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Documento 62014CC0232

    Conclusioni dell’avvocato generale M. Wathelet, presentate il 10 settembre 2015.

    Raccolta della giurisprudenza - generale

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2015:583

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    MELCHIOR WATHELET

    presentate il 10 settembre 2015 ( 1 )

    Causa C‑232/14

    Portmeirion Group UK Limited

    contro

    Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal First-tier Tribunal (Tax Chamber) (Regno Unito)]

    «Dumping — Validità del regolamento di esecuzione (UE) n. 412/2013 — Importazioni di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica originari della Repubblica popolare cinese»

    I – Introduzione

    1.

    La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità del regolamento di esecuzione (UE) n. 412/2013 del Consiglio, del 13 maggio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica originari della Repubblica popolare cinese ( 2 ) (in prosieguo: il «regolamento controverso»).

    2.

    Il ricorso d’annullamento proposto dinanzi al Tribunale ( 3 ) contro il regolamento controverso da uno degli esportatori interessati da tale regolamento è stato respinto dal Tribunale. L’impugnazione promossa dinanzi alla Corte da detto esportatore è ancora pendente alla data di lettura delle presenti conclusioni ( 4 ).

    II – Contesto normativo

    A – Il diritto dell’Unione

    3.

    L’articolo 236, paragrafo 1, del capitolo 5, dal titolo «Rimborso e sgravio dei dazi», del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario ( 5 ) (in prosieguo: il «codice doganale»), così recita:

    «Si procede al rimborso dei dazi all’importazione o dei dazi all’esportazione quando si constati che al momento del pagamento il loro importo non era legalmente dovuto (...)».

    4.

    Il regolamento controverso è stato adottato sulla base del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea ( 6 ) (in prosieguo: il «regolamento di base»). Quest’ultimo così dispone al suo articolo 1, dal titolo «Principi»:

    «1.   Un dazio antidumping può essere imposto su qualsiasi prodotto oggetto di dumping la cui immissione in libera pratica nella Comunità causi un pregiudizio.

    2.   Un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nella Comunità è inferiore ad un prezzo comparabile del prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali.

    3.   Il paese esportatore è di norma il paese d’origine. Esso, tuttavia, può essere un paese intermedio, salvo quando i prodotti transitano semplicemente in questo paese oppure non sono ivi fabbricati o il loro prezzo in questo paese non è comparabile.

    4.   Ai fini del presente regolamento, per “prodotto simile” si intende un prodotto identico, vale a dire simile sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato oppure, in mancanza di un tale prodotto, un altro prodotto che, pur non essendo simile sotto tutti gli aspetti, abbia caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato».

    5.

    Secondo i considerando 24, 25, 51, 52, e da 54 a 57 del regolamento (UE) n. 1072/2012 della Commissione, del 14 novembre 2012, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica originari della Repubblica popolare cinese ( 7 ) (in prosieguo: il «regolamento provvisorio»):

    «(24)

    Il prodotto [considerato] [ ( 8 )] è rappresentato da oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica attualmente classificabili ai codici NC 6911 10 00, ex 6912 00 10, ex 6912 00 30, ex 6912 00 50 ed ex 6912 00 90 e originari della Repubblica popolare cinese (“il prodotto [considerato]”). Esso può essere in porcellana o porcellana fine, terracotta comune, grès, terracotta fine o altri materiali. Le principali materie prime comprendono minerali come caolino, feldspato e quarzo, e la composizione delle materie prime impiegate determina il tipo di prodotto finale in ceramica.

    (25)

    Gli oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica vengono commercializzati secondo diverse modalità che si sono modificate nel tempo. Vengono impiegati in contesti molto diversi, come abitazioni private, alberghi, ristoranti o istituti di cura.

    (...)

    (51)

    Un importatore ha dichiarato che la gamma dei prodotti in esame era troppo ampia per consentire un ragionevole confronto tra i vari tipi di prodotto. Un importatore con interessi di produzione in Cina ha espresso un parere simile. A riguardo, alcune parti hanno fatto riferimento ad articoli puramente ornamentali.

    (52)

    Da questo punto di vista, è stato osservato che i criteri pertinenti applicati per determinare se il prodotto in esame possa essere considerato un unico prodotto, ossia le sue caratteristiche fisiche e tecniche di base, vengono esposti dettagliatamente di seguito. Gli oggetti puramente ornamentali non sono trattati. Inoltre, benché i vari tipi di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica possano in effetti avere diverse caratteristiche specifiche, l’inchiesta ha dimostrato che, eccezion fatta per i coltelli in ceramica, le loro caratteristiche fondamentali rimangono identiche. Inoltre, la possibilità di fabbricare il prodotto [considerato] con alcune variazioni nel processo di fabbricazione non è di per sé un criterio che possa dare luogo a due o più prodotti distinti. Infine, l’inchiesta ha rivelato anche che i vari tipi del prodotto [considerato] sono generalmente venduti attraverso gli stessi canali di vendita. Mentre alcuni negozi specializzati potrebbero concentrarsi su alcuni tipi specifici, una quota importante dei distributori (dettaglianti, grandi magazzini, supermercati) vendono vari tipi di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica, per offrire un’ampia scelta ai clienti. L’argomentazione che la gamma dei prodotti [considerati] sia troppo ampia è stata quindi provvisoriamente respinta.

    (...)

    (54)

    L’inchiesta ha dimostrato che tutti i tipi di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica, nonostante le differenze in termini di proprietà e stile, hanno le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base, sono cioè oggetti in ceramica particolarmente idonei all’uso alimentare, vengono utilizzati per gli stessi scopi e possono essere considerati tipi diversi dello stesso prodotto.

    (55)

    Oltre a condividere le stesse caratteristiche fisiche e tecniche, tutti i vari stili e tipi sono in concorrenza diretta e in larga misura intercambiabili. Questo risulta chiaramente dal fatto che non esistono chiare linee di demarcazione tra loro, anzi vi sono alcune sovrapposizioni tra i diversi tipi di prodotti che sono in concorrenza reciproca, e gli acquirenti standard spesso non distinguono tra prodotti in porcellana e non in porcellana.

    (56)

    Come risulta dai precedenti considerando (29)-(34), si è ritenuto opportuno restringere la definizione di gamma dei prodotti sulla base della quale è stata avviata l’inchiesta in corso, escludendo i coltelli in ceramica. Di conseguenza il prodotto [considerato] è stato provvisoriamente definito, con l’esclusione dei coltelli in ceramica, come rientrante fra gli oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica, originari della Repubblica popolare cinese, attualmente classificabili ai codici NC ex 6911 10 00, ex 6912 00 10, ex 6912 00 30, ex 6912 00 50 ed ex 6912 00 90.

    (57)

    In conclusione, ai fini del presente procedimento e in conformità di una prassi costante dell’Unione, si ritiene che tutti i tipi del prodotto summenzionato, a eccezione dei coltelli in ceramica, debbano essere considerati come un unico prodotto».

    6.

    I considerando da 35 a 37 del regolamento controverso così recitano:

    «(35)

    Tutti i tipi di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica possono essere considerati tipi diversi dello stesso prodotto. Pertanto è risultata priva di fondamento l’obiezione, avanzata dopo la comunicazione delle informazioni provvisorie e reiterata dopo la comunicazione delle informazioni definitive, che l’inchiesta riguardava una vasta gamma di prodotti simili e che, di conseguenza, era necessario condurre analisi separate per ciascun segmento di prodotti in merito alla rappresentatività, al dumping, al pregiudizio, al nesso di causalità e all’interesse dell’Unione. Una parte, che aveva sostenuto che la gamma dei prodotti in esame era troppo ampia, ha presentato un confronto tra prodotti con diversi livelli di decorazione, ma le sue affermazioni in materia di usi finali (per il giardino e i bambini in un caso, a fini ornamentali in un altro) sono discutibili in quanto non esiste una chiara distinzione e tali affermazioni possono essere viste piuttosto come una conferma di quanto stabilito al considerando 55 del regolamento provvisorio. Va inoltre osservato che un importatore con produzione nella RPC ha affermato che oltre il 99% degli oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica venduti nell’Unione sono prevalentemente o esclusivamente bianchi. Alcune parti hanno contestato il considerando 58 del regolamento provvisorio, sulla base del fatto che nel quadro dell’inchiesta le istituzioni non hanno effettuato alcuna prova per accertare se talune merci non fossero adatte al libero scambio all’interno dell’Unione. Tuttavia, questo fatto non mette in discussione la conclusione espressa al considerando 63 del regolamento provvisorio.

    (36)

    Alla luce di quanto esposto in precedenza, la gamma dei prodotti in esame è definitivamente individuata come oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica, esclusi i coltelli in ceramica, i macinini per spezie e condimenti in ceramica e le loro parti in ceramica che effettuano la macinazione, gli sbucciatori in ceramica, gli affilacoltelli in ceramica, le pietre per la cottura della pizza in ceramica di cordierite del tipo utilizzato per cuocere in forno pizze e pane, originari della RPC, attualmente classificati ai codici NC ex 6911 10 00, ex 6912 00 10, ex 6912 00 30, ex 6912 00 50 ed ex 6912 00 90.

    (37)

    In assenza di altre osservazioni relative al prodotto [considerato] e al prodotto simile, sono confermate tutte le altre conclusioni di cui ai considerando da 24 a 63 del regolamento provvisorio».

    B – Il diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio

    7.

    L’accordo sull’attuazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT) ( 9 ) (in prosieguo: l’«accordo antidumping del 1994») è contenuto all’allegato 1A dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), approvato dalla decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) ( 10 ).

    8.

    L’articolo 2 dell’accordo antidumping del 1994, recante il titolo «Determinazione del dumping», prevede quanto segue:

    «2.1   Ai fini del presente accordo, un prodotto è da considerarsi oggetto di dumping, cioè immesso in commercio da un paese in un altro a prezzo inferiore al suo valore normale, se il prezzo di esportazione di tale prodotto, esportato da un paese all’altro, è inferiore a quello comparabile, praticato nell’ambito di normali operazioni commerciali, per un prodotto simile destinato al consumo nel paese di esportazione.

    (...)

    2.6   Nel presente accordo, l’espressione “prodotto simile” (“produit similaire”) è da intendersi nel senso di un prodotto identico, cioè simile sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato, oppure, in assenza di un siffatto prodotto, nel senso di un prodotto che, pur non essendo simile sotto tutti gli aspetti, presenta caratteristiche molto vicine a quelle del prodotto considerato».

    III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

    9.

    La ricorrente, la Portmeirion Group UK Limited (in prosieguo: la «Portmeirion»), ha sede in Stoke-on-Trent (Regno Unito) e produce articoli in ceramica di alta qualità per la tavola, mercato in cui essa è leader e completa la produzione effettuata nel Regno Unito con importazioni, di cui il 14% circa è proveniente dalla Cina.

    10.

    Il 16 febbraio 2012 la Commissione europea ha avviato un procedimento antidumping riguardante le importazioni nell’Unione europea di articoli in ceramica per il servizio da tavola e da cucina originari della Cina.

    11.

    Il 14 novembre 2012 la Commissione ha adottato il regolamento provvisorio che istituiva dazi antidumping provvisori stabiliti in tassi che andavano dal 17,6% al 58,8%.

    12.

    Il 18 dicembre 2012 la Portmeirion ha presentato alcune prime osservazioni con le quali contestava la definizione fornita dall’inchiesta al prodotto considerato e faceva valere altri fattori che impedivano, a suo avviso, l’istituzione di dazi antidumping. Dopo che la Commissione ha trasmesso il suo documento informativo del 25 febbraio 2013, in data 5 marzo 2013 vi è stata un’audizione tra la Portmeirion e la Commissione, nel corso della quale la Portmeirion ha esposto il suo punto di vista, tra l’altro, in merito alla definizione del «prodotto considerato» nell’ambito dell’inchiesta.

    13.

    Il 13 maggio 2013, su proposta della Commissione, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento controverso, che istituiva sulle importazioni in oggetto un dazio antidumping definitivo che andava dal 13,1% al 36,1% con effetto a partire dal 16 maggio 2013.

    14.

    Il 2 agosto 2013 la Portmeirion ha chiesto, sulla base dell’articolo 236 del codice doganale, il rimborso dei dazi antidumping versati ai Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs, affermando che non erano legalmente dovuti in ragione dell’illegittimità del regolamento controverso alla luce del diritto dell’Unione.

    15.

    Il 16 dicembre 2013 i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs hanno respinto l’istanza della Portmeirion.

    16.

    Il 14 gennaio 2014 la Portmeirion ha interposto appello avverso tale decisione dinanzi al First-tier Tribunal (Tax chamber) per contestare la validità del regolamento controverso.

    17.

    Il giudice del rinvio, ritenendo che i motivi dedotti dalla Portmeirion fossero idonei a mettere in discussione la validità del regolamento controverso, ha sospeso il procedimento ed ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni:

    «Se il regolamento controverso sia incompatibile con il diritto dell’Unione in quanto:

    i)

    basato su un errore manifesto di valutazione con riferimento alla definizione del prodotto considerato, rendendo in tal modo nulle le conclusioni dell’inchiesta antidumping; e

    ii)

    carente di adeguata motivazione ai sensi dell’articolo 296 TFUE».

    IV – Procedimento dinanzi alla Corte

    18.

    La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata dinanzi alla Corte il 12 maggio 2014. Hanno presentato osservazioni scritte il governo italiano, il Consiglio e la Commissione.

    19.

    Il 15 luglio 2015 si è tenuta un’udienza durante la quale la Portmeirion, il Consiglio e la Commissione hanno formulato le loro osservazioni orali.

    V – Analisi

    A – Sulla ricevibilità

    20.

    Ad avviso del governo italiano la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile, poiché la Portmeirion era legittimata ad impugnare il regolamento controverso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

    21.

    A tal proposito, secondo la giurisprudenza della Corte, «[il] principio generale, diretto a garantire che ciascuno abbia o abbia avuto la possibilità di impugnare un atto [dell’Unione] su cui si fonda una decisione che lo riguarda, non osta assolutamente a che un regolamento divenga definitivo nei confronti di un singolo soggetto, rispetto al quale esso deve considerarsi una decisione individuale di cui detto soggetto avrebbe potuto senza alcun dubbio chiedere l’annullamento in virtù dell’articolo [263 TFUE], restando così allo stesso preclusa la possibilità di eccepire l’illegittimità di detto regolamento dinanzi al giudice nazionale. Tale conclusione si applica ai regolamenti che istituiscono dazi antidumping, a causa della loro duplice natura, (...) di atti a carattere normativo e di atti che possono riguardare direttamente e individualmente determinati operatori economici» ( 11 ).

    22.

    Secondo la Corte, «i regolamenti che istituiscono un dazio antidumping (…) pur avendo, per natura e per portata, carattere normativo, possono riguardare direttamente ed individualmente quelli tra i produttori e gli esportatori del prodotto in parola ai quali vengano attribuite le pratiche di dumping sulla scorta dei dati della loro attività commerciale» ( 12 ).

    23.

    Ciò avviene, in generale, per i seguenti soggetti:

    le imprese produttrici ed esportatrici che possano dimostrare di essere state individuate negli atti della Commissione e del Consiglio o prese in considerazione nelle indagini preparatorie ( 13 );

    gli importatori del prodotto considerato i cui prezzi di vendita siano stati presi in considerazione ai fini della costruzione dei prezzi all’esportazione e che, pertanto, siano interessati dagli accertamenti relativi alla sussistenza di una pratica di dumping ( 14 ); e

    gli importatori associati a esportatori di paesi terzi i cui prodotti siano soggetti a dazi antidumping, in particolare nel caso in cui il prezzo all’esportazione sia stato calcolato a partire dai prezzi di rivendita sul mercato dell’Unione praticati da tali importatori e nel caso in cui il dazio antidumping stesso sia calcolato in funzione di tali prezzi di rivendita ( 15 ).

    24.

    Inoltre, il riconoscimento del diritto di talune categorie di operatori economici di proporre un ricorso di annullamento contro un regolamento antidumping non impedisce che anche altri operatori possano essere individualmente interessati da tale regolamento a causa di determinate qualità loro proprie che li distinguano da qualsiasi altro soggetto ( 16 ).

    25.

    Nella causa principale, il governo italiano non ha dimostrato che la Portmeirion debba essere considerata come appartenente ad una delle categorie di operatori economici sopra indicati.

    26.

    Infatti, come confermato all’udienza dalla Commissione, si tratta di un importatore del prodotto considerato i cui prezzi di rivendita non sono stati presi in considerazione per la composizione dei prezzi all’esportazione o nel calcolo del dazio antidumping. Neppure può parlarsi di una sua associazione con esportatori. Non risulta inoltre che presenti determinate qualità ad esso proprie e che lo distinguano da qualsiasi altro soggetto.

    27.

    Emerge da quanto precede che la Portmeirion poteva sollevare l’eccezione di illegittimità del regolamento controverso dinanzi al giudice del rinvio, che non era quindi vincolato dal carattere definitivo del dazio antidumping istituito da tale regolamento e poteva pertanto sottoporre le presenti questioni.

    28.

    La Corte è quindi tenuta a fornire una soluzione alle stesse.

    B – Nel merito

    1. Sulla prima questione pregiudiziale

    29.

    Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede lumi sulla validità del regolamento controverso, in quanto sarebbe basato su errori manifesti di valutazione con riferimento alla definizione del prodotto considerato, inficiando in tal modo le conclusioni dell’inchiesta antidumping.

    a) Argomenti delle parti

    30.

    La Portmeirion e i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs non hanno depositato osservazioni scritte. Tuttavia, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio espone assai chiaramente e dettagliatamente gli argomenti della Portmeirion, mentre i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs hanno ritenuto che non rientrasse nella loro competenza commentare o decidere in ordine alla validità di un regolamento vincolante nei loro confronti.

    31.

    La Portmeirion deduce che il regolamento controverso è stato adottato sulla base di un errore manifesto di valutazione nella definizione del prodotto considerato, che ha falsato lo svolgimento dell’intera inchiesta antidumping sfociata nell’adozione del regolamento controverso. Non vi sarebbe alcun fondamento nel diritto dell’Unione che consenta di concludere che i vari prodotti oggetto dell’inchiesta potevano essere considerati un «unico prodotto», così da giustificare un’unica inchiesta.

    32.

    Ad avviso della Portmeirion, l’inchiesta ha avuto ad oggetto, e il regolamento controverso ha istituito, dazi su prodotti in ceramica diversi tra loro quali un mattarello, un piatto, una tazza da tè, una saliera, una casseruola, una teiera o un vassoio da forno e che, contrariamente a quanto sostenuto dalle istituzioni dell’Unione europea, non presentano le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base (per esempio, misura, peso, forma, resistenza al calore, ecc.).

    33.

    In proposito, la Portmeirion si basa su tre considerazioni.

    34.

    In primo luogo, l’unico elemento comune tra i prodotti sottoposti ai dazi antidumping è l’essere prodotti (parzialmente) in ceramica. Tale elemento, di per se stesso, non può essere sufficiente per ritenere che tutti i prodotti considerati dall’inchiesta rappresentino tipi diversi dello stesso prodotto. In caso contrario, un telaio di finestra e un’automobile rappresenterebbero un unico prodotto solo perché contenenti (nella maggior parte dei casi) alluminio.

    35.

    In secondo luogo, la considerazione secondo cui tutti i prodotti sono essenzialmente destinati all’uso alimentare e alla conservazione degli alimenti sarebbe manifestamente errata, essendo ricompresi nell’inchiesta anche prodotti che non sono idonei all’uso alimentare (come i boccali da birra) e alla conservazione degli alimenti (come i mattarelli).

    36.

    In terzo luogo, lo stesso varrebbe per l’affermazione secondo cui tutti i prodotti soggetti ai dazi antidumping sarebbero «in concorrenza diretta e in larga misura intercambiabili». Infatti, ad esempio, come sarebbe possibile servire tè con un mattarello; servire un pasto in una saliera; utilizzare una caffettiera per servire spaghetti?

    37.

    La Portmeirion mette altresì in discussione la coerenza della valutazione svolta dal Consiglio laddove:

    alcuni prodotti in ceramica sono stati esclusi dall’ambito dell’inchiesta e del regolamento controverso sulla base di differenze nella loro forma, robustezza e design;

    un mattarello e un piatto rappresenterebbero un medesimo prodotto solo perché sono in ceramica, mentre due piatti, altrimenti identici e direttamente sostituibili, rappresenterebbero prodotti diversi solo in quanto prodotti con materiali diversi (per esempio, in vetro o in ceramica);

    l’inchiesta avrebbe riguardato prodotti che non presentano le stesse caratteristiche fisiche, tecniche o chimiche e che non avrebbero una finalità comune, comunque tale finalità sia stata definita (ad esempio, le teiere e i mattarelli).

    38.

    Il governo italiano, il Consiglio e la Commissione ritengono che la definizione del «prodotto considerato» non sia viziata da alcun errore manifesto di valutazione.

    39.

    Essi rammentano anzitutto che le istituzioni dispongono di un ampio potere discrezionale nel definire il prodotto considerato nell’ambito delle inchieste antidumping. A tal fine le istituzioni possono tener conto di vari fattori, quali le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche dei prodotti, il loro uso, la loro intercambiabilità, la percezione che ne ha il consumatore, i canali di distribuzione, il processo di fabbricazione, i costi di produzione, la qualità, ecc.

    40.

    Ne consegue che è possibile che prodotti diversi rientrino nella definizione del «prodotto considerato» e siano oggetto della stessa inchiesta qualora condividano le stesse caratteristiche essenziali. Nella fattispecie, tutti i prodotti condividerebbero le stesse caratteristiche fisiche e tecniche essenziali: essi sono in ceramica e sono concepiti per l’uso alimentare o per la conservazione degli alimenti.

    41.

    La Portmeirion, il Consiglio e la Commissione sono altresì di diverso parere quanto alle conclusioni che potrebbero essere tratte dalle relazioni del gruppo speciale dell’OMC quanto all’interpretazione della nozione del «prodotto considerato».

    b) Valutazione

    i) Osservazioni preliminari

    42.

    La prima questione riguarda l’interpretazione della nozione di «prodotto considerato», vale a dire del prodotto considerato «oggetto di dumping» ( 17 ) e che è stato oggetto di un’indagine delle istituzioni dell’Unione.

    43.

    Occorre anzitutto notare in proposito che, contrariamente al Tribunale, la Corte non ha mai avuto occasione di pronunciarsi sull’interpretazione della nozione in parola.

    44.

    Posto che tale nozione proviene dal diritto dell’OMC, vale a dire dall’articolo 2 dell’accordo antidumping del 1994, trasposto nel diritto dell’Unione dall’articolo 1 del regolamento di base, deve prendersi in considerazione la giurisprudenza dell’organo di conciliazione dell’OMC, nel cui ambito il gruppo speciale dell’OMC rappresenta il primo grado di giudizio, tanto più che il giudice del rinvio e le parti citano le relazioni del gruppo speciale stesso.

    ii) La giurisprudenza del Tribunale

    45.

    Il Tribunale ha stabilito che «[i]l regolamento di base non precisa come debba essere definito il prodotto o la gamma di prodotti che possano costituire oggetto di un’inchiesta di dumping né impone di procedere ad una tassonomia accurata del prodotto» ( 18 ).

    46.

    Ai sensi della sua costante giurisprudenza, «la definizione del prodotto [considerato] nell’ambito di un’inchiesta antidumping ha l’obiettivo di agevolare l’elaborazione dell’elenco dei prodotti che, se del caso, saranno assoggettati ai dazi antidumping. Ai fini di questa operazione, le istituzioni dell’Unione possono tener conto di vari fattori, quali, in particolare, le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche dei prodotti, il loro uso, la loro intercambiabilità, la percezione che ne ha il consumatore, i canali di distribuzione, il processo di fabbricazione, i costi di produzione e la qualità» ( 19 ).

    47.

    Secondo il Tribunale, «[n]e consegue necessariamente che prodotti non identici possono essere raggruppati nella medesima definizione del prodotto [considerato] ed essere oggetto, congiuntamente, di un’inchiesta antidumping. Su questo presupposto, va quindi subito respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui il prodotto [considerato] può riferirsi solo a un prodotto o a prodotti identici» ( 20 ).

    48.

    Risulta inoltre da costante giurisprudenza che, se «nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni [dell’Unione] godono di un ampio potere discrezionale in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare» ( 21 ) spetta nondimeno al Tribunale verificare se le ricorrenti siano in grado di «dimostrare vuoi che le istituzioni hanno effettuato una valutazione erronea dei fattori che le stesse hanno giudicato pertinenti, vuoi che l’applicazione di altri fattori maggiormente pertinenti avrebbe imposto l’esclusione di tale prodotto dalla definizione del prodotto [considerato]» ( 22 ).

    49.

    Ciò posto, concretamente, per quanto riguarda la nozione di «prodotto considerato», il Tribunale non ha mai accettato ( 23 ) argomenti volti a dimostrare che il «prodotto considerato» oggetto di un’indagine dovesse comprendere solo «prodotti simili» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, del regolamento di base, ossia «prodott[i] identic[i], vale a dire simil[i] sotto tutti gli aspetti al prodotto considerato oppure, in mancanza di (…) tal[i] prodott[i], (…) altr[i] prodott[i] che, pur non essendo simil[i] sotto tutti gli aspetti, abbia[no] caratteristiche molto somiglianti a quelle del prodotto considerato».

    50.

    Va altresì rilevato che, ai punti da 36 a 51 della sua sentenza Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (T‑394/13, EU:T:2014:964), il Tribunale ha respinto gli argomenti di uno degli esportatori interessati dal regolamento controverso secondo cui «[p]er un verso, le istituzioni sarebbero incorse in un errore manifesto di valutazione dei fattori considerati per decidere tale inclusione [nella definizione del prodotto considerato], nella specie l’aspetto, l’impiego finale e l’esistenza di produttori nell’Unione di tazze in ceramica con rivestimento in poliestere [e p]er altro verso, la valutazione di altri fattori, nella fattispecie le caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche, i canali di distribuzione, la percezione del consumatore e l’intercambiabilità, giustificherebbe l’esclusione delle tazze stesse dai prodotti interessati» (v. inoltre punto 27). Tuttavia, tale rigetto è stato contestato in sede di impugnazione dall’esportatore di cui trattasi nella causa pendente Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (C‑31/15 P).

    iii) La giurisprudenza dell’organo di conciliazione dell’OMC

    51.

    Secondo la giurisprudenza della Corte, «tenuto conto della loro natura e della loro economia, l’accordo OMC e gli accordi e memorandum contenuti nei suoi allegati non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni [dell’Unione] in forza dell’art. [263], primo comma, [TFUE]» ( 24 ).

    52.

    Tuttavia, come stabilito dalla Corte al punto 40 della sua sentenza Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494), «in due situazioni eccezionali, derivanti dall’intenzione del legislatore dell’Unione di limitare esso stesso il proprio margine di manovra nell’applicazione delle norme dell’OMC, (...) spetta al giudice dell’Unione, se del caso, controllare la legittimità di un atto dell’Unione e degli atti adottati per la sua applicazione alla luce degli accordi OMC».

    53.

    Secondo la Corte, «[s]i tratta, in primo luogo, del caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto di tali accordi e, in secondo luogo, del caso in cui l’atto di diritto dell’Unione di cui trattasi faccia espresso rinvio a precise disposizioni dei medesimi accordi» ( 25 ).

    54.

    Nella specie, il dibattito tra la Portmerion e le istituzioni è incentrato sulla nozione di «prodotto considerato» che consente di determinare il «prodotto oggetto di dumping» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento di base.

    55.

    Il citato regolamento traspone i termini dell’accordo antidumping del 1994 nel diritto dell’Unione. Infatti, come precisa il suo considerando 3, «[tale accordo] contiene norme per quanto riguarda, tra l’altro, il calcolo del dumping, la procedura relativa all’apertura e allo svolgimento successivo delle inchieste, compresi gli aspetti inerenti all’accertamento e all’esame dei fatti, l’istituzione di misure provvisorie e l’imposizione e la riscossione dei dazi antidumping, la durata e il riesame delle misure antidumping e la divulgazione delle informazioni relative alle inchieste antidumping; ai fini dell’applicazione adeguata e trasparente di tali norme, è opportuno trasporre, per quanto possibile, i termini dell’accordo nella legislazione [dell’Unione]».

    56.

    Ai sensi del considerando 4 del medesimo regolamento, «[p]er l’applicazione di queste norme, è essenziale che, al fine di mantenere l’equilibrio tra diritti e obblighi derivanti dall’accordo GATT, [l’Unione] tenga conto della loro interpretazione da parte dei suoi principali interlocutori commerciali».

    57.

    Come la Corte ha già stabilito con riferimento ad una precedente versione del regolamento di base, vale a dire il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea ( 26 ), come modificato dal regolamento (CE) n. 2331/96 del Consiglio, del 2 dicembre 1996 ( 27 ), «è pacifico che [l’Unione] ha adottato il regolamento base per adempiere agli obblighi internazionali ad essa derivanti [dall’accordo] antidumping del 1994» ( 28 ) e che, con l’articolo 1 di tale regolamento, essa ha inteso dare esecuzione ai particolari obblighi derivanti dall’articolo 2 del detto accordo.

    58.

    Entro questi limiti, come emerge dalla giurisprudenza ricordata al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, spetta alla Corte controllare la legittimità del regolamento controverso alla luce di tale articolo 2 dell’accordo citato.

    59.

    A tal proposito deve rilevarsi che, contrariamente alla Corte, il gruppo speciale dell’OMC ha avuto frequentemente occasione di trattare argomenti analoghi a quelli dedotti dalla Portmeirion nell’ambito della presente causa e intesi a dimostrare che il prodotto considerato deve essere composto di «prodotti simili» in base agli articoli 2.1 e 2.6 dell’accordo antidumping del 1994 ( 29 ).

    60.

    Infatti, il Canada, il Regno di Norvegia e la Repubblica popolare cinese hanno sostenuto dinanzi al gruppo speciale che il «prodotto considerato», oggetto dell’inchiesta antidumping, non poteva essere composto da una vasta gamma di prodotti non costituente un solo ed unico prodotto, ma doveva essere composto da prodotti simili gli uni agli altri ( 30 ).

    61.

    Il gruppo speciale dell’OMC non ha mai accolto tale argomento. Esso ha basato la propria analisi sul rilievo che l’accordo antidumping del 1994 non conteneva alcuna definizione del «prodotto considerato» ( 31 ) e che il tenore letterale degli articoli 2.1 e 2.6 di detto accordo non consentiva di ravvisarvi il requisito secondo cui il «prodotto considerato» dovesse essere composto da «prodotti simili» ( 32 ).

    62.

    Infatti, secondo il gruppo speciale dell’OMC, «[s]e è possibile discutere sulla questione se un simile orientamento [vale a dire quello proposto dal Canada, dal Regno di Norvegia e dalla Repubblica popolare cinese] possa essere adeguato da un punto di vista di politica generale, spetta ai Membri decidere, mediante negoziati, se si debba esigere un orientamento di tal genere. Il nostro ruolo, quale gruppo speciale, non è quello di istituire obblighi che non emergano chiaramente dall’Accordo antidumping stesso» ( 33 ).

    63.

    In base a tale rilievo, il gruppo speciale dell’OMC ritiene che «benché l’articolo 2.1 disponga che la determinazione dell’esistenza di un dumping debba essere effettuata per un solo ed unico prodotto considerato, non vi è in tale articolo alcuna indicazione che consenta di stabilire i parametri di tale prodotto, né certamente alcuna prescrizione quanto all’omogeneità sul piano interno del prodotto stesso» ( 34 ).

    64.

    Secondo questo stesso gruppo, «anche a voler supporre che l’articolo 2.6 imponga una valutazione della somiglianza per quanto riguarda il prodotto considerato “nel suo insieme” per individuare il prodotto simile (...) ciò non significherebbe che una valutazione della “somiglianza” tra categorie di prodotti comprendenti il prodotto considerato sia necessaria per definire l’estensione del prodotto considerato. Il semplice fatto di affermare che il prodotto considerato debba essere trattato “nel suo insieme” per esaminare la questione del prodotto simile non consente di concludere che il prodotto considerato debba essere, esso stesso, un prodotto omogeneo sul piano interno» ( 35 ).

    65.

    Inoltre, il gruppo speciale dell’OMC ha respinto l’argomento del Regno di Norvegia secondo cui «l’assenza di limiti quanto all’estensione del prodotto considerato potrebbe sfociare in erronee determinazioni in ordine all’esistenza di un dumping da parte delle autorità incaricate dell’inchiesta» ( 36 ).

    66.

    In tale contesto il Regno di Norvegia sosteneva che «qualora prodotti che non sono “simili” vengano trattati come il prodotto considerato in un’unica inchiesta, la determinazione dell’esistenza di un dumping non può rivelare se una parte o la totalità di tali prodotti siano oggetto di un dumping. Esso menzion[ava], a titolo di esempio, un’inchiesta nel cui ambito vengano trattate come prodotto oggetto dell’inchiesta le automobili e le biciclette» ( 37 ).

    67.

    Non convinto da tale argomento, il gruppo speciale dell’OMC ha stabilito che «[o]gni raggruppamento di prodotti in un solo ed unico prodotto considerato avrà ripercussioni nel corso di tutta l’inchiesta; quanto più vasto è tale raggruppamento, tanto più gravi potrebbero essere tali ripercussioni, il che andrà a complicare il compito dell’autorità investita dell’inchiesta, consistente nel raccogliere e nel valutare le informazioni rilevanti e nell’effettuare determinazioni compatibili con l’Accordo antidumping [del 1994]. È quindi improbabile, a [suo] modo di vedere, l’eventualità di una determinazione erronea dell’esistenza di un dumping basata su un prodotto considerato la cui estensione sia eccessiva. Tale eventualità non [era] di certo sufficiente per convincer[lo] a fornire una lettura dell’Accordo antidumping [del 1994] che includesse obblighi per i quali [non gli era possibile] reperire alcun fondamento nell’ambito del testo dell’Accordo» ( 38 ).

    iv) Applicazione alla presente causa

    68.

    A mio parere, l’accostamento tra la giurisprudenza del Tribunale e il diritto dell’OMC sulla nozione di «prodotto considerato» dimostra l’esistenza di una rilevante divergenza laddove, contrariamente al Tribunale, il gruppo speciale dell’OMC non esercita alcun sindacato sulla definizione del «prodotto considerato» impiegata dall’autorità incaricata dell’inchiesta antidumping. Tale divergenza sussiste tuttavia solo in linea di principio, poiché il sindacato che il Tribunale si riserva non ha ancora portato a mettere in discussione, in un caso concreto, una definizione del «prodotto considerato» fornita dalle istituzioni dell’Unione.

    69.

    Infatti, come ho già precisato al precedente paragrafo 48 di queste conclusioni, pur riconoscendo alla Commissione un ampio potere discrezionale, il Tribunale ritiene di essere tenuto a verificare se le ricorrenti siano in grado di «dimostrare vuoi che le istituzioni hanno effettuato una valutazione erronea dei fattori che le stesse hanno giudicato pertinenti, vuoi che l’applicazione di altri fattori maggiormente pertinenti avrebbe imposto l’esclusione di tale prodotto dalla definizione del prodotto [considerato]» ( 39 ).

    70.

    Orbene, si tratta di un sindacato che il gruppo speciale dell’OMC non ha mai accettato di esercitare. Contrariamente al Tribunale, esso ritiene che le autorità incaricate dell’inchiesta antidumping godano di una totale discrezionalità quanto alla definizione del «prodotto considerato», addirittura in caso di esempi ipotetici, anche qualificati come «estrem[i]» ( 40 ), in cui dette autorità raggrupperebbero nella definizione del «prodotto considerato» automobili e biciclette ( 41 ) ovvero mele e pomodori ( 42 ).

    71.

    Il gruppo speciale dell’OMC ritiene che l’eventualità che un’erronea determinazione dell’esistenza di un dumping possa derivare dall’assenza di limiti posti all’ambito del «prodotto considerato» sia «improbabile» ( 43 ), poiché un «mix» di prodotti completamente eterogenei nella definizione del «prodotto considerato» renderebbe eccessivamente difficile il lavoro dell’autorità incaricata dell’inchiesta. Essa presta quindi particolare attenzione ad evitarlo.

    72.

    Infatti, «[o]gni raggruppamento di prodotti in un solo ed unico prodotto considerato avrà ripercussioni nel corso di tutta l’inchiesta; quanto più vasto è tale raggruppamento, tanto più gravi potrebbero essere tali ripercussioni, il che andrà a complicare il compito dell’autorità investita dell’inchiesta, consistente nel raccogliere e nel valutare le informazioni rilevanti e nell’effettuare determinazioni compatibili con l’Accordo antidumping [del 1994]» ( 44 ). Ad esempio, «ciò farebbe evidentemente sorgere difficoltà al momento di stabilire il danno cagionato al settore produttivo nazionale che fabbrica il prodotto simile» ( 45 ).

    73.

    A mio modo di vedere, nell’ipotesi in cui, come nella fattispecie, nell’adottare disposizioni quali l’articolo 1 del regolamento di base l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo specifico assunto nell’ambito dell’OMC, quale l’articolo 2 dell’accordo antidumping del 1994, la Corte è tenuta, in sede di controllo di legittimità dell’atto dell’Unione, ad attribuire a tali termini il senso che è loro proprio nell’ambito del diritto dell’OMC. Lo stesso vale qualora, come nella fattispecie, l’atto dell’Unione, vale a dire l’articolo 1 del regolamento di base, adotti gli stessi termini degli accordi e dei memorandum contenuti negli allegati dell’accordo OMC, quale l’accordo antidumping del 1994.

    74.

    Non avrebbe infatti alcun senso imporre alle istituzioni un onere maggiore rispetto a quello imposto alle autorità competenti nell’ambito dell’accordo dell’OMC, segnatamente quando il tenore letterale della disposizione di cui trattasi, nella fattispecie l’articolo 1 del regolamento di base, non contenga alcuna indicazione della volontà del legislatore dell’Unione di discostarsi dal testo dell’accordo citato.

    75.

    Come rilevato dal Consiglio in sede di udienza, non vi sono vincoli per quanto riguarda la definizione del «prodotto considerato» nel diritto dell’OMC, né, di conseguenza, nel diritto dell’Unione.

    76.

    Spetta pertanto all’autorità incaricata dell’inchiesta definire il «prodotto considerato», senza che i giudici dell’Unione possano verificare se le istituzioni abbiano effettuato una valutazione erronea dei fattori che le stesse hanno giudicato pertinenti al fine di includere taluni prodotti nel «prodotto considerato» o se l’applicazione di altri fattori maggiormente pertinenti avrebbe imposto l’esclusione di taluni prodotti dalla definizione del «prodotto considerato».

    77.

    Posto che, con riferimento alla definizione del «prodotto considerato» contenuta al considerando 36 del regolamento controverso ( 46 ), la Portmeirion si limita a dedurre lo stesso tipo di argomenti dedotti dal Canada, dal Regno di Norvegia e dalla Repubblica popolare cinese nell’ambito delle citate controversie e respinti dal gruppo speciale, tali argomenti dovranno essere integralmente respinti.

    78.

    Propongo di conseguenza alla Corte di risolvere la prima questione affermando che la definizione del «prodotto considerato» di cui al considerando 36 del regolamento controverso non inficia in alcun modo la validità del regolamento stesso.

    2. Sulla seconda questione pregiudiziale

    79.

    Con la sua seconda questione il giudice del rinvio chiede se il regolamento controverso sia invalido in quanto non contenente un’adeguata motivazione, come richiesta dall’articolo 296 TFUE.

    a) Argomenti delle parti

    80.

    Emerge dalla decisione di rinvio che, ad avviso della Portmeirion, le istituzioni non hanno individuato né definito in termini sufficientemente precisi i fattori da esse considerati pertinenti per definire il «prodotto considerato». Ne discenderebbe una violazione dell’articolo 296 TFUE.

    81.

    Le informazioni contenute nel regolamento controverso non sarebbero chiare né univoche poiché non consentirebbero di verificare sistematicamente se un determinato prodotto dovesse o potesse essere incluso, alla luce dei criteri considerati pertinenti dalle istituzioni.

    82.

    Poiché tale modo di procedere non consente agli interessati di mettere in discussione la valutazione compiuta dalle istituzioni in ordine ai fattori che queste ultime considerano pertinenti, né di far valere che potevano essere presi in considerazione altri fattori pertinenti, ne risulterebbe una violazione dell’obbligo di motivazione sancito dall’articolo 296 TFUE.

    83.

    Il Consiglio e la Commissione affermano, per contro, che il regolamento controverso è conforme ai requisiti dell’articolo 296 TFUE, consentendo agli interessati di conoscere le giustificazioni della misura adottata e di difendere i loro diritti, nonché al giudice di esercitare il suo sindacato. Infatti, le ragioni sottese alla definizione del prodotto considerato sono state fornite sia nell’ambito del regolamento provvisorio che del regolamento controverso. In particolare, i considerando 24, 25, 54 e 55 del regolamento provvisorio, nonché il considerando 35 del regolamento controverso illustrerebbero con chiarezza i fattori pertinenti.

    84.

    Ad avviso del governo italiano, non vi è dubbio alcuno che il regolamento controverso sia motivato. Le istituzioni vi precisano che i vari oggetti devono essere riuniti in un unico prodotto consistente in «oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica», in quanto tali oggetti presentano un’affinità di tipo tecnico, in quanto sono richiesti dai consumatori e sono distribuiti dai rivenditori come un tutt’uno e in quanto condividono tutti il fatto di essere particolarmente idonei all’uso alimentare.

    85.

    I Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs ritengono, come per la prima questione, di non poter commentare né decidere in ordine alla legittimità di uno specifico regolamento dell’Unione in quanto ciò non rientra nella loro competenza e in quanto sono tenuti a dare applicazione al regolamento controverso, essendo quest’ultimo vincolante nei loro confronti.

    b) Valutazione

    86.

    A mio modo di vedere, gli argomenti della Portmeirion basati sull’asserita violazione dell’obbligo di motivazione sancito dall’articolo 296 TFUE possono essere agevolmente respinti, in quanto intesi a mettere in discussione nuovamente la definizione del «prodotto considerato».

    87.

    Se è vero che, secondo la giurisprudenza dell’organo di conciliazione dell’OMC esaminata ai paragrafi da 51 a 67 delle presenti conclusioni, l’articolo 2.1 e l’articolo 2.6 dell’accordo antidumping del 1994 non impongono particolari vincoli per quanto concerne la definizione del «prodotto considerato», dal momento che l’autorità incaricata dell’inchiesta non è tenuta ad includere in tale definizione solo prodotti simili o omogenei, le istituzioni non sono tenute a fornire alcuna particolare motivazione quanto ai fattori da esse ritenuti pertinenti per la definizione del «prodotto considerato». Il fatto che esse abbiano definito il prodotto considerato con una modalità tale da consentire l’individuazione degli articoli che lo compongono e che esse abbiano fornito la ragione per la quale detti articoli sono stati raggruppati insieme dovrebbe bastare a soddisfare i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE.

    88.

    In ogni caso, secondo una costante giurisprudenza, «la motivazione prescritta dall’art. [296 TFUE] dev’essere adeguata alla natura dell’atto e deve fare apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone, che il detto atto riguardi direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto la questione di decidere se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo [296 TFUE] dev’essere risolta alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia» ( 47 ).

    89.

    Nella specie, il regolamento controverso, letto alla luce del regolamento provvisorio, sembra effettivamente contenere una motivazione sufficiente, in considerazione dei criteri rammentati al precedente paragrafo.

    90.

    Infatti, come precisato dalla Commissione al considerando 54 del regolamento provvisorio, «tutti i tipi di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica, nonostante le differenze in termini di proprietà e stile, hanno le stesse caratteristiche fisiche e tecniche di base, sono cioè oggetti in ceramica particolarmente idonei all’uso alimentare, vengono utilizzati per gli stessi scopi e possono essere considerati tipi diversi dello stesso prodotto» ( 48 ).

    91.

    Al considerando 55 di detto regolamento la Commissione aggiunge che «[o]ltre a condividere le stesse caratteristiche fisiche e tecniche, tutti i vari stili e tipi sono in concorrenza diretta e in larga misura intercambiabili. Questo risulta chiaramente dal fatto che non esistono chiare linee di demarcazione tra loro, anzi vi sono alcune sovrapposizioni tra i diversi tipi di prodotti che sono in concorrenza reciproca, e gli acquirenti standard spesso non distinguono tra prodotti in porcellana e non in porcellana».

    92.

    Gli elementi di tale motivazione sono ripresi al considerando 35 del regolamento controverso, ai sensi del quale «[t]utti i tipi di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica possono essere considerati tipi diversi dello stesso prodotto. Pertanto è risultata priva di fondamento l’obiezione, avanzata dopo la comunicazione delle informazioni provvisorie e reiterata dopo la comunicazione delle informazioni definitive, che l’inchiesta riguardava una vasta gamma di prodotti simili e che, di conseguenza, era necessario condurre analisi separate per ciascun segmento di prodotti in merito alla rappresentatività, al dumping, al pregiudizio, al nesso di causalità e all’interesse dell’Unione. Una parte, che aveva sostenuto che la gamma dei prodotti in esame era troppo ampia, ha presentato un confronto tra prodotti con diversi livelli di decorazione, ma le sue affermazioni in materia di usi finali (per il giardino e i bambini in un caso, a fini ornamentali in un altro) sono discutibili in quanto non esiste una chiara distinzione e tali affermazioni possono essere viste piuttosto come una conferma di quanto stabilito al considerando 55 del regolamento provvisorio» ( 49 ).

    93.

    Propongo di conseguenza alla Corte di rispondere alla seconda questione dichiarando che la motivazione del regolamento controverso soddisfa i requisiti posti dall’articolo 296 TFUE.

    VI – Conclusione

    94.

    Propongo quindi alla Corte di rispondere al First-tier Tribunal (Tax Chamber) dichiarando che dall’esame delle questioni da esso proposte non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità del regolamento di esecuzione (UE) n. 412/2013 del Consiglio, del 13 maggio 2013, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica originari della Repubblica popolare cinese.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU L 131, pag. 1.

    ( 3 ) V. sentenza Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (T‑394/13, EU:T:2014:964).

    ( 4 ) V. causa Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (C‑31/15 P).

    ( 5 ) GU L 302, pag. 1.

    ( 6 ) GU L 343, pag. 51.

    ( 7 ) GU L 318, pag. 28. V. altresì la rettifica a detto regolamento (GU 2013, L 36, pag. 11).

    ( 8 ) Gli atti dell’Unione in materia impiegano indifferentemente i termini «prodotto considerato» e «prodotto in esame». In lingua inglese viene utilizzata unicamente l’espressione «product concerned». Nel diritto dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) il termine impiegato è «prodotto considerato». Per ragioni di coerenza e di uniformità, nelle presenti conclusioni impiego esclusivamente il termine «prodotto considerato».

    ( 9 ) GU 1994, L 336, pag. 103.

    ( 10 ) GU L 336, pag. 1.

    ( 11 ) Sentenza TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 18). V. altresì, in tal senso, Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

    ( 12 ) Sentenza TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 19).

    ( 13 ) V. sentenze Allied Corporation e a./Commissione (239/82 e 275/82, EU:C:1984:68, punti 1112); Nachi Europe (C‑239/99, EU:C:2001:101, punto 21); Valimar (C‑374/12, EU:C:2014:2231, punto 30), nonché TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 19).

    ( 14 ) V. sentenze Nashua Corporation e a./Commissione e Consiglio (C‑133/87 e C‑150/87, EU:C:1990:115, punto 15); Gestetner Holdings/Consiglio e Commissione (C‑156/87, EU:C:1990:116, punto 18); Valimar (C‑374/12, EU:C:2014:2231, punto 31), nonché TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 20).

    ( 15 ) V. sentenze Neotype Techmashexport/Commissione e Consiglio (C‑305/86 e C‑160/87, EU:C:1990:295, punti 1920); Valimar (C‑374/12, EU:C:2014:2231, punto 32), nonché TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 21).

    ( 16 ) V. sentenze Extramet Industrie/Consiglio (C‑358/89, EU:C:1991:214, punto 16); Valimar (C‑374/12, EU:C:2014:2231, punto 33), nonché TMK Europe (C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 22).

    ( 17 ) V. articolo 1, paragrafo 2, del regolamento di base.

    ( 18 ) Sentenza Shanghai Bicycle/Consiglio (T‑170/94, EU:T:1997:134, punto 61). V. inoltre, in tal senso, sentenza Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (T‑394/13, EU:T:2014:964, punto 28).

    ( 19 ) Sentenza Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio (T‑172/09, EU:T:2012:532, punto 59). V. inoltre, in tal senso, sentenze Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (T‑401/06, EU:T:2010:67, punto 131); Whirlpool Europe/Consiglio (T‑314/06, EU:T:2010:390, punto 138); EWRIA e a./Commissione (T‑369/08, EU:T:2010:549, punto 82), nonché Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (T‑394/13, EU:T:2014:964, punto 29).

    ( 20 ) Sentenza Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio (T‑172/09, EU:T:2012:532, punto 60). V. altresì, in tal senso, sentenza Photo USA Electronic Graphic/Consiglio (T‑394/13, EU:T:2014:964, punto 30).

    ( 21 ) Sentenza Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio (T‑172/09, EU:T:2012:532, punto 62).

    ( 22 ) Ibidem (punto 61). V. inoltre, in tal senso, sentenze Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (T‑401/06, EU:T:2010:67, punto 132), nonché EWRIA e a./Commissione (T‑369/08, EU:T:2010:549, punto 83).

    ( 23 ) V. sentenza Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (T‑401/06, EU:T:2010:67, punto 133). V. inoltre, in tal senso, sentenza Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio (T‑172/09, EU:T:2012:532, punti 6667).

    ( 24 ) Sentenza Petrotub e Republica/Consiglio (C‑76/00 P, EU:C:2003:4, punto 53). V. altresì, in tal senso, sentenze Portogallo/Consiglio (C‑149/96, EU:C:1999:574, punto 47); Van Parys (C‑377/02, EU:C:2005:121, punto 39); LVP (C‑306/13, EU:C:2014:2465, punto 44), e Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punto 38), nonché ordinanza OGT Fruchthandelsgesellschaft (C‑307/99, EU:C:2001:228, punto 24).

    ( 25 ) Sentenza Commissione/Rusal Armenal (C‑21/14 P, EU:C:2015:494, punto 41). V. inoltre, in tal senso, sentenze Fediol/Commissione (70/87, EU:C:1989:254, punto 19); Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186, punto 31); Portogallo/Consiglio (C‑149/96, EU:C:1999:574, punto 49), nonché Petrotub e Republica/Consiglio (C‑76/00 P, EU:C:2003:4, punto 54).

    ( 26 ) GU 1996, L 56, pag. 1.

    ( 27 ) GU L 317, pag. 1.

    ( 28 ) Sentenza Petrotub e Republica/Consiglio (C‑76/00 P, EU:C:2003:4, punto 56).

    ( 29 ) V. controversie DS264 «Stati Uniti — Determinazione definitiva dell’esistenza di un dumping riguardante taluni legnami resinosi provenienti dal Canada», DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia», nonché DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina». Le relazioni del gruppo speciale dell’OMC in dette controversie sono accessibili al sito Internet dell’OMC https://www.wto.org/french/tratop_f/dispu_f/dispu_status_f.htm.

    ( 30 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 13 aprile 2004 nella controversia DS264 «Stati Uniti — Determinazione definitiva dell’esistenza di un dumping riguardante taluni legnami resinosi provenienti dal Canada» (punto 7.155). Detta relazione è stata solo parzialmente invalidata dall’organo d’appello dell’OMC e comunque non su questo punto (v. punti 99 e 183 della relazione dell’organo d’appello dell’11 agosto 2004, accessibile sul sito Internet dell’OMC: https://www.wto.org/french/tratop_f/dispu_f/cases_f/ds264_f.htm). V. inoltre, in tal senso, relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia», punto 7.44, nonché relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punti 7.246 e 7.247). Detta relazione è stata solo parzialmente invalidata dall’organo d’appello dell’OMC e comunque non su questo punto (v. punto 624 della relazione dell’organo d’appello del 15 luglio 2011, accessibile sul sito Internet dell’OMC: https://www.wto.org/french/tratop_f/dispu_f/cases_f/ds397_f.htm).

    ( 31 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 13 aprile 2004 nella controversia DS264 «Stati Uniti — Determinazione definitiva dell’esistenza di un dumping riguardante taluni legnami resinosi provenienti dal Canada» (punto 7.156); relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia» (punto 7.43), nonché relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punto 7.271).

    ( 32 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 13 aprile 2004 nella controversia DS264 «Stati Uniti — Determinazione definitiva dell’esistenza di un dumping riguardante taluni legnami resinosi provenienti dal Canada», punto 7.157; relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia», punto 7.48; relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punto 7.271).

    ( 33 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 13 aprile 2004 nella controversia DS264 «Stati Uniti — Determinazione definitiva dell’esistenza di un dumping riguardante taluni legnami resinosi provenienti dal Canada» (punto 7.157).

    ( 34 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia» (punto 7.49).

    ( 35 ) Ibidem (punto 7.53).

    ( 36 ) Ibidem (punto 7.58).

    ( 37 ) Idem.

    ( 38 ) Ibidem (punto 7.58). V. inoltre, in tal senso, relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punto 7.271).

    ( 39 ) Sentenza Gem-Year e Jinn-Well Auto-Parts (Zhejiang)/Consiglio (T‑172/09, EU:T:2012:532, punto 61). V. inoltre, in tal senso, sentenze Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio (T‑401/06, EU:T:2010:67, punto 132), nonché EWRIA e a./Commissione (T‑369/08, EU:T:2010:549, punto 83).

    ( 40 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia» (punto 7.58).

    ( 41 ) Idem.

    ( 42 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punto 7.269).

    ( 43 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia» (punto 7.58), nonché relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punto 7.270).

    ( 44 ) V. relazione del gruppo speciale dell’OMC del 16 novembre 2007 nella controversia DS337 «Comunità europee — Misure antidumping riguardanti il salmone d’allevamento proveniente dalla Norvegia» (punto 7.58). V. altresì, in tal senso, relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina» (punto 7.270).

    ( 45 ) Relazione del gruppo speciale dell’OMC del 3 dicembre 2010 nella controversia DS397 «Comunità europee — Misure antidumping definitive riguardanti taluni elementi di fissaggio in ferro o acciaio provenienti dalla Cina», punto 7.270.

    ( 46 ) «(…) la gamma dei prodotti in esame è definitivamente individuata come oggetti per il servizio da tavola e da cucina in ceramica, esclusi i coltelli in ceramica, i macinini per spezie e condimenti in ceramica e le loro parti in ceramica che effettuano la macinazione, gli sbucciatori in ceramica, gli affilacoltelli in ceramica, le pietre per la cottura della pizza in ceramica di cordierite del tipo utilizzato per cuocere in forno pizze e pane, originari della RPC, attualmente classificati ai codici NC ex 6911 10 00, ex 6912 00 10, ex 6912 00 30, ex 6912 00 50 ed ex 6912 00 90».

    ( 47 ) Sentenza Nuova Agricast (C‑390/06, EU:C:2008:224, punto 79). V. inoltre, in tal senso, sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63); Atzeni e a. (C‑346/03 e C‑529/03, EU:C:2006:130, punto 73); Sison/Consiglio (C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 80), nonché Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 44).

    ( 48 ) Il corsivo è mio.

    ( 49 ) Il corsivo è mio.

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