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Documento 62015CC0579

Conclusioni dell’avvocato generale Y. Bot, presentate il 15 febbraio 2017.
Daniel Adam Popławski.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Amsterdam.
Rinvio pregiudiziale – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri – Motivi di non esecuzione facoltativa – Articolo 4, punto 6 – Impegno dello Stato membro di esecuzione di eseguire la pena conformemente al suo diritto interno – Attuazione – Obbligo di interpretazione conforme.
Causa C-579/15.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2017:116

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 15 febbraio 2017 ( 1 )

Causa C‑579/15

Openbaar Ministerie

contro

Daniel Adam Popławski

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale — Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale — Decisione quadro 2002/584/GAI — Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri — Articolo 4, punto 6 — Motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo — Attuazione — Interpretazione conforme — Applicazione del principio del primato»

1. 

La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi), è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione nei Paesi Bassi di un mandato d’arresto europeo emesso il 7 ottobre 2013 dal Sąd Rejonowy w Poznaniu (tribunale regionale di Poznań, Polonia) nei confronti del sig. Daniel Adam Popławski, cittadino polacco residente nei Paesi Bassi, ai fini dell’esecuzione di una pena di un anno di reclusione.

2. 

Tale domanda offre alla Corte l’opportunità di fornire precisazioni utili sulle condizioni alle quali uno Stato membro può attuare nel proprio diritto nazionale il motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri ( 2 ), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 ( 3 ).

3. 

Detta domanda presenta inoltre l’interesse fondamentale di consentire alla Corte di esaminare nuovamente la natura e il regime giuridico delle decisioni quadro adottate sulla base dell’ex terzo pilastro dell’Unione europea. Ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE, nella versione risultante dal Trattato di Amsterdam, tali atti, al pari delle direttive, sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Per contro, essi non hanno efficacia diretta. Sebbene dalla giurisprudenza della Corte risulti che il carattere vincolante delle decisioni quadro comporta un obbligo di interpretazione conforme, il giudice del rinvio dubita, nel caso di specie, della possibilità di interpretare il proprio diritto nazionale in conformità al diritto dell’Unione. Al fine di fornire chiarimenti a tale giudice in caso di mancata conformità della normativa nazionale alla decisione quadro 2002/584 e di impossibilità di applicare il principio d’interpretazione conforme, occorrerà approfondire l’interpretazione delle disposizioni che disciplinano lo status giuridico delle decisioni quadro, chiarendo se sia consentito alle autorità giudiziarie nazionali disapplicare le disposizioni nazionali non conformi.

4. 

Nelle presenti conclusioni, affermerò, in primo luogo, che l’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro attui il motivo di non esecuzione previsto da detto articolo in modo tale che:

l’autorità giudiziaria abbia l’obbligo di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro di esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, senza poter valutare, in funzione della situazione concreta della persona, se l’esecuzione della pena in tale Stato sia idonea a favorirne il reinserimento sociale;

il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo abbia soltanto l’effetto che detto Stato membro si dichiari disposto a farsi carico dell’esecuzione della pena, senza che tale dichiarazione equivalga ad un impegno di esecuzione;

l’autorità giudiziaria rifiuti l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro di esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, mentre, da una parte, la decisione di farsi carico dell’esecuzione della pena, adottata dopo la decisione di rifiuto dell’esecuzione, è subordinata a condizioni relative all’esistenza e al rispetto di una convenzione tra lo Stato membro emittente e lo Stato membro di esecuzione nonché alla collaborazione dello Stato membro emittente e, dall’altra, il rifiuto di esecuzione del mandato non è rimesso in discussione in caso di impossibilità di farsi carico dell’esecuzione della pena a causa dell’assenza delle condizioni richieste.

5. 

Sosterrò, in secondo luogo, che le disposizioni dell’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro sono prive di efficacia diretta, che spetta al giudice nazionale interpretare le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura del possibile, conformemente al diritto dell’Unione e che, qualora una tale interpretazione risulti impossibile, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare tali disposizioni per incompatibilità con l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro.

I – Contesto normativo

A – Il diritto dell’Unione

1. Decisione quadro 2002/584

6.

I considerando 1, da 5 a 7 e 10 di tale decisione quadro sono formulati come segue:

«(1)

In base alle conclusioni del Consiglio di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ed in particolare il punto 35, è opportuno abolire tra gli Stati membri la procedura formale di estradizione per quanto riguarda le persone che si sottraggono alla giustizia dopo essere state condannate definitivamente ed accelerare le procedure di estradizione per quanto riguarda le persone sospettate di aver commesso un reato.

(…)

(5)

L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. Inoltre l’introduzione di un nuovo sistema semplificato di consegna delle persone condannate o sospettate, al fine dell’esecuzione delle sentenze di condanna in materia penale o per sottoporle all’azione penale, consente di eliminare la complessità e i potenziali ritardi inerenti alla disciplina attuale in materia di estradizione. Le classiche relazioni di cooperazione finora esistenti tra Stati membri dovrebbero essere sostituite da un sistema di libera circolazione delle decisioni giudiziarie in materia penale, sia intervenute in una fase anteriore alla sentenza, sia definitive, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

(6)

Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.

(7)

Poiché l’obiettivo di sostituire il sistema multilaterale di estradizione creato sulla base della convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957 non può essere sufficientemente realizzato unilateralmente dagli Stati membri e può dunque, a causa della dimensione e dell’effetto, essere realizzato meglio a livello dell’Unione, il Consiglio può adottare misure, nel rispetto del principio di sussidiarietà menzionato all’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea e all’articolo 5 del Trattato che istituisce l[a] Comunità europe[a]. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(…)

(10)

Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. (…)».

7.

L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, di detta decisione quadro definisce il mandato d’arresto europeo e l’obbligo di darne esecuzione nei termini seguenti:

«1.   Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.   Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro».

8.

Gli articoli 3 e 4 della decisione quadro 2002/584 sono dedicati, rispettivamente, ai motivi di non esecuzione obbligatoria e ai motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo.

9.

L’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro così recita:

«L’autorità giudiziaria d’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(…)

6)

se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno».

2. Decisione quadro 2008/909/GAI

10.

L’articolo 28 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea ( 4 ), dispone quanto segue:

«1.   Le richieste pervenute anteriormente al 5 dicembre 2011 restano disciplinate in conformità degli strumenti giuridici vigenti sul trasferimento delle persone condannate. Le richieste pervenute dopo tale data sono disciplinate dalle norme adottate dagli Stati membri conformemente alla presente decisione quadro.

2.   Tuttavia, al momento dell’adozione della presente decisione quadro, ogni Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui, nei casi in cui la sentenza definitiva è stata emessa anteriormente alla data da esso indicata, continuerà, in qualità di Stato di emissione e di esecuzione, ad applicare gli strumenti giuridici vigenti sul trasferimento delle persone condannate applicabili prima del 5 dicembre 2011. Se tale dichiarazione è fatta, detti strumenti si applicano in tali casi in relazione a tutti gli altri Stati membri a prescindere dal fatto che abbiano fatto o meno la stessa dichiarazione. La data in questione non può essere successiva al 5 dicembre 2011. La dichiarazione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Può essere ritirata in qualsiasi momento».

B – Diritto olandese

11.

L’Overleveringswet (legge sulla consegna), del 29 aprile 2004 ( 5 ), traspone la decisione quadro 2002/584 nel diritto olandese.

12.

Nella sua versione anteriore al Wet wederzijdse erkenning en tenuitvoerlegging vrijheidsbenemende en voorwaardelijke sancties (legge sul riconoscimento e sull’esecuzione reciproci di condanne a pene privative della libertà accompagnate o meno da sospensione), del 12 luglio 2012 ( 6 ), che ha trasposto la decisione quadro 2008/909, l’articolo 6 dell’OLW disponeva quanto segue:

«1.   La consegna di un cittadino olandese può essere autorizzata qualora sia richiesta ai fini di un’inchiesta penale diretta contro di lui e a condizione che, a parere dell’autorità giudiziaria di esecuzione, vi sia la garanzia che, in caso di condanna a una pena privativa della libertà, senza beneficio di sospensione condizionale, nello Stato membro di emissione per i fatti per i quali può essere autorizzata la consegna, egli possa scontare tale pena nei Paesi Bassi.

2.   La consegna di un cittadino olandese non è consentita qualora sia richiesta ai fini dell’esecuzione di una pena privativa della libertà inflitta a quest’ultimo con sentenza irrevocabile.

3.   In caso di rifiuto della consegna basato esclusivamente sulle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 2 (…), il pubblico ministero informa l’autorità giudiziaria emittente di essere disposto a farsi carico dell’esecuzione della sentenza, secondo la procedura prevista all’articolo 11 della Convenzione sul trasferimento dei condannati o sulla base di una diversa convenzione applicabile.

4.   Il pubblico ministero informa immediatamente il nostro ministro di (…) qualsiasi rifiuto di consegna comunicato con la dichiarazione, di cui al paragrafo 3, secondo la quale i Paesi Bassi sono disposti a riprendere l’esecuzione della sentenza straniera.

5.   I paragrafi da 1 a 4 si applicano parimenti ad uno straniero titolare di un permesso di soggiorno di durata illimitata, sempre che questi possa essere perseguito nei Paesi Bassi per i fatti all’origine del mandato d’arresto europeo e sempre che si possa presumere che questi non perda il proprio diritto di soggiorno nei Paesi Bassi in conseguenza di una pena o di una misura inflittagli dopo la consegna».

13.

A seguito dell’entrata in vigore della legge sul riconoscimento e sull’esecuzione reciproci di condanne a pene privative della libertà accompagnate o meno da sospensione, l’articolo 6, paragrafo 3, è formulato come segue:

«3.   In caso di rifiuto di consegna basato esclusivamente sulle disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 2 (…), il pubblico ministero informa l’autorità giudiziaria emittente di essere disposto a farsi carico dell’esecuzione della sentenza».

II – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14.

Con sentenza del 5 febbraio 2007, divenuta definitiva il 13 luglio 2007, il Sąd Rejonowy w Poznaniu (tribunale regionale di Poznań) ha inflitto al sig. Popławski, cittadino polacco, una pena detentiva di un anno con sospensione condizionale. Con decisione del 15 aprile 2010, il medesimo tribunale ha disposto l’esecuzione della pena.

15.

Il 7 ottobre 2013, detto tribunale ha emesso un mandato d’arresto europeo nei confronti del sig. Popławski ai fini dell’esecuzione di tale pena.

16.

Nell’ambito del procedimento principale relativo all’esecuzione di tale mandato d’arresto europeo, il Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam) ritiene che non sussista altro motivo di non esecuzione del mandato all’infuori di quello previsto dall’articolo 6, paragrafi 2 e 5, dell’OLW, a beneficio delle persone residenti nei Paesi Bassi, tra cui si annovera il sig. Popławski, il quale ha fornito la prova di aver soggiornato legalmente nei Paesi Bassi per almeno 5 anni ininterrotti.

17.

Il giudice del rinvio osserva che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, dell’OLW, i Paesi Bassi, quando rifiutano l’esecuzione del mandato d’arresto europeo, si dichiarano «dispost[i]» a farsi carico dell’esecuzione della pena sulla base di una convenzione tra tale Stato e lo Stato membro emittente. Esso precisa che una tale presa a carico dipende, nel procedimento principale, da una domanda formulata in tal senso dalla Polonia e che la legislazione polacca osta ad una siffatta domanda nel caso in cui l’interessato sia un cittadino polacco.

18.

Il giudice del rinvio ritiene, in tali circostanze, che un rifiuto di consegna possa portare all’impunità del ricercato poiché, dopo la pronuncia della sentenza che rifiuta la consegna, la presa a carico dell’esecuzione della pena potrebbe rivelarsi impossibile, il che non avrebbe incidenza sulla sentenza che rifiuta la consegna, la quale non può essere oggetto di ricorso ordinario.

19.

Nutrendo pertanto dubbi circa la conformità dell’articolo 6, paragrafi da 2 a 4, dell’OLW all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, che consente di rifiutare la consegna soltanto se lo Stato membro di esecuzione «si impegni» ad eseguire la pena conformemente al suo diritto interno, il Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.   Se uno Stato membro possa trasporre nel suo diritto nazionale l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel senso che:

la sua autorità giudiziaria di esecuzione è senz’altro tenuta a rifiutare la consegna a fini di esecuzione di un cittadino o di un residente dello Stato membro di esecuzione,

da siffatto rifiuto deriva di diritto la disponibilità ad assumere l’esecuzione della pena privativa della libertà irrogata a tale cittadino o residente,

ma la decisione sull’assunzione dell’esecuzione viene adottata solo dopo il rifiuto della consegna ai fini di esecuzione e una decisione positiva dipende da 1) una base giuridica posta in una convenzione vigente tra lo Stato membro emittente e lo Stato membro di esecuzione, 2) le condizioni imposte da siffatta convenzione, e 3) la collaborazione dello Stato membro emittente, come la presentazione di un’apposita domanda,

cosicché esiste il rischio che, dopo il rifiuto della consegna a fini di esecuzione, lo Stato membro di esecuzione non possa assumere l’esecuzione, mentre tale rischio non incide sull’obbligo di rifiutare la consegna a fini di esecuzione.

2.   Qualora la risposta alla prima questione sia negativa:

a)

se il giudice nazionale possa applicare direttamente le disposizioni della decisione quadro 2002/584 anche se, ai sensi dell’articolo 9 del Protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie[, allegato ai Trattati,] dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, gli effetti giuridici di tale decisione sono mantenuti fintanto che essa non sia stata abrogata, annullata o modificata;

b)

in caso affermativo, se l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro sia sufficientemente preciso e categorico per essere applicato dal giudice nazionale.

3.   Qualora la risposta alle questioni 1 e 2 b) sia negativa: se uno Stato membro, il cui diritto nazionale esige una base giuridica in un’apposita convenzione per l’assunzione dell’esecuzione di una pena detentiva irrogata all’estero, possa trasporre nel suo diritto nazionale l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro nel senso che è proprio l’articolo in parola a fornire la base giuridica convenzionale prescritta, al fine di evitare il rischio di impunità connesso al requisito nazionale di una base giuridica convenzionale.

4.   Qualora la risposta alle questioni 1 e 2 b) sia negativa: se uno Stato membro possa trasporre nel suo diritto nazionale l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro nel senso che esso assoggetta il rifiuto della consegna ai fini di esecuzione di un residente dello Stato membro di esecuzione, che sia cittadino dell’altro Stato membro, alla condizione che allo Stato membro di esecuzione spetti la giurisdizione per i fatti menzionati nel mandato d’arresto europeo e che non esistano ostacoli concreti ad un’(eventuale) azione penale nello Stato membro di esecuzione di tale residente per i fatti in parola (come il rifiuto della Stato membro emittente di trasmettere il fascicolo penale allo Stato membro di esecuzione), mentre esso non assoggetta ad una condizione analoga il rifiuto della consegna a fini di esecuzione di un cittadino dello Stato membro di esecuzione».

III – Analisi

A – Sulla prima questione pregiudiziale

20.

La prima questione pregiudiziale si suddivide in tre parti, che conviene esaminare separatamente.

1. Sulla prima parte della prima questione pregiudiziale

21.

Con la prima parte della prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro possa attuare il motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 in modo tale che l’autorità giudiziaria sia obbligata a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro di esecuzione, ne è cittadino o vi risiede.

22.

Al fine di rispondere a tale questione, va ricordato, in via preliminare, che il principio del riconoscimento reciproco, che costituisce il «fondamento» della cooperazione giudiziaria ( 7 ) e informa l’economia di tale decisione quadro ( 8 ), implica, a norma dell’articolo 1, paragrafo 2, di quest’ultima, che gli Stati membri siano tenuti, in linea di principio, a dar corso ad un mandato d’arresto europeo.

23.

Tuttavia, tale riconoscimento non implica un «obbligo assoluto» di esecuzione del mandato d’arresto emesso, poiché il sistema di detta decisione quadro, quale risulta segnatamente dall’articolo 4 della medesima, «lascia agli Stati membri la facoltà di consentire, in situazioni specifiche, alle autorità giudiziarie competenti di decidere che una pena inflitta debba essere eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione» ( 9 ).

24.

L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 prevede, in particolare, un motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo in virtù del quale «l’autorità giudiziaria» dell’esecuzione «può» rifiutare di eseguire un tale mandato, emesso ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva, qualora il ricercato dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegna a eseguire esso stesso tale pena conformemente al suo diritto interno.

25.

Sebbene la Corte abbia già avuto l’opportunità di precisare la portata di tale disposizione, segnatamente delimitandone l’ambito di applicazione ratione personae ( 10 ) e inquadrando le condizioni alle quali può essere subordinato il rifiuto di esecuzione del mandato ( 11 ), essa non ha avuto invece l’occasione di pronunciarsi direttamente sulla questione se il carattere facoltativo del motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro significhi che l’autorità giudiziaria di esecuzione deve o meno disporre di un margine di discrezionalità quando decide sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo.

26.

La questione che si pone è quella di determinare come debba essere inteso il carattere «facoltativo» del mandato d’arresto europeo. Ci si chiede se tale facoltà sia destinata agli Stati membri, i quali, all’atto di trasporre la decisione quadro 2002/584 nel loro diritto interno, possano decidere o meno di adottare i motivi di non esecuzione facoltativa, oppure se essa sia attribuita all’autorità giudiziaria d’esecuzione, che disporrebbe di un potere discrezionale per decidere o meno di adottare tali motivi in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso.

27.

Nelle mie conclusioni presentate il 24 marzo 2009 nella causa Wolzenburg ( 12 ), avevo sostenuto che l’attuazione nel diritto interno del motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro non è lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, ma presenta un carattere obbligatorio. A mio avviso, l’autorità giudiziaria d’esecuzione doveva poter disporre, nel diritto interno, della possibilità di opporsi alla consegna quando fossero soddisfatte le condizioni enunciate in tale disposizione. La Corte sembra aver deciso diversamente dichiarando in particolare, nella sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge ( 13 ), che «se ( 14 ) uno Stato membro attua l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel suo ordinamento interno, deve tenere conto del fatto che l’ambito di applicazione di tale disposizione è circoscritto» ratione personae.

28.

La facoltà di cui dispongono, secondo la Corte, gli Stati membri per trasporre o meno nel loro ordinamento interno i motivi di non esecuzione facoltativa non significa tuttavia che, quando essi optino per la trasposizione dell’articolo 4 di tale decisione quadro, essi possano interpretare l’espressione «può rifiutare» nel senso di stabilire un obbligo per le loro autorità giudiziarie di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di una persona rientrante nell’ambito di applicazione personale di detta disposizione. Sebbene, nell’attuazione di tale disposizione, gli Stati membri «dispong[a]no di un potere discrezionale certo» ( 15 ), resta il fatto che, secondo giurisprudenza costante, dall’obbligo di garantire tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di tale diritto, la quale non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del suo senso e della sua portata, devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme ( 16 ).

29.

L’articolo 4 della decisione quadro 2002/584 non contiene alcun richiamo al diritto degli Stati membri e richiede, di conseguenza, un’interpretazione autonoma e uniforme che dev’essere ricercata tenendo conto al contempo dei termini di tale disposizione, del contesto in cui si inserisce e della finalità perseguita da tale decisione quadro ( 17 ).

30.

In primo luogo, per quanto riguarda il titolo di detta disposizione, va rilevato che l’aggettivo «facoltativa» si riferisce alla «non esecuzione» e non ai «motivi», e ne consegue che è in effetti il rifiuto di eseguire il mandato ad essere facoltativo, in contrapposizione ai rifiuti obbligatori previsti dall’articolo 3 di detta decisione quadro. Va constatato, inoltre, che dall’articolo 4, primo comma, della decisione quadro 2002/584 risulta che la facoltà di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo è attribuita direttamente alle autorità giudiziarie d’esecuzione nazionali, le quali devono pertanto godere di un potere discrezionale.

31.

In secondo luogo, tale interpretazione dei termini dell’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro è confermata dal contesto nel quale si inserisce tale disposizione. Detta decisione quadro, infatti, mira all’istituzione di un sistema di consegna obbligatoria tra le autorità giudiziarie degli Stati membri, cui l’autorità giudiziaria d’esecuzione può opporsi unicamente in forza di un motivo di non esecuzione espressamente previsto dalla decisione quadro 2002/584. In tale contesto, la consegna costituisce il principio, mentre il rifiuto della consegna è concepito come un’eccezione che dev’essere oggetto di interpretazione restrittiva. Orbene, una disposizione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che impone all’autorità giudiziaria d’esecuzione di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo che riguarda un cittadino dello Stato membro di esecuzione oppure una persona che vi risieda priva, a causa del suo carattere automatico, tale autorità della possibilità di tenere conto delle circostanze specifiche di ciascun caso, che potrebbero portarla a ritenere che le condizioni del rifiuto della consegna non siano soddisfatte. Trasformando una semplice facoltà in un vero e proprio obbligo, una disposizione di tale natura trasforma anche l’eccezione costituita dal rifiuto di consegna in regola di principio.

32.

In terzo luogo, il fatto di imporre all’autorità giudiziaria d’esecuzione l’obbligo di rifiutare la consegna delle persone di cui all’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro contrasterebbe con l’obiettivo perseguito da quest’ultima.

33.

Come la Corte ha già dichiarato, il motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione mira segnatamente a consentire all’autorità giudiziaria d’esecuzione di accordare una particolare importanza alla possibilità di accrescere le opportunità di reinserimento sociale del ricercato una volta scontata la pena cui egli è stato condannato ( 18 ).

34.

L’importanza attribuita dal legislatore dell’Unione all’obiettivo del reinserimento sociale è esplicitamente confermata da altri atti del diritto dell’Unione e, in particolare, dalla decisione quadro 2008/909, il cui articolo 3, paragrafo 1, precisa che essa ha lo scopo di «favorire il reinserimento sociale della persona condannata».

35.

A mio avviso, la presa in considerazione di tale obiettivo implica che all’autorità giudiziaria d’esecuzione sia riconosciuto un potere discrezionale, affinché essa possa determinare le effettive opportunità di reinserimento sociale del ricercato in funzione della situazione particolare e concreta di quest’ultimo.

36.

Ciò vale quando il ricercato sia un cittadino dello Stato membro di esecuzione poiché, sebbene tale qualità dimostri l’esistenza di un collegamento molto forte con tale Stato, essa non può tuttavia costituire una presunzione assoluta secondo cui l’esecuzione della pena in detto Stato sia necessariamente più adatta a favorire la risocializzazione dell’interessato. Nella mia presa di posizione presentata il 28 aprile 2008 nella causa Kozłowski ( 19 ), avevo quindi affermato in tal senso che l’obiettivo della risocializzazione, perseguito dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, non può giustificare che uno Stato membro privi le sue autorità giudiziarie di qualsiasi potere discrezionale e che, qualora il mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena riguardi un cittadino dello Stato membro di esecuzione il quale si oppone alla propria consegna, l’autorità giudiziaria di tale Stato deve poter verificare, alla luce della situazione concreta di tale persona, se l’esecuzione della pena sul territorio di detto Stato sia effettivamente necessaria per favorirne la risocializzazione ( 20 ).

37.

Occorre ammettere analogamente, se non a fortiori, che l’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro deve essere interpretato nel senso che esso attribuisce all’autorità giudiziaria d’esecuzione una facoltà di scelta per rifiutare o meno la consegna quando il mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena riguardi una persona che, senza essere cittadino dello Stato membro di esecuzione, vi dimora o vi risiede. Infatti, da una parte, la qualità di residente nello Stato membro di esecuzione, non più di quella di cittadino di tale Stato, non può costituire una presunzione assoluta di una maggiore opportunità di risocializzazione nel medesimo Stato membro. Dall’altra, determinare se il ricercato dimori sul territorio dello Stato membro di esecuzione implica procedere ad una valutazione dell’esistenza e dell’intensità dei collegamenti che il ricercato presenta con tale Stato. A questo proposito, va rilevato che la Corte ha dichiarato che, quando uno Stato membro ha attuato l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 senza tuttavia stabilire condizioni particolari relative all’applicazione di tale disposizione, spetta all’autorità giudiziaria d’esecuzione, al fine di determinare se, in un caso concreto, tra un ricercato e lo Stato membro dell’esecuzione sussistano collegamenti che consentano di constatare che quest’ultimo risiede o dimora in detto Stato ai sensi dell’articolo 4, punto 6, di tale decisione quadro, effettuare una valutazione globale di diversi elementi oggettivi che caratterizzano la situazione di tale persona, tra i quali figurano, in particolare, la durata, la natura e le condizioni di soggiorno del ricercato nonché i legami familiari ed economici che quest’ultimo intrattiene.

38.

La valutazione in tal modo effettuata al fine di determinare se il ricercato rientri nell’ambito di applicazione ratione personae dell’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro si sovrappone a quella a cui occorre procedere per verificare se l’esecuzione della pena in detto Stato sia in grado di favorire il reinserimento sociale di tale persona.

39.

Da tali considerazioni, si deduce che l’autorità giudiziaria d’esecuzione deve disporre di un potere discrezionale che le consenta di avvalersi o meno della facoltà attribuitale di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo alla luce dell’obiettivo del reinserimento sociale.

40.

Di conseguenza, propongo di rispondere alla prima parte della prima questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro attui il motivo di non esecuzione previsto da detto articolo in modo tale che l’autorità giudiziaria sia obbligata a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro dell’esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, senza poter valutare, in funzione della situazione concreta della persona, se l’esecuzione della pena in tale Stato sia in grado di favorire il suo reinserimento sociale.

2. Sulla seconda parte della prima questione pregiudiziale

41.

Con la seconda parte della prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro possa attuare il motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro in modo tale che il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo abbia unicamente l’effetto che tale Stato membro si dichiari disposto a farsi carico dell’esecuzione della pena, senza che tale dichiarazione equivalga ad un impegno di esecuzione.

42.

Dalle indicazioni addotte dal giudice del rinvio nonché dalle precisazioni fornite all’udienza dall’Openbaar Ministerie (pubblico ministero, Paesi Bassi), risulta che, nel sistema previsto dal diritto nazionale, l’autorità giudiziaria d’esecuzione è tenuta a rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo ancor prima che sia esaminata la questione se la pena possa essere effettivamente eseguita nei Paesi Bassi; l’autorità competente ad adottare la decisione finale in materia è il Minister van Veiligheid en Justitie (Ministro della Pubblica Sicurezza e della Giustizia). Pertanto, in tale sistema, l’esecuzione della pena nei Paesi Bassi non costituisce una condizione del rifiuto della consegna, il quale non è rimesso in discussione qualora risulti che la pena non potrà essere eseguita nei Paesi Bassi.

43.

L’esame di detta decisione quadro consente di affermare che un sistema come quello previsto dal diritto olandese non è compatibile con il sistema di consegna stabilito da tale atto.

44.

Occorre, in primo luogo, rilevare che tale articolo subordina la facoltà del giudice di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo alla duplice condizione, da una parte, che il ricercato sia cittadina dello Stato membro dell’esecuzione oppure vi dimori o vi risieda e, dall’altra, che tale Stato si impegni ad eseguire la pena o la misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno.

45.

Dalla stessa formulazione di tale disposizione risulta che il rifiuto di eseguire un mandato d’arresto europeo presuppone, quale contropartita, un vero e proprio impegno unilaterale dello Stato membro dell’esecuzione a riconoscere la sentenza e ad assicurare l’esecuzione della pena.

46.

Orbene, la dichiarazione con la quale il pubblico ministero si dichiara disposto a farsi carico dell’esecuzione della pena non soddisfa tale requisito, poiché presenta non già il carattere di una decisione, bensì quello di una semplice manifestazione di intenzione, che deve essere seguita da una vera e propria decisione emessa dal Minister van Veiligheid en Justitie (Ministro della Pubblica Sicurezza e della Giustizia). Pertanto, nella procedura prevista dall’articolo 6 dell’OLW, la presa a carico dell’esecuzione della pena non costituisce una condizione, certa e obbligatoria, del rifiuto della consegna, bensì una conseguenza, eventuale e facoltativa, di quest’ultimo.

47.

È necessario, in secondo luogo, ricordare che il motivo di non esecuzione facoltativa previsto da tale disposizione ha segnatamente lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona che subisce una pena detentiva, consentendole di scontare tale pena nello Stato membro in cui le sue opportunità di reinserimento sociale sono maggiori. Tale facoltà di rifiuto non autorizza lo Stato membro dell’esecuzione ad esonerare i suoi cittadini o le persone che dimorano o risiedono sul suo territorio dall’esecuzione della pena a cui essi sono stati condannati nello Stato membro emittente.

48.

Si deve, in terzo luogo, constatare che un sistema nel quale il rifiuto di esecuzione del mandato non sia subordinato all’impegno di eseguire la pena è in totale contraddizione con la logica del sistema di consegna previsto dalla decisione quadro 2002/584. Mentre tale sistema, che tende a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire al conseguimento dell’obiettivo assegnato all’Unione di divenire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, è fondato sul principio del riconoscimento reciproco, il quale implica, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale decisione quadro, che gli Stati membri siano tenuti, in linea di principio, a dare esecuzione ad un mandato d’arresto europeo, il sistema previsto dall’OLW, invece, porta a consentire allo Stato membro dell’esecuzione di non riconoscere la sentenza di condanna ad una pena detentiva pronunciata nello Stato membro emittente. La mancata esecuzione della pena pronunciata si avvicina a una riforma della medesima, di per sé contraria al principio del riconoscimento reciproco, basata, per di più, su una condizione di cittadinanza o residenza, finanche discriminatoria.

49.

Alla luce delle considerazioni che precedono, concludo che l’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro attui il motivo di non esecuzione previsto da detto articolo in modo tale che il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo abbia unicamente l’effetto che tale Stato membro si dichiari disposto a farsi carico dell’esecuzione della pena, senza che tale dichiarazione equivalga ad un impegno di esecuzione.

3. Sulla terza parte della prima questione pregiudiziale

50.

Con la terza parte della prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro possa attuare il motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 in modo tale che l’autorità giudiziaria rifiuti l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro dell’esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, mentre, da una parte, la decisione di farsi carico dell’esecuzione della pena, adottata dopo la decisione di rifiuto dell’esecuzione, è subordinata a condizioni relative all’esistenza e al rispetto di una convenzione tra lo Stato membro emittente e lo Stato membro dell’esecuzione nonché alla collaborazione dello Stato membro emittente e, dall’altra, il rifiuto di esecuzione del mandato non è rimesso in discussione in caso di impossibilità di farsi carico dell’esecuzione della pena a causa dell’assenza delle condizioni richieste.

51.

Come risulta dalla decisione di rinvio, il Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam) parte dalla premessa che la presa a carico dell’esecuzione della pena inflitta il 5 febbraio 2007 al sig. Popławski deve obbedire alle norme stabilite dall’articolo 6, paragrafo 3, dell’OLW, che rinviano all’esistenza di una base giuridica in una convenzione, anziché alle nuove disposizioni adottate nell’ambito della trasposizione della decisione quadro 2008/909.

52.

Tale premessa è indirettamente contestata dalla Commissione europea la quale, nelle sue osservazioni scritte e orali, ha fatto riferimento alla decisione quadro 2008/909, che essa ha quindi implicitamente considerato applicabile ratione temporis alla controversia principale.

53.

A questo proposito va ricordato che, sebbene l’articolo 28, paragrafo 1, della decisione quadro 2008/909 preveda che le richieste di riconoscimento e di esecuzione di condanne pervenute dopo il 5 dicembre 2011 siano disciplinate dalle norme adottate dagli Stati membri conformemente a tale decisione quadro, l’articolo 28, paragrafo 2, di detta decisione quadro autorizza tuttavia qualsiasi Stato membro a fare una dichiarazione avente l’effetto di ritardare l’applicazione di quest’ultima.

54.

La difficoltà deriva dal fatto che, conformemente al testo dell’articolo 28, paragrafo 2, della decisione quadro 2008/909, la dichiarazione deve essere fatta «al momento dell’adozione della (…) decisione quadro». Orbene, risulta che la dichiarazione del Regno dei Paesi Bassi è stata inviata al Consiglio il 24 marzo 2009 ed è stata poi diffusa quale documento del Consiglio il 30 aprile 2009, prima di essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 9 ottobre 2009, mentre la dichiarazione della Repubblica di Polonia è pervenuta al Consiglio il 23 febbraio 2011 ed è stata poi diffusa quale documento del Consiglio il 28 febbraio 2011, prima di essere pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 1o giugno 2011.

55.

Conformemente alla tesi che ho sostenuto nelle mie conclusioni presentate il 12 ottobre 2016 nella causa van Vemde ( 21 ), ritengo che la tardività delle dichiarazioni del Regno dei Paesi Bassi e della Repubblica di Polonia privi queste ultime dei loro effetti giuridici, cosicché il riconoscimento e l’esecuzione della condanna pronunciata nei confronti del sig. Popławski dovrebbero essere soggetti alle disposizioni adottate dai Paesi Bassi in esecuzione della decisione quadro 2008/909.

56.

A prescindere dal punto di vista da cui la Corte deciderà in definitiva di esaminare la questione, ritengo che la risposta debba essere la medesima, in quanto disposizioni come quelle adottate dal legislatore olandese sia prima che dopo la decisione quadro 2008/909 portano a vanificare l’impegno di eseguire la pena previsto dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584.

57.

Come ho già sottolineato ( 22 ), tale disposizione deve essere letta nel senso che il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo deve avere quale contropartita l’impegno dello Stato membro dell’esecuzione di procedere all’esecuzione della pena o della misura di sicurezza inflitte nello Stato membro di emissione del mandato. Come afferma giustamente la Commissione, l’attuazione del principio del riconoscimento reciproco e la necessità di eliminare qualsiasi rischio di impunità implicano che debba considerarsi che, se la presa a carico dell’esecuzione della pena da parte dello Stato membro dell’esecuzione non sia possibile, per una qualsiasi ragione, il mandato d’arresto europeo dev’essere eseguito.

58.

Ne consegue che qualsiasi rifiuto di consegna deve essere preceduto dalla verifica, da parte dell’autorità giudiziaria d’esecuzione, della possibilità di eseguire realmente la pena conformemente al suo diritto interno.

59.

Qualora tale diritto rinvii validamente alle convenzioni in materia di presa in carico dell’esecuzione delle pena applicabili anteriormente al regime istituito dalla decisione quadro 2008/909, imponendo così una collaborazione tra lo Stato membro emittente e lo Stato membro dell’esecuzione, l’autorità giudiziaria d’esecuzione può rifiutarsi di eseguire il mandato d’arresto europeo soltanto se i due Stati membri interessati si accordino sulla presa a carico dell’esecuzione della pena.

60.

Qualora il diritto interno trasponga il regime istituito dalla decisione quadro 2008/909, il rifiuto della consegna presuppone che siano soddisfatte tutte le condizioni previste da tale decisione quadro affinché la pena inflitta dallo Stato membro emittente possa essere eseguita dallo Stato membro di esecuzione del mandato d’arresto europeo. In altri termini, lo Stato membro di esecuzione del mandato d’arresto europeo può rifiutare la consegna soltanto nel caso in cui esso non intenda avvalersi di uno dei motivi di rifiuto di riconoscimento e di esecuzione previsti dall’articolo 9 della decisione quadro 2008/909.

61.

Va rilevato, in tal senso, che l’articolo 25 di tale decisione quadro, intitolato «Esecuzione delle pene a seguito di un mandato d’arresto europeo», prevede che, «[f]atta salva la decisione quadro 2002/584 (…), le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili ( 23 ) con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, paragrafo 6, della detta decisione quadro». Secondo il considerando 12 della decisione quadro 2008/909, «[c]iò significa tra l’altro che, fatta salva [la] decisione quadro [2002/584], lo Stato di esecuzione potrebbe verificare se esistano motivi di rifiuto di riconoscimento e di esecuzione ai sensi dell’articolo 9 della presente decisione quadro, doppia incriminabilità compresa ove lo Stato di esecuzione faccia una dichiarazione ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4 della presente decisione quadro, quale condizione per riconoscere ed eseguire la sentenza nella prospettiva di valutare se consegnare la persona o eseguire la sentenza nei casi menzionati all’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584».

62.

A mio avviso, l’articolo 25 della decisione quadro 2008/909, chiarito dal considerando 12 di quest’ultima, fa emergere chiaramente la volontà del legislatore dell’Unione di non ammettere che uno Stato membro possa rifiutare la consegna del ricercato invocando le condizioni di riconoscimento delle decisioni e di esecuzione delle pene risultanti dalla trasposizione di detta decisione quadro. Qualora sussista un motivo di rifiuto di riconoscimento o di esecuzione che impedisce allo Stato membro dell’esecuzione di impegnarsi ad eseguire la pena, tale Stato membro non ha dunque altra alternativa che quella di eseguire il mandato d’arresto europeo e, pertanto, di consegnare il ricercato.

63.

Dalle precedenti considerazioni si deduce che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro attui il motivo di non esecuzione previsto da detto articolo in modo tale che l’autorità giudiziaria rifiuti l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro dell’esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, mentre, da una parte, la decisione di farsi carico dell’esecuzione della pena, adottata dopo la decisione di rifiuto dell’esecuzione, è subordinata a condizioni relative all’esistenza e al rispetto di una convenzione tra lo Stato membro emittente e lo Stato membro dell’esecuzione nonché alla collaborazione dello Stato membro emittente e, dall’altra, il rifiuto di esecuzione del mandato non è rimesso in discussione in caso di impossibilità di farsi carico dell’esecuzione della pena a causa dell’assenza delle condizioni richieste.

B – Sulla seconda e terza questione pregiudiziale

64.

Con la seconda e la terza questione pregiudiziale, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 possano avere efficacia diretta e se, in caso negativo, le norme nazionali possano essere oggetto di un’interpretazione conforme a tali disposizioni nel senso che, quando uno Stato membro subordini la presa a carico dell’esecuzione della pena detentiva all’esistenza di una base giuridica in una convenzione internazionale, detto articolo costituisca esso stesso la base convenzionale richiesta dal diritto interno.

65.

Va rilevato che tale decisione quadro è priva di efficacia diretta in quanto è stata adottata sul fondamento dell’ex terzo pilastro dell’Unione, in particolare, ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE, nella versione risultante dal Trattato di Amsterdam, il quale prevede, da una parte, che le decisioni quadro sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi e, dall’altra, che le decisioni quadro non possono avere efficacia diretta.

66.

Va ricordato inoltre che, ai sensi dell’articolo 9 del protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie ( 24 ), allegato ai Trattati, gli effetti giuridici degli atti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione adottati in base al Trattato UE prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona sono mantenuti finché tali atti non saranno abrogati, annullati o modificati in applicazione dei Trattati.

67.

Orbene, detta decisione quadro non è stata oggetto di un’abrogazione, annullamento o modifica del genere successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona; a tale riguardo va precisato che, sebbene la direttiva 2012/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sul diritto all’informazione nei procedimenti penali ( 25 ), rafforzi in modo sostanziale il diritto all’informazione riconosciuto a qualsiasi persona indagata o imputata, l’articolo 5 di tale direttiva si limita a prevedere, per quanto riguarda le procedure relative al mandato d’arresto europeo, che a chiunque sia arrestato ai fini dell’esecuzione di un mandato d’arresto europeo debba essere fornita tempestivamente un’idonea comunicazione contenente informazioni sui suoi diritti «ai sensi del diritto che attua la decisione quadro (…) nello Stato membro di esecuzione». La direttiva 2012/13 non modifica quindi né formalmente né sostanzialmente la decisione quadro 2002/584, che continua a produrre i suoi effetti giuridici ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE nella versione risultante dal Trattato di Amsterdam.

68.

A seguito della sentenza del 16 giugno 2005, Pupino ( 26 ), è inoltre giurisprudenza consolidata che le decisioni quadro possono essere invocate per ottenere un’interpretazione conforme del diritto nazionale dinanzi ai giudici degli Stati membri. Infatti, l’obbligo d’interpretazione conforme non dipende dall’eventuale efficacia diretta della norma dell’Unione, ma deriva dal carattere vincolante di tale norma. Come ha dichiarato la Corte, «anche se le decisioni quadro, ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE, [nella versione risultante dal Trattato di Amsterdam,] non possono avere efficacia diretta, il loro carattere vincolante comporta tuttavia in capo alle autorità nazionali, in particolare ai giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale» ( 27 ).

69.

Nell’applicare il diritto interno, il giudice nazionale chiamato ad interpretare quest’ultimo è quindi tenuto a farlo, nella maggior misura possibile, alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro al fine di conseguire il risultato da essa perseguito. Tale obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale è «insito nel sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte» ( 28 ). Secondo la formula della Corte, detto obbligo esige che i giudici nazionali «si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze ( 29 ), prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della decisione quadro di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima» ( 30 ).

70.

Inoltre, nella sentenza del 19 aprile 2016, DI ( 31 ), la Corte ha precisato che l’obbligo di interpretazione conforme impone ai giudici nazionali di modificare o disapplicare una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto interno incompatibile con il diritto dell’Unione. L’interpretazione conforme produce così, in qualche modo, un effetto di esclusione dell’interpretazione giurisprudenziale che viola il diritto dell’Unione.

71.

Tuttavia, il principio di interpretazione conforme conosce taluni limiti tra cui, in particolare, quello secondo cui tale principio non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale ( 32 ).

72.

Nel procedimento principale, il giudice del rinvio non condivide l’opinione del pubblico ministero, secondo il quale un’interpretazione conforme sarebbe possibile e presupporrebbe soltanto di interpretare l’articolo 6, paragrafo 3, dell’OLW nel senso che il fatto di dichiararsi «disposto a farsi carico dell’esecuzione della sentenza» debba essere considerato un vero e proprio impegno vincolante. Esso ritiene, al contrario, che, poiché la legislazione nazionale prevede, per l’autorità giudiziaria d’esecuzione, l’obbligo di rifiutare la consegna senza subordinare tale rifiuto all’impegno di eseguire la pena, qualsiasi interpretazione secondo cui il rifiuto d’esecuzione sarebbe subordinato ad un siffatto impegno sia necessariamente un’interpretazione contra legem. A tale riguardo, esso sottolinea che la legislazione nazionale non consente all’autorità giudiziaria d’esecuzione di sottrarsi all’obbligo di rifiutare la consegna qualora appaia che i Paesi Bassi non potranno farsi carico dell’esecuzione della pena.

73.

Affinché il diritto nazionale possa essere oggetto di un’interpretazione conforme alle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione, occorrerebbe invero considerare, come suggerisce il pubblico ministero, che la dichiarazione di «[disposizione] a farsi carico dell’esecuzione della sentenza» non costituisca una semplice manifestazione d’intenti, bensì un vero e proprio impegno, assunto dopo la verifica del fatto che tale presa a carico sia effettivamente possibile, e che il Minister van Veiligheid en Justitie (Ministro della Pubblica Sicurezza e della Giustizia) si trovi successivamente in situazione di competenza vincolata ad accettare o rifiutare tale presa a carico, senza poterne valutare la fondatezza.

74.

Spetta, in definitiva, al giudice del rinvio valutare se sussista una reale impossibilità di procedere ad un’interpretazione conforme del diritto nazionale. A questo proposito, va rilevato che la domanda del giudice del rinvio vertente sulla possibilità di interpretare l’espressione «convenzione applicabile», che figura nell’articolo 6, paragrafo 3, dell’OLW, come riferentesi alla decisione quadro 2002/584 costituisce una questione d’interpretazione del diritto nazionale sulla quale spetta soltanto a tale giudice statuire. Non occorre, pertanto, affrontare tale questione nelle presenti conclusioni.

75.

Senza anticipare tale interpretazione, occorre sottolineare che, in ogni caso, un’interpretazione del diritto olandese conforme alla decisione quadro presuppone che si ammetta che i termini dell’articolo 6 dell’OLW possano essere letti nel senso che essi prevedono non già un obbligo, bensì una semplice facoltà, per l’autorità giudiziaria, di rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo e autorizzano l’esercizio di tale facoltà soltanto qualora la presa a carico nei Paesi Bassi dell’esecuzione della pena appaia realmente possibile.

76.

Tuttavia, poiché non è certo che il giudice del rinvio possa pervenire ad un’interpretazione del suo diritto nazionale che sia conforme al diritto dell’Unione, mi sembra necessario determinare, nell’ipotesi in cui una siffatta interpretazione conforme non fosse possibile, quali conseguenze concrete il giudice nazionale debba trarre dalla mancata conformità a detta decisione quadro delle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2 e 3, dell’OLW.

77.

In linea di principio, una volta che le disposizioni nazionali di cui trattasi non si prestano ad un’interpretazione conforme, il giudice nazionale è tenuto a disapplicarle, al fine di applicare integralmente il diritto dell’Unione.

78.

A questo proposito va constatato che, sebbene la Corte abbia già avuto modo di pronunciarsi sulla portata giuridica degli atti adottati nell’ambito del titolo VI del Trattato UE, dedicato alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, essa si è tuttavia limitata, nella sentenza del 16 giugno 2005, Pupino ( 33 ), ad estendere il principio di interpretazione conforme a tali atti, riconoscendo che una decisione quadro può essere paragonata, su tale piano, ad una direttiva.

79.

Per contro, la Corte non si è ancora pronunciata sulla questione se la mancata conformità di una norma nazionale ad una decisione quadro comporti, per il giudice nazionale, l’obbligo di disapplicare tale norma nazionale qualora essa non possa essere oggetto di un’interpretazione conforme.

80.

Come ho affermato nella mia presa di posizione del 28 aprile 2008 nella causa Kozłowski ( 34 ), i motivi per i quali, nella sentenza del 15 luglio 1964, Costa ( 35 ), la Corte ha dichiarato che gli Stati membri, dopo aver liberamente acconsentito a trasferire alla Comunità parte delle loro competenze, non possono opporre ad un atto comunitario vincolante un qualsiasi provvedimento del proprio ordinamento giuridico interno, sono applicabili ad una decisione quadro. A mio avviso, una decisione quadro, come qualunque atto di diritto dell’Unione vincolante, è idonea a prevalere su qualsiasi disposizione di diritto interno, anche di natura costituzionale o appartenente ad una legge fondamentale. Pertanto, il principio del primato del diritto dell’Unione impone al giudice nazionale di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione «disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione nazionale contraria» ( 36 ).

81.

Diverse considerazioni depongono a favore del riconoscimento del principio del primato per le decisioni quadro adottate nell’ambito del terzo pilastro ( 37 ).

82.

La prima considerazione è di ordine testuale. Va constatato, a tale riguardo, che, ad eccezione della riserva relativa all’assenza di efficacia diretta delle decisioni quadro, il legislatore dell’Unione ha ricalcato il regime delle decisioni quadro su quello delle direttive, prevedendo che esse «sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi» ( 38 ). Poiché l’irriducibile peculiarità delle decisione quadro si limita alla loro mancanza di efficacia diretta ( 39 ), non vi è alcun motivo per escludere, per il resto, il primato di tali atti in ragione del fatto che essi rientrino nell’ambito della cooperazione intergovernativa.

83.

La seconda considerazione riguarda il riconoscimento, da parte della Corte, dell’obbligo per il giudice nazionale di ricorrere alla tecnica dell’interpretazione conforme al fine di garantire la piena efficacia delle decisioni quadro e di giungere ad una soluzione conforme allo scopo di queste ultime.

84.

È pur vero che, per giustificare l’applicazione del principio di interpretazione conforme, la Corte si è basata non già sul principio del primato, bensì su quello di leale cooperazione. Essa ha infatti dichiarato che quest’ultimo principio, che implica in particolare che gli Stati membri adottino tutte le misure generali o particolari in grado di garantire l’esecuzione dei loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, deve imporsi anche nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, che è del resto interamente fondata sulla cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni ( 40 ). Tale logica di ragionamento era già presente nella sentenza del 10 aprile 1984, Von Colson e Kamann ( 41 ), poiché la Corte vi aveva segnatamente dedotto l’obbligo di interpretazione conforme dal dovere degli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento dei loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, precisando che tale diritto si impone a tutte le autorità nazionali ivi comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali ( 42 ).

85.

Resta il fatto che l’obbligo di interpretazione conforme, che, secondo la Corte, per giurisprudenza costante, «attiene (…) al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte» ( 43 ), deriva dall’obbligo di efficacia del diritto dell’Unione e dalla necessità di assicurare il primato di quest’ultimo sul diritto interno degli Stati membri ( 44 ). D’altronde, il riconoscimento del principio di interpretazione conforme per il tramite del principio di leale cooperazione presuppone necessariamente che si ammetta, fosse anche in modo implicito, il primato del diritto dell’Unione. Infatti, come potrebbe l’obbligo di leale cooperazione, derivante dal diritto dell’Unione, giustificare il fatto che il giudice nazionale sia tenuto a modificare il significato del proprio diritto interno in senso conforme al diritto dell’Unione, se non si ritenesse che tale obbligo debba prevalere sull’obbligo, per il giudice nazionale, di risolvere la controversia secondo le norme del proprio diritto interno?

86.

La terza considerazione è legata all’evoluzione del contesto normativo risultante dalla fine del periodo transitorio previsto dal protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie, allegato ai Trattati. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, di tale protocollo, la misura transitoria di cui al paragrafo 1 ha cessato di produrre effetti cinque anni dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, vale a dire il 30 novembre 2014. L’assorbimento definitivo del terzo pilastro nell’ambito che figura nella terza parte del Trattato FUE, titolo V, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, impone un’«interpretazione comunitaria» ( 45 ). A tale riguardo va rilevato, in particolare, che, mentre la competenza della Corte ai sensi del vecchio articolo 35 UE rifletteva il carattere intergovernativo della cooperazione nell’ambito del terzo pilastro, la Corte ha, da tale data, una competenza pregiudiziale automatica e obbligatoria, poiché essa non è più subordinata a una dichiarazione secondo cui ciascuno Stato membro riconosceva tale competenza e indicava i giudici nazionali che potevano adire la Corte. A questo proposito, è interessante rilevare che, nella sentenza del 16 giugno 2005, Pupino ( 46 ), la Corte si è basata sull’«importanza della competenza pregiudiziale della Corte ai sensi dell’art[icolo] 35 UE» per giustificare il fatto che ai soggetti dell’ordinamento sia riconosciuto il diritto di far valere le decisioni quadro al fine di ottenere un’interpretazione conforme del diritto nazionale dinanzi ai giudici degli Stati membri ( 47 ). Il riconoscimento di una competenza identica a quella che la Corte deteneva nell’ambito del primo pilastro dimostra un forte processo di convergenza tra tali due pilastri, che giustifica il fatto di ricalcare gli effetti delle decisioni quadro su quelli delle direttive, ad eccezione, beninteso, dell’efficacia diretta, che è espressamente esclusa.

87.

Dalle precedenti considerazioni si deduce che la decisione quadro è destinata, in forza del principio del primato, a prevalere su qualsiasi disposizione di diritto interno che contrasti con essa.

88.

Secondo la logica della disgiunzione tra l’effetto «di sostituzione» e «l’invocabilità di esclusione» ( 48 ), ritengo che la mancanza di efficacia diretta della decisione quadro non significhi che il giudice nazionale non abbia l’obbligo di disapplicare le disposizioni del proprio diritto interno incompatibili con il diritto l’Unione. Infatti, tale obbligo deriva direttamente dalla prevalenza del diritto dell’Unione sulle disposizioni nazionali che ne ostacolano la piena efficacia.

89.

Questa conclusione si impone a maggior ragione nella controversia principale in quanto quest’ultima non vede contrapposti due privati, uno dei quali invochi nei confronti dell’altro le disposizioni della decisione quadro 2002/584, ma presenta al contrario un aspetto verticale. Infatti, essa contrappone lo Stato olandese al sig. Popławski ( 49 ). Inoltre, quest’ultimo invoca esclusivamente il proprio diritto nazionale. Egli non invoca detta decisione quadro allo scopo di far valere un diritto creato a suo vantaggio da tale atto ed entrato nel suo patrimonio giuridico.

90.

Pertanto si deve concludere che le disposizioni dell’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro sono prive di efficacia diretta, che spetta al giudice nazionale interpretare le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura del possibile, conformemente al diritto dell’Unione e che, qualora una tale interpretazione risulti impossibile, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare tali disposizioni per incompatibilità con l’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro.

91.

Al fine di informare pienamente il giudice del rinvio preciso che, nel procedimento principale, il fatto di disapplicare le disposizioni nazionali che traspongono il motivo di non esecuzione facoltativa di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 implica l’applicazione delle altre disposizioni del diritto olandese che traspongono tale decisione quadro. Ne consegue, in concreto, che il giudice nazionale deve disporre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo.

C – Sulla quarta questione pregiudiziale

92.

Con la quarta questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro, lo Stato membro di esecuzione possa subordinare il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo, emesso nei confronti di un cittadino di un altro Stato membro, alla condizione che lo Stato membro di esecuzione sia competente a statuire nuovamente sul reato per il quale tale cittadino è stato condannato e che non sussistano ostacoli pratici all’esercizio di una nuova azione penale nei suoi confronti, mentre, quando si tratta di uno dei propri cittadini, l’autorità giudiziaria competente di tale Stato è obbligata incondizionatamente a rifiutare la consegna.

93.

Il giudice del rinvio afferma che, al fine di giungere ad un’interpretazione del proprio diritto nazionale conforme all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, esso potrebbe interpretare l’articolo 6, paragrafo 5, dell’OLW nel senso che la consegna di un cittadino di un altro Stato membro può essere rifiutata soltanto a condizione che sia dimostrato non solo che un’azione penale può essere esercitata nei confronti di tale cittadino per gli stessi fatti per i quali egli è già stato condannato nello Stato membro emittente, ma anche che l’esercizio di tale azione penale nei Paesi Bassi non sia impedito da alcun ostacolo pratico, quale la mancata trasmissione, da parte dello Stato membro emittente, del fascicolo penale dell’interessato.

94.

Secondo il giudice del rinvio, tale interpretazione offrirebbe il vantaggio di evitare l’impunità del ricercato, in quanto, ammesso che la pena per la cui esecuzione il mandato d’arresto europeo è stato emesso non potesse essere eseguita nei Paesi Bassi, un’azione penale potrebbe nondimeno essere esercitata per gli stessi fatti nei confronti del ricercato. Detta interpretazione presenterebbe, per contro, l’inconveniente di trattare in modo diverso i cittadini degli altri Stati membri e i cittadini olandesi poiché, per questi ultimi, l’esecuzione del mandato d’arresto deve essere rifiutata senza che tale rifiuto sia subordinato all’assicurazione che una nuova azione penale possa essere esercitata.

95.

Al pari della Commissione, ritengo che la premessa sulla quale si basa il giudice del rinvio sia erronea. Infatti, l’articolo 4, punto 6, della suddetta decisione quadro non prevede, quale alternativa all’impegno assunto dallo Stato membro di esecuzione di fare eseguire la pena, l’impegno di esercitare una nuova azione penale per gli stessi fatti nei confronti della persona ricercata. In altri termini, tale disposizione, che si fonda sul principio del riconoscimento reciproco, non può essere considerata una semplice trasposizione del principio «aut dedere, aut judicare» che, nel diritto dell’estradizione, lascia allo Stato destinatario della richiesta la scelta tra estradare l’autore del reato o sottoporlo a giudizio nonostante la sentenza emessa nello Stato richiedente.

96.

Poiché l’interpretazione del suo diritto nazionale suggerita dal giudice del rinvio non è comunque conforme a detta decisione quadro, non occorre chiedersi se la disparità di trattamento che ne risulterebbe sia o meno vietata dal diritto dell’Unione.

IV – Conclusione

97.

Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Rechtbank Amsterdam (tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi):

1.

L’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro attui il motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, come modificata, in modo tale che:

l’autorità giudiziaria sia obbligata a rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro dell’esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, senza poter valutare, in funzione della situazione concreta della persona, se l’esecuzione della pena in tale Stato sia in grado di favorire il suo reinserimento sociale;

il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo abbia unicamente l’effetto che tale Stato membro si dichiari disposto a farsi carico dell’esecuzione della pena, senza che tale dichiarazione equivalga ad un impegno di esecuzione;

l’autorità giudiziaria rifiuti l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza detentive nei confronti di un ricercato che dimora nello Stato membro dell’esecuzione, ne è cittadino o vi risiede, mentre, da una parte, la decisione di farsi carico dell’esecuzione della pena, adottata dopo la decisione di rifiuto dell’esecuzione, è subordinata a condizioni relative all’esistenza e al rispetto di una convenzione tra lo Stato membro emittente e lo Stato membro dell’esecuzione nonché alla collaborazione dello Stato membro emittente e, dall’altra, il rifiuto di esecuzione del mandato non è rimesso in discussione in caso di impossibilità di farsi carico dell’esecuzione della pena a causa dell’assenza delle condizioni richieste.

2.

Le disposizioni dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, come modificata, sono prive di efficacia diretta. Tuttavia, spetta al giudice nazionale interpretare le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura del possibile, conformemente al diritto dell’Unione e, qualora una tale interpretazione risulti impossibile, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare tali disposizioni per incompatibilità con l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, come modificata.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU 2002, L 190, pag. 1; in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584».

( 3 ) GU 2009, L 81, pag. 24.

( 4 ) GU 2008, L 327, pag. 27.

( 5 ) Stb. 2004, n. 195; in prosieguo: l’«OLW».

( 6 ) Stb. 2012, n. 333.

( 7 ) V., in particolare, sentenza del 10 novembre 2016, Kovalkovas (C‑477/16 PPU, EU:C:2016:861, punto 28).

( 8 ) V., in particolare, sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 30).

( 9 ) V. sentenza del 21 ottobre 2010, B. (C‑306/09, EU:C:2010:626, punti 5051). V., inoltre, sentenza del 28 giugno 2012, West (C‑192/12 PPU, EU:C:2012:404, punto 64).

( 10 ) V. sentenze del 17 luglio 2008, Kozłowski (C‑66/08, EU:C:2008:437), del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (C‑123/08, EU:C:2009:616), e del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517).

( 11 ) La Corte ha, in particolare, precisato, nella sentenza del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (C‑123/08, EU:C:2009:616, punto 53), che gli Stati membri non potevano subordinare, per un cittadino dell’Unione, l’applicazione del motivo di non esecuzione di cui all’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro ad ulteriori requisiti amministrativi, quali il possesso di un permesso di soggiorno a durata indeterminata.

( 12 ) C‑123/08, EU:C:2009:183.

( 13 ) C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 35.

( 14 ) Il corsivo è mio.

( 15 ) V. sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punti 3337).

( 16 ) V. sentenza del 17 luglio 2008, Kozłowski (C‑66/08, EU:C:2008:437, punto 42).

( 17 ) V., per analogia, sentenza del 10 novembre 2016, Kovalkovas (C‑477/16 PPU, EU:C:2016:861, punto 33), riguardante l’interpretazione della nozione di «autorità giudiziaria», di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584.

( 18 ) V. sentenze del 17 luglio 2008, Kozłowski (C‑66/08, EU:C:2008:437, punto 45), del 6 ottobre 2009, Wolzenburg (C‑123/08, EU:C:2009:616, punti 6267), del 21 ottobre 2010, B. (C‑306/09, EU:C:2010:626, punto 52), e del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 32).

( 19 ) C‑66/08, EU:C:2008:253.

( 20 ) Presa di posizione nella causa Kozłowski (C‑66/08, EU:C:2008:253, paragrafi 7980).

( 21 ) C‑582/15, EU:C:2016:766.

( 22 ) V. paragrafo 49 delle presenti conclusioni.

( 23 ) Il corsivo è mio.

( 24 ) GU 2016, C 202, pag. 321.

( 25 ) GU 2012, L 142, pag. 1.

( 26 ) C‑105/03, EU:C:2005:386.

( 27 ) V. sentenza del 5 settembre 2012, Lopes Da Silva Jorge (C‑42/11, EU:C:2012:517, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

( 28 ) V. sentenza dell’8 novembre 2016, Ognyanov (C‑554/14, EU:C:2016:835, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).

( 29 ) Il corsivo è mio.

( 30 ) V. sentenza del 28 luglio 2016, JZ (C‑294/16 PPU, EU:C:2016:610, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) C‑441/14, EU:C:2016:278.

( 32 ) V., in ultimo, sentenza del 28 luglio 2016, JZ (C‑294/16 PPU, EU:C:2016:610, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

( 33 ) C‑105/03, EU:C:2005:386.

( 34 ) C‑66/08, EU:C:2008:253.

( 35 ) 6/64, EU:C:1964:66.

( 36 ) V. sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov (C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 34).

( 37 ) V., in tal senso, Lenaerts, K. e Corthaut, T., «Of birds and hedges: the role of primacy in invoking norms of EU law», European Law Review, Sweet and Maxwell, Londra, 2006, pagg. da 287 a 315. V., in senso contrario, Peers, S., «Salvation outside the church: judicial protection in the third pillar after the Pupino and Segi judgments», Common Market Law Review, n. 44, Issue 4, Wolters Kluwer Law and Business, Alphen aan den Rijn, 2007, pagg. da 883 a 929, spec. pag. 920, il quale considera che, se i principi del primato e dell’efficacia diretta fossero applicati al terzo pilastro, le intenzioni degli autori dei Trattati sarebbero ignorate. Tale autore ammette, tuttavia, che riconoscere il principio del primato del diritto dell’Unione nell’ambito del terzo pilastro rafforzerebbe il principio di effettività e non violerebbe espressamente il testo dei Trattati (pag. 917).

( 38 ) Articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE, nella versione risultante dal Trattato di Amsterdam.

( 39 ) Prechal, S. e Marguery, T. qualificano la mancanza di efficacia diretta delle decisioni quadro come «piccola particolarità» in «La mise en œuvre des décisions-cadres une leçon pour les futures directives pénales?», L’exécution du droit de l’Union, entre mécanismes communautaires et droits nationaux, Bruylant, Bruxelles, 2009, pagg. da 225 a 251, in particolare pag. 250.

( 40 ) V. sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (C‑105/03, EU:C:2005:386, punto 42).

( 41 ) 14/83, EU:C:1984:153.

( 42 ) V. sentenza del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26).

( 43 ) V., da ultimo, sentenza del 28 gennaio 2016, BP Europa (C‑64/15, EU:C:2016:62, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

( 44 ) V., in tal senso, Simon, D., «La panacée de l’interprétation conforme: injection homéopathique ou thérapie palliative?», De Rome à Lisbonne: les juridictions de l’Union européenne à la croisée des chemins, Mélanges en l’honneur de Paolo Mengozzi, Bruylant, Bruxelles, 2013, pagg. da 279 a 298. Questo autore considera che «l’elevazione dell’obbligo di interpretazione conforme alla dignità di “principio attinente al sistema del Trattato” deriva direttamente (…) dal primato [del diritto dell’Unione] sul diritto interno degli Stati membri» (pag. 282). Egli aggiunge che «il legame con il primato del diritto dell’Unione in generale, e non soltanto con l’attuazione delle direttive in particolare, è dimostrato dall’obbligo di assicurare un’interpretazione “eurocompatibile” non solo dell’atto di trasposizione, bensì di tutto il diritto nazionale, sia esso precedente o successivo alla direttiva» (pag. 283).

( 45 ) Prechal, S. e Marguery, T., «La mise en œuvre des décisions-cadres une leçon pour les futures directives pénales?», L’exécution du droit de l’Union, entre mécanismes communautaires et droits nationaux, Bruylant, Bruxelles, 2009, pagg. da 225 a 251, in particolare pag. 232.

( 46 ) C‑105/03, EU:C:2005:386.

( 47 ) Sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (C‑105/03, EU:C:2005:386, punti 3738).

( 48 ) V., in particolare, su tale distinzione, Simon, D., «L’invocabilité des directives dans les litiges horizontaux: confirmation ou infléchissement?», Revue Europe, n. 3, LexisNexis, Parigi, 2010. V., inoltre, Dougan, M., «When worlds collide! Competing visions of the relationship between direct effect and supremacy», Common Market Law Review, n. 44, Issue 4, Wolters Kluwer Law and Business, Alphen aan den Rijn, 2007, pagg. da 931 a 963.

( 49 ) Non sarebbe una forzatura eccessiva ritenere che la controversia contrapponga inoltre – beninteso, indirettamente – due Stati membri, vale a dire la Polonia, in quanto Stato membro di emissione del mandato d’arresto europeo, e i Paesi Bassi, in quanto Stato membro di esecuzione.

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