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Documento 62015CC0149

Conclusioni dell’avvocato generale H. Saugmandsgaard Øe, presentate il 7 aprile 2016.
Sabrina Wathelet contro Garage Bietheres & Fils SPRL.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d'appel de Liège.
Rinvio pregiudiziale – Direttiva 1999/44/CE – Vendita e garanzie dei beni di consumo – Ambito di applicazione – Nozione di “venditore” – Intermediario – Circostanze eccezionali.
Causa C-149/15.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2016:217

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 7 aprile 2016 ( 1 )

Causa C‑149/15

Sabrina Wathelet

contro

Garage Bietheres & Fils SPRL

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d’appel de Liège (Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale — Tutela dei consumatori — Direttiva 1999/44/CE — Vendita e garanzie dei beni di consumo — Articolo 1, paragrafo 2, lettera c) — Nozione di venditore — Responsabilità di un professionista che agisce quale intermediario per un venditore non professionista»

I – Introduzione

1.

Non vi sono dubbi sul fatto che un consumatore che acquisti un bene di consumo da un altro privato non beneficia della tutela della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo ( 2 ). Nella presente causa, si pone la questione se, tuttavia, ciò valga anche nel caso in cui un professionista che agisce in nome e per conto di un privato intervenga nella vendita presentandosi al consumatore quale venditore.

2.

La domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi) (Belgio), rientra nell’ambito di una controversia tra un consumatore e un professionista, riguardante la vendita di un’automobile d’occasione. La questione principale è se il professionista, che ha agito soltanto in qualità di intermediario per il proprietario non professionista dell’automobile, sia responsabile nei confronti del consumatore per i difetti di conformità di quest’ultima.

3.

In tale contesto, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte se la nozione di venditore, di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, includa un professionista, quale il convenuto nel procedimento principale, che intervenga in una vendita quale intermediario per un privato, benché detta disposizione non menzioni tale fattispecie.

4.

Pertanto, nella presente causa, la Corte è invitata a chiarire la portata della nozione di venditore ai sensi della direttiva 1999/44 e, di conseguenza, l’ambito di applicazione di tale direttiva.

5.

Nell’analisi seguente, esporrò anzitutto alcune considerazioni di ordine generale relative alla nozione di intermediario e alle modalità di interpretazione della nozione di venditore contenuta nella direttiva 1999/44. In seguito, sulla base di un’analisi sia della formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), di tale direttiva sia della finalità della medesima disposizione, esaminerò l’ambito di applicazione della nozione di venditore ai sensi della direttiva al fine di rispondere alla questione pregiudiziale. Infine, tratterò la questione della valutazione da parte del giudice nazionale nonché quella della remunerazione dell’intermediario.

II – Contesto normativo

A – La direttiva 1999/44

6.

Il considerando 1 della direttiva 1999/44 rinvia all’articolo 153 del Trattato CE (attuale articolo 169 TFUE), il quale dispone, tra l’altro, quanto segue:

«Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, [l’Unione] contribuisce a tutelare (…) gli interessi economici dei consumatori nonché a promuovere il loro diritto all’informazione (…) per la salvaguardia dei propri interessi» ( 3 ).

7.

I considerando 5 e 6 della direttiva 1999/44 precisano quanto segue:

«(5)

considerando che la creazione di una base legislativa minima comune in materia di diritto dei consumatori, applicabile a prescindere dal luogo di acquisto dei beni nella Comunità, rafforzerà la fiducia dei consumatori e permetterà loro di trarre il massimo profitto dal mercato interno;

(6)

considerando che le principali difficoltà incontrate dai consumatori e la principale fonte di conflitti con i venditori riguardano la non conformità dei beni a quanto stabilito nel contratto; che è quindi opportuno ravvicinare le legislazioni nazionali relative alla vendita dei beni di consumo per quanto riguarda tale aspetto, senza però intervenire sulle disposizioni e i principi delle legislazioni nazionali relativi alla responsabilità contrattuale ed extracontrattuale».

8.

Per quanto riguarda la responsabilità del venditore, il considerando 9 di tale direttiva così dispone:

«(9)

considerando che il venditore deve essere il responsabile diretto nei confronti del consumatore della conformità del bene al contratto; che tale è la soluzione tradizionalmente adottata negli ordinamenti giuridici degli Stati membri; che il venditore deve tuttavia poter agire, come previsto dalla legislazione nazionale, contro il produttore, un precedente venditore nella stessa catena contrattuale o qualsiasi altro intermediario, a meno che non abbia rinunciato al suo diritto; che la presente direttiva non incide sul principio dell’autonomia contrattuale nei rapporti tra il venditore, il produttore, un precedente venditore o qualsiasi altro intermediario; che le norme che individuano i soggetti passivi e le modalità d’azione del venditore devono essere stabilite dal diritto nazionale».

9.

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, di detta direttiva, quest’ultima ha per oggetto:

«il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative a taluni aspetti della vendita e delle garanzie concernenti i beni di consumo, al fine di garantire un livello minimo uniforme di tutela dei consumatori nel quadro del mercato interno».

10.

A tal fine, la direttiva 1999/44 impone ai venditori taluni obblighi nei confronti dei consumatori, in particolare l’obbligo, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita e l’obbligo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di rispondere al consumatore di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.

11.

L’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 definisce la nozione di venditore ai fini dell’applicazione della direttiva nei termini seguenti:

«venditore: qualsiasi persona fisica o giuridica che in base a un contratto vende beni di consumo nell’ambito della propria attività commerciale o professionale».

12.

L’articolo 4 di tale direttiva, intitolato «Diritto di regresso», così dispone:

«Quando è determinata la responsabilità del venditore finale nei confronti del consumatore a seguito di un difetto di conformità risultante da un’azione o da un’omissione del produttore, di un precedente venditore nella stessa catena contrattuale o di qualsiasi altro intermediario, il venditore finale ha diritto di agire nei confronti della persona o delle persone responsabili, nel rapporto contrattuale. La legge nazionale individua il soggetto o i soggetti nei cui confronti il venditore finale ha diritto di agire, nonché le relative azioni e modalità di esercizio».

13.

Secondo il suo articolo 1, paragrafo 1, la direttiva 1999/44 prevede soltanto un’armonizzazione minima delle normative nazionali sulla protezione dei consumatori ( 4 ). A tale riguardo, l’articolo 8, intitolato «Diritto nazionale e protezione minima», al paragrafo 1 precisa quanto segue:

«L’esercizio dei diritti riconosciuti dalla presente direttiva lascia impregiudicato l’esercizio di altri diritti di cui il consumatore può avvalersi in forza delle norme nazionali relative alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale».

B – Il diritto belga

14.

La nozione di venditore, quale definita all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, è stata trasposta letteralmente nel diritto belga dall’articolo 1649 bis, § 2, 2o, del codice civile belga.

III – Fatti e procedimento principale

15.

Il 24 aprile 2012, la sig.ra Wathelet acquistava un’automobile d’occasione presso un’autorimessa, vale a dire la società a responsabilità limitata Garage Bietheres & Fils SPRL (in prosieguo: l’«autorimessa Bietheres»), al prezzo di EUR 4000.

16.

La sig.ra Wathelet consegnava la somma di EUR 4000 all’autorimessa Bietheres, senza ricevere, tuttavia, né una ricevuta di pagamento né una fattura di vendita.

17.

L’autorimessa Bietheres sottoponeva il veicolo al controllo tecnico a proprie spese e presentava la domanda di immatricolazione all’autorità belga competente. Del costo di tale immatricolazione si faceva carico la sig.ra Wathelet.

18.

Alcuni mesi dopo, nel luglio 2012, il veicolo rimaneva in panne. Esso veniva depositato presso l’officina dell’autorimessa Bietheres per la riparazione. L’autorimessa diagnosticava la rottura del motore.

19.

In una lettera datata 13 novembre 2012 indirizzata all’autorimessa Bietheres, la sig.ra Wathelet intimava a quest’ultima di restituirle il veicolo, reclamando, tra l’altro, la fattura di vendita.

20.

Il 17 novembre 2012 la sig.ra Wathelet si recava presso l’autorimessa Bietheres per recuperare il proprio veicolo. Tale richiesta le veniva respinta in quanto ella si rifiutava di firmare una fattura di riparazione di EUR 2000 datata 17 novembre 2012. Secondo la sig.ra Wathelet, è in quel momento che ella veniva informata del fatto che l’autorimessa Bietheres non era il venditore del veicolo, bensì aveva svolto in realtà soltanto il ruolo di intermediario per un privato ( 5 ).

21.

Con lettera del 17 novembre 2012, inviata alla sig.ra Wathelet, l’autorimessa Bietheres dichiarava che il veicolo acquistato dalla sig.ra Wathelet era stato depositato in conto vendita e che quest’ultima era stata informata immediatamente del fatto che il veicolo apparteneva non già all’autorimessa Bietheres, bensì a un privato. Secondo l’autorimessa Bietheres, la rottura del motore costituiva un rischio normale nell’ambito dell’acquisto di un veicolo d’occasione tra privati. Di conseguenza, l’autorimessa Bietheres insisteva nel rifiuto di restituire il veicolo alla sig.ra Bietheres fino a quando la fattura di riparazione di EUR 2000 non fosse stata interamente pagata. L’autorimessa Bietheres allegava alla propria lettera una ricevuta della somma di EUR 4000, completata a mano con il nome e il cognome del proprietario non professionista e dell’acquirente, sig.ra Wathelet. Tale documento contiene soltanto la firma del proprietario non professionista.

22.

Il 13 dicembre 2012, l’autorimessa Bietheres citava la sig.ra Wathelet a comparire dinanzi al tribunal de première instance de Verviers (Tribunale di primo grado di Verviers, Belgio), chiedendo tra l’altro il pagamento della fattura di riparazione di EUR 2000 del 17 novembre 2012, oltre agli interessi. L’autorimessa Bietheres sosteneva che il veicolo acquistato dalla sig.ra Wathelet apparteneva a una sua cliente e che si era trattato di una vendita da privato a privato.

23.

La sig.ra Wathelet contestava la domanda dell’autorimessa Bietheres e presentava una domanda riconvenzionale, chiedendo, sulla base del codice civile belga, la risoluzione della vendita con il rimborso della somma di EUR 4000, oltre agli interessi. Inoltre, la sig.ra Wathelet chiedeva il risarcimento dei danni per un importo di EUR 2147,46. Ella sosteneva che la vendita del veicolo era avvenuta tra lei e l’autorimessa Bietheres e che ella non aveva modo di sapere che tale autorimessa non fosse il venditore.

24.

Il tribunal de première instance giudicava la domanda dell’autorimessa Bietheres parzialmente fondata e condannava la sig.ra Wathelet a versare a quest’ultima la somma di EUR 2000 oltre agli interessi. Inoltre, tale tribunale giudicava infondata la domanda riconvenzionale della sig.ra Wathelet.

25.

La sig.ra Wathelet interponeva appello dinanzi al giudice del rinvio, la cour d’appel de Liège (Corte d’appello di Liegi, Belgio), mantenendo le domande formulate in primo grado e chiedendo, in subordine, la restituzione immediata del veicolo.

26.

Il giudice del rinvio ritiene che sussistano motivi gravi, precisi e concordanti per supporre che la sig.ra Wathelet non fosse stata informata, al momento della conclusione del contratto di vendita, del fatto che si trattava di una vendita da privato a privato. A questo proposito, il giudice nazionale considera assodato il fatto che la sig.ra Wathelet non abbia mai incontrato il proprietario del veicolo e che l’autorimessa abbia agito da intermediario nella vendita senza essere remunerata a tale titolo dal proprietario.

IV – La questione pregiudiziale e il procedimento dinanzi alla Corte

27.

Il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la nozione di “venditore” di beni di consumo, di cui all’articolo 1649 bis del Codice civile belga, inserito dalla legge del 1o settembre 1994 denominata “legge relativa alla protezione dei consumatori in caso di vendita di beni di consumo” che recepisce nel diritto belga [la direttiva 1999/44 su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo], debba essere interpretata nel senso che essa non riguarda soltanto il professionista che in qualità di venditore trasferisce la proprietà di un bene di consumo a un consumatore, ma anche il professionista che funge da intermediario per un venditore non professionista, indipendentemente dal fatto che venga o meno remunerato per il suo intervento e che abbia o meno informato il potenziale acquirente del fatto che il venditore è un privato».

28.

Sono state presentate osservazioni scritte dai governi belga, tedesco e austriaco nonché dalla Commissione europea. Non si è svolta udienza.

V – Analisi giuridica

A – Osservazioni introduttive

1. Sulla nozione di intermediario

29.

A titolo di introduzione, mi sembra utile formulare alcune osservazioni sulla nozione di intermediario, la quale copre una gamma di situazioni i cui effetti giuridici possono essere diversi e formare oggetto di variazioni nazionali ( 6 ), in quanto le normative nazionali sui contratti hanno costituito oggetto soltanto di un’armonizzazione molto limitata a livello europeo ( 7 ).

30.

Il giudice del rinvio non ha precisato in che senso esso utilizzi il termine «intermediario» nella domanda di pronuncia pregiudiziale.

31.

La direttiva 1999/44, dal canto suo, non contiene una definizione del termine «intermediario», presente nel considerando 9 e nell’articolo 4 di quest’ultima, e né le disposizioni della direttiva, né i lavori preparatori della medesima indicano in che senso tale termine sia utilizzato in detta direttiva. Neanche la Corte ha avuto l’opportunità di approfondire tale questione o, più in generale, il ruolo e le responsabilità dell’intermediario nell’ambito della tutela dei consumatori.

32.

Tuttavia, il termine «intermediario» figura in altre direttive relative alla tutela dei consumatori. Alcune di esse contengono una definizione esplicita del termine, che indica qualsiasi persona che agisca in nome o per conto di un’altra ( 8 ). Tale definizione comprende sia il professionista che agisce in nome proprio, il quale è generalmente considerato vincolato dal contratto ai sensi del diritto dei contratti nazionale ( 9 ), sia colui che agisce in nome di un’altra persona, il quale, per contro, non è generalmente considerato parte del contratto ( 10 ).

33.

Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il proprietario del veicolo di cui trattasi ha affermato che quest’ultimo gli apparteneva, che si trattava di una «vendita da privato a privato e che l’autorimessa [aveva] fatto semplicemente da intermediaria». Inoltre, nella decisione di rinvio si precisa che il pagamento del prezzo di vendita è stato trasferito al proprietario del veicolo ( 11 ).

34.

Mi permetto di dedurne che l’intermediario nel caso di specie, l’autorimessa Bietheres, è intervenuto nella vendita in nome e per conto del proprietario del veicolo.

35.

Di conseguenza, nell’analisi seguente, mi baserò su una definizione della nozione di intermediario che include qualsiasi professionista il quale, nell’ambito di una vendita di un bene di consumo, interviene nei confronti del consumatore in nome e per conto del proprietario non professionista del bene venduto ( 12 ).

36.

Inoltre, in assenza di indicazioni contrarie, mi permetto di presumere che l’autorimessa Bietheres sia stata autorizzata dal proprietario del veicolo a vendere quest’ultimo. Pertanto, la mia analisi riguarda soltanto l’ipotesi in cui l’intermediario agisca su autorizzazione.

2. Sull’oggetto della questione pregiudiziale

37.

Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio interroga la Corte sull’interpretazione della nozione di venditore di cui all’articolo 1649 bis del codice civile belga, che è stato inserito dalla legge del 1o settembre 1994 al fine di trasporre nel diritto belga l’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44.

38.

Occorre rilevare, in via preliminare, che la Corte, adita in base all’articolo 267 TFUE, è competente a statuire sull’interpretazione dei trattati, nonché sulla validità e l’interpretazione degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione. La competenza della Corte si limita all’esame delle sole disposizioni del diritto dell’Unione. Spetta al giudice nazionale valutare la portata delle disposizioni nazionali e il modo in cui devono essere applicate ( 13 ).

39.

Pertanto, la questione pregiudiziale deve essere intesa come volta ad accertare se la nozione di venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 debba essere interpretata nel senso che essa include il professionista che agisce in nome e per conto di un privato, indipendentemente dal fatto che egli sia o meno remunerato per il proprio intervento e abbia o meno informato il consumatore del fatto che il venditore fosse un privato.

3. Sulle modalità dell’interpretazione

40.

Prima di trattare l’interpretazione della nozione di venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, esporrò alcune considerazioni di ordine generale che mi sembrano istruttive a tal fine.

41.

In primo luogo, secondo una giurisprudenza costante della Corte, tanto l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto il principio d’uguaglianza esigono che una disposizione di diritto dell’Unione che non contenga alcun richiamo espresso al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve di regola dar luogo, nell’intera Unione, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi ( 14 ).

42.

Poiché la definizione di venditore di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 non contiene alcun richiamo agli ordinamenti nazionali, essa dev’essere considerata una nozione autonoma del diritto dell’Unione, che rinviene quindi il proprio contenuto soltanto nelle fonti del diritto dell’Unione.

43.

In secondo luogo, benché il termine «venditore» figuri in altri atti del diritto dell’Unione ( 15 ), la definizione specifica introdotta dall’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 si trova soltanto in tale direttiva. Pertanto, si tratta di una nozione unica, che dev’essere interpretata alla luce degli obiettivi perseguiti da detta direttiva nonché della funzione particolare del venditore nell’ambito di quest’ultima ( 16 ).

44.

In terzo luogo, la nozione di venditore ai sensi della direttiva 1999/44 deve necessariamente avere un carattere oggettivo, che si basi su taluni elementi verificabili, derivanti dal testo dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva (un «contratto», una vendita di un «bene di consumo», un’«attività commerciale o professionale»).

45.

Tale nozione è inoltre funzionale e relazionale, in quanto deriva dalla funzione della persona in una determinata transazione economica ( 17 ): il venditore «vende» un bene di consumo a un consumatore nell’ambito di un contratto di vendita. Pertanto, la determinazione delle persone di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 non è statica, ma dipende dalla loro posizione in un determinato rapporto contrattuale. La funzione del venditore dev’essere valutata principalmente dal punto di vista del consumatore, il quale è oggetto di tutela da parte di tale direttiva.

B – Sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44

1. Sull’interpretazione letterale dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c)

46.

A termini dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, la nozione di venditore comprende

«qualsiasi persona fisica o giuridica che in base a un contratto vende beni di consumo nell’ambito della propria attività commerciale o professionale».

47.

La definizione della nozione di venditore ai sensi della direttiva 1999/44 non richiama pertanto quella di intermediario e, da un punto di vista più generale, la direttiva non tratta esplicitamente la responsabilità dell’intermediario nei confronti del consumatore ( 18 ). Non sembra nemmeno che la questione della responsabilità dell’intermediario sia stata oggetto di discussione nel corso del procedimento legislativo che ha preceduto l’adozione di tale direttiva ( 19 ), il cui tema centrale è il rapporto tra il venditore e il consumatore, in quanto questi ultimi sono i principali soggetti di diritto della direttiva.

48.

La mancata menzione, nella direttiva 1999/44, della responsabilità dell’intermediario nei confronti del consumatore è tanto più degna di nota in quanto il legislatore europeo ha deciso di includere l’intermediario tra gli operatori responsabili nei confronti del consumatore in diverse altre direttive relative alla tutela dei consumatori ( 20 ).

49.

Inoltre, il termine «intermediario» è menzionato nella direttiva 1999/44 soltanto in relazione alla sua responsabilità nei confronti del venditore finale. Infatti, secondo l’articolo 4 della direttiva, quando è determinata la responsabilità di tale venditore nei confronti del consumatore a seguito di un difetto di conformità risultante da un’azione o da un’omissione del produttore, di un precedente venditore nella stessa catena contrattuale o «di qualsiasi altro intermediario», il venditore finale ha diritto di agire nei confronti della persona o delle persone responsabili, nel rapporto contrattuale. A tale riguardo, la seconda parte di detto articolo precisa che i soggetti responsabili, nonché le relative azioni e modalità di esercizio, saranno determinati in base alla legge nazionale ( 21 ).

50.

Sulla base di quanto precede, ritengo assodato, al pari dei governi belga, tedesco e austriaco, nonché della Commissione, che la nozione di venditore di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 non include il professionista, che agisce in nome e per conto di un privato, che intervenga manifestamente a tale titolo in una vendita al consumatore. Pertanto, un tale professionista non «vende» beni di consumo «in base a un contratto», bensì interviene unicamente in una vendita tra privati, alla quale detta direttiva non è destinata ad essere applicata.

51.

Orbene, a mio avviso, tale constatazione non esclude di per sé che un professionista che agisca in nome e per conto di un privato possa essere considerato, a seconda dei casi, venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 se, nel presentarsi al consumatore, dia l’impressione di agire in qualità di venditore. In una tale fattispecie, il professionista appare, dal punto di vista del consumatore, come «colui che vende» beni di consumo, «in base a un contratto», «nell’ambito della propria attività commerciale o professionale». Inoltre, detta situazione sembra paragonabile a quella in cui l’intermediario agisce in nome proprio ( 22 ). Quest’ultimo è, di regola, vincolato dal contratto ( 23 ) e dev’essere considerato, di conseguenza, il venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44.

52.

La definizione relativamente ampia della nozione di venditore contenuta nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 depone a favore dell’inclusione, nel suo ambito di applicazione, del professionista che, presentandosi al consumatore, dia l’impressione di agire in qualità di venditore.

53.

Si pone la questione se l’esatta formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 osti a una siffatta interpretazione.

54.

Nel procedimento principale, la questione principale relativa a detta formulazione verte anzitutto, a mio avviso, sulle espressioni «in base a un contratto» e «vende beni di consumo», poiché il giudice del rinvio considera assodato il fatto che l’autorimessa Bietheres venda beni di consumo nell’ambito della propria attività commerciale o professionale ( 24 ).

a) Sull’espressione «in base a un contratto»

55.

Né il testo né i lavori preparatori della direttiva 1999/44 ( 25 ) forniscono chiarimenti sull’esatta portata dell’espressione «in base a un contratto». Pertanto, per determinare il significato di tale espressione, si deve ricorrere al significato usuale di quest’ultima nel linguaggio corrente, pur tenendo conto del contesto nel quale è utilizzata e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui fa parte ( 26 ).

56.

Condivido l’analisi della Commissione, secondo la quale l’espressione «in base a un contratto» presuppone l’esistenza di un contratto, sia esso scritto o orale.

57.

Per quanto riguarda tale espressione, la Commissione rileva che spetta al giudice nazionale determinare se vi sia stato un contratto di vendita e, se del caso, tra quali parti esso sia stato concluso, in particolare se esso sia stato concluso tra un consumatore e un venditore ai sensi della direttiva 1999/44.

58.

I governi belga, tedesco e austriaco sostengono che soltanto la persona che è parte del contratto in qualità di venditore è direttamente responsabile nei confronti del consumatore in forza del contratto di vendita. Pertanto, l’unica questione che si porrebbe, per quanto riguarda la nozione di venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, sarebbe quella di determinare chi sia la controparte contrattuale del consumatore ( 27 ).

59.

Non condivido del tutto tale orientamento secondo cui la nozione di venditore è legata all’individuazione delle parti del contratto.

60.

È pur vero che il venditore, quale definito ai sensi della direttiva 1999/44, è nella maggior parte dei casi la persona che si obbliga contrattualmente a consegnare il bene venduto. Tuttavia, ai fini dell’applicazione della direttiva 1999/44, occorre distinguere, a mio avviso, da una parte, l’individuazione delle parti del contratto e, dall’altra, l’individuazione del venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44.

61.

Su questo punto, occorre ricordare il carattere minimo dell’armonizzazione realizzata da tale direttiva. L’individuazione delle parti del contratto è soggetta alle norme generali degli Stati membri applicabili ai contratti di vendita, le quali non sono armonizzate da detta direttiva ( 28 ).

62.

Ne consegue, a mio avviso, che l’individuazione delle parti del contratto sulla base delle normative nazionali non può essere determinante rispetto alla valutazione richiesta dall’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva. Quindi, la nozione di venditore, in quanto nozione autonoma del diritto dell’Unione, trarrebbe il proprio contenuto soltanto dalle fonti di diritto dell’Unione. Tale conclusione risulta rafforzata alla luce dell’obiettivo della direttiva, vale a dire assicurare una protezione minima uniforme dei consumatori nell’Unione, a prescindere dal luogo di acquisto dei beni ( 29 ).

63.

Pertanto, l’espressione «in base a un contratto» presuppone, di per sé, soltanto l’esistenza di un contratto e, di conseguenza, non osta all’interpretazione raccomandata, secondo la quale un professionista che agisce in nome e per conto dei un privato dev’essere considerato venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 se, nel presentarsi al consumatore, dia l’impressione di agire in tale qualità.

b) Sull’espressione «vende beni di consumo»

64.

Nel senso usuale del linguaggio corrente, il termine «vendere» significa che una persona, il venditore, trasferisce un bene a un’altra, l’acquirente, contro il pagamento di un importo che costituisce il prezzo del bene.

65.

Come sottolineato dal governo belga, l’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 non prevede che il venditore debba essere il proprietario del bene venduto ( 30 ).

66.

In assenza di qualsiasi indicazione in tal senso nel testo dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 e nei lavori preparatori di quest’ultima, un’interpretazione restrittiva della disposizione, secondo la quale la nozione di venditore sarebbe limitata al proprietario del bene venduto, mi sembra illogica poiché l’intermediario che agisca in nome proprio è, di regola, vincolato dal contratto ( 31 ) benché non sia il proprietario del bene venduto.

67.

Ricordo inoltre che la direttiva copre soltanto una parte molto limitata delle norme generali degli Stati membri applicabili ai contratti di vendita e non incide sulle normative nazionali in materia di proprietà.

68.

Peraltro, la direttiva 1999/44 verte principalmente sulle garanzie dei beni di consumo e sulla responsabilità per difetti di conformità. In tale contesto, dal punto di vista del consumatore, il quale costituisce l’oggetto di tutela di detta direttiva, non sembra rilevante che il proprietario e il venditore del bene siano necessariamente la stessa persona.

69.

In altri termini, nell’ambito della direttiva 1999/44, per assumere la funzione di venditore, l’operatore in questione non deve obbligatoriamente essere proprietario del bene ( 32 ). Non sussiste pertanto alcuna ragione per limitare la portata della nozione di venditore al proprietario del bene venduto.

2. Sull’interpretazione teleologica dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c)

70.

Un’interpretazione teleologica dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 conferma l’interpretazione letterale di tale disposizione, secondo la quale un professionista che agisca in nome e per conto di un privato può essere considerato venditore ai sensi di detta disposizione se, nel presentarsi al consumatore, dia l’impressione di agire in qualità di venditore.

71.

La funzione fondamentale del venditore nell’ambito della direttiva 1999/44 è quella di consegnare al consumatore un bene conforme al contratto di vendita e di ripararlo o sostituirlo in caso di difetto di conformità ( 33 ). A tal fine, la nozione di venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), delimita la cerchia delle persone nei confronti delle quali il consumatore può agire qualora il bene non sia conforme al contratto.

72.

Pertanto, la conoscenza, da parte del consumatore, dell’identità del venditore è ovviamente indispensabile in caso di difetto di conformità. Inoltre, la conoscenza dell’identità del venditore potrebbe anche essere decisiva per il consumatore che debba scegliere tra più venditori, in quanto quest’ultimo valuterebbe in tal caso la competenza, la professionalità e la solvibilità del venditore nonché la sua capacità di adempiere i suoi obblighi in caso di difetto di conformità.

73.

Qualora un professionista intervenisse in qualità di intermediario per un privato, come nel caso di specie, l’ignoranza, da parte del consumatore, quanto all’identità del venditore avrebbe un effetto ancora più pregiudizievole, poiché il consumatore ignorerebbe la propria situazione giuridica e i rimedi di cui dispone. Infatti, qualora il venditore risultasse essere un privato, il carattere vincolante dei diritti del consumatore, sancito dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 1999/44, non si applicherebbe, e il consumatore non godrebbe della protezione di tale direttiva. Di conseguenza, il venditore non professionista potrebbe sottrarsi, tra l’altro, a qualsiasi responsabilità per i vizi occulti del bene venduto. Tale esempio è ancora più pertinente nell’ambito della vendita di un veicolo d’occasione.

74.

Ne deriva che una tutela efficace del consumatore implica che quest’ultimo sappia che il venditore è un privato. Come affermato dal governo belga, tale informazione è paragonabile alle «informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale», informazioni che il venditore è tenuto a fornire al consumatore ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29/CE ( 34 ).

75.

Pertanto, per attribuire un effetto utile alla direttiva 1999/44 occorre, a mio avviso, seguire l’interpretazione raccomandata e includere nell’ambito di applicazione del suo articolo 1, paragrafo 2, lettera c), il professionista che agisca in nome e per conto di un privato, il quale, nel presentarsi al consumatore, dia l’impressione di agire in qualità di venditore. In una tale ipotesi, l’intermediario ha compiuto, a mio avviso, una «scelta irrevocabile» e non dovrebbe sottrarsi alle proprie responsabilità in caso di difetto di conformità del bene rinviando il consumatore al privato, il quale potrebbe essere irreperibile o persino insolvente ( 35 ).

76.

L’interpretazione proposta mi sembra conforme alla giurisprudenza della Corte secondo la quale il sistema di tutela istituito dalle direttive dell’Unione in materia di protezione dei consumatori si basa sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il livello di informazione ( 36 ).

77.

Qualora il consumatore non sia stato informato del fatto che il venditore è un privato, sussiste una notevole asimmetria informativa tra il consumatore e l’intermediario ( 37 ). Tale asimmetria può essere corretta soltanto su iniziativa dell’intermediario, per il quale, d’altronde, è di norma semplice porre rimedio alla situazione ( 38 ). Inoltre, l’asimmetria informativa sarà spesso creata o, quanto meno, mantenuta dall’intermediario. Ciò avvalora la tesi secondo la quale la responsabilità del venditore ai sensi della direttiva 1999/44 deve poter essere imposta all’intermediario che, nel presentarsi al consumatore, dia l’impressione di agire in qualità di venditore.

78.

L’interpretazione contraria, che escluda in ogni caso il professionista che agisce come intermediario dall’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, pregiudicherebbe l’obiettivo globale perseguito dalla normativa europea in materia di tutela dei consumatori e stabilito dall’articolo 169 TFUE (vecchio articolo 153 CE), vale a dire assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori e, di conseguenza, la fiducia dei consumatori, che è fondamentale per il mercato interno.

C – La valutazione che deve effettuare il giudice nazionale

79.

Spetta al giudice nazionale verificare, tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie e di tutti gli elementi di prova ( 39 ), se il professionista possa essere considerato il venditore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44, vale a dire se, nel presentarsi al consumatore, il professionista abbia dato l’impressione di agire in qualità di venditore del bene in questione.

80.

Tuttavia, mi sembra opportuno esporre alcune considerazioni di ordine generale in merito alla valutazione spettante al giudice nazionale.

81.

In primo luogo, va ricordata la premessa secondo la quale la direttiva 1999/44 non copre la responsabilità dell’intermediario nei confronti del consumatore ( 40 ). Ne consegue, a mio avviso, che l’imputazione all’intermediario della responsabilità del venditore in forza di tale direttiva deve restare un fatto eccezionale.

82.

Pertanto, l’intermediario che si limitasse a mettere in relazione il consumatore e il proprietario non professionista non dovrebbe in alcun caso essere considerato venditore ai sensi di detta direttiva. Per imputare tale responsabilità all’intermediario, occorrerebbe almeno che quest’ultimo abbia partecipato attivamente alla vendita.

83.

A tale riguardo, il giudice del rinvio può tener conto di tutte le circostanze che caratterizzano il ruolo del professionista nella vendita in questione, e anzitutto del fatto che il bene sia stato esposto nello stabilimento del professionista.

84.

Di regola, una siffatta constatazione dà luogo, a mio avviso, a una forte presunzione del fatto che il consumatore abbia avuto l’impressione che il professionista agisse in qualità di venditore. In una tale situazione, ritengo che incomba al professionista che intende sottrarsi alla responsabilità prevista dalla direttiva 1999/44 l’onere di provare che il consumatore sapesse o dovesse sapere, al momento della conclusione del contratto di vendita, che il venditore era un privato. Osservo che, per il professionista, sarebbe facile, in generale, dimostrare la conoscenza, da parte del consumatore, dell’identità del venditore non professionista. Gli è sufficiente provare di averne informato il consumatore, prova che l’intermediario si trova incontestabilmente nelle migliori condizioni di fornire.

85.

Inoltre, il giudice del rinvio può prendere in considerazione anche le seguenti circostanze al fine di determinare se il professionista, nel presentarsi al consumatore, abbia dato l’impressione di agire in qualità di venditore:

l’impegno concreto manifestato dal professionista nell’ambito della vendita;

l’ampiezza della corrispondenza e del dialogo tra il consumatore e il professionista;

il fatto che il consumatore abbia versato il prezzo del bene al professionista; e

le spese sostenute dal professionista in relazione alla vendita, a condizione che il consumatore ne sia stato a conoscenza.

86.

Il giudice del rinvio può anche accertare se il professionista venda, in generale, beni di consumo del tipo specifico che è oggetto della vendita di cui trattasi e prendere in considerazione tale elemento.

87.

In secondo luogo, mi sembra chiaro che il rispetto del principio di effettività della tutela dei consumatori non possa giungere al punto di supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato ( 41 ). Così, l’intermediario non dovrebbe essere considerato come il venditore, ai sensi della direttiva 1999/44, qualora il giudice nazionale ritenga che il consumatore medio, ossia un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto ( 42 ), non potesse legittimamente ignorare, al momento della conclusione del contratto di vendita, che il professionista agiva soltanto in qualità di intermediario per un privato ( 43 ). A questo proposito, un contratto di vendita scritto, contenente il nome del venditore non professionista, costituirebbe un indizio molto pregnante della conoscenza di tale elemento da parte del consumatore, purché detto documento venga consegnato al consumatore prima della conclusione del contratto di vendita.

D – Sulla remunerazione dell’intermediario

88.

La questione della remunerazione dell’intermediario per il suo intervento è legata al rapporto contrattuale tra il proprietario non professionista e l’intermediario, la quale esula, in generale, dall’ambito di applicazione della direttiva 1999/44, tranne per quanto riguarda il diritto del venditore finale di agire, ai sensi dell’articolo 4 di quest’ultima, nei confronti dell’intermediario in caso di difetto di conformità derivante da un atto o da un’omissione di quest’ultimo ( 44 ).

89.

Inoltre, il fatto che l’intermediario sia o meno remunerato per il suo intervento non mi sembra rilevante dal punto di vista del consumatore. In genere, il consumatore non è neanche a conoscenza del fatto che l’intermediario sia o meno remunerato.

90.

Pertanto, al pari della Commissione e del governo austriaco, ritengo che il fatto che l’intermediario sia o meno remunerato per il suo intervento non sia rilevante per la valutazione ai fini dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), volta a determinare se il professionista debba essere considerato venditore ai sensi della direttiva ( 45 ).

91.

A prima vista, imporre all’intermediario gli obblighi del venditore derivanti dalla direttiva 1999/44, mentre egli non ha ricevuto alcuna remunerazione o, tutt’al più, ha ricevuto una remunerazione molto esigua, può sembrare irragionevole.

92.

Tuttavia, va ricordato che l’intermediario non sopporta necessariamente l’onere economico finale. Al contrario, in caso di difetto di conformità del bene venduto, il cui costo sarebbe a carico dell’intermediario in qualità di venditore ai sensi della direttiva 1999/44, l’intermediario potrebbe agire, a norma dell’articolo 4 della direttiva 1999/44 e alle condizioni previste dal diritto nazionale applicabile, nei confronti della persona o delle persone responsabili, vale a dire, in generale, del proprietario non professionista.

93.

In effetti, l’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44 che raccomando implica soltanto che l’intermediario si assuma il rischio dell’insolvibilità del proprietario non professionista, il che costituisce tuttavia un aspetto fondamentale per il consumatore. Tale risultato mi sembra lungi dall’essere irragionevole, tenuto conto del fatto che l’intermediario può facilmente eliminare detto rischio informando il consumatore dell’identità del venditore non professionista o aggiungendo un premio di rischio alla remunerazione fissata per il suo intervento.

VI – Conclusione

94.

Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dalla cour d’appel de Liège:

L’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo dev’essere interpretato nel senso che esso include il professionista che agisce in nome e per conto di un privato, indipendentemente dal fatto che egli sia o meno remunerato per il proprio intervento, qualora l’intermediario, nel presentarsi al consumatore, dia l’impressione di agire in qualità di venditore.


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) GU L 171, pag. 12.

( 3 ) Versione consolidata 1997 del Trattato CE (GU C 340, pag. 173).

( 4 ) Nella sua proposta dell’8 ottobre 2008, che ha portato all’adozione della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM (2008) 614 definitiva], la Commissione aveva proposto di sostituire quattro direttive, tra le quali la direttiva 1999/44, con un «unico strumento orizzontale» basato su un’armonizzazione completa in materia di protezione dei consumatori. Tuttavia, tale approccio è stato respinto dal Consiglio. La versione finale della direttiva 2011/83, del 25 ottobre 2011 (GU L 304, pag. 64), contiene una sola modifica della direttiva 1999/44 (il nuovo articolo 8 bis), che impone agli Stati membri, quando adottano disposizioni di protezione dei consumatori più rigorose di quelle di cui all’articolo 5, paragrafi da 1 a 3, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 1999/44, di informarne la Commissione.

( 5 ) Dalla decisione di rinvio risulta che la proprietaria del veicolo non ha ricevuto l’intero prezzo di vendita, poiché l’autorimessa Bietheres aveva trattenuto la somma di EUR 800 per le riparazioni effettuate sul veicolo al fine di proporlo in vendita.

( 6 ) V. «Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR)», documento elaborato su richiesta della Commissione dal Gruppo di studio su un codice civile europeo e dal Gruppo Acquis comunitario, 2009, libro II, capitolo 6, intitolato «Representation».

( 7 ) V., tuttavia, la proposta della Commissione dell’11 ottobre 2011 di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita [COM (2011) 635 definitivo], la quale prevede, quanto ai contratti transfrontalieri, un «corpus autonomo e uniforme di norme di diritto dei contratti, comprensivo di norme a tutela del consumatore – il diritto comune europeo della vendita – da considerarsi alla stregua di un secondo regime di diritto dei contratti nell’ambito dell’ordinamento nazionale di ciascuno Stato membro» (punto 1, pag. 4, della proposta), purché le parti del contratto ne convengano.

( 8 ) V., in particolare, articolo 2 della direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU L 372, pag. 31) (abrogata dalla direttiva 2011/83), e articolo 2, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/122/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio (GU L 33, pag. 10). V., inoltre, articolo 2, punto 2, della citata proposta della Commissione, dell’8 ottobre 2008, della direttiva 2011/83 (nota 4 supra).

( 9 ) V. «Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR)», op. cit., libro II, capitolo 6, nota I.1 del punto II.-6:106, intitolato «Representative acting in own name».

( 10 ) Ibidem, punto II.6:105, intitolato «When representative’s act affects principal’s legal position».

( 11 ) V. supra, nota 5.

( 12 ) Vale a dire, su una definizione più limitata di quella utilizzata negli atti dell’Unione menzionati supra alla nota 8.

( 13 ) Sentenza Innoventif (C‑453/04, EU:C:2006:361, punto 29) e ordinanza Koval’ský (C‑302/06, EU:C:2007:64, punto 17 e giurisprudenza citata).

( 14 ) V., in particolare, sentenze Seattle Genetics (C‑471/14, EU:C:2015:659, punto 23) e Axa Belgium (C‑494/14, EU:C:2015:692, punto 21 e giurisprudenza citata).

( 15 ) V., in particolare, articolo 3, lettera h), del regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori (GU L 364, pag. 1).

( 16 ) Per contro, la definizione di «consumatore» contenuta nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 1999/44 si ritrova in altri atti dell’Unione. V., in particolare, articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29), e articolo 2, punto 2, della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19). Quest’ultima è stata abrogata dalla direttiva 2011/83.

( 17 ) La Corte ha, analogamente, dichiarato che la nozione di consumatore ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 ha «un carattere oggettivo» e deve «essere valutata alla luce di un criterio funzionale volto ad analizzare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito delle attività estranee all’esercizio di una professione» (ordinanza Tarcău, C‑74/15, EU:C:2015:772, punto 27). V., inoltre, sentenza Costea (C‑110/14, EU:C:2015:538, punto 21) e conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Costea (C‑110/14, EU:C:2015:271, paragrafo 28). Per quanto riguarda la nozione di consumatore ai sensi dell’articolo 13 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968 (GU 1972, L 299, pag. 32), v. sentenza Benincasa (C‑269/95, EU:C:1997:337, punto 16), in cui la Corte ha evidenziato «[i]l ruolo di tale persona in un contratto determinato, rispetto alla natura ed alla finalità di quest’ultimo».

( 18 ) V., inoltre, Libro Verde Revisione dell’acquis relativo ai consumatori [COM(2006) 744 definitivo, punto 4.2].

( 19 ) Per contro, è stata oggetto di discussione la possibilità di includere disposizioni sulla responsabilità del produttore nei confronti del consumatore. V., in particolare, Libro verde sulle garanzie dei beni di consumo e dei servizi post-vendita [COM (93) 509 def.]; risoluzione del Parlamento europeo, del 6 maggio 1994, sul Libro verde della Commissione relativo alle garanzie dei beni di consumo e dei servizi post vendita (GU C 205, pag. 562); parere del Comitato economico e sociale, del 27 novembre 1996, sulla proposta di direttiva (punti 1.4 e 2.5, GU 1997, C 66, pag. 5); risoluzione legislativa del Parlamento europeo, del 10 marzo 1998, sulla proposta di direttiva (emendamenti 4, 5 e 25; GU C 104, pag. 30), e proposta modificata della Commissione [COM (1998) 217 def., punto 5].

( 20 ) V. supra, nota 8.

( 21 ) V., inoltre, considerando 9 della direttiva 1999/44, il quale precisa che quest’ultima «non incide sul principio dell’autonomia contrattuale nei rapporti tra il venditore, il produttore, un precedente venditore o qualsiasi altro intermediario». Parimenti, nell’ambito del diritto internazionale privato, l’articolo 1, paragrafo 2, lettera g), del regolamento (CE) n. 593/2008, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (GU L 177, pag. 6) dispone che «la questione di stabilire se l’atto compiuto da un intermediario valga ad obbligare di fronte ai terzi il mandante (…)» è esclusa dal campo d’applicazione di tale regolamento.

( 22 ) Le due situazioni sono entrambe prese in esame anche in «Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law, Draft Common Frame of Reference (DCFR)», op. cit., libro II, capitolo 6, punto II.-6:106: «When the representative, despite having authority, does an act in the representative’s own name or otherwise in such a way as not to indicate to the third party an intention to affect the legal position of a principal, the act affects the legal position of the representative in relation to the third party as if done by the representative in a personal capacity». V., inoltre, articolo 13, paragrafo 1, della convenzione sulla rappresentanza in materia di vendita internazionale di merci, firmata a Ginevra il 17 febbraio 1983, secondo il quale gli atti vincolano soltanto l’intermediario e il terzo se «a) il terzo non conosceva o non era tenuto a conoscere la qualità dell’intermediario, o b) dalle circostanze del caso di specie, segnatamente con riferimento a un contratto di commissione, risulta che l’intermediario intendeva vincolare solo se stesso».

( 23 ) V. supra, paragrafo 32.

( 24 ) Ci si potrebbe chiedere se l’espressione «nell’ambito della propria attività commerciale o professionale» implichi che il professionista debba vendere in generale beni di consumo del tipo specifico che forma oggetto della vendita in questione. Ritengo che una siffatta interpretazione vada troppo oltre. Ciò non esclude, tuttavia, che tale circostanza possa essere rilevante per la valutazione volta a determinare se l’intermediario, nel presentarsi al consumatore, abbia dato l’impressione di agire in qualità di venditore. V. supra, paragrafo 86.

( 25 ) Infatti, l’espressione «in base a un contratto» non figurava nella proposta iniziale della Commissione [Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo, COM(95) 520 def.], del 23 agosto 1996, né nella proposta modificata [Proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo, COM(98) 217 def.], del 1o aprile 1998. Detta espressione è stata aggiunta all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), senza spiegazione, nella posizione comune (CE) n. 51/98, del 24 settembre 1998, definita dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva 1999/44 (GU C 333, pag. 46), e accettata dal Parlamento europeo nella sua decisione del 17 dicembre 1998, concernente la posizione comune definita dal Consiglio (GU 1999, C 98, pag. 226).

( 26 ) V. sentenza Content Services (C‑49/11, EU:C:2012:419, punto 32).

( 27 ) V. anche Reich, N., Micklitz, H.W., Rott, P., e Tonner, K., European Consumer Law, 2a ed., Intersentia, pag. 173, nonché Bianca, M., e Grundmann, S. (a cura di), EU Sales Directive, Commentary, Intersentia, pag. 114.

( 28 ) Nella motivazione della sua proposta di direttiva, la Commissione precisa che la direttiva 1999/44 lascia impregiudicate le norme generali degli Stati membri applicabili ai contratti di vendita, come quelle relative alla formazione del contratto, ai vizi del consenso ecc. Inoltre, la Commissione sottolinea che la proposta intende coprire soltanto una parte molto limitata delle questioni poste dalla vendita dei beni di consumo. V. proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo [COM(95) 520 def.], paragrafo II, lettera d), e paragrafo III, sub articolo 7 [attuale articolo 8 della direttiva 1999/44].

( 29 ) V., in particolare, considerando 5 della direttiva 1999/44. Nel suo parere del 27 novembre 1996 sulla proposta della Commissione di direttiva 1999/44, punto 2.1, il Comitato economico e sociale evidenzia l’obiettivo di garantire al consumatore, in caso di acquisto in un altro Stato membro di un prodotto difettoso, una protezione simile a quella di cui egli godrebbe nel proprio Stato di residenza.

( 30 ) Per contro, non condiviso del tutto l’opinione del governo austriaco secondo la quale non occorre automaticamente, secondo il testo dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), che vi sia un trasferimento di proprietà. A mio avviso, il termine «vendere» implica un trasferimento di proprietà al consumatore. Ciò non esclude, come afferma il governo austriaco, un contratto di vendita con riserva di proprietà, ma significa soltanto che il contratto verte sul trasferimento della proprietà di un bene a un consumatore.

( 31 ) V. supra, paragrafo 32.

( 32 ) Se è vero che il professionista che non sia il proprietario del bene non è, in generale, in grado di provvedere, senza il consenso del proprietario, alla riparazione o alla sostituzione del bene, conformemente all’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della direttiva 1999/44, è anche vero che, in caso di difetto di conformità, l’articolo 3, paragrafo 5, di tale direttiva conferisce esplicitamente al consumatore il diritto a una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto qualora il venditore non abbia esperito il rimedio entro un periodo ragionevole, requisiti che un siffatto professionista è certamente in grado di soddisfare.

( 33 ) V. articolo 2, paragrafo 1, e articolo 3 della direttiva 1999/44.

( 34 ) Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 149, pag. 22). L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 menziona, quale esempio di informazioni rilevanti, «l’indirizzo geografico e l’identità del professionista, come la sua denominazione sociale e, ove questa informazione sia pertinente, l’indirizzo geografico e l’identità del professionista per conto del quale egli agisce».

( 35 ) V., per analogia, sentenza Gruber (C‑464/01, EU:C:2005:32, punti 5051), riguardante la qualificazione di un contratto come «contratt[o] conclus[o] da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale» ai sensi dell’articolo 13 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968. La causa verteva sulla situazione inversa, in quanto il consumatore si presentava come se agisse a titolo professionale. La Corte ha statuito che il giudice nazionale dovrà, qualora le circostanze oggettive del fascicolo non siano tali da dimostrare a sufficienza di diritto che l’operazione che ha dato luogo alla conclusione di un contratto a duplice finalità perseguiva una finalità professionale non trascurabile, «verificare (…) se l’altra parte del contratto non potesse legittimamente ignorare la finalità extraprofessionale dell’operazione, in ragione del fatto che il presunto consumatore, con il suo comportamento nei confronti della controparte, avrebbe in realtà dato l’impressione a quest’ultima di agire a fini professionali». V., inoltre, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Gruber (C‑464/01, EU:C:2004:529, paragrafo 51).

( 36 ) V., per quanto riguarda la direttiva 1999/44, sentenza Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 42) e, per quanto riguarda la direttiva 93/13, sentenze Bucura (C‑348/14, EU:C:2015:447, punto 52), Costea (C‑110/14, EU:C:2015:538, punto 18 e giurisprudenza citata), BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:731, punto 17 e giurisprudenza citata) nonché Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 48 e giurisprudenza citata) e ordinanza Tarcău (C‑74/15, EU:C:2015:772, punto 24).

( 37 ) V., analogamente, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Faber (C‑497/13, EU:C:2014:2403, paragrafo 66), quanto alla conformità al contratto dei beni consegnati.

( 38 ) V., inoltre, articolo 7 della proposta di direttiva della Commissione, dell’8 ottobre 2008, citata supra alla nota 4. Con l’articolo 7, paragrafo 1, di tale proposta, la Commissione aveva proposto di obbligare l’intermediario ad informare il consumatore, prima della conclusione del contratto, del fatto che egli agisce a nome o per conto di un altro consumatore e che il contratto concluso non è considerato un contratto tra il consumatore e il commerciante ma un contratto tra due consumatori e quindi non è disciplinato dalla direttiva. Inoltre, secondo l’articolo 7, paragrafo 2, se l’intermediario non adempie tale obbligo, si considera che egli abbia concluso il contratto a proprio nome. Tuttavia, l’articolo 7 della proposta non è stato accolto. V., in particolare, l’orientamento generale del Consiglio, adottato il 24 gennaio 2011 [2008/196 (COD)], e gli emendamenti del Parlamento europeo, adottati il 24 marzo 2011, in merito alla proposta della Commissione (GU 2012, C 247E, pag. 55).

( 39 ) V., in tal senso, quanto alla nozione di consumatore, sentenze Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punti da 38 a 48) e Costea (C‑110/14, EU:C:2015:538, punti 2223), nonché ordinanza Tarcău (C‑74/15, EU:C:2015:772, punto 28).

( 40 ) V. supra, paragrafo 50.

( 41 ) V. sentenza Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 56 e giurisprudenza citata).

( 42 ) V. sentenza Bucura (C‑348/14, EU:C:2015:447, punto 56).

( 43 ) V., per analogia, sentenza Gruber (C‑464/01, EU:C:2005:32, punto 51), riguardante la qualificazione di un contratto come «contratt[o] conclus[o] da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale» ai sensi dell’articolo 13 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata a Bruxelles il 27 settembre 1968.

( 44 ) V. supra, paragrafo 12.

( 45 ) Secondo il governo tedesco, la circostanza che il professionista percepisca dal proprietario una remunerazione per il suo intervento potrebbe essere un indizio del fatto che egli vende non già in nome proprio, bensì in nome del proprietario, purché il consumatore sia a conoscenza di tale remunerazione. Pur essendo d’accordo su questo punto, mi chiedo se tale ipotesi possa realizzarsi concretamente, dato che il consumatore è raramente a conoscenza del rapporto contrattuale tra il venditore e l’intermediario.

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