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Documento 62018CJ0456

    Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 4 giugno 2020.
    Ungheria contro Commissione europea.
    Impugnazione – Aiuti di Stato – Presunti aiuti – Decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE – Ingiunzione di sospensione delle misure in questione – Condizioni di legittimità dell’ingiunzione.
    Causa C-456/18 P.

    Raccolta della giurisprudenza - generale

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2020:421

     SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

    4 giugno 2020 ( *1 )

    «Impugnazione – Aiuti di Stato – Presunti aiuti – Decisione di avviare il procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE – Ingiunzione di sospensione delle misure in questione – Condizioni di legittimità dell’ingiunzione»

    Nella causa C‑456/18 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 12 luglio 2018,

    Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér e G. Koós, in qualità di agenti,

    ricorrente,

    sostenuta da:

    Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, M. Rzotkiewicz e A. Kramarczyk, in qualità di agenti,

    interveniente in sede d’impugnazione,

    procedimento in cui l’altra parte è:

    Commissione europea, rappresentata da L. Flynn, P.-J. Loewenthal, V. Bottka e K. Talabér-Ritz, in qualità di agenti,

    convenuta in primo grado

    LA CORTE (Prima Sezione),

    composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione (relatore), R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, facente funzione di giudice della Prima Sezione, M. Safjan, L.S. Rossi e C. Toader, giudici,

    avvocato generale: J. Kokott

    cancelliere: R. Şereş, amministratrice

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 settembre 2019,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 gennaio 2020,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la sua impugnazione, l’Ungheria chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 25 aprile 2018, Ungheria/Commissione, (T‑554/15 e T‑555/15; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:220), con la quale quest’ultimo ha respinto i suoi ricorsi diretti all’annullamento, da un lato, della decisione C(2015) 4805 final della Commissione, del 15 luglio 2015, relativa all’Aiuto di Stato SA. 41187 (2015/NN) – Ungheria – Contributo alle spese sanitarie per le imprese dell’industria del tabacco (GU 2015, C 277, pag. 24), e, dall’altro, della decisione C(2015) 4808 final della Commissione, del 15 luglio 2015, relativa all’Aiuto di Stato SA. 40018 (2015/C) (ex 2014/NN) – 2014 Modifica della tassa di ispezione della filiera alimentare ungherese (GU 2015, C 277, pag. 12) (in prosieguo: le «decisioni controverse»), nei limiti in cui esse ingiungono la sospensione dell’applicazione dell’aliquota progressiva, rispettivamente, del contributo alle spese sanitarie delle imprese dell’industria del tabacco e della tassa di ispezione della filiera alimentare, come risultano dalla legge n. XCIV del 2014 sul contributo alle spese sanitarie delle imprese dell’industria del tabacco e dalla modifica del 2014 della legge n. XLVI del 2008 sulla filiera alimentare e il controllo ufficiale di quest’ultima.

    Contesto normativo

    2

    Il considerando 12 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 734/2013 del Consiglio, del 22 luglio 2013 (GU 2013, L 204, pag. 15) (in prosieguo: il «regolamento n. 659/1999»), è così formulato:

    «considerando che in caso di aiuti illegali la Commissione dovrebbe avere il diritto di ottenere tutte le informazioni necessarie per consentirle di adottare una decisione e, se del caso, di ripristinare immediatamente una concorrenza senza distorsioni; che è pertanto opportuno consentire alla Commissione di adottare misure provvisorie nei confronti degli Stati membri interessati; che queste misure provvisorie possono assumere la forma di ingiunzioni di fornire informazioni, di ingiunzioni di sospensione e di ingiunzioni di recupero; che la Commissione, in caso di mancato rispetto di un’ingiunzione di fornire informazioni, dovrebbe avere la possibilità di decidere in base alle informazioni disponibili e, in caso di mancato rispetto di ingiunzioni di sospensione o di recupero, di adire direttamente la Corte di giustizia, a norma dell’articolo [108, paragrafo 2, secondo comma, TFUE]».

    3

    L’articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Clausola di sospensione», dispone quanto segue:

    «Agli aiuti soggetti a notifica, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, non può essere data esecuzione prima che la Commissione abbia adottato, o sia giustificato ritenere che abbia adottato una decisione di autorizzazione dell’aiuto».

    4

    Ai sensi dell’articolo 4 del suddetto regolamento, intitolato «Esame preliminare della notifica e decisioni della Commissione»:

    «1.   La Commissione procede all’esame della notifica non appena questa le è pervenuta. Fatto salvo l’articolo 8, la Commissione adotta una decisione a norma dei paragrafi 2, 3 o 4.

    2.   La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che la misura notificata non costituisce aiuto, lo dichiara mediante una decisione.

    3.   La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che non sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato [interno] della misura notificata, nei limiti in cui essa rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo [107, paragrafo 1, TFUE], la dichiara compatibile con il mercato [interno] (in seguito denominata “decisione di non sollevare obiezioni”). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del trattato.

    4.   La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato [interno] della misura notificata, decide di avviare il procedimento ai sensi dell’articolo [108, paragrafo 2, TFUE] (in seguito denominata “decisione di avviare il procedimento d’indagine formale”).

    (…)».

    5

    Il capo III del regolamento n. 659/1999, intitolato «Procedura relativa agli aiuti illegali», contiene gli articoli da 10 a 14 di quest’ultimo. L’articolo 10 di tale regolamento prevede quanto segue:

    «1.   Fatto salvo l’articolo 20, la Commissione può, di propria iniziativa, esaminare informazioni su presunti aiuti illegali provenienti da qualsiasi fonte.

    (…)

    2.   Se necessario, la Commissione richiede informazioni allo Stato membro interessato. (…)».

    6

    L’articolo 11 di tale regolamento, intitolato «Ingiunzione di sospendere o di recuperare a titolo provvisorio gli aiuti», dispone quanto segue:

    «1.   Dopo aver dato allo Stato membro interessato l’opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di sospendere l’erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell’aiuto con il mercato [interno] (in seguito denominata “ingiunzione di sospensione”).

    2.   Dopo aver dato allo Stato membro interessato l’opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di recuperare a titolo provvisorio ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell’aiuto con il mercato [interno] (in seguito denominata “ingiunzione di recupero”), se vengono rispettati i seguenti criteri:

    in base a una pratica consolidata non sussistono dubbi circa il carattere di aiuto della misura in questione;

    occorre affrontare una situazione di emergenza;

    esiste un grave rischio di danno consistente e irreparabile ad un concorrente.

    Il recupero viene eseguito secondo la procedura di cui all’articolo 14, paragrafi 2 e 3. Dopo l’effettivo recupero dell’aiuto la Commissione adotta una decisione entro i termini applicabili agli aiuti notificati.

    La Commissione può autorizzare lo Stato membro ad abbinare il recupero dell’aiuto alla corresponsione di un aiuto di emergenza all’impresa in questione.

    Le disposizioni del presente paragrafo si applicano esclusivamente agli aiuti illegali erogati dopo l’entrata in vigore del presente regolamento».

    7

    Ai sensi dell’articolo 12 del medesimo regolamento, intitolato «Mancato rispetto di una decisione d’ingiunzione»:

    «Se uno Stato membro non si conforma ad un’ingiunzione di sospensione o ad un’ingiunzione di recupero, la Commissione, pur continuando a esaminare il caso nel merito in base alle informazioni a sua disposizione, può adire direttamente la Corte di giustizia delle Comunità europee perché essa dichiari che il mancato rispetto della decisione configura una violazione del trattato».

    8

    L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 prevede quanto segue:

    «L’esame di presunti aiuti illegali dà luogo ad una decisione a norma dell’articolo 4, paragrafi 2, 3 o 4. Nel caso di decisioni di avvio del procedimento d’indagine formale, il procedimento si conclude con una decisione a norma dell’articolo 7. In caso di mancato rispetto, da parte d’uno Stato membro, dell’ingiunzione di fornire informazioni, tale decisione è adottata in base alle informazioni disponibili».

    Fatti

    9

    Con la legge n. XCIV del 2014 sul contributo alle spese sanitarie delle imprese dell’industria del tabacco, il Parlamento ungherese ha introdotto una nuova tassa percepita, secondo un’aliquota progressiva, sul fatturato annuo delle imprese che ricavano almeno il 50% del loro fatturato dalla produzione o dal commercio di prodotti di tabacco. Esso ha parimenti reso progressiva, con la modifica del 2014 della legge n. XLVI del 2008 sulla filiera alimentare e il controllo ufficiale di quest’ultima, una tassa di ispezione della filiera alimentare percepita sul fatturato dei negozi che commercializzano beni di largo consumo.

    10

    Con lettere, rispettivamente, del 17 marzo e del 13 aprile 2015, la Commissione ha informato le autorità ungheresi che, a suo avviso, l’aliquota progressiva della tassa di ispezione della filiera alimentare, da un lato, e quella del contributo alle spese sanitarie, nonché la riduzione del contributo alle spese sanitarie in caso di investimenti, dall’altro, avrebbero determinato un trattamento differente tra le imprese che si trovano in una situazione comparabile e potevano, pertanto, essere considerate misure che introducono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno. In ciascuna di tali lettere, la Commissione ha indicato la possibilità di rivolgere all’Ungheria un’ingiunzione di sospensione, sulla base dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, e l’ha invitata a presentare le sue osservazioni sull’eventuale applicazione di una simile ingiunzione. Con lettere del 16 aprile e del 12 maggio 2015, le autorità ungheresi hanno risposto che le misure interessate, a loro parere, non integravano aiuti di Stato.

    11

    Con le decisioni controverse, la Commissione, in ognuno dei suddetti casi, da un lato, ha avviato un procedimento di indagine formale ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, e dall’altro, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/2999, ha ordinato all’Ungheria di sospendere l’esecuzione delle misure fiscali in questione.

    12

    Il 4 luglio 2016, la Commissione ha adottato due decisioni che ponevano fine ai procedimenti di indagine formale, con le quali essa ha ritenuto che le misure controverse fossero illegali e incompatibili con il mercato interno.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    13

    Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2015, l’Ungheria ha presentato un ricorso avverso ciascuna delle decisioni controverse, nei limiti in cui esse ingiungono la sospensione dell’applicazione dell’aliquota progressiva, rispettivamente, del contributo alle spese sanitarie e della tassa di ispezione della filiera alimentare, nonché la sospensione della riduzione del contributo alle spese sanitarie in caso di investimenti.

    14

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto i suddetti ricorsi.

    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    15

    Con la sua impugnazione, l’Ungheria chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di accogliere le sue conclusioni presentate in primo grado e di condannare la Commissione alle spese.

    16

    Con decisione del presidente della Corte del 15 ottobre 2018, la Repubblica di Polonia è stata autorizzata a intervenire a sostegno dell’Ungheria.

    17

    La Commissione chiede che la Corte voglia rigettare l’impugnazione, condannare l’Ungheria alle spese e condannare la Repubblica di Polonia alle spese relative all’intervento.

    Sull’impugnazione

    Sulla ricevibilità dell’impugnazione

    18

    La Commissione oppone al governo ungherese un’eccezione di irricevibilità vertente sul fatto che esso non presenta in maniera chiara ed univoca i motivi sui i quali si fonda, non precisa l’insieme dei punti criticati della sentenza impugnata che contesta, si limita in gran parte a ripetere i motivi e gli argomenti già presentati in primo grado e respinti dal Tribunale, contesta, in particolare, la motivazione delle decisioni controverse della Commissione invece di quella della sentenza impugnata e mira, in realtà, ad ottenere il riesame del ricorso respinto dal Tribunale. Per di più, l’impugnazione non soddisfarebbe i requisiti di cui all’articolo 256 TFUE in combinato disposto con l’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e con l’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte.

    19

    Al riguardo, occorre constatare che la Commissione non ha accompagnato le sue affermazioni con le precisazioni necessarie per valutarne la fondatezza. Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, l’Ungheria deduce nella sua impugnazione, segnatamente, i motivi vertenti su errori di diritto commessi dal Tribunale relativamente, da un lato, al margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione quando adotta ingiunzioni di sospensione e, dall’altro, all’obbligo di tale istituzione di motivare dette ingiunzioni.

    20

    Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione avverso l’impugnazione dev’essere respinta.

    Sulla ricevibilità dei motivi dell’intervento

    Argomenti delle parti

    21

    La Commissione sostiene che il secondo motivo della Repubblica di Polonia, che è collegato al secondo motivo dell’impugnazione dell’Ungheria ma critica altri passaggi della sentenza impugnata, così come il suo terzo motivo, che non riprende alcun motivo di impugnazione, modificano l’oggetto del giudizio e sono, di conseguenza, irricevibili.

    Giudizio della Corte

    22

    Ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 4, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, le conclusioni dell’istanza di intervento possono avere come oggetto soltanto l’adesione alle conclusioni di una delle parti. L’articolo 132 del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte in applicazione dell’articolo 190 del medesimo regolamento, prevede che la memoria di intervento contenga i motivi e gli argomenti dedotti dall’interveniente.

    23

    Tali disposizioni non si oppongono quindi a che l’interveniente presenti argomenti differenti da quelli della parte che esso sostiene purché siano diretti a sostenere solo le conclusioni di tale parte o a far respingere le conclusioni della parte avversa (sentenze del 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità, 30/59, EU:C:1961:2, pagg. 37 e 38, e del 19 novembre 1998, Regno Unito/Consiglio, C‑150/94, EU:C:1998:547, punto 36).

    24

    Di conseguenza, non possono essere considerati irricevibili i motivi della Repubblica di Polonia, presentati a sostegno delle conclusioni dell’Ungheria, sulla base dei rilievi che essi completano il secondo motivo di impugnazione contestando altri passaggi della sentenza impugnata e contengono un argomento che non figura nell’impugnazione.

    25

    L’eccezione di irricevibilità parziale sollevata dalla Commissione contro l’intervento della Repubblica di Polonia deve, pertanto, essere respinta.

    Nel merito

    26

    A sostegno della sua impugnazione, l’Ungheria deduce tre motivi, vertenti, in primo luogo, su un’interpretazione erronea da parte del Tribunale delle condizioni di adozione delle ingiunzioni di sospensione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, in secondo luogo, su uno snaturamento di alcuni dei suoi argomenti da parte del Tribunale e, in terzo luogo, sulla violazione da parte del Tribunale dell’obbligo di motivazione nonché su un’applicazione erronea dell’articolo 296 TFUE e dell’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

    Sulla quarta parte del primo motivo di impugnazione

    – Argomenti delle parti

    27

    Secondo il governo ungherese, il Tribunale ha ignorato che un’ingiunzione di sospensione deve essere conforme al Trattato FUE e ai principi generali del diritto dell’Unione. Il Tribunale avrebbe certamente rilevato, al punto 86 della sentenza impugnata, che «il controllo del giudice dell’Unione non si limita alle sole condizioni previste all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 e può estendersi, in particolare, alla conformità dell’ingiunzione di sospensione al Trattato FUE e ai principi generali del diritto». Tuttavia, ai punti 70 e 71 di tale sentenza, il Tribunale avrebbe limitato i presupposti per l’adozione di un’ingiunzione di sospensione alle due condizioni previste all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999. Al pari, al punto 87 della sentenza in parola, esso avrebbe limitato il suo esame soltanto al suddetto articolo. Il Tribunale avrebbe commesso il medesimo errore di diritto ai punti 95 e 134 della sentenza impugnata, dichiarando che, quando la Commissione ingiunge la sospensione di una misura, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, essa non è tenuta ad assicurarsi che l’ingiunzione sia necessaria e proporzionata.

    28

    La Commissione ritiene, dal canto suo, che non vi sia incoerenza tra i punti 71 e 95 della sentenza impugnata, da un lato, e i punti 86 e 98 di tale sentenza, dall’altro. I punti 86 e 98 dovrebbero infatti essere interpretati tenendo conto dei punti 130 e 134 della suddetta sentenza, secondo i quali l’opportunità di adottare un’ingiunzione di sospensione è sufficientemente giustificata dall’esistenza di una violazione accertata dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e non necessita quindi di essere ulteriormente motivata. Il divieto previsto all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE si applicherebbe infatti ancor prima che la Commissione adotti la decisione di avviare un procedimento di indagine formale. Nel momento in cui uno Stato membro dà esecuzione a una misura di aiuto senza averla notificata alla Commissione, sussisterebbe violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. La qualificazione della misura nazionale in questione come aiuto di Stato illegittimo costituirebbe la condizione sostanziale enunciata all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999. È per tale ragione che la Commissione ritiene inconseguente che il Tribunale abbia dichiarato, ai punti da 135 a 137 della sentenza impugnata, che essa avrebbe dovuto esporre, nella decisione di ingiunzione di sospensione, le ragioni per le quali riteneva poco probabile che lo Stato membro avrebbe rispettato detto divieto.

    29

    Alla luce della contraddizione summenzionata, la Commissione chiede alla Corte di procedere alla sostituzione della motivazione contenuta ai punti da 135 a 137 della sentenza impugnata, in modo da renderla conforme a quella sviluppata ai punti 70, 71, 130 e 134 di tale sentenza.

    – Giudizio della Corte

    30

    L’articolo 108, paragrafo 3, TFUE obbliga gli Stati membri a notificare alla Commissione ogni progetto diretto a istituire o a modificare aiuti di Stato. L’articolo 109 TFUE dà facoltà al Consiglio dell’Unione europea di fissare, in particolare, le condizioni per l’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Il Consiglio ha adottato su tale fondamento il regolamento n. 659/1999.

    31

    Nel caso in cui lo Stato membro interessato ometta di sospendere l’applicazione della misura in questione per conformarsi all’obbligo di non dare esecuzione agli aiuti nuovi, o alle modifiche di aiuti esistenti, prima dell’autorizzazione della Commissione o, se del caso, del Consiglio, risultante dall’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE e dall’articolo 3 del regolamento n. 659/1999, la Commissione può, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, di quest’ultimo, dopo aver dato allo Stato membro l’opportunità di presentare le proprie osservazioni, adottare una decisione con la quale ordina a detto Stato membro di sospendere tale applicazione fino alla decisione finale sulla compatibilità dell’aiuto (sentenza del 9 ottobre 2001, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2001:528, punto 46).

    32

    Il regolamento n. 659/1999 prevede, al suo articolo 4, paragrafo 4, che, se dopo un esame preliminare, la Commissione constata che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, essa avvia il procedimento di indagine formale. Se la Commissione viene a conoscenza di una misura non notificata, che ritiene possa trattarsi di un nuovo aiuto o di una modifica di un aiuto esistente, essa può parimenti, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale regolamento, chiedere informazioni allo Stato membro interessato e, se del caso, decidere, in applicazione dell’articolo 13, paragrafo 1, seconda frase, di quest’ultimo, di avviare un procedimento di indagine formale.

    33

    In ogni caso, l’avvio del procedimento di indagine formale nei confronti di una misura che la Commissione presume essere un nuovo aiuto obbliga lo Stato membro interessato a sospenderne l’esecuzione (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1992, Spagna/Commissione, C‑312/90, EU:C:1992:282, punto 17; del 9 ottobre 2001, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2001:528, punto 59; del 10 maggio 2005, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2005:275, punto 39, e del 9 giugno 2011, Diputación Foral de Vizcaya e a./Commissione, da C‑465/09 P a C‑470/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:372, punto 92)

    34

    Tuttavia, l’avvio di un procedimento di indagine formale nei confronti di una misura non notificata non comporta per lo Stato membro interessato le medesime conseguenze dell’adozione di un’ingiunzione di sospensione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999. Lo Stato membro interessato è certamente tenuto, nelle due ipotesi, a sospendere l’esecuzione della misura in questione. Tuttavia, solo il mancato rispetto di un’ingiunzione di sospensione permette alla Commissione, in applicazione dell’articolo 12 del regolamento n. 659/99, di investire direttamente la Corte di un ricorso per inadempimento (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2001, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2001:528, punto 60).

    35

    La Corte ha giudicato che l’ingiunzione di sospensione può ben intervenire anche contemporaneamente alla decisione di avviare il procedimento di indagine formale o essere successiva (sentenza del 9 ottobre 2001, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2001:528, punto 47). Una decisione di ingiunzione di sospensione può, in particolare, essere adottata dopo l’avvio del procedimento di indagine formale, qualora lo Stato membro interessato si sia astenuto dal sospendere l’attuazione della misura esaminata a partire dall’avvio di tale procedimento.

    36

    Nelle due cause che hanno dato luogo alla sentenza impugnata, il Tribunale era stato investito dall’Ungheria di ricorsi avverso ingiunzioni di sospensione adottate nel medesimo tempo e con la medesima decisione di avvio del procedimento di indagine formale nei confronti delle due misure fiscali contestate.

    37

    Con il primo motivo del suo ricorso dinanzi al Tribunale, l’Ungheria sosteneva, in particolare, che l’adozione di un’ingiunzione di sospensione richiede – oltre alla sussistenza delle due condizioni di cui all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, ossia la qualificazione provvisoria, da parte della Commissione, della misura nazionale in questione come aiuto di Stato illegittimo e la consultazione dello Stato membro interessato relativamente all’ingiunzione che si intende adottare – il rispetto da parte di tale ingiunzione del principio di proporzionalità. Orbene, alla luce dell’effetto sospensivo dell’avvio del procedimento di indagine formale adottato in concomitanza, l’ingiunzione di sospensione sarebbe stata giustificata, secondo tale Stato membro, soltanto laddove la Commissione avesse potuto ragionevolmente ritenere che lo Stato membro non avrebbe rispettato tali obblighi, circostanza che nulla permetterebbe di affermare.

    38

    Con la quarta parte del primo motivo d’impugnazione, l’Ungheria sostiene che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto rispondendo nella sentenza impugnata all’argomento ricordato al punto precedente. In maniera reiterata, ai punti 70, 71, 95 e 134 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che l’adozione di un’ingiunzione di sospensione era subordinata alle due sole condizioni previste all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, omettendo l’obbligo per la Commissione di verificare che l’ingiunzione di sospensione fosse proporzionata.

    39

    In via preliminare, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, «dopo aver dato allo Stato membro interessato l’opportunità di presentare le proprie osservazioni, la Commissione può adottare una decisione, con la quale ordina a detto Stato membro di sospendere l’erogazione di ogni aiuto concesso illegalmente, fino a che non abbia deciso in merito alla compatibilità dell’aiuto con il mercato [interno] (in seguito denominata “ingiunzione di sospensione”)».

    40

    Dai termini stessi di tale disposizione risulta che la Commissione ha la facoltà e non l’obbligo di adottare una decisione recante un’ingiunzione di sospensione (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2001, Italia/Commissione, C‑400/99, EU:C:2001:528, punto 46). Di conseguenza, non trovandosi in una situazione di competenza vincolata, essa dispone di un margine di discrezionalità per decidere sull’adozione di una simile misura. Orbene, atteso che la Commissione dispone di un potere discrezionale, essa deve esercitarlo nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 59).

    41

    Secondo constante giurisprudenza, il principio di proporzionalità, il quale fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano i limiti di quanto è appropriato e necessario alla realizzazione degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto alle finalità ricercate [sentenze del 17 maggio 1984, Denkavit Nederland, 15/83, EU:C:1984:183, punto 25, e del 30 aprile 2019, Italia/Consiglio (Quota di pesca del pesce spada del Mediterraneo), C‑611/17, EU:C:2019:332, punto 55]. Tale principio è richiamato all’articolo 5, paragrafo 4, TUE, nonché all’articolo 1 del protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato UE e al Trattato FUE.

    42

    Da quanto precede risulta che un’ingiunzione di sospensione adottata ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire non eccedere i limiti di quanto è appropriato e necessario alla realizzazione dell’obiettivo perseguito da tale disposizione. Come ricordato al punto 33 della presente sentenza, il potere conferito alla Commissione di rivolgere agli Stati membri simili ingiunzioni ha l’obiettivo di garantire il rispetto del divieto di dare esecuzione a progetti di aiuti fino alla decisione finale sulla compatibilità di questi ultimi. Esso è completato dal potere di cui dispone la Commissione di adire direttamente la Corte, in un termine ridotto, al fine che essa constati l’inadempimento consistente nell’esecuzione da parte dello Stato membro di una misura sospettata di costituire un aiuto illegittimo.

    43

    Alla luce di tale obiettivo, l’adozione di un’ingiunzione di sospensione è giustificata qualora, dopo l’avvio del procedimento di indagine formale, lo Stato membro interessato si sia astenuto dal sospendere l’attuazione della misura esaminata, come indicato al punto 35 della presente sentenza. Tuttavia, può parimenti essere appropriato adottare un’ingiunzione di sospensione contemporaneamente alla decisione di avviare il procedimento di indagine formale, nell’ipotesi in cui elementi sufficienti permettano alla Commissione di presumere che lo Stato membro interessato non abbia intenzione di sospendere l’esecuzione della misura esaminata, come esige l’avvio di un procedimento di indagine formale, e di anticipare che la Corte dovrà, di conseguenza, essere investita di un ricorso per inadempimento.

    44

    In risposta al primo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, ricordato al punto 37 della presente sentenza, il Tribunale ha enunciato, ai punti 70 e 71 della sentenza impugnata, le condizioni di legittimità di un’ingiunzione di sospensione nei seguenti termini:

    «70 Le condizioni di adozione di tale ingiunzione, fissate nell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, si limitano a una condizione sostanziale, ossia la qualificazione da parte della Commissione, in tale fase del procedimento, della misura nazionale di cui trattasi come aiuto di Stato illegittimo, e a una condizione procedurale, vale a dire il fatto di offrire allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le sue osservazioni.

    71 Non è richiesta alcun’altra condizione affinché la Commissione sia legittimata ad adottare un’ingiunzione ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, e occorre sottolineare che tale situazione è il risultato della volontà del legislatore, e non, come sostiene l’Ungheria, una dimenticanza da parte di quest’ultimo. Infatti, il tenore di detto articolo, che riflette il regime giuridico risultante dalla costante giurisprudenza citata al punto 30 della presente sentenza, non è stato modificato dagli emendamenti al regolamento n. 659/1999 ed è stato ripreso come tale nel nuovo regolamento n. 2015/1589».

    45

    È vero che tali punti, presi separatamente, potrebbero essere letti nel senso che impongono alla Commissione, quando adotta un’ingiunzione di sospensione, il rispetto delle sole condizioni espressamente previste all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 e che quindi dispensano la Commissione dall’obbligo di valutare la necessità di una simile ingiunzione di sospensione.

    46

    Tuttavia, occorre ricollocarli all’interno del ragionamento del Tribunale considerato nel suo complesso. Orbene, al punto 86 della sentenza impugnata, quest’ultimo ha ricordato che «il controllo del giudice dell’Unione non si limita alle sole condizioni previste all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 e può estendersi, in particolare, alla conformità dell’ingiunzione di sospensione al Trattato FUE e ai principi generali del diritto». Inoltre, ai punti 94 e seguenti di tale sentenza, il Tribunale ha esaminato se la Commissione, adottando le ingiunzioni di sospensione controverse, avesse rispettato il principio di proporzionalità. In particolare, il Tribunale ha analizzato, ai punti 98 e 99 della sentenza impugnata, se tali ingiunzioni fossero appropriate e necessarie per la realizzazione degli obiettivi legittimi perseguiti dagli articoli 107 e 108 TFUE, ivi compreso il carattere proporzionato degli inconvenienti causati da queste ultime rispetto agli scopi perseguiti da tali disposizioni. Infine, al punto 102 della sentenza impugnata, il Tribunale è pervenuto alla conclusione che, adottando le ingiunzioni controverse, la Commissione non aveva violato il principio di proporzionalità.

    47

    Da quanto precede risulta che la Commissione non ha violato l’obbligo delle istituzioni di rispettare, in tutti i loro atti, il principio di proporzionalità. Pertanto, la quarta parte del primo motivo dev’essere respinta.

    Sulla prima parte del terzo motivo di impugnazione

    – Argomenti delle parti

    48

    Con il terzo motivo di impugnazione, il governo ungherese contesta al Tribunale di aver effettuato una valutazione di diritto erronea quanto ai requisiti di motivazione delle ingiunzioni di sospensione.

    49

    Con la prima parte di tale motivo, il governo ungherese afferma, in sostanza, che il Tribunale avrebbe commesso un errore di qualificazione giuridica dei fatti giudicando sufficientemente motivata l’ingiunzione di sospensione.

    50

    Il Tribunale avrebbe certamente menzionato in maniera corretta, al punto 135 della sentenza impugnata, che, quando l’ingiunzione di sospensione è inclusa nella decisione di avviare il procedimento di indagine formale, la motivazione dell’ingiunzione deve consentire di comprendere le ragioni per cui lo Stato membro interessato potrebbe non rispettare l’obbligo di sospendere l’esecuzione delle misure esaminate. Il Tribunale sarebbe invece incorso in errore nel ritenere che le indicazioni fornite dalle decisioni contestate permettessero di comprendere che, secondo la Commissione, l’Ungheria aveva intenzione di non sospendere le misure in questione durante il procedimento di indagine.

    51

    In primo luogo, la menzione in tali decisioni del fatto che la qualificazione provvisoria come aiuti di Stato era contestata dalle autorità ungheresi sarebbe stata erroneamente interpretata dal Tribunale, al punto 136 della sentenza impugnata, quale indizio di una simile intenzione. Se così fosse, uno Stato membro non potrebbe contestare l’analisi della Commissione senza essere sospettato di voler attuare le misure nazionali nonostante l’avvio di un procedimento di indagine che le riguarda.

    52

    In secondo luogo, contrariamente a quanto avrebbe giudicato il Tribunale, nemmeno la menzione, nelle decisioni controverse, del fatto che le autorità nazionali non avevano reagito all’invito della Commissione a presentare osservazioni sull’eventuale adozione di ingiunzioni di sospensione potrebbe essere considerata come un elemento di motivazione. Ciò significherebbe effettuare una valutazione abusiva di un silenzio che la Commissione stessa non avrebbe peraltro interpretato in tal senso.

    53

    In terzo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato, al punto 137 della sentenza impugnata, il comportamento delle autorità ungheresi in un altro procedimento di indagine come un elemento di motivazione delle decisioni controverse, laddove tale comportamento non sarebbe stato menzionato in tali decisioni e nulla avrebbe indicato che esso fosse stato preso in considerazione da parte della Commissione. Il Tribunale sarebbe incorso in errore nel ritenere che tale elemento facesse parte della motivazione.

    54

    In quarto luogo, le decisioni controverse autorizzerebbero ancor meno l’interpretazione che ne ha fornito il Tribunale, in quanto esse non avrebbero menzionato in alcun modo un rischio di attuazione delle misure esaminate da parte delle autorità nazionali durante il procedimento di indagine.

    55

    In quinto luogo, la valutazione da parte del Tribunale della motivazione delle decisioni controverse sarebbe inoltre smentita dalla Commissione stessa, che avrebbe costantemente sostenuto, durante tutto il procedimento e in particolare in udienza, che essa era tenuta a rispettare soltanto la condizione sostanziale e la condizione procedurale menzionate all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999.

    56

    La Commissione ritiene, alla luce del contesto in cui le ingiunzioni di sospensione sono state adottate, che il Tribunale abbia correttamente constatato che le autorità ungheresi erano in grado di comprendere le ragioni per cui la Commissione le avesse adottate.

    – Giudizio della Corte

    57

    Secondo una giurisprudenza consolidata, la motivazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione, prescritta dall’articolo 296 TFUE, deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e all’organo giurisdizionale competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione deve essere valutato in funzione di tutte le circostanze della fattispecie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi invocati e dell’interesse che i destinatari dell’atto o i terzi da esso interessati direttamente e individualmente possano avere nel ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la valutazione del se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza del 10 marzo 2016, HeidelbergCement/Commissione, C‑247/14 P, EU:C:2016:149, punto 16 e giurisprudenza ivi citata).

    58

    Come esposto al punto 40 della presente sentenza, l’adozione di un’ingiunzione di sospensione costituisce per la Commissione soltanto una facoltà, anche qualora ricorrano le due condizioni di cui all’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999. Occorre quindi che motivi particolari inducano l’istituzione ad adottare una simile decisione. Orbene, come ricordato al punto precedente, in virtù dell’obbligo di motivazione degli atti delle istituzioni, la motivazione di ogni decisione deve essere portata a conoscenza del suo destinatario al fine di consentirgli di valutarne la fondatezza e di esercitare, se del caso, il suo diritto di ricorso con cognizione di causa. La comunicazione della motivazione è parimenti richiesta al fine di permettere al giudice dell’Unione di controllare, come per ogni atto, la legittimità dell’ingiunzione di sospensione alla luce del principio di proporzionalità e di verificare che la Commissione non abbia fatto un uso ingiustificato della facoltà conferitale dall’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999.

    59

    Nell’ipotesi – che è quella del caso di specie – in cui l’ingiunzione di sospensione venga adottata contemporaneamente alla decisione di avvio di un procedimento di indagine formale, i motivi che portano la Commissione ad emanarla si riferiscono necessariamente alla previsione che lo Stato membro interessato non sospenderà l’attuazione della misura in questione nonostante l’avvio del procedimento di indagine. Come indicato al punto 34 della presente sentenza, infatti, il solo effetto supplementare dell’ingiunzione di sospensione rispetto a quello dell’avvio dell’indagine formale è di consentire alla Commissione, qualora lo Stato membro interessato non adempia il suo obbligo di sospendere l’attuazione della misura esaminata, di investire direttamente la Corte di un ricorso per inadempimento, in applicazione dell’articolo 12 del regolamento n. 659/1999. Di conseguenza, se la Commissione non fosse tenuta, nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di sospensione venga adottata contemporaneamente alla decisione di avvio del procedimento di indagine formale, ad indicare le ragioni per cui ritiene che lo Stato membro non rispetterà l’obbligo di sospensione e intendesse, di conseguenza, adire immediatamente la Corte, essa sarebbe dispensata dal motivare tale ingiunzione di sospensione, violando l’obbligo di motivazione.

    60

    Il Tribunale ha infatti correttamente ricordato, al punto 135 della sentenza impugnata, che «in una situazione come quella del caso di specie, in cui l’ingiunzione di sospensione è inclusa in una decisione di avviare il procedimento formale di esame, occorre rilevare, tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispone la Commissione in forza dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 nonché dell’effetto giuridico specifico che produce un’ingiunzione di sospensione ai sensi dell’articolo 12 dello stesso regolamento, che la decisione di adozione di un’ingiunzione del genere deve consentire di comprendere le ragioni per cui, a parere della Commissione, lo Stato membro interessato non avrebbe rispettato l’obbligo di cui all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, e [non avrebbe sospeso] l’esecuzione delle misure esaminate a seguito dell’avvio del procedimento [di indagine] formale (…)».

    61

    Con il terzo motivo del suo ricorso dinanzi al Tribunale, l’Ungheria sosteneva che le ingiunzioni di sospensione controverse sarebbero state insufficientemente motivate, in quanto la Commissione non aveva esposto i motivi che ne giustificassero l’adozione.

    62

    Il Tribunale ha respinto tale motivo fondandosi su tre elementi.

    63

    In primo luogo, ha rilevato, al punto 136 della sentenza impugnata, che dalle decisioni controverse risultava che, in risposta alle lettere di informazione della Commissione del 17 marzo e del 13 aprile 2015, le autorità ungheresi avevano sostenuto che le misure nazionali in questione non costituivano aiuti di Stato. Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, uno Stato membro ha tutto il diritto di difendersi deducendo che la misura considerata non integra un aiuto. Di conseguenza, non se ne può desumere l’esistenza di un accresciuto rischio che detto Stato non ottemperi agli effetti giuridici dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, in particolare, ove si tratti di una questione giuridica controversa, come nel caso di specie.

    64

    In secondo luogo, il Tribunale, sempre al punto 136 della sentenza impugnata, ha riportato la menzione nelle decisioni controverse della circostanza che le autorità ungheresi non avevano ottemperato all’invito della Commissione a presentare osservazioni sulle ingiunzioni di sospensione di cui era prevista l’adozione. Secondo la valutazione del Tribunale, tale elemento avrebbe permesso di comprendere, alla luce delle circostanze, che sussisteva un rischio di esecuzione delle misure nazionali in questione nonostante l’avvio del procedimento di indagine formale.

    65

    Tuttavia, se è vero che l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, prevede che, prima di adottare un’ingiunzione di sospensione, la Commissione debba consentire allo Stato membro interessato di presentare le proprie osservazioni su tale misura, per contro, come correttamente osservato dall’avvocato generale al paragrafo 94 delle sue conclusioni, esso non obbliga affatto tale Stato membro a presentare osservazioni. Di conseguenza, il fatto che l’Ungheria non abbia formulato osservazioni in merito alla possibile adozione di ingiunzioni di sospensione non era sufficiente per giustificare il timore della Commissione che tale Stato membro attuasse le misure controverse.

    66

    In terzo e ultimo luogo, il Tribunale ha menzionato, al punto 137 della sentenza impugnata, la circostanza che, alcuni mesi prima dell’adozione delle ingiunzioni controverse, nonostante l’avvio da parte della Commissione di un procedimento di indagine formale nei confronti di misure fiscali ungheresi basate sullo stesso schema delle misure nazionali di cui trattasi nella presente causa, tali misure non erano state sospese dalle autorità ungheresi. Tuttavia, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 99 delle sue conclusioni, tale circostanza non rientra nel contesto di adozione delle ingiunzioni controverse, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 137 della sentenza impugnata. Inoltre, se tale comportamento anteriore dell’Ungheria avesse integrato un indizio determinante per la Commissione, quest’ultima avrebbe dovuto farne menzione nelle decisioni controverse, circostanza che non ricorre nel caso di specie.

    67

    Alla luce di quanto precede, il Tribunale ha erroneamente ritenuto, al punto 138 della sentenza impugnata, che «le autorità ungheresi [fossero] in grado di comprendere le ragioni per cui la Commissione aveva deciso, nelle decisioni controverse, di ricorrere effettivamente a ingiunzioni di sospensione». Pertanto, occorre accogliere il terzo motivo di impugnazione.

    Sul terzo motivo dell’istanza di intervento della Repubblica di Polonia

    – Argomenti delle parti

    68

    Con il terzo motivo della sua istanza di intervento, la Repubblica di Polonia fa valere che il Tribunale avrebbe violato l’articolo 264, paragrafo 1, TFUE avendo aggiunto, per respingere l’argomentazione dell’Ungheria, la propria valutazione a quella contenuta nelle decisioni controverse. Il Tribunale avrebbe pertanto ritenuto, ai punti 135 e 136 della sentenza impugnata, al fine di considerare giustificata l’adozione delle decisioni recanti un’ingiunzione di sospensione, che la Commissione avesse tenuto conto del rischio che l’Ungheria avrebbe dato esecuzione alle misure nazionali in questione nonostante l’avvio del procedimento di indagine formale. Tale valutazione risulterebbe da un ragionamento sviluppato dal Tribunale, che non troverebbe alcun fondamento nella motivazione delle decisioni controverse. Orbene, il Tribunale non potrebbe in alcun caso sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto.

    69

    La Commissione riconosce che le decisioni controverse non contengono le ragioni per le quali essa ha ritenuto che l’Ungheria non intendesse sospendere la concessione degli aiuti in questione. Essa ritiene, tuttavia, di aver motivato in maniera sufficiente tali decisioni menzionando che le misure di aiuto erano entrate in vigore prima della loro notifica.

    – Giudizio della Corte

    70

    Al riguardo si deve ricordare che, nell’ambito del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, la Corte ed il Tribunale sono competenti a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del Trattato o di qualsiasi norma di diritto relativa alla sua applicazione ovvero per sviamento di potere. L’articolo 264 TFUE prevede che, se il ricorso è fondato, l’atto contestato è dichiarato nullo e non avvenuto. La Corte e il Tribunale non possono quindi, in nessun caso, sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato (sentenza del 28 febbraio 2013, Portogallo/Commissione, C‑246/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:118, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).

    71

    Nel caso di specie, come ricordato ai punti 63 e 64 della presente sentenza, il Tribunale ha ritenuto che le ingiunzioni di sospensione controverse soddisfacessero l’obbligo di motivazione degli atti delle istituzioni basandosi sul fatto che dalle decisioni controverse risultava, da un lato, che le autorità ungheresi avevano sostenuto che le misure nazionali in questione non costituivano aiuti di Stato e, dall’altro, che le medesime autorità non avevano ottemperato all’invito della Commissione a presentare alla stessa osservazioni sulle ingiunzioni di sospensione di cui era prevista l’adozione. Il Tribunale ha ritenuto che tali ragioni consentissero di comprendere che la Commissione riteneva sussistente un rischio di esecuzione delle misure controverse. Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che avrebbe dovuto essere preso in considerazione, come elemento di contesto, anche se le decisioni controverse non vi facevano riferimento, il fatto che le autorità ungheresi non avevano sospeso le misure fiscali interessate da un precedente procedimento di indagine formale avviato qualche mese prima.

    72

    A prescindere dal fatto che tali elementi non potevano costituire una motivazione sufficiente delle decisioni controverse, come accertato precedentemente, è necessario constatare che questi non figurano in tali decisioni, circostanza del resto riconosciuta dalla Commissione stessa. Nella sua comparsa di risposta, infatti, quest’ultima sostiene, al contrario, che essa non doveva esporre le ragioni per le quali riteneva probabile che l’Ungheria non avrebbe rispettato le decisioni che le ingiungevano di sospendere l’esecuzione delle misure in questione. Essa ritiene anche che la motivazione contenuta ai punti da 135 a 137 della sentenza impugnata sia contraria a quella sviluppata ai punti 70, 71, 130 e 134 di tale sentenza. La Commissione ha anche riconosciuto, nelle sue osservazioni relative alla memoria di intervento della Repubblica di Polonia, che le decisioni controverse non fornivano spiegazioni concrete delle ragioni per le quali essa aveva ritenuto che l’Ungheria non intendesse sospendere la concessione dell’aiuto in questione. Tale argomentazione è peraltro coerente con la portata del potere discrezionale di cui la Commissione affermava di disporre, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, al fine di adottare una decisione recante un’ingiunzione di sospensione, come risulta dalle sue memorie dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

    73

    Da quanto precede risulta che il Tribunale ha aggiunto motivi a quelli esposti dalla Commissione e ha in tal modo violato i limiti delle sue competenze.

    74

    Di conseguenza, occorre accogliere anche il terzo motivo dell’istanza di intervento della Repubblica di Polonia.

    75

    Dall’insieme di quanto precede risulta che la sentenza impugnata dev’essere annullata.

    Sul ricorso dinanzi al Tribunale

    76

    Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, rinviare la causa dinanzi a quest’ultimo affinché statuisca sulla controversia oppure statuire essa stessa definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

    77

    Nel caso di specie, occorre che la Corte statuisca definitivamente sulla controversia, poiché lo stato degli atti lo consente.

    78

    Come ricordato al punto 69 della presente sentenza, è la stessa Commissione che ha ammesso che le decisioni controverse non fornivano spiegazioni sulle ragioni per le quali la Commissione riteneva che l’Ungheria non avrebbe sospeso le misure in questione, nonostante l’avvio di un procedimento di indagine formale. Orbene, le ingiunzioni di sospensione avrebbero dovuto essere motivate al riguardo, come esposto al punto 58 della presente sentenza e come dichiarato anche dal Tribunale al punto 135 della sentenza impugnata. Pertanto, le ingiunzioni di sospensione controverse sono viziate da un’insufficienza di motivazione e violano l’articolo 296 TFUE. Il terzo motivo del ricorso di primo grado dell’Ungheria deve, pertanto, essere parimenti accolto.

    79

    Da quanto precede risulta che le ingiunzioni di sospensione adottate con le decisioni controverse devono essere annullate, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi di tale ricorso.

    Sulle spese

    80

    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte decide sulle spese.

    81

    L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del suddetto regolamento, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare le proprie spese, nonché le spese sostenute dall’Ungheria nell’ambito del procedimento di primo grado e dell’impugnazione principale, conformemente alla domanda di quest’ultima.

    82

    L’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, parimenti applicabile al procedimento di impugnazione in virtù dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento, prevede che le spese sostenute dagli Stati membri e dalle istituzioni intervenuti nella causa restano a loro carico.

    83

    La Repubblica di Polonia, interveniente in sede d’impugnazione, sopporterà le proprie spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 25 aprile 2018, Ungheria/Commissione (T‑554/15 e T‑555/15, EU:T:2018:220), è annullata.

     

    2)

    La decisione C(2015) 4805 final della Commissione, del 15 luglio 2015, relativa all’Aiuto di Stato SA. 41187 (2015/NN) – Ungheria – Contributo alle spese sanitarie per le imprese dell’industria del tabacco, e la decisione C(2015) 4808 final della Commissione, del 15 luglio 2015, relativa all’Aiuto di Stato SA. 40018 (2015/C) (ex 2014/NN) – 2014 Modifica della tassa di ispezione della filiera alimentare ungherese, sono annullate nei limiti in cui esse ingiungono la sospensione dell’applicazione dell’aliquota progressiva, rispettivamente, del contributo alle spese sanitarie e della tassa di ispezione della filiera alimentare, come risultano dalla legge n. XCIV del 2014, sul contributo alle spese sanitarie delle imprese dell’industria del tabacco, e dalla modifica del 2014 della legge n. XLVI del 2008, sulla filiera alimentare e il controllo ufficiale di quest’ultima.

     

    3)

    La Commissione europea sopporta, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’Ungheria, relative sia al procedimento di primo grado che a quello di impugnazione.

     

    4)

    La Repubblica di Polonia sopporta le proprie spese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’ungherese.

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