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Documento 62017CJ0729

    Sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 26 giugno 2019.
    Commissione europea contro Repubblica ellenica.
    Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Articolo 49 TFUE – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 15, paragrafi 2 e 3 – Direttiva 2005/36/CE – Articoli 13, 14, 50 e allegato VII – Libertà di stabilimento – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Norme nazionali concernenti i prestatori di formazione dei mediatori.
    Causa C-729/17.

    Raccolta della giurisprudenza - generale - Sezione "Informazioni sulle decisioni non pubblicate"

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2019:534

    SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

    26 giugno 2019 ( *1 )

    «Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Articolo 49 TFUE – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 15, paragrafi 2 e 3 – Direttiva 2005/36/CE – Articoli 13, 14, 50 e allegato VII – Libertà di stabilimento – Riconoscimento delle qualifiche professionali – Norme nazionali concernenti i prestatori di formazione dei mediatori»

    Nella causa C‑729/17,

    avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, proposto il 22 dicembre 2017,

    Commissione europea, rappresentata da H. Tserepa-Lacombe e H. Støvlbæk, in qualità di agenti,

    ricorrente,

    contro

    Repubblica ellenica, rappresentata da M. Tassopoulou, D. Tsagkaraki e C. Machairas, in qualità di agenti,

    convenuta,

    LA CORTE (Quarta Sezione),

    composta da M. Vilaras, presidente di Sezione, K. Jürimäe, D. Šváby, S. Rodin (relatore) e N. Piçarra, giudici,

    avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

    cancelliere: R. Schiano, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 dicembre 2018,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 febbraio 2019,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di constatare che, limitando la forma giuridica degli enti di formazione dei mediatori a società senza scopo di lucro che devono essere costituite da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale in Grecia, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), e paragrafo 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36). Inoltre, detta istituzione chiede alla Corte di constatare che, assoggettando la procedura di riconoscimento dei titoli accademici a requisiti ulteriori relativi al contenuto dei certificati e a provvedimenti compensativi senza una previa valutazione delle differenze sostanziali e mantenendo in vigore disposizioni discriminatorie che impongono ai richiedenti l’accreditamento come mediatore in possesso di titoli di abilitazione ottenuti all’estero o rilasciati da un ente di formazione riconosciuto all’estero a seguito di una formazione impartita in Grecia di comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a un procedimento di mediazione, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE, nonché in virtù degli articoli 13 e 14, dell’articolo 50, paragrafo 1, e dell’allegato VII della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013 (GU 2013, L 354, pag. 132) (in prosieguo: la «direttiva 2005/36»).

    Contesto normativo

    Diritto dell’Unione

    Direttiva 2006/123

    2

    Il considerando 6 della direttiva 2006/123 così recita:

    «Non è possibile eliminare [gli ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libertà di circolazione dei servizi tra gli Stati membri] soltanto grazie all’applicazione diretta degli articoli [49] e [56] del trattato in quanto, da un lato, il trattamento caso per caso mediante l’avvio di procedimenti di infrazione nei confronti degli Stati membri interessati si rivelerebbe estremamente complesso da gestire per le istituzioni nazionali e comunitarie, in particolare dopo l’allargamento e, dall’altro lato, l’eliminazione di numerosi ostacoli richiede un coordinamento preliminare delle legislazioni nazionali, anche al fine di istituire una cooperazione amministrativa. Come è stato riconosciuto dal Parlamento europeo e dal Consiglio, un intervento legislativo comunitario permette di istituire un vero mercato interno dei servizi».

    3

    Il considerando 73 di tale direttiva è così formulato:

    «Fra i requisiti da prendere in esame figurano i regimi nazionali che, per motivi diversi da quelli relativi alle qualifiche professionali, riservano a prestatori particolari l’accesso a talune attività. Tali requisiti comprendono gli obblighi che impongono al prestatore di avere un determinato status giuridico, in particolare di essere una persona giuridica, una società di persone, un’organizzazione senza scopo di lucro o una società di proprietà di sole persone fisiche, e gli obblighi in materia di partecipazione azionaria in una società, in particolare l’obbligo di disporre di un capitale minimo per determinate attività di servizi oppure di avere una particolare qualifica per detenere capitale in determinate società o per gestirle. La valutazione della compatibilità delle tariffe obbligatorie minime e/o massime con la libertà di stabilimento riguarda soltanto le tariffe specificamente imposte dalle autorità competenti per la prestazione di determinati servizi e non, ad esempio, le norme generali in materia di determinazione dei prezzi, ad esempio per la locazione di immobili».

    4

    L’articolo 15, paragrafi da 1 a 3, di detta direttiva dispone quanto segue:

    «1.   Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

    2.   Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

    (…)

    b)

    requisiti che impongono al prestatore di avere un determinato statuto giuridico;

    c)

    obblighi relativi alla detenzione del capitale di una società;

    (…)

    3.   Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

    a)

    non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

    b)

    necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

    c)

    proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato».

    Direttiva 2005/36

    5

    Ai termini del suo articolo 1, la direttiva 2005/36 fissa le regole con cui uno Stato membro, denominato «Stato membro ospitante», che sul proprio territorio subordina l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali, riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione.

    6

    Risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, che la medesima si applica a tutti i cittadini di uno Stato membro che vogliano esercitare, come lavoratori subordinati o autonomi, compresi i liberi professionisti, una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

    7

    L’articolo 3, paragrafo 1, lettere da a) a c) ed e), della direttiva 2005/36 prevede quanto segue:

    «1.   Ai sensi della presente direttiva, si intende per:

    a)

    “professione regolamentata”: attività, o insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali; in particolare costituisce una modalità di esercizio l’impiego di un titolo professionale riservato da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative a chi possiede una specifica qualifica professionale. Quando non si applica la prima frase, è assimilata ad una professione regolamentata una professione di cui al paragrafo 2;

    b)

    “qualifiche professionali”: le qualifiche attestate da un titolo di formazione, un attestato di competenza – di cui all’articolo 11, lettera a), punto i) – e/o un’esperienza professionale;

    c)

    “titolo di formazione”: diplomi, certificati e altri titoli rilasciati da un’autorità di uno Stato membro designata ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di tale Stato membro e che sanciscono una formazione professionale acquisita in maniera preponderante nella Comunità. Quando non si applica la prima frase, è assimilato ad un titolo di formazione un titolo di cui al paragrafo 3;

    (…)

    e)

    “formazione regolamentata”: qualsiasi formazione specificamente orientata all’esercizio di una professione determinata e consistente in un ciclo di studi completato, eventualmente, da una formazione professionale, un tirocinio professionale o una pratica professionale.

    La struttura e il livello della formazione professionale, del tirocinio professionale o della pratica professionale sono stabiliti dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative dello Stato membro in questione e sono soggetti a controllo o autorizzazione dell’autorità designata a tal fine;

    (…)».

    8

    L’articolo 13, paragrafi 1 e 2, della direttiva in parola è così formulato:

    «1.   Se, in uno Stato membro ospitante, l’accesso a una professione regolamentata o il suo esercizio sono subordinati al possesso di determinate qualifiche professionali, l’autorità competente di tale Stato membro permette l’accesso alla professione e ne consente l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11, prescritto da un altro Stato membro per accedere alla stessa professione ed esercitarla sul suo territorio.

    Gli attestati di competenza o i titoli di formazione sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro.

    2.   L’accesso a una professione e il suo esercizio descritti al paragrafo 1 sono consentiti anche ai richiedenti che, nel corso dei precedenti dieci anni, abbiano esercitato a tempo pieno tale professione per un anno, o per una durata complessiva equivalente a tempo parziale, in un altro Stato membro che non regolamenta detta professione e che abbiano uno o più attestati di competenza o uno o più titoli di formazione rilasciati da un altro Stato membro che non regolamenta tale professione.

    Gli attestati di competenza e i titoli di formazione soddisfano le seguenti condizioni:

    a)

    sono rilasciati da un’autorità competente di uno Stato membro, designata nel rispetto delle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di detto Stato membro;

    b)

    attestano la preparazione del titolare all’esercizio della professione in questione.

    Tuttavia, l’anno di esperienza professionale di cui al primo comma non può essere richiesto se i titoli di formazione posseduti dal richiedente sanciscono una formazione e un’istruzione regolamentata.

    (…)».

    9

    L’articolo 14, paragrafi 1, 4 e 5, di detta direttiva così dispone:

    «1.   L’articolo 13 non impedisce allo Stato membro ospitante di esigere dal richiedente un tirocinio di adattamento non superiore a tre anni o una prova attitudinale se:

    a)

    la formazione dallo stesso ricevuta riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante;

    b)

    la professione regolamentata nello Stato membro ospitante include una o più attività professionali regolamentate mancanti nella corrispondente professione nello Stato membro di origine del richiedente e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle oggetto dell’attestato di competenza o del titolo di formazione del richiedente».

    (…)

    4.   Ai fini dei paragrafi 1 e 5, per “materie sostanzialmente diverse” si intendono quelle la cui conoscenza, le abilità e le competenze acquisite, sono essenziali per l’esercizio della professione, e in relazione alle quali la formazione ricevuta dal migrante presenta significative differenze in termini di contenuto rispetto alla formazione richiesta dallo Stato membro ospitante.

    5.   Il paragrafo 1 si applica nel rispetto del principio di proporzionalità. In particolare, se lo Stato membro ospitante intende esigere dal richiedente un tirocinio di adattamento o una prova attitudinale, esso deve innanzitutto verificare se le conoscenze, le abilità e le competenze, formalmente convalidate a tal fine da un organismo competente, acquisite dal richiedente stesso nel corso della propria esperienza professionale ovvero mediante apprendimento permanente in un qualsiasi Stato membro o in un paese terzo, siano per loro natura in grado di coprire, in tutto o in parte, le materie sostanzialmente diverse di cui al paragrafo 4».

    10

    L’articolo 50, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 così recita:

    «1. Quando deliberano su una richiesta di autorizzazione per esercitare la professione regolamentata interessata ai sensi del presente titolo, le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono chiedere i documenti e i certificati di cui all’allegato VII.

    (…)».

    11

    L’articolo 56, paragrafo 3, di tale direttiva prevede che ogni Stato membro designa, entro il 20 ottobre 2007, le autorità e gli organi competenti preposti a rilasciare o ricevere i titoli di formazione, altri documenti o informazioni, nonché quelli autorizzati a ricevere le domande e prendere le decisioni di cui alla presente direttiva e ne informano immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione.

    12

    Il punto 1, lettere da a) a c), dell’allegato VII di tale direttiva dispone che:

    «1. Documentazione

    a)

    Prova della nazionalità dell’interessato.

    b)

    Copia degli attestati di competenza o del titolo di formazione che dà accesso alla professione in questione ed eventualmente un attestato dell’esperienza professionale dell’interessato.

    Inoltre le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono invitare il richiedente a fornire informazioni quanto alla sua formazione nella misura necessaria a determinare l’eventuale esistenza di differenze sostanziali rispetto alla formazione richiesta a livello nazionale, quali contemplate all’articolo 14. Qualora sia impossibile per il richiedente fornire tali informazioni, l’autorità competente dello Stato membro ospitante si rivolge al punto di contatto, all’autorità competente o a qualsiasi altro organismo pertinente dello Stato membro d’origine.

    c)

    Per i casi di cui all’articolo 16, un attestato relativo alla natura e alla durata dell’attività, rilasciato dall’autorità o dall’organismo competente dello Stato membro d’origine o dello Stato membro da cui proviene il cittadino straniero.

    (…)».

    Direttiva 2008/52

    13

    Il considerando 16 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (GU 2008, L 136, pag. 3), è formulato come segue:

    «Al fine di garantire la fiducia reciproca necessaria in relazione alla riservatezza, all’effetto sui termini di decadenza e prescrizione nonché al riconoscimento e all’esecuzione degli accordi risultanti dalla mediazione, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare, in qualsiasi modo essi ritengano appropriato, la formazione dei mediatori e l’introduzione di efficaci meccanismi di controllo della qualità in merito alla fornitura dei servizi di mediazione».

    14

    Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della citata direttiva:

    «La presente direttiva ha l’obiettivo di facilitare l’accesso alla risoluzione alternativa delle controversie e di promuovere la composizione amichevole delle medesime incoraggiando il ricorso alla mediazione e garantendo un’equilibrata relazione tra mediazione e procedimento giudiziario.

    (…)».

    15

    L’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della citata direttiva così stabilisce:

    «Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

    (…)

    b)

    per “mediatore” si intende qualunque terzo cui è chiesto di condurre la mediazione in modo efficace, imparziale e competente, indipendentemente dalla denominazione o dalla professione di questo terzo nello Stato membro interessato e dalle modalità con cui è stato nominato o invitato a condurre la mediazione».

    16

    L’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva stabilisce:

    «1.   Gli Stati membri incoraggiano in qualsiasi modo da essi ritenuto appropriato l’elaborazione di codici volontari di condotta da parte dei mediatori e delle organizzazioni che forniscono servizi di mediazione nonché l’ottemperanza ai medesimi, così come qualunque altro efficace meccanismo di controllo della qualità riguardante la fornitura di servizi di mediazione.

    2.   Gli Stati membri incoraggiano la formazione iniziale e successiva dei mediatori allo scopo di garantire che la mediazione sia gestita in maniera efficace, imparziale e competente in relazione alle parti».

    Diritto greco

    Legge 3898/2010

    17

    L’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della legge 3898/2010 (FEK A’ 211/16.2.2010) che ha recepito la direttiva 2008/52 così recita:

    «1.   Gli enti di formazione di mediatori possono essere società semplici senza scopo di lucro, costituite congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno una delle camere di commercio del paese e operanti in virtù di un’autorizzazione rilasciata dal servizio di cui all’articolo 7.

    2.   Un decreto presidenziale, pubblicato su proposta del Ministro della giustizia, della trasparenza e dei diritti dell’uomo, del Ministro dell’economia, della concorrenza e della marina mercantile e del Ministro dell’istruzione, dell’apprendimento permanente e dei culti, fissa più precisamente le condizioni di autorizzazione e di funzionamento degli enti di formazione di mediatori, il contenuto dei programmi di insegnamento di base, di formazione e di formazione continua, la loro durata, il luogo in cui i corsi sono dispensati, le qualifiche dei formatori, il numero dei partecipanti, nonché le sanzioni imposte agli enti di formazione di mediatori in caso di mancato rispetto dei loro obblighi. Tali sanzioni consistono in un’ammenda o in una revoca provvisoria o definitiva della loro autorizzazione ad esercitare. I criteri di selezione e il calcolo delle sanzioni saranno stabiliti dal citato decreto presidenziale.

    (…)».

    18

    L’articolo 6, paragrafi 1 e 3, di detta legge così prevede:

    «1.   È costituita una “commissione di accreditamento dei mediatori” assoggettata al controllo del Ministero della giustizia, della trasparenza e dei diritti dell’uomo. Rientrano segnatamente nella competenza della commissione l’accreditamento dei canditati mediatori, il controllo del rispetto degli obblighi che incombono agli enti di formazione di mediatori e il controllo del rispetto, da parte dei mediatori autorizzati, del codice deontologico. La commissione è parimenti incaricata di fare rapporto al Ministro della giustizia, della trasparenza e dei diritti dell’uomo in vista dell’imposizione delle sanzioni di cui agli articoli 5 e 7. La commissione è composta dal suo presidente e da quattro (4) membri, nonché dal medesimo numero di supplenti. La durata del mandato è di tre anni.

    (…)

    3.   L’accreditamento dei candidati mediatori è sottoposto all’esame di una commissione giudicatrice composta da due membri della commissione indicata al paragrafo 1, designati dal suo presidente, e da un magistrato, designato conformemente alla disposizione dell’articolo 41, paragrafo 2, della legge 1756/1988 e che presiede detta commissione. La commissione giudicatrice verifica se il candidato possieda le conoscenze, le competenze e una formazione sufficiente, impartita dagli enti di formazione di cui all’articolo 5, per erogare servizi di mediazione; essa si esprime con decisione scritta debitamente motivata. Per la segreteria della commissione di cui al paragrafo 1 e della commissione giudicatrice, l’assemblea plenaria delle associazioni di avvocati è tenuta a mettere a disposizione il personale previsto dal regolamento di cui al paragrafo 5 del presente articolo. Con decisione congiunta, il Ministro delle finanze e il Ministro della giustizia, della trasparenza e dei diritti dell’uomo fissano:

    a)

    le modalità e l’importo della retribuzione dei membri della commissione giudicatrice, retribuzione che è a carico della Cassa di finanziamento degli edifici giudiziari,

    b)

    i diritti di esame che i candidati sono tenuti a versare previamente alla commissione giudicatrice.

    (…)».

    19

    L’articolo 7, paragrafo 2, della medesima legge stabilisce quanto segue:

    «Con decreto, il Ministro della giustizia, della trasparenza e dei diritti dell’uomo:

    a)

    definisce le condizioni particolari per il riconoscimento dei mediatori, nonché la procedura di riconoscimento del titolo di abilitazione, ottenuto dai mediatori in un altro Stato membro dell’Unione europea. Tale riconoscimento, nonché la revoca provvisoria o definitiva dell’abilitazione, sono subordinati al previo consenso della commissione di cui all’articolo 6, paragrafo 1,

    b)

    istituisce un codice deontologico per i mediatori abilitati,

    c)

    prevede condizioni particolari per quanto riguarda l’applicazione di sanzioni in caso di violazione delle disposizioni del codice sopra citato. Tali sanzioni, imposte con l’accordo della commissione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, consistono nella revoca provvisoria o definitiva dell’autorizzazione; e

    d)

    disciplina ogni questione connessa».

    20

    L’articolo 14 della legge 3898/2010 è stato modificato dall’atto legislativo del 4 dicembre 2012, recante disposizioni urgenti rientranti nella competenza del Ministero delle Finanze, del Ministero dello Sviluppo, della Concorrenza, delle Infrastrutture, dei Trasporti e delle Reti, del Ministero dell’Istruzione e dei Culti, del Ministero della Cultura e dello Sport, del Ministero dell’Ambiente, dell’Energia e del Cambiamento climatico, del Ministero del Lavoro, della Sicurezza sociale e dell’Assistenza sociale, del Ministero della Giustizia, della Trasparenza e dei Diritti dell’Uomo, del Ministero della Riforma amministrativa e della Gestione elettronica, e altre disposizioni (FEK A’ 237/5.12.2012), che vi ha aggiunto un paragrafo 2, ai sensi del quale «è consentito riconoscere un titolo di abilitazione del mediatore rilasciato da un ente di formazione estero al termine di una formazione impartita in Grecia, ove tale titolo sia stato ottenuto al più tardi alla data di autorizzazione e di avvio del funzionamento di un ente o di enti di formazione di cui all’articolo 5 della legge 3898/2010 e, in ogni caso, entro il 31 dicembre 2012».

    Legge 4512/2018

    21

    L’articolo 205 della legge 4512/2018, del 17 gennaio 2018, relativa alle norme per l’applicazione delle riforme strutturali del programma di adeguamento economico e altre disposizioni (FEK A’ 5/17.1.2018) è così formulato:

    «A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, qualsiasi disposizione contraria che disciplini in maniera diversa qualsivoglia questione relativa alla mediazione è abrogata. Le disposizioni dell’articolo 1 della legge 3898/2010 restano in vigore».

    Decreto presidenziale 123/2011

    22

    L’articolo 1, paragrafo 1, del decreto presidenziale 123/2011, che definisce le condizioni di autorizzazione e di funzionamento degli enti di formazione di mediatori in materia civile e commerciale (FEK A’ 255/9.12.2011), dispone quanto segue:

    «Un ente di formazione di mediatori, in appresso denominato “ente”, può essere una società di diritto civile senza scopo di lucro, costituita congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno una delle camere professionali del paese e operanti in virtù di un’autorizzazione rilasciata dal servizio della professione di avvocato e degli ufficiali giudiziari, che rientra nella direzione generale dell’amministrazione giudiziaria del Ministero della giustizia, della trasparenza e dei diritti dell’uomo (articolo 5, paragrafo 1, della legge 3898/2010)».

    Decreto ministeriale 109088 modificato

    23

    Il capitolo A, articolo unico, paragrafi 1, 2 e 5, del decreto ministeriale 109088 del 12 dicembre 2011, come modificato dal decreto 107309 del 20 dicembre 2012 (in prosieguo: il «decreto ministeriale 109088 modificato»), è così formulato:

    «A. Definiamo come segue la procedura di riconoscimento dei titoli di abilitazione all’esercizio dell’attività di mediatore rilasciati da un ente di formazione all’estero:

    I titoli di mediatore autorizzato rilasciati da un ente di formazione all’estero sono riconosciuti come equivalenti dalla commissione per l’accreditamento dei mediatori in conformità alla seguente procedura:

    1. Gli interessati presentano una domanda di riconoscimento del titolo di mediatore autorizzato.

    (…)

    2. Il modulo della domanda è accompagnato dai seguenti documenti giustificativi:

    (…)

    c)

    un certificato dell’ente di formazione, indirizzato alla commissione per l’accreditamento dei mediatori, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della legge 3898/2010, attestante:

    aa)

    il numero totale di ore di formazione,

    bb)

    le materie di insegnamento,

    cc)

    il luogo di svolgimento della formazione,

    dd)

    il numero di partecipanti,

    ee)

    il numero e le qualifiche dei formatori,

    ff)

    la procedura di esame e di valutazione dei candidati e le modalità che ne garantiscono l’integrità.

    (…)

    5. La commissione per l’accreditamento dei mediatori riconosce l’equivalenza del titolo di abilitazione se esso è rilasciato da un ente riconosciuto all’estero e se l’interessato può comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a procedimenti di mediazione quale mediatore, assistente del mediatore o consulente di una delle parti. La commissione può, a sua discrezione, chiedere all’interessato di sottoporsi a un esame integrativo, in particolare quando la sua formazione è stata impartita in Grecia da un ente di origine straniera.

    La commissione per l’accreditamento dei mediatori può riconoscere l’equivalenza di un titolo di abilitazione ottenuto all’estero o rilasciato da un ente di formazione riconosciuto all’estero a seguito di una formazione impartita in Grecia anche ove l’interessato non comprovi un’esperienza di almeno tre partecipazioni a procedimenti di mediazione quale mediatore, assistente del mediatore o consulente di una delle parti, se dall’insieme degli elementi del fascicolo di detto interessato emerge chiaramente la sua formazione continua e l’esercizio sistematico da parte sua dell’attività di mediazione e se detto titolo è stato ottenuto non oltre il 31 dicembre 2012».

    Procedimento precontenzioso

    24

    A seguito di una denuncia ricevuta dai suoi servizi, la Commissione, nutrendo dubbi sulla compatibilità della legge 3898/2010 e del decreto ministeriale 109088 modificato con le direttive 2006/123 e 2005/36, l’11 luglio 2013, ha chiesto alla Repubblica ellenica informazioni sulla formazione dei mediatori in Grecia.

    25

    La Repubblica ellenica ha risposto a tale richiesta con la sua lettera del 16 settembre 2013.

    26

    In data 11 luglio 2014 la Commissione ha inviato una lettera di diffida alla Repubblica ellenica, invitandola a presentare osservazioni sulla possibile incompatibilità di detta legge e di detto decreto con l’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2006/123, nonché con gli articoli 13 e 14 della direttiva 2005/36. La Repubblica ellenica ha risposto a tale lettera il 12 settembre 2014.

    27

    Il 29 maggio 2015 la Commissione ha inviato una lettera di diffida complementare, con cui ribadiva la sua posizione e si dichiarava altresì preoccupata in merito all’incompatibilità della normativa greca con l’articolo 50, paragrafo 1, e con l’allegato VII della direttiva 2005/36, in quanto il riconoscimento dei titoli di mediatore ottenuti in altri Stati membri dell’Unione è soggetto a condizioni che vanno oltre quanto consentito da tale direttiva. La Commissione ha altresì ritenuto che la legislazione greca violasse il principio di non discriminazione, quale previsto agli articoli 45 e 49 TFUE.

    28

    La Repubblica ellenica ha risposto alla lettera di diffida complementare il 23 novembre 2015.

    29

    La Commissione, non convinta dalle risposte della Repubblica ellenica, ha emesso, in data 25 febbraio 2016, un parere motivato, notificato il 26 febbraio a tale Stato membro, con il quale essa ha sostenuto che, da un lato, limitando la forma degli enti di formazione di mediatori a società senza scopo di lucro, che devono essere costituite da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale in Grecia, quest’ultima è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 49 TFUE, dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

    30

    D’altra parte, secondo il parere motivato, assoggettando la procedura di riconoscimento dei titoli accademici a requisiti ulteriori relativi al contenuto dei certificati e a provvedimenti compensativi senza una previa valutazione delle differenze sostanziali e mantenendo in vigore disposizioni discriminatorie che impongono ai richiedenti di comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a un procedimento di mediazione, la Repubblica ellenica era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 45 e 49 TFUE nonché degli articoli 13 e 14, e dell’articolo 50, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 e dell’allegato VII della medesima.

    31

    Con la sua risposta del 10 maggio 2016, la Repubblica ellenica ha contestato l’inadempimento addebitato, sostenendo che, da un lato, l’attività di mediazione rientra nell’eccezione prevista all’articolo 51, primo comma, TFUE, in quanto costituisce un’attività che partecipa all’esercizio dei pubblici poteri. In ogni caso, l’interesse generale relativo all’amministrazione della giustizia potrebbe essere ammesso come giustificazione a restrizioni alla libera prestazione di servizi. D’altra parte, per quanto riguarda il riconoscimento delle qualifiche professionali, tale Stato membro ha fatto valere che le disposizioni nazionali di cui trattasi non privavano il mediatore che abbia acquisito qualifiche professionali corrispondenti in un altro Stato membro del diritto di esercitare tale professione. Peraltro, dalle disposizioni nazionali in questione risultava che era possibile accertare la competenza di un mediatore a partire dagli elementi del fascicolo relativi alla sua formazione continua invece del criterio dell’esperienza che richiede tre partecipazioni ad un procedimento di mediazione.

    32

    Non condividendo il parere della Repubblica ellenica, la Commissione ha proposto il presente ricorso per inadempimento.

    Sul ricorso

    Sulla portata del ricorso

    – Argomenti delle parti

    33

    Nell’ambito del suo ricorso, la Commissione ha formulato due censure. Da un lato, essa ha sostenuto che l’articolo 5, paragrafo 1, della legge 3898/2010 e l’articolo 1, paragrafo 1, del decreto presidenziale 123/2011 introducevano una restrizione alla libertà di stabilimento quale definita all’articolo 49 TFUE e violavano l’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), e paragrafo 3 della direttiva 2006/123. Dall’altro, essa ha fatto valere che il decreto ministeriale 109088 modificato violava gli articoli 13, 14 e 50, della direttiva 2005/36, nonché l’allegato VII di quest’ultima.

    34

    Nel controricorso, senza contestare le censure della Commissione nei confronti della legge 3898/2010 e del decreto ministeriale 109088 modificato, la Repubblica ellenica ha affermato che la legge 3898/2010 nonché il decreto presidenziale 123/2011 erano stati abrogati a partire dalla pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica, il 17 gennaio 2018, della legge 4512/2018. Ne consegue, secondo la Repubblica ellenica, che le censure dedotte dalla Commissione nel suo ricorso non hanno più senso.

    35

    Nel petitum della sua replica nonché in udienza, la Commissione ha fatto valere che il presente ricorso riguardava anche la situazione sorta da tali modifiche legislative introdotte dalla legge 4512/2018, in quanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il sistema istituito dalla normativa contestata nel corso del procedimento precontenzioso è stato mantenuto nel suo insieme dalle nuove misure adottate dallo Stato membro dopo il parere motivato.

    – Giudizio della Corte

    36

    Per determinare la portata del presente ricorso di inadempimento, occorre rilevare che l’esistenza dell’inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, e che la Corte non può tener conto degli eventuali mutamenti successivi (v., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2017, Commissione/Grecia, C‑202/16, non pubblicata, EU:C:2017:318, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

    37

    In caso di modifica successiva della normativa nazionale messa in discussione nell’ambito di un procedimento per inadempimento, la Commissione non modifica l’oggetto del suo ricorso imputando le censure formulate nei confronti della normativa anteriore a quella risultante dalla modifica adottata, quando le due versioni della normativa nazionale hanno contenuto identico (v., in tal senso, sentenza del 21 marzo 2013, Commissione/Francia, C‑197/12, non pubblicata, EU:C:2013:202, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

    38

    Per contro, l’oggetto della controversia non può essere esteso ad obblighi derivanti da nuove disposizioni che non trovino equivalenti nella versione iniziale dell’atto di cui trattasi, salvo incorrere nella violazione delle forme sostanziali della regolarità del procedimento con cui si constata l’inadempimento. (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2017, Commissione/Bulgaria, C‑488/15, EU:C:2017:267, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

    39

    Poiché, come poc’anzi indicato, la Commissione ha imputato, nella sua replica, la prima censura dedotta nel ricorso anche alla legge 4512/2018, occorre determinare se tale imputazione implichi una modifica dell’oggetto del ricorso.

    40

    Nel caso di specie, non risulta né dalla lettura delle pertinenti disposizioni della legge 4512/2018 né dall’argomentazione della Commissione ad essa afferente che le disposizioni di quest’ultima legge abbiano contenuto identico a quello della normativa in vigore precedentemente.

    41

    Pertanto, nei limiti in cui la prima censura della Commissione verte anche sulle disposizioni della legge 4512/2018, essa modifica l’oggetto della controversia di modo che occorre esaminare le censure quali formulate nel ricorso della Commissione, senza tener conto dell’estensione della prima censura effettuata nella replica.

    42

    Ciò premesso, occorre respingere in quanto irricevibili le censure relative alla violazione delle disposizioni dell’articolo 49 TFUE, dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123, degli articoli 13 e 14, dell’articolo 50, paragrafo 1, nonché dell’allegato VII della direttiva 2005/36, nei limiti in cui tali censure riguardano la legge 4512/2018.

    Nel merito

    Sulla censura relativa alla violazione dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123

    – Argomenti delle parti

    43

    Secondo la Commissione, risulta, da un lato, dall’articolo 5, paragrafo 1, della legge 3898/2010 e, dall’altro, dall’articolo 1, paragrafo 1, del decreto presidenziale 123/2011, che le società che forniscono servizi di formazione al fine di impartire un insegnamento a mediatori, che possono su tale base, presentarsi all’esame che dà luogo all’accreditamento di mediatore della Grecia, devono avere esclusivamente la forma giuridica di società senza scopo di lucro composte congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale della Grecia e operare in virtù di un’autorizzazione rilasciata dall’autorità di cui all’articolo 7 di tale legge.

    44

    La Commissione sostiene che il requisito relativo alla composizione richiesta dell’ente di formazione nonché il requisito relativo alla forma giuridica prescritta dallo stesso, dissuaderebbero sia gli enti di formazione esteri che desiderino stabilirsi per la prima volta in Grecia sia quelli che desiderino stabilirvi una sede secondaria, di modo che tali requisiti limiterebbero la libertà di stabilimento prevista all’articolo 49 TFUE e all’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), e paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

    45

    Secondo la Commissione, dalla legge 3898/2010 risulta che le formazioni proposte dagli enti che non soddisfano i requisiti enunciati da tale legge non possono dare accesso all’esame richiesto, in forza dell’articolo 6 di detta legge, e, in fine, all’ottenimento dell’accreditamento richiesto per l’esercizio della professione di mediatore in Grecia.

    46

    Inoltre, la Commissione fa valere che tali requisiti non sono né giustificati da motivi imperativi di interesse generale, né idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e vanno oltre quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo. Inoltre, essi potrebbero essere applicati in un modo che potrebbe essere discriminatorio.

    47

    Peraltro, la Commissione ritiene che, contrariamente agli argomenti addotti dalla Repubblica ellenica nell’ambito del procedimento precontenzioso, l’eccezione di cui all’articolo 51 TFUE non sia applicabile al caso di specie. Da un lato, dall’ordinanza del 17 febbraio 2005, Mauri (C‑250/03, EU:C:2005:96), la quale verte sulla partecipazione degli avvocati alla commissione giudicatrice dell’esame in questione, non si può dedurre che la norma nazionale controversa sia compatibile con il diritto dell’Unione, in quanto l’articolo 5 della legge 3898/2010 riguarderebbe la composizione e la forma giuridica degli enti di formazione dei mediatori. Dall’altro, l’inadempimento contestato non riguarderebbe il servizio di mediazione in quanto tale, ma il servizio di formazione dei mediatori che non rientrerebbe nell’esercizio dei pubblici poteri, compresa l’amministrazione della giustizia.

    48

    Quanto ai motivi imperativi d’interesse generale idonei a giustificare le restrizioni in questione, la Commissione fa valere, in primo luogo, che l’obiettivo di garantire la qualità della mediazione potrebbe trovare sostegno nell’articolo 4 della direttiva 2008/52. Tuttavia, essa ritiene che tale articolo 4, letto alla luce del considerando 16 di tale direttiva, sia diretto, da un lato, al controllo della qualità della fornitura dei servizi di formazione mediante meccanismi, quali i codici di buona condotta, e, dall’altro, che tale articolo 4 non comprenda le regole relative all’organizzazione degli enti di formazione di mediatori come quelle che disciplinano la forma giuridica richiesta e quelle relative alla detenzione del capitale.

    49

    In secondo luogo, la Commissione argomenta che, se, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la tutela dei destinatari dei servizi di mediazione e la necessità di garantire un’istruzione di livello elevato possono costituire motivi imperativi di interesse generale, la Repubblica ellenica non è riuscita a dimostrare che i requisiti relativi alla forma giuridica e alla detenzione di capitale di una società permettessero di conseguire tali obiettivi.

    50

    In ogni caso, la Commissione ritiene che le restrizioni di cui trattasi non siano proporzionate agli obiettivi perseguiti in quanto, da un lato, esistono misure meno restrittive, come l’introduzione di un programma di studi adeguato, la definizione di criteri riguardanti gli insegnanti e il materiale utilizzato nonché la fissazione di criteri riguardanti gli esami obbligatori che danno accesso alla professione. Dall’altro lato, la Commissione osserva che la Repubblica ellenica applica già altre misure meno restrittive intese a garantire un elevato livello di studi, come il requisito secondo cui la formazione è dispensata da mediatori esperti, lo svolgimento degli esami dinanzi ad una commissione giudicatrice di Stato, o ancora la definizione da parte della legge del contenuto e della durata del programma di formazione.

    51

    La Repubblica ellenica si limita a sottolineare che, in seguito all’adozione della legge 4512/2018, la presente censura non ha più senso.

    – Giudizio della Corte

    52

    In via preliminare, occorre rilevare che la prima censura del presente ricorso attiene alla violazione dell’articolo 49 TFUE nonché alla violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

    53

    A tal proposito occorre ricordare in primo luogo che, come si evince dal considerando 6 della direttiva 2006/123, è possibile eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento soltanto grazie all’applicazione diretta dell’articolo 49 TFUE, in particolare a motivo dell’estrema complessità del trattamento caso per caso degli ostacoli a tale libertà. (v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a., C‑593/13, EU:C:2015:399, punto 38) e che, di conseguenza, occorrerebbe adottare una direttiva in materia.

    54

    Ne consegue che, quando una restrizione alla libertà di stabilimento rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123, non occorre esaminarla anche alla luce dell’articolo 49 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria, C‑179/14, EU:C:2016:108, punto 118 e del 30 gennaio 2018, X e Visser, C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44, punto 137).

    55

    Occorre pertanto esaminare se il motivo vertente sulla violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123 sia fondato.

    56

    A tal proposito risulta dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, che gli Stati membri devono valutare se il loro sistema giuridico preveda requisiti come quelli di cui al paragrafo 2 di tale articolo 15 e provvedere affinché questi ultimi siano compatibili con le condizioni di cui al paragrafo 3 di detto articolo 15.

    57

    Le condizioni cumulative elencate al detto articolo 15, paragrafo 3, vertono, in primo luogo, sul carattere non discriminatorio dei requisiti in questione che non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale; in secondo luogo, sul carattere necessario, ossia sul fatto che devono essere giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; in terzo luogo, sulla loro proporzionalità, dato che detti requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito, non dovendo eccedere quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, e non dovendo essere possibile sostituire tali requisiti con altre misure meno restrittive che permettano di conseguire lo stesso risultato.

    58

    Nel caso di specie, le censure formulate dalla Commissione sono volte a far accertare che le disposizioni nazionali che detta istituzione individua nel suo ricorso sanciscono requisiti del tipo di quelli di cui all’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), della direttiva 2006/123, e che, nel caso in cui detti requisiti non soddisfino le condizioni enunciate al paragrafo 3 di tale articolo 15, tali disposizioni nazionali contravvengono ai paragrafi da 1 a 3 di detto articolo.

    59

    Si deve pertanto, in primo luogo, verificare se i requisiti discendenti dall’articolo 5 della legge 3898/2010 rientrino, come afferma la Commissione, nell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), della medesima direttiva.

    60

    A tal riguardo, occorre rilevare che l’articolo 15, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2006/123, letto alla luce del considerando 73, riguarda una categoria di requisiti che impongono al prestatore di essere costituito in una forma giuridica particolare, il che comprende, in particolare, il requisito di essere una persona giuridica o un’entità senza scopo di lucro.

    61

    Orbene, è giocoforza constatare che il requisito relativo alla forma giuridica dell’ente di formazione dei mediatori, richiesto dall’articolo 5 della legge 3898/2010, secondo cui gli enti di formazione dei mediatori devono essere costituiti in quanto società senza scopo di lucro, rientra espressamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2006/123 (v., in tal senso, sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria, C‑179/14, EU:C:2016:108, punti 6162).

    62

    Inoltre, occorre osservare che l’articolo 15, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123, letto alla luce del considerando 73, riguarda un’altra categoria di requisiti relativi alla detenzione del capitale di una società.

    63

    Orbene, il requisito relativo alla composizione dell’ente di formazione in forza del quale gli enti di formazione dei mediatori devono essere costituiti congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale della Grecia, richiesto dall’articolo 5 della legge 3898/2010, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/123.

    64

    In secondo luogo, occorre verificare se le norme nazionali di cui trattasi rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

    65

    A tal riguardo, in primo luogo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2006/123, i requisiti di cui al paragrafo 2 di tale articolo non sono incompatibili con le disposizioni di tale direttiva a condizione, tra l’altro, che essi non siano direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della nazionalità o, trattandosi di società, dell’ubicazione della loro sede legale.

    66

    Nel caso di specie, dall’articolo 5 della legge 3898/2010 risulta che i requisiti relativi alla forma giuridica, alla detenzione di capitale e alla composizione dell’ente di formazione dei mediatori si applicano sia agli enti di formazione stabiliti in Grecia, sia a quelli stabiliti in altri Stati membri. Pertanto, tali requisiti non hanno carattere discriminatorio ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, lettera a), di tale direttiva.

    67

    In secondo luogo, per quanto riguarda la necessità delle norme nazionali in questione, sebbene la Repubblica ellenica non adduca giustificazioni specifiche all’articolo 5 della legge 3898/2010, si evince dalla sua argomentazione, espressa in udienza dinanzi alla Corte, che tale normativa è idonea, conformemente all’articolo 15, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2006/123, a garantire un elevato livello di qualità ai servizi di formazione dei mediatori, nonché a facilitare l’insediamento degli enti di formazione nelle regioni periferiche.

    68

    Orbene, sebbene tali ragioni possano costituire motivi imperativi di interesse generale, ciò non toglie che la Repubblica ellenica non ha dedotto argomenti idonei a dimostrare che le regole relative alla forma giuridica di una società di formazione e alla detenzione di capitale di quest’ultima costituiscano misure necessarie per conseguire tali obiettivi.

    69

    Dato che le tre condizioni previste all’articolo 15, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 sono cumulative, è giocoforza constatare che le norme nazionali di cui trattasi non rispettano la seconda di tali condizioni senza che sia necessario verificare il terzo requisito di cui al paragrafo 3 del medesimo.

    70

    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che, limitando la forma giuridica degli enti di formazione di mediatori a società senza scopo di lucro, che devono essere costituite congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale della Grecia, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123.

    Sulla censura relativa agli articoli 13 e 14 nonché all’articolo 50, paragrafo 1, e all’allegato VII della direttiva 2005/36

    – Argomenti delle parti

    71

    La Commissione ritiene che le disposizioni della legge 3898/2010 e del decreto ministeriale 109088 modificato violino gli articoli 13 e 14, l’articolo 50, paragrafo 1, nonché l’allegato VII della direttiva 2005/36. Tali disposizioni violerebbero anche il principio di non discriminazione.

    72

    In via preliminare, tale istituzione fa valere ricordando la definizione di «professione regolamentata» dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36, che tale direttiva non esige un titolo di studio preciso per l’accesso alla professione di mediatore, né limita la sua applicazione all’«esercizio» di una professione regolamentata. Secondo tale istituzione, se, in assenza di armonizzazione, gli Stati membri restano competenti a disciplinare tale professione e definirne le condizioni di accesso, ciò non toglie che le disposizioni della normativa nazionale non possono costituire un ostacolo ingiustificato all’esercizio delle libertà fondamentali garantite dai trattati.

    73

    Dato che l’accesso alla professione di mediatore sarebbe subordinato, in Grecia, sia ad una formazione specifica, sia a un accreditamento, concesso a un candidato che ha superato l’esame di cui trattasi, la Commissione ritiene che la professione dei mediatori rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2005/36.

    74

    Essa ritiene che l’omissione da parte della Repubblica ellenica di designare le autorità e gli organismi competenti abilitati a rilasciare o a ricevere i titoli di formazione e gli altri documenti o informazioni, conformemente all’articolo 56, paragrafo 3, di tale direttiva, non possa essere invocata per giustificare l’inosservanza delle altre disposizioni di detta direttiva.

    75

    Per quanto riguarda, in primo luogo, il contenuto del certificato dell’ente di formazione che deve fornire un mediatore migrante per ottenere l’accreditamento di tale professione in Grecia, la Commissione osserva che risulta dal decreto ministeriale 109088 modificato che una domanda di riconoscimento, in Grecia, del titolo di studi di un mediatore straniero deve essere accompagnato, in particolare, da un certificato dell’ente di formazione attestante il metodo di insegnamento, il numero di partecipanti, il numero e le qualifiche dei formatori, la procedura di esame e di valutazione dei candidati e le modalità che ne garantiscono l’integrità. Tali condizioni andrebbero al di là di quanto necessario per valutare il livello delle conoscenze e delle qualifiche professionali che si presume che il titolare possieda. Di conseguenza, le condizioni summenzionate sarebbero contrarie agli articoli 13 e 14, all’articolo 50, paragrafo 1, nonché all’allegato VII della direttiva 2005/36.

    76

    A tal riguardo, la Commissione fa valere che dall’articolo 13 della direttiva 2005/36 risulta che l’autorità competente dello Stato membro ospitante concede l’accesso alla professione regolamentata ai richiedenti che possiedono un attestato di competenza o un titolo di formazione prescritto da un altro Stato membro per l’accesso o l’esercizio di questa stessa professione sul suo territorio. Anche se tali attestati devono essere rilasciati da un’autorità competente in uno Stato membro e attestare un certo livello di qualificazione professionale, ciò non toglie, secondo la Commissione, che la direttiva 2005/36 non richiede che i diplomi rilasciati in altri Stati membri attestino un insegnamento e una formazione equivalenti o comparabili a quelli richiesti nello Stato membro ospitante.

    77

    Secondo la Commissione, l’articolo 14 della direttiva 2005/36 prevede che le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono invitare il richiedente a fornire informazioni quanto alla sua formazione, solo nella misura necessaria a comprendere l’eventuale esistenza di differenze sostanziali rispetto alla formazione richiesta a livello nazionale dalla normativa della Repubblica ellenica. Orbene, secondo tale istituzione, le condizioni richieste dalla normativa nazionale non consentono di esaminare se la formazione ricevuta dall’interessato riguardi materie sostanzialmente diverse da quelle contemplate dal titolo di formazione richiesto sul territorio greco.

    78

    Peraltro, dall’articolo 50, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 risulta che le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono, nel corso del procedimento di riconoscimento, esigere i documenti e i certificati elencati nell’allegato VII di tale direttiva, quali copie delle attestazioni di capacità o del titolo di studio che dà accesso alla professione di cui trattasi.

    79

    Orbene, la Commissione sostiene che dal punto 1, lettera b), secondo comma, di detto allegato VII risulta che le autorità competenti dello Stato membro ospitante possono invitare il richiedente a fornire tali informazioni riguardanti la sua formazione soltanto nella misura necessaria per comprendere l’eventuale esistenza di differenze sostanziali con la formazione nazionale richiesta. Pertanto, secondo tale istituzione, le condizioni enunciate dalla normativa greca violano sia l’articolo 14, paragrafo 1, sia l’articolo 50, paragrafo 1 e l’allegato VII della direttiva 2005/36.

    80

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, le misure di compensazione previste dalla Repubblica ellenica, la Commissione ricorda che il capitolo A, articolo unico, paragrafo 5 del decreto ministeriale 109088 modificato, prevede che la commissione di accreditamento dei medicinali può, a sua discrezione, chiedere all’interessato di sottoporsi ad un esame complementare, in particolare quando la sua formazione è stata impartita in Grecia da un ente di origine straniera.

    81

    Anche se la Commissione ammette che la direttiva 2005/36 non richiede che i criteri di tali esami siano enunciati, essa osserva tuttavia che, in assenza delle norme nazionali che disciplinano la procedura di esame, quest’ultima può risultare arbitraria, se non discriminatoria. Pertanto, essa ritiene che una procedura di esame senza previa valutazione delle differenze sostanziali rispetto alla formazione nazionale richiesta violi i requisiti previsti all’articolo 14 della direttiva 2005/36.

    82

    Inoltre, la Commissione fa valere che uno dei presupposti per il riconoscimento di equivalenza del titolo nella normativa nazionale è quello della prova dell’esperienza di almeno tre partecipazioni a un procedimento di mediazione in quanto mediatore, assistente di mediatore o consulenza di una delle parti. Orbene, una condizione del genere non sarebbe richiesta per i mediatori formati in Grecia. Secondo la Commissione, tale condizione è discriminatoria e viola l’articolo 13 della direttiva 2005/36.

    83

    Per quanto riguarda la prassi dell’amministrazione greca di non applicare la summenzionata condizione se gli elementi di un fascicolo interessato consentono di provare una formazione periodica e una prassi sistematica della mediazione, la Commissione osserva che l’incompatibilità della normativa nazionale con le disposizioni del diritto dell’Unione può essere definitivamente eliminata solo mediante disposizioni di carattere vincolante, aventi lo stesso valore giuridico di quelle da modificare, di modo che una prassi amministrativa non sarebbe sufficiente per essere considerata una valida esecuzione degli obblighi derivanti dal Trattato FUE. In ogni caso, tale istituzione sostiene che, secondo la legislazione greca, la possibilità di non applicare il criterio di esperienza riguarda solo gli interessati che hanno acquisito un titolo di abilitazione di mediatore entro il 31 dicembre 2012.

    84

    La Repubblica ellenica sottolinea che il decreto ministeriale 109088 modificato è stato abrogato con l’entrata in vigore della legge 4512/2018 e, pertanto, ritiene che la presente censura non abbia più senso.

    – Giudizio della Corte

    85

    In via preliminare, per quanto riguarda la delimitazione dell’ambito di applicazione della direttiva 2005/36 alla luce della direttiva 2008/52, occorre rilevare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 46 delle sue conclusioni, che quest’ultima direttiva non può incidere, nel presente caso, sull’applicabilità della direttiva 2005/36. Infatti, sebbene la direttiva 2008/52 verta su taluni aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, ciò non toglie che essa non opera un’armonizzazione delle condizioni di accesso alla professione di mediatore.

    86

    Ciò precisato, quanto alla questione se la professione di mediatore costituisca «professione regolamentata» a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36, occorre ricordare che per «professione regolamentata» si intende un’attività o un insieme di attività professionali, l’accesso alle quali e il cui esercizio, o una delle cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali. (sentenza del 21 settembre 2017, Malta Dental Technologists Association e Reynaud, C‑125/16, EU:C:2017:707, punto 34, e giurisprudenza ivi citata).

    87

    Dall’articolo 3, paragrafo 1, lettere b), c) ed e), della direttiva 2005/36 risulta pertanto che la nozione di «determinate qualifiche professionali», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale direttiva, contempla qualsiasi qualifica corrispondente a un titolo di formazione specificamente concepito per preparare i suoi titolari all’esercizio di una determinata professione (sentenza del 21 settembre 2017, Malta Dental Technologists Association e Reynaud, C‑125/16, EU:C:2017:707, punto 35, e giurisprudenza ivi citata).

    88

    Si deve constatare, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, che la professione di mediatore come disciplinata in Grecia soddisfa i criteri enunciati ai punti 86 e 87 della presente sentenza, posto che l’accesso ad essa è subordinato all’aver seguito una formazione adeguata ai fini dell’ottenimento di una qualifica professionale e un titolo che permettano specificamente di esercitare detta professione, in particolare in forza dell’articolo 6, paragrafi 1 e 3, della legge 3898/2010.

    89

    Per quanto riguarda la compatibilità della normativa in questione con le disposizioni della direttiva 2005/36, si deve rilevare che il riconoscimento dei titoli di formazione dei mediatori è disciplinato dagli articoli da 10 a 14 di tale direttiva.

    90

    In virtù dell’articolo 13, paragrafo 1 di detta direttiva l’autorità competente dello Stato membro ospitante deve permettere l’accesso a una professione regolamentata e consentirne l’esercizio, alle stesse condizioni previste per i suoi cittadini, ai richiedenti in possesso dell’attestato di competenza o del titolo di formazione di cui all’articolo 11 della medesima direttiva, rilasciati a tal fine da un’autorità competente di un altro Stato membro.

    91

    Sebbene l’articolo 14 della direttiva 2005/36 preveda che l’articolo 13 di quest’ultima non osti a che lo Stato membro ospitante imponga «misure di compensazione», consistenti in un tirocinio di adattamento o in una prova attitudinale, alle persone che intendano accedere ad una professione regolamentata ed esercitarla, ciò non toglie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, che lo stesso articolo 14 limita tale possibilità a situazioni elencate al paragrafo 1.

    92

    Dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36 risulta, anzitutto, che gli Stati membri possono imporre provvedimenti di compensazione nel caso in cui la formazione ricevuta dal richiedente riguardi materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante. In seguito, ai sensi del paragrafo 4 del medesimo articolo, la nozione di «materie sostanzialmente diverse» deve essere intesa come le materie la cui conoscenza, abilità e competenze acquisite sono essenziali per l’esercizio della professione e in relazione alle quali la formazione ricevuta dal migrante presenta significative differenze in termini di contenuto rispetto alla formazione richiesta dallo Stato membro ospitante. Infine, il paragrafo 5 di detto articolo 14 subordina la possibilità di esigere provvedimenti di compensazione al rispetto del principio di proporzionalità.

    93

    Inoltre, l’articolo 50, paragrafo 1, della direttiva 2005/36 stabilisce che l’autorità competente dello Stato membro ospitante può chiedere unicamente i documenti e i certificati di cui all’allegato VII di detta direttiva. Il punto 1, lettere b) e c), del suddetto allegato indica che la presentazione degli attestati ivi menzionati può essere richiesta alle condizioni fissate ai sensi di queste ultime disposizioni.

    94

    È alla luce di tali osservazioni che occorre esaminare la compatibilità della normativa greca con la direttiva 2005/36.

    95

    Per quanto riguarda, in primo luogo, la procedura di riconoscimento delle qualifiche accademiche, subordinata a requisiti supplementari vertenti sul contenuto del certificato dell’ente di formazione che un mediatore migrante deve fornire per ottenere l’accreditamento di tale professione in Grecia, dal capitolo A, articolo unico, paragrafo 2, lettera c), del decreto ministeriale 109088 modificato, risulta che la normativa greca richiede che il certificato dell’ente di formazione, indirizzato alla commissione di accreditamento, contenga una serie di informazioni, tra le quali figurano anche quelle indicanti il luogo di formazione, nonché la procedura di esame e di valutazione dei candidati e le modalità che ne garantiscono l’integrità.

    96

    Orbene, si deve constatare che, da un lato, le condizioni enunciate nella normativa greca non figurano nella direttiva 2005/36 e, dall’altro, contrariamente a quanto richiesto dall’articolo 14, dall’articolo 50, paragrafo 1, e dall’allegato VII, punto 1, di tale direttiva, esse non sono adeguate, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, per valutare, in maniera proporzionata, il contenuto della formazione seguita dai richiedenti.

    97

    Per quanto riguarda, in secondo luogo, le misure di compensazione richieste dalla Repubblica ellenica ai richiedenti un accreditamento come mediatore che possiedono titoli di autorizzazione ottenuti all’estero o rilasciati da un ente di formazione riconosciuto all’estero al termine di una formazione impartita in Grecia, occorre rilevare che dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/36 emerge che l’imposizione delle misure di compensazione presuppone un esame mediante il quale l’autorità competente dello Stato membro ospitante mira a determinare l’eventuale esistenza di differenze sostanziali tra la formazione ricevuta dal richiedente e la formazione nazionale.

    98

    Nel caso di specie, dal capitolo A, articolo unico, paragrafo 5, del decreto ministeriale 109088 modificato, risulta che, quando si tratta del riconoscimento dell’equipollenza di un titolo di autorizzazione ottenuto all’estero oppure rilasciato da un ente di formazione estero al termine di una formazione impartita in Grecia, la commissione di accreditamento dei mediatori ha la facoltà di ammettere tale equivalenza se il richiedente può comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a un procedimento di mediazione in quanto mediatore, assistente di mediatore o consulente di una delle parti. Inoltre, tale commissione può, a sua discrezione, imporre al richiedente un esame complementare, in particolare nel caso in cui la formazione sia stata impartita in Grecia.

    99

    A tale riguardo occorre constatare, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, che siffatte condizioni non corrispondono ai tipi di criteri previsti dalla direttiva 2005/36 e che esse eccedono il margine di discrezionalità che quest’ultima lascia alle autorità competenti degli Stati membri in tale settore.

    100

    Infatti, dal momento che la normativa nazionale di cui trattasi non prevede una valutazione preliminare volta a dimostrare che il richiedente ha ricevuto una formazione avente ad oggetto materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante, dato che tale valutazione preliminare è necessaria, in forza dell’articolo 14 della direttiva 2005/36, affinché una commissione di accreditamento possa richiedere provvedimenti di compensazione, non si può sostenere che tale normativa nazionale sia conforme alla direttiva 2005/36.

    101

    Si deve peraltro constatare che il capitolo A, articolo unico, paragrafo 5, del decreto ministeriale 109088 modificato viola altresì gli obblighi previsti dall’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2005/36, in quanto è richiesto alle persone che chiedono un accreditamento come mediatore dopo aver ottenuto un titolo di autorizzazione presso un ente di formazione estero di comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a procedimenti di mediazione, mentre tale condizione di accreditamento non si applica alle persone che hanno ottenuto un titolo di riconoscimento presso un ente di formazione nazionale.

    102

    Tali considerazioni non possono essere rimesse in discussione dall’argomento secondo cui la prassi amministrativa può lasciare inapplicata una siffatta condizione, in quanto è pacifico che, anche se, in pratica, le autorità di uno Stato membro non applicano una disposizione nazionale contraria al diritto dell’Unione, la certezza del diritto esige tuttavia che tale disposizione sia modificata (v., in tal senso, sentenza del 5 luglio 2007, Commissione/Belgio, C‑522/04, EU:C:2007:405, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

    103

    Dalle osservazioni che precedono emerge che assoggettando la procedura di riconoscimento dei titoli accademici a requisiti ulteriori relativi al contenuto dei certificati richiesti e a provvedimenti compensativi senza una previa valutazione dell’eventuale esistenza di differenze sostanziali rispetto alla formazione nazionale, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 13 e 14, dell’articolo 50, paragrafo 1, nonché dell’allegato VII della direttiva 2005/36.

    104

    Si deve pertanto constatare che:

    limitando la forma giuridica degli enti di formazione di mediatori a società senza scopo di lucro, che devono essere costituite congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale della Grecia, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché del paragrafo 3, della direttiva 2006/123;

    subordinando il procedimento di riconoscimento delle qualifiche accademiche a requisiti supplementari riguardanti il contenuto dei certificati richiesti e a provvedimenti di compensazione senza previa valutazione dell’eventuale esistenza di differenze sostanziali con la formazione nazionale, e mantenendo in vigore disposizioni discriminatorie che obbligano i richiedenti un accreditamento come mediatore che possiedono titoli di autorizzazione ottenuti all’estero o rilasciati da un ente di formazione riconosciuto all’estero in seguito ad una formazione impartita in Grecia a comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a un procedimento di mediazione, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 13 e 14 dell’articolo 50, paragrafo 1, nonché dell’allegato VII della direttiva 2005/36.

    Sulle spese

    105

    A norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica ellenica, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

     

    Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    Limitando la forma giuridica degli enti di formazione di mediatori a società senza scopo di lucro, che devono essere costituite congiuntamente da almeno un’associazione di avvocati e da almeno un’organizzazione professionale della Grecia, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 15, paragrafo 2, lettere b) e c), nonché paragrafo 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno;

    subordinando il procedimento di riconoscimento delle qualifiche accademiche a requisiti supplementari riguardanti il contenuto dei certificati richiesti e a provvedimenti di compensazione senza previa valutazione dell’eventuale esistenza di differenze sostanziali con la formazione nazionale, e mantenendo in vigore disposizioni discriminatorie che obbligano i richiedenti un accreditamento come mediatore che possiedono titoli di autorizzazione ottenuti all’estero o rilasciati da un ente di formazione riconosciuto all’estero in seguito ad una formazione impartita in Grecia a comprovare un’esperienza di almeno tre partecipazioni a un procedimento di mediazione, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 13 e 14, dell’articolo 50, paragrafo 1, nonché dell’allegato VII della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, come modificata dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013.

     

    2)

    La Repubblica ellenica è condannata alle spese.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: il greco.

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