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Documento 62004TO0170

Ordinanza del Tribunale di primo grado (Quarta Sezione) del 28 giugno 2005.
Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini italiani (FederDoc) e altri contro Commissione delle Comunità europee.
Ricorso di annullamento - Regolamento (CE) n. 316/2004 - Organizzazione comune del mercato vitivinicolo - Regime delle menzioni tradizionali - Persone giuridiche - Soggetti individualmente interessati - Irricevibilità.
Causa T-170/04.

Raccolta della Giurisprudenza 2005 II-02503

Identificatore ECLI: ECLI:EU:T:2005:257

Causa T‑170/04

Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini italiani (FederDoc) e altri

contro

Commissione delle Comunità europee

«Ricorso di annullamento — Regolamento (CE) n. 316/2004 — Organizzazione comune del mercato vitivinicolo — Regime delle menzioni tradizionali — Persone giuridiche — Soggetti individualmente interessati — Irricevibilità»

Ordinanza del Tribunale (Quarta Sezione) 28 giugno 2005 

Massime dell’ordinanza

1.     Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Regolamento che modifica le norme applicabili alla tutela delle menzioni tradizionali complementari relative ai vini — Ricorso di taluni produttori di vino italiani — Ricorso di talune associazioni di produttori di vino italiani — Irricevibilità

[Art. 230, quarto comma, CE; regolamento (CE) della Commissione n. 316/2004]

2.     Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Interpretazione contra legem del requisito consistente nell’essere riguardati individualmente — Inammissibilità

(Art. 230, quarto comma, CE)

1.     Il regolamento n. 316/2004, recante modifica del regolamento n. 753/2002 che fissa talune modalità di applicazione del regolamento n. 1493/1999 per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli, il quale modifica segnatamente le norme applicabili alla tutela delle menzioni tradizionali complementari che designano i vini, costituisce una misura di portata generale ai sensi dell’art. 249, secondo comma, CE, atteso che si applica a situazioni definite oggettivamente e produce effetti giuridici per categorie di operatori economici che rispondono a taluni requisiti determinati in modo generale e astratto. Infatti, esso non riguarda unicamente i produttori di vino italiani, bensì produce parimenti effetti giuridici nei confronti di un numero indeterminato di produttori di altri Stati membri che utilizzano attualmente e che utilizzeranno in futuro menzioni tradizionali complementari.

Tale regolamento può riguardare individualmente una persona fisica o giuridica soltanto quando la pregiudica a causa di determinate sue peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che la distingue da chiunque altro e la identifica in modo analogo al destinatario di una decisione. Ciò non avviene nel caso di taluni produttori di vino italiani autorizzati a utilizzare le menzioni tradizionali italiane specificate, inizialmente contenute nella sezione B dell’allegato III al regolamento n. 753/2002, né nel caso di talune associazioni di produttori di vino italiani.

Da un lato, il detto regolamento riguarda i produttori italiani di cui trattasi solamente nella loro qualità oggettiva di produttori di vini di qualità prodotti in una regione determinata (v.q.p.r.d.). Infatti, l’esistenza di una tutela giuridica per menzioni tradizionali determinate e tassativamente elencate non è idonea a distinguere i produttori italiani dagli altri produttori di v.q.p.r.d. della Comunità recanti menzioni tradizionali complementari. Parimenti, anche se le misure previste dal regolamento di cui trattasi possono provocare conseguenze economiche rilevanti per i ricorrenti, resta il fatto che conseguenze analoghe ne derivano per gli altri produttori di v.q.p.r.d. della Comunità. In ogni caso, non è sufficiente che taluni operatori siano economicamente colpiti da un atto in misura maggiore dei loro concorrenti perché siano individualmente interessati dall’atto medesimo.

D’altro lato, anzitutto, un’associazione costituita per promuovere gli interessi collettivi di una categoria di soggetti non può essere considerata individualmente interessata da un atto che leda gli interessi generali di questa categoria di soggetti allorché questi ultimi non sono lesi a titolo individuale. Inoltre, se è pur vero che la sussistenza di circostanze particolari, quali il ruolo svolto da un’associazione nell’ambito di un procedimento dal quale sia scaturito un atto ai sensi dell’art. 230 CE, può giustificare la ricevibilità di un ricorso proposto da un’associazione i cui membri non siano individualmente interessati dall’atto contestato, segnatamente quando la sua posizione di negoziatrice sia stata pregiudicata dall’atto medesimo, questa situazione non si è verificata nel caso delle associazioni di cui trattasi. Infine, le dette associazioni non possono nemmeno essere individualmente interessate dal regolamento di cui trattasi in quanto esisterebbe una disposizione di legge che riconosce loro una serie di facoltà di carattere procedurale.

(v. punti 35‑36, 38, 42‑44, 48, 50‑52)

2.     Se è pur vero che, nell’ambito di un ricorso di annullamento, il requisito dell’interesse individuale postulato dall’art. 230, quarto comma, CE deve essere interpretato alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva tenendo conto delle diverse circostanze atte a individualizzare un ricorrente, tale interpretazione non può condurre a escludere il requisito di cui trattasi.

(v. punto 56)




ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

28 giugno 2005 (*)

«Ricorso di annullamento – Regolamento (CE) n. 316/2004 – Organizzazione comune del mercato vitivinicolo – Regime delle menzioni tradizionali – Persone giuridiche – Soggetti individualmente interessati – Irricevibilità»

Nella causa T‑170/04,

Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini italiani (FederDoc), con sede in Roma,

Consorzio per la tutela dei vini Valpolicella, con sede in San Floriano,

Consorzio tutela denominazione Frascati Soc. consortile coop. rl, con sede in Frascati,

Consorzio del vino Brunello di Montalcino, con sede in Montalcino,

Cantina cooperativa di Montefiascone Soc. coop. rl, con sede in Montefiascone,

Azienda Agricola Ruggiero Giuseppa «Masseria Felicia» Snc, con sede in Carano di Sessa A.,

Michele Moio fu Luigi Srl, con sede in Mondragone,

Consorzio vino Chianti Classico, con sede in Radda in Chianti,

Consorzio tutela vini DOC Colli Piacentini, con sede in Piacenza,

Cantine grotta del sole Srl, con sede in Quarto,

Val Calore Soc. coop. rl, con sede in Castel San Lorenzo,

Consorzio tutela Morellino di Scansano, con sede in Scansano,

Consorzio tutela vini Gambellara DOC, con sede in Gambellara,

Consorzio tutela dei vini Soave e Recioto di Soave, con sede in Soave,

Azienda vitivinicola eredi Ing. Nicola Guglierame, con sede in Pornassio,

Cooperativa agricola di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso, con sede in Riomaggiore,

Consorzio per la tutela dei vini di Valtellina, con sede in Sondrio,

Consorzio tutela vini DOC «Breganze», con sede in Breganze,

Consorzio volontario per la tutela del vino Marsala, con sede in Marsala,

Consorzio vini Valdichiana, con sede in Arezzo,

Consorzio del vino nobile di Montepulciano, con sede in Montepulciano,

rappresentati dagli avv.ti L. Spagnuolo Vigorita, P. Tanoni e R. Gandin,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. M. Nolin e V. Di Bucci, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento in toto o, in subordine, di annullamento parziale del regolamento (CE) della Commissione 20 febbraio 2004, n. 316, recante modifica del regolamento (CE) n. 753/2002, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (GU L 55, pag. 16),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),

composto dal sig. H. Legal, presidente, dal sig. P. Mengozzi e dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka, giudici,

cancelliere: sig. H. Jung

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

 Contesto normativo

1       Le norme generali relative alla tutela ed all’utilizzazione delle menzioni tradizionali che designano taluni vini sono stabilite dal regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1493, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 179, pag. 1). Ai termini delle disposizioni di cui all’allegato VII, sezione B.1, lett. b), quinto trattino, dello stesso regolamento, l’etichettatura dei prodotti ottenuti nella Comunità può essere completata, per quanto attiene ai vini da tavola con indicazione geografica e ai vini di qualità prodotti in una regione determinata (i «v.q.p.r.d.»), mediante menzioni tradizionali complementari, secondo le modalità previste dallo Stato membro produttore.

2       Le modalità d’applicazione del regolamento n. 1493/1999 e, segnatamente, le norme applicabili alla tutela delle menzioni tradizionali, che ricomprendono le menzioni tradizionali complementari, sono state stabilite dalla Commissione con il regolamento (CE) 29 aprile 2002, n. 753, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (GU L 118, pag. 1).

3       In conformità dell’art. 23 del regolamento n. 753/2002, «l’espressione “menzione tradizionale complementare” si utilizza tradizionalmente per indicare i vini di cui [al titolo IV del regolamento medesimo] negli Stati membri produttori; essa si riferisce in particolare ad un metodo di produzione, di elaborazione o di invecchiamento oppure alla qualità, al colore o al tipo di luogo o ad un evento connesso alla storia del vino e che è definito nella legislazione degli Stati membri produttori allo scopo di designare i vini in questione prodotti nel loro territorio».

4       Il regolamento n. 753/2002 conteneva, nell’allegato III, l’elenco delle menzioni tradizionali di otto Stati membri produttori (Repubblica federale di Germania, Repubblica d’Austria, Regno di Spagna, Repubblica francese, Repubblica ellenica, Repubblica italiana, Granducato di Lussemburgo e Repubblica portoghese) che erano riconosciute e protette. Tale elenco si articolava in due parti, la sezione A e la sezione B. La sezione A contemplava, quanto alla Repubblica italiana, 43 menzioni tradizionali nella categoria v.q.p.r.d. La sezione B conteneva, quanto alla Repubblica italiana, le 17 menzioni tradizionali indicate dai ricorrenti e destinate ad applicarsi alla categoria v.q.p.r.d., vale a dire: Amarone, Cannellino, Brunello, Est ! Est !! Est !!!, Falerno, Governo all’uso toscano, Gutturnio, Lacryma Christi, Lambiccato, Morellino, Recioto, Sciacchetrà (o Sciactrà), Sforzato o Sfurzat, Torcolato, Vergine, Vino Nobile, Vin Santo. Tale elenco poteva essere completato o modificato a seguito di comunicazioni che gli Stati membri trasmettevano alla Commissione a norma dell’art. 24, n. 7, del regolamento n. 753/2002.

5       Ai sensi dell’art. 24, n. 2, del regolamento n. 753/2002, le menzioni tradizionali di cui all’allegato III sono riservate ai vini ai quali esse si riferiscono e sono tutelate:

«a)      contro qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la menzione protetta è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “imitazione”, “marchio” o altre menzioni analoghe;

b)      contro qualsiasi altra indicazione abusiva, falsa o ingannevole relativa alla natura o alle qualità essenziali del vino usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi al prodotto di cui trattasi;

c)      contro qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il pubblico e in particolare che lasci supporre che il vino fruisca della menzione tradizionale protetta».

6       L’art. 24, n. 3, del regolamento medesimo vieta, ai fini della designazione di un vino, l’utilizzazione sull’etichettatura di marchi contenenti una delle menzioni tradizionali riportate nell’allegato III. Una deroga è tuttavia prevista al secondo comma dello stesso n. 3, riguardo all’ipotesi particolare in cui i marchi di cui trattasi siano stati legittimamente registrati nella Comunità anteriormente alla data di pubblicazione del regolamento n. 753/2002 ed effettivamente utilizzati in buona fede sin dalla loro registrazione.

7       Il successivo art. 24, n. 4, terzo comma, prevede che ogni menzione tradizionale di cui all’allegato III sia legata ad una o a più categorie di vini, tra le quali i v.q.p.r.d, precisando al tempo stesso che, qualora i v.q.p.r.d. non siano già ricompresi in un’altra categoria di vini, la tutela della menzione tradizionale si applica solamente alla designazione di vini diversi dai vini liquorosi, i vini spumanti e i vini spumanti gassificati nonché i vini frizzanti e i vini frizzanti gassificati.

8       Le disposizioni di cui ai nn. 5 e 6 del medesimo art. 24 indicavano rispettivamente i requisiti cui le menzioni tradizionali dovevano rispondere per poter figurare nella sezione A e nella sezione B dell’allegato III.

9       Per poter figurare nella sezione A dell’allegato III, le menzioni tradizionali dovevano, conformemente ai requisiti indicati all’art. 24, n. 5, nel testo precedente la novella di cui al regolamento (CE) della Commissione 20 febbraio 2004, n. 316, recante modifica del regolamento n. 753/2002 (GU L 55, pag. 16; in prosieguo: il «regolamento impugnato»):

«a)      essere specifiche di per sé e precisamente definite nella legislazione dello Stato membro;

b)      essere sufficientemente distintive e/o godere di una solida reputazione nell’ambito del mercato comunitario;

c)      essere state utilizzate tradizionalmente per almeno 10 anni nello Stato membro in questione;

d)      essere associate a uno o, eventualmente, a più vini o categorie di vini comunitari».

10     Per poter figurare nella sezione B del medesimo allegato III, le menzioni tradizionali, conformemente all’art. 24, n. 6, del regolamento n. 753/2002, nel testo precedente la novella di cui al regolamento impugnato, dovevano non solo rispondere ai requisiti indicati al n. 5, sopra menzionati, ma essere parimenti «associate a un vino recante un’indicazione geografica e servire a identificare questo vino come originario di detta regione o località del territorio comunitario qualora la reputazione, una qualità o un’altra caratteristica determinata del vino, espressa dalla menzione tradizionale in causa, [potesse] essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica».

11     Al n. 8 del medesimo art. 24 erano indicati i requisiti necessari e la procedura da seguire affinché i produttori di paesi terzi potessero contraddistinguere i loro prodotti utilizzando menzioni tradizionali ricomprese nell’allegato III, sezione A.

12     Il regolamento impugnato ha apportato modifiche al regolamento n. 753/2002 al fine di prendere in considerazione le riserve che quest’ultimo aveva suscitato presso taluni paesi terzi produttori di vini. In particolare, con tali modifiche si è voluto rispondere alla richiesta di tali paesi, formulata nell’ambito dell’attuazione di taluni accordi conclusi in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, di consentire loro l’utilizzazione di talune menzioni tradizionali.

13     L’art. 1, punto 4, del regolamento impugnato ha modificato l’art. 24 del regolamento n. 753/2002, sostituendo la frase introduttiva del n. 5 ed eliminando i nn. 6 e 8. Tali modifiche implicano il venir meno della distinzione tra la sezione A e la sezione B dell’allegato III. I requisiti che disciplinano l’inserimento di una menzione tradizionale di uno Stato membro nell’allegato III sono, ormai, quelli che si applicavano in precedenza all’inserimento nella sezione A, laddove la disciplina relativa ai vini dei paesi terzi è stata trasferita all’art. 37, n. 1, del regolamento n. 753/2002, modificato dall’art. 1, punto 10, del regolamento impugnato.

14     Il nuovo art. 37, n. 1, lett. e), del regolamento n. 753/2002 autorizza l’utilizzazione, da parte dei produttori di vini dei paesi terzi, delle menzioni tradizionali complementari il cui elenco attuale integra le menzioni precedentemente contenute nella sezione A e nella sezione B dell’allegato III. Il testo risultante da tali modifiche così recita:

«1. In applicazione dell’allegato VII, sezione B.2, del regolamento (CE) n. 1493/1999, l’etichettatura dei vini originari dei paesi terzi (esclusi i vini spumanti, i vini spumanti gassificati e i vini frizzanti gassificati, ma compresi i vini ottenuti da uve stramature) e dei mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto, elaborati nei paesi terzi che recano il nome di un’indicazione geografica conformemente all’articolo 36, può essere completata dalle indicazioni seguenti:

(…)

e)      per quanto riguarda i vini dei paesi terzi e i mosti di uve parzialmente fermentati destinati al consumo umano diretto dei paesi terzi, menzioni tradizionali complementari:

i)      diverse da quelle figuranti nell’allegato III, conformemente alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative e

ii)      figuranti nell’allegato III, purché le condizioni d’impiego siano conformi alle norme applicabili ai produttori di vino del paese terzo di cui trattasi, comprese quelle stabilite da organizzazioni professionali rappresentative, e a condizione che:

–       tali paesi abbiano presentato alla Commissione una domanda motivata e trasmesso gli elementi che permettono di giustificare il riconoscimento delle menzioni tradizionali,

–       le menzioni siano specifiche di per sé,

–       le menzioni siano sufficientemente distintive e/o godano di una solida reputazione all’interno del paese terzo,

–       le menzioni siano state utilizzate tradizionalmente per almeno dieci anni nel paese terzo,

–       le menzioni siano associate a uno o, eventualmente, a più categorie di vini del paese terzo,

–       le prescrizioni stabilite dal paese terzo non siano di natura tale da indurre i consumatori in errore circa la menzione di cui trattasi.

Inoltre, alcune menzioni tradizionali figuranti nell’allegato III possono essere utilizzate nell’etichettatura dei vini che recano un’indicazione geografica e sono originari dei paesi terzi nella lingua del paese terzo di origine oppure in un’altra lingua, se l’utilizzazione di una lingua diversa dalla lingua ufficiale del paese è considerata tradizionale per quanto concerne una menzione tradizionale, se l’utilizzazione di tale lingua è prevista dalla legislazione del paese e se tale lingua è utilizzata per questa menzione tradizionale ininterrottamente da almeno venticinque anni.

Si applica, mutatis mutandis, il disposto dell’articolo 23 e dell’articolo 24, paragrafi 2, 3, 4, secondo comma, e paragrafo 6, lettera c).

Per ciascuna menzione tradizionale di cui al punto ii), i paesi terzi interessati sono indicati nell’allegato III;

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

15     Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 18 maggio  2004 i ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

16     I ricorrenti, complessivamente 21, sono i seguenti:

–       la FederDOC (Confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini italiani), associazione di diritto privato che riunisce in confederazione i consorzi volontari dei produttori italiani di vini e che, ai termini del suo statuto, si propone, segnatamente, di fornire ogni forma di sostegno ai consorzi medesimi e di agire ai fini della tutela giuridica delle denominazioni italiane a livello sia nazionale che internazionale;

–       sette produttori italiani che producono e commercializzano un v.q.p.r.d. che gode di una delle 17 menzioni tradizionali complementari già previste nella sezione B dell’allegato III del regolamento n. 753/2002 (in prosieguo: i «produttori italiani»);

–       tredici consorzi volontari che si propongono di valorizzare, presso il pubblico ed i consumatori, i v.q.p.r.d. italiani, assicurando la promozione della loro denominazione, in modo da contraddistinguerli rispetto agli altri vini concorrenti sul mercato. Tali consorzi (in prosieguo: i «consorzi volontari») devono parimenti garantire la tutela, ivi compresa quella giurisdizionale, della denominazione per la quale ognuno di essi è stato costituito, ai sensi della legge italiana 10 febbraio 1992, n. 164, relativa al regime delle denominazioni dei vini.

17     Con separato atto, depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 28 luglio 2004, la Commissione ha sollevato eccezione di irricevibilità ai sensi dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale.

18     I ricorrenti hanno depositato le proprie osservazioni in merito a tale eccezione il 24 settembre 2004.

19     Nel ricorso i ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–       annullare il regolamento impugnato in toto ovvero, in subordine, annullarne l’art. 1, punto 3, punto 8, lett. a), punti 9, 10 e 18;

–       condannare la Commissione alle spese.

20     Nell’eccezione di irricevibilità la Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–       dichiarare il ricorso irricevibile;

–       condannare i ricorrenti alle spese.

21     Nelle osservazioni in merito all’eccezione di irricevibilità i ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–       respingere l’eccezione di irricevibilità e disporre il proseguimento del procedimento;

–       in subordine, decidere sull’eccezione di irricevibilità unitamente al merito e disporre il proseguimento del procedimento.

 In diritto

22     Ai sensi dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura, su richiesta di una parte, il Tribunale può statuire sull’irricevibilità senza impegnare la discussione nel merito. Ai sensi del n. 3 del medesimo articolo, salvo contraria decisione del Tribunale, il procedimento prosegue oralmente. Il Tribunale ritiene, nella specie, di essere sufficientemente edotto dall'esame degli atti del fascicolo e che non occorra aprire la fase orale.

 Argomenti delle parti

23     La Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile, atteso che i ricorrenti non sono individualmente interessati dal regolamento impugnato.

24     Infatti, i produttori italiani non potrebbero invocare qualità personali o circostanze particolari idonee a distinguerli da qualsiasi altro soggetto.

25     Parimenti, i consorzi volontari non sarebbero legittimati a proporre ricorso di annullamento, atteso che nessuno dei loro membri presenterebbe un interesse individuale a contestare il regolamento impugnato.

26     Infine, la FederDOC, quale confederazione di consorzi volontari, sarebbe parimenti priva di legittimazione attiva per gli stessi motivi per i quali lo sarebbero i suoi membri.

27     I ricorrenti ritengono che il ricorso sia ricevibile. L’eliminazione della distinzione tra le sezioni A e B dell’allegato III del regolamento n. 753/2002 pregiudicherebbe gli interessi dei produttori italiani, in quanto verrebbe in tal modo meno la possibilità di impedire a produttori di paesi terzi di commercializzare vini all’interno della Comunità utilizzando una delle menzioni di cui trattasi.

28     Inoltre, le circostanze della specie sarebbero sostanzialmente analoghe a quelle della causa da cui è scaturita la sentenza della Corte 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorniu/Consiglio (Racc. pag. I‑1853). Infatti, i produttori italiani produrrebbero e commercializzerebbero un vino che gode di una delle 17 menzioni tradizionali complementari di cui trattasi, le quali costituirebbero segni distintivi, assimilabili a marchi collettivi da cui scaturirebbe un diritto esclusivo, ancorché condiviso tra i produttori autorizzati ad avvalersene.

29     Dal canto loro, i consorzi volontari si prefigurerebbero di organizzare e di coordinare le attività di categorie di soggetti interessati dalla produzione e dalla commercializzazione di ogni singola denominazione e di garantire la tutela di una più denominazioni per la quale o per le quali essi sono stati specificamente costituiti. Il loro ricorso sarebbe ricevibile, atteso che tali consorzi rappresentano gli interessi di imprese individualmente interessate e che una disposizione di legge riconosce loro espressamente una serie di facoltà di carattere procedurale.

30     Quanto alla FederDOC, dal suo statuto risulterebbe che la detta associazione si prefigge di agire ai fini della tutela giuridica, sul piano sia nazionale che internazionale, delle denominazioni italiane e che essa è individualmente interessata allo stesso titolo dei consorzi volontari.

31     I ricorrenti sostengono, peraltro, la necessità di adottare un’interpretazione dell’art. 230, quarto comma, CE più ampia di quella accolta a seguito della sentenza della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plauman/Commissione (Racc. pag. 195) e di interpretare l’art. 230, quarto comma, CE conformemente al principio di una tutela giurisdizionale effettiva. Inoltre, i ricorrenti si richiamano al progetto definitivo del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004 (GU C 310, pag. 1), che prevede la modifica dell’art. 230, quarto comma, CE, eliminando l’obbligo di dimostrare la lesione di un interesse individuale per quanto attiene ai ricorsi proposti contro i regolamenti che non necessitano di misure di esecuzione.

 Giudizio del Tribunale

32     Ai termini dell’art. 230, quarto comma, CE, «qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre (…) un ricorso (…) contro le decisioni che, pur apparendo come un regolamento (…), la riguardano direttamente e individualmente».

 Sulla natura delle disposizioni impugnate

33     Secondo costante giurisprudenza, il criterio distintivo tra una decisione e un regolamento va ricercato nella portata generale o meno dell’atto di cui trattasi (sentenza della Corte 14 dicembre 1962, cause riunite 16/62 e 17/62, Confédération nationale des producteurs de fruits e légumes e a./Consiglio CEE, Racc. pag. 877, in particolare pag. 893), e sentenza del Tribunale 3 febbraio 2005, causa T‑139/01, Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, Racc. pag. II‑409, punto 87). Un atto possiede portata generale quando si applica a situazioni determinate oggettivamente e spiega effetti giuridici nei confronti di categorie di persone considerate in modo astratto (sentenza Comafrica e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, citata supra, punto 87; v., parimenti, in tal senso, sentenza della Corte 21 novembre 1989, causa C‑244/88, Usines coopératives de déshydratation du Vexin e a./Commissione, Racc. pag. 3811, punto 13).

34     Nella specie, il regolamento impugnato, più in particolare le disposizioni di cui i ricorrenti chiedono l’annullamento in via subordinata, implica un affievolimento del livello di tutela di cui beneficiavano le 17 menzioni tradizionali complementari previste inizialmente nella sezione B dell’allegato III. Infatti, a termini dell’art. 24, n. 6, del regolamento n. 753/2002, per poter figurare nella sezione B, tali menzioni tradizionali dovevano non solo rispettare i requisiti previsti dall’art. 24, n. 5, richiamati supra al punto 8, bensì parimenti «essere associate a un vino recante un’indicazione geografica e servire a identificare questo vino come originario di detta regione o località del territorio comunitario qualora la reputazione, una qualità o un’altra caratteristica determinata del vino, espressa dalla menzione tradizionale in causa, [potesse] essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica». Le menzioni contenute nella sezione B potevano essere quindi utilizzate unicamente per vini originari di regioni o di località specifiche del territorio della Comunità e i produttori autorizzati erano legittimati ad opporsi alla commercializzazione nella Comunità di vini originari di paesi terzi recanti tali menzioni tradizionali. A seguito delle modifiche apportate al regolamento n. 753/2002 dal regolamento impugnato, in particolare dall’art. 1, punto 4, del medesimo, le menzioni tradizionali complementari precedentemente contenute nella sezione B dell’allegato III possono essere ormai utilizzate – una volta soddisfatti gli specifici requisiti di cui al regolamento n. 753/2002, come modificato – dai produttori di vini di paesi terzi.

35     Tuttavia, i ricorrenti non sono gli unici soggetti interessati dalle modifiche apportate dal regolamento impugnato, il quale si applica parimenti a tutti gli altri produttori di vino italiani – attuali e potenziali – legalmente autorizzati ad utilizzare le menzioni tradizionali italiane. Inoltre, considerato che si tratta di un atto la cui applicazione non è limitata né al territorio italiano né nel tempo, esso non riguarda unicamente i produttori italiani, bensì produce parimenti effetti giuridici nei confronti di un numero indeterminato di produttori di altri Stati membri che utilizzano attualmente e che utilizzeranno in futuro menzioni inizialmente contenute nella sezione B dell’allegato III. Orbene, tale elenco conteneva, oltre alle 17 menzioni italiane, menzioni utilizzate per vini prodotti in Germania, Austria, Spagna, Francia, Grecia e Portogallo.

36     Il regolamento impugnato costituisce, in tal modo, una misura di portata generale ai sensi dell’art. 249, secondo comma, CE e, quindi, una misura di natura normativa. Esso si applica a situazioni definite oggettivamente e produce effetti giuridici per categorie di operatori economici che rispondono a taluni requisiti determinati in modo generale e astratto (v., in tal senso, ordinanze della Corte 26 ottobre 2000, causa C‑447/98 P, Molkerei Großbraunshain e Bene Nahrungsmittel/Commissione, Racc. pag. I‑9097, punto 67, e del Tribunale 6 luglio 2004, causa T‑370/02, Alpenhain‑Camembert‑Werk e a./Commissione, Racc. pag. II‑2097, punto 55, e la giurisprudenza ivi richiamata). Tale portata generale risulta d’altronde dall’oggetto della normativa di cui trattasi, consistente nello specificare le norme relative all’utilizzazione delle menzioni tradizionali e alla loro tutela in tutta la Comunità europea.

37     Tale rilievo non è inficiato dalle deduzioni dei ricorrenti secondo cui le disposizioni del regolamento impugnato perderebbero il loro carattere generale ed astratto a fronte del fatto che taluni criteri che consentono di riconoscere l’esistenza di una menzione tradizionale lasciano spazio ad una valutazione discrezionale e del fatto che l’utilizzazione di una menzione viene concessa ai vini di paesi terzi solamente a seguito dell’inserimento del nome del paese terzo nell’allegato III. Infatti, come già precedentemente osservato, tali disposizioni riguardano parimenti altri produttori che utilizzano attualmente e che utilizzeranno in futuro menzioni tradizionali complementari.

 Sulla legittimazione attiva dei ricorrenti

38     Secondo la giurisprudenza, non è escluso che una disposizione che possieda, per sua natura e portata, un carattere normativo, in quanto si applica alla generalità degli operatori economici interessati, possa concernere individualmente alcuni di loro. Ciò si verifica se l’atto di cui trattasi riguarda una persona fisica o giuridica a causa di determinate sue peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che la distingue da chiunque altro e la identifica in modo analogo al destinatario di una decisione (v., in tal senso, sentenze della Corte Codorniu/Consiglio, citata supra, punti 19 e 20, e 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 36, e la giurisprudenza ivi richiamata).

39     Occorre quindi esaminare, in successione, se i produttori italiani, i consorzi volontari e la FederDOC abbiano dimostrato la sussistenza di una situazione di tal genere.

–       Sull’interesse individuale dei produttori italiani

40     Nella specie, i produttori italiani sostengono che l’eliminazione della distinzione tra le sezioni A e B dell’allegato III del regolamento n. 753/2002 ha determinato un affievolimento del livello di tutela di cui beneficiavano le 17 menzioni tradizionali complementari relative all’Italia – di cui alla sezione B dell’allegato III – che essi soli potevano utilizzare all’interno della Comunità, ledendo in tal modo i loro interessi. Tuttavia, tale situazione non consente di ritenere che i produttori italiani siano individualizzati in modo analogo a quello in cui lo sarebbe il destinatario di una decisione. Infatti, l’eliminazione di tale distinzione incide sui produttori italiani nello stesso modo che su tutti gli altri produttori comunitari i cui vini potrebbero recare menzioni precedentemente previste nella sezione B dell’allegato III.

41     Si deve parimenti rilevare che il fatto che un regolamento influisca sulla situazione giuridica di un singolo non è sufficiente per distinguere quest’ultimo dalla generalità (ordinanza del Tribunale 2 aprile 2004, causa T‑231/02, Gonnelli e AIFO/Commissione, Racc. pag. II‑1051, punto 38).

42     Nella specie, l’esistenza di una tutela giuridica per menzioni tradizionali determinate e tassativamente elencate non è idonea a distinguere i produttori italiani dagli altri produttori di v.q.p.r.d. della Comunità recanti menzioni tradizionali complementari. Questi ultimi, trovandosi nella stessa situazione dei produttori italiani, possono invocare a loro beneficio la stessa tutela riguardo alle loro menzioni tradizionali e subiscono lo stesso affievolimento della tutela delle loro menzioni tradizionali precedentemente contenute nella sezione B dell’allegato III del regolamento n. 753/2002.

43     Parimenti, anche se le misure previste dal regolamento impugnato possono provocare conseguenze economiche rilevanti per i ricorrenti, resta il fatto che conseguenze analoghe ne derivano per gli altri produttori di v.q.p.r.d. della Comunità (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 aprile 2003, causa C‑142/00 P, Commissione/Nederlandse Antillen, Racc. pag. I‑3483, punto 77, e ordinanza Gonnelli e AIFO/Commissione, citata supra, punto 45). Pertanto, gli effetti ritenuti dai ricorrenti pregiudizievoli per i produttori italiani non valgono a distinguerli dagli altri operatori economici interessati.

44     In ogni caso, non è sufficiente che taluni operatori siano economicamente colpiti da un atto in misura maggiore dei loro concorrenti perché siano individualmente interessati dall’atto medesimo (ordinanze del Tribunale 15 settembre 1999, causa T‑11/99, Van Parys e a./Commissione, Racc. pag. II‑2653, punto 50, e 10 dicembre 2004, causa T‑196/03, EFfCI/Parlamento e Consiglio, Racc. II‑4263, punto 47).

45     Inoltre, non può nemmeno ritenersi che i produttori italiani, godendo di diritti esclusivi, siano individualmente interessati ai sensi della menzionata sentenza Codorniu/Consiglio.

46     In questa causa, una disposizione di portata generale impediva al ricorrente di utilizzare il marchio figurativo che questi aveva registrato e utilizzato tradizionalmente per un lungo periodo anteriormente all’emanazione del regolamento di cui trattavasi nella specie, ragion per cui la posizione del ricorrente risultava evidenziata rispetto a quella di tutti gli altri operatori economici. È pur vero che il diritto ad utilizzare menzioni tradizionali presenta, quanto al suo contenuto, elementi comuni con il diritto derivante dalla registrazione di un marchio collettivo. Tuttavia, tale somiglianza non è sufficiente a concludere che la situazione dei produttori italiani è identica o analoga a quella del ricorrente nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Codorniu/Consiglio. Infatti, tenuto conto del diritto esclusivo risultante dalla registrazione di un marchio, il ricorrente di cui alla menzionata causa si è venuto a trovare, a seguito dell’emanazione del regolamento de quo, da solo in una situazione del tutto distinta rispetto a tutti gli altri operatori economici.

47     Tale ipotesi non ricorre nella specie. A differenza del regolamento impugnato oggetto della sentenza Codorniu/Consiglio, citata supra, il regolamento impugnato nella specie non individualizza un solo soggetto, bensì produce parimenti effetti giuridici nei confronti di tutti i produttori – attuali e potenziali – di vino legalmente autorizzati a utilizzare le 17 menzioni tradizionali italiane nonché nei confronti di tutti gli altri produttori di altri Stati membri che utilizzano attualmente e che utilizzeranno in futuro menzioni inizialmente contenute nella sezione B dell’allegato III. Conseguentemente, la situazione dei produttori italiani, ricorrenti nella specie, non è eccezionale come lo era invece la situazione del ricorrente nella causa da cui è scaturita la menzionata sentenza Codorniu/Consiglio.

48     Ne consegue che il regolamento impugnato riguarda i produttori italiani solamente nella loro qualità oggettiva di produttori di v.q.p.r.d. Pertanto, non avendo dimostrato la sussistenza di un interesse individuale, i produttori italiani non sono legittimati a contestare il regolamento impugnato.

–       Sull’interesse individuale dei consorzi volontari

49     Secondo la giurisprudenza, i ricorsi proposti da associazioni sono ricevibili in tre ipotesi: quando esse rappresentino gli interessi di imprese che, a loro volta, siano legittimate ad agire, o quando l’associazione sia individualizzata per il pregiudizio arrecato ai propri interessi in quanto associazione, in particolare se la sua posizione di negoziatrice è stata pregiudicata dall’atto di cui è richiesto l’annullamento, o, ancora, quando una disposizione di natura normativa riconosca espressamente alle associazioni una serie di facoltà di carattere procedurale (ordinanze del Tribunale 30 settembre 1997, causa T‑122/96, Federolio/Commissione, Racc. pag. II‑1559, punto 61, e EFfCI/Parlamento e Consiglio, citata supra, punto 42).

50     Per quanto attiene, anzitutto, alla prima ipotesi, si deve rammentare che, secondo la giurisprudenza, un’associazione costituita per promuovere gli interessi collettivi di una categoria di soggetti non può essere considerata individualmente interessata da un atto che leda gli interessi generali di questa categoria di soggetti allorché questi ultimi non sono lesi a titolo individuale (v., in tal senso, ordinanze Gonnelli e AIFO/Commissione, citata supra, punto 48, e EFfCI/Parlamento e Consiglio, citata supra, punto 43). Nella specie, dalle suesposte considerazioni emerge che i membri dei consorzi volontari non hanno dimostrato di essere lesi dal regolamento impugnato a causa di determinate loro qualità peculiari o di una circostanza di fatto che li distingua da chiunque altro.

51     Per quanto attiene, poi, alla seconda ipotesi, se è pur vero che la sussistenza di circostanze particolari, quali il ruolo svolto da un’associazione nell’ambito di un procedimento dal quale sia scaturito un atto ai sensi dell’art. 230 CE, può giustificare la ricevibilità di un ricorso proposto da un’associazione i cui membri non siano individualmente interessati dall’atto contestato, segnatamente quando la sua posizione di negoziatrice sia stata pregiudicata dall’atto medesimo (ordinanza EFfCI/Parlamento e Consiglio, citata supra, punto 42; v. parimenti, in tal senso, sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punti 21‑24), dagli atti di causa non emerge – né i ricorrenti hanno d’altronde sostenuto – che tale ipotesi ricorra nella specie.

52     Per quanto attiene, infine, alla terza ipotesi, i consorzi volontari non possono nemmeno essere individualmente interessati dal regolamento impugnato in considerazione di una disposizione di natura normativa che riconosca loro una serie di facoltà di carattere procedurale. In primo luogo, si deve osservare che il regolamento impugnato è stato emanato dalla Commissione senza che i consorzi volontari siano intervenuti in tale procedimento. In secondo luogo, i consorzi volontari non rivendicano alcun diritto di natura procedurale che sarebbe stato loro riconosciuto dall’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti vitivinicoli o da qualsiasi altra normativa comunitaria, contrariamente a quanto postulato dalla giurisprudenza menzionata supra al punto 49. Infine, essi non possono invocare, a tale riguardo, gli specifici compiti e funzioni che sarebbero loro riconosciuti dal proprio ordinamento giuridico interno per giustificare una modificazione del sistema di rimedi giuridici previsto dall’art. 230 CE e diretto ad affidare al giudice comunitario il controllo sulla legittimità degli atti delle istituzioni; una soluzione diversa farebbe dipendere la ricevibilità di un ricorso di annullamento da un’autonoma decisione delle autorità nazionali basata sull’interesse dello Stato membro interessato anziché sull’interesse pubblico comunitario (v., in tal senso, ordinanza Federolio/Commissione, citata supra, punto 64).

53     Alla luce delle suesposte considerazioni, i consorzi volontari non possono essere considerati individualmente interessati dal regolamento impugnato.

–       Sull’interesse individuale della FederDOC

54     Le osservazioni relative alla legittimazione ad agire dei consorzi volontari valgono parimenti per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso proposto dalla FederDOC, in quanto quest’ultima è una federazione di consorzi volontari. Nemmeno la FederDOC ha svolto un ruolo particolare nell’ambito del procedimento di adozione del regolamento impugnato, essendo irrilevanti al riguardo le disposizioni specifiche del suo statuto. Conseguentemente, la FederDOC, al pari di tutti gli altri ricorrenti, non può essere considerata individualmente interessata ai sensi della costante giurisprudenza della Corte e del Tribunale.

 Conclusione

55     Dalle considerazioni che precedono emerge che nessun ricorrente ha dimostrato di essere individualmente interessato dal regolamento impugnato né dalle disposizioni specifiche di cui, in subordine, viene chiesto l’annullamento.

56     Gli argomenti dei ricorrenti relativi alla necessità di un’interpretazione più ampia dell’art. 230, quarto comma, CE e all’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva non possono rimettere in discussione tale conclusione. Da un lato, la Corte ha confermato la propria costante giurisprudenza in tema di interpretazione dell’art. 230, quarto comma, CE nella propria sentenza 1° aprile 2004, causa C‑263/02 P, Commissione/Jégo-Quéré (Racc. pag. I‑3425), nonché nella sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata supra. Dall’altro, se è pur vero che il requisito dell’interesse individuale postulato dall’art. 230, quarto comma, CE deve essere interpretato alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva tenendo conto delle diverse circostanze atte a individualizzare un ricorrente, tale interpretazione non può condurre a escludere il requisito di cui trattasi (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, citata supra, punto 44).

57     Infine, dev’essere dichiarato inoperante l’argomento dei ricorrenti relativo all’art. III‑365, n. 4, del progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, atteso che tale testo normativo non è, allo stato, in vigore.

58     Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che i ricorrenti non possono essere considerati individualmente interessati dal regolamento impugnato ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE e che, conseguentemente, il ricorso dev’essere dichiarato irricevibile in toto.

 Sulle spese

59     Ai termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. I ricorrenti, essendo rimasti soccombenti, devono essere condannati alle spese, come richiesto dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è irricevibile.

2)      I ricorrenti sopporteranno le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Lussemburgo, 28 giugno 2005

Il cancelliere

 

      Il presidente

H. Jung

 

      H. Legal


* Lingua processuale: l’italiano.

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