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Documento 62017CJ0661
Judgment of the Court (First Chamber) of 23 January 2019.#M.A. and Others v The International Protection Appeals Tribunal and Others.#Request for a preliminary ruling from the High Court (Ireland).#Reference for a preliminary ruling — Asylum policy — Criteria and mechanisms for determining the Member State responsible for examining an application for international protection — Regulation (EU) No 604/2013 — Discretionary clauses — Assessment criteria.#Case C-661/17.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 23 gennaio 2019.
M.A. e a. contro The International Protection Appeals Tribunal e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Irlande).
Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Clausole discrezionali – Criteri di valutazione.
Causa C-661/17.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 23 gennaio 2019.
M.A. e a. contro The International Protection Appeals Tribunal e a.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Irlande).
Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Clausole discrezionali – Criteri di valutazione.
Causa C-661/17.
Raccolta della giurisprudenza - generale - Sezione "Informazioni sulle decisioni non pubblicate"
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2019:53
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
23 gennaio 2019 ( *1 )
[Testo rettificato con ordinanza del 14 marzo 2019]
«Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Clausole discrezionali – Criteri di valutazione»
Nella causa C‑661/17,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court (Alta Corte, Irlanda), con decisione del 21 novembre 2017, pervenuta in cancelleria il 27 novembre 2017, nel procedimento
M.A.,
S.A.,
A.Z.
contro
International Protection Appeals Tribunal,
Minister for Justice and Equality,
Attorney General,
Ireland,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, E. Regan e C.G. Fernlund (relatore), giudici,
avvocato generale: E. Tanchev
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
– |
per M.A., S.A. e A.Z., da M. de Blacam, SC, e G. O’Halloran, BL, |
– |
[Come rettificato con ordinanza del 14 marzo 2019] per l’Irlanda, da M. Browne, G. Hodge e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da S.‑J. Hillery, BL, e D. Conlan Smyth, SC, |
– |
per il governo tedesco, da T. Henze e R. Kanitz, in qualità di agenti, |
– |
per il governo dei Paesi Bassi, da J. Hoogveld e M.K. Bulterman, in qualità di agenti, |
– |
per il governo del Regno Unito, da C. Brodie, S. Brandon e D. Blundell, in qualità di agenti, assistiti da J. Holmes, QC, |
– |
per la Commissione europea, da M. Wilderspin e M. Condou-Durande, in qualità di agenti, |
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 |
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 6 e 17, dell’articolo 20, paragrafo 3, nonché dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»). |
2 |
Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede opposti, da una parte, M.A., S.A. e A.Z. e, dall’altra, l’International Protection Appeals Tribunal (tribunale d’appello per la protezione internazionale, Irlanda), il Minister for Justice and Equality (Ministro per la Giustizia e l’Eguaglianza, Irlanda), l’Attorney General (Irlanda) e l’Ireland (Irlanda), riguardo alla decisione di trasferimento adottata nei loro confronti nel contesto del regolamento Dublino III. |
Contesto normativo
Diritto internazionale
La Convenzione di Ginevra
3 |
La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954); in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»], è entrata in vigore il 22 aprile 1954. Detta convenzione è stata completata dal protocollo relativo allo statuto dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 (in prosieguo: il «Protocollo del 1967»), a sua volta entrato in vigore il 4 ottobre 1967. |
4 |
Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967, al pari della Repubblica d’Islanda, del Principato del Liechtenstein, del Regno di Norvegia e della Confederazione svizzera. L’Unione europea non è parte contraente della Convenzione di Ginevra né del Protocollo del 1967, ma gli articoli 78 TFUE e 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») prevedono che il diritto d’asilo sia garantito, in particolare, nel rispetto di detta Convenzione e di detto Protocollo. |
La CEDU
5 |
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), è un accordo internazionale multilaterale concluso in seno al Consiglio d’Europa, che è entrato in vigore il 3 settembre 1953. Tutti i membri del Consiglio d’Europa, di cui fanno parte tutti gli Stati membri dell’Unione, figurano nel novero delle Alte Parti contraenti di tale convenzione. |
6 |
Ai sensi dell’articolo 3 della CEDU, «[n]essuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti». |
Diritto dell’Unione
La Carta
7 |
L’articolo 4 della Carta prevede quanto segue: «Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti». |
8 |
L’articolo 47, primo comma, della Carta così recita: «Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo». |
9 |
L’articolo 52, paragrafo 3, della Carta prevede quanto segue: «Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla [CEDU], il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa». |
Il regolamento Dublino III
10 |
In limine, occorre ricordare che il Trattato di Amsterdam, del 2 ottobre 1997, ha introdotto l’articolo 63 nel Trattato CE, che attribuiva alla Comunità europea la competenza quanto all’adozione delle misure raccomandate dal Consiglio europeo, durante la riunione straordinaria svoltasi a Tampere (Finlandia) il 15 e il 16 ottobre 1999, relative all’attuazione di un regime di asilo europeo comune. L’adozione di detta disposizione ha consentito di sostituire, tra gli Stati membri – fatto salvo il Regno di Danimarca –, la Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee, firmata a Dublino il 15 giugno 1990 (GU 1997, C 254, pag. 1) con il regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1), entrato in vigore il 17 marzo 2003. Il regolamento Dublino III, entrato in vigore il 19 luglio 2013, adottato sul fondamento dell’articolo 78, paragrafo 2, lettera e), TFUE, ha sostituito il regolamento n. 343/2003. |
11 |
I considerando da 1 a 5 del regolamento Dublino III così recitano:
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12 |
I considerando da 13 a 17 di tale regolamento così recitano:
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13 |
I considerando 19, 32, 39 e 41 del predetto regolamento così dispongono:
(…)
(…)
(…)
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14 |
L’articolo 1 dello stesso regolamento recita quanto segue: «Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (…)». |
15 |
L’articolo 3 del regolamento Dublino III dispone quanto segue: «1. Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III. 2. Quando lo Stato membro competente non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata. Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della [Carta], lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente. Qualora non sia possibile eseguire il trasferimento a norma del presente paragrafo verso un altro Stato membro designato in base ai criteri di cui al capo III o verso il primo Stato membro in cui la domanda è stata presentata, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione diventa lo Stato membro competente. 3. Ogni Stato membro mantiene la possibilità di inviare un richiedente in un paese terzo sicuro, nel rispetto delle norme e delle garanzie previste dalla direttiva 2013/32/UE». |
16 |
L’articolo 6 di detto regolamento, rubricato «Garanzie per i minori», così recita: «1. L’interesse superiore del minore deve costituire un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, di tutte le procedure previste dal presente regolamento. (…) 3. Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri cooperano strettamente tra loro e tengono debito conto, in particolare, dei seguenti fattori:
(…) 4. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato una domanda di protezione internazionale adotta il prima possibile opportune disposizioni per identificare i familiari, i fratelli o i parenti del minore non accompagnato nel territorio degli Stati membri, sempre tutelando l’interesse superiore del minore. (…)». |
17 |
L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento medesimo, che si trova al suo capo III, prevede quanto segue: «1. I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo. 2. La determinazione dello Stato membro competente in applicazione dei criteri definiti dal presente capo avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta in uno Stato membro». |
18 |
L’articolo 8, paragrafo 1, dello stesso regolamento, stabilisce quanto segue: «Se il richiedente è un minore non accompagnato, è competente lo Stato membro nel quale si trova legalmente un familiare o un fratello del minore non accompagnato, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Se il richiedente è un minore coniugato il cui coniuge non è legalmente presente nel territorio degli Stati membri, lo Stato membro competente è lo Stato membro in cui si trova legalmente il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il minore, per legge o per prassi di detto Stato membro, o un fratello se legalmente presente». |
19 |
L’articolo 11 del regolamento Dublino III, rubricato «Procedura familiare», prevede quanto segue «Quando diversi familiari e/o fratelli minori non coniugati presentano una domanda di protezione internazionale nel medesimo Stato membro simultaneamente, o in date sufficientemente ravvicinate perché le procedure di determinazione dello Stato competente possano essere svolte congiuntamente, e se l’applicazione dei criteri enunciati nel presente regolamento porterebbe a trattarle separatamente, la determinazione dello Stato competente si basa sulle seguenti disposizioni:
|
20 |
L’articolo 17 di detto regolamento, rubricato «Clausole discrezionali», così recita: «1. In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. Lo Stato membro che decide di esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi del presente paragrafo diventa lo Stato membro competente e assume gli obblighi connessi a tale competenza. (…)». |
21 |
L’articolo 20, paragrafo 3, di tale regolamento così dispone: «Ai fini del presente regolamento, la situazione di un minore che accompagna il richiedente e risponde alla definizione di familiare, è indissociabile da quella del suo familiare e rientra nella competenza dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale del suddetto familiare, anche se il minore non è personalmente un richiedente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Lo stesso trattamento è riservato ai figli nati dopo che i richiedenti sono giunti nel territorio degli Stati membri senza che sia necessario cominciare una nuova procedura di presa in carico degli stessi». |
22 |
L’articolo 27, paragrafo 1, del medesimo regolamento così recita: «Il richiedente o altra persona di cui all’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale». |
23 |
L’articolo 29, paragrafi 1 e 2, del regolamento Dublino III prevede quanto segue: «1. Il trasferimento del richiedente (…) dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi (…). (…) 2. Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. (…)». |
24 |
L’articolo 35, paragrafo 1, di tale regolamento stabilisce quanto segue: «Gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione le specifiche autorità responsabili dell’esecuzione degli obblighi risultanti dal presente regolamento e gli eventuali cambiamenti in ordine alle autorità designate. Gli Stati membri provvedono affinché tali autorità dispongano delle risorse necessarie per lo svolgimento dei loro compiti e in particolare per rispondere entro i termini previsti alle richieste di informazione, alle richieste di presa in carico e alle richieste di ripresa in carico dei richiedenti». |
Diritto irlandese
25 |
La legislazione nazionale applicabile è l’European Union (Dublin System) Regulations 2014 [regolamento dell’Unione europea (Sistema di Dublino) del 2014] (SI n. 525/2014; in prosieguo: il «regolamento nazionale»). Le sue disposizioni essenziali rilevanti nella presente causa sono le seguenti. |
26 |
L’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento nazionale dispone che un termine o un’espressione usati tanto in detto regolamento quanto nel [regolamento Dublino III] devono avere lo stesso significato attribuito a detto termine o detta espressione dal regolamento dell’Unione. |
27 |
L’espressione «decisione di trasferimento» è definita all’articolo 2, paragrafo 1, di detto regolamento nazionale come una decisione adottata dal Refugee Applications Commissioner (commissario incaricato delle domande di concessione dello status di rifugiato, Irlanda; in prosieguo: il «commissario per i rifugiati»), in conformità del regolamento Dublino III, di trasferire un richiedente laddove lo Stato, nella specie l’Irlanda, è lo Stato membro richiedente e lo Stato membro richiesto ha accettato di prendere o riprendere in carico detto richiedente. |
28 |
L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento nazionale prevede che il commissario per i rifugiati svolge le funzioni di uno Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente, di uno Stato membro richiedente e di uno Stato membro richiesto. Il paragrafo 2 di detto articolo stabilisce che il Ministro per la Giustizia e l’Eguaglianza svolge le funzioni di uno Stato membro che provvede al trasferimento. |
29 |
Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento nazionale, il commissario per i rifugiati svolgerà tutte le funzioni di cui all’articolo 6 del regolamento Dublino III, che a sua volta menziona l’interesse superiore del minore «nell’attuazione di tutte le procedure previste dal presente regolamento». |
30 |
A termini dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento nazionale, un richiedente può impugnare una decisione di trasferimento. |
31 |
L’articolo 6, paragrafo 9, del regolamento nazionale prevede che il giudice in appello conferma o annulla la decisione di trasferimento. |
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
32 |
Risulta dalla decisione di rinvio che S.A., cittadina di un paese terzo, è entrata nel Regno Unito con un visto per studio nel corso del 2010 e che, l’anno successivo, M.A., parimenti cittadino di un paese terzo, l’ha raggiunta dopo aver ottenuto un visto per persona a carico. Loro figlio, A.Z., è nato nel Regno Unito nel mese di febbraio 2014. I genitori hanno rinnovato il loro visto su base annuale sino a quando l’istituto scolastico in cui S.A. studiava ha chiuso, ciò che ha comportato la cancellazione dei loro visti. |
33 |
S.A. e M.A. si sono quindi recati in Irlanda ove, il 12 gennaio 2016, hanno depositato le domande di asilo. La domanda relativa al figlio era inclusa in quella relativa alla madre. |
34 |
Il 7 aprile 2016, il commissario per i rifugiati ha inviato al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord una domanda di presa a carico di dette domande di asilo ai sensi del regolamento Dublino III. |
35 |
Il 1o maggio 2016, detto Stato membro ha prestato il proprio consenso quanto a tale presa a carico. |
36 |
S.A. e M.A. hanno fatto valere dinanzi al commissario per i rifugiati problemi di salute di M.A. nonché la circostanza che il figlio fosse assoggettato ad una valutazione da parte dell’Health Service Executive (amministrazione dei servizi sanitari, Irlanda) riguardo a un problema di salute. |
37 |
Il commissario per i rifugiati ha raccomandato il trasferimento verso il Regno Unito, ritenendo, con decisione sfavorevole nei confronti di S.A. e M.A., che non dovesse essere applicato l’articolo 17 del regolamento Dublino III. |
38 |
S.A. e M.A. hanno contestato la decisione di trasferimento dinanzi all’International Protection Appeals Tribunal (giudice d’appello per richieste di protezione internazionale), fondandosi principalmente sul menzionato articolo 17 e su motivi legati al recesso del Regno Unito dall’Unione europea. |
39 |
Il 10 gennaio 2017, detto giudice ha confermato la decisione di trasferimento, dopo aver osservato di non essere competente ad esercitare il potere discrezionale conferito dal summenzionato articolo 17. Esso ha parimenti respinto gli argomenti relativi al recesso del Regno Unito dall’Unione europea, sulla base del rilievo che la situazione pertinente per valutare la legittimità di detta decisione era quella che sussisteva alla data in cui era stato chiamato a statuire. |
40 |
S.A. e M.A. hanno quindi adito la High Court (Alta Corte, Irlanda). |
41 |
Detto giudice afferma che, in linea di principio, per dirimere la controversia dinanzi ad esso pendente, occorre determinare, previamente, le implicazioni che può avere il processo di recesso del Regno Unito dall’Unione per il sistema di Dublino. |
42 |
Inoltre, esso indica che i termini utilizzati dal regolamento nazionale, che riprendono quelli di cui al regolamento Dublino III, devono avere il medesimo senso di questi ultimi, deducendone quindi che occorre interpretare quest’ultimo regolamento per decidere la controversia dinanzi ad esso pendente. |
43 |
È in tale contesto che la High Court (Alta Corte) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
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Procedimento dinanzi alla Corte
44 |
Il giudice del rinvio ha chiesto che la presente causa fosse sottoposta al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea. In subordine, detto giudice ha chiesto alla Corte di sottoporre la causa a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. |
45 |
Per quanto riguarda, in primo luogo, la domanda relativa all’applicazione del procedimento d’urgenza, il 4 dicembre 2017, la Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, dopo aver sentito l’avvocato generale, di non dare esito favorevole a questa domanda. |
46 |
Per quanto riguarda, in secondo luogo, la domanda di sottoporre la presente causa al procedimento accelerato previsto dall’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, il presidente della Corte ha deciso, con ordinanza del 20 dicembre 2017, M.A. e a. (C‑661/17, non pubblicata, EU:C:2017:1024), di respingerla. |
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla ricevibilità
47 |
L’Irlanda sostiene che, dal momento che le conseguenze giuridiche di un eventuale recesso del Regno Unito dall’Unione non sono ancora note, le questioni che vertono su tali conseguenze devono essere considerate come ipotetiche. Pertanto, ogni decisione che la Corte potrebbe adottare in questa fase per quanto riguarda la situazione che si presenterà dopo la data in cui è previsto che detto Stato membro cessi di essere uno Stato membro dell’Unione, sarebbe di natura ipotetica. Orbene, secondo costante giurisprudenza (sentenza del 27 febbraio 2014, Pohotovosť, C‑470/12, EU:C:2014:101, punti 27 e 29 e giurisprudenza ivi citata), la Corte non fornisce risposta a questioni di natura ipotetica o consultive. |
48 |
Occorre ricordare, a tale proposito, che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento delineato dall’articolo 267 TFUE è uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (sentenza dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a., C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). |
49 |
Nel contesto di detta cooperazione, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a., C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). |
50 |
Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione proposte dal giudice nazionale nell’ambito del contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza dell’8 dicembre 2016, Eurosaneamientos e a., C‑532/15 e C‑538/15, EU:C:2016:932, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). |
51 |
Nella specie, si deve rilevare che il giudice del rinvio ha chiarito in dettaglio la ragione per cui ha ritenuto che, per dirimere la controversia che era chiamato a decidere, è necessario analizzare le conseguenze che potrebbe avere l’eventuale recesso del Regno Unito dall’Unione nel contesto del regolamento Dublino III. |
52 |
In tale contesto, l’interpretazione chiesta dal giudice del rinvio non risulta inconferente ai fini della decisione della controversia di cui è adito. Conseguentemente, occorre rispondere alle questioni poste dalla High Court (Alta Corte). |
Nel merito
Sulla prima questione
53 |
Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che la circostanza che uno Stato membro, individuato come «competente» ai sensi di detto regolamento, abbia notificato il proprio intento di recedere dall’Unione a norma dell’articolo 50 TUE obblighi lo Stato membro che procede a tale determinazione ad esaminare direttamente, in applicazione della clausola discrezionale di cui a detto articolo 17, paragrafo 1, la domanda di protezione in parola. |
54 |
A tal riguardo, occorre ricordare che la notifica da parte di uno Stato membro del proprio intento di recedere dall’Unione a norma dell’articolo 50 TUE non ha l’effetto di sospendere l’applicazione del diritto dell’Unione in detto Stato membro e che, pertanto, tale diritto continua ad essere pienamente vigente in tale Stato fino al suo effettivo recesso dall’Unione (sentenza del 19 settembre 2018, RO, C‑327/18 PPU, EU:C:2018:733, punto 45). |
55 |
Come è stato rilevato al punto 10 di questa sentenza, il regolamento Dublino III ha sostituito il regolamento n. 343/2003. Quanto alla clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, di questo primo regolamento, la Corte ha già avuto modo di precisare che, dal momento che i termini di questa disposizione coincidono essenzialmente con quelli della clausola di sovranità che si trovava nell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, l’interpretazione di quest’ultima disposizione è parimenti trasponibile all’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 53). |
56 |
Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una domanda di protezione internazionale è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III di tale regolamento. |
57 |
Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del summenzionato regolamento, in deroga a detto articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base a tali criteri. |
58 |
Risulta chiaramente dal disposto dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III che detta disposizione possiede natura facoltativa ove lascia alla discrezionalità di ogni Stato membro la decisione di procedere all’esame di una domanda di protezione internazionale che è presentata allo stesso, anche se tale esame non incombe ad esso in forza dei criteri di determinazione dello Stato membro competente definiti da detto regolamento. L’esercizio di tale facoltà, peraltro, non è soggetto a condizioni particolari (v., in tal senso, sentenza del 30 maggio 2013, Halaf, C‑528/11, EU:C:2013:342, punto 36). Detta facoltà è intesa a consentire a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, in base a considerazioni di tipo politico, umanitario o pragmatico, di accettare l’esame di una domanda di protezione internazionale, anche se esso non è competente in applicazione dei suddetti criteri (sentenza del 4 ottobre 2018, Fathi, C‑56/17, EU:C:2018:803, punto 53). |
59 |
In considerazione della portata del potere discrezionale in tal modo accordato agli Stati membri, spetta allo Stato membro interessato determinare le circostanze in cui intende far uso della facoltà conferita dalla clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e accettare di esaminare direttamente una domanda di protezione internazionale per la quale non è competente in forza dei criteri definiti da detto regolamento. |
60 |
Tale rilievo, d’altronde, è coerente, da una parte, con la giurisprudenza della Corte relativa alle disposizioni facoltative, secondo la quale esse riconoscono un ampio potere discrezionale agli Stati membri (sentenza del 10 dicembre 2013, Abdullahi, C‑394/12, EU:C:2013:813, punto 57 e giurisprudenza ivi citata) e, d’altra parte, con l’obiettivo di detto articolo 17, paragrafo 1, che consiste nel salvaguardare le prerogative degli Stati membri nell’esercizio del diritto di concedere una protezione internazionale (sentenza del 5 luglio 2018, X, C‑213/17, EU:C:2018:538, punto 61 e giurisprudenza ivi citata). |
61 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione affermando che l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che la circostanza che uno Stato membro, determinato come «competente» ai sensi di detto regolamento, abbia notificato il proprio intento di recedere dall’Unione a norma dell’articolo 50 TUE non obbliga lo Stato membro che procede a tale determinazione ad esaminare direttamente, in applicazione della clausola discrezionale di cui a detto articolo 17, paragrafo 1, la domanda di protezione in parola. |
Sulla seconda questione
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Risulta dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte che la seconda questione si fonda sulla premessa secondo cui, in Irlanda, è il commissario per i rifugiati che procede alla determinazione dello Stato membro competente ai sensi dei criteri definiti dal regolamento Dublino III, mentre l’’esercizio della clausola discrezionale, prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, di questo stesso regolamento, è garantito dal Ministro per la Giustizia e l’Eguaglianza. |
63 |
In tale contesto, occorre considerare che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il regolamento Dublino III va interpretato nel senso che impone che la determinazione dello Stato competente in applicazione dei criteri definiti da detto regolamento e l’esercizio della clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo siano assicurati dalla stessa autorità nazionale. |
64 |
Occorre ricordare, anzitutto, che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il potere discrezionale conferito agli Stati membri dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III fa parte integrante dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente quanto a una domanda di asilo previsti da questo regolamento. Pertanto, la decisione, adottata da uno Stato membro sul fondamento di tale disposizione, di esaminare o meno una domanda di protezione internazionale per la quale esso non è competente alla luce dei criteri previsti al capo III di detto regolamento, attua il diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 53 e giurisprudenza ivi citata). |
65 |
Occorre poi rilevare che il regolamento Dublino III non contiene, tuttavia, alcuna disposizione che precisi quale autorità sia abilitata a prendere una decisione in applicazione dei criteri definiti da questo regolamento relativi alla determinazione dello Stato membro competente o ai sensi della clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo. Né quest’ultimo precisa se uno Stato membro debba attribuire l’onere dell’applicazione di tali criteri e quello dell’applicazione di detta clausola discrezionale alla stessa autorità. |
66 |
Per contro, l’articolo 35, paragrafo 1, del regolamento Dublino III prevede che ogni Stato membro notifichi immediatamente alla Commissione «le specifiche autorità responsabili», in particolare, dell’esecuzione degli obblighi risultanti dal regolamento medesimo e ogni cambiamento in ordine a dette autorità. |
67 |
Dal tenore di questa disposizione discende, in primo luogo, che spetta allo Stato membro determinare quali autorità nazionali siano competenti quanto all’applicazione del regolamento Dublino III. In secondo luogo, l’espressione «le autorità responsabili» di cui all’articolo 35 implica che lo Stato membro sia libero di conferire l’onere dell’applicazione di criteri definiti da detto regolamento, relativi alla determinazione dello Stato membro competente e quello dell’applicazione della «clausola discrezionale» prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento a diverse autorità. |
68 |
Tale valutazione è parimenti supportata da altre disposizioni del regolamento Dublino III, quali l’articolo 4, paragrafo 1, l’articolo 20, paragrafi 2 e 4, o l’articolo 21, paragrafo 3, in cui sono state utilizzate le espressioni «le autorità competenti dello stesso», «le autorità», «[al]le autorità competenti dello Stato (…) interessato», «[al]le autorità competenti di uno Stato membro» o ancora «alle autorità dello Stato richiesto». |
69 |
Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla seconda questione affermando che il regolamento Dublino III va interpretato nel senso che non impone che la determinazione dello Stato competente in applicazione dei criteri definiti da detto regolamento e l’esercizio della clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo siano assicurati dalla stessa autorità nazionale. |
Sulla terza questione
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Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che impone a uno Stato membro che non è competente, ai sensi dei criteri enunciati da detto regolamento, quanto all’esame di una domanda di protezione internazionale, di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore e di esaminare direttamente questa domanda, in applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo. |
71 |
Dato che risulta già dai punti 58 e 59 della presente sentenza che l’esercizio della facoltà consentita agli Stati membri dalla clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non è assoggettata ad alcuna condizione particolare e che spetta, in linea di principio, a ogni Stato membro determinare le circostanze in presenza delle quali intende fare uso di detta facoltà e accettare di esaminare direttamente una domanda di protezione internazionale per la quale non è competente ai sensi dei criteri definiti da detto regolamento, si deve rilevare che nemmeno le considerazioni relative all’interesse superiore del minore possono obbligare uno Stato membro a far uso di detta facoltà e ad esaminare direttamente una domanda per la quale non è competente. |
72 |
Ne consegue che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che non impone a uno Stato membro che non è competente, ai sensi dei criteri enunciati da detto regolamento, quanto all’esame di una domanda di protezione internazionale, di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore e di esaminare direttamente questa domanda, in applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo. |
Sulla quarta questione
73 |
Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che impone di prevedere un ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo. |
74 |
Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, chi richiede protezione internazionale ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale. |
75 |
Pertanto, tale articolo non prevede espressamente un ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, di detto regolamento. |
76 |
Inoltre, l’obiettivo di celerità nel trattamento delle domande di protezione internazionale e, segnatamente, della determinazione dello Stato membro competente, sotteso alla procedura attuata dal regolamento Dublino III e ricordato al considerando 5 del regolamento medesimo, invita a non moltiplicare i mezzi di impugnazione. |
77 |
Certamente, il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, oggi sancito all’articolo 47 della Carta (sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 40 e giurisprudenza ivi citata) e a termini del quale ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto ad un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste dallo stesso articolo. |
78 |
Tuttavia, il fatto che uno Stato membro rifiuti di far uso della clausola discrezionale prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III si risolve necessariamente, per questo Stato membro, nell’adozione di una decisione di trasferimento. Il rifiuto dello Stato membro di far uso di questa clausola potrà, eventualmente, essere contestato in sede di ricorso avverso una decisione di trasferimento. |
79 |
Conseguentemente, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che non impone di prevedere un ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo, fermo restando che detta decisione potrà essere contestata in sede di ricorso avverso la decisione di trasferimento. |
80 |
Peraltro, e per fornire una risposta utile al giudice del rinvio, ove le questioni poste sono, nella specie, connesse alla notifica dello Stato membro individuato come competente ai sensi dei criteri definiti dal regolamento Dublino III, del suo intento di ritirarsi dall’Unione ai sensi dell’articolo 50 TUE, occorre indicare che tale notifica, come risulta dal punto 54 della presente sentenza, non produce l’effetto di sospendere l’applicazione del diritto dell’Unione in questo Stato membro e che, conseguentemente, detto diritto, di cui fanno parte il sistema europeo comune di asilo, nonché la fiducia reciproca e la presunzione di rispetto, da parte degli Stati membri, dei diritti fondamentali, continua ad essere pienamente vigente in tale Stato membro fino al suo effettivo recesso dall’Unione. |
81 |
Occorre parimenti aggiungere che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il trasferimento di un richiedente asilo verso tale Stato membro non deve essere operato se sussistono serie ragioni di ritenere che tale notifica comporterebbe un rischio reale per il richiedente di subire in detto Stato membro trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 65). |
82 |
In tale contesto, si deve sottolineare che una siffatta notifica non può essere considerata, di per sé, tale da esporre l’interessato a tale rischio. |
83 |
A tal riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che il sistema europeo comune di asilo è stato concepito in un contesto che permette di supporre che l’insieme degli Stati partecipanti, siano essi Stati membri o paesi terzi, rispetti i diritti fondamentali, compresi i diritti che trovano fondamento nella Convenzione di Ginevra e nel Protocollo del 1967, vale a dire il principio di non respingimento, nonché nella CEDU e, pertanto, che questi Stati possono fidarsi reciprocamente per quanto riguarda il rispetto di detti diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a., C‑411/10 e C‑493/10, EU:C:2011:865, punto 78), ove l’insieme di detti Stati membri, peraltro, come indicato ai punti da 3 a 5 della presente sentenza, fa parte di detta Convenzione di Ginevra, del Protocollo del 1967 e della CEDU. |
84 |
In secondo luogo, per quanto riguarda i diritti fondamentali riconosciuti a un richiedente protezione internazionale, oltre ad aver codificato, all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, la giurisprudenza della Corte relativa all’esistenza di carenze sistemiche della procedura di asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti nello Stato individuato come competente, ai sensi di detto regolamento, gli Stati membri, come si evince dai considerando 32 e 39 di detto regolamento, sono parimenti vincolati, nella sua applicazione, dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nonché dall’articolo 4 della Carta (sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 63). Dal momento che detto articolo 4 corrisponde all’articolo 3 della CEDU, il divieto di trattamenti inumani o degradanti previsto da tale prima disposizione possiede, conformemente all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, lo stesso senso e la stessa portata che ad esso conferisce detta convenzione (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C‑578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 67). |
85 |
In terzo luogo, come esposto al punto 83 della presente sentenza, dal momento che gli Stati membri fanno parte della Convenzione di Ginevra, del Protocollo del 1967 e della CEDU, due accordi internazionali su cui si fonda tale sistema europeo comune di asilo, il mantenimento, da parte di uno Stato membro, della sua partecipazione in tali convenzioni e in tale protocollo non è collegato alla sua appartenenza all’Unione. Ne consegue che la decisione di uno Stato membro di recedere dall’Unione non incide sui suoi obblighi di rispettare la Convenzione di Ginevra e il Protocollo del 1967, incluso il principio di non respingimento, nonché l’articolo 3 della CEDU. |
86 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni occorre rispondere alla quarta questione affermando che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III va interpretato nel senso che non impone di prevedere un ricorso avverso la decisione di non far uso della facoltà prevista dall’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo, fatta salva la possibilità che detta decisione sia contestata in sede di ricorso avverso la decisione di trasferimento. |
Sulla quinta questione
87 |
Con la sua quinta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che, in assenza di prova contraria, detta disposizione stabilisce una presunzione secondo la quale è nell’interesse superiore del minore considerare la sua situazione come indissociabile da quella dei suoi genitori. |
88 |
Si deve rilevare che risulta chiaramente dal disposto dell’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento Dublino III che ciò si verifica nella specie. Ne consegue che unicamente nel caso in cui sia comprovato che detto esame effettuato congiuntamente con quello dei genitori non sia nell’interesse superiore del minore, occorrerà trattare la situazione di quest’ultimo separatamente da quella dei genitori. |
89 |
Tale affermazione è conforme ai considerando da 14 a 16, nonché, inter alia, all’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), e paragrafo 4, all’articolo 8, paragrafo 1, nonché all’articolo 11 del regolamento Dublino III. Da tali disposizioni discende che il rispetto della vita familiare e, più in particolare, la preservazione dell’unità del gruppo familiare è, in linea di principio, nell’interesse superiore del minore. |
90 |
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, occorre rispondere alla quinta questione affermando che l’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che, in assenza di prova contraria, detta disposizione stabilisce una presunzione secondo la quale è nell’interesse superiore del minore considerare la sua situazione come indissociabile da quella dei suoi genitori. |
Sulle spese
91 |
Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. |
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: |
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Firme |
( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.