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Documento 62018CJ0407

    Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 26 giugno 2019.
    Aleš Kuhar e Jožef Kuhar contro Addiko Bank d.d.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da lVišje sodišče v Mariboru.
    Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Procedimento di esecuzione forzata di un credito ipotecario – Atto notarile direttamente esecutivo – Controllo giudiziario delle clausole abusive – Sospensione dell’esecuzione forzata – Incompetenza del giudice investito della domanda di esecuzione forzata – Tutela del consumatore – Principio di effettività – Interpretazione conforme.
    Causa C-407/18.

    Raccolta della giurisprudenza - generale - Sezione "Informazioni sulle decisioni non pubblicate"

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2019:537

    SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

    26 giugno 2019 ( *1 )

    «Rinvio pregiudiziale – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Procedimento di esecuzione forzata di un credito ipotecario – Atto notarile direttamente esecutivo – Controllo giudiziario delle clausole abusive – Sospensione dell’esecuzione forzata – Incompetenza del giudice investito della domanda di esecuzione forzata – Tutela del consumatore – Principio di effettività – Interpretazione conforme»

    Nella causa C‑407/18,

    avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Višje sodišče v Mariboru (Corte d’appello di Maribor, Slovenia), con decisione del 6 giugno 2018, pervenuta in cancelleria il 21 giugno 2018, nel procedimento

    Aleš Kuhar,

    Jožef Kuhar

    contro

    Addiko Bank d.d.

    LA CORTE (Ottava Sezione),

    composta da F. Biltgen, presidente di sezione, C.G. Fernlund e L.S. Rossi (relatrice), giudici,

    avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

    cancelliere: A. Calot Escobar

    vista la fase scritta del procedimento,

    considerate le osservazioni presentate:

    per il governo sloveno, da B. Jovin Hrastnik, in qualità di agente;

    per la Commissione europea, da M. Kocjan e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

    vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

    2

    Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra i sigg. Aleš e Jožef Kuhar (in prosieguo: i «sigg. Kuhar») e la Addiko Bank d.d., istituto bancario sloveno, in merito all’esecuzione forzata di un credito derivante da un contratto di mutuo ipotecario stipulato sotto forma di atto notarile direttamente esecutivo.

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    3

    L’articolo 3 della direttiva 93/13 così prevede:

    «1.   Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

    2.   Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

    (…)».

    4

    L’articolo 4 della direttiva suddetta così recita:

    «1.   Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

    2.   La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

    5

    L’articolo 5 della direttiva stessa è così redatto:

    «Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. (…)».

    6

    L’articolo 6, paragrafo 1, della stessa direttiva così dispone:

    «Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

    7

    Ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

    «Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

    Diritto sloveno

    Legge relativa alla tutela dei consumatori

    8

    L’articolo 23 dello Zakon o varstvu potrošnikov (legge relativa alla tutela dei consumatori, Uradni list RS n. 98/04) prevede quanto segue:

    «Un’impresa non può prevedere clausole contrattuali abusive nei confronti del consumatore.

    Le clausole contrattuali di cui al paragrafo precedente sono nulle».

    9

    L’articolo 24, primo comma, di tale legge così dispone:

    «Le clausole contrattuali si considerano abusive se determinano, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali delle parti, o se rendono l’esecuzione del contratto immotivatamente pregiudizievole per il consumatore, o se fanno sì che l’esecuzione del contratto differisca in misura considerevole da quanto si aspettava ragionevolmente il consumatore, ovvero se si pongono in contrasto con il principio di buona fede e correttezza».

    Legge sull’esecuzione e sui provvedimenti cautelari

    10

    L’articolo 9 dello Zakon o izvršbi in zavarovanju (legge sull’esecuzione e sui provvedimenti cautelari, Uradni list RS, n. 3/07) così recita:

    «Una decisione di primo grado può essere oggetto di appello, a meno che la legge non disponga diversamente.

    Un ricorso di un debitore avverso un’ordinanza di esecuzione che accoglie una domanda di esecuzione rappresenta un reclamo.

    (…)

    Una decisione sul reclamo può essere oggetto di appello.

    (…)».

    11

    L’articolo 15 di detta legge così recita:

    «Le disposizioni dello Zakon o pravdnem postopku [(codice di procedura civile, Uradni list RS, n. 73/07)] si applicano per analogia alla procedura di esecuzione forzata e ai provvedimenti cautelari, salvo disposizione contraria della presente legge o di un’altra legge».

    12

    L’articolo 17, primo e secondo comma, di detta legge dispone quanto segue:

    «Il giudice ordina l’esecuzione sulla base di un titolo esecutivo.

    Rappresentano titoli esecutivi:

    1.

    una decisione giurisdizionale esecutiva e una transazione giudiziaria esecutiva;

    2.

    un atto notarile esecutivo;

    (…)».

    13

    Ai sensi dell’articolo 55, primo comma, della stessa legge:

    «È possibile presentare reclamo avverso un’ordinanza di esecuzione forzata per ragioni che ostano all’esecuzione, e segnatamente:

    (…)

    2)

    se l’atto sulla cui base è stata autorizzata l’esecuzione forzata non costituisce un titolo esecutivo o un atto pubblico;

    (…)».

    14

    L’articolo 71 della legge sull’esecuzione e sui provvedimenti cautelari è così formulato:

    «Su istanza del debitore, il giudice può sospendere totalmente o parzialmente l’esecuzione forzata, ove il debitore dimostri in termini plausibili che un’esecuzione immediata gli cagionerebbe un pregiudizio irreparabile o difficilmente riparabile, e che tale pregiudizio sarebbe più grave di quello che subirebbe il creditore in caso di sospensione, nei seguenti casi:

    (…)

    5.

    se è stata promossa un’azione per l’accertamento della nullità della transazione stipulata nell’atto notarile direttamente esecutivo sulla cui base è stata autorizzata l’esecuzione forzata;

    (…)

    Fatto salvo il paragrafo precedente, il giudice può, su richiesta del debitore, sospendere l’esecuzione forzata anche in altri casi, per specifici motivi legittimi, ma per un massimo di tre mesi e per una sola volta.

    Su istanza del creditore, il giudice subordina la sospensione dell’esecuzione alla costituzione di una garanzia da parte del debitore, salvo il caso in cui ciò arrechi pregiudizio al suo mantenimento o a quello dei suoi familiari. Se il debitore non costituisce la garanzia entro il termine fissato dal giudice, che non può superare i 15 giorni, la domanda di sospensione si considera ritirata».

    Codice di procedura civile

    15

    L’articolo 3, terzo comma, punto 1, del codice di procedura civile dispone quanto segue:

    «Un giudice non tiene conto di una disposizione delle parti:

    1.

    che sia contraria all’ordine pubblico».

    Legge sul notariato

    16

    L’articolo 4 dello Zakon o notariatu (legge sul notariato, Uradni list RS, n. 2/07) così recita:

    «Un atto notarile che preveda un obbligo di dare, di fare, di non fare o di tollerare qualcosa, che possa formare oggetto di un accordo transattivo, costituisce titolo esecutivo se l’obbligato esprime il proprio consenso alla sua diretta esecutorietà all’interno dell’atto stesso o in un atto notarile separato e se il credito è esigibile».

    17

    L’articolo 42 di tale legge prevede quanto segue:

    «Prima di redigere un atto notarile, il notaio è tenuto a descrivere alle parti in termini comprensibili il contenuto, le conseguenze giuridiche dell’atto giuridico o della manifestazione di volontà previsti e deve richiamare l’attenzione delle parti sui rischi noti e abituali connessi a un siffatto atto giuridico o a una siffatta manifestazione di volontà. Il notaio deve altresì richiamare l’attenzione delle parti su altre eventuali circostanze riguardanti l’atto giuridico previsto, qualora siano a lui note (…). Egli deve altresì dissuadere le parti dall’impiegare espressioni poco chiare, incomprensibili o ambigue e richiamare espressamente la loro attenzione sulle eventuali conseguenze giuridiche dell’impiego di tali espressioni. Ove le parti mantengano tali espressioni, egli deve iscriverle nell’atto notarile, ma deve menzionare altresì il monito dato alle parti in merito alle stesse».

    Legge relativa al gratuito patrocinio

    18

    L’articolo 8, quarto trattino, dello Zakon o brezplačni pravni pomoči (legge relativa al gratuito patrocinio) così dispone:

    «Il gratuito patrocinio ai sensi della presente legge non è concesso:

    (…)

    a un debitore interessato da un procedimento di esecuzione forzata, avviato sulla base di un titolo avente forza esecutiva in base alla legge sulle esecuzioni e sui provvedimenti cautelari, salvo che il debitore dimostri in termini plausibili la sussistenza di motivi di reclamo contro l’esecuzione, i quali ostino all’esecuzione stessa ai sensi delle disposizioni della legge sulle esecuzioni e sui provvedimenti cautelari».

    Procedimento principale e questione pregiudiziale

    19

    La Addiko Bank e i sigg. Kuhar hanno stipulato un contratto di mutuo ipotecario, sotto forma di un atto notarile direttamente esecutivo, destinato a finanziare l’acquisto di un’abitazione (in prosieguo: l’«atto notarile di cui trattasi»). Il credito era espresso in franchi svizzeri (CHF); tuttavia i sigg. Kuhar erano tenuti al pagamento delle rate mensili di rimborso in euro, al tasso di riferimento della Banca centrale europea (BCE) alla data del pagamento. Il tasso d’interesse era collegato al tasso LIBOR CHF a sei mesi.

    20

    Poiché i sigg. Kuhar permanevano inadempienti nei pagamenti, la Addiko Bank ha proposto, sulla base dell’atto notarile di cui trattasi, una domanda dinanzi all’Okrajno sodišče v Gornji Radgoni (Tribunale circoscrizionale di Gornja Radgona, Slovenia) per far sì che fosse disposta l’esecuzione forzata di tale atto.

    21

    Detto giudice ha accolto la domanda di esecuzione forzata per un importo totale pari a EUR 128765,66.

    22

    Nel loro reclamo presentato dinanzi a detto giudice avverso l’ordinanza che disponeva l’esecuzione forzata, i sigg. Kuhar, senza l’assistenza di un avvocato, hanno sostenuto che la Addiko Bank non aveva debitamente richiamato la loro attenzione sul rischio di cambio, il che li aveva portati a stipulare un contratto contenente alcune clausole di natura abusiva e in forza del quale essi dovrebbero ormai rimborsare un importo nettamente superiore rispetto a quello del credito ottenuto.

    23

    L’Okrajno sodišče v Gornji Radgoni (Tribunale circoscrizionale di Gornja Radgona) ha respinto tale reclamo in particolare in quanto, in sostanza, i sigg. Kuhar erano tenuti ad adempiere l’obbligo derivante dall’atto notarile di cui trattasi e che poco importava che la Addiko Bank avesse o meno debitamente richiamato la loro attenzione sul rischio di cambio.

    24

    I sigg. Kuhar, sempre senza l’assistenza di un avvocato, hanno quindi adito il giudice del rinvio, il Višje sodišče v Mariboru (Corte d’appello di Maribor, Slovenia), proponendo un ricorso diretto all’annullamento dell’ordinanza che autorizzava l’esecuzione forzata.

    25

    Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che il giudice del rinvio ha già dichiarato, in via interlocutoria, che la clausola contenuta nell’atto notarile di cui trattasi, che prevede che il credito sia espresso in valuta estera, ma che il suo rimborso debba essere effettuato in euro, presenta carattere abusivo in quanto non prevede alcuna adeguata limitazione del rischio di cambio. Benché vertente sull’oggetto principale del contratto, tale clausola non sarebbe stata chiara né comprensibile per i sigg. Kuhar. Più in generale, il giudice del rinvio ritiene che, anche se l’assenza di limitazione del rischio di cambio può influire tanto sul consumatore quanto sulla banca, esiste tuttavia un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti contrattuali, se non altro a causa degli strumenti nettamente più significativi di cui dispone una banca per controllare un rischio siffatto, in quanto istituto finanziario di dimensioni considerevoli, che può basarsi a tale scopo su conoscenze specialistiche, su dati importanti e su un’esperienza in materia. Peraltro, ad avviso di tale giudice, sottoscrivendo un credito destinato a finanziare l’acquisto di un alloggio, un consumatore ragionevole non si esporrebbe a un rischio di cambio illimitato, idoneo a generare per lui conseguenze economiche nefaste e durevoli. Al contrario, ove potesse negoziare su un piano di parità con la banca e ove fosse debitamente informato da quest’ultima, un siffatto consumatore si impegnerebbe solo ove il contratto di credito contenesse una ragionevole limitazione di un simile rischio.

    26

    Il giudice del rinvio si chiede se spetti al giudice cui è deferita una domanda volta a disporre l’esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario, qualora constati che quest’ultimo contiene una clausola abusiva, vietare, se del caso d’ufficio, l’attuazione di una clausola siffatta fin da tale fase processuale o se una simile decisione rientri nella valutazione del giudice del merito, eventualmente adito dal consumatore nell’ambito di un procedimento separato.

    27

    A tal riguardo il giudice del rinvio rileva anzitutto che, conformemente al principio di effettività del diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, le norme processuali nazionali in materia di autorità di giudicato di una decisione giurisdizionale non possono rendere eccessivamente difficile, per il giudice investito di una domanda di esecuzione, rifiutare l’applicazione delle clausole abusive. Orbene, nel diritto sloveno, nell’ambito di un procedimento di esecuzione forzata avviato sulla base di un atto notarile direttamente esecutivo, il giudice competente dovrebbe tuttavia confrontarsi con disposizioni processuali di tale natura. Si tratterebbe più in particolare delle disposizioni di diritto nazionale relative all’attuazione del principio di legalità formale e alle condizioni legali di sospensione dell’esecuzione forzata, quali previste dalla legge sull’esecuzione e sui provvedimenti cautelari.

    28

    Per un verso, quanto al principio di legalità formale, il giudice del rinvio osserva che, secondo l’interpretazione tradizionale accolta nel diritto sloveno, il giudice non può rifiutare l’esecuzione forzata, atteso che, in forza di tale principio, il suo controllo si limita alla verifica del fatto che l’atto pubblico attestante il contratto di credito di cui si chiede l’esecuzione forzata sia stato redatto nel rispetto dei requisiti formali previsti dalla normativa applicabile. La posizione del giudice investito di una domanda di esecuzione forzata basata su un atto notarile, quale l’atto notarile di cui trattasi, sarebbe pertanto, dal punto di vista della violazione del principio di effettività, sostanzialmente analoga a quella oggetto della causa che ha dato luogo all’ordinanza del 14 novembre 2013, Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759).

    29

    Per altro verso, il giudice del rinvio rileva che il diritto sloveno non prevede la sospensione del procedimento di esecuzione forzata in caso di introduzione, da parte del consumatore, di un’azione di nullità fondata sull’esistenza di una clausola abusiva nel contratto da questi concluso con un professionista. La sospensione dell’esecuzione, prevista all’articolo 71, primo e secondo comma, della legge sull’esecuzione e sulle misure cautelari, è possibile solo eccezionalmente, su richiesta motivata del debitore, a condizioni molto rigorose relative all’esistenza di un danno irreparabile o difficilmente riparabile che, secondo la costante giurisprudenza dei giudici sloveni, non può consistere nel danno risultante dall’attuazione dell’esecuzione forzata stessa.

    30

    Il giudice del rinvio osserva poi che, in linea generale, il debitore che subisce una procedura di esecuzione forzata non può beneficiare del gratuito patrocinio e non ha neppure i mezzi per farsi difendere in giudizio, il che lo porta, nella maggior parte dei casi, a non farsi assistere da un avvocato nell’ambito di un siffatto procedimento. Sussisterebbe pertanto un rischio non trascurabile che, per ignoranza, il debitore non formuli neppure un’istanza di sospensione dell’esecuzione, ovvero che una tale istanza sia talmente lacunosa da essere destinata all’insuccesso. Le possibilità, già molto limitate, di cui dispone il debitore per far valere i suoi diritti, lo sarebbero ancor più a causa del diritto del creditore di esigere dal debitore la costituzione di una garanzia. Infatti, l’articolo 71, terzo comma, della legge sull’esecuzione e sui provvedimenti cautelari prevedrebbe che, nel caso in cui il debitore non costituisca una siffatta garanzia, la domanda di sospensione dell’esecuzione forzata si consideri ritirata.

    31

    Infine il giudice del rinvio ritiene che, al fine di conformarsi al principio di effettività del diritto dell’Unione, sarebbe possibile, per i giudici sloveni, accogliere un’interpretazione meno restrittiva del principio di legalità formale di cui al punto 28 della presente sentenza, consentendo al giudice investito di una domanda di esecuzione forzata di procedere d’ufficio a una verifica del carattere abusivo di una clausola già a partire da tale fase procedurale. Infatti, nel corso di quest’ultima, il giudice dovrebbe effettuare un accertamento completo di tutti i fatti giuridicamente determinanti, compresi quelli che non sono pacifici tra le parti. Peraltro, l’atto notarile si presterebbe ad una verifica sul merito in misura maggiore rispetto ai titoli esecutivi classici rilasciati da giudici. Del resto, l’articolo 4 della legge sul notariato prevedrebbe che il debitore debba accettare espressamente il carattere direttamente esecutivo del titolo, il che escluderebbe che disposizioni di ordine pubblico, come quelle in materia di tutela dei consumatori relative alle clausole abusive, possano essere eluse ottenendo l’accordo del debitore. Sulla base di una siffatta interpretazione, il giudice investito di una domanda di esecuzione forzata sarebbe pertanto in grado di rifiutare d’ufficio l’esecuzione di un atto notarile, come l’atto notarile di cui trattasi, che sia stato accettato dal debitore in violazione di disposizioni di ordine pubblico.

    32

    Tuttavia, poiché attualmente presso la maggioranza dei giudici sloveni prevarrebbe l’interpretazione rigida e restrittiva del principio di legalità formale, il giudice del rinvio si chiede se tale interpretazione sia compatibile con il principio di effettività del diritto dell’Unione, applicato alla direttiva 93/13.

    33

    In tali circostanze il Višje sodišče v Mariboru (Corte d’appello di Maribor) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se, in considerazione del principio di effettività del diritto dell’Unione europea, la direttiva 93/13 (…) debba essere interpretata nel senso che, nell’ambito del procedimento esecutivo, il giudice dell’esecuzione è tenuto d’ufficio a rifiutare l’esecuzione in ragione di una clausola abusiva contenuta in un atto notarile direttamente esecutivo (titolo esecutivo), in un caso quale quello in esame, in cui la normativa processuale dello Stato membro non attribuisce al giudice dell’esecuzione un’effettiva possibilità di interrompere o sospendere l’esecuzione (su istanza del debitore o d’ufficio) sino alla decisione di merito definitiva in ordine al carattere abusivo della clausola, pronunciata all’esito di un processo di cognizione promosso dal debitore quale consumatore».

    Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

    34

    Il governo sloveno dubita, in via preliminare, della ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Tale governo rileva che il giudice del rinvio è del parere che sia suo compito opporsi d’ufficio all’attuazione di clausole illecite contenute in un atto notarile, quale l’atto notarile di cui trattasi, dal momento che il diritto processuale sloveno non consente una sospensione provvisoria dell’esecuzione forzata. Orbene, fino alla data del rinvio pregiudiziale, i sigg. Kuhar stessi non avrebbero soddisfatto i requisiti procedurali per ottenere un siffatto provvedimento di sospensione conformemente alla normativa nazionale, non avendo proposto alcun ricorso di merito per l’accertamento della nullità di clausole contrattuali, ragion per cui la questione della sospensione dell’esecuzione non si porrebbe nemmeno.

    35

    In proposito occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino, segnatamente, un’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione che siano essenziali ai fini della pronuncia nel merito della causa di cui sono investiti e sono liberi di esercitare tale facoltà in qualsiasi momento del procedimento da essi ritenuto opportuno (v., segnatamente, in tal senso, sentenze del 5 ottobre 2010, Elchinov, C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 26, nonché del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C‑342/17, EU:C:2018:906, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

    36

    Parimenti, la Corte ha ripetutamente ricordato che le questioni sollevate dai giudici nazionali vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

    37

    La Corte ha altresì dichiarato che non è suo compito, nell’ambito della cooperazione istituita dall’articolo 267 TFUE, verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali (v. segnatamente, in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

    38

    Nel caso di specie occorre constatare che l’argomento dedotto dal governo sloveno per dimostrare il carattere ipotetico della domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dal giudice del rinvio, investito dell’esecuzione forzata di un credito ipotecario, si basa su considerazioni connesse al rispetto delle norme procedurali di diritto nazionale, più in particolare sulla circostanza secondo cui i debitori nel procedimento principale non avrebbero introdotto, in forza del diritto sloveno e fino alla data del rinvio pregiudiziale, un ricorso di merito diretto a far dichiarare la nullità delle clausole contrattuali contenute nell’atto notarile di cui trattasi e che essi ritengono essere abusive.

    39

    Orbene, come risulta dai punti 35 e 37 della presente sentenza, una domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere dichiarata irricevibile in quanto essa sarebbe stata formulata in violazione delle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali o in quanto essa sarebbe intervenuta, se del caso, in una fase precoce del procedimento nazionale.

    40

    Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

    Sulla questione pregiudiziale

    41

    Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 93/13 debba essere interpretata, alla luce del principio di effettività, nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il giudice nazionale investito di una domanda di esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato tra un professionista e un consumatore sotto forma di atto notarile direttamente esecutivo, non dispone, su richiesta del consumatore o d’ufficio, della possibilità di verificare se le clausole contenute in un simile atto non abbiano carattere abusivo ai sensi di tale direttiva e, su tale base, di sospendere l’esecuzione forzata richiesta.

    42

    In limine occorre rilevare che il giudice del rinvio non interroga la Corte sull’interpretazione degli articoli da 3 a 5 della direttiva 93/13, consentendole di esaminare l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto di credito oggetto dell’atto notarile in questione e di cui viene chiesta l’esecuzione forzata. Infatti, come risulta dal punto 25 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha già statuito, in via interlocutoria, in ordine alla natura abusiva delle clausole di detto contratto, circostanza che non spetta alla Corte rimettere in discussione nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE.

    43

    Ciò posto, occorre sottolineare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolino il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali.

    44

    Si deve inoltre ricordare che, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico sul quale si basa la tutela assicurata ai consumatori, che si trovano in una situazione d’inferiorità rispetto ai professionisti, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il considerando 24 della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori (v., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    45

    Se è vero che la Corte ha già inquadrato, sotto vari aspetti e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, resta nondimeno il fatto che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che queste ultime sono soggette, pertanto, all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri (sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 57).

    46

    Pertanto, in mancanza di armonizzazione dei meccanismi nazionali di esecuzione forzata, le modalità della loro attuazione rientrano nella competenza dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in forza del principio di autonomia processuale di questi ultimi. Nondimeno, tali modalità devono soddisfare la doppia condizione di non essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe soggette al diritto nazionale (principio di equivalenza) e di non rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti ai consumatori dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).

    47

    Per quanto riguarda, da un lato, il principio di equivalenza, che non è oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, si deve rilevare, al pari della Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, che la Corte non dispone di alcun elemento tale da far sorgere dubbi quanto alla conformità a tale principio della normativa nazionale di cui al procedimento principale.

    48

    Dall’altro lato, per quanto riguarda il principio di effettività, risulta da costante giurisprudenza che la questione se una disposizione nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione dev’essere esaminata tenendo conto del ruolo di detta disposizione nell’insieme del procedimento, dello svolgimento e delle peculiarità dello stesso, dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali. Sotto tale profilo si devono considerare, se necessario, i principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary, C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 51, nonché del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punti 4344).

    49

    È alla luce di tale giurisprudenza che occorre verificare se un regime processuale nazionale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, pregiudichi l’effettività della tutela offerta ai consumatori dalla direttiva 93/13.

    50

    A tal riguardo, nel caso di specie, dalla descrizione fattane dal giudice del rinvio risulta che, nel diritto sloveno, il regime dell’esecuzione forzata presenta le seguenti caratteristiche:

    il giudice incaricato dell’esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato sotto forma di atto notarile direttamente esecutivo, non può rifiutare tale esecuzione forzata a causa della presenza, nel contratto di cui trattasi, di una clausola abusiva poiché tale giudice deve conformarsi incondizionatamente al contenuto di un titolo esecutivo, senza poterne valutare la legittimità;

    la sospensione dell’esecuzione forzata non è, in linea di principio, possibile, neppure in via provvisoria, salvo nell’ipotesi di introduzione di un giudizio di merito ad opera del debitore, in quanto consumatore, diretto a far dichiarare la nullità di una clausola contrattuale abusiva;

    tale sospensione dell’esecuzione forzata, fino alla pronuncia di una decisione definitiva sul merito, è consentita solo in via eccezionale ed è soggetta a rigorose condizioni legali relative alla dimostrazione di un danno irreparabile o difficilmente riparabile, ai sensi dell’articolo 71, primo comma, della legge relativa all’esecuzione e ai provvedimenti cautelari, che esclude il danno connesso all’esecuzione forzata stessa, il che, nella prassi, rende praticamente impossibile tale sospensione;

    il creditore ha il diritto di esigere dal debitore la costituzione di una garanzia nel caso in cui quest’ultimo chieda la sospensione dell’esecuzione forzata, e

    il debitore interessato dal procedimento di esecuzione forzata non può ottenere il gratuito patrocinio, cosicché deve sopportare egli stesso le rilevanti spese per il patrocinio di un avvocato.

    51

    Nelle sue osservazioni scritte il governo sloveno ha contestato l’interpretazione del diritto nazionale, quale accolta dal giudice del rinvio. Più in particolare, tale governo ha fatto valere che, alla luce della recente giurisprudenza dell’Ustavno sodišče (Corte costituzionale, Slovenia), quale applicata anche da vari altri giudici nazionali, si doveva ormai tanto sottoporre a interpretazione il criterio del danno irreparabile o difficilmente riparabile, ai sensi dell’articolo 71, primo comma, della legge sull’esecuzione e sui provvedimenti cautelari, quanto ponderare la situazione del debitore e quella del creditore tenendo altresì conto del danno che deriverebbe dall’attuazione dell’esecuzione forzata.

    52

    In proposito è sufficiente rammentare che, per costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito del procedimento previsto all’articolo 267 TFUE, le funzioni della Corte e quelle del giudice del rinvio sono chiaramente separate. Se è vero che l’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione incombe alla Corte, spetta tuttavia al solo giudice del rinvio interpretare la legislazione nazionale. La Corte deve quindi attenersi all’interpretazione del diritto nazionale espostale da detto giudice (sentenza del 27 febbraio 2019, Associação Peço a Palavra e a., C‑563/17, EU:C:2019:144, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

    53

    Per quanto riguarda il regime procedurale dell’esecuzione forzata di cui al procedimento principale, tenuto conto delle caratteristiche di detto regime evidenziate dal giudice del rinvio e sintetizzate al punto 50 della presente sentenza, è giocoforza constatare che un siffatto regime è tale da pregiudicare l’effettività della tutela perseguita dalla direttiva 93/13.

    54

    È già stato infatti dichiarato che una tutela effettiva dei diritti attribuiti al consumatore da tale direttiva può essere garantita solo a condizione che il sistema nazionale consenta, nell’ambito del procedimento d’ingiunzione di pagamento o di quello di esecuzione dell’ingiunzione di pagamento, un controllo d’ufficio della potenziale natura abusiva delle clausole inserite nel contratto di cui trattasi (v., in particolare, sentenze del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 46, nonché del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska, C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 44).

    55

    Certamente, come fatto valere dal governo sloveno, non si può escludere, fatte salve le verifiche che devono essere effettuate dal giudice del rinvio, che, alla luce, segnatamente, della legge relativa al notariato, i notai siano soggetti ad obblighi di consulenza e di informazione dei consumatori, in particolare nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato sotto forma di atto pubblico, tali da garantire un controllo preventivo del carattere abusivo delle clausole di un contratto siffatto e, pertanto, da contribuire al rispetto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (v., per analogia, sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary, C‑32/14, EU:C:2015:637, punti 55, 5758).

    56

    Tuttavia, quand’anche esistente, un controllo preventivo di tale natura non sarebbe sufficiente a garantire l’effettività della tutela garantita dalla direttiva 93/13.

    57

    Invero, come statuito dalla Corte al punto 59 della sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637), anche qualora la legislazione nazionale preveda un siffatto controllo preventivo, i mezzi adeguati ed efficaci atti a far cessare l’inserzione delle clausole abusive nei contratti conclusi da un professionista con i consumatori devono includere disposizioni atte a garantire a questi ultimi una tutela giurisdizionale effettiva, offrendo loro la possibilità di impugnare un simile contratto, anche nella fase di esecuzione forzata di quest’ultimo, e ciò, a condizioni processuali ragionevoli, in modo che l’esercizio di loro diritti non sia soggetto a condizioni, in particolare relative a termini o costi, che rendano eccessivamente difficile o praticamente impossibile l’esercizio dei diritti garantiti dalla direttiva 93/13.

    58

    Più in particolare, nella causa sfociata in tale sentenza, la Corte aveva precisato, ai punti 60 e 61 di quest’ultima, che, in forza del diritto nazionale di cui si trattava in tale causa, il consumatore poteva, per un verso, introdurre un ricorso di contestazione della validità del contratto di cui trattasi e, per altro verso, avviare un procedimento diretto all’estinzione o alla limitazione dell’esecuzione forzata, il che, in tale contesto, implicava il diritto per il consumatore di chiedere la sospensione dell’esecuzione forzata di tale contratto. Inoltre, la Corte aveva dedotto dagli elementi del fascicolo sottopostole nella suddetta causa che, nell’ambito dei citati procedimenti, i giudici nazionali potevano e dovevano rilevare d’ufficio i casi di nullità manifesta, in funzione degli elementi di prova disponibili. Tali modalità procedurali dei ricorsi nel diritto interno sembravano quindi garantire, con riserva di verifica da parte del giudice nazionale, una tutela giurisdizionale effettiva al consumatore.

    59

    Per contro, con riferimento al procedimento principale, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che il diritto sloveno non offre al consumatore alcuna garanzia paragonabile a quelle descritte ai punti 54, 57 e 58 della presente sentenza.

    60

    Risulta infatti da tale fascicolo, in primo luogo, che il diritto processuale sloveno non prevede chiaramente il diritto del consumatore di chiedere la sospensione, anche a titolo provvisorio, dell’esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario per il fatto che in esso sia contenuta una clausola abusiva. In ogni caso, anche supponendo che il consumatore disponga di una siffatta possibilità, resta il fatto che il diritto nazionale subordina la domanda di sospensione dell’esecuzione forzata al soddisfacimento di condizioni procedurali molto restrittive, nonché alla costituzione di un deposito di garanzia su richiesta del creditore. Tali requisiti rendono, in pratica, quasi impossibile il conseguimento di un siffatto provvedimento di sospensione, dato che è verosimile che un debitore insolvente non disponga delle risorse finanziarie necessarie per costituire la garanzia richiesta. In secondo luogo, risulta che il giudice investito dal creditore ipotecario di una domanda diretta ad ottenere l’esecuzione forzata del suo credito non può verificare d’ufficio l’eventuale natura abusiva delle clausole di tale contratto. Infine, in terzo luogo, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale emerge che sussiste un rischio non trascurabile che, nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata, i consumatori interessati siano dissuasi dal provvedere alla propria difesa e dal far valere pienamente i loro diritti, tenuto conto delle spese di patrocinio che il procedimento comporterebbe in relazione all’importo del debito di cui trattasi e dell’impossibilità di richiedere il gratuito patrocinio.

    61

    Si deve aggiungere che il fatto che, in forza del diritto processuale sloveno, il controllo del carattere eventualmente abusivo delle clausole contenute in un contratto di credito ipotecario, stipulato tra un professionista e un consumatore, possa essere effettuato non dal giudice investito della domanda di esecuzione forzata di un siffatto contratto, bensì unicamente, in un momento successivo e a titolo eventuale, dal giudice di merito investito dal consumatore di un’azione volta a far dichiarare la nullità di siffatte clausole abusive, è manifestamente insufficiente a garantire la piena effettività della tutela dei consumatori voluta dalla direttiva 93/13.

    62

    Infatti, poiché al giudice investito della domanda di esecuzione forzata non è data la possibilità di sospendere quest’ultima in quanto il contratto di mutuo ipotecario è inficiato da una clausola abusiva, è verosimile che il pignoramento immobiliare del bene ipotecato sarà condotto a termine prima della pronuncia della decisione del giudice di merito che accerti, se del caso, la nullità di tale clausola, tenuto conto del carattere abusivo di quest’ultima e, pertanto, del procedimento di esecuzione forzata. Di conseguenza, quand’anche una siffatta decisione fosse pronunciata, nel merito, in favore del consumatore interessato, quest’ultimo beneficerà in esito alla stessa di una mera tutela a posteriori, sotto forma di risarcimento finanziario, di modo che una siffatta tutela presenta un carattere incompleto e insufficiente, a maggior ragione se il pignoramento immobiliare aveva ad oggetto l’abitazione di tale consumatore e della sua famiglia, che sarebbe in tal caso definitivamente perduta. Una siffatta tutela a posteriori non costituisce pertanto un mezzo adeguato né efficace per far cessare il ricorso a una clausola abusiva, in contrasto con l’obiettivo perseguito dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 (v., in tal senso, ordinanza del 14 novembre 2013, Banco Popular Español e Banco de Valencia, C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punti 5657, nonché giurisprudenza ivi citata).

    63

    Pertanto, la direttiva 93/13, interpretata alla luce del principio di effettività, osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che presenta le caratteristiche descritte al punto 50 della presente sentenza.

    64

    È vero che, nel caso di specie, il giudice del rinvio precisa che la normativa slovena potrebbe essere interpretata in modo conforme al diritto dell’Unione, così da consentire, in particolare, al giudice investito di una domanda di esecuzione forzata di valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di una clausola di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato sotto forma di atto notarile, e di sospendere, su tale base, l’esecuzione forzata.

    65

    Si deve rammentare in proposito che il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio nei limiti del loro potere, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della direttiva di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (sentenza del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

    66

    Come altresì dichiarato dalla Corte, l’esigenza di un’interpretazione conforme siffatta include in particolare l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva. Pertanto, un giudice nazionale non può validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che detta disposizione è stata costantemente interpretata in un senso che è incompatibile con tale diritto (v., in particolare, sentenze del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punti 3334, nonché del 6 novembre 2018, Max-Planck-Gesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C‑684/16, EU:C:2018:874, punto 60).

    67

    Alla luce della circostanza indicata al punto 64 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale possa effettivamente essere oggetto di un’interpretazione conforme alla direttiva 93/13 e, in caso affermativo, trarne le conseguenze giuridiche.

    68

    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che la direttiva 93/13 deve essere interpretata, alla luce del principio di effettività, nel senso che essa osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il giudice nazionale investito di una domanda di esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato tra un professionista e un consumatore sotto forma di atto notarile direttamente esecutivo, non dispone della possibilità di verificare, su istanza del consumatore o d’ufficio, se le clausole contenute in un simile atto abbiano carattere abusivo ai sensi di tale direttiva e, su tale base, di sospendere l’esecuzione forzata richiesta.

    Sulle spese

    69

    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

     

    Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

     

    La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretata, alla luce del principio di effettività, nel senso che essa osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nel procedimento principale, in forza della quale il giudice nazionale investito di una domanda di esecuzione forzata di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato tra un professionista e un consumatore sotto forma di atto notarile direttamente esecutivo, non dispone della possibilità di verificare, su istanza del consumatore o d’ufficio, se le clausole contenute in un simile atto abbiano carattere abusivo ai sensi di tale direttiva e, su tale base, di sospendere l’esecuzione forzata richiesta.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: lo sloveno.

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