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Documento 62014CJ0021

    Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 16 luglio 2015.
    Commissione europea contro Rusal Armenal ZAO.
    Impugnazione – Dumping – Importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Cina – Adesione della Repubblica di Armenia all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) – Articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 384/96 – Compatibilità con l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT).
    Causa C-21/14 P.

    Raccolta della giurisprudenza - generale

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2015:494

    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    16 luglio 2015 ( *1 )

    «Impugnazione — Dumping — Importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Cina — Adesione della Repubblica di Armenia all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) — Articolo 2, paragrafo 7, del regolamento (CE) n. 384/96 — Compatibilità con l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GATT)»

    Nella causa C‑21/14 P,

    avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 16 gennaio 2014,

    Commissione europea, rappresentata da J.‑F. Brakeland, M. França e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    ricorrente,

    sostenuta da:

    Parlamento europeo, rappresentato da D. Warin e A. Auersperger Matić, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    interveniente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Rusal Armenal ZAO, con sede in Erevan (Armenia), rappresentata da B. Evtimov, avocat,

    ricorrente in primo grado,

    Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert e J.-P. Hix, in qualità di agenti, assistiti da B. O’Connor, solicitor, e S. Gubel, avocat, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuto in primo grado,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, L. Bay Larsen e K. Jürimäe, presidenti di sezione, A. Rosas, E. Juhász, A. Borg Barthet, M. Safjan, D. Šváby, M. Berger, A. Prechal, J. L. da Cruz Vilaça (relatore) e C. Lycourgos, giudici,

    avvocato generale: J. Kokott

    cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 febbraio 2015,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 aprile 2015,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1

    Con la sua impugnazione la Commissione europea chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 novembre 2013, Rusal Armenal/Consiglio (T‑512/09, EU:T:2013:571; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato il regolamento (CE) n. 925/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Repubblica popolare cinese (GU L 262, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento controverso»), nella parte in cui tale regolamento riguarda la Rusal Armenal ZAO (in prosieguo: la «Rusal Armenal»).

    Contesto normativo

    La normativa dell’OMC

    2

    Con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994, nonché gli accordi contenuti negli allegati 1, 2 e 3 di quest’ultimo (in prosieguo, complessivamente: gli «accordi OMC»), tra i quali figurano l’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GU 1994, L 336, pag. 11; in prosieguo: il «GATT 1994») e l’accordo relativo all’applicazione dell’articolo VI dell’accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio 1994 (GU 1994, L 336, pag. 103; in prosieguo: l’«accordo antidumping»).

    Il GATT 1994

    3

    L’articolo VI, paragrafo 1, del GATT 1994 dispone quanto segue:

    «Le parti contraenti riconoscono che il dumping, per il quale i prodotti di un paese sono introdotti nel mercato di un altro paese a meno del loro valore normale, è condannabile se arreca o minaccia di arrecare un grave pregiudizio per una produzione in atto di una parte contraente o se ritarda sensibilmente la creazione di una produzione nazionale. Ai fini di questo articolo, un prodotto è da considerarsi introdotto nel mercato di un paese importatore a meno del suo valore normale, se il prezzo del prodotto esportato da un paese ad un altro è

    a)

    inferiore al prezzo comparabile praticato nel corso di operazioni commerciali normali per un prodotto similare, destinato al consumo nel paese esportatore;

    (...)».

    4

    La seconda disposizione supplementare relativa all’articolo VI, paragrafo 1, contenuta nell’allegato I del GATT 1994, stabilisce quanto segue:

    «Si riconosce che, nel caso d’importazioni provenienti da un paese il cui commercio è oggetto di un monopolio completo o quasi completo e in cui tutti i prezzi interni sono fissati dallo Stato, la determinazione della comparabilità dei prezzi ai fini del paragrafo 1 può presentare delle difficoltà particolari, e che in tali casi le parti contraenti importatrici possono giudicare necessario tener conto della possibilità che una comparazione esatta con i prezzi interni del suddetto paese non sia sempre appropriata».

    L’accordo antidumping

    5

    L’articolo 2 dell’accordo antidumping, intitolato «Determinazione del dumping», dispone quanto segue:

    «2.1   Ai fini del presente accordo, un prodotto è da considerarsi oggetto di dumping, cioè immesso in commercio da un paese in un altro a prezzo inferiore al suo valore normale, se il prezzo di esportazione di tale prodotto, esportato da un paese all’altro, è inferiore a quello comparabile, praticato nell’ambito di normali operazioni commerciali, per un prodotto simile destinato al consumo nel paese di esportazione.

    2.2   Se nel corso delle normali operazioni commerciali sul mercato interno del paese esportatore non avvengono vendite di un prodotto simile, o se, a causa della particolare situazione di mercato (...) su tale mercato interno, tali vendite non permettono un valido confronto, il margine di dumping è determinato in rapporto al prezzo comparabile del prodotto simile esportato in un paese terzo, sempreché tale prezzo sia rappresentativo, ovvero in rapporto al costo di produzione nel paese di origine, maggiorato di un equo importo per spese di vendita, amministrative e altre e per gli utili.

    (...)

    2.7   Il presente articolo lascia impregiudicata la seconda disposizione supplementare relativa all’articolo VI, paragrafo 1 nell’allegato I del GATT 1994».

    Il diritto dell’Unione

    Il regolamento di base

    6

    All’epoca dei fatti all’origine della controversia, le disposizioni che disciplinavano l’adozione di misure antidumping da parte dell’Unione europea figuravano nel regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 1996, L 56, pag. 1), modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2117/2005 del Consiglio, del 21 dicembre 2005 (GU L 340, pag. 17; in prosieguo: il «regolamento di base»). Il regolamento di base è stato abrogato dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51).

    7

    I considerando 5 e 7 del regolamento di base erano così formulati:

    «(5)

    considerando che il nuovo accordo sul dumping, ovvero l’Accordo [antidumping], contiene nuove norme circostanziate per quanto riguarda, tra l’altro, il calcolo del dumping, la procedura relativa all’apertura e allo svolgimento successivo delle inchieste, compresi gli aspetti inerenti all’accertamento e all’esame dei fatti, l’istituzione di misure provvisorie e l’imposizione e la riscossione dei dazi antidumping, la durata e il riesame delle misure antidumping e la divulgazione delle informazioni relative alle inchieste antidumping; che, data la portata delle modifiche e ai fini dell’applicazione adeguata e trasparente delle nuove norme, è opportuno trasporre, per quanto possibile, i termini del nuovo accordo nella legislazione comunitaria;

    (...)

    (7)

    considerando che, per determinare il valore normale relativo ai paesi che non hanno un’economia di mercato, conviene dettare le regole per la scelta di un appropriato paese terzo ad economia di mercato da utilizzare a tale scopo e, qualora non sia possibile trovare un paese terzo adatto, stabilire che il valore normale può essere determinato su qualsiasi altra base equa».

    8

    L’articolo 1, paragrafo 2, di detto regolamento stabiliva che un prodotto «è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nella Comunità è inferiore ad un prezzo comparabile del prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali».

    9

    Per la determinazione del dumping, l’articolo 2, paragrafi da 1 a 7, del regolamento di base fissava norme relative al calcolo del valore normale. Mentre, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento, il valore normale era calcolato normalmente sui prezzi praticati nel paese esportatore, il paragrafo 7 del medesimo articolo prevedeva, per le importazioni da paesi non retti da un’economia di mercato, il ricorso al metodo cosiddetto «del paese di riferimento». Secondo quest’ultima disposizione:

    «a)

    Nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato [(Albania, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Corea del Nord, Kirghizistan, Moldova, Mongolia, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan)], il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi, compresa la Comunità, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nella Comunità per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto.

    (...)

    b)

    Nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese, dal Vietnam e dal Kazakistan, nonché da qualsiasi paese non retto da un’economia di mercato che sia membro dell’OMC alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato a norma dei paragrafi da 1 a 6 qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e in funzione dei criteri e delle procedure di cui alla lettera c), sia dimostrata la prevalenza di condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile. Qualora ciò non sia possibile, si applica il regime di cui alla lettera a).

    c)

    La domanda di cui alla lettera b) deve (…) contenere prove sufficienti in ordine al fatto che il produttore opera in condizioni di economia di mercato. Ciò si verifica quando:

    le decisioni delle imprese in materia di prezzi, costi e fattori produttivi, inclusi ad esempio le materie prime, le spese per gli impianti tecnologici e la manodopera, la produzione, le vendite e gli investimenti, vengano prese in risposta a tendenze del mercato che rispecchiano condizioni di domanda e di offerta, senza significative interferenze statali, ed i costi dei principali mezzi di produzione riflettano nel complesso i valori di mercato;

    le imprese dispongano di una serie ben definita di documenti contabili di base soggetti a revisione contabile indipendente e che siano d’applicazione in ogni caso in linea con le norme internazionali in materia di contabilità;

    i costi di produzione e la situazione finanziaria delle imprese non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato relativamente alle svalutazioni anche degli attivi, alle passività di altro genere, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti;

    le imprese in questione siano soggette a leggi in materia fallimentare e di proprietà che garantiscano certezza del diritto e stabilità per la loro attività, e

    le conversioni del tasso di cambio siano effettuate ai tassi di mercato.

    (...)».

    10

    In caso di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, un dazio individuale poteva essere fissato, conformemente all’articolo 9, paragrafo 5, del medesimo regolamento, per gli esportatori che soddisfacessero determinate condizioni previste in tale ultima disposizione.

    Il regolamento (CE) n. 2238/2000

    11

    I considerando da 3 a 6 del regolamento (CE) n. 2238/2000 del Consiglio, del 9 ottobre 2000, che modifica il regolamento n. 384/96 (GU L 257, pag. 2), enunciavano quanto segue:

    «(3)

    L’articolo 2, paragrafo 7, del [regolamento di base] prevede (…) che (…) il valore normale può essere calcolato in base al regime applicabile ai paesi ad economia di mercato, qualora sia possibile dimostrare la prevalenza delle condizioni di mercato per uno o più produttori oggetto dell’inchiesta relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto in questione.

    (4)

    Il processo di riforma in corso in (…) Vietnam e Kazakistan ha modificato in modo essenziale le economie di questi paesi e ha portato all’emergere di imprese per le quali prevalgono condizioni dell’economia di mercato. Di conseguenza, i (…) suddetti paesi si sono discostati dal modello economico che aveva suggerito il ricorso al metodo del paese di riferimento.

    (5)

    È opportuno modificare la prassi antidumping della Comunità per poter tener conto delle mutate condizioni economiche (…).

    (6)

    È altresì opportuno concedere un trattamento analogo alle importazioni in provenienza dai paesi che abbiano aderito al[l’OMC] alla data di apertura dell’inchiesta antidumping in questione».

    Fatti

    12

    La Rusal Armenal, società con sede in Armenia dal 2000, produce ed esporta prodotti di alluminio.

    13

    A seguito di una denuncia depositata il 28 maggio 2008, la Commissione ha avviato un procedimento antidumping concernente le importazioni di fogli di alluminio originari dell’Armenia, del Brasile e della Cina. La Rusal Armenal ha contestato l’applicabilità al caso di specie dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, tenuto conto, in particolare, dell’adesione, avvenuta il 5 febbraio 2003, della Repubblica di Armenia all’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, firmato a Marrakech il 15 aprile 1994. Peraltro, la Rusal Armenal ha chiesto di ottenere lo status di società operante in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: lo «status di SEM») o di beneficiare di un trattamento individuale ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

    14

    Il 7 aprile 2009 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 287/2009, che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di fogli d’alluminio originarie dell’Armenia, del Brasile e della Repubblica popolare cinese (GU L 94, pag. 17). La Turchia è stata designata quale paese di riferimento ai fini del calcolo del valore normale per i produttori esportatori che non ottenessero lo status di SEM.

    15

    Riguardo alla concessione alla Rusal Armenal dello status di SEM, la Commissione ha rilevato che la Repubblica di Armenia non poteva essere considerata paese retto da un’economia di mercato, essendo menzionata nella nota dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. Inoltre, la Commissione ha ritenuto che la Rusal Armenal non soddisfacesse i criteri relativi alla contabilità e ai costi di produzione menzionati nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), secondo e terzo trattino, di detto regolamento. Quanto al calcolo del margine di dumping, la Commissione ha considerato che la Rusal Armenal rispondesse ai requisiti per ottenere un trattamento individuale.

    16

    Il 24 settembre 2009 il Consiglio ha adottato il regolamento controverso nel quale ha confermato detta valutazione della Commissione. In particolare, riguardo alla conclusione secondo cui la concessione alla Rusal Armenal dello status di SEM avrebbe dovuto essere negata, il considerando 20 di tale regolamento stabilisce che «l’Armenia è esplicitamente menzionata nella nota dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base come facente parte dei paesi non retti da un’economia di mercato», che «il trattamento applicato ai produttori esportatori dei paesi che sono membri dell’OMC senza essere paesi a economia di mercato è indicato all’articolo 2, paragrafo 7, lettera b)» e che «tali disposizioni sono state pienamente rispettate nella presente inchiesta (…)».

    17

    Ciò considerato, in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento controverso, un dazio antidumping definitivo del 13,4% è stato istituito sull’importazione di determinati prodotti di alluminio fabbricati dalla Rusal Armenal.

    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    18

    Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 dicembre 2009, la Rusal Armenal ha chiesto l’annullamento del regolamento controverso.

    19

    A sostegno del ricorso la Rusal Armenal ha dedotto cinque motivi. Il Tribunale ha esaminato unicamente il primo, un’eccezione di illegittimità sollevata in applicazione dell’articolo 277 TFUE, che si basa sulla violazione, da parte dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, dell’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, di quest’ultimo nonché degli articoli 2.1 e 2.2 dell’accordo antidumping; pertanto, solo questo motivo rileva ai fini dell’impugnazione in esame.

    20

    Con detto primo motivo, per giustificare la possibilità che il giudice dell’Unione procedesse a un controllo di legittimità alla luce dell’articolo 2 dell’accordo antidumping, la Rusal Armenal, sottolineando che, secondo la giurisprudenza della Corte, tale possibilità sussiste qualora l’atto dell’Unione rinvii espressamente a disposizioni precise dell’OMC o quando l’Unione ha inteso attuare un obbligo particolare ad essa incombente nell’ambito dell’OMC, ha fatto valere che il considerando 5 del regolamento di base rinviava a tale accordo e che lo stesso regolamento era stato adottato con l’obiettivo di attuare nel diritto dell’Unione gli obblighi internazionali incombenti alle istituzioni dell’Unione in forza di detto articolo dell’accordo antidumping.

    21

    La Rusal Armenal ha, in sostanza, precisato che la deroga istituita all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base era inapplicabile nei suoi confronti, poiché non era conforme all’articolo 2.7 dell’accordo antidumping, in combinato disposto con la seconda disposizione supplementare relativa all’articolo VI, paragrafo 1, nell’allegato I del GATT 1994. Istituendo, per le importazioni provenienti dall’Armenia, una deroga non prevista da queste ultime disposizioni, l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base violerebbe il regime generale degli articoli 2.1 e 2.2 dell’accordo antidumping per quanto concerne la determinazione del dumping.

    22

    Con la sentenza impugnata il Tribunale ha accolto il primo motivo di ricorso e, di conseguenza, ha annullato il regolamento controverso nella parte relativa alla Rusal Armenal.

    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

    23

    Con decisione del presidente della Corte del 24 aprile 2014, il Parlamento europeo è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

    24

    La Commissione e il Consiglio chiedono che la Corte voglia:

    annullare la sentenza impugnata;

    respingere il primo motivo del ricorso dinanzi al Tribunale;

    rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca sugli altri motivi del ricorso, dal secondo al quinto, e

    riservare le spese.

    25

    La Rusal Armenal chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna della Commissione e del Consiglio alle spese.

    Sull’impugnazione

    26

    A sostegno della propria impugnazione la Commissione deduce tre motivi.

    Sul primo motivo, vertente sul fatto che il Tribunale ha statuito ultra petita

    Argomenti delle parti

    27

    Con il primo motivo la Commissione sostiene che la sentenza impugnata è inficiata da un errore di diritto nella parte in cui il Tribunale si è pronunciato sull’eccezione di illegittimità dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, sollevata dalla Rusal Armenal nel ricorso in primo grado.

    28

    Secondo la Commissione, la Rusal Armenal ha rinunciato a far valere tale eccezione di illegittimità nella replica in primo grado, cosicché il contenuto del primo motivo del suo ricorso dinanzi al Tribunale era ormai limitato alla mera violazione da parte del Consiglio del principio dell’interpretazione conforme.

    29

    La Rusal Armenal contesta l’argomento della Commissione.

    Giudizio della Corte

    30

    Si deve osservare che l’esame dell’insieme delle considerazioni svolte dalla Rusal Armenal negli atti presentati dinanzi al Tribunale non consente di affermare che essa abbia rinunciato a far valere in corso di causa l’eccezione di illegittimità dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, sollevata in applicazione dell’articolo 277 TFUE.

    31

    Infatti, da dette considerazioni risulta, da un lato, che la Rusal Armenal ha chiesto al Tribunale di dichiarare l’inapplicabilità al caso di specie dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, in quanto il calcolo del valore normale, nei suoi confronti, secondo le norme relative alle importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato violava l’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, di detto regolamento nonché gli articoli 2.1 e 2.2 dell’accordo antidumping, e, dall’altro, che nella replica in primo grado la Rusal Armenal si è limitata a precisare le proprie argomentazioni al riguardo continuando a fare espresso riferimento all’articolo 277 TFUE.

    32

    Ciò considerato, occorre respingere il primo motivo della presente impugnazione in quanto infondato.

    Sul secondo motivo, vertente sul fatto che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel considerare che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base è volto a dare esecuzione agli obblighi particolari assunti nell’ambito dell’OMC

    Argomenti delle parti

    33

    Con il secondo motivo la Commissione contesta essenzialmente al Tribunale di non aver tenuto conto della sentenza Nakajima/Consiglio (C‑69/89, EU:C:1991:186) quando ha ritenuto, sul fondamento delle considerazioni esposte nei punti 36 e da 53 a 55 della sentenza impugnata, che, nell’adottare l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, il legislatore dell’Unione avesse inteso dare esecuzione agli obblighi particolari imposti dall’articolo 2 dell’accordo antidumping e dalla seconda disposizione supplementare relativa all’articolo VI, paragrafo 1, del GATT 1994, contenuta nell’allegato I di quest’ultimo. In tal modo il Tribunale avrebbe erroneamente considerato che era suo compito controllare la legittimità dell’articolo 2, paragrafo 7, del medesimo regolamento alla luce delle norme contenute negli accordi OMC.

    34

    La Commissione sostiene, al riguardo, che quest’ultima disposizione è volta ad istituire un «regime speciale di economia di mercato» applicabile alle economie in transizione verso un’economia di mercato. Questo regime speciale, anziché basarsi sul testo di dette norme degli accordi OMC, farebbe parte di una strategia politica dell’Unione diretta a ricompensare gli sforzi compiuti dagli ex paesi a commercio di Stato e a promuovere il proseguimento delle riforme economiche da parte delle economie in transizione nonché la liberalizzazione degli scambi commerciali.

    35

    La Rusal Armenal fa valere che il criterio che la Commissione individua per determinare la portata del controllo giurisdizionale del giudice dell’Unione alla luce delle norme contenute negli accordi OMC si basa erroneamente sulla sola questione se il legislatore dell’Unione abbia inteso dare esecuzione agli obblighi particolari assunti nel contesto dell’OMC. Dalla giurisprudenza della Corte emergerebbe che occorre altresì esaminare se l’atto dell’Unione di cui trattasi rinvii espressamente a disposizioni precise del diritto dell’OMC, e il testo del considerando 5 del regolamento di base consentirebbe di concludere che un tale rinvio sussiste.

    36

    In ogni caso, la Rusal Armenal considera che il legislatore dell’Unione, adottando le disposizioni dell’articolo 2 di detto regolamento riguardo al calcolo del valore normale, ha inteso effettivamente dare esecuzione alle disposizioni, sostanzialmente identiche, dell’articolo 2 dell’accordo antidumping nonché alla seconda disposizione supplementare relativa all’articolo VI, paragrafo 1, del GATT 1994, contenuta nell’allegato I di quest’ultimo, cui fa riferimento l’articolo 2.7 dell’accordo antidumping. Tale conclusione risulterebbe sostanzialmente, in primo luogo, dal considerando 5 del medesimo regolamento, in secondo luogo, dall’assenza di criteri nel diritto dell’Unione riguardanti la concessione dello status di paesi retti da un’economia di mercato che deroghino alla seconda disposizione supplementare sopracitata e, in terzo luogo, dal fatto che gli strumenti di adesione della Repubblica di Armenia all’OMC non prevedano alcuna possibilità di derogare agli articoli 2.1 e 2.2 dell’accordo antidumping.

    Giudizio della Corte

    37

    In via preliminare occorre ricordare che le disposizioni di un accordo internazionale di cui l’Unione sia parte possono essere invocate a sostegno di un ricorso di annullamento di un atto di diritto derivato dell’Unione o di un’eccezione di illegittimità di detto atto solo qualora, da una parte, la natura e l’economia generale dell’accordo in questione non vi ostino e, dall’altra, tali disposizioni appaiano, dal punto di vista del loro contenuto, incondizionate e sufficientemente precise (v., in particolare, sentenza Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2015:4, punto 54 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, dette disposizioni potranno essere fatte valere dinanzi al giudice dell’Unione come criterio di valutazione della legittimità di un atto dell’Unione solo quando entrambe le condizioni sopracitate siano cumulativamente soddisfatte.

    38

    Riguardo agli accordi OMC, secondo una giurisprudenza costante della Corte, tenuto conto della loro natura e della loro economia, essi non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali può essere controllata la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione (v., in particolare, sentenze Portogallo/Consiglio, C‑149/96, EU:C:1999:574, punto 47; Van Parys, C‑377/02, EU:C:2005:121, punto 39, e LVP, C‑306/13, EU:C:2014:2465, punto 44).

    39

    Al riguardo la Corte ha rilevato, in particolare, che ammettere che il compito di assicurare la conformità del diritto dell’Unione alle norme dell’OMC incomba direttamente al giudice dell’Unione equivarrebbe a privare gli organi legislativi o esecutivi dell’Unione del margine di manovra di cui dispongono gli organi analoghi delle controparti commerciali dell’Unione. È infatti pacifico che alcune parti contraenti, tra le quali le controparti commerciali più importanti dell’Unione, hanno tratto, alla luce dell’oggetto e dello scopo degli accordi OMC, la conseguenza che questi ultimi non rientrano tra le normative alla luce delle quali i loro organi giurisdizionali controllano la legittimità delle loro norme di diritto interno. Tale mancanza di reciprocità, se fosse ammessa, rischierebbe di condurre ad uno squilibrio nell’applicazione delle norme dell’OMC (v., segnatamente, sentenze Portogallo/Consiglio, C‑149/96, EU:C:1999:574, punti da 43 a 46; FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 119, nonché LVP, C‑306/13, EU:C:2014:2465, punto 46).

    40

    Tuttavia, in due situazioni eccezionali, derivanti dall’intenzione del legislatore dell’Unione di limitare esso stesso il proprio margine di manovra nell’applicazione delle norme dell’OMC, la Corte ha riconosciuto che spetta al giudice dell’Unione, se del caso, controllare la legittimità di un atto dell’Unione e degli atti adottati per la sua applicazione alla luce degli accordi OMC.

    41

    Si tratta, in primo luogo, del caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nel contesto di tali accordi e, in secondo luogo, del caso in cui l’atto di diritto dell’Unione di cui trattasi faccia espresso rinvio a precise disposizioni dei medesimi accordi (v. in tal senso, in particolare, sentenze Fediol/Commissione, 70/87, EU:C:1989:254, punti da 19 a 22; Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punti da 29 a 32; Biret e Cie/Consiglio, C‑94/02 P, EU:C:2003:518, punto 73, nonché Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2015:4, punto 56).

    42

    Nella causa in esame occorre ricordare che, al punto 36 della sentenza impugnata, per quanto concerne l’esame della posizione dell’accordo antidumping nell’ordinamento giuridico dell’Unione, e dopo aver rilevato che dal considerando 5 del regolamento di base risultava che l’Unione avesse adottato quest’ultimo per adempiere i propri obblighi internazionali, il Tribunale ha dichiarato che, mediante l’articolo 2 di tale regolamento, intitolato «Determinazione del dumping», l’Unione aveva inteso dare esecuzione agli obblighi particolari che comporta l’articolo 2 dell’accordo antidumping, anch’esso vertente sulla determinazione del dumping.

    43

    Ciò considerato, si deve verificare se, come sostiene la Commissione, la sentenza impugnata sia inficiata da un errore di diritto nella parte in cui giunge alla predetta conclusione riguardo all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base.

    44

    Va anzitutto rilevato, in proposito, che la Corte, in determinati casi, ha riconosciuto che il sistema antidumping dell’OMC poteva costituire un’eccezione al principio generale secondo il quale il giudice dell’Unione non può controllare la legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione in base alla loro conformità alle norme contenute negli accordi OMC (v., in tal senso, sentenze Nakajima/Consiglio, C‑69/89, EU:C:1991:186, punti da 29 a 32; Petrotub e Republica/Consiglio, C‑76/00 P, EU:C:2003:4, punti 55 e 56, nonché Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2015:4, punto 59).

    45

    Tuttavia, per applicare tale eccezione a un caso specifico, occorre che sia sufficientemente dimostrata la chiara volontà del legislatore di attuare nel diritto dell’Unione un obbligo particolare assunto nell’ambito degli accordi OMC.

    46

    A tal fine non è sufficiente, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 42 delle sue conclusioni, che dal preambolo dell’atto dell’Unione in questione risulti in generale che l’adozione di quest’ultimo sia avvenuta in considerazione di obblighi internazionali dell’Unione. È necessario, per contro, che si possa desumere dalla disposizione specifica del diritto dell’Unione controversa che la stessa è volta ad attuare nel diritto dell’Unione un obbligo particolare scaturito dagli accordi OMC.

    47

    Per quanto concerne l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, si deve osservare anzitutto che tale disposizione, conformemente a quanto enunciato nel considerando 7 del medesimo regolamento, introduce un regime speciale che fissa norme dettagliate in materia di calcolo del valore normale relativamente alle importazioni provenienti da paesi non retti da un’economia di mercato, tra cui l’Armenia. Infatti, riguardo a tali importazioni, detta disposizione stabilisce, alla lettera a), che il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi, compresa l’Unione, oppure, qualora ciò non sia possibile, su qualsiasi altra base equa, compreso il prezzo realmente pagato o pagabile nell’Unione per un prodotto simile, se necessario debitamente adeguato per includere un equo margine di profitto. Inoltre, la stessa disposizione precisa, alla lettera b), che, nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni in provenienza da qualsiasi paese non retto da un’economia di mercato che sia membro dell’OMC alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato a norma dei suoi paragrafi da 1 a 6 qualora sia dimostrata la prevalenza delle condizioni dell’economia di mercato, previste alla lettera c), per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla produzione e alla vendita del prodotto simile.

    48

    Si deve rilevare, al riguardo, che l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base esprime l’intenzione del legislatore dell’Unione di adottare in tale ambito un approccio specifico all’ordinamento giuridico dell’Unione.

    49

    Infatti, come risulta dal preambolo del regolamento n. 2238/2000, che modifica il regolamento di base, le norme stabilite all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, applicabili alle importazioni provenienti da paesi membri dell’OMC non retti da un’economia di mercato, trovano il loro fondamento nel progressivo emergere, in tali paesi, a seguito delle riforme economiche adottate, di imprese che operano in condizioni di economia di mercato.

    50

    Orbene, nei limiti in cui l’accordo antidumping non contiene norme specifiche relative a tale categoria di paesi, non può essere stabilita alcuna corrispondenza tra, da un lato, le norme che figurano nell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base riguardo alle importazioni provenienti da paesi membri dell’OMC non retti da un’economia di mercato e, dall’altro, le norme definite all’articolo 2 dell’accordo antidumping. Pertanto, non si può ritenere che detta disposizione del regolamento di base costituisca una misura diretta a garantire nell’ordinamento giuridico dell’Unione l’esecuzione di un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC.

    51

    L’articolo 2.7 dell’accordo antidumping, in combinato disposto con la seconda disposizione supplementare relativa all’articolo VI, paragrafo 1, del GATT 1994, che figura nell’allegato I di quest’ultimo, cui l’articolo 2.7 si riferisce, non è idoneo a rimettere in discussione siffatta constatazione. Infatti, oltre alla circostanza di non stabilire alcuna norma precisa che disciplini il calcolo del valore normale, detta seconda disposizione supplementare riguarda solamente i casi in cui il commercio sia oggetto di un monopolio completo o quasi completo e in cui tutti i prezzi interni siano fissati dallo Stato.

    52

    Tale constatazione non è rimessa in discussione nemmeno dal fatto che il considerando 5 del regolamento di base enunci che occorre trasporre «per quanto possibile» le norme dell’accordo antidumping nel diritto dell’Unione. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 44 e 46 delle sue conclusioni, tale sintagma deve essere interpretato nel senso che il legislatore dell’Unione ha certamente inteso tener conto delle norme dell’accordo antidumping al momento dell’adozione del regolamento di base, ma non ha manifestato la volontà di procedere alla trasposizione di ciascuna di tali norme in detto regolamento. Pertanto, la conclusione secondo cui l’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base è diretto a dare esecuzione agli obblighi particolari che comporta l’articolo 2 dell’accordo antidumping non può in nessun caso basarsi sui meri termini del considerando 5.

    53

    In tali circostanze si deve affermare, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 50 e 51 delle sue conclusioni, che il legislatore dell’Unione ha esercitato la propria competenza regolamentare, per quanto concerne il calcolo del valore normale relativamente alle importazioni provenienti da paesi membri dell’OMC non retti da un’economia di mercato, adottando un approccio specifico all’ordinamento giuridico dell’Unione e che, pertanto, non può essere determinata la sua intenzione di dare esecuzione, mediante l’adozione dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, agli obblighi particolari che comporta l’articolo 2 dell’accordo antidumping.

    54

    Ne discende che il Tribunale, avendo deliberato differentemente, ha commesso un errore di diritto.

    55

    Ciò considerato, si deve accogliere il secondo motivo della presente impugnazione.

    56

    Pertanto, occorre annullare in toto la sentenza impugnata, senza che sia necessario esaminare il terzo motivo dedotto dalla Commissione a sostegno della propria impugnazione, relativo alla violazione del principio generale dell’equilibrio istituzionale.

    Sul ricorso dinanzi al Tribunale

    57

    Conformemente all’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

    58

    Nel caso di specie, secondo la Corte, si deve statuire definitivamente sul primo motivo del ricorso proposto dalla Rusal Armenal diretto all’annullamento del regolamento controverso.

    59

    Occorre rilevare, in proposito, che nessuna delle due situazioni eccezionali menzionate al punto 41 della presente sentenza ricorre nel caso di specie. Da un lato, come rilevato al punto 53 della presente sentenza, non può essere determinata l’intenzione del legislatore dell’Unione di dare esecuzione, mediante l’adozione dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base, agli obblighi particolari che comporta l’articolo 2 dell’accordo antidumping. Dall’altro, l’articolo 2, paragrafo 7, di detto regolamento non rinvia espressamente ad alcuna disposizione precisa dell’accordo antidumping e il generico riferimento alle disposizioni di tale accordo nel considerando 5 del medesimo regolamento è di per sé insufficiente per concludere che un tale rinvio sussista (v., in tal senso, sentenze Van Parys, C‑377/02, EU:C:2005:121, punto 52; FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punti 113 e 114, nonché Consiglio e a./Vereniging Milieudefensie e Stichting Stop Luchtverontreiniging Utrecht, da C‑401/12 P a C‑403/12 P, EU:C:2015:4, punto 58).

    60

    Ciò considerato, il primo motivo del ricorso proposto dalla Rusal Armenal diretto all’annullamento del regolamento controverso deve essere respinto nella misura in cui il giudice dell’Unione è chiamato dal legislatore a controllare la legittimità del calcolo del valore normale in relazione ai prodotti fabbricati dalla Rusal Armenal alla luce unicamente dell’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento di base.

    61

    Tuttavia, dato che il Tribunale non ha esaminato il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo sollevati dalla Rusal Armenal a sostegno del proprio ricorso di annullamento, la Corte ritiene che lo stato degli atti non consenta di statuire definitivamente sulla controversia.

    62

    Di conseguenza, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché statuisca sui motivi dal secondo al quinto.

    Sulle spese

    63

    Poiché la causa è stata rinviata dinanzi al Tribunale, le spese devono essere riservate.

     

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

     

    1)

    La sentenza del Tribunale dell’Unione europea Rusal Armenal/Consiglio (T‑512/09, EU:T:2013:571) è annullata.

     

    2)

    La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché statuisca sui motivi su cui non si è pronunciato.

     

    3)

    Le spese sono riservate.

     

    Firme


    ( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

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