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Documento 62019CJ0398

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 17 dicembre 2020.
    BY contro Generalstaatsanwaltschaft Berlin.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Kammergericht Berlin.
    Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articoli 18 e 21 TFUE – Estradizione di un cittadino dell’Unione verso uno Stato terzo – Persona che ha acquisito la cittadinanza dell’Unione dopo aver trasferito il centro dei propri interessi nello Stato membro richiesto – Ambito di applicazione del diritto dell’Unione – Divieto di estradizione applicato unicamente nei confronti dei propri cittadini – Restrizione della libera circolazione – Giustificazione fondata sulla prevenzione dell’impunità – Proporzionalità – Informazione dello Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza – Obbligo per gli Stati membri, richiesto e di origine, di domandare allo Stato terzo richiedente di trasmettere il fascicolo penale – Insussistenza.
    Causa C-398/19.

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2020:1032

     SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    17 dicembre 2020 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articoli 18 e 21 TFUE – Estradizione di un cittadino dell’Unione verso uno Stato terzo – Persona che ha acquisito la cittadinanza dell’Unione dopo aver trasferito il centro dei propri interessi nello Stato membro richiesto – Ambito di applicazione del diritto dell’Unione – Divieto di estradizione applicato unicamente nei confronti dei propri cittadini – Restrizione della libera circolazione – Giustificazione fondata sulla prevenzione dell’impunità – Proporzionalità – Informazione dello Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza – Obbligo per gli Stati membri, richiesto e di origine, di domandare allo Stato terzo richiedente di trasmettere il fascicolo penale – Insussistenza»

    Nella causa C‑398/19,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Kammergericht Berlin (Tribunale superiore del Land di Berlino, Germania), con decisione del 14 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 23 maggio 2019, nel procedimento relativo all’estradizione di

    BY

    con l’intervento di:

    Generalstaatsanwaltschaft Berlin,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, M. Vilaras, E. Regan, M. Ilešič, L. Bay Larsen, A. Kumin e N. Wahl, presidenti di sezione, S. Rodin, F. Biltgen, K. Jürimäe (relatrice), C. Lycourgos, I. Jarukaitis e N. Jääskinen, giudici,

    avvocato generale: G. Hogan

    cancelliere: D. Dittert, capo unità

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 giugno 2020,

    considerate le osservazioni presentate:

    per BY, da K. Peters, Rechtsanwalt;

    per il governo tedesco, da J. Möller, M. Hellmann, R. Kanitz, F. Halabi e A. Berg, in qualità di agenti;

    per l’Irlanda, da M. Browne, G. Hodge, J. Quaney e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da M. Gray, SC;

    per il governo ellenico, da V. Karra, A. Magrippi ed E. Tsaousi, in qualità di agenti;

    per il governo lettone, da I. Kucina, V. Soņeca e L. Juškeviča, in qualità di agenti;

    per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e R. Kissné Berta, in qualità di agenti;

    per il governo austriaco, da J. Schmoll e M. Augustin, in qualità di agenti;

    per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

    per il governo rumeno, da L. Liţu, S.‑A. Purza e C.‑R. Canţăr, in qualità di agenti;

    per la Commissione europea, da S. Grünheid e R. Troosters, in qualità di agenti,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 settembre 2020,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 18 e 21 TFUE, nonché della sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).

    2

    Essa è stata presentata nel contesto di una richiesta di estradizione riguardante BY, cittadino ucraino e rumeno, presentata dalle autorità ucraine alle autorità tedesche, ai fini di un’azione penale.

    Contesto normativo

    La Convenzione europea di estradizione

    3

    L’articolo 1 della Convenzione europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 (in prosieguo: la «Convenzione europea di estradizione»), così recita:

    «Le [p]arti [c]ontraenti si obbligano a estradarsi reciprocamente, secondo le regole e le condizioni stabilite negli articoli seguenti, gli individui perseguiti per un reato o ricercati per l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza dalle autorità giudiziarie della [p]arte richiedente».

    4

    L’articolo 6 della Convenzione in parola, dal titolo «Estradizione dei cittadini», prevede quanto segue:

    «1.   

    a)

    Ciascuna [p]arte [c]ontraente avrà la facoltà di rifiutare l’estradizione dei suoi cittadini.

    b)

    Ciascuna [p]arte [c]ontraente potrà, mediante una dichiarazione effettuata al momento della firma o del deposito dello strumento di ratifica o di adesione, definire, per quanto la concerne, il termine “cittadini” ai sensi della presente [c]onvenzione.

    c)

    La qualità di cittadino sarà valutata al momento della decisione di estradizione. (...)

    2.   Se la [p]arte richiesta non procede all’estradizione di un suo cittadino, essa dovrà, su domanda della [p]arte richiedente, sottoporre il caso alle autorità competenti, affinché, ove occorra, possano essere avviati procedimenti giudiziari. A tale scopo, i fascicoli, le informazioni e gli oggetti relativi al reato saranno trasmessi gratuitamente per la via prevista nel paragrafo 1 dell’articolo 12. La [p]arte richiedente sarà informata del seguito che sarà stato dato alla sua domanda».

    5

    Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, di detta Convenzione:

    «A sostegno della domanda sarà prodotto:

    a)

    l’originale o la copia autentica di una decisione esecutiva di condanna o di un mandato di arresto o di qualsiasi altro atto avente la stessa forza, rilasciato nelle forme prescritte nella legge dalla [p]arte richiedente;

    b)

    un’esposizione dei fatti, per i quali l’estradizione è domandata. Il tempo e il luogo del loro compimento, la loro qualificazione legale e i riferimenti alle disposizioni legali loro applicabili saranno indicate il più esattamente possibile; e

    c)

    una copia delle disposizioni legali applicabili o, se ciò fosse impossibile, una dichiarazione sul diritto applicabile, nonché il segnalamento il più preciso possibile dell’individuo reclamato e qualsiasi altra informazione atta a determinare la sua identità e la sua cittadinanza».

    6

    La Repubblica federale di Germania ha fatto una dichiarazione ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione europea di estradizione (in prosieguo: la «dichiarazione»), che così recita:

    «L’estradizione dei cittadini tedeschi dalla Repubblica federale di Germania verso un paese straniero non è permessa ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 2, prima frase, [della Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland (Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania) del 23 maggio 1949 (BGBl 1949 I, pag. 1)] e deve pertanto essere negata in ogni caso.

    Il termine “cittadini” di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della [c]onvenzione europea di estradizione del 1957 comprende tutti i cittadini tedeschi ai sensi dell’articolo 116, paragrafo 1, della Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania».

    Decisione quadro 2002/584/GAI

    7

    La decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), al suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, prevede quanto segue:

    «1.   Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

    2.   Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro».

    Diritto tedesco

    Legge fondamentale della Repubblica federale di Germania

    8

    L’articolo 16, paragrafo 2, della Legge fondamentale per la Repubblica federale di Germania così prevede:

    «Nessun cittadino tedesco può essere estradato all’estero. Una disciplina derogatoria può essere adottata dalla legge ai fini dell’estradizione verso uno Stato membro dell’Unione europea o una corte internazionale, purché siano garantiti i principi dello Stato di diritto».

    Il codice penale

    9

    L’articolo 7 dello Strafgesetzbuch (Codice penale), nella versione applicabile al procedimento principale, prevede quanto segue:

    «(1)   Il diritto penale tedesco si applica ai reati commessi all’estero a danno di un cittadino tedesco, qualora il reato sia altresì punito nello Stato in cui è stato commesso o il luogo in cui esso è stato commesso non rientri nella giurisdizione penale di alcuno Stato.

    (2)   Per gli altri reati commessi all’estero, si applica il diritto penale tedesco qualora il reato sia altresì punito nello Stato in cui è stato commesso o il luogo in cui esso è stato commesso non rientri nella giurisdizione penale di alcuno Stato e se l’autore

    1.

    era cittadino tedesco al momento del reato o se lo è diventato dopo il reato, oppure

    2.

    era un cittadino straniero al momento del reato, viene rinvenuto nel territorio nazionale e, sebbene la legge sull’estradizione ne consenta l’estradizione in base alla natura del reato, non è estradato perché una richiesta di estradizione non è stata presentata entro un tempo ragionevole o è stata rifiutata o l’estradizione non è eseguibile».

    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    10

    BY è un cittadino ucraino e rumeno. È nato in Ucraina e vi ha vissuto fino al suo trasferimento in Germania, avvenuto nel 2012. Nel corso del 2014 egli ha ottenuto anche la cittadinanza rumena, in quanto discendente di cittadini rumeni che avevano vissuto nell’allora Bucovina rumena. Non ha mai risieduto in Romania.

    11

    Il 15 marzo 2016, sulla base di un mandato di arresto emesso da un giudice ucraino, la Procura generale dell’Ucraina ha emesso una richiesta formale di estradizione di BY, ai fini di un procedimento penale per appropriazione indebita di danaro di un’impresa pubblica ucraina. Tale richiesta è stata trasmessa alla Repubblica federale di Germania attraverso il Ministero della Giustizia ucraino.

    12

    Il 26 luglio 2016, nei confronti di BY è stato disposto l’arresto provvisorio. Con ordinanza del 1o agosto 2016 del giudice del rinvio – il Kammergericht Berlin (Tribunale superiore del Land di Berlino, Germania) – è stata disposta la custodia di BY in pendenza di estradizione. Il 2 dicembre 2016, dopo aver versato una cauzione, BY ha fruito di una misura di libertà condizionale, conformemente ad un’ordinanza del giudice del rinvio del 28 novembre 2016.

    13

    Nel frattempo, con lettera del 9 novembre 2016, cui era allegata l’ordinanza del 1o agosto 2016 menzionata al punto precedente, la Generalstaatsanwaltschaft Berlin (Procura generale di Berlino, Germania) ha informato il Ministero della Giustizia rumeno della domanda di estradizione e ha chiesto se le autorità rumene intendessero esercitare esse stesse l’azione penale nei confronti di BY, in qualità di cittadino rumeno che aveva commesso fatti penalmente perseguibili all’estero. Con lettera del 22 novembre 2016, il suddetto Ministero ha risposto che le autorità rumene potevano decidere di esercitare l’azione penale solo su richiesta delle autorità ucraine. A seguito di un’ulteriore richiesta, datata 2 gennaio 2017, con la quale la Procura generale di Berlino ha cercato di accertare se il diritto penale rumeno consentisse di esercitare l’azione penale per i fatti di cui trattasi, tale Ministero ha risposto, il 15 marzo 2017, che l’emissione di un mandato di arresto nazionale, quale condizione per l’emissione di un mandato d’arresto europeo, era subordinata a prove sufficienti della colpevolezza dell’individuo reclamato e ha chiesto alla Procura generale di Berlino di fornirgli documenti e copie delle prove relativi ai fatti contestati a BY che le erano stati comunicati dalle autorità ucraine.

    14

    Il giudice del rinvio osserva che da tale risposta deduce che il diritto rumeno consente, in linea di principio, di perseguire un cittadino rumeno per fatti commessi all’estero.

    15

    Secondo tale giudice, l’estradizione di BY verso l’Ucraina è lecita, ma idonea ad essere in contrasto con la sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), dato che le autorità giudiziarie rumene non si sono formalmente pronunciate sull’eventuale emissione di un mandato d’arresto europeo. Detto giudice precisa che, pur se la Repubblica federale di Germania rifiuta l’estradizione dei propri cittadini, non esiste alcun divieto di estradizione per i cittadini di altri Stati membri. Esso si interroga tuttavia sulle conseguenze di tale sentenza per l’esito della causa di cui è investito, a motivo delle circostanze proprie di quest’ultima che differirebbero da quelle della causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza.

    16

    In primo luogo, il giudice del rinvio osserva che, al momento in cui si è stabilito in Germania, BY aveva solo la cittadinanza ucraina e ha acquisito la cittadinanza rumena solo successivamente. Il soggiorno di BY in Germania non rientrerebbe quindi nell’esercizio del diritto conferitogli dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE. Si porrebbe pertanto la questione se siano applicabili alla situazione di BY i principi enunciati dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630).

    17

    In secondo luogo, il giudice del rinvio sottolinea una difficoltà pratica nell’applicazione dei principi risultanti da tale sentenza. Esso osserva che le autorità giudiziarie rumene possono valutare l’opportunità di perseguire esse stesse BY solo se dispongono delle prove raccolte nei suoi confronti. Orbene, tali prove non rientrerebbero tra gli elementi che corredano una domanda di estradizione, conformemente all’articolo 12, paragrafo 2, della Convenzione europea di estradizione, cosicché lo Stato membro richiesto non potrebbe trasmetterle a tali autorità. In ogni caso, la trasmissione di tali prove allo Stato membro del quale la persona reclamata ha la cittadinanza potrebbe, al pari della trasmissione della richiesta di estradizione completa, rientrare nella sola decisione sovrana dello Stato terzo richiedente.

    18

    Il giudice del rinvio si chiede, pertanto, se le autorità dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza, informate dallo Stato membro richiesto dell’esistenza di una richiesta di estradizione, siano tenute a rivolgersi allo Stato terzo richiedente ai fini della trasmissione del fascicolo penale, per poter valutare la possibilità di esercitare esse stesse l’azione penale. Una richiesta del genere potrebbe comportare notevoli ritardi, difficilmente giustificabili. Altrettanto difficile sarebbe in pratica esigere che lo Stato membro richiesto chieda allo Stato terzo di rivolgere una domanda allo Stato membro di cui ha la cittadinanza la persona reclamata affinché quest’ultimo eserciti l’azione penale.

    19

    In terzo luogo, il giudice del rinvio precisa che il diritto penale tedesco prevede, all’articolo 7, paragrafo 2, del codice penale, la competenza sussidiaria per il perseguimento di reati commessi all’estero in caso di non estradizione, anche nei confronti di cittadini stranieri. Esso si chiede se, al fine di rispettare il principio di non discriminazione sancito dall’articolo 18 TFUE, occorra applicare tale disposizione e dichiarare illecita l’estradizione di un cittadino dell’Unione. A suo parere, tuttavia, un approccio del genere metterebbe a rischio l’efficacia dell’azione penale.

    20

    Infatti, da un lato, se, sulla base di tale competenza sussidiaria, l’estradizione di un cittadino dell’Unione fosse prima facie illecita, non sarebbe possibile, in forza di un’altra disposizione del diritto tedesco, l’emissione di un mandato d’arresto ai fini dell’estradizione, e quindi, la detenzione dell’interessato in pendenza di estradizione. D’altro lato, un mandato d’arresto nazionale potrebbe essere emesso in Germania solo sulla base di indizi gravi di colpevolezza la cui esistenza potrebbe essere confermata unicamente dopo l’analisi degli elementi di prova a carico dell’individuo reclamato. Per ottenere tali elementi, le autorità tedesche dovrebbero proporre allo Stato terzo richiedente di esercitare esse stesse l’azione penale o invitare quest’ultimo a presentare una richiesta del genere, il che causerebbe ulteriori ritardi.

    21

    È in tali circostanze che il Kammergericht Berlin (Tribunale superiore del Land di Berlino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    Se i principi enunciati nella sentenza della Corte (…) del 6 settembre 2016 nella causa Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), sull’applicazione degli articoli 18 e 21 [TFUE] nel caso di una richiesta di estradizione di un cittadino dell’Unione presentata da uno Stato terzo valgano anche se l’imputato ha spostato il centro dei suoi interessi nello Stato membro richiesto in un momento in cui non era ancora cittadino dell’Unione.

    2)

    Se, in base alla sentenza (…) del 6 settembre 2016 nella causa Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), lo Stato membro di cittadinanza informato di una richiesta di estradizione sia tenuto a chiedere allo Stato terzo richiedente di trasmettere gli atti al fine di esaminare se procedere con l’assunzione del procedimento penale.

    3)

    Se, sulla base della sentenza (…) del 6 settembre 2016 nella causa Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), lo Stato membro che riceve da uno Stato terzo una richiesta di estradizione di un cittadino dell’Unione sia tenuto a rifiutare l’estradizione e ad esercitare direttamente l’azione penale qualora ciò gli sia consentito ai sensi del suo diritto nazionale».

    Sulla competenza della Corte

    22

    L’Irlanda eccepisce l’incompetenza della Corte a conoscere della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Essa rileva che la situazione giuridica di un cittadino dell’Unione rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione solo se tale cittadino ha esercitato il suo diritto di circolare liberamente quando aveva già lo status di cittadino dell’Unione. Orbene, non sarebbe stato così nel caso di BY nel momento in cui ha spostato il centro dei suoi interessi dall’Ucraina alla Germania. Pertanto, BY non avrebbe fondato il suo soggiorno in Germania sull’esercizio di un diritto derivante dall’articolo 21 TFUE e non avrebbe agito nella sua qualità di cittadino dell’Unione, cosicché egli non potrebbe avvalersi dell’articolo 18 TFUE.

    23

    Occorre constatare che tale argomento si confonde con l’esame della prima questione, con cui il giudice del rinvio cerca, in sostanza, di determinare se gli articoli 18 e 21 TFUE, come interpretati dalla Corte nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), siano applicabili alla situazione di un cittadino dell’Unione che, come BY, ha trasferito il centro dei propri interessi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza quando non aveva ancora lo status di cittadino dell’Unione.

    24

    Orbene, è manifesto che la Corte è competente a fornire al giudice del rinvio le indicazioni interpretative pertinenti che gli consentano di determinare se il diritto dell’Unione sia applicabile a una situazione del genere (v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy, C‑434/09, EU:C:2011:277, punti 4356).

    25

    Tale competenza non è rimessa in discussione dalla circostanza che, in caso di risposta negativa alla prima questione, nel senso che gli articoli 18 e 21 TFUE non siano applicabili a tale situazione, non sarebbe più necessario esaminare le questioni seconda e terza.

    26

    Ne consegue che la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

    Sulle questioni pregiudiziali

    Sulla prima questione

    27

    Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi si applicano alla situazione di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di uno Stato membro e soggiorna nel territorio di un altro Stato membro ed è oggetto di una domanda di estradizione rivolta a quest’ultimo Stato da uno Stato terzo, anche qualora tale cittadino abbia trasferito il centro dei propri interessi in tale altro Stato membro in un momento in cui non aveva ancora lo status di cittadino dell’Unione.

    28

    Occorre rammentare che, nella sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 30) – riguardante, come la presente fattispecie, una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo con il quale l’Unione non ha concluso un accordo di estradizione – la Corte ha dichiarato che, se è vero che, in mancanza di un accordo siffatto, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza degli Stati membri, le situazioni rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 18 TFUE, in combinato disposto con le norme del Trattato FUE sulla cittadinanza dell’Unione, comprendono, in particolare, quelle rientranti nell’esercizio della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, quale conferita dall’articolo 21 TFUE.

    29

    Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che un cittadino di uno Stato membro, avente a tale titolo lo status di cittadino dell’Unione, che soggiorna legalmente nel territorio di un altro Stato membro, rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Garcia Avello, C‑148/02, EU:C:2003:539, punti 2627, nonché dell’8 giugno 2017, Freitag, C‑541/15, EU:C:2017:432, punto 34).

    30

    Pertanto, in ragione della sua qualità di cittadino dell’Unione, un cittadino di uno Stato membro che soggiorna in un altro Stato membro ha il diritto di avvalersi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen, C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 26, e del 2 ottobre 2019, Bajratari, C‑93/18, EU:C:2019:809, punto 26 e giurisprudenza ivi citata) e rientra nell’ambito di applicazione dei Trattati ai sensi dell’articolo 18 TFUE, che contiene il principio di non discriminazione in base alla cittadinanza (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 31 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 13 novembre 2018, Raugevicius, C‑247/17, EU:C:2018:898, punto 27).

    31

    Il fatto che tale cittadino dell’Unione abbia acquisito la cittadinanza di uno Stato membro e, quindi, lo status di cittadino dell’Unione solo allorché già risiedeva in uno Stato membro diverso da quello di cui ha successivamente acquisito la cittadinanza non è tale da invalidare tale considerazione. L’interpretazione contraria, infatti, in quanto impedirebbe a tale cittadino di esercitare i diritti conferiti dallo status di cittadino dell’Unione, pregiudicherebbe l’effetto utile di tale status, che è inteso come status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (v., al riguardo, sentenza del 20 settembre 2001, Grzelczyk, C‑184/99, EU:C:2001:458, punto 31).

    32

    Lo stesso vale per la circostanza che il cittadino dell’Unione di cui si chiede l’estradizione possieda anche la cittadinanza dello Stato terzo richiedente. La doppia cittadinanza di uno Stato membro e di uno Stato terzo non può, infatti, privare l’interessato delle libertà che gli derivano dal diritto dell’Unione in quanto cittadino di uno Stato membro (sentenza del 13 novembre 2018, Raugevicius, C‑247/17, EU:C:2018:898, punto 29 e giurisprudenza citata).

    33

    Nel procedimento principale, dalla decisione di rinvio risulta che BY, cittadino rumeno, esercita, nella sua qualità di cittadino dell’Unione, il proprio diritto, previsto all’articolo 21 TFUE, di soggiornare in un altro Stato membro, nella fattispecie la Repubblica federale di Germania, cosicché la sua situazione rientra nell’ambito di applicazione dei Trattati, ai sensi dell’articolo 18 TFUE, nonostante la circostanza, da un lato, che egli abbia trasferito il centro dei propri interessi in quest’ultimo Stato membro in un momento in cui non aveva ancora acquisito la cittadinanza rumena e, d’altro lato, che sia anche cittadino dello Stato terzo richiedente.

    34

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi si applicano alla situazione di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di uno Stato membro e soggiorna nel territorio di un altro Stato membro ed è oggetto di una domanda di estradizione di una domanda di estradizione rivolta a quest’ultimo Stato da uno Stato terzo, anche qualora il suddetto cittadino abbia trasferito il centro dei propri interessi in tale altro Stato membro in un momento in cui non aveva ancora lo status di cittadino dell’Unione.

    Sulla seconda questione

    35

    In via preliminare, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia ad esso sottoposta. In tale prospettiva, spetta alla Corte riformulare, se necessario, le questioni ad essa sottoposte (sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 33, e dell’8 giugno 2017, Freitag, C‑541/15, EU:C:2017:432, punto 29).

    36

    Nel caso di specie, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio si interroga sugli obblighi che, nell’ambito dell’attuazione dello scambio di informazioni di cui ai punti da 47 a 49 della sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), potrebbero incombere allo Stato membro di cui ha la cittadinanza la persona reclamata, cittadino dell’Unione oggetto di una domanda di estradizione rivolta da uno Stato terzo allo Stato membro nel cui territorio tale persona soggiorna. Come formulata da detto giudice, tale questione riguarda l’eventuale esistenza di un obbligo, gravante sullo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza, di chiedere allo Stato terzo richiedente di trasmettergli il fascicolo relativo al reato contestato a tale persona.

    37

    Tuttavia, poiché tale scambio di informazioni è fondato sulla cooperazione dei due summenzionati Stati membri e, nella motivazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio menziona gli obblighi gravanti sull’uno e l’altro di detti Stati membri, al fine di fornire a tale giudice una risposta completa, occorre considerare che la seconda questione miri parimenti a determinare gli obblighi incombenti allo Stato membro richiesto nell’ambito dello scambio di informazioni di cui al punto precedente della presente sentenza.

    38

    In tali circostanze, occorre riformulare la seconda questione e considerare che, con essa, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, qualora lo Stato membro, di cui ha la cittadinanza la persona reclamata – cittadino dell’Unione oggetto di una domanda di estradizione presentata da uno Stato terzo a un altro Stato membro –, sia stato informato da quest’ultimo Stato dell’esistenza di tale domanda, l’uno o l’altro di tali Stati membri è tenuto a chiedere allo Stato terzo richiedente di trasmettere loro una copia del fascicolo penale al fine di consentire allo Stato membro di cui la suddetta persona ha la cittadinanza di valutare la possibilità di esercitare esso stesso l’azione penale.

    39

    Occorre, in primo luogo, ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, le norme nazionali di uno Stato membro sull’estradizione che introducono, come nel procedimento principale, una differenza di trattamento a seconda che la persona reclamata sia cittadino di detto Stato membro o sia cittadino di un altro Stato membro, in quanto conducono a non accordare ai cittadini di altri Stati membri che soggiornano legalmente nel territorio dello Stato richiesto la protezione contro l’estradizione di cui godono i cittadini di quest’ultimo Stato membro, sono idonee a incidere sulla libertà dei primi di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 32, e del 10 aprile 2018, Pisciotti, C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 44).

    40

    Ne consegue che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la disparità di trattamento consistente nel consentire l’estradizione di un cittadino dell’Unione, avente la cittadinanza di uno Stato membro diverso dallo Stato membro richiesto, si traduce in una restrizione della libertà di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri, ai sensi dell’articolo 21 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 33, e del 10 aprile 2018, Pisciotti, C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 45).

    41

    Una restrizione siffatta può essere giustificata solo se è basata su considerazioni oggettive e se è proporzionata all’obiettivo legittimamente perseguito dalla normativa nazionale (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 34).

    42

    In tale contesto, la Corte ha riconosciuto che l’obiettivo di evitare il rischio di impunità delle persone che hanno commesso un reato deve essere considerato legittimo e consente di giustificare una misura restrittiva di una libertà fondamentale, come quella prevista all’articolo 21 TFUE, sempre che tale misura risulti necessaria ai fini della tutela degli interessi che essa mira a garantire e unicamente nei limiti in cui tali obiettivi non possano essere raggiunti mediante misure meno restrittive (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punti 3738, del 10 aprile 2018, Pisciotti, C‑191/16, EU:C:2018:222, punti 4748, e del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 60).

    43

    Al riguardo, la Corte ha dichiarato che occorre privilegiare lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza nell’ottica di fornire, all’occorrenza, alle autorità di tale Stato membro l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo ai fini dell’esercizio dell’azione penale. Pertanto, un altro Stato membro, nel quale tale persona soggiorna legalmente, allorché riceve una richiesta di estradizione da parte di uno Stato terzo, è tenuto ad informare lo Stato membro di cui tale persona ha la cittadinanza e, eventualmente, su domanda di quest’ultimo, a consegnargli tale stessa persona, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584, purché quest’ultimo Stato membro sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal suo territorio nazionale (v., in tal senso, sentenze del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punti 4850, del 10 aprile 2018, Pisciotti, C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 51, nonché del 2 aprile 2020, Ruska Federacija, C‑897/19 PPU, EU:C:2020:262, punto 70).

    44

    Inoltre, al fine di preservare l’obiettivo di evitare il rischio di impunità della persona reclamata per i fatti che le sono contestati nella domanda di estradizione, il mandato d’arresto europeo eventualmente emesso dallo Stato membro di cui tale persona ha la cittadinanza deve vertere, quantomeno, sugli stessi fatti contestati a detta persona nella domanda di estradizione (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti, C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 54).

    45

    Per contro, in mancanza dell’emissione di un mandato di arresto europeo da parte dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza, lo Stato membro richiesto può procedere alla sua estradizione, a condizione di aver verificato, come lo esige la giurisprudenza della Corte, che detta estradizione non pregiudichi i diritti di cui all’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 60).

    46

    È alla luce di tali considerazioni che occorre, in secondo luogo, apportare, in considerazione dei quesiti del giudice del rinvio, precisazioni riguardanti l’attuazione dello scambio di informazioni menzionato al punto 43 della presente sentenza.

    47

    A tal riguardo, dai punti 55 e 56 della sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti (C‑191/16, EU:C:2018:222) risulta, in sostanza, che lo Stato membro richiesto adempie al suo obbligo di informazione, menzionato al punto 43 della presente sentenza, mettendo le autorità competenti dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza in condizione di reclamare tale persona nell’ambito di un mandato d’arresto europeo.

    48

    A tal fine, conformemente al principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 42), spetta allo Stato membro richiesto informare le autorità competenti dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza non solo dell’esistenza di una domanda di estradizione che la riguarda, ma anche di tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati dallo Stato terzo richiedente nell’ambito di tale domanda di estradizione, fermo restando che tali autorità sono nondimeno tenute a rispettare la riservatezza di tali elementi qualora quest’ultima sia stata richiesta da detto Stato terzo, debitamente informato a tale riguardo. Inoltre, spetta parimenti allo Stato membro richiesto tenere informate dette autorità di ogni cambiamento della situazione in cui si trova la persona reclamata, rilevante ai fini dell’eventuale emissione nei suoi confronti di un mandato d’arresto europeo conformemente a quanto esposto ai punti 43 e 44 della presente sentenza.

    49

    Né lo Stato membro richiesto né lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza possono essere invece tenuti, ai sensi del diritto dell’Unione, a chiedere la trasmissione del fascicolo penale da parte dello Stato terzo richiedente.

    50

    Oltre al fatto che un obbligo siffatto non trova, allo stato attuale, alcun fondamento normativo nel diritto dell’Unione, esso sarebbe altresì inconciliabile con gli obiettivi sui quali si fonda lo scambio di informazioni di cui al punto 43 della presente sentenza, in quanto, secondo la giurisprudenza della Corte, tale scambio di informazioni si inserisce nell’obiettivo di preservare i cittadini dell’Unione da misure idonee a privarli dei diritti di libera circolazione e di soggiorno previsti dall’articolo 21 TFUE, lottando al contempo contro l’impunità relativamente a reati (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 47).

    51

    Infatti, se lo Stato membro richiesto o lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza fossero tenuti a chiedere la trasmissione, da parte dello Stato terzo richiedente, del fascicolo penale, la procedura di estradizione potrebbe risultare notevolmente più complessa e la sua durata potrebbe essere sostanzialmente prolungata, con il rischio di compromettere, in definitiva, l’obiettivo di evitare siffatta impunità.

    52

    Occorre inoltre sottolineare che la giurisprudenza ricordata al punto 43 della presente sentenza si fonda sulla premessa che lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza valuti esso stesso l’opportunità di emettere un mandato d’arresto europeo allorché è informato, dallo Stato membro richiesto, dell’esistenza di una richiesta di estradizione per uno dei suoi cittadini. Analogamente, si deve considerare che è nell’esercizio di un potere discrezionale, rientrante nella sua sovranità in materia penale e in conformità delle norme del suo diritto nazionale, che lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza può decidere di chiedere allo Stato terzo richiedente la trasmissione del fascicolo penale al fine di valutare l’opportunità di eventuali azioni penali.

    53

    Da quanto precede consegue che, a condizione di aver debitamente informato le autorità dello Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza conformemente a quanto precisato al punto 48 della presente sentenza, le autorità dello Stato membro richiesto possono proseguire la procedura di estradizione e, se del caso, procedere all’estradizione di tale persona in mancanza dell’emissione di un mandato d’arresto europeo da parte dello Stato membro di cui essa ha la cittadinanza entro un termine ragionevole, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie.

    54

    In un’ipotesi del genere, lo Stato membro richiesto può quindi procedere a tale estradizione senza essere tenuto ad attendere, al di là di siffatto termine ragionevole, che lo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza adotti una decisione formale con la quale rinuncia all’emissione di un mandato d’arresto europeo nei confronti di tale persona. L’approccio contrario andrebbe, infatti, al di là di quanto implica l’attuazione dei meccanismi di cooperazione e di assistenza reciproca esistenti in materia penale in forza del diritto dell’Unione e rischierebbe di ritardare indebitamente la procedura di estradizione.

    55

    A tale titolo, spetta allo Stato membro richiesto, nell’interesse della certezza del diritto, indicare, allo Stato membro di cui la persona reclamata ha la cittadinanza, un termine ragionevole alla scadenza del quale, in mancanza dell’emissione di un mandato d’arresto europeo da parte di quest’ultimo Stato membro, si procederà, se del caso, all’estradizione di tale persona. Siffatto termine deve essere fissato tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie, in particolare dell’eventuale detenzione di detta persona disposta in base alla procedura di estradizione e della complessità del caso.

    56

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che, qualora lo Stato membro di cui ha la cittadinanza la persona reclamata – cittadino dell’Unione oggetto di una domanda di estradizione presentata da uno Stato terzo a un altro Stato membro – sia stato informato da quest’ultimo Stato dell’esistenza di tale domanda, né l’uno né l’altro di tali Stati membri è tenuto a chiedere allo Stato terzo richiedente di trasmettere una copia del fascicolo penale al fine di consentire allo Stato membro di cui la suddetta persona ha la cittadinanza di valutare la possibilità di esercitare esso stesso l’azione penale nei confronti di tale persona. Purché abbia debitamente informato lo Stato membro di cui la stessa persona ha la cittadinanza dell’esistenza della domanda di estradizione, di tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati dallo Stato terzo richiedente nell’ambito di tale domanda, nonché di ogni cambiamento della situazione in cui la persona reclamata si trova, rilevante ai fini di un’eventuale emissione di un mandato d’arresto europeo nei suoi confronti, lo Stato membro richiesto può estradare detta persona senza essere tenuto ad attendere che lo Stato membro di cui essa ha la cittadinanza rinunci, con una decisione formale, all’emissione del suddetto mandato d’arresto, riguardante quanto meno i medesimi fatti menzionati nella richiesta di estradizione, se quest’ultimo Stato membro si astenga dal procedere alla summenzionata emissione entro un termine ragionevole che gli è stato accordato a tal fine dallo Stato membro richiesto, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie.

    Sulla terza questione

    57

    Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 18 e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che lo Stato membro che riceve da uno Stato terzo una domanda di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale nei confronti di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di un altro Stato membro, è tenuto a rifiutare l’estradizione e ad esercitare esso stesso l’azione penale qualora ciò gli sia consentito dal suo diritto nazionale.

    58

    Occorre ricordare che l’estradizione è una procedura che mira a lottare contro l’impunità di una persona che si trovi in un territorio diverso da quello nel quale ha asseritamente commesso un reato. Infatti, mentre, tenuto conto del brocardo aut dedere, aut judicare (estradare o giudicare), la mancata estradizione dei cittadini nazionali è generalmente compensata dalla possibilità per lo Stato membro richiesto di perseguire i propri cittadini per gravi reati commessi fuori dal suo territorio, tale Stato membro è in genere incompetente a giudicare tali fatti quando né l’autore né la vittima del presunto reato sono cittadini di detto Stato membro. L’estradizione consente quindi di evitare che reati commessi nel territorio di uno Stato da persone che sono fuggite da tale territorio rimangano impuniti (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 39).

    59

    È in questo contesto che la Corte ha dichiarato che norme nazionali che consentono di dare un seguito favorevole a una domanda di estradizione ai fini dell’esercizio dell’azione penale e della sentenza nello Stato terzo in cui si suppone sia stato commesso il reato risultano adeguate per conseguire l’obiettivo perseguito, sempre che non esista una misura alternativa meno lesiva per l’esercizio dei diritti conferiti dall’articolo 21 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630,punti 4041).

    60

    Nel caso di specie, tuttavia, la questione del giudice del rinvio si inserisce in un contesto nel quale, a differenza di quanto esposto al punto 58 della presente sentenza, il diritto nazionale dello Stato membro richiesto consentirebbe a tale Stato membro di perseguire uno straniero per reati commessi fuori dal suo territorio. In tal senso, detto giudice indica che l’articolo 7, paragrafo 2, del codice penale prevede una competenza sussidiaria delle autorità tedesche incaricate dell’esercizio dell’azione penale per il perseguimento di fatti commessi all’estero in caso di mancata estradizione, anche qualora tali fatti siano stati commessi da un cittadino straniero.

    61

    Il governo tedesco contesta la fondatezza di tale interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, punto 2, del codice penale fornita dal giudice del rinvio. Secondo tale governo, la competenza sussidiaria prevista da tale disposizione troverebbe applicazione solo se lo Stato terzo richiedente non possa o non voglia esercitare l’azione penale. Orbene, ciò non si verificherebbe nel procedimento principale, cosicché detta disposizione non consentirebbe di esercitare l’azione penale nei confronti di BY in Germania.

    62

    A questo proposito, è necessario ricordare che, per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni dell’ordinamento giuridico nazionale, la Corte è, in linea di principio, tenuta a fondarsi sulle qualificazioni risultanti dalla decisione di rinvio. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, la Corte non è competente ad interpretare il diritto interno di uno Stato membro (sentenza del 7 agosto 2018, Banco Santander e Escobedo Cortés, C‑96/16 e C‑94/17, EU:C:2018:643, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

    63

    Pertanto, occorre esaminare la terza questione sulla base dell’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del codice penale quale risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale. Spetterà, eventualmente, al giudice del rinvio verificare la fondatezza di tale interpretazione.

    64

    Ciò premesso, si deve ritenere che gli articoli 18 e 21 TFUE non possano essere interpretati nel senso che lo Stato membro richiesto sia tenuto a rifiutare l’estradizione di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di un altro Stato membro, e ad esercitare esso stesso l’azione penale nei suoi confronti per fatti commessi in uno Stato terzo, qualora il diritto nazionale dello Stato membro richiesto autorizzi quest’ultimo a perseguire tale cittadino dell’Unione per taluni reati commessi in uno Stato terzo.

    65

    Infatti, in un caso del genere, un obbligo di rifiutare l’estradizione e di esercitare esso stesso l’azione penale avrebbe l’effetto di privare lo Stato membro richiesto della possibilità di valutare esso stesso l’opportunità di avviare un’azione penale nei confronti di detto cittadino sulla base del diritto nazionale, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, tra cui le probabilità che tale azione penale si concluda con una condanna penale, tenuto conto degli elementi di prova disponibili. Pertanto, un obbligo siffatto andrebbe al di là dei limiti che il diritto dell’Unione può imporre all’esercizio del potere discrezionale di cui gode tale Stato membro quanto all’opportunità dell’azione penale in una materia che, come la normativa penale, rientra, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nella competenza degli Stati membri, pur se essi sono tenuti ad esercitare tale competenza nel rispetto del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia, C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 57).

    66

    Ne consegue che, quando, come nel procedimento principale, allo Stato membro richiesto è stata presentata da uno Stato terzo una domanda di estradizione di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di un altro Stato membro, ai fini dell’esercizio dell’azione penale, in diritto dell’Unione si pone unicamente la questione se lo Stato membro richiesto possa agire, nei confronti di tale cittadino dell’Unione, in modo meno lesivo per l’esercizio del suo diritto alla libera circolazione e di soggiorno, contemplando di consegnare tale cittadino allo Stato membro del quale ha la cittadinanza anziché estradarlo verso lo Stato terzo richiedente (v., per analogia, sentenza del 10 aprile 2018, Pisciotti, C‑191/16, EU:C:2018:222, punto 50).

    67

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che lo Stato membro che ha ricevuto da uno Stato terzo una domanda di estradizione, ai fini dell’esercizio dell’azione penale, di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di un altro Stato membro, non è tenuto a rifiutare l’estradizione e ad esercitare esso stesso l’azione penale allorché il suo diritto nazionale glielo consente.

    Sulle spese

    68

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

     

    1)

    Gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi si applicano alla situazione di un cittadino dell’Unione europea, che ha la cittadinanza di uno Stato membro e soggiorna nel territorio di un altro Stato membro ed è oggetto di una domanda di estradizione rivolta a quest’ultimo Stato da uno Stato terzo, anche qualora il suddetto cittadino abbia trasferito il centro dei propri interessi in tale altro Stato membro in un momento in cui non aveva ancora lo status di cittadino dell’Unione.

     

    2)

    Gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che, qualora lo Stato membro di cui ha la cittadinanza la persona reclamata – cittadino dell’Unione oggetto di una domanda di estradizione presentata da uno Stato terzo a un altro Stato membro – sia stato informato da quest’ultimo Stato dell’esistenza di tale domanda, né l’uno né l’altro di tali Stati membri è tenuto a chiedere allo Stato terzo richiedente di trasmettere una copia del fascicolo penale al fine di consentire allo Stato membro di cui la suddetta persona ha la cittadinanza di valutare la possibilità di esercitare esso stesso l’azione penale nei confronti di tale persona. Purché abbia debitamente informato lo Stato membro di cui la stessa persona ha la cittadinanza dell’esistenza della domanda di estradizione, di tutti gli elementi di diritto e di fatto comunicati dallo Stato terzo richiedente nell’ambito di tale domanda, nonché di ogni cambiamento della situazione in cui la persona reclamata si trova, rilevante ai fini di un’eventuale emissione di un mandato d’arresto europeo nei suoi confronti, lo Stato membro richiesto può estradare detta persona senza essere tenuto ad attendere che lo Stato membro di cui essa ha la cittadinanza rinunci, con una decisione formale, all’emissione del suddetto mandato d’arresto, riguardante quanto meno i medesimi fatti menzionati nella richiesta di estradizione, se quest’ultimo Stato membro si astenga dal procedere alla summenzionata emissione entro un termine ragionevole che gli è stato accordato a tal fine dallo Stato membro richiesto, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie.

     

    3)

    Gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che lo Stato membro che ha ricevuto da uno Stato terzo una domanda di estradizione, ai fini dell’esercizio dell’azione penale, di un cittadino dell’Unione, che ha la cittadinanza di un altro Stato membro, non è tenuto a rifiutare l’estradizione e ad esercitare esso stesso l’azione penale allorché il suo diritto nazionale glielo consente.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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