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Documento 62013CC0336

    Conclusioni dell'avvocato generale Bot del 4 settembre 2014.
    Commissione europea contro IPK International - World Tourism Marketing Consultants GmbH.
    Impugnazione - Decisione della Commissione che ordina il rimborso di un contributo finanziario - Esecuzione di una sentenza del Tribunale dell’Unione europea - Distinzione tra gli interessi moratori e gli interessi compensativi - Calcolo degli interessi.
    Causa C-336/13 P.

    Raccolta della giurisprudenza - generale

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2014:2170

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    YVES BOT

    presentate il 4 settembre 2014 ( 1 )

    Causa C‑336/13 P

    Commissione europea

    contro

    IPK International – World Tourism Marketing Consultants GmbH

    «Impugnazione — Decisione della Commissione che ordina il rimborso di un contributo finanziario — Annullamento della decisione da parte del Tribunale — Esecuzione della sentenza — Calcolo degli interessi sulla somma da restituire»

    I – Introduzione

    1.

    Con decisione del 4 agosto 1992, la Commissione europea ha concesso all’IPK International – World Tourism Marketing Consultants GmbH ( 2 ) un contributo finanziario di ECU 530 000 per un progetto di creazione di una banca dati. La prima parte del contributo finanziario, cioè ECU 318 000, è stata versata nel gennaio 1993.

    2.

    Ritenendo che il contributo finanziario fosse stato concesso irregolarmente, la Commissione, con decisione adottata il 13 maggio 2005 ( 3 ), ha annullato la decisione di concessione e successivamente, in data 4 dicembre 2006, ha adottato una decisione di recupero in esecuzione della quale l’IPK, il 15 maggio 2007, ha rimborsato la somma di EUR 318 000, maggiorata degli interessi di mora.

    3.

    A seguito del ricorso proposto dall’IPK avverso la decisione del 13 maggio 2005, il Tribunale dell’Unione europea, con la sentenza IPK International/Commissione (T‑297/05, EU:T:2011:185), pronunciata il 15 aprile 2011 ( 4 ), ha annullato tale decisione a causa dell’inosservanza del termine di prescrizione applicabile all’azione giudiziaria relativa all’irregolarità controversa.

    4.

    In esecuzione di detta sentenza, la Commissione, con lettera del 14 ottobre 2011, ha adottato e notificato all’IPK una decisione ( 5 ) recante pagamento dell’importo totale di EUR 720 579,90, di cui EUR 530 000 corrispondenti all’importo principale del contributo finanziario, EUR 31 961,63 a titolo degli interessi moratori pagati dall’IPK ed EUR 158 618,27 corrispondenti agli interessi «compensativi», il cui tasso è stato fissato dalla Commissione a un tasso pari a quello praticato dalla Banca centrale europea ( 6 ) e dall’Istituto monetario europeo, predecessore della BCE, per le operazioni principali di rifinanziamento.

    5.

    A seguito del ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa, proposto dall’IPK con atto introduttivo depositato il 22 dicembre 2011, il Tribunale, con la sentenza IPK International/Commissione (T‑671/11, EU:T:2013:163) ( 7 ), ha annullato tale decisione nella parte in cui l’importo degli interessi da corrispondere all’IPK, in essa stabilito, è limitato ad EUR 158 618,27.

    6.

    Attualmente, la Corte deve pronunciarsi sull’impugnazione proposta dalla Commissione nei confronti di tale sentenza. Detta impugnazione solleva, in sostanza, la questione della natura, del tasso e della durata degli interessi dovuti sulle somme che la Commissione deve corrispondere o restituire all’IPK a seguito dell’annullamento della decisione del 13 maggio 2005.

    7.

    Nelle presenti conclusioni, proporrò alla Corte di accogliere parzialmente l’impugnazione.

    8.

    Sosterrò, infatti, che il Tribunale, dichiarando che gli interessi moratori dovevano essere calcolati sulla base dell’importo principale del credito, comprensivo degli interessi compensativi precedentemente maturati, ha commesso un errore di diritto, alla luce della natura moratoria e non compensativa degli interessi maturati anteriormente, che giustifica l’annullamento parziale della sentenza impugnata.

    9.

    Proporrò alla Corte di statuire definitivamente su tale questione, dichiarando che gli interessi moratori devono essere calcolati sulla base del solo importo principale del credito.

    II – Sentenza impugnata

    10.

    A sostegno del suo ricorso dinanzi al Tribunale, l’IPK ha dedotto un unico motivo in due parti, vertente sulla violazione dell’articolo 266 TFUE, sostenendo che la Commissione avrebbe commesso errori di diritto, da un lato, nel determinare il tasso degli interessi compensativi, che avrebbero dovuto essere maggiorati di due punti rispetto al tasso di interesse della BCE per le operazioni di rifinanziamento e, dall’altro nell’omettere di calcolare taluni interessi moratori, i quali avrebbero dovuto invece decorrere a partire dalla pronuncia della sentenza del 15 aprile 2011 ed essere calcolati sull’importo totale del credito, maggiorato degli interessi compensativi.

    11.

    Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha accolto tale ricorso, ritenendo fondate le due parti del motivo dedotto dall’IPK.

    12.

    A tale riguardo, il Tribunale ha anzitutto rilevato, al punto 34 della sentenza impugnata, che dalla sentenza del 15 aprile 2011 non risultava alcun obbligo in capo alla Commissione di rimborsare all’IPK il contributo finanziario di cui trattasi, poiché, in tale sentenza, il Tribunale aveva convalidato gli accertamenti fattuali riportati nella decisione del 13 maggio 2005 e relativi alle irregolarità commesse dall’IPK – che giustificavano, in linea di principio, l’annullamento del contributo finanziario in questione – e si era limitato ad annullare tale decisione a causa dell’inosservanza, da parte della Commissione, del termine di prescrizione rilevante. Il Tribunale ha dedotto da tali affermazioni che la decisione controversa costituiva «l’unica base giuridica del credito principale in questione».

    13.

    Successivamente, con riferimento agli interessi compensativi, il Tribunale ha ricordato, al punto 36 della sentenza impugnata, che una costante giurisprudenza ( 8 ) aveva riconosciuto che, indipendentemente dalla loro precisa denominazione, tali interessi dovevano sempre essere calcolati sulla base del tasso di interesse della BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti. Il Tribunale ha aggiunto che tale maggiorazione forfettaria era applicabile a tutte le ipotesi, senza che vi fosse necessità di accertare in concreto se essa fosse giustificata o meno rispetto alla svalutazione monetaria, durante il periodo considerato, nello Stato membro in cui aveva sede il creditore, per poi aggiungere, al punto 38, che la suddetta maggiorazione forfettaria era sorta al fine di evitare un arricchimento senza causa in tutti i casi possibili.

    14.

    Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 39 della sentenza impugnata, che a torto la Commissione aveva omesso di maggiorare il tasso degli interessi compensativi.

    15.

    Infine, per quanto riguarda gli interessi moratori, il Tribunale ha ricordato, al punto 41 della sentenza impugnata, «la giurisprudenza consolidata che ha riconosciuto in capo alla Commissione l’obbligo incondizionato di pagare interessi moratori, in particolare nel caso dell’impegno da parte della stessa della responsabilità non contrattuale dell’Unione, per il periodo successivo alla pronuncia della sentenza che la accerta (...), nonché nel caso di ripetizione di indebito in seguito ad una sentenza di annullamento (...)». Poi, avendo rilevato che nessuno degli argomenti della Commissione consentiva di escludere tale «obbligo di principio» nel caso di specie, e avendo osservato che, al contrario, tale istituzione aveva ammesso in udienza di essere debitrice di interessi moratori dovuti a decorrere dalla pronuncia della sentenza del 15 aprile 2011, circostanza di cui era stato preso atto nel verbale dell’udienza, il Tribunale ne ha tratto la conclusione che all’importo principale dovuto, quale riconosciuto nella decisione controversa, dovevano essere aggiunti gli interessi moratori decorrenti, per comune accordo delle parti su tale punto, dal 15 aprile 2011, «e ciò indipendentemente dal fatto che tale decisione costituisca l’unico fondamento giuridico del credito principale in causa».

    16.

    Il Tribunale ha considerato, al punto 42 della sentenza impugnata, che gli interessi moratori dovevano essere calcolati sulla base dell’importo principale dovuto, maggiorato degli interessi compensativi maturati anteriormente, dato che, «[a]nche se (...) la giurisprudenza del Tribunale, in linea di principio, non autorizza la capitalizzazione degli interessi compensativi maturati anteriormente né degli interessi moratori maturati successivamente alla pronuncia di una sentenza che riconosce l’esistenza di un credito, il Tribunale ordina tuttavia di stabilire gli interessi moratori decorrenti fino al pagamento completo sulla base dell’importo principale del credito, maggiorato degli interessi compensativi maturati anteriormente». Il Tribunale ha aggiunto che «[t]ale approccio distingue pertanto gli interessi compensativi di tipo pre-contenzioso dagli interessi moratori di tipo post-contenzioso, dovendo questi ultimi tener conto dell’intera perdita finanziaria accumulata anche a causa della svalutazione monetaria».

    III – Impugnazione

    17.

    La Commissione chiede l’annullamento della sentenza impugnata e la condanna dell’IPK alle spese da essa sostenute.

    18.

    L’IPK chiede il rigetto di tale impugnazione e la condanna della Commissione alle spese.

    A – Motivi e argomenti delle parti

    19.

    Con il suo primo motivo, la Commissione censura il Tribunale per aver violato la giurisprudenza della Corte secondo cui gli interessi compensativi servono a compensare l’inflazione.

    20.

    Secondo la Commissione, dalla sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione (C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:2000:38, punto 214) nonché dalla giurisprudenza del Tribunale derivante, in particolare, dalla sentenza Agraz e a./Commissione (T‑285/03, EU:T:2008:526, punto 50) emerge che gli interessi compensativi sono intesi a risarcire le perdite derivanti dalla svalutazione monetaria successiva all’insorgenza dei danni, ragion per cui dovrebbero corrispondere al tasso di inflazione effettivamente rilevato, nel corso del periodo considerato, nello Stato membro in cui ha sede la società interessata.

    21.

    L’IPK replica che il Tribunale ha fatto espresso riferimento alla svalutazione monetaria dichiarando che quest’ultima doveva essere compensata attraverso gli interessi compensativi, che il tasso annuo di inflazione rilevato, per il periodo di riferimento, da Eurostat nello Stato membro in cui ha sede il creditore è preso in considerazione al solo fine di accertare la sussistenza stessa di una svalutazione monetaria e che tale svalutazione monetaria non costituisce il solo parametro di calcolo degli interessi compensativi.

    22.

    Con il suo secondo motivo, la Commissione sostiene che il Tribunale ha contraddetto la giurisprudenza della Corte, omettendo di distinguere tra interessi compensativi e interessi moratori. Mentre i primi sarebbero esclusivamente destinati a compensare la perdita di valore del patrimonio del creditore dovuta all’inflazione, i secondi perseguirebbero altresì l’obiettivo di spingere il debitore ad estinguere il proprio debito il più rapidamente possibile, e sarebbero per tale ragione più elevati rispetto agli interessi compensativi. Pertanto, fissando forfettariamente allo stesso livello questi due tipi di interessi nella sentenza impugnata, il Tribunale non avrebbe tenuto conto di tale distinzione.

    23.

    L’IPK ribatte che tale motivo non tiene conto, in contraddizione col terzo motivo, della differenza materiale di calcolo tra le due categorie di interessi, dato che gli interessi moratori sono calcolati non sulla sola base del debito principale, ma su quella di tale somma maggiorata altresì degli interessi compensativi maturati.

    24.

    Con il suo terzo motivo, la Commissione addebita al Tribunale di essere incorso in errore di diritto, per aver capitalizzato gli interessi compensativi e aver calcolato gli interessi moratori a partire dal 15 aprile 2011.

    25.

    A tale riguardo, la Commissione, che incentra le proprie argomentazioni sugli interessi moratori, sostiene che il Tribunale non poteva imporle retroattivamente il pagamento di interessi a decorrere dalla pronuncia della sentenza del 15 aprile 2011, che non prevedeva una condanna al pagamento di simili interessi. Essa lamenta, inoltre, l’incoerenza del Tribunale per aver questi fatto decorrere gli interessi moratori dal 15 aprile 2011 e per aver dichiarato, allo stesso tempo, che l’obbligo di rimborso risultava esclusivamente dalla decisione controversa.

    26.

    Secondo l’IPK, la sentenza del 15 aprile 2011 aveva ad oggetto il solo esame della legittimità della decisione del 13 maggio 2015, ed il fatto che il Tribunale non abbia esaminato le conseguenze giuridiche derivanti dalla sua sentenza non dispensa la Commissione dal suo obbligo di corrispondere interessi tanto moratori quanto compensativi. Con riferimento, più precisamente, agli interessi moratori, l’IPK deduce che la Commissione ha ammesso, nella decisione controversa, che tale obbligo discendeva dall’articolo 266 TFUE, e ha inoltre riconosciuto, nell’udienza dinanzi al Tribunale, di essere tenuta al pagamento di tali interessi con decorrenza del 15 aprile 2011. Ad avviso dell’IPK, detti interessi devono essere calcolati sulla base del debito principale maggiorato degli interessi compensativi.

    27.

    Con il suo quarto motivo, la Commissione addebita al Tribunale di essere incorso, ai punti 33 e 44 della sentenza impugnata, in errore di diritto, per aver interpretato in maniera errata la decisione controversa nonché la sentenza nella causa T‑297/05 e per aver snaturato i fatti.

    28.

    In tali punti, il Tribunale ha segnatamente considerato che la decisione controversa costituiva l’unica base giuridica del credito principale di cui trattasi e che, pertanto, non vi era necessità di pronunciarsi sulla questione se la Commissione avesse violato l’articolo 266 TFUE per non aver tratto tutte le conseguenze che derivavano dall’esecuzione della sentenza del 15 aprile 2011.

    29.

    Orbene, secondo la Commissione, tale motivazione è viziata da un errore di diritto, poiché, a seguito dell’annullamento della decisione controversa, si è verificata la «reviviscenza» della decisione di concessione iniziale. Detta motivazione contrasterebbe inoltre tanto con la decisione controversa, che si basava espressamente sull’articolo 266 TFUE, quanto con la sentenza del 15 aprile 2011, che ha annullato la decisione controversa a causa della prescrizione, senza dichiarare inesistente la decisione di concessione iniziale.

    30.

    Pur ammettendo che il Tribunale ha commesso un errore nel non basarsi sull’articolo 266 TFUE, l’IPK ritiene che tale errore di diritto sia privo di conseguenze sul calcolo degli interessi, dal momento che, se anche tale articolo costituisce la base giuridica della decisione controversa, da ciò non consegue tuttavia che il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto del comportamento colpevole del creditore per il calcolo degli interessi.

    31.

    Con il suo quinto motivo, la Commissione ritiene che la motivazione della sentenza circa il tasso degli interessi compensativi e il dies a quo degli interessi moratori sia insufficiente e contraddittoria. Sarebbe insufficiente perché il Tribunale non avrebbe esaminato gli argomenti della Commissione; sarebbe contraddittoria perché il Tribunale avrebbe dichiarato, da un lato, che la decisione controversa costituiva la sola base giuridica del pagamento e, dall’altro, che gli interessi erano dovuti a far data dalla sentenza del 15 aprile 2011.

    32.

    L’IPK ritiene, per parte sua, che la motivazione della sentenza impugnata sia chiara ed esatta, che non contenga contraddizioni e che il Tribunale abbia esaminato gli argomenti della Commissione.

    33.

    Con il suo sesto motivo, la Commissione fa valere che il Tribunale avrebbe violato i principi che disciplinano l’arricchimento senza causa, in quanto, dato che l’Unione attualmente percepisce, sulle somme incassate a titolo provvisorio, solamente un tasso di interesse dello 0,25%, l’applicazione del tasso di rifinanziamento maggiorato di due punti eccede il depauperamento effettivo del creditore dovuto alla svalutazione monetaria e l’arricchimento effettivo della Commissione. Essa aggiunge che il Tribunale avrebbe proceduto a un ribaltamento di prospettiva per aver invocato un arricchimento del debitore invece di esaminare se fosse avvenuto un depauperamento del creditore. A suo giudizio, la soluzione adottata nella sentenza impugnata porta a concedere un vantaggio finanziario ad un creditore di cui pure è stata riconosciuta la mala fede.

    34.

    L’IPK afferma che il tasso di interesse attualmente percepito dall’Unione sulle ammende incassate a titolo provvisorio è ininfluente e, anche supponendo che sia determinante, la Commissione avrebbe dovuto indicare quali interessi aveva percepito in media durante il periodo considerato.

    B – Mia valutazione

    35.

    La questione degli interessi sembra, a prima vista, un problema tecnico e relativamente secondario, che mal si presta a un’analisi d’insieme o ad ogni tentativo di concettualizzazione. Essa riveste, tuttavia, grande importanza pratica, dal momento che l’importo degli interessi, lungi dall’essere meramente simbolico, può talora raggiungere, o addirittura superare, quello del credito principale ( 9 ). Gli interessi in gioco possono quindi essere considerevoli.

    36.

    La mancanza, fino a tempi recenti, di una disciplina degli interessi nel diritto dell’Unione ha condotto la Corte a individuare, poco a poco, soluzioni giurisprudenziali che, pur sembrando ben consolidate per quanto riguarda il riconoscimento del principio del diritto agli interessi, lasciano tuttavia sussistere aspetti oscuri quanto al fondamento di tale diritto e alla sua attuazione.

    37.

    L’esame della presente impugnazione dà quindi modo alla Corte di precisare la propria dottrina sul punto, nel particolare contesto dell’attuazione delle misure che l’esecuzione di una sentenza di annullamento comporta.

    38.

    Nella sentenza impugnata, il Tribunale si è ispirato a soluzioni elaborate dalla giurisprudenza per la determinazione degli interessi dovuti in esecuzione di una sentenza recante annullamento o diminuzione di un’ammenda inflitta ad un’impresa per infrazione alle norme dell’Unione in materia di concorrenza.

    39.

    Il Tribunale ha tuttavia fatto riferimento anche alle sentenze pronunciate nel settore dei ricorsi per risarcimento danni proposti nel contesto generale della responsabilità extracontrattuale dell’Unione o in quello specifico del contenzioso della funzione pubblica comunitaria. È infatti in questo settore che si concentra la maggior parte delle sentenze in cui il giudice dell’Unione è stato chiamato a pronunciarsi sul calcolo degli interessi.

    40.

    La sentenza impugnata, riferendosi indistintamente alle sentenze pronunciate in questi due diversi settori, rivela un approccio sintetico sulla cui fondatezza occorrerà interrogarsi, esaminando se non esistano differenze inconciliabili che impediscono di concepire un regime unico.

    41.

    Prenderò quindi le mosse dall’esame delle sentenze, più numerose, pronunciate nel settore dei ricorsi per risarcimento danni, per poi esaminare le decisioni riguardanti gli interessi dovuti in esecuzione di una sentenza recante annullamento o riduzione di un’ammenda e successivamente, a partire dall’insieme di tali sentenze, tentare di giungere a una sintesi sulla base della quale esaminerò i vari motivi di impugnazione.

    1. Interessi dovuti sui crediti da risarcimento danni

    42.

    Dall’analisi delle sentenze pronunciate nel settore dei ricorsi per risarcimento danni emerge che la giurisprudenza si è chiaramente espressa sulla distinzione tra interessi compensativi e interessi moratori e sulle principali conseguenze che ne derivano, ma permangono incertezze che rivelano esitazioni tali da far dubitare dell’effettiva sussistenza di tale distinzione nonché dell’esistenza di un sistema davvero coerente.

    43.

    Darò conto di tali evoluzioni soffermandomi dapprima sul principio stesso della distinzione e, successivamente, esaminerò la sorte riservata dalla giurisprudenza agli interessi compensativi, poi quella degli interessi moratori.

    44.

    In una delle prime cause all’origine della distinzione tra interessi compensativi e interessi moratori, si poneva la questione riguardante la possibilità per un funzionario di ottenere interessi sui rimborsi e sulle indennità che egli poteva richiedere a seguito dell’annullamento della decisione che respingeva le sue dimissioni. La risposta negativa fornita nella sentenza Campolongo/Alta Autorità (27/59 e 39/59, EU:C:1960:35) distingue gli interessi moratori, definiti come quelli che «costituiscono in linea di principio la valutazione e la determinazione legale del danno subito a causa del ritardo nell’esecuzione di un’obbligazione, ritardo che deve risultare da una precedente messa in mora» ( 10 ), dagli interessi compensativi, che «sono dovuti, anche senza preventiva messa in mora, a titolo di risarcimento del danno provocato dal mancato adempimento di un’obbligazione» e che «presuppongono un danno» ( 11 ). Secondo tale sentenza, la domanda di interessi doveva essere respinta, ma per motivi diversi a seconda che riguardasse interessi moratori ovvero compensativi. Nella prima ipotesi, il rigetto si imponeva a causa della «mancanza (...) di qualunque determinazione legale» degli interessi moratori nel diritto comunitario ( 12 ), mentre, nella seconda ipotesi, era l’assenza di prova o addirittura di semplice deduzione che conduceva al rigetto della domanda di interessi compensativi.

    45.

    Dopo aver pronunciato varie sentenze in cui ha tratto conseguenze procedurali dalla distinzione, in particolare con riferimento al principio dell’irricevibilità delle domande nuove ( 13 ), la Corte, nella sentenza Commissione/Brazzelli Lualdi e a. (C‑136/92 P, EU:C:1994:211), emessa in una causa riguardante il risarcimento del danno subìto da funzionari o agenti dell’Unione all’atto della liquidazione di arretrati di retribuzione, ha riaffermato il principio di tale distinzione. La Corte ha ricordato, in proposito, che essa stessa era pervenuta a distinguere queste due categorie di interessi, in particolare, per decidere, in relazione agli aspetti procedurali propri delle cause sottopostele, che le domande relative agli interessi compensativi non erano ricevibili, mentre quelle relative agli interessi moratori erano ricevibili ma non fondate ( 14 ). Essa ne ha tratto la conclusione che non era possibile, alla luce di tali premesse, ritenere che la distinzione non trovasse la propria origine nella giurisprudenza ( 15 ).

    46.

    In maniera divenuta oramai classica, la sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:2000:38), pronunciata nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni, ha nuovamente enunciato la regola secondo cui «occorre distinguere gli interessi moratori dagli interessi compensativi» ( 16 ), dal che la Corte ha dedotto che una sua decisione sugli interessi moratori non poteva incidere sulla sorte degli interessi compensativi.

    47.

    La risposta fornita in queste sentenze ha quindi valore di principio. Inoltre, le definizioni date dalle sentenze Campolongo/Alta Autorità (EU:C:1960:35) e Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:2000:38) hanno fornito indicazioni sulla distinzione tra gli interessi compensativi e gli interessi moratori.

    48.

    Esaminerò ora le due categorie di interessi, cominciando dagli interessi compensativi.

    a) Interessi compensativi

    49.

    Nel contenzioso in materia di risarcimento danni, lo scopo degli interessi compensativi è principalmente quello di risarcire il danno causato dalla svalutazione monetaria successiva all’evento dannoso. Tali interessi costituiscono quindi uno strumento di rivalutazione del danno che consente di affrancare l’obbligazione del debitore dalle fluttuazioni monetarie, avvicinandola ad un debito di valore. La loro assegnazione traduce l’idea secondo cui, quando il danno è calcolato in base ai dati relativi all’epoca dell’evento dannoso, la sua espressione monetaria deve essere attualizzata alla data della sua determinazione giudiziale.

    50.

    Occorre tuttavia rilevare che l’accezione di interessi compensativi si estende in realtà, in modo più generale, a tutte le conseguenze sfavorevoli derivanti dal lasso di tempo intercorso tra il verificarsi dell’evento dannoso e la data della sua valutazione ad opera del giudice. Sotto tale denominazione, possono dunque rientrare altresì il danno finanziario legato all’indisponibilità degli utili provenienti da un’attività produttiva ( 17 ) o quello corrispondente alla perdita di interessi subìta per non aver potuto depositare in banca l’importo dovuto ( 18 ).

    51.

    Rappresentando una componente del danno, gli interessi compensativi trovano il proprio naturale fondamento nei principi che disciplinano il risarcimento del danno nell’ambito della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. In base al principio della riparazione integrale del danno subìto, il risarcimento «è diretto, nella misura del possibile, alla reintegrazione del patrimonio della vittima (...). Ne consegue che si deve tener conto (...) della svalutazione monetaria successiva all’evento dannoso» ( 19 ).

    52.

    La funzione risarcitoria degli interessi compensativi comporta peraltro due conseguenze essenziali.

    53.

    In primo luogo, essa spiega perché la Corte abbia subordinato la loro concessione ai tradizionali presupposti di affermazione della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Riferendosi a costante giurisprudenza, la Corte ha indicato che «per poter ottenere interessi compensativi il ricorrente deve dimostrare che sono integrati gli estremi della responsabilità extracontrattuale» ( 20 ). Essa ha tuttavia precisato che il risarcimento del danno nell’ambito della responsabilità extracontrattuale «è diretto, nella misura del possibile, alla reintegrazione del patrimonio del danneggiato» ( 21 ) e che, «[d]i conseguenza, allorché ricorrono gli estremi della responsabilità extracontrattuale, le conseguenze sfavorevoli risultanti dal lasso di tempo intercorso tra il sopravvenire dell’evento dannoso e la data del pagamento dell’indennizzo non possono essere ignorate (...), in quanto occorre tenere conto della svalutazione monetaria» ( 22 ).

    54.

    In secondo luogo, la natura risarcitoria degli interessi compensativi spiega perché questi siano, in linea generale, calcolati in funzione del danno effettivamente subìto dal ricorrente, tenendo quindi conto del tasso di inflazione nel periodo di riferimento. Tale principio pare consolidato, anche se la sua applicazione concreta dà luogo a soluzioni che possono variare.

    55.

    La giurisprudenza della Corte in materia mostra, infatti, che essa calcola, di regola ( 23 ), l’importo degli interessi compensativi prendendo come riferimento il tasso di inflazione, anche se detto tasso è considerato un punto di partenza da cui il giudice sembra poter discostarsi nell’ambito del suo potere di valutazione dell’importo del danno. In tal senso, nella sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:2000:38), pronunciata nelle cause riunite C‑104/89 e C‑37/90, la Corte ha dichiarato, nella prima causa, che i ricorrenti avevano il diritto di esigere gli interessi «corrispondenti al tasso di inflazione per il periodo compreso tra la data del sopravvenire del danno e quella della pronuncia della sentenza interlocutoria» ( 24 ) e, di conseguenza, ha aggiunto al risarcimento gli interessi al tasso dell’1,85%, corrispondente ai dati Eurostat e alle indicazioni del perito, dopo aver inoltre rilevato che un simile tasso appariva «ragionevole ed economicamente appropriato» ( 25 ). La Corte ha constatato, nella seconda causa, che, secondo la perizia, il tasso di inflazione era in media dell’1,2% durante il periodo considerato e ha deciso, dato che ciò sembrava «ragionevole ed equo», di aggiungere al risarcimento dovuto interessi compensativi al tasso dell’1,5% ( 26 ).

    56.

    La giurisprudenza del Tribunale, in un primo momento, si è collocata in una linea di continuità con tali soluzioni.

    57.

    In tal senso, nella sentenza Camar/Consiglio e Commissione (T‑260/97, EU:T:2005:283), il Tribunale ha ritenuto che la svalutazione monetaria dovesse essere presa in considerazione ai fini del calcolo del risarcimento dovuto a una società stabilita in Italia «secondo gli indici ufficiali elaborati per [tale Stato] dall’organismo nazionale competente, a decorrere dal giorno in cui si è verificato il danno» ( 27 ).

    58.

    La sentenza Agraz e a./Commissione (EU:T:2008:526) costituisce un’altra illustrazione particolarmente esemplificativa dei principi giurisprudenziali che presiedono alla determinazione degli interessi compensativi. Si trattava allora di determinare quale dovesse essere il tasso degli interessi compensativi dovuti dalla Commissione su un risarcimento corrispondente a un aumento dell’importo di un aiuto alla produzione, che era stato calcolato non correttamente. Mentre 84 società ricorrenti erano giunte a un accordo sul punto con la Commissione, che stabiliva il tasso degli interessi compensativi sulla base del tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, aumentato di due punti, altre tre società non erano giunte a un accordo con la Commissione, pur avendo chiesto l’applicazione di un tasso di interesse identico. Il Tribunale ha infine respinto la loro domanda e ha dichiarato che la svalutazione monetaria era «rispecchiata dal tasso di inflazione annuale rilevato, per il periodo considerato, da Eurostat (...) nello Stato membro in cui [avevano] sede [le] società [interessate]» ( 28 ). La motivazione della sentenza che respinge il motivo vertente sull’esistenza di un trattamento discriminatorio tra le società giunte a un accordo e le altre è particolarmente indicativa. Il Tribunale osserva infatti che le prime si trovano in una situazione diversa dalle seconde, «dato che nessun elemento ha consentito di dimostrare che esse avevano subito una perdita di introiti derivante dal fatto che avrebbero potuto investire le somme di cui trattasi» ( 29 ). Questa sentenza mette quindi in luce il fatto che la determinazione del tasso degli interessi compensativi al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti, si giustificherebbe solamente nel caso in cui il danno subìto non si limiti alla perdita di potere d’acquisto legata alla svalutazione monetaria, ma comprenda altresì un’ulteriore perdita di introiti riconducibile all’impossibilità di investire le somme dovute.

    59.

    La sentenza Idromacchine e a./Commissione (EU:T:2011:641), ampiamente citata dalla sentenza impugnata, pur enunciando lo stesso principio, ne ha tuttavia tratto una conseguenza distinta. Dopo aver ribadito il principio secondo cui la svalutazione monetaria «trova espressione nel tasso di inflazione annuo rilevato, per il periodo considerato, dall’Eurostat (...) nello Stato membro in cui sono stabilite [le] società [interessate]» ( 30 ), il Tribunale, al punto successivo ( 31 ), giunge, attraverso un ragionamento apparentemente deduttivo, alla conclusione che la Commissione deve pagare interessi compensativi «al tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, applicabile durante il periodo considerato, maggiorato di due punti».

    60.

    L’intrinseca giustificazione di una simile soluzione mi sfugge. È necessario rilevare che manca un passaggio nel ragionamento, ossia la constatazione che il tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti, rifletteva, per il periodo interessato, il tasso d’inflazione nello Stato membro considerato. A tale riguardo, occorre sottolineare che il tasso fissato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento costituisce uno strumento della politica monetaria della BCE, consentendo a tale istituzione di influire sui tassi di interesse e sulla liquidità bancaria. Esso non può in alcun modo essere inteso come il riflesso del tasso di inflazione medio nell’Unione o nella zona Euro.

    61.

    L’analisi delle soluzioni elaborate per il regime degli interessi moratori fa emergere incertezze simili.

    b) Interessi moratori

    62.

    Dopo avere, in un primo tempo, negato la concessione di interessi di mora a causa della «mancanza, nel diritto comunitario, di qualunque determinazione legale [di simili] interessi» ( 32 ), la Corte ha successivamente sancito, al di fuori di qualsiasi fondamento normativo, il carattere «ricevibile» della «domanda di interessi» ( 33 ), basandosi sui principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, ai quali rinviava espressamente l’articolo 215, secondo comma, del Trattato CEE, divenuto articolo 288, secondo comma, CE, poi articolo 340, secondo comma, TFUE ( 34 ).

    63.

    Tale principio, elaborato a partire dall’esame comparato dei principi vigenti negli ordinamenti giuridici nazionali, trova ora, quanto meno per i crediti dell’Unione europea nei confronti di qualsiasi debitore, il proprio fondamento normativo nel regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee ( 35 ), e più precisamente nell’articolo 86 di tale regolamento, ai sensi del quale ad ogni credito che non abbia per fatto costitutivo un appalto pubblico di forniture e di servizi di cui al titolo V del medesimo regolamento si aggiungono interessi moratori ad un tasso corrispondente a quello applicato dalla BCE per le sue operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di 3,5 punti percentuali ( 36 ).

    64.

    A termini di una giurisprudenza costante, che si basa sull’idea che non sia possibile calcolare interessi moratori su un credito di importo sconosciuto, l’obbligo di versare interessi moratori può configurarsi solo qualora il credito principale sia «certo quanto al suo ammontare o quanto meno determinabile sulla base di comprovati elementi oggettivi» ( 37 ).

    65.

    Ne deriva che l’importo del risarcimento dovuto deve essere maggiorato di interessi moratori a partire dalla data di pronuncia della sentenza che dichiara l’obbligo di risarcire il danno ( 38 ).

    66.

    Tale data corrisponde, il più delle volte, a quella del titolo che constata il diritto di credito. Così, una domanda di interessi moratori sulle spese può decorrere solamente a partire dall’ordinanza che le fissa ( 39 ).

    67.

    Tuttavia, se il credito principale, alla data di pronuncia della sentenza, non è né certo né determinabile, gli interessi moratori possono decorrere solamente dalla data di pronuncia della sentenza con la quale viene liquidato il danno ( 40 ).

    68.

    Occorre a questo punto fornire un’importante precisazione. La soluzione appena illustrata, secondo cui gli interessi decorrono a partire dalla sentenza che dichiara l’obbligo di risarcire il danno o che liquida il danno, si applica, in astratto, al solo contenzioso in materia di risarcimento danni, caratterizzato dall’assenza di previa determinazione del quantum del credito principale, il quale è necessariamente fissato dal giudice. Quando, invece, il credito principale è preventivamente determinato nel suo ammontare, la giurisprudenza, il più delle volte, fa decorrere gli interessi moratori dalla data in cui il debitore è stato messo in mora perché adempia la propria obbligazione ( 41 ). In tal senso, nel contenzioso della funzione pubblica, gli interessi moratori sulle somme dovute in base alle norme statutarie decorrono, di regola, dalla data del reclamo presentato ex articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, o da quella in cui tali somme sono divenute esigibili, se tale data è posteriore alla prima ( 42 ).

    69.

    Quanto al tasso degli interessi moratori, esso è generalmente stabilito, senza particolari giustificazioni, ad un tasso che corrisponde effettivamente, nella giurisprudenza recente del Tribunale, a quello applicato dalla BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti ( 43 ).

    70.

    Vari avvocati generali, tra cui Mancini ( 44 ), Slynn ( 45 ), Van Gerven ( 46 ) e Tesauro ( 47 ), hanno tentato di elaborare orientamenti in materia. Hanno presentato soluzioni contrapposte, consistenti nel prendere in considerazione o un tasso fisso, determinato dal giudice in funzione delle «realtà finanziarie attuali» ( 48 ), o, al contrario, «l’aliquota fissata dalla legge vigente al momento della pronuncia della Corte nello Stato membro nel quale i ricorrenti svolgono la loro attività e nel quale spenderanno o investiranno normalmente l’ammontare che sarà loro versato» ( 49 ). Senza che sia necessario soffermarsi ulteriormente su tale questione, resta da verificare se le soluzioni che ho appena esposto siano trasponibili agli interessi dovuti sui crediti di rimborso.

    2. Gli interessi dovuti sui crediti di rimborso

    71.

    La giurisprudenza in materia trae origine dalla sentenza del Tribunale Corus UK/Commissione (EU:T:2001:249). Tale decisione è stata pronunciata in occasione di una controversia sorta a seguito di una sentenza che ha ridotto l’importo di un’ammenda inflitta dalla Commissione a un’impresa per violazione delle norme sulla concorrenza. La questione posta aveva ad oggetto l’importo degli interessi dovuti dalla Commissione sulla somma che essa aveva rimborsato, somma corrispondente alla differenza tra l’importo dell’ammenda pagata e quello fissato dal Tribunale.

    72.

    Ponendosi sul terreno dei provvedimenti che l’esecuzione della decisione di annullamento comporta, il Tribunale ha dichiarato che l’obbligo di rimborsare in tutto o in parte l’ammenda pagata aveva ad oggetto non solo l’importo principale dell’ammenda indebitamente versata, ma anche gli interessi moratori prodotti da tale importi, poiché, come ha spiegato, «la corresponsione di interessi di mora [ ( 50 )] sull’importo indebitamente versato si presenta come una componente indispensabile dell’obbligo di restitutio in integrum che incombe sulla Commissione in seguito ad una sentenza di annullamento o di riforma dell’atto impugnato, dal momento che il rimborso integrale dell’ammenda indebitamente pagata non può prescindere da elementi, quali il decorso del tempo, che possono ridurne in concreto il valore» ( 51 ).

    73.

    Il Tribunale ha aggiunto che una corretta esecuzione di una sentenza del genere impone pertanto, al fine di reintegrare pienamente l’interessato nella posizione che avrebbe dovuto legalmente occupare qualora l’atto annullato non fosse stato adottato, di dare rilevanza al fatto che siffatta reintegrazione è avvenuta solamente dopo un lasso di tempo più o meno lungo, durante il quale egli non ha potuto disporre delle somme indebitamente pagate.

    74.

    Quanto al tasso di interesse dovuto, il Tribunale ha affermato, richiamandosi a un principio generalmente accolto dal diritto interno degli Stati membri in materia di arricchimento senza causa, che detto tasso doveva, in linea di principio, essere pari al «al saggio degli interessi legali o giudiziari, senza anatocismo» ( 52 ). Tuttavia, il Tribunale si è discostato da tale soluzione per tenere conto delle particolari circostanze del caso di specie, caratterizzate dal fatto che la somma da rimborsare era stata investita dalla Commissione e aveva prodotto interessi capitalizzati ( 53 ). Tenendo infine conto tanto dell’arricchimento della Commissione quanto del depauperamento dell’impresa ricorrente, il Tribunale ha dunque riconosciuto a quest’ultima una somma corrispondente agli introiti percepiti dalla Commissione, maggiorata peraltro degli interessi moratori.

    75.

    Successivamente, la soluzione consistente nel riconoscere un diritto a interessi moratori per tutto il periodo di indisponibilità delle somme è stata più volte ribadita ( 54 ).

    3. Insegnamenti tratti dalla giurisprudenza

    76.

    Pur permanendo incertezze sugli strumenti messi a disposizione dal diritto dell’Unione per lottare contro gli effetti del tempo sul credito, si possono trarre dalla giurisprudenza sopra richiamata due insegnamenti che saranno utili per rispondere ai motivi dedotti.

    77.

    Il primo riguarda la distinzione tra interessi compensativi e interessi moratori. La giurisprudenza opera indubbiamente una distinzione assai netta tra interessi compensativi e interessi moratori, senza tuttavia esplicitare i criteri sulla base dei quali essa è effettuata. Orbene, tale distinzione non è scontata, poiché, dal punto di vista funzionale, gli interessi sembrano svolgere sempre lo stesso ruolo, consistente nel compensare la perdita del godimento del proprio credito subìta dal creditore privato. Sappiamo, tuttavia, che gli interessi compensativi costituiscono, in materia risarcitoria, una riparazione complementare, in quanto compensano il trascorrere del tempo fino alla valutazione giudiziale dell’importo del danno, indipendentemente da qualsiasi ritardo imputabile al debitore, mentre gli interessi moratori risarciscono forfettariamente le conseguenze del ritardo nel pagamento del credito pecuniario, consentendo al creditore di ricevere approssimativamente ciò che avrebbe ottenuto se avesse investito i fondi. Ne deriva, a mio avviso, che la distinzione deve necessariamente avere un campo di applicazione limitato ed essere riservata al contenzioso in materia di risarcimento danni, nel quale essa si giustifica con la necessità di un intervento del giudice per fissare l’importo del credito principale che sarà produttivo di interessi.

    78.

    Il secondo insegnamento attiene al fondamento del diritto agli interessi moratori a seguito di una decisione di annullamento pronunciata dal giudice dell’Unione. La giurisprudenza ha sancito il principio secondo cui detto diritto trova fondamento diretto nell’articolo 266, primo comma, TFUE e deriva dall’obbligo per l’istituzione convenuta di adottare i provvedimenti necessari per neutralizzare gli effetti dell’atto annullato e ripristinare la situazione degli interessati anteriore a tale atto.

    79.

    Deduco da tale giurisprudenza che la principale preoccupazione del giudice dell’Unione dev’essere, in caso di annullamento, quella di applicare nel modo più puntuale possibile il principio di restitutio in integrum, che implica un ritorno allo statu quo ante, assicurandosi che ciascuno ritrovi la propria situazione iniziale, senza perdite né benefici.

    80.

    Occorre ora verificare se la sentenza impugnata sia conforme a tale esigenza e ai principi sopra ricordati.

    4. Risposta ai motivi

    81.

    I sei motivi in precedenza illustrati si basano su quattro gruppi di censure. Il primo gruppo verte sul fondamento del diritto di credito dell’IPK, il secondo riguarda la distinzione tra interessi compensativi e interessi moratori, il terzo attiene alla motivazione della sentenza e il quarto al calcolo degli interessi.

    a) Sulla censura relativa al fondamento del diritto di credito dell’IPK

    82.

    Ai punti 34 e 41 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che la decisione controversa costituiva il solo fondamento giuridico del credito principale in questione.

    83.

    A tale riguardo, occorre ricordare che dall’articolo 264, primo comma, TFUE, ai sensi del quale, «[s]e il ricorso è fondato, la Corte (...) dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato», risulta che l’annullamento di un atto ad opera del giudice dell’Unione ne determina la rimozione dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Secondo la formula tratta da costante giurisprudenza del Tribunale, tale rimozione costituisce «l’essenza stessa» dell’annullamento ( 55 ). In base alla regola generale dell’efficacia ex tunc dell’annullamento, gli effetti dell’atto sono, in linea di principio, retroattivamente neutralizzati, a meno che la Corte non precisi, conformemente all’articolo 264, secondo comma, TFUE, gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi.

    84.

    Come pertinentemente rilevato dalla Commissione, a causa della sua efficacia retroattiva, l’annullamento da parte del Tribunale della decisione del 13 maggio 2005 ha fatto rivivere la decisione di concessione del contributo finanziario e ha ripristinato la situazione in cui gli interessati si trovavano al momento di tale decisione.

    85.

    Contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale al punto 34 della sentenza impugnata, la circostanza che tale annullamento sia stato motivato con l’inosservanza, da parte della Commissione, del termine di prescrizione applicabile non ha per effetto di limitare la portata materiale dell’annullamento così pronunciato, che ha prodotti i suoi effetti retroattivi. Pertanto, presentando la decisione controversa come l’unico fondamento del credito dell’IPK, il Tribunale ha commesso un errore di diritto.

    86.

    Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, le censure dirette contro una motivazione accessoria o contro una motivazione che non costituisca un supporto necessario del dispositivo non possono determinare l’annullamento della decisione del Tribunale e sono quindi ininfluenti ( 56 ).

    87.

    Nel caso di specie, occorre rilevare che la motivazione del Tribunale espressa al punto 34 della sua sentenza, che costituisce esclusivamente una risposta ai motivi relativi alla mala fede, riveste carattere accessorio rispetto a quella esposta al punto 33. Quanto al riferimento, contenuto al punto 41 della sentenza impugnata, al fondamento giuridico del credito principale di cui trattasi, esso risulta non essere il necessario supporto del dispositivo della sentenza impugnata che fissa il dies a quo degli interessi moratori al 15 aprile 2011.

    88.

    Di conseguenza, questa prima censura dev’essere respinta in quanto ininfluente.

    b) Sulla censura relativa alla distinzione tra interessi compensativi e interessi moratori

    89.

    Con il secondo motivo di impugnazione, la Commissione sostiene che la sentenza impugnata non stabilisce alcuna distinzione tra gli interessi compensativi e gli interessi moratori, sebbene queste due categorie di interessi siano, secondo la Commissione, di natura assai diversa.

    90.

    Questa censura non mi pare fondata e, per giunta, ritengo che si dovrebbe muovere alla sentenza impugnata la critica inversa, contestandole di aver distinto le due categorie di interessi, avendo invece il Tribunale, a mio avviso, commesso un errore nel qualificare come «compensativi» gli interessi maturati anteriormente alla sentenza del 15 aprile 2011.

    91.

    Infatti, nelle circostanze del caso di specie, l’annullamento, con la sentenza del 15 aprile 2011, della decisione del 13 maggio 2005 ha fatto rivivere la decisione di concessione del contributo finanziario e ha ripristinato la situazione nella quale le parti si trovavano al momento di tale decisione.

    92.

    In conseguenza dell’efficacia ex tunc dell’annullamento, la Commissione era quindi tenuta al pagamento di un debito principale certo, liquido ed esigibile costituito dalle somme da corrispondere o rimborsare all’IPK. Il credito dell’IPK era quindi produttivo di interessi moratori decorrenti, per la somma da corrispondere, dalla data dal reclamo effettuato dall’IPK e, per la somma da rimborsare, a partire dal pagamento di questa fatto dall’IPK alla Commissione.

    93.

    A tale riguardo, ritengo che mentre, in caso di annullamento di una decisione che revoca un contributo finanziario, il versamento di interessi moratori altro non è che un provvedimento che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta, ai sensi dell’articolo 266, primo comma, TFUE, la concessione di interessi compensativi, invece, si pone al di fuori del contesto giuridico del provvedimento di esecuzione e ricade nell’ambito applicativo dell’articolo 266, secondo comma, TFUE, che rinvia al diritto comune della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Orbene, pur avendo il Tribunale constatato che la Commissione aveva ammesso di essere debitrice di un credito principale e di interessi compensativi, oltre ad interessi moratori con decorrenza dal 15 aprile 2011, dalla sentenza impugnata non emerge che, con la decisione controversa, detta istituzione avesse riconosciuto la propria responsabilità e ammesso il diritto a risarcimento dell’IPK.

    94.

    Ciò considerato, ritengo che il solo addebito che possa essere mosso al Tribunale sia di non aver attribuito agli interessi maturati anteriormente alla sentenza del 15 aprile 2011 la loro vera qualifica, senza fermarsi alla denominazione utilizzata dalla Commissione. Di conseguenza, la censura vertente sulla mancanza di distinzione tra gli interessi compensativi e gli interessi moratori dev’essere respinta.

    c) Sulla censura vertente sull’insufficienza e sulla contraddittorietà della motivazione

    95.

    Con il terzo motivo di impugnazione, la Commissione fa valere che la soluzione adottata dal Tribunale quanto alla maggiorazione forfettaria del tasso degli interessi compensativi e del dies a quo degli interessi moratori è insufficientemente motivata.

    96.

    La risposta a tale motivi può dar luogo a esitazioni.

    97.

    La portata dell’obbligo di motivazione del Tribunale dev’essere valutata sulla base del contenuto e della precisione degli argomenti dinanzi allo stesso dedotti dalle parti. A tale riguardo, occorre ricordare che la Commissione aveva sostenuto, nel suo controricorso dinanzi al Tribunale, che la maggiorazione del tasso di rifinanziamento principale di due punti non era giustificata, in quanto era contraria alla giurisprudenza, determinava un ingiustificato arricchimento di un creditore in mala fede ed era, di conseguenza, contraria ai principi di giustizia e di equità.

    98.

    Orbene, come emerge dai punti 34, 36, 37 e 38 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che tale maggiorazione era conforme alla giurisprudenza di tale organo giurisdizionale, che essa non doveva dipendere dal tasso di inflazione reale e che era sorta al fine di evitare un arricchimento senza causa contrario ai principi generali del diritto dell’Unione.

    99.

    Tale motivazione risponde quindi punto per punto alle obiezioni della Commissione, ragion per cui sono incline a suggerire il rigetto del motivo.

    100.

    È tuttavia possibile provare qualche reticenza ad ammettere che soddisfa l’obbligo di motivazione una motivazione basata sul riferimento a una o più decisioni precedenti a loro volta prive di motivazione. È infatti necessario rilevare che le sentenze richiamate dal Tribunale non contengono particolari spiegazioni sulla ragione per cui il tasso degli interessi moratori sia stato fissato al tasso di interesse della BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti.

    101.

    Laddove la Corte ravvisasse in ciò un’insufficienza di motivazione, sarei allora propenso a suggerirle di pronunciarsi tramite un’integrazione della motivazione al fine di respingere il motivo.

    102.

    A mio parere, la logica forfettaria degli interessi moratori implica la fissazione di un tasso di interesse unico. La scelta del Tribunale quanto alla fissazione di detto tasso potrebbe essere motivata e approvata sulla base del rilievo che essa sembra riflettere la media dei tassi degli interessi moratori legali o giudiziali applicabili negli Stati membri. Cionondimeno, mi domando se, per il futuro, non sia più conforme all’equità e alle esigenze della certezza del diritto allineare il tasso degli interessi moratori gravanti sui crediti dovuti dalle istituzioni dell’Unione a quello degli interessi moratori sui crediti vantati da queste ultime nei confronti di qualunque soggetto, tasso che corrisponde, a seguito dell’entrata in vigore del regolamento n. 2342/2002, a quello applicato dalla BCE per le sue operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di 3,5 punti percentuali.

    103.

    Ad ogni modo, la censura relativa alla motivazione della sentenza impugnata non mi sembra meritevole di accoglimento.

    d) Sulla censura relativa al calcolo degli interessi

    i) Calcolo degli interessi maturati dopo la pronuncia della sentenza del 15 aprile 2011

    104.

    La censura vertente sugli interessi moratori maturati dopo il 15 aprile 2011 è dedotta nell’ambito del terzo motivo, che critica simultaneamente il principio stesso del diritto a tali interessi ed il dies a quo dei medesimi.

    105.

    Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la competenza della Corte in sede di impugnazione è limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi discussi dinanzi al giudice di primo grado, con la conseguenza che un motivo presentato per la prima volta in tale sede dev’essere considerato irricevibile ( 57 ).

    106.

    Nella fattispecie, è necessario rilevare che la Commissione non ha contestato dinanzi al Tribunale il diritto dell’IPK di ottenere interessi moratori, e ha addirittura riconosciuto in udienza di essere debitrice di simili interessi a partire dalla pronuncia della sentenza del 15 aprile 2011.

    107.

    Le censure relative alla mancanza di base giuridica dell’obbligo di pagamento di interessi moratori e all’errore di diritto che sarebbe stato commesso nella determinazione del dies a quo di tali interessi sono quindi nuove e, pertanto, irricevibili.

    ii) Calcolo degli interessi maturati anteriormente alla pronuncia della sentenza del 15 aprile 2011

    108.

    Tale censura è sviluppata, sotto prospettive differenti, nel primo e nel quinto motivo. La Commissione vi afferma che, fissando forfettariamente il tasso degli interessi compensativi in misura pari al tasso di interesse della BCE per le operazioni principali di rifinanziamento, maggiorato di due punti, il Tribunale ha violato, da un lato, la giurisprudenza dell’Unione secondo cui tali interessi servono a compensare l’inflazione e, dall’altro, i principi applicabili in materia di arricchimento senza causa.

    109.

    Per le ragioni che ho precedentemente illustrato, ritengo che gli interessi maturati anteriormente alla sentenza del 15 aprile 2011 siano stati impropriamente qualificati come compensativi, mentre si trattava di interessi moratori.

    110.

    La censura vertente sulla violazione della giurisprudenza della Corte secondo cui gli interessi compensativi servono a compensare l’inflazione è quindi inconferente.

    111.

    La censura attinente alla violazione del principio generale che vieta l’arricchimento senza causa non mi sembra fondato.

    112.

    Da un lato, come ho sottolineato in precedenza, ritengo che il diritto a ottenere interessi moratori derivi direttamente dall’obbligo di restitutio in integrum derivante dall’annullamento e non si fondi sull’arricchimento senza causa.

    113.

    Dall’altro, anche supponendo che il principio del divieto di arricchimento senza causa possa temperare l’automaticità del diritto agli interessi moratori, ritengo che la Commissione non dimostri che il tasso degli interessi stabilito dal Tribunale superi il depauperamento effettivo dell’IPK e l’arricchimento effettivo di tale istituzione. Come ho spiegato, gli interessi dovuti dalla Commissione sono necessariamente moratori e non compensano la perdita di valore del credito dovuta all’inflazione, ma risarciscano forfettariamente la privazione del godimento di tale credito. Non vedo poi per quale ragione si dovrebbe tenere conto del tasso di interesse applicato sulle ammende incassate a titolo provvisorio.

    114.

    Propongo conseguentemente di respingere tale censura.

    iii) Sulla censura riguardante la capitalizzazione degli interessi

    115.

    Con tale censura, sviluppata al terzo motivo, la Commissione lamenta che la sentenza impugnata ha capitalizzato gli interessi, fissando gli interessi moratori dovuti fino al pagamento integrale sulla base dell’importo principale del credito, maggiorato degli interessi compensativi precedentemente maturati.

    116.

    Come ho già indicato, ritengo che gli interessi dovuti dalla Commissione abbiano natura moratoria, che si tratti di quelli successivi o precedenti alla sentenza del 15 aprile 2011.

    117.

    Tali interessi non costituiscono dunque un danno ulteriore che si aggiunge al credito principale e produce a sua volta interessi. La capitalizzazione degli interessi maturati anteriormente al 15 aprile 2011, disposta dal Tribunale in considerazione della loro natura asseritamente compensativa, mi sembra quindi discendere da un errore di diritto.

    118.

    Tuttavia, occorre chiedersi se gli interessi moratori non possano essere capitalizzati. A tale proposito, dubito della fondatezza dell’affermazione secondo cui la capitalizzazione degli interessi moratori non potrebbe, in linea di principio, essere autorizzata ( 58 ). Secondo i principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, la maggior parte dei regimi ammette – sia pure secondo modalità assai diverse – la capitalizzazione degli interessi, purché ne sia stata fatta domanda ( 59 ).

    119.

    Mi domando se il giudice dell’Unione non debba disporre di un margine discrezionale in materia ed essere autorizzato a pronunciare la capitalizzazione degli interessi moratori, ove questa gli sembri conforme a equità.

    120.

    Tuttavia, nella presente fattispecie, non rinvengo alcuna particolare circostanza che giustifichi che sia disposta la capitalizzazione degli interessi in favore dell’IPK.

    121.

    La censura mi sembra quindi fondata.

    122.

    Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia, «[q]uando l’impugnazione è accolta, la Corte di giustizia annulla la decisione del Tribunale» e può «statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo».

    123.

    Ci troviamo di fronte a un caso nel quale la Corte può agevolmente statuire definitivamente sulla controversia, disponendo che gli interessi moratori debbano essere calcolati sulla base del solo importo principale del credito.

    IV – Sulle spese

    124.

    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la controversia viene definitivamente decisa dalla Corte, quest’ultima statuisce sulle spese. Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del successivo articolo 184, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

    125.

    Nel caso di specie, tenuto conto della reciproca soccombenza, ritengo appropriato disporre che ciascuna parte sopporti le proprie spese relative al presente procedimento d’impugnazione.

    V – Conclusione

    126.

    Alla luce di quanto esposto, suggerisco alla Corte di:

    1)

    annullare la sentenza IPK International/Commissione (T‑671/11, EU:T:2013:163), ma solamente nella parte in cui dispone che gli interessi moratori dovuti fino al pagamento integrale siano fissati sulla base dell’importo principale del credito maggiorato degli interessi precedentemente maturati;

    2)

    fissare gli interessi moratori dovuti fino al pagamento integrale sulla sola base dell’importo principale del credito;

    3)

    respingere il ricorso quanto al resto;

    4)

    disporre che ciascuna parte si faccia carico delle proprie spese.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) In prosieguo: l’«IPK».

    ( 3 ) In prosieguo: la «decisione del 13 maggio 2005».

    ( 4 ) In prosieguo: la «sentenza del 15 aprile 2011».

    ( 5 ) In prosieguo: la «decisione controversa».

    ( 6 ) In prosieguo: la «BCE».

    ( 7 ) In prosieguo: la «sentenza impugnata».

    ( 8 ) Il Tribunale ha citato il punto 64 della sentenza Corus UK/Commissione (T‑171/99, EU:T:2001:249), i punti da 130 a 132 della sentenza AFCon Management Consultants e a./Commissione (T‑160/03, EU:T:2005:107) nonché i punti 29 e da 77 a 80 della sentenza Idromacchine e a./Commissione (T‑88/09, EU:T:2011:641).

    ( 9 ) V., per uno studio d’insieme, Van Casteren, A., «Article 215(2) EC and the question of interest», The action for damages in Community law, Kluwer Law International, Heukels, T., e McDonnell, A., L’Aia, 1997, pagg. da 199 a 216. V. altresì, per le norme applicabili in diritto internazionale privato e la comparazione dei sistemi giuridici nazionali, Kleiner, C., «Les intérêts de somme d’argent en droit international privé, ou l’imbroglio entre la procédure et le fond», Revue critique de droit international privé, Dalloz, Parigi, vol. 98, n. 4, 2009, pagg. da 639 a 683.

    ( 10 ) V. Racc., pagg 795 e 796.

    ( 11 ) V. Racc., pag. 796.

    ( 12 ) Idem.

    ( 13 ) Sentenze Roumengous Carpentier/Commissione (158/79, EU:C:1985:2, punti da 8 a 14); Amesz e a./Commissione (532/79, EU:C:1985:3, punti da 11 a 17); Battaglia/Commissione (737/79, EU:C:1985:4, punti da 6 a 13); Amman e a./Consiglio (174/83, EU:C:1985:288, punto 13); Culmsee e a./CES (175/83, EU:C:1985:289, punto 13), e Allo e a./Commissione (176/83, EU:C:1985:290, punto 19).

    ( 14 ) Punto 35.

    ( 15 ) Idem.

    ( 16 ) Punto 55.

    ( 17 ) V. sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:2000:38, punti 43 e 214).

    ( 18 ) V. sentenza Berti/Commissione (131/81, EU:C:1985:72, punto 16).

    ( 19 ) V. sentenza Grifoni/Commissione (C‑308/87, EU:C:1994:38, punto 40).

    ( 20 ) V. sentenza Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:2000:38, punto 50).

    ( 21 ) Ibidem (punto 51).

    ( 22 ) Idem.

    ( 23 ) In tale contesto, la sentenza Grifoni/Commissione (EU:C:1990:134) nella quale la Corte ha concesso, senza particolari spiegazioni, una somma «forfettaria» per tener conto della svalutazione monetaria nel corso di otto anni, pare essere un’eccezione.

    ( 24 ) Punto 220.

    ( 25 ) Punto 221.

    ( 26 ) Punto 352.

    ( 27 ) Punto 139.

    ( 28 ) Punto 50.

    ( 29 ) Punto 52.

    ( 30 ) Punto 77.

    ( 31 ) Punto 78.

    ( 32 ) Sentenza Campolongo/Alta Autorità (EU:C:1960:35, Racc., pag. 796).

    ( 33 ) La Corte non qualifica tali interessi come «moratori».

    ( 34 ) Sentenze DGV e a./CEE (241/78, 242/78 e da 245/78 a 250/78, EU:C:1979:227, punto 22); Dumortier e a./Consiglio (64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, EU:C:1979:223, punto 25); Ireks-Arkady/CEE (238/78, EU:C:1979:226, punto 20); Interquell Stärke-Chemie e Diamalt/CEE (261/78 e 262/78, EU:C:1979:22, punto 23); Pauls Agriculture/Consiglio e Commissione (256/81, EU:C:1983:138, punto 17); Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione (256/80, 257/80, 265/80, 267/80, 5/81, 51/81 e 282/82, EU:C:1984:341, punto 37), e Sofrimport/Commissione (C‑152/88, EU:C:1990:259, punto 32). V., altresì, sentenza Schneider Electric/Commissione (T‑351/03, EU:T:2007:212, punto 340).

    ( 35 ) GU L 357, pag. 1. Tale regolamento è entrato in vigore il 1o gennaio 2003.

    ( 36 ) V., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione (T‑68/04, EU:T:2008:414, punto145).

    ( 37 ) V. sentenze Amman e a./Consiglio (174/83, EU:C:1986:339, punti 19 e 20); Culmsee e a./CES (175/83, EU:C:1986:340, punti 19 e 20); Allo e a./Commissione (176/83, EU:C:1986:341, punti 19 e 20); Agostini e a./Commissione (233/83, EU:C:1986:342, punti 19 e 20); Ambrosetti e a./Commissione (247/83, EU:C:1986:343, punti 19 e 20); Delhez e a./Commissione (264/83, EU:C:1986:344, punti 20 e 21) – queste sei cause riguardavano domande presentate da funzionari comunitari per ottenere il versamento di interessi di mora su arretrati di stipendio dovuti a seguito dell’adozione, in esecuzione di una sentenza della Corte che annullava un precedente regolamento, di un regolamento che adeguava le retribuzioni e i coefficienti correttori, con effetto retroattivo; la Corte ha affermato che un credito certo o determinabile era stato provato solo con l’entrata in vigore di quest’ultimo regolamento, poiché, dato che il Consiglio disponeva di un margine discrezionale, non esisteva alcuna certezza quanto all’importo degli adeguamenti prima che detta istituzione avesse esercitato le proprie competenze; de Szy-Tarisse e Feyaerts/Commissione (314/86 e 315/86, EU:C:1988:471, punto 33) – domanda di interessi moratori sui supplementi di stipendio ottenuti a seguito di una decisione della Commissione adottata in esecuzione di una sentenza che annullava la decisione di nomina dei ricorrenti a funzionari in prova, nella parte riguardante il loro inquadramento nel grado e nello scatto; la Corte ha dichiarato che gli interessi dovevano decorrere non dalla data dei reclami ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, ma da quella della decisione di reinquadramento, che ha reso certo il credito –, e Commissione/Brazzelli Lualdi e a. (EU:C:1994:211, punto 53). V., nello stesso senso, sentenze Herkenrath e a./Commissione (T‑16/89, EU:T:1992:24, punto 31); Weir/Commissione (T‑361/94, EU:T:1996:37, punto 52) – il Tribunale ha aggiunto un’ulteriore requisito alla concessione di interessi moratori, precisando che tali interessi sono dovuti solamente quando il credito principale è certo o determinabile e il versamento del risarcimento «sia in seguito stato indebitamente ritardato dall’amministrazione»; Pfloeschner/Commissione (T‑285/94, EU:T:1995:214, punti 55 e 56) – domanda di annullamento di un bollettino relativo alla pensione di vecchiaia che fissa a 100 il coefficiente correttore applicabile alla pensione dovuta a un pensionato residente in Svizzera; dopo aver annullato il bollettino della pensione relativo al mese di dicembre 1993 e aver rilevato che, a partire da tale mese, il credito era esigibile e certo nell’importo, poiché esisteva un coefficiente correttore per la Svizzera, superiore a 100, il Tribunale ha fissato il dies a quo degli interessi moratori sugli arretrati dovuti a partire dalle diverse scadenze a cui, in base al regime di pensione, avrebbe dovuto effettuarsi ciascun pagamento; Hivonnet/Consiglio (T‑188/03, EU:T:2004:194, punto 45); Camar/Consiglio e Commissione (EU:T:2005:283, punti 135 e 144 nonché giurisprudenza citata), e Schneider Electric/Commissione (EU:T:2007:212, punto 344) nonché ordinanza Marcuccio/Commissione (T‑176/04 DEP II, EU:T:2011:616, punto 36). V., altresì, ordinanza Michel/Commissione (F‑44/13, EU:F:2014:40, punto 82). V., infine, sentenza AA/Commissione (F‑101/09, EU:F:2011:133, punto 109), nella quale viene indicato che «l’obbligo di versare interessi moratori può configurarsi nella sola ipotesi in cui il credito principale sia non solo certo quanto all’importo, ma anche determinabile sulla base di elementi oggettivi». Tale affermazione non manca di stupire, dato che il presupposto relativo alla natura determinata o determinabile del credito è alternativa e non cumulativa.

    ( 38 ) V. sentenze Roumengous Carpentier/Commissione (158/79, EU:C:1985:2, punto 11); Battaglia/Commissione (737/79, EU:C:1985:4, punto 10); Mulder e a./Consiglio e Commissione (C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:1992:217, punto 35) – la Corte fa decorrere gli interessi moratori a partire dalla sua sentenza interlocutoria, che, pur non fissando la composizione esatta del danno, determina gli elementi necessari al suo calcolo – nonché sentenze Camar/Consiglio e Commissione (EU:T:2005:283, punti 135 e 144), e Schneider Electric/Commissione (EU:T:2007:212, punto 343).

    ( 39 ) V. sentenze Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:1992:217, punto 35), e Camar/Consiglio e Commissione (EU:T:2005:283, punto 144).

    ( 40 ) V. sentenze Camar/Consiglio e Commissione (EU:T:2005:283, punto 144 e giurisprudenza citata), nonché Schneider Electric/Commissione (EU:T:2007:212, punto 344).

    ( 41 ) V., per un’analisi dettagliata della giurisprudenza in questo settore, Van Casteren, A., «Article 215(2) EC and the question of interest», The action for damages in Community law, Kluwer Law International, Heukels, T., e McDonnell, A., L’Aia, 1997, pag. 211.

    ( 42 ) V. sentenze Jacquemart/Commissione (114/77, EU:C:1978:156, punto 26); Razzouk e Beydoun/Commissione (75/82 et 117/82, EU:C:1984:116, punto 19); Roumengous Carpentier/Commissione (EU:C:1985:2, punto 11); Amesz e a./Commissione (EU:C:1985:3, punto 14), e Battaglia/Commissione (EU:C:1985:4, punto 10).

    ( 43 ) V. le sentenze citate da Van Casteren, A., «Article 215(2) EC and the question of interest», The action for damages in Community law, Kluwer Law International, Heukels, T., e McDonnell, A., L’Aia, 1997, pag. 203, che sottolinea la maniera relativamente arbitraria con la quale il giudice dell’Unione sceglie il tasso di interesse applicabile.

    ( 44 ) V. paragrafo 8 delle conclusioni Pauls Agriculture/Consiglio e Commissione (256/81, EU:C:1983:91).

    ( 45 ) V. Racc. pagg. 2819 e 2820 delle conclusioni Leussink/Commissione (169/83 e 136/84, EU:C:1986:265).

    ( 46 ) V. paragrafo 51 delle conclusioni Mulder e a./Consiglio e Commissione (C‑104/89 e C‑37/90, EU:C:1992:34).

    ( 47 ) V. paragrafo 26 delle conclusioni Grifoni/Commissione (C‑308/87, EU:C:1993:362).

    ( 48 ) V. Racc. pagg. 2819 e 2820 delle conclusioni Leussink/Commissione (EU:C:1986:265).

    ( 49 ) V paragrafo 51 delle conclusioni Mulder e a./Consiglio e Commissione (EU:C:1992:34).

    ( 50 ) Il corsivo è mio.

    ( 51 ) Punto 54.

    ( 52 ) Punto 60.

    ( 53 ) Punti 62 e 63.

    ( 54 ) V. ordinanza Holcim (Francia)/Commissione (T‑86/03, EU:T:2005:157, punti 30 e 31), nonché sentenze Greencore Group/Commissione [T‑135/02, EU:T:2005:457, punto 55 (soluzione implicita)], e BPB/Commissione (T‑53/03, EU:T:2008:254, punti 487 e 488).

    ( 55 ) V., in tal senso, ordinanze SIR/Consiglio (T‑142/11, EU:T:2011:333, punto 22); Petroci/Consiglio (T‑160/11, EU:T:2011:334, punto 19); Afriqiyah Airways/Consiglio (T‑436/11, EU:T:2012:10, punto15); Ayadi/Commissione (T‑527/09, EU:T:2012:35, punto 30), e Rautenbach/Consiglio e Commissione (T‑222/11, EU:T:2012:409, punto 15).

    ( 56 ) V., in particolare, sentenze Ryanair/Commissione (C‑287/12 P, EU:C:2013:395, punto 86 e giurisprudenza citata), nonché Dow Chemical/Commissione (C‑179/12 P, EU:C:2013:605, punti 63 e 76).

    ( 57 ) Ibidem (punto 82).

    ( 58 ) V. punto 42 della sentenza impugnata.

    ( 59 ) V. Commission pour le droit européen du contrat, «Capitalisation des intérêts», Principes du droit européen du contrat, vol. n. 2, Société de législation comparée, Parigi, 2003, pagg. da 583 a 587.

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