Commissione, punto 119 supra, punti 26 e 30).

    124

    Tuttavia, emerge altresì dalla giurisprudenza che l’omissione del riferimento al preciso fondamento normativo di un atto può non costituire un vizio sostanziale, qualora sia possibile determinarlo con l’ausilio di altri elementi dell’atto. Detto espresso riferimento è però indispensabile quando la sua omissione lascia gli interessati e il giudice comunitario competente nell’incertezza circa il preciso fondamento normativo (sentenza della Corte 26 marzo 1987, causa 45/86, Commissione/Consiglio, Racc. pag. 1493, punto 9, e sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T-70/99, Alpharma/Conseil, Racc. pag. II-3495, punto 112).

    125

    La seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata contengono decisioni della Commissione relative al pagamento di un importo diverso da quello richiesto dalla Repubblica italiana. Tali decisioni si basano espressamente su un diniego dell’istituzione comunitaria di porre a carico del bilancio le spese dichiarate dalla Repubblica italiana corrispondenti agli acconti controversi. Esse non citano espressamente la disposizione di diritto comunitario da cui traggono la loro forza vincolante e che prescrive la forma giuridica che devono rivestire.

    126

    Occorre pertanto verificare se nella seconda, nella terza, nella quarta e nella quinta lettera impugnata vi siano altri elementi idonei a superare l’incertezza derivante dall’omessa indicazione, nell’ambito di queste ultime, del fondamento normativo delle decisioni adottate dalla Commissione.

    127

    Dall’esposizione dei fatti (v. precedenti punti 20-35) emerge che le lettere controverse si inseriscono in un ampio scambio epistolare intervenuto tra la Commissione e la Repubblica italiana relativamente alla questione dell’ammissibilità degli acconti. Con la nota interpretativa, la Commissione aveva comunicato alla Repubblica italiana la regola generale controversa, secondo cui gli acconti non accompagnati dai documenti giustificativi relativi al loro utilizzo da parte dei destinatari ultimi non sono ammessi alla partecipazione dei fondi, ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale. Nelle sue lettere del 14 maggio e del 29 luglio 2003, la Commissione aveva ribadito la regola generale controversa. Essa aveva altresì comunicato alla Repubblica italiana la sua decisione di considerare ammissibili gli acconti erogati fino al 19 febbraio 2003, in forza del principio di tutela del legittimo affidamento.

    128

    Letto in tale contesto, il contenuto della seconda, della terza, della quarta e della quinta lettera impugnata consente alla Repubblica italiana e al Tribunale di comprendere che queste ultime danno applicazione, in ciascuna fattispecie, alla regola generale controversa, e che le decisioni che esse contengono si basano quindi sull’interpretazione dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale esposta dalla Commissione nella nota interpretativa, nelle lettere del 14 maggio e del 29 luglio 2003, nonché del 25 maggio 2004.

    129

    La legittimità di tale fondamento normativo non può peraltro essere messa in discussione dalla Repubblica italiana con riferimento al regolamento generale e al regolamento n. 448/2004, poiché, come già rilevato al precedente punto 92, la regola generale controversa è conforme sia all’art. 32 del regolamento generale, sia alla sua disposizione di applicazione di cui alla norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004.

    130

    La prima censura, basata su un difetto di fondamento normativo, non può pertanto essere accolta.

    131

    Per quanto riguarda la seconda censura, basata sull’applicazione delle disposizioni che regolano il controllo finanziario, occorre precisare che con questa la Repubblica italiana afferma, in sostanza, che la Commissione non era competente a negare il rimborso, a titolo della partecipazione dei fondi, degli acconti controversi dichiarati dalle autorità italiane.

    132

    Tuttavia, poiché si è accertato che i dinieghi di rimborso si basano sull’obbligo derivante, per la Commissione, dall’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e dalle sue disposizioni di applicazione, di effettuare esclusivamente pagamenti intermedi e pagamenti del saldo corrispondenti a spese effettivamente sostenute ai sensi dell’articolo citato, l’argomento sollevato dalla Repubblica italiana deve essere respinto. Infatti, la certificazione delle spese effettuata dalla Repubblica italiana non pregiudica la possibilità per la Commissione, nell’ambito della responsabilità generale che le incombe nell’esecuzione del bilancio, di escludere dal cofinanziamento comunitario le spese dichiarate e certificate che, secondo la sua interpretazione della disciplina applicabile, non corrispondono a spese ammissibili.

    133

    Nella fattispecie, la Commissione ha quindi agito nell’esercizio della sua competenza attributiva in materia di esecuzione del bilancio comunitario, senza invadere le competenze riservate agli Stati membri a titolo di controllo finanziario degli interventi, come risultanti dagli artt. 38 e 39 del regolamento generale e dalle relative disposizioni di applicazione contenute nel regolamento n. 438/2001.

    134

    Anche la seconda censura deve pertanto essere disattesa. Di conseguenza, il primo motivo deve essere integralmente respinto.

    Sul secondo motivo, relativo al difetto assoluto di motivazione

    Argomenti delle parti

    135

    La Repubblica italiana lamenta che le lettere impugnate violano l’obbligo di motivazione degli atti comunitari sancito dall’art. 253 CE, come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria, giacché non contengono alcun elemento a sostegno delle decisioni che esse contengono. Nella fattispecie, la Commissione sarebbe stata tenuta a sviluppare la propria analisi in maniera esplicita nelle lettere impugnate, in considerazione, per un verso, della modifica del quadro regolamentare intervenuta, poco prima della loro adozione, a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 448/2004 e, per altro verso, della portata delle decisioni contenute in tali lettere, che vanno notevolmente al di là delle decisioni precedenti (sentenza della Corte 26 novembre 1975, causa 73/74, Fabricants de papiers peints/Commissione, Racc. pag. 1491, punto 31).

    136

    La Commissione chiede il rigetto del secondo motivo perché ritiene che le lettere impugnate siano sufficientemente motivate con riferimento al contesto della fattispecie, nonché con riferimento alla disciplina riguardante l’ammissibilità delle spese alla partecipazione dei fondi strutturali, il cui contenuto era noto alla Repubblica italiana, alla quale era stato comunicato nell’ambito della nota interpretativa e della lettera 29 luglio 2003.

    Giudizio del Tribunale

    137

    In forza di una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’art. 253 CE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo (sentenze della Corte 11 settembre 2003, causa C-445/00, Austria/Consiglio, Racc. pag. I-8549, punto 49; 9 settembre 2004, causa C-304/01, Spagna/Commissione, Racc. pag. I-7655, punto 50, e 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 54).

    138

    Tale obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze concrete, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che il destinatario dell’atto può avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenze della Corte 22 marzo 2001, causa C-17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I-2481, punto 36; 7 marzo 2002, causa C-310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I-2289, punto 48, nonché sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, punto 55).

    139

    Come emerge dai precedenti punti 127 e 128, la seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata hanno applicato implicitamente la regola generale controversa enunciata nella nota interpretativa, nelle lettere del 14 maggio e del 29 luglio 2003, nonché in quella datata 25 marzo 2004. Lo scambio epistolare intervenuto tra la Commissione e la Repubblica italiana consentiva quindi a quest’ultima di comprendere che i dinieghi di rimborso si basavano implicitamente, ma in maniera chiara e inequivoca, sul fatto che gli acconti controversi dichiarati dalla Repubblica italiana non potevano essere considerati spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e non erano pertanto ammissibili alla partecipazione dei fondi.

    140

    Del resto, emerge dall’argomentazione svolta dalla Repubblica italiana nell’ambito del presente ricorso che quest’ultima ha compreso il ragionamento sotteso alle decisioni di diniego di rimborso contenute nella seconda, nella terza, nella quarta e nella quinta lettera impugnata. Infatti, la sua domanda d’annullamento di tali decisioni si basa principalmente su una contestazione della regola generale controversa, sulla quale esse si basano.

    141

    Di conseguenza, il secondo motivo, basato sul difetto assoluto di motivazione, deve essere respinto.

    Sul sesto motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità e allo sviamento di potere, e sul settimo motivo, attinente alla violazione del regolamento n. 448/2004, dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nonché alla contraddittorietà delle lettere impugnate

    Argomenti delle parti

    142

    Nell’ambito del suo sesto motivo, la Repubblica italiana sostiene che le lettere impugnate violano il principio di proporzionalità, in quanto applicano un principio generale e astratto d’inammissibilità degli acconti, che è sproporzionato rispetto alla finalità perseguita. Questo principio si fonderebbe, innanzitutto, sulla premessa non verificata che, nel caso degli acconti, non sussisterebbero garanzie sufficienti che le somme percepite dai destinatari ultimi siano poi impiegate per la realizzazione degli obiettivi dell’aiuto. Esso sarebbe poi stato adottato senza valutare la possibilità dell’esistenza di altre misure adeguate meno restrittive e, segnatamente, senza tener conto delle garanzie derivanti dalla normativa nazionale. Orbene, la legge italiana offrirebbe garanzie per quanto riguarda l’attuazione, da parte dei destinatari ultimi che percepiscono gli acconti, delle operazioni cofinanziate dai fondi. Infine, il principio applicato dalla Commissione prescinderebbe da qualsiasi analisi operata dai propri servizi in sede di esame delle domande di pagamento presentate dalle autorità nazionali.

    143

    La Repubblica italiana aggiunge che il principio generale e astratto di inammissibilità degli acconti rivela uno sviamento di potere, laddove si risolve in un mero strumento di pressione direttamente esercitata nei confronti delle autorità nazionali competenti.

    144

    Col suo settimo motivo, la Repubblica italiana sostiene che le lettere impugnate violano il principio generale di parità di trattamento, come sancito dalla giurisprudenza comunitaria, nonché le disposizioni del regolamento n. 448/2004 e sono viziate da una contraddizione flagrante in quanto sembrano introdurre, senza che ciò sia giuridicamente sostenibile, una duplice disciplina per i casi dei regimi di aiuti di Stato cofinanziati dai fondi strutturali. Infatti, mentre gli aiuti generalmente versati in forma di acconti non sarebbero, in linea di principio, ammissibili, la situazione sarebbe diversa nel caso degli aiuti all’investimento nelle piccole e medie imprese (PME), concessi in forma di versamenti erogati ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia (ivi inclusi i fondi di partecipazione in capitale di rischio), ai sensi della norma n. 1, punto 1.3, e della norma n. 8, punto 2.9, dell’allegato del regolamento n. 448/2004. La pretesa specificità di tal genere di finanziamenti non potrebbe giustificare una simile disparità di trattamento con riferimento al principio di necessità degli aiuti di Stato, già menzionato al precedente punto 81.

    145

    La Repubblica italiana afferma, inoltre, che le lettere impugnate violano il principio di certezza del diritto. Esse introdurrebbero, infatti, un elemento di incertezza nella normativa applicabile, lasciando supporre che, anche nel caso peculiare degli aiuti concessi in forma di versamenti ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia, sia possibile pretendere l’esibizione di documenti diversi da quelli indicati nel regolamento n. 448/2004 ai fini della loro ammissibilità.

    146

    La Commissione nega che le lettere impugnate violino il principio di proporzionalità. Il regolamento generale e le sue disposizioni di applicazione non impedirebbero ai beneficiari finali di versare acconti ai destinatari ultimi. Tali acconti potrebbero addirittura essere cofinanziati dai fondi, senza alcun requisito relativo alla prova del loro utilizzo, nel limite di un importo pari al 7% della partecipazione dei fondi all’intervento in questione, importo erogato dalla Commissione ai sensi dell’art. 32, n. 2, primo comma, del regolamento generale, all’atto del primo impegno.

    147

    La Commissione replica, peraltro, che le censure formulate con il settimo motivo risultano prive di fondamento e devono quindi essere respinte. Le regole di ammissibilità relative ai pagamenti erogati nei fondi di capitale di rischio, nei fondi per mutui e nei fondi di garanzia sarebbero state formulate alla luce delle caratteristiche peculiari di questo tipo di finanziamenti.

    Giudizio del Tribunale

    — Sulla violazione del regolamento n. 448/2004

    148

    Come è già stato rilevato al precedente punto 103, la seconda, la terza, la quarta e la quinta lettera impugnata hanno applicato correttamente la norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, negando la possibilità di porre a carico del bilancio comunitario gli importi corrispondenti agli acconti controversi. Si deve quindi subito respingere la censura basata sulla violazione del regolamento n. 448/2004.

    — Sulla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di certezza del diritto

    149

    Le censure basate sulla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di certezza del diritto hanno ad oggetto, in sostanza, l’applicazione che è stata data alla regola generale controversa dalla seconda, dalla terza, dalla quarta e dalla quinta lettera impugnata. È in base a tale regola, infatti, che la Commissione si è rifiutata di porre a carico del bilancio comunitario gli importi corrispondenti agli acconti controversi dichiarati dalle autorità italiane.

    150

    Occorre sottolineare che l’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e le relative disposizioni di applicazione non riconoscono alla Commissione alcun margine discrezionale quanto alla determinazione dei requisiti di ammissibilità degli acconti. Decidendo, nella seconda, nella terza, nella quarta e nella quinta lettera impugnata, che gli acconti controversi dichiarati, a titolo di pagamenti intermedi, dalla Repubblica italiana non erano ammissibili, la Commissione non ha pertanto potuto agire in violazione del principio di proporzionalità, del principio di parità di trattamento ovvero del principio di certezza del diritto.

    151

    Anche qualora si dovesse ritenere che la Repubblica italiana eccepisca, nella fattispecie, l’illegittimità dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale e delle relative disposizioni di applicazione, a sostegno del ricorso da essa proposto avverso le decisioni individuali assunte in base agli stessi, e anche qualora si ammettesse la ricevibilità di tali eccezioni di illegittimità, ai sensi dell’art. 241 CE, queste ultime non potrebbero essere accolte nel merito.

    152

    La regola generale controversa rappresenta esclusivamente un’applicazione specifica, nel contesto dei regimi di aiuti o degli aiuti concessi dagli organismi nazionali, del principio del rimborso delle spese, a titolo di pagamenti intermedi e di pagamenti del saldo, sul quale si basano l’art. 32 del regolamento generale e le relative disposizioni di applicazione, allo scopo di garantire un utilizzo dei fondi comunitari conforme ai principi di buona gestione finanziaria, di cui all’art. 274 CE (v. precedente punto 86). Occorre pertanto esaminare, nella fattispecie, la presunta violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di certezza del diritto alla luce di tale principio.

    153

    Quanto all’asserita violazione del principio di proporzionalità, occorre ricordare che esso fa parte dei principi generali del diritto comunitario e che richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenze della Corte 5 maggio 1998, causa C-157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I-2211, punto 60, e 12 marzo 2002, cause riunite C-27/00 e C-122/00, Omega Air e a., Racc. pag. I-2569, punto 62; sentenze del Tribunale 27 settembre 2002, causa T-211/02, Tideland Signal/Commissione, Racc. pag. II-3781, punto 39, e 13 aprile 2005, causa T-2/03, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, Racc. pag. II-1121, punto 99).

    154

    Ai fini del controllo giurisdizionale delle condizioni citate, occorre tener conto del fatto che il legislatore comunitario dispone di un ampio potere normativo per definire le norme generali applicabili ai fondi strutturali, corrispondente alle responsabilità politiche che l’art. 161 CE gli attribuisce. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (v., in tal senso, con riferimento alla politica agricola comune, sentenza National Farmers’ Union e a., punto 153 supra, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

    155

    Nell’ambito del sistema istituito dall’art. 32 del regolamento generale, il principio del rimborso delle spese, a titolo di pagamenti intermedi e di pagamenti del saldo, contribuisce a garantire un utilizzo dei fondi comunitari conforme ai principi di buona gestione finanziaria enunciati dall’art. 274 CE. Esso consente di evitare che la Comunità eroghi contributi finanziari rilevanti che essa non potrebbe più recuperare in seguito, ovvero solamente a fronte di rilevanti difficoltà, nell’ipotesi in cui questi ultimi non siano utilizzati conformemente alla loro destinazione, limitando il rischio affrontato dal bilancio comunitario ad un importo pari al 7% della partecipazione di fondi all’intervento in questione (conclusioni dell’avvocato generale Kokott pronunciate nella causa che ha dato luogo alla sentenza 24 novembre 2005, punto 36 supra, Racc. pag. I-10047, punti 77 e 80).

    156

    Tale limitazione del rischio affrontato dal bilancio comunitario in ragione di un utilizzo non conforme degli acconti non può essere messa in discussione, nella fattispecie, in base alle garanzie eventualmente offerte dalla disciplina italiana. Infatti, poiché le garanzie previste a livello nazionale sono istituite dal destinatario ultimo a vantaggio degli organismi nazionali che versano gli acconti, non può considerarsi manifestamente inidoneo il fatto che siano questi ultimi, e non la Comunità, ad assumere il rischio di un comportamento non conforme dei destinatari ultimi e a farsi carico delle difficoltà collegate ad un’eventuale richiesta di rimborso delle somme indebitamente versate.

    157

    Il principio del rimborso delle spese, a titolo dei pagamenti intermedi e dei pagamenti del saldo, nonché la regola generale controversa, che attua tale principio, non possono pertanto essere considerati come misure manifestamente inidonee. Il principio di proporzionalità non è stato quindi violato.

    158

    Per quanto riguarda l’asserita violazione dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto, si deve ricordare che il principio generale della parità di trattamento impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata (v., nell’ambito del pubblico impiego, sentenza del Tribunale 26 febbraio 2003, causa T-184/00, Drouvis/Commissione, Racc. PI pagg. I-A-51 e II-297, punto 39; v. altresì, nel settore della concorrenza, sentenze del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T-45/98 e T-47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II-3757, punto 237, e 6 dicembre 2005, causa T-48/02, Brouwerij Haacht/Commissione, Racc. pag. II-5259, punto 108), mentre il principio di certezza del diritto esige che le norme giuridiche siano chiare e precise, ed è diretto così a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto comunitario (sentenza della Corte 15 febbraio 1996, causa C-63/93, Duff e a., Racc. pag. I-569, punto 20, e sentenza del Tribunale 7 novembre 2002, cause riunite T-141/99, T-142/99, T-150/99 e T-151/99, Vela e Tecnagrind/Commissione, Racc. pag. II-4547, punto 391). Il principio di certezza del diritto implica che le disposizioni comunitarie non siano formulate in termini contraddittori.

    159

    La norma n. 1, punto 1.3, dell’allegato del regolamento n. 448/2004 stabilisce che gli aiuti di Stato concessi sotto forma di versamenti erogati ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia sono considerati come spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale, a condizione che i fondi in questione ottemperino ai requisiti di cui alle norme 8 e 9 di detto allegato. Come giustamente affermato dalla Commissione, tale norma effettua un’applicazione particolare del principio di rimborso delle spese a titolo di pagamenti intermedi e pagamenti del saldo, per tener conto della specificità dei finanziamenti in favore del capitale-investimento di imprese. Tali finanziamenti sono concessi alle PME da entità giuridiche indipendenti, che agiscono in veste di intermediari. Contrariamente agli acconti, i quali sono versati direttamente ai destinatari ultimi dagli organismi nazionali, i finanziamenti in favore del capitale-investimento alimentano fondi che hanno lo scopo di facilitare l’accesso dei destinatari ultimi alle fonti di finanziamento. È in base a tale specifica situazione, non comparabile a quella degli acconti, che i versamenti erogati ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia sono considerati come spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale.

    160

    Da quanto precede risulta che le disposizioni dell’allegato del regolamento n. 448/2004, in forza delle quali solamente gli aiuti concessi sotto forma di versamenti erogati ai fondi di capitale di rischio, ai fondi per mutui e ai fondi di garanzia sono considerati come spese effettivamente sostenute ai sensi dell’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale, non violano il principio di parità di trattamento.

    161

    Peraltro, il principio di certezza del diritto non può essere considerato violato nel caso di specie, in quanto sia il principio del rimborso delle spese, a titolo dei pagamenti intermedi e dei pagamenti del saldo, sia la regola generale controversa rappresentano un’applicazione conforme della disciplina applicabile. Occorre a tal proposito sottolineare che si era richiamata l’attenzione della Repubblica italiana sull’esistenza della regola generale controversa e sui requisiti di ammissibilità degli acconti previsti dall’art. 32, n. 1, terzo comma, del regolamento generale, dalla nota interpretativa, dalle lettere del 14 maggio e del 29 luglio 2003, nonché da quella del 25 marzo 2004. Risulta inoltre da quanto esposto al precedente punto 159 che la Repubblica italiana non può legittimamente sostenere di essere stata lasciata in uno stato di incertezza quanto alla disciplina vigente a causa della diversità delle norme di ammissibilità contenute nella norma n. 1, punti 1.2 e 1.3, e nella norma n. 8 dell’allegato del regolamento n. 448/2004.

    162

    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, non risulta che il principio del rimborso delle spese, a titolo dei pagamenti intermedi e dei pagamenti del saldo, e la regola generale controversa violino, di per sé stessi, ovvero nell’applicazione concreta che ne è stata fatta dalla seconda, dalla terza, dalla quarta e dalla quinta lettera impugnata, i principi di proporzionalità, di parità di trattamento o di certezza del diritto.

    163

    Di conseguenza, le censure relative alla violazione di tali principi devono essere respinte.

    — Sullo sviamento di potere

    164

    Secondo la giurisprudenza, una decisione è viziata da sviamento di potere solamente ove risulti, sulla base di elementi obiettivi, pertinenti e concordanti, che essa sia stata emanata allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati (sentenze del Tribunale 23 ottobre 1990, causa T-46/89, Pitrone/Commissione, Racc. pag. II-577, punto 71, e 6 marzo 2002, cause riunite T-92/00 e T-103/00, Diputación Foral de Álava e a./Commissione, Racc. pag. II-1385, punto 84).

    165

    Nella fattispecie, la Repubblica italiana non ha fornito alcun indizio obiettivo che consenta di concludere che la Commissione abbia commesso uno sviamento di potere nell’esercizio della propria competenza. Pertanto, lo sviamento di potere non è dimostrato.

    166

    Ne discende che il sesto e settimo motivo devono essere respinti e che il ricorso deve essere respinto nel suo insieme in quanto parzialmente irricevibile e, quanto al resto, infondato.

    Sulle spese

    167

    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

     

    Per questi motivi,

    IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

    dichiara e statuisce:

     

    1)

    Il ricorso è respinto.

     

    2)

    La Repubblica italiana è condannata alle spese.

     

    Meij

    Forwood

    Pelikánová

    Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 dicembre 2007.

    Il cancelliere

    E. Coulon

    Il presidente facente funzione

    A.W.H. Meij

    Indice

     

    Contesto normativo

     

    Disposizioni relative all’ammissibilità delle spese alla partecipazione dei fondi

     

    Disposizioni in tema di pagamento della partecipazione dei fondi

     

    Disposizioni relative alla certificazione delle spese

     

    Disposizioni in tema di controllo finanziario

     

    Fatti all’origine del ricorso

     

    Procedimento e conclusioni delle parti

     

    Sulla ricevibilità

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sul merito

     

    Sul terzo motivo, relativo alla mancata osservanza del procedimento di formazione delle decisioni della Commissione e alla violazione del suo regolamento interno

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sul quarto motivo, attinente alla violazione dell’art. 32 del regolamento generale e della norma n. 1, punti 1 e 2, dell’allegato del regolamento n. 448/2004, e sul quinto motivo, attinente alla violazione delle norme in tema di ammissibilità delle spese

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sull’ottavo motivo, attinente alla violazione dell’art. 9 del regolamento n. 438/2001, e sul nono motivo, attinente alla violazione di un principio di semplificazione.

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sul primo motivo, attinente ad un difetto di fondamento normativo e alla violazione delle norme che regolano il controllo finanziario

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sul secondo motivo, relativo al difetto assoluto di motivazione

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    Sul sesto motivo, relativo alla violazione del principio di proporzionalità e allo sviamento di potere, e sul settimo motivo, attinente alla violazione del regolamento n. 448/2004, dei principi di parità di trattamento e di certezza del diritto nonché alla contraddittorietà delle lettere impugnate

     

    Argomenti delle parti

     

    Giudizio del Tribunale

     

    — Sulla violazione del regolamento n. 448/2004

     

    — Sulla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di certezza del diritto

     

    — Sullo sviamento di potere

     

    Sulle spese


    ( *1 ) Lingua processuale: l'italiano.

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