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Documento 62013CJ0316

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 26 marzo 2015.
Gérard Fenoll contro Centre d'aide par le travail "La Jouvene" e Association de parents et d'amis de personnes handicapées mentales (APEI).
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Cour de cassation.
Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 31, paragrafo 2 – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Nozione di “lavoratore” – Persona disabile – Diritto alle ferie annuali retribuite – Normativa nazionale contraria al diritto dell’Unione – Ruolo del giudice nazionale.
Causa C-316/13.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2015:200

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

26 marzo 2015 ( *1 )

«Rinvio pregiudiziale — Politica sociale — Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Articolo 31, paragrafo 2 — Direttiva 2003/88/CE — Articolo 7 — Nozione di “lavoratore” — Persona disabile — Diritto alle ferie annuali retribuite — Normativa nazionale contraria al diritto dell’Unione — Ruolo del giudice nazionale»

Nella causa C‑316/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour de cassation (Francia), con decisione del 29 maggio 2013, pervenuta in cancelleria il 10 giugno 2013, nel procedimento

Gérard Fenoll

contro

Centre d’aide par le travail «La Jouvene»,

Association de parents et d’amis de personnes handicapées mentales (APEI) d’Avignon,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, presidente di sezione, A. Borg Barthet, E. Levits (relatore), M. Berger e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 marzo 2014,

considerate le osservazioni presentate:

per G. Fenoll, da G. Delvolvé e A. Delvolvé, avocats;

per l’Association de parents et d’amis de personnes handicapées mentales (APEI) d’Avignon, da L. Cocquebert, avocat;

per il governo francese, da N. Rouam, D. Colas e R. Coesme, in qualità di agenti;

per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e C. Schillemans, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da M. Van Hoof e M. van Beek, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 giugno 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della nozione di «lavoratore» ai sensi della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU L 299, pag. 9), nonché dell’articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Fenoll, da un lato, e il Centre d’aide par le travail [Centro di aiuto attraverso il lavoro] «La Jouvene» (in prosieguo: il «CAT “La Jouvene”») e l’Association de parents et d’amis de personnes handicapées mentales [Associazione di parenti e amici di persone con disabilità mentale] (APEI) di Avignone, dall’altro lato, in merito alla richiesta dell’interessato di un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute.

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

3

L’articolo 1 della direttiva 2003/88, intitolato «Oggetto e campo di applicazione», recita:

«1.   La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.

2.   La presente direttiva si applica:

a)

ai periodi minimi di (...) ferie annuali (...)

(…)

3.   La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391/CEE [del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183, pag. 1)], fermi restando gli articoli 14, 17, 18 e 19 della presente direttiva.

(…)».

4

L’articolo 7 di tale direttiva, intitolato «Ferie annuali», recita come segue:

«1.   Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali.

2.   Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità finanziaria, salvo in caso di fine del rapporto di lavoro».

5

L’articolo 17 della medesima direttiva prevede che gli Stati membri possano derogare a talune disposizioni di quest’ultima. Tuttavia, nessuna deroga è ammessa riguardo all’articolo 7.

6

L’articolo 2 della direttiva 89/391, intitolato «Campo di applicazione», è formulato nei termini seguenti:

«1.   La presente direttiva concerne tutti i settori d’attività privati o pubblici (attività industriali, agricole, commerciali, amministrative, di servizi, educative, culturali, ricreative, ecc.).

2.   La presente direttiva non è applicabile quando particolarità inerenti ad alcune attività specifiche nel pubblico impiego, per esempio nelle forze armate o nella polizia, o ad alcune attività specifiche nei servizi di protezione civile vi si oppongono in modo imperativo.

In questo caso, si deve vigilare affinché la sicurezza e la salute dei lavoratori siano, per quanto possibile, assicurate, tenendo conto degli obiettivi della presente direttiva».

Il diritto francese

Il code du travail [codice del lavoro]

7

L’articolo L. 223‑2, primo comma, del code du travail, nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, prevede:

«Il lavoratore che, nel corso dell’anno di riferimento, provi di essere stato occupato presso lo stesso datore di lavoro per un periodo equivalente a un minimo di un mese di lavoro effettivo, ha diritto a ferie la cui durata è determinata in due giorni e mezzo lavorativi per mese di lavoro, senza che la durata complessiva delle ferie esigibili possa superare trenta giorni lavorativi».

8

Ai sensi dell’articolo L. 223‑4 di tale codice:

«Sono assimilati a un mese di lavoro effettivo, ai fini della determinazione della durata delle ferie, i periodi equivalenti a quattro settimane o a ventiquattro giorni di lavoro. I periodi di ferie retribuite, i riposi compensativi (…), i periodi di riposo delle puerpere (…), i giorni di riposo maturati in ragione della riduzione dell’orario di lavoro nonché i periodi, limitati ad un periodo ininterrotto di un anno, durante i quali l’esecuzione del contratto di lavoro sia sospesa a causa di un infortunio sul lavoro o di malattia professionale sono considerati come periodi di lavoro effettivo (…)».

9

L’articolo L. 323‑10 del medesimo codice così dispone:

«è considerata lavoratore disabile ai sensi della presente sezione ogni persona le cui possibilità di ottenere o di mantenere un impiego siano effettivamente ridotte a seguito dell’alterazione di una o più funzionalità fisiche, sensoriali, mentali o psichiche.

Lo status di lavoratore disabile è riconosciuto dalla commissione di cui all’articolo L. 146‑9 del code de l’action sociale et des familles [codice dell’azione sociale e delle famiglie].

L’accoglienza presso una struttura o un servizio di cui al punto 5 del paragrafo 1 dell’articolo L. 312-1 del medesimo codice costituisce riconoscimento dello status di lavoratore disabile».

Il code de l’action sociale et des familles

10

L’articolo L. 321‑1 del code de l’action sociale et des familles, nella versione in vigore dal 6 settembre 2003, è così formulato:

«Sono strutture e servizi sociali o medico-sociali, ai sensi del presente codice, le strutture e i servizi, dotati o meno di personalità giuridica propria, elencati di seguito:

(…)

5

Le strutture o i servizi:

a)

di aiuto attraverso il lavoro, ad eccezione delle strutture convenzionate per le attività di cui all’articolo L. 322‑4‑16 del code du travail e delle imprese adattate di cui agli articoli L. 323‑30 e seguenti del medesimo codice;

(…)».

11

L’articolo L. 344‑2 di tale codice, nella versione in vigore dal 3 gennaio 2002 all’11 febbraio 2005, così disponeva:

«I centri di aiuto attraverso il lavoro, che includano o meno un alloggio, accolgono gli adolescenti e gli adulti disabili che non possono, temporaneamente o permanentemente, lavorare nelle normali imprese né in un laboratorio protetto o per conto di un centro di distribuzione di lavoro a domicilio, né esercitare un’attività professionale indipendente. Essi offrono loro la possibilità di svolgere diverse attività di carattere professionale, un sostegno medico-sociale ed educativo nonché un ambiente di vita in grado di favorirne lo sviluppo personale e l’integrazione sociale.

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

12

Il sig. Fenoll è stato utente del CAT «La Jouvene» dal 1o febbraio 1996 al 20 giugno 2005. All’inizio, egli ha regolarmente beneficiato di cinque settimane di ferie annuali retribuite.

13

Dal 16 ottobre 2004 e fino al momento in cui ha lasciato il suddetto CAT, il sig. Fenoll è stato in congedo per malattia. Nel momento in cui tale periodo di incapacità è iniziato, egli beneficiava di un totale di dodici giorni di ferie annuali retribuite maturate e non godute, relative al periodo di attività lavorativa dal 1o giugno 2003 al 31 maggio 2004. Inoltre, il sig. Fenoll non ha potuto godere delle proprie ferie per il periodo di riferimento dal 1o giugno 2004 al 31 maggio 2005. Il diritto alle ferie annuali maturate e non godute per entrambi i periodi di cui sopra, a giudizio del sig. Fenoll, dava diritto al pagamento di un’indennità finanziaria d’importo pari a EUR 945. Il CAT «La Jouvene» gli ha negato tale pagamento.

14

Avendo il Tribunal d’instance di Avignone (Francia) rigettato, in ultima istanza, la sua richiesta di indennizzo, il sig. Fenoll ha proposto ricorso per cassazione.

15

Il giudice del rinvio richiama la giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 7 della direttiva 2003/88, nonché quella concernente la nozione di «lavoratore» ai sensi dell’articolo 45 TFUE. A tal proposito, detto giudice s’interroga sulla questione se le persone collocate in un centro di aiuto attraverso il lavoro (in prosieguo: un «CAT»), che non hanno lo status di lavoratore dipendente, rientrino nella nozione di «lavoratore» ai sensi del diritto dell’Unione.

16

Il giudice del rinvio rammenta i termini dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, secondo i quali ogni lavoratore ha diritto, segnatamente, a ferie annuali retribuite, e afferma che, secondo giurisprudenza costante, i diritti fondamentali dell’Unione europea possono essere invocati in una controversia fra privati perché ne sia verificata l’osservanza da parte delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri nell’attuare il diritto dell’Unione.

17

In tali circostanze, la Cour de cassation ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se l’articolo 3 della direttiva 89/391, alla quale rinviano le disposizioni dell’articolo 1 della direttiva 2003/88 che ne determinano il campo di applicazione, debba essere interpretato nel senso che una persona ammessa in un CAT può essere qualificata come “lavoratore” ai sensi di detto articolo 3.

2)

Se l’articolo 31 della Carta debba essere interpretato nel senso che una persona quale descritta alla questione precedente può essere qualificata come “lavoratore” ai sensi di detto articolo 31.

3)

Se una persona quale descritta alla prima questione possa invocare direttamente diritti conferitile dalla Carta per ottenere diritti a ferie retribuite, qualora la normativa nazionale non preveda che essa goda di tali diritti, e se il giudice nazionale debba, per garantire la piena efficacia di tale diritto, disapplicare ogni disposizione di diritto nazionale contraria».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima e sulla seconda questione

18

Con tali questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se la nozione di «lavoratore» di cui all’articolo 7 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta debba essere interpretata in modo da comprendere una persona ammessa in un CAT, come il centro di cui al procedimento principale.

19

Al riguardo occorre ricordare, anzitutto, che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2003/88, in combinato disposto con l’articolo 2 della direttiva 89/391, al quale esso rinvia, tali direttive si applicano a tutti i settori di attività, privati o pubblici, allo scopo di promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e di disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione del loro orario di lavoro.

20

Così, la Corte ha dichiarato che l’ambito di applicazione della direttiva 89/391 deve essere inteso in modo ampio, con la conseguenza che le deroghe a tale ambito d’applicazione, previste all’articolo 2, paragrafo 2, primo comma, della stessa, devono essere interpretate restrittivamente (v. in tal senso, in particolare, sentenze Simap, C‑303/98, EU:C:2000:528, punti 34 e 35, e Commissione/Spagna, C‑132/04, EU:C:2006:18, punto 22). Infatti, tali deroghe sono state adottate soltanto allo scopo di garantire il buon funzionamento dei servizi indispensabili alla tutela della sicurezza, della salute e dell’ordine pubblico in caso di circostanze di gravità e di ampiezza eccezionali (sentenza Neidel, C‑337/10, EU:C:2012:263, punto 21 e la giurisprudenza ivi citata).

21

Dato che nessuna di tali circostanze ricorre in situazioni come quella in cui versa il ricorrente nel procedimento principale, l’attività di quest’ultimo rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88.

22

Ne consegue che le disposizioni della direttiva 2003/88, tra cui appunto l’articolo 7, si applicano all’attività esercitata dal sig. Fenoll.

23

La questione cui è necessario rispondere è, pertanto, se il sig. Fenoll svolga tale attività in qualità di lavoratore ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta.

24

A tal proposito, per quanto concerne la direttiva 2003/88, occorre rilevare che, come sostenuto dall’avvocato generale nel paragrafo 29 delle sue conclusioni, essa non ha effettuato nessun rinvio alla nozione di «lavoratore» di cui alla direttiva 89/391 né alla definizione di tale nozione quale risultante dalle legislazioni e/o prassi nazionali (v., in tal senso, sentenza Union syndicale Solidaires Isère, C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 27).

25

Ne risulta che, ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/88, la nozione di «lavoratore» non può essere interpretata in vario modo, con riferimento agli ordinamenti nazionali, ma ha una portata autonoma propria del diritto dell’Unione (sentenza Union syndicale Solidaires Isère, C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 28).

26

Orbene, come evidenziato dall’avvocato generale nel paragrafo 26 delle sue conclusioni, tale constatazione è necessaria anche ai fini dell’interpretazione della nozione di «lavoratore», ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, per assicurare l’uniformità dell’ambito di applicazione ratione personae del diritto dei lavoratori alle ferie retribuite.

27

In tale contesto, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «lavoratore» nel quadro della direttiva 2003/88 dev’essere definita in base a criteri obiettivi che caratterizzino il rapporto di lavoro sotto il profilo dei diritti e degli obblighi delle persone interessate. Pertanto, deve essere qualificata come «lavoratore» una persona che svolga attività reali ed effettive, restando escluse quelle attività talmente ridotte da poter essere definite puramente marginali e accessorie. La caratteristica del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione (v., in tal senso, sentenze Union syndicale Solidaires Isère, C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 28, e Neidel, C‑337/10, EU:C:2012:263, punto 23).

28

Orbene, al fine di verificare se una nozione siffatta possa includere una persona ammessa in un CAT, come il sig. Fenoll, devono essere presi in considerazione i seguenti elementi.

29

In primo luogo, la Corte ha affermato che, nell’ambito della qualificazione relativa alla nozione di «lavoratore», che spetta al giudice nazionale, quest’ultimo deve fondarsi su criteri obiettivi e valutare nel loro complesso tutte le circostanze del caso di cui è investito, riguardanti la natura sia delle attività interessate sia del rapporto tra le parti in causa (sentenza Union syndicale Solidaires Isère, C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 29).

30

Nella fattispecie, dalla decisione di rinvio risulta che le persone ammesse in un CAT non sono soggette a talune disposizioni del codice del lavoro. Tuttavia, tale circostanza, comportando una situazione giuridica per così dire «sui generis» di tali persone, non può essere decisiva nell’ambito della valutazione del rapporto di lavoro tra le parti in causa.

31

Infatti, occorre ricordare che la Corte ha già affermato, a tal proposito, che la natura giuridica sui generis di un rapporto di lavoro riguardo al diritto nazionale non può avere alcuna conseguenza sulla qualità di lavoratore ai sensi del diritto dell’Unione (v. sentenza Kiiski, C‑116/06, EU:C:2007:536, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata).

32

In secondo luogo, è pacifico che il sig. Fenoll ha fornito, per un dato periodo di tempo, in questo caso dal suo ingresso nel servizio del CAT «La Jouvene» nel 1996 e per almeno cinque anni consecutivi, prestazioni di varia natura, in base alle quali egli ha, peraltro, ottenuto ferie annuali retribuite. Dal fascicolo presentato alla Corte risulta che tali prestazioni, accompagnate da un sostegno di carattere medico-sociale, sono state attribuite e gestite dal personale e dalla direzione del CAT «La Jouvene», il quale cercava di offrire all’interessato uno stile di vita più adatto ai suoi bisogni. Un quadro organizzativo del genere è tale da permettere ad un ente, come il CAT del procedimento principale, di garantire sia lo sviluppo personale di una persona affetta da handicap gravi attraverso la valorizzazione delle sue capacità sia, per quanto possibile, che le prestazioni affidate a tale persona presentino tendenzialmente una certa utilità economica per l’ente medesimo.

33

In terzo luogo, dal fascicolo presentato alla Corte risulta altresì che le prestazioni del sig. Fenoll, inserendosi nel programma economico-sociale del CAT «La Jouvene», prevedevano, in cambio, una remunerazione. In tale contesto, è importante sottolineare che il fatto che quest’ultima potesse essere nettamente al di sotto del salario minimo garantito in Francia non può rilevare ai fini della qualificazione del sig. Fenoll come «lavoratore» ai sensi del diritto dell’Unione.

34

Infatti, secondo una giurisprudenza costante della Corte, né la produttività più o meno elevata dell’interessato né l’origine delle risorse per la retribuzione né, tantomeno, il livello limitato di quest’ultima possono avere alcuna conseguenza sulla qualità di lavoratore ai sensi del diritto dell’Unione (v. sentenze Bettray, 344/87, EU:C:1989:226, punti 15 e 16; Kurz, C‑188/00, EU:C:2002:694, punto 32, nonché Trojani, C‑456/02, EU:C:2004:488, punto16).

35

In quarto luogo, è necessario sapere se le attività del sig. Fenoll, esercitate all’interno del CAT «La Jouvene», debbano essere qualificate «reali ed effettive» o se siano puramente marginali e accessorie, così da non poter comportare, secondo la giurisprudenza costante della Corte, citata al punto 27 della presente sentenza, la qualificazione di «lavoratore» di colui che le svolge.

36

A tal proposito, l’Association de parents et d’amis de personnes handicapées mentales (APEI) d’Avignon e il governo francese deducono dalle circostanze di fatto che hanno dato luogo alla sentenza Bettray (344/87, EU:C:1989:226) che, per analogia, il sig. Fenoll non possa essere qualificato come «lavoratore», posto che – a loro avviso – le sue attività all’interno del CAT «La Jouvene» sarebbero paragonabili a quelle esercitate da persone ammesse in un centro terapeutico per tossicodipendenti, come quello in esame in detta sentenza.

37

Tale impostazione non può essere condivisa.

38

Invero, è necessario precisare, innanzitutto, che la Corte ha sì statuito al punto 17 della sentenza Bettray (344/87, EU:C:1989:226) che non possono essere considerate attività economiche reali ed effettive quelle che rappresentano solo uno strumento per la rieducazione o il reinserimento di chi le svolga, ma ha affermato pure che tale considerazione rileva solo riguardo alle circostanze di fatto che hanno dato luogo a detta sentenza, caratterizzate dalla situazione di una persona che, a causa della sua tossicodipendenza, era stata assunta in base ad una normativa nazionale mirante a procurare lavoro a coloro i quali, per un tempo indeterminato, non fossero in grado, per via di circostanze connesse al loro stato, di lavorare in condizioni normali (v. sentenza Trojani, C‑456/02, EU:C:2004:488, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata).

39

Inoltre, occorre constatare che, anche se i posti di lavoro occupati all’interno del CAT «La Jouvene» sono, al pari di quelli destinati ai tossicodipendenti nella causa che ha dato luogo alla sentenza Bettray (344/87, EU:C:1989:226), riservati a soggetti che, a causa di circostanze connesse al loro stato, non siano in grado di lavorare in condizioni normali, emerge tuttavia dal fascicolo presentato alla Corte che il concetto stesso del regime che disciplina il funzionamento di un CAT – e, pertanto, le attività ivi esercitate dai disabili – è tale per cui dette attività non risultano puramente marginali e accessorie, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 27 della presente sentenza.

40

Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale, in particolare, nel paragrafo 42 delle sue conclusioni, le attività esercitate dai disabili all’interno del CAT «La Jouvene» non sono previste unicamente allo scopo di fornire un impiego, eventualmente derivativo, agli interessati. In effetti, tali attività, sebbene adattate alle capacità delle persone interessate, presentano altresì una certa utilità economica, tanto più che consentono di valorizzare la produttività, per quanto ridotta, delle persone affette da handicap gravi e, al contempo, di assicurare loro la dovuta protezione sociale.

41

Dalle suesposte considerazioni risulta pertanto che, sulla base degli elementi che emergono dal fascicolo presentato alla Corte, una persona che esercita attività come quelle esercitate dal sig. Fenoll all’interno del CAT «La Jouvene» può essere qualificata come «lavoratore» ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta.

42

In tale contesto, il giudice nazionale deve in particolare accertare se le prestazioni effettivamente svolte dall’interessato possano essere considerate rientranti di regola nel mercato del lavoro. A tale scopo possono essere presi in considerazione non soltanto lo statuto e la prassi del CAT di cui al procedimento principale, in quanto centro di accoglienza, nonché i diversi aspetti della finalità del suo programma di assistenza sociale, ma anche la natura e le modalità di esecuzione delle prestazioni (v., per analogia, sentenza Trojani, C‑456/02, EU:C:2004:488, punto 24).

43

Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle prime due questioni che la nozione di «lavoratore» di cui all’articolo 7 della direttiva 2003/88 e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta deve essere interpretata nel senso che essa può comprendere una persona ammessa in un CAT, come il centro di cui al procedimento principale.

Sulla terza questione

44

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta debba essere interpretato nel senso che esso può essere invocato direttamente in una controversia fra privati per garantire la piena efficacia del diritto alle ferie annuali retribuite e disapplicare ogni disposizione di diritto nazionale contraria.

45

A tal proposito, è sufficiente constatare che, come sottolineato dall’avvocato generale nel paragrafo 23 delle sue conclusioni, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non è applicabile, ratione temporis, in una situazione come quella di cui al procedimento principale.

46

Infatti, la pretesa del sig. Fenoll riguardo alle sue ferie annuali retribuite concerne un periodo precedente alla data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona e, pertanto, alla data a partire dalla quale la Carta ha acquisito lo stesso valore dei Trattati, a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, del Trattato UE.

47

Di conseguenza, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non può essere invocato, in quanto tale, in una controversia come quella di cui al procedimento principale.

48

Per quanto riguarda la possibilità di riferirsi all’articolo 7 della direttiva 2003/88, che prevede specificamente il diritto alle ferie annuali retribuite, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che, qualora il diritto nazionale non possa essere oggetto di interpretazione conforme a tale direttiva – punto che spetta al giudice del rinvio verificare –, l’articolo 7 di quest’ultima non può essere invocato in una controversia fra privati, come quella di cui al procedimento principale, allo scopo di garantire la piena efficacia del suddetto diritto alle ferie annuali retribuite e di disapplicare ogni disposizione di diritto nazionale contraria. Tuttavia, in una tale situazione, la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione potrebbe invocare la giurisprudenza scaturita dalla sentenza Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428) per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subìto (v. sentenza Dominguez, C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 43).

49

Tutto ciò considerato, non occorre rispondere alla terza questione.

Sulle spese

50

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

 

La nozione di «lavoratore» di cui all’articolo 7 della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, e all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretata nel senso che essa può comprendere una persona ammessa in un centro di aiuto attraverso il lavoro, come il centro di cui al procedimento principale.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il francese.

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