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Documento 62015CC0544

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Szpunar, presentate il 29 novembre 2016.

    Raccolta della giurisprudenza - generale

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2016:908

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    SZPUNAR

    presentate il 29 novembre 2016 ( 1 )

    Causa C‑544/15

    Sahar Fahimian

    contro

    Repubblica federale di Germania

    [Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale amministrativo, Berlino, Germania)]

    «Spazio di libertà, sicurezza e giustizia — Direttiva 2004/114/CE — Articolo 6, paragrafo 1, lettera d) — Condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio — Diniego di ammissione di una persona — Nozione di “minaccia per la sicurezza pubblica” — Margine di discrezionalità di uno Stato membro — Sindacato giurisdizionale»

    La

    1. 

    sig.ra Fahimian è una studentessa iraniana che desidera ottenere un visto in Germania per svolgere un dottorato di ricerca. Le autorità tedesche rifiutano di concedere tale visto con la motivazione che la signora ha studiato presso un’università che figura nell’elenco del Consiglio dell’Unione europea in quanto entità vicina al governo iraniano che svolge ricerche per fini militari. Dette autorità la considerano una minaccia per la sicurezza pubblica.

    2. 

    Mentre esiste una cospicua giurisprudenza in materia di eccezione per motivi di sicurezza pubblica nell’ambito delle libertà del mercato interno e della cittadinanza dell’Unione, lo stesso non può dirsi per le condizioni relative alla sicurezza pubblica nel settore della politica di immigrazione dell’Unione.

    3. 

    Le questioni sollevate dalla presente causa, che è la seconda relativa all’interpretazione di una disposizione della direttiva 2004/114/CE del Consiglio ( 2 ), attengono al cuore della politica di immigrazione dell’Unione europea. Spetterà alla Corte stabilire il margine di discrezionalità attribuito alle autorità di uno Stato membro in questo contesto, nonché l’intensità del sindacato giurisdizionale. Nel farlo, la Corte dovrebbe tenere conto delle diverse finalità del mercato interno e della politica di immigrazione.

    I – Contesto normativo

    A – Diritto dell’Unione

    1. Direttiva 2004/114

    4.

    L’articolo 1 della direttiva 2004/114 (in prosieguo: la «direttiva»), rubricato «Oggetto», ha il seguente tenore:

    «Oggetto della presente direttiva è definire:

    a)

    le condizioni di ammissione dei civttadini di paesi terzi che si rechino nel territorio degli Stati membri, per un periodo superiore a tre mesi, per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato;

    b)

    le norme sulle procedure per l’ammissione dei cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri ai suddetti fini».

    5.

    Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, («Campo d’applicazione»), la direttiva si applica ai «cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio».

    6.

    Il Capo II della direttiva 2004/114 contiene gli articoli da 5 a 11 e riguarda le «Condizioni di ammissione».

    7.

    Secondo il «Principio», contenuto nell’articolo 5, «[l]’ammissione di un cittadino di un paese terzo a norma della presente direttiva è subordinata all’esame della documentazione comprovante che egli ottempera ai requisiti di cui all’articolo 6 e, a seconda della categoria di appartenenza, agli articoli da 7 a 11».

    8.

    L’articolo 6 della direttiva 2004/114, rubricato «Requisiti generali», recita quanto segue:

    «1.   Il cittadino di un paese terzo che chieda di essere ammesso per i motivi specificati agli articoli da 7 a 11 deve rispondere ai seguenti requisiti:

    a)

    presentare un titolo di viaggio valido a norma della legislazione nazionale. Gli Stati membri possono prescrivere che il periodo di validità del titolo di viaggio sia almeno pari alla durata del soggiorno previsto;

    b)

    ove non abbia raggiunto la maggiore età, ai sensi della legislazione nazionale dello Stato membro ospitante, presentare l’autorizzazione dei genitori per il soggiorno in questione;

    c)

    essere coperto da un’assicurazione malattia per tutti i rischi di norma coperti per i cittadini del suo paese nello Stato membro in questione;

    d)

    non essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica;

    e)

    se richiesto dallo Stato membro, esibire la prova del pagamento delle tasse dovute per l’esame della domanda in base all’articolo 20 della presente direttiva.

    2.   Gli Stati membri agevolano la procedura di ammissione per i cittadini di paesi terzi di cui agli articoli da 7 a 11 che partecipano a programmi comunitari diretti a promuovere la mobilità verso o dentro la Comunità».

    9.

    L’articolo 18 relativo alle «Garanzie procedurali e trasparenza», di cui al Capo V della direttiva 2004/114 («Procedura e trasparenza»), dispone, al paragrafo 4, che «[o]ve una domanda sia respinta o un permesso di soggiorno rilasciato in conformità della presente direttiva sia revocato, l’interessato ha diritto di proporre un’impugnazione legale dinanzi alle autorità dello Stato membro in questione».

    2. Regolamento (UE) n. 267/2012 e regolamento di esecuzione (UE) n. 1202/2014

    10.

    Ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 267/2012 ( 3 ), «[s]ono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone, entità e organismi di cui all’allegato IX. L’allegato IX comprende le persone fisiche e giuridiche, le entità e gli organismi che, a norma dell’articolo 20, paragrafo 1, lettere b) e c), della decisione 2007/413/PESC del Consiglio, sono stati riconosciuti come: (…) altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e entità di loro proprietà o sotto il loro controllo o persone e entità ad essi associate».

    11.

    Il regolamento di esecuzione (UE) n. 1202/2014 del Consiglio ( 4 ) elenca, nella sezione I.I. dell’allegato, le persone e le entità «coinvolte in attività nucleari o relative a missili balistici e persone e entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran» ( 5 ). Il punto 161 dell’allegato così recita:

    «La Sharif University of Technology (SUT) ha un certo numero di accordi di cooperazione con organizzazioni del governo iraniano designate dall’ONU e/o dall’UE le quali operano in campo militare, o ad esso correlato, specie nel settore della produzione e dell’approvvigionamento di missili balistici. Ciò comprende: un accordo con l’Organizzazione delle industrie aerospaziali, designata dall’UE, per la produzione, tra l’altro, di satelliti; la cooperazione con il ministero della difesa iraniano e con il Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica (IRGC) per le gare relative a imbarcazioni sofisticate; un accordo di più ampia portata con la forza aerea dell’IRGC che contempla lo sviluppo e il rafforzamento dei rapporti dell’università, la relativa cooperazione organizzativa e strategica.

    La SUT è parte di un accordo tra sei università che sostiene il governo iraniano attraverso la ricerca nel campo della difesa; la SUT impartisce corsi di laurea in ingegneria relativa ai velivoli non pilotati (UAV) che sono stati ideati, tra gli altri, dal ministero della scienza. Globalmente, queste attività dimostrano un significativo livello di impegno con il governo iraniano in campo militare, o con esso correlato, che costituisce un sostengo al governo dell’Iran».

    B – Diritto tedesco

    12.

    Il Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet (legge tedesca in materia di soggiorno, attività economica e integrazione degli stranieri nel territorio federale) ( 6 ), nella versione pubblicata il 25 febbraio 2008 (BGBl. 2008 I, pag. 162), modificata da ultimo dall’articolo 1 della legge del 27 luglio 2015 (BGBl. 2015 I, pag. 1386) ha ad oggetto, tra l’altro, il diritto di ingresso di cittadini di paesi terzi in Germania.

    13.

    Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di detta legge:

    «Per potere fare ingresso e soggiornare nel territorio federale, agli stranieri è richiesto un permesso di soggiorno, ove non sia stabilito diversamente dalla legislazione dell’Unione europea o da un regolamento e a meno che non sussista un diritto di soggiorno discendente dall’Accordo del 12 settembre 1963 che istituisce un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia (Gazzetta ufficiale federale 1964 II, pag. 509) (Accordo di associazione CEE/Turchia). Il permesso di soggiorno viene concesso nelle seguenti forme:

    1.

    un visto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, n. 1, e paragrafo 3,

    (…)».

    14.

    L’articolo 6, paragrafo 3, della medesima legge stabilisce quanto segue:

    «Per i soggiorni di durata superiore è richiesto un visto per il territorio federale (visto nazionale); detto visto è rilasciato prima dell’ingresso dello straniero nel territorio federale. L’emissione è basata sulle disposizioni applicabili al permesso di soggiorno, alla carta blu UE, al permesso di stabilimento e al permesso di soggiorno di lunga durata UE. La durata del soggiorno legittimo con un visto nazionale sarà computata nei periodi di possesso del permesso di soggiorno, della carta blu UE, del permesso di stabilimento, o del permesso di soggiorno di lunga durata UE».

    15.

    L’articolo 16, paragrafo 1, della medesima legge così recita:

    «Ad uno straniero può essere concesso un permesso di soggiorno per fini di studio presso un’università statale o riconosciuta dallo Stato o presso un istituto d’istruzione analogo. (…) Il permesso di soggiorno per fini di studio può essere emesso solo se lo straniero è stato ammesso dall’istituto d’istruzione interessato; è sufficiente l’ammissione condizionale. Non è richiesta la prova della conoscenza della lingua in cui si svolgerà il corso di studi se le conoscenze linguistiche dello straniero sono già state prese in considerazione nella decisione di ammissione o se dovranno essere acquisite mediante misure di preparazione al corso di studi. La validità al momento della prima emissione del permesso di soggiorno per fini di studio e per ciascuna proroga successiva è pari ad almeno un anno e non può eccedere due anni durante il corso di studio e le misure di preparazione al corso di studio; la validità può essere prorogata se la finalità del soggiorno non è stata ancora conseguita ed è conseguibile entro un termine ragionevole».

    II – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

    16.

    La sig.ra Fahimian, una cittadina iraniana nata nel 1985, ha conseguito un Master of Science nel settore delle tecnologie dell’informazione presso la Sharif University of Technology (in prosieguo: la «SUT») di Teheran. L’università in parola è specializzata nei settori della tecnologia, dell’ingegneria e della fisica.

    17.

    Il 21 novembre 2012 la signora ha richiesto presso l’ambasciata tedesca di Teheran il rilascio di un visto per compiere un dottorato di ricerca presso la Technische Universität Darmstadt, Center for Advanced Security Research Darmstadt (in prosieguo: il «CASED»), nell’ambito del progetto «Sistemi incorporati e mobili affidabili». Alla domanda erano allegati un certificato di ammissione dell’università e una lettera dell’amministratore delegato del CASED datata 14 novembre 2012. Nella lettera si afferma che la sig.ra Fahimian «svolgerà le proprie ricerche nel settore della sicurezza, in particolare nell’ambito del progetto “Sistemi incorporati e mobili affidabili” (…) Si prefigge di studiare in particolare questioni relative alla sicurezza dei sistemi mobili, con particolare riguardo al rilevamento delle intrusioni sui protocolli di sicurezza degli smartphone. Si occuperà di trovare nuovi meccanismi di protezione efficienti ed efficaci per gli smartphone in presenza delle ben note limitazioni concernenti energia ridotta, limitate risorse informatiche e banda larga limitata».

    18.

    Il CASED ha inoltre offerto alla sig.ra Fahimian una borsa di dottorato pari a EUR 1468 al mese.

    19.

    Con decisione del 27 maggio 2013, l’ambasciata tedesca ha respinto la richiesta di visto presentata dalla sig.ra Fahimian. L’impugnazione («Remonstrationsverfahren») presentata dalla stessa avverso detta decisione ha avuto esito negativo.

    20.

    Il 22 novembre 2013 la sig.ra Fahimian ha presentato ricorso avverso il governo tedesco dinanzi al giudice del rinvio, ribadendo la propria domanda di rilascio di un visto per motivi di studio. La signora invoca l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/114 a sostegno del suo diritto d’ingresso. Dal canto suo, il governo tedesco ritiene che la ricorrente costituisca una minaccia per la sicurezza pubblica ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114.

    21.

    Nel contesto di detto procedimento, con ordinanza del 14 ottobre 2015, depositata presso la cancelleria della Corte il 19 ottobre 2015, il Verwaltungsgericht Berlin (tribunale amministrativo, Berlino, Germania) ha proposto le seguenti questioni pregiudiziali:

    «1)

    a)

    Se l’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della [direttiva 2004/114] debba essere interpretato nel senso che, nello stabilire se un cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso per i motivi indicati negli articoli da 7 a 11 della direttiva debba essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica, le autorità competenti degli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità in ragione del quale la valutazione delle autorità è soggetta soltanto a un limitato controllo giurisdizionale.

    1)

    b)

    In caso di risposta affermativa alla questione sub 1a): a quali limiti giuridici siano soggette le autorità competenti degli Stati membri nel valutare se un cittadino di un paese terzo che chiede di essere ammesso per i motivi indicati negli articoli da 7 a 11 della [direttiva 2004/114] debba essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica, in particolare, rispetto alle circostanze di fatto alla base della valutazione e alla loro analisi.

    2)

    A prescindere dalle risposte alle questioni sub 1a) e 1b): se l’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della [direttiva 2004/114] debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono, in base ad esso, in una fattispecie come quella in esame in cui un cittadino di un paese terzo proveniente dall’Iran, che ha ivi conseguito il proprio titolo di studio universitario presso la Sharif University of Technology (Teheran) specializzata in tecnologia, ingegneria e fisica, chiede di poter entrare nel paese al fine di compiere un dottorato di ricerca nel settore della sicurezza informatica nell’ambito del progetto “Sistemi incorporati e mobili affidabili”, in particolare sullo sviluppo di meccanismi efficaci di protezione per smartphone, negare l’ammissione nel loro territorio sulla base del fatto che non può essere escluso che le competenze acquisite nel contesto del progetto di ricerca potrebbero essere impiegate impropriamente in Iran, ad esempio, per acquisire informazioni riservate nei paesi occidentali, ai fini della repressione interna o, in generale, nell’ambito della violazione dei diritti dell’uomo».

    22.

    La sig.ra Fahimian e i governi di Germania, Belgio, Grecia, Francia, Italia e Polonia, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. La sig.ra Fahimian e i governi di Germania, Grecia e Francia, nonché la Commissione europea hanno inoltre presentato osservazioni orali all’udienza del 20 settembre 2016.

    III – Analisi

    23.

    Suggerisco di riformulare le tre questioni proposte dal giudice del rinvio in base all’assunto che, nel contesto della procedura istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta alla Corte fornire al giudice nazionale una soluzione utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito e che, a tal fine, la Corte è tenuta a trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, le norme e i principi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia nel procedimento principale ( 7 ).

    24.

    Con le sue questioni, che dovrebbero essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente di accertare se l’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro neghi il rilascio di un visto a un cittadino di un paese terzo nelle circostanze di cui al caso di specie, in cui una cittadina di un paese terzo, iraniana, che ha conseguito il proprio diploma di laurea presso un istituto che figura nel regolamento di esecuzione n. 1202/2014 in quanto entità «coinvolt[a] in attività nucleari o relative a missili balistici e persone e entità che forniscono sostegno al governo dell’Iran», e che intende svolgere un progetto di ricerca in uno Stato membro nel campo della sicurezza informatica.

    25.

    In tale contesto, il giudice del rinvio chiede orientamenti circa la nozione di «sicurezza pubblica» nell’accezione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114 e circa il margine di discrezionalità riconosciuto alle autorità nazionali competenti e la portata del conseguente sindacato giurisdizionale a tale riguardo.

    A – Sull’interpretazione della direttiva 2004/114

    26.

    Dal momento che questa è solo la seconda causa sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi relativamente all’interpretazione di una disposizione della direttiva 2004/114, reputo utile puntualizzare e richiamare alcuni aspetti essenziali di tale direttiva.

    1. Il diritto internazionale pubblico e il diritto d’ingresso

    27.

    In base allo stato attuale del diritto internazionale pubblico, il primo ingresso finalizzato alla migrazione legale è un settore prevalentemente soggetto alla discrezionalità assoluta degli Stati ( 8 ). Tradizionalmente gli Stati non sono soggetti ad alcun obbligo di diritto internazionale relativamente all’ammissione degli stranieri e ai requisiti di tale ammissione ( 9 ). Come ha affermato l’avvocato generale Mengozzi nelle conclusioni presentate nella causa Koushkaki ( 10 ), «(…) se esiste un principio di diritto internazionale considerato come una delle espressioni caratteristiche della sovranità statale, è proprio quello secondo cui gli Stati hanno diritto di controllare l’ingresso dei non cittadini nel loro territorio».

    28.

    Peraltro, tale sovranità non è messa in discussione dai trattati internazionali in materia di diritti umani, che tradizionalmente sono sempre stati concepiti come garanzie all’interno degli Stati esistenti e non per gli spostamenti transnazionali ( 11 ). Analogamente, la Corte europea dei diritti dell’uomo statuisce che, in linea di principio, gli Stati contraenti, in base al diritto internazionale consolidato e subordinatamente agli obblighi sanciti dai trattati di cui sono firmatari, hanno il diritto di controllare l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione degli stranieri ( 12 ). Invero, la medesima Corte ha attenuato leggermente il suddetto principio relativamente alle due diverse situazioni di non respingimento ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) ( 13 ), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e di ricongiungimento familiare ai sensi dell’articolo 8 delle CEDU ( 14 ), ma ciò non modifica il principio generale di diritto internazionale pubblico precedentemente descritto.

    2. La Carta

    29.

    Lo stesso vale per la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), che in due circostanze specifiche conferisce diritti ai cittadini di un paese terzo nel contesto della libera circolazione. Così, l’articolo 15, paragrafo 3, della Carta stabilisce che i cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell’Unione, mentre l’articolo 45, paragrafo [2], della Carta sancisce che «[l]a libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente ai trattati, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro» ( 15 ). La Carta, pertanto, presuppone l’ingresso legale nell’Unione e non istituisce un siffatto diritto.

    3. Diritto dell’Unione in materia di immigrazione

    30.

    In generale, il diritto dell’Unione in materia di immigrazione è indissolubilmente legato al funzionamento del mercato interno, come definito all’articolo 26, paragrafo 2, TFUE ( 16 ), nel senso che l’abolizione delle frontiere interne, compresi i controlli alle frontiere, comporta necessariamente la necessità di stabilire un sistema comune alle frontiere esterne ( 17 ). Questo è il motivo per cui l’articolo 61, lettera a), inserito nel trattato CE dal trattato di Amsterdam ( 18 ) e applicabile all’epoca dell’adozione della direttiva 2004/114, si riferisce ai controlli alle frontiere esterne, all’asilo e all’immigrazione come «misure di accompagnamento» che sono «direttamente collegate» alla libera circolazione delle persone ( 19 ).

    4. Obiettivo della direttiva 2004/114

    31.

    La direttiva 2004/114 dovrebbe essere considerata in questo contesto.

    32.

    Sulla base dell’articolo 79, paragrafo 2, TFUE ( 20 ), nell’attuale formulazione successiva all’entrata in vigore del trattato di Lisbona, la direttiva 2004/114 si prefigge l’obiettivo di definire «le condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi che si rechino nel territorio degli Stati membri, per un periodo superiore a tre mesi, per motivi di studio (…)» ( 21 ), nonché «le norme sulle procedure per l’ammissione dei cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri ai suddetti fini» ( 22 ). Più in generale, i considerando ( 23 ) della direttiva mostrano che favorire la mobilità dei cittadini di paesi terzi verso l’Unione è un elemento chiave della strategia di promozione dell’immagine dell’Europa intera in quanto centro mondiale di eccellenza per gli studi e per la formazione professionale ( 24 ) e che le migrazioni per i motivi previsti nella presente direttiva costituiscono una forma di arricchimento reciproco per quanti migrano, per lo Stato d’origine e per lo Stato ospitante, e contribuiscono a promuovere una maggiore comprensione fra culture ( 25 ).

    33.

    Il suo principale obiettivo consiste nell’interesse dell’Unione ad attrarre verso di essa cittadini qualificati di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontario. Creare diritti per cittadini di paesi terzi che desiderano entrare nell’Unione è semplicemente un mezzo per conseguire tale obiettivo. Detto esplicitamente, pertanto, la direttiva 2004/114 non è una «direttiva sui diritti umani», rispetto, ad esempio, al diritto derivato in materia di asilo.

    5. Obiettivo della direttiva 2016/801

    34.

    Per completare il contesto occorre ricordare che, nel frattempo, il legislatore dell’Unione ha adottato la direttiva (UE) 2016/801 ( 26 ) che opera una rifusione della direttiva 2004/114 e della direttiva 2005/71/CE ( 27 ), abrogando questi due atti normativi a far data dal 24 maggio 2018 ( 28 ). Sebbene la direttiva 2016/801 non sia applicabile al caso di specie ratione temporis, essa indica nondimeno le intenzioni del legislatore nel 2016.

    35.

    Adottata dal Consiglio e dal Parlamento dodici anni dopo la direttiva 2004/114, la direttiva 2016/801 è ben più elaborata quanto al suo obiettivo, come indica il preambolo. Così, i considerando della direttiva 2016/801 parlano di attrarre personale altamente qualificato, che rappresenta una risorsa cruciale dell’Unione, il capitale umano, di permettere la crescita ( 29 ), di favorire i contatti interpersonali e la mobilità ( 30 ), di arricchimento reciproco per i migranti interessati, il loro paese di origine e lo Stato membro in questione, di rafforzare i legami culturali e arricchire la diversità culturale ( 31 ), di promuovere l’Unione come polo di attrazione per la ricerca conducendo in tal modo ad un aumento della competitività globale dell’Unione e dei suoi tassi di crescita e creando nel contempo posti di lavoro che contribuiscano più ampiamente alla crescita del PIL ( 32 ), rendendola più attraente per i cittadini di paesi terzi che desiderano realizzare un’attività di ricerca ( 33 ). Il legislatore dell’Unione, tuttavia, non desidera favorire la fuga dei cervelli dai paesi emergenti o in via di sviluppo, per cui è opportuno adottare misure volte a favorire il reinserimento dei ricercatori nel paese di origine, in partenariato con tali paesi, nell’ottica di una politica migratoria globale ( 34 ). Al contempo, l’Europa nel suo insieme dovrebbe essere promossa come centro di eccellenza a livello mondiale per gli studi e la formazione e, a tale scopo, è opportuno migliorare e semplificare le condizioni di ingresso e soggiorno ( 35 ).

    36.

    Questa non è certo «terminologia dei diritti umani», quanto piuttosto «linguaggio del mercato interno».

    6. Il diritto d’ingresso sulla base della giurisprudenza Ben Alaya

    37.

    Ovviamente il principio di diritto internazionale pubblico descritto precedentemente è molto ridimensionato per quanto riguarda le situazioni interne all’Unione nel mercato interno, compresa la cittadinanza, nelle quali l’Unione somiglia ad un’entità federale con un’ampia libertà di circolazione delle persone. Ma anche per quanto riguarda le frontiere esterne dell’Unione, il diritto derivato ha cominciato ad attenuare il summenzionato principio generale di diritto internazionale pubblico, come risulta nel caso della direttiva 2004/114.

    38.

    La causa Ben Alaya ( 36 ) illustra chiaramente questo concetto.

    39.

    Il sig. Ben Alaya, un cittadino tunisino nato in Germania, che aveva abbandonato detto paese a 6 anni per vivere in Tunisia, voleva farvi ritorno dopo il diploma di maturità per cominciare studi universitari. Sebbene fosse stato accettato dall’Università per studiare matematica, le autorità tedesche hanno rifiutato di emettere un visto per studenti in quanto nutrivano dubbi circa la sua motivazione a svolgere studi in Germania, in particolare alla luce dell’insufficienza dei voti in precedenza ottenuti, della sua debole conoscenza della lingua tedesca e dell’assenza di nesso fra la formazione prospettata e il suo progetto professionale ( 37 ). Fondamentalmente, il sig. Ben Alaya soddisfaceva i requisiti generali e specifici di cui agli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114. In realtà, le autorità tedesche avevano cercato di stabilire ulteriori requisiti non previsti dalla direttiva.

    40.

    È stato in questo particolare contesto che la Corte ha interpretato la direttiva nel senso che, in applicazione dell’articolo 12 della medesima, deve essere rilasciato un permesso di soggiorno agli studenti di paesi terzi che soddisfino i requisiti generali e specifici tassativamente elencati dagli articoli 6 e 7 di tale direttiva ( 38 ). La Corte ha aggiunto che «la direttiva 2004/114 riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalità al momento dell’esame delle domande di ammissione» ( 39 ) che, tuttavia, si riferisce «unicamente alle condizioni previste agli articoli 6 e 7 della citata direttiva, nonché, in tale contesto, alla valutazione dei fatti rilevanti al fine di stabilire se le condizioni enunciate ai suddetti articoli risultino soddisfatte, ed in particolare se ragioni attenenti all’esistenza di una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica ostino all’ammissione del cittadino di paesi terzi» ( 40 ).

    41.

    Conseguentemente, al sig. Ben Alaya avrebbe dovuto essere rilasciato un permesso di soggiorno ( 41 ). Il governo tedesco non poteva introdurre ulteriori requisiti rispetto a quelli elencati all’articolo 6 e 7 della direttiva 2004/114.

    42.

    Subordinatamente ai requisiti generali e specifici di cui agli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114, pertanto, un cittadino di un paese terzo ha un diritto di ingresso nell’Unione. Tuttavia, attesa la discrezionalità di cui gode uno Stato membro nello stabilire se i requisiti generali e specifici siano soddisfatti, la portata di tale diritto differisce sostanzialmente dai diritti derivanti dalla libera circolazione nel mercato interno.

    7. Koushkaki e Air Baltic Corporation

    43.

    È necessario a questo punto citare altre due sentenze: Koushkaki ( 42 ), sul regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) ( 43 ) e Air Baltic Corporation ( 44 ), sul regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) ( 45 ).

    44.

    La domanda di visto uniforme del sig. Koushkaki, cittadino iraniano, era stata respinta dalle autorità tedesche con la motivazione che questi non aveva dimostrato di avere mezzi di sussistenza sufficienti per la durata prevista del soggiorno o per il ritorno nel paese di origine. Una siffatta condizione non è prevista nel codice dei visti. Non ricorreva nessuno dei motivi per il rifiuto di un visto di cui all’articolo 32, paragrafo 1, del codice dei visti. Conseguentemente, la Corte ha statuito che le autorità competenti di uno Stato membro, in esito all’esame di una domanda di visto uniforme, potevano rifiutare di rilasciare un simile visto a un richiedente soltanto nel caso in cui uno dei motivi di rifiuto di visto elencati nel codice dei visti potesse essergli opposto ( 46 ).

    45.

    Nella sentenza Air Baltic Corporation la Corte doveva risolvere la questione se una legislazione nazionale che subordinava l’ingresso di cittadini di paesi terzi nel territorio di uno Stato membro al requisito che, al momento del controllo di frontiera, il visto valido presentato fosse necessariamente apposto su un documento di viaggio valido, un requisito che non figura all’articolo 5 del codice frontiere Schengen, fosse conforme al suddetto codice. Applicando la sentenza Koushkaki in via analogica, la Corte ha statuito che l’elenco delle condizioni di ingresso di cui all’articolo 5 del codice frontiere Schengen è esaustivo ( 47 ).

    B – Sull’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114

    46.

    Sebbene nelle questioni da esso concretamente sottoposte il giudice del rinvio faccia riferimento all’ordine pubblico, alla sicurezza pubblica e alla sanità pubblica, a mio avviso la questione è chiaramente incentrata sulla «sicurezza pubblica», come si evince dal fatto che nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale il giudice del rinvio fa costantemente riferimento solo alla «sicurezza pubblica» nell’affrontare il caso della sig.ra Fahimian.

    47.

    Il governo tedesco ritiene che la sig.ra Fahimian costituisca una minaccia per la sicurezza pubblica ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114. Esso motiva tale posizione affermando che la situazione in Iran rappresenta un rischio sufficientemente serio che le competenze acquisite nel corso del progetto di ricerca della ricorrente possano essere impiegate impropriamente nel suo paese di origine. È possibile che con il previsto dottorato in un settore di ricerca sensibile e riguardante la sicurezza si acquisiscano conoscenze che potrebbero essere impiegate indebitamente per fini militari e/o per azioni di repressione interna o, più in generale, per compiere violazioni dei diritti umani in Iran. Inoltre, le conoscenze acquisite sui sistemi e le apparecchiature per i servizi di telecomunicazione e Internet, nonché sulla tecnologia per la cifratura e la criptazione potrebbero essere utilizzate impropriamente dalla polizia o dai servizi segreti per il controllo della popolazione.

    48.

    La questione che dunque si pone è se tali considerazioni rientrino nella nozione di «sicurezza pubblica» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114.

    1. Sulla «sicurezza pubblica»

    49.

    Non vi è una definizione generale della nozione di «sicurezza pubblica» a livello di Unione europea. In linea di principio, spetta agli Stati membri a definire il contenuto della «sicurezza pubblica». Il diritto dell’Unione, poi, interviene in due fasi: in primo luogo, nell’inquadrare detto contenuto e, in secondo luogo, nel rapporto fra la persona interessata e la «sicurezza pubblica».

    50.

    La Corte tende a non essere troppo restrittiva in questa prima fase di inquadramento della nozione di «sicurezza pubblica». Secondo una giurisprudenza costante della Corte, nel contesto del mercato interno ( 48 )«gli Stati membri restano sostanzialmente liberi di determinare, conformemente alle loro necessità nazionali – che possono variare da uno Stato membro all’altro e da un’epoca all’altra – le regole di ordine pubblico e di pubblica sicurezza» ( 49 ). È importante che la portata dei requisiti non possa essere determinata unilateralmente da ciascuno Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’Unione ( 50 ). Inoltre, con riferimento alla «pubblica sicurezza» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4 ( 51 ), della direttiva 2008/115/CE ( 52 ), la Corte ha utilizzato la stessa formula ( 53 ).

    51.

    Si fa riferimento al termine «pubblica sicurezza» nel contesto di tutte le libertà del mercato interno, anche nella direttiva 2004/38/CE ( 54 ), che specifica le regole in materia di libera circolazione e di cittadinanza nel contesto della libera circolazione ( 55 ), come motivo per giustificare una deroga alla libera circolazione ( 56 ). La Corte, inoltre, ha recentemente ammesso un’eccezione legata alla sicurezza pubblica nel contesto delle norme stabilite dal Trattato in materia di cittadinanza dell’Unione, dichiarando nella sentenza CS che «l’articolo 20 TFUE non incide sulla possibilità, per gli Stati membri, di far valere un’eccezione connessa, segnatamente, al mantenimento dell’ordine pubblico e alla salvaguardia della sicurezza pubblica» ( 57 ).

    52.

    In questo contesto la Corte ha ripetutamente dichiarato che la nozione di pubblica sicurezza «comprende la sicurezza interna di uno Stato membro e la sua sicurezza esterna» ( 58 ), su cui possono incidere «il pregiudizio al funzionamento delle istituzioni e dei servizi pubblici essenziali nonché all’incolumità della popolazione, come il rischio di perturbazioni gravi dei rapporti internazionali o della coesistenza pacifica dei popoli, o ancora il pregiudizio agli interessi militari» ( 59 ). La Corte ha altresì affermato che la nozione di «pubblica sicurezza» comprende la lotta contro la criminalità legata al traffico di stupefacenti in associazione criminale ( 60 ), la lotta contro l’abuso sessuale dei minori ( 61 ) e la lotta al terrorismo ( 62 ).

    53.

    Vista questa interpretazione così ampia, non sarei contrario ad annoverare le preoccupazioni tedesche sotto la nozione di «pubblica sicurezza». Le autorità tedesche sembrano preoccupate principalmente dal fatto che la sig.ra Fahimian possa diffondere le sue conoscenze per fini militari al suo rientro in Iran. Gli aspetti della sicurezza delle relazioni internazionali ed esterne di uno Stato membro, pertanto, dovrebbero rientrare nella «pubblica sicurezza». Si deve rammentare che il codice dei visti annovera specificamente una «minaccia (…) per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri» ( 63 ) fra i motivi di rifiuto di un visto. L’assenza di una siffatta formulazione nell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114 non comporta, a mio avviso, che nel decidere in materia di pubblica sicurezza uno Stato membro non possa tenere conto di considerazioni relative alle relazioni internazionali.

    2. Sul margine di discrezionalità ( 64 ) riconosciuto al governo tedesco nell’accertare una «minaccia» alla sicurezza pubblica

    54.

    Ma, passando alla seconda fase, le autorità tedesche possono affermare validamente che esse «considerano» la sig.ra Fahimian «una minaccia» all’ordine pubblico nell’accezione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva? In altre parole, quanto è ampio il margine di discrezionalità riconosciuto alle autorità tedesche?

    55.

    Nell’ambito delle libertà del mercato interno, in cui gli Stati membri possono limitare la circolazione interna per motivi di pubblica sicurezza, tali motivi sono concepiti come un’eccezione alla regola generale della libertà di circolazione. Secondo le norme sulla libera circolazione, la «pubblica sicurezza» si deve basare esclusivamente sul comportamento personale della persona interessata, il che comporta che la sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione di tali provvedimenti e, inoltre, che il comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società ( 65 ). Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione ( 66 ). Deve sussistere una «minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società» ( 67 ).

    56.

    Siffatte considerazioni sono perfettamente adeguate in un contesto di mercato interno. È comprensibile che le eccezioni alle norme sulla libera circolazione siano interpretate restrittivamente. Le norme sulla libera circolazione sono e continuano a essere il cardine dell’intero progetto di integrazione e hanno una rilevanza costituzionale.

    57.

    Si dovrebbe tuttavia adottare un approccio diverso con riferimento all’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114. La giurisprudenza summenzionata non dovrebbe essere trasposta automaticamente al regime delle frontiere esterne dell’Unione, come mi accingo ad evidenziare.

    58.

    Prima di tutto, la formulazione delle eccezioni del mercato interno differisce da quella dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114. L’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva stabilisce che un cittadino di un paese terzo che chieda di essere ammesso per i motivi specificati agli articoli da 7 a 11 «non [deve] essere considerato» una minaccia, tra l’altro, alla sicurezza pubblica. L’uso della formulazione «essere considerato» implica per me che lo Stato membro interessato ha un margine di manovra maggiore quando effettua la propria valutazione. Il termine «minaccia» non è qualificato come lo è nel contesto della libertà di circolazione. Non sono utilizzati gli aggettivi «reale, attuale e sufficientemente grave» con riferimento alla minaccia. Conseguentemente, la soglia della minaccia alla pubblica sicurezza è, a mio avviso, molto più bassa di quanto non lo sia nel contesto della libera circolazione.

    59.

    In secondo luogo, il non essere considerato una minaccia alla pubblica sicurezza non è un’eccezione al diritto d’ingresso interpretato in senso lato, ma semplicemente un requisito negativo che disciplina il diritto d’ingresso. Il contesto, pertanto, è semplicemente diverso da quello del mercato interno, e il contesto è importante. Il contesto specifico del diritto dell’immigrazione dell’Unione comporta che un cittadino di un paese terzo non gode degli stessi diritti di un cittadino di uno Stato membro, ossia di un cittadino dell’Unione ( 68 ).

    60.

    In terzo luogo, l’iter legislativo in particolare dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114 offre indicazioni preziose a sostegno della mia tesi. La direttiva 2004/114 è stata adottata pochissimo tempo dopo la direttiva 2004/38 ( 69 ). La chiara differenza di formulazione sopra descritta non può non essere stata intenzionale. La proposta originaria, infatti, aveva cercato di allineare le formulazioni di entrambe queste direttive. In due casi essa conteneva la frase «[i] motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza si fondano unicamente sulla condotta personale del cittadino di paesi terzi in questione» ( 70 ). Il Consiglio ha deciso di non recepire questa terminologia ( 71 ).

    61.

    Occorre infine notare che la direttiva 2004/114 è basata sull’articolo 79 TFUE (ex articolo 63 CE) nel titolo V, parte 3 del Trattato FUE. In detto titolo figura l’articolo 72 TFUE, che stabilisce che «[i]l presente titolo non osta all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna». Sebbene il significato preciso di questa disposizione non sia completamente chiaro a prima vista, esso è indicativo di una differenza tra l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza nella normativa sulla libera circolazione e in quella sull’immigrazione ( 72 ).

    62.

    Ciò mi porta alla questione di quanto sia ampio il margine di discrezionalità delle autorità tedesche e di cosa si possa pretendere da esse in un caso come quello di cui trattasi. Ciò che il giudice del rinvio chiede di accertare è se detto «ampio margine discrezionale» comporti che sia sufficiente che le autorità tedesche abbiano accertato che 1) la sig.ra Fahimian è cittadina iraniana, 2) che ha ottenuto una laurea presso la SUT, 3) che la SUT è classificata nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012 ( 73 ) come istituto che sostiene il governo iraniano e 4) che il suo progetto di ricerca rientra nel settore della sicurezza informatica.

    63.

    Nella sentenza Ben Alaya la Corte ha statuito che, per quanto riguarda le condizioni stabilite agli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114, agli Stati membri è riconosciuto un «margine di discrezionalità al momento dell’esame delle domande di ammissione» ( 74 ). Tale margine di manovra si riferisce alla valutazione dei fatti rilevanti al fine di stabilire se le condizioni enunciate agli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114 risultano soddisfatte ( 75 ).

    64.

    Nove mesi prima la Corte, riunita in Grande Sezione, aveva riconosciuto agli Stati membri che esaminano le domande di visto un «ampio margine discrezionale» ( 76 ) in merito all’applicazione degli articoli 21, paragrafo 1, 32, paragrafo 1, e 35, paragrafo 6, del codice dei visti. Ciò, secondo la Corte, si riferisce «alla valutazione dei fatti pertinenti per stabilire se i motivi elencati [negli articoli 32, paragrafo 1, e 35, paragrafo 6, del codice dei visti] ostino al rilascio del visto richiesto» ( 77 ).

    65.

    Su questa base, cosa si può pretendere dalle autorità tedesche?

    66.

    In primo luogo, uno Stato membro deve verificare, accertare ed esaminare attentamente e compiutamente tutti fatti pertinenti, in modo da essere in grado di adottare una decisione ponderata. In questo contesto, vorrei anche richiamare il considerando 14 della direttiva 2004/114, secondo il quale è necessaria «una valutazione fattuale».

    67.

    A tale proposito deve essere altresì ricordato, tuttavia, che una serie di elementi fattuali su cui lo Stato membro si basa in un caso come quello di specie si trovano al di fuori della propria giurisdizione e persino al di fuori del territorio dell’Unione. Ciò, ovviamente, rende le cose molto più difficili per uno Stato membro e dovrebbe essere debitamente tenuto in considerazione. Per il governo tedesco è più difficile accertare fatti relativi all’Iran che non alla Germania o ad un altro Stato membro. Qualsiasi valutazione relativa a sviluppi futuri, inoltre, è caratterizzata da un’intrinseca complessità ( 78 ). Un siffatto processo decisionale implica la necessità di basarsi in una certa misura su una valutazione del rischio di eventi futuri. Vi è pertanto una notevole «discrezionalità “di accertamento dei fatti”» ( 79 ) riconosciuta agli Stati membri nella valutazione degli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114.

    68.

    In secondo luogo, sebbene la soglia relativamente alta della condotta personale non trovi applicazione in base alla normativa sulla libera circolazione ( 80 ), vi deve essere un nesso fra la persona e la misura adottata. Qualunque altra soluzione equivarrebbe a una sorta di divieto generalizzato che raramente comporterebbe il diritto d’ingresso di un cittadino di un paese terzo sulla base della direttiva 2004/114. Pertanto, un’autorità nazionale deve fornire in modo convincente elementi concreti relativi ai motivi per cui la persona interessata è considerata una minaccia alla pubblica sicurezza.

    69.

    Inoltre, più sensibile è la questione, meno circostanze personali devono essere addotte per giustificare una minaccia alla pubblica sicurezza.

    70.

    Uno Stato membro, infine, dovrebbe effettuare una ponderazione complessiva dei propri interessi e dell’interesse dell’Unione all’ingresso, ossia attrarre studenti altamente qualificati perché svolgano attività di ricerca nell’Unione rispetto alle questioni legate alla sicurezza.

    71.

    Sebbene spetti ovviamente al giudice del rinvio stabilire se le autorità tedesche abbiano rispettato i suddetti requisiti, ho l’impressione che esse abbiano agito nell’ambito del margine di discrezionalità ad esse riconosciuto.

    C – Sul sindacato giurisdizionale

    72.

    Un ampio margine di discrezionalità implica un sindacato giurisdizionale limitato. Il margine di discrezionalità sarebbe altrimenti eluso e il potere giudiziario si sostituirebbe al potere esecutivo. Dal modo in cui è formulata la questione sub 1a) ( 81 ) è chiaro che il giudice del rinvio ne è pienamente consapevole.

    73.

    Tuttavia, il sindacato giurisdizionale deve essere possibile.

    74.

    Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, della direttiva 2004/114, ove una domanda sia respinta o un permesso di soggiorno rilasciato in conformità della presente direttiva sia revocato, l’interessato ha diritto di proporre un’impugnazione legale dinanzi alle autorità dello Stato membro in questione.

    75.

    Contrariamente alla proposta iniziale della Commissione ( 82 ), il diritto di proporre un’impugnazione non è più riferito ai «giudici» dello Stato membro interessato. Si pone pertanto la questione se la direttiva preveda o meno un mezzo di ricorso e se l’esclusione di tale mezzo di ricorso a livello nazionale sia compatibile con la direttiva o, a maggior ragione, con l’articolo 47 della Carta e con i principi generali del diritto dell’Unione ( 83 ). Avrei dubbi circa la possibilità di una siffatta esclusione, alla luce della formulazione chiara dell’articolo 47 della Carta, che prescrive di garantire un ricorso effettivo ad ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati.

    76.

    Ma la questione non riguarda il caso di specie, atteso che in Germania esiste un siffatto ricorso. Come dimostra la domanda di rinvio pregiudiziale, una procedura giurisdizionale è prevista a livello nazionale. Il sindacato giurisdizionale sulle decisioni adottate dalle autorità amministrative, inoltre, tende a essere estremamente ampio in Germania, nel senso che la competenza dei giudici a rivedere dette decisioni è estesa al merito ( 84 ). La suddetta competenza, tuttavia, è limitata nei casi in cui le autorità amministrative godono di un margine di discrezionalità ( 85 ).

    77.

    Il controllo giurisdizionale che, in linea di principio, è disciplinato dalle norme procedurali nazionali nel contesto dell’autonomia procedurale, deve essere effettivo.

    78.

    Sebbene il giudice nazionale possa naturalmente soltanto stabilire se i limiti del potere discrezionale esercitato dallo Stato siano stati travalicati, esso deve tuttavia essere in grado di rivedere tutti gli aspetti procedurali e gli elementi di fatto della decisione. Il ricorso effettivo comporta che il giudice nazionale sia in grado di valutare se le autorità abbiano ottemperato ai requisiti enunciati supra, ossia che abbiano accertato ed esaminato tutti i fatti pertinenti e i motivi per cui la persona in questione è considerata una minaccia alla pubblica sicurezza.

    79.

    A questo proposito, come sottolinea anche il governo tedesco, è possibile che le previsioni di uno Stato membro su una questione come quella di cui trattasi si basino su informazioni che possono essere rese pubbliche solo in maniera limitata per non mettere in pericolo le fonti di informazione o gli interessi di politica estera degli Stati membri. A questo riguardo vorrei rinviare alla sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione ( 86 ), in cui la Corte richiama la giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia dei diritti dell’uomo ( 87 ), secondo la quale «spetta al giudice comunitario attuare, nell’ambito del controllo giurisdizionale da esso esercitato, tecniche che consentano di conciliare, per un verso, le legittime preoccupazioni di sicurezza quanto alla natura e alle fonti di informazioni prese in considerazione nell’adottare l’atto di cui trattasi e, per altro verso, la necessità di concedere in maniera adeguata al singolo di beneficiare delle regole procedurali» ( 88 ).

    IV – Conclusione

    80.

    Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Verwaltungsgericht Berlin (Tribunale Amministrativo, Berlino, Germania) nei termini seguenti:

    1)

    Nello stabilire se un cittadino di un paese terzo sia considerato una minaccia alla pubblica sicurezza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato, un’autorità di uno Stato membro, nell’ambito dell’ampio margine discrezionale riconosciutole, è tenuta a:

    verificare, accertare ed esaminare compiutamente tutti fatti pertinenti;

    fornire informazioni concrete circa i motivi per cui una persona è considerata una minaccia alla pubblica sicurezza e

    effettuare una ponderazione complessiva di tutti gli interessi pertinenti.

    In tale contesto, il sindacato giurisdizionale si limita a verificare che i limiti di tale potere discrezionale siano stati rispettati.

    2)

    L’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114 non osta a che uno Stato membro rifiuti il rilascio di un visto a un cittadino di un paese terzo che ha conseguito il proprio diploma di laurea presso un istituto iscritto in un regolamento del Consiglio in quanto entità coinvolta in attività nucleari o relative a missili balistici e che figura fra le persone e le entità che forniscono sostegno al governo di uno Stato terzo, e che intende svolgere un progetto di ricerca in detto Stato membro, ove le autorità di tale Stato membro abbiano accertato che sussiste il rischio che detto cittadino del paese terzo impieghi in modo improprio le conoscenze acquisite in detto Stato membro per finalità che costituiscono una minaccia alla sicurezza esterna o interna dello Stato membro.


    ( 1 ) Lingua originale: l’inglese.

    ( 2 ) Direttiva del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (GU 2004, L 375, pag. 12).

    ( 3 ) Regolamento (UE) del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU 2012, L 88, pag. 1), come modificato dal regolamento del Consiglio (UE) 2015/1328 del 31 luglio 2015 (GU 2015, L 206, pag. 20).

    ( 4 ) Regolamento di esecuzione del 7 novembre 2014 che attua il regolamento n. 267/2012 (GU 2014, L 325, pag. 3).

    ( 5 ) Tecnicamente, le persone e le entità indicate in detto allegato devono essere inserite nell’elenco riportato nella parte I dell’allegato IX del regolamento n. 267/2012.

    ( 6 ) Una versione inglese di detta legge è reperibile all’indirizzo https://www.gesetze-im-internet.de/englisch_aufenthg/englisch_aufenthg.html#p0046

    ( 7 ) V., a tal fine, sentenze del 4 settembre 2014, eco cosmetics e Raiffeisenbank St Georgen (C‑119/13 e C‑120/13, EU:C:2014:2144, punto 33), e del 23 aprile 2015, Aykul (C‑260/13, EU:C:2015:257, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 8 ) V.Thym, D., «Legal framework for entry and border controls», in Hailbronner, K., e Thym, D. (eds.), EU immigration and asylum law – a commentary, seconda edizione, C.H. Beck, Hart, Nomos, Munich, Oxford, Baden-Baden 2016, paragrafo 32.

    ( 9 ) V. Hailbronner, K. and Gogolin, J., «Aliens», in Wolfrum, R. (ed.), Max Planck Encyclopedia of Public International Law, Oxford University Press, edizione online (http://opil.ouplaw.com/home/EPIL), paragrafo 14.

    ( 10 ) C‑84/12, EU:C:2013:232, paragrafo 47.

    ( 11 ) V. Hailbronner, K., e Gogolin, J., loc. cit., paragrafi da 14 a 22.

    ( 12 ) Ciò costituisce giurisprudenza consolidata dalla sentenza della Corte eu. D.U. del 18 febbraio 1991, n. 12313/86 Moustaquim c. Belgio, ECLI:CE:ECHR:1991:0218JUD001231386, § 43. V. anche, ex multis, sentenza della Corte eu. D.U. del 26 luglio 2005, n. 38885/02 N. c. Finlandia, ECLI:CE:ECHR:2003:0923DEC003888502, § 158.

    ( 13 ) Ciò costituisce giurisprudenza consolidata a partire dalla sentenza della Corte eu. D.U. del 7 luglio 1989, n. 14038/88, Soering c. Regno Unito, CE:ECHR:1989:0707JUD001403888, § 91. V. anche sentenza della Corte eu. D.U. del 15 novembre 1996, n. 22414/93, Chahal c. Regno Unito, CE:ECHR:1996:1115JUD002241493, §§ 73-74.

    ( 14 ) V. sentenze della Corte eu. D.U. del 21 dicembre 2001, n. 31465/96, Sen c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2001:1221JUD003146596, § 40; del 1o dicembre 2005, n. 60665/00, Tuquabo-Tekle e altri c. Paesi Bassi, CE:ECHR:2005:1201JUD006066500, § 50, nonché del 14 giugno 2011, n. 38058/09, Osman c. Danimarca, CE:ECHR:2011:0614JUD003805809, §§ 53 e sgg.

    ( 15 ) Il corsivo è mio.

    ( 16 ) In base al quale il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali secondo le disposizioni dei trattati.

    ( 17 ) Ciò, tuttavia, non implica che un cittadino di un paese terzo, una volta ammesso in uno Stato membro, abbia un diritto automatico alla mobilità. Le direttive adottate sul fondamento dell’articolo 79 TFUE, infatti, contengono restrizioni sostanziali alla mobilità all’interno dell’Unione. V., a titolo esemplificativo, l’articolo 8 della direttiva 2004/114, che subordina (ancora una volta) la mobilità all’ottemperanza ai requisiti generali e specifici di cui agli articoli 6 e 7 di detta direttiva.

    ( 18 ) Il quale, peraltro, ha creato uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Ciò è stato realizzato successivamente al trasferimento delle materie strettamente legate alla libera circolazione delle persone dal terzo pilastro (TUE) al primo pilastro (TCE). Da quel momento, e fino all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, questo settore interessava più pilastri, in quanto una parte delle sue disposizioni erano contenute nel trattato CE e l’altra parte nel trattato UE.

    ( 19 ) Questa formulazione è scomparsa solo con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009.

    ( 20 ) Politica d’immigrazione comune. Ex articolo 63, paragrafi 3 e 4, CE.

    ( 21 ) V. articolo 1, lettera a), della direttiva 2004/114. Il corsivo è mio.

    ( 22 ) V. articolo 1, lettera b), della direttiva 2004/114. Il corsivo è mio.

    ( 23 ) Il preambolo di un atto dell’Unione è idoneo a precisarne il contenuto, v. sentenza del 22 dicembre 2008, Wallentin-Hermann (C‑549/07, EU:C:2008:771, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 24 ) V. considerando 6 della direttiva 2004/114.

    ( 25 ) V. considerando 7 della direttiva 2004/114.

    ( 26 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2016 relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (rifusione) (GU 2016, L 132, pag. 21).

    ( 27 ) Direttiva del 12 ottobre 2005 relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (GU 2005, L 289, pag. 15).

    ( 28 ) V. articolo 41 della direttiva 2016/801.

    ( 29 ) V. considerando 3 della direttiva 2016/801.

    ( 30 ) V. considerando 6 della direttiva 2016/801.

    ( 31 ) V. considerando 7 della direttiva 2016/801.

    ( 32 ) V. considerando 8 della direttiva 2016/801.

    ( 33 ) V. considerando 11 della direttiva 2016/801.

    ( 34 ) V. considerando [13] della direttiva 2016/801.

    ( 35 ) V. considerando 14 della direttiva 2016/801.

    ( 36 ) Sentenza del 10 settembre 2014 (C‑491/13, EU:C:2014:2187).

    ( 37 ) V. sentenza del 10 settembre 2014, Ben Alaya, C‑491/13 (EU:C:2014:2187, punto 16).

    ( 38 ) Ibid., punto 27.

    ( 39 ) Ibid., punto 33.

    ( 40 ) Ibid.

    ( 41 ) Ibid., punto 35.

    ( 42 ) Sentenza del 19 dicembre 2013 (C‑84/12, EU:C:2013:862).

    ( 43 ) GU 2009, L 243, pag. 1.

    ( 44 ) Sentenza del 4 settembre 2014 (C‑575/12, EU:C:2014:2155).

    ( 45 ) GU 2006, L 105, pag. 1.

    ( 46 ) Sentenza del 19 dicembre 2013, Koushkaki (C‑84/12, EU:C:2013:862, punto 63).

    ( 47 ) V. sentenza del 4 settembre 2014, Air Baltic Corporation (C‑575/12, EU:C:2014:2155, punto 62).

    ( 48 ) V., a titolo di esempio, sentenza del 17 novembre 2011, Gaydarov (C‑430/10, EU:C:2011:749, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 49 ) V. sentenza del 22 maggio 2012, P.I. (C‑348/09, EU:C:2012:300, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 50 ) Ibid.

    (

    51

    )

    «Se sussiste il rischio di fuga o se una domanda di soggiorno regolare è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta o se l’interessato costituisce un pericolo per l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, gli Stati membri possono astenersi dal concedere un periodo per la partenza volontaria o concederne uno inferiore a sette giorni».

    ( 52 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).

    ( 53 ) V. sentenza dell’11 giugno 2015, Zh. e O. (C‑554/13, EU:C:2015:377, punto 48).

    ( 54 ) Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77); v. articoli 1, lettera c), 15, paragrafo 1, 27, 28, 30, paragrafo 2, 31, 32, paragrafo 1, e 33, paragrafo 2.

    ( 55 ) Conseguentemente, le basi giuridiche di detta direttiva sono rinvenibili nei capi sulla cittadinanza (articoli 18 e 21 TFUE), sulla libera circolazione dei lavoratori (articolo 46 TFUE), sulla libertà di stabilimento (articolo 50 TFUE) e sulla libera prestazione di servizi (articolo 59 TFUE).

    ( 56 ) Libera circolazione delle merci (articolo 36 TFUE), libera circolazione dei lavoratori (articolo 45, paragrafo 3, TFUE), libertà di stabilimento (articolo 52, paragrafo 1, TFUE), libera prestazione di servizi (articoli 56, 61 e 52, paragrafo 2, TFUE), libera circolazione dei capitali [articolo 65, paragrafo 1, lettera b), TFUE]. Vi è altresì un riferimento a tali termini nell’articolo 202 TFUE, la base giuridica degli atti dell’Unione nel settore della libera circolazione dei lavoratori dei paesi e territori d’oltremare.

    ( 57 ) V. sentenza del 13 settembre 2016, CS, C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 36, in adesione alle conclusioni da me presentate nelle cause riunite Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75; v. paragrafo 140 e segg. delle mie conclusioni).

    ( 58 ) V., a titolo di esempio, sentenza del 13 settembre 2016, CS, C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 39 e giurisprudenza ivi citata. V. le conclusioni da me presentate nelle cause riunite Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75, paragrafo 170). La causa CS riguardava la cittadinanza, ma la formula trae le proprie origini dalle libertà del mercato interno e vi si fa riferimento in tutte queste libertà.

    ( 59 ) V. sentenza del 13 settembre 2016, CS (C‑304/14, EU:C:2016:674, punto 39).

    ( 60 ) V. sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis (C‑145/09, EU:C:2010:708, punti 4546).

    ( 61 ) V. sentenza del 22 maggio 2012, P.I. (C‑348/09, EU:C:2012:300, punto 28).

    ( 62 ) V. sentenza del 26 novembre 2002, Oteiza Olazabal (C‑100/01, EU:C:2002:712, punti 1235).

    ( 63 ) V. articolo 32, paragrafo 1, lettera a), punto vi), del codice dei visti.

    ( 64 ) Diversamente dal diritto dell’Unione, il diritto amministrativo tedesco opera una distinzione fra il cosiddetto Beurteilungsspielraum e l’Ermessen. Mentre la prima riguarda i requisiti sostanziali di una norma, la seconda interviene solo a livello di conseguenze giuridiche, una volta che la norma è attuata («Rechtsfolgenseite»). Detta distinzione, tuttavia, non ha rilevanza per il caso di specie, dal momento che il diritto dell’Unione non opera una siffatta differenziazione, motivo per cui nella giurisprudenza della Corte l’espressione «margine di discrezionalità» rimanda talvolta a «Beurteilungsspielraum» e talvolta a «Ermessen».

    ( 65 ) V. articolo 27, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38, utilizzato per codificare una precedente giurisprudenza della Corte relativamente alle libertà sancite dal Trattato.

    ( 66 ) V. articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2004/38.

    ( 67 ) Ibid.

    ( 68 ) Un’argomentazione analoga è presentata in dottrina da Hailbronner, K. e Thym, D., «Constitutional framework and principles for interpretation», in Hailbronner, K. e Thym, D. (eds.), EU immigration and asylum law – a commentary, seconda edizione, C.H. Beck, Hart, Nomos, Munich, Oxford, Baden-Baden 2016, paragrafo 20.

    ( 69 ) La direttiva 2004/38 risale al 29 aprile 2004, mentre la direttiva 2004/114 è stata adottata il 13 dicembre 2004.

    ( 70 ) Sotto «condizioni generali», in relazione alle condizioni d’ingresso e soggiorno, nel progetto di articolo 5, paragrafo 1, lettera c), e sotto «revoca» nel progetto di articolo 15, paragrafo 2. V. proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, formazione professionale o volontariato, presentata dalla Commissione, COM(2002)548 def., rispettivamente alle pagg. 26 e 30.

    ( 71 ) Ciò si è verificato a seguito di una proposta del relativo gruppo di lavoro del Consiglio. V. «Outcome of proceedings, Working Party on Migration and Expulsion – Proposal for a Council Directive on the conditions of entry and residence of third-country nationals for the purposes of studies, vocational training or voluntary service», Bruxelles, 28.11.2003, 1513/03 MIGR 103, pag. 9.

    ( 72 ) Questa tesi è sostenuta anche da Hailbronner, K., e Gies, S., «Council Directive 2004/114/EC of 13 December 2004 on the conditions of admission of third-country nationals for the purposes of studies, pupil exchange, unremunerated training or voluntary service», in Hailbronner, K., e Thym, D. (eds.), EU immigration and asylum law – a commentary, seconda edizione, C.H. Beck, Hart, Nomos, Munich, Oxford, Baden-Baden 2016, articolo 6, paragrafo 7. L’opinione contraria in dottrina ritiene che non vi sia un riferimento nel testo o nel preambolo della direttiva 2004/114 all’articolo 72 TFUE, il che implica, secondo questa tesi, che «un’interpretazione restrittiva dell’eccezione di ordine pubblico sosterrebbe la finalità della legislazione di attrarre studenti nell’Unione europea» (traduzione libera), v. Peers, S., in Peers, S, Guild, E., Acosta Arcarazo, D. Groenendijk, K., Moreno-Lax, V. (eds), EU Immigration and Asylum Law (Text and Commentary): Second Revised Edition, Volume 2: EU Immigration Law, Martinus Nijhoff Publishers, Leiden, Boston 2012, Capitolo 7, pag. 202.

    ( 73 ) E, per giunta, sia inserita come tale nell’allegato del regolamento di esecuzione n. 1202/2014, sub I, al numero 161.

    ( 74 ) V. sentenza del 10 settembre 2014, Ben Alaya (C‑491/13, EU:C:2014:2187, punto 33).

    ( 75 ) Ibid.

    ( 76 ) V. sentenza del 19 dicembre 2013, Koushkaki (C‑84/12, EU:C:2013:862, punti 60, 61, 63 e dispositivo). Il corsivo è mio.

    ( 77 ) Ibid., punto 60.

    ( 78 ) Sebbene occorra riconoscere che il medesimo ostacolo esiste in base alle norme sulla libera circolazione, laddove uno Stato membro non può limitare la libera circolazione a titolo di sanzione per atti che una persona ha commesso, ma solo per atti che si sospetta commetterà in futuro.

    ( 79 ) Secondo l’accattivante definizione di Hailbronner, K., e Gies, S., «Council Directive 2004/114/EC of 13 December 2004 on the conditions of admission of third-country nationals for the purposes of studies, pupil exchange, unremunerated training or voluntary service», in Hailbronner, K., e Thym, D. (eds.), EU immigration and asylum law – a commentary, seconda edizione, C.H. Beck, Hart, Nomos, Munich, Oxford, Baden-Baden 2016, articolo 5, paragrafo 15.

    ( 80 ) Ai sensi nell’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, i provvedimenti adottati dagli Stati membri sono basati esclusivamente sul comportamento personale della persona nei riguardi della quale sono applicati. Tale comportamento personale deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società. Giustificazioni estranee al caso individuale o attinenti a ragioni di prevenzione generale non sono prese in considerazione.

    ( 81 ) «(…) margine di discrezionalità in ragione del quale la valutazione delle autorità è soggetta soltanto a un limitato controllo giurisdizionale».

    ( 82 ) V. progetto di articolo 20, paragrafo 3, della proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, formazione professionale o volontariato, presentata dalla Commissione, COM(2002)548 def., pag. 40.

    ( 83 ) V. Hailbronner, K., e Gies, S., «Council Directive 2004/114/EC of 13 December 2004 on the conditions of admission of third-country nationals for the purposes of studies, pupil exchange, unremunerated training or voluntary service», in Hailbronner, K., e Thym, D. (eds.), EU immigration and asylum law – a commentary, seconda edizione, C.H. Beck, Hart, Nomos, Munich, Oxford, Baden-Baden 2016, articoli da 18 a 21, paragrafo 8.

    ( 84 ) In particolare, per un confronto con gli altri ordinamenti giuridici nazionali, v. von Danwitz, Th., Europäisches Verwaltungsrecht, Springer, Berlin, Heidelberg, 2008, pagg. 589 e segg.

    ( 85 ) Sia sotto forma di «Berurteilungsspielraum» o di «Ermessen». V. anche von Danwitz, Th., loc. cit.

    ( 86 ) Sentenza del 3 settembre 2008 (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461).

    ( 87 ) V. Corte eu. D.U., sentenza del 15 novembre 1996, n. 22414/93, Chahal c. Regno Unito, ECLI:CE:ECHR:1996:1115JUD002241493, punto 131.

    ( 88 ) V. sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 344).

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