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Documento 62011CJ0546

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 26 settembre 2013.
Dansk Jurist- og Økonomforbund contro Indenrigs- og Sundhedsministeriet.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Højesteret.
Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Divieto di discriminazioni in ragione dell’età – Direttiva 2000/78/CE – Articolo 6, paragrafi 1 e 2 – Rifiuto di corrispondere l’indennità di disponibilità ai dipendenti pubblici che hanno compiuto 65 anni di età e che hanno diritto ad una pensione di vecchiaia.
Causa C‑546/11.

Raccolta della giurisprudenza - generale

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2013:603

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

26 settembre 2013 ( *1 )

«Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro — Divieto di discriminazioni in ragione dell’età — Direttiva 2000/78/CE — Articolo 6, paragrafi 1 e 2 — Rifiuto di corrispondere l’indennità di disponibilità ai dipendenti pubblici che hanno compiuto 65 anni di età e che hanno diritto ad una pensione di vecchiaia»

Nella causa C‑546/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Højesteret (Danimarca), con decisione del 7 ottobre 2011, pervenuta in cancelleria il 26 ottobre 2011, nel procedimento

Dansk Jurist- og Økonomforbund, per conto di Erik Toftgaard,

contro

Indenrigs- og Sundhedsministeriet,

con l’intervento di:

Centralorganisationernes Fællesudvalg (CFU),

Kommunale Tjenestemænd og Overenskomstansatte (KTO),

Personalestyrelsen,

Kommunernes Landsforening (KL),

Danske Regioner,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, G. Arestis, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev (relatore) e J.L. da Cruz Vilaça, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 novembre 2012,

considerate le osservazioni presentate:

per il Dansk Jurist- og Økonomforbund, per conto di E. Toftgaard, da K.‑M. Schebye, advokat;

per la Kommunernes Landsforening e la Danske Regioner, da J. Vinding, advokat;

per il governo danese, da C. Vang, in qualità di agente, assistito da R. Holdgaard, advokat;

per il governo del Regno Unito, da S. Ossowski e S. Lee, in qualità di agenti;

per la Commissione europea, da J. Enegren e C. Barslev, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 febbraio 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva del Consiglio 2000/78/CE, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16).

2

Tale domanda è stata presentanta nell’ambito di una controversia tra il Dansk Jurist- og Økonomforbund (in prosieguo: il «DJØF») per conto del sig. Toftgaard, e l’Indenrigs- og Sundhedsministeriet [Ministero dell’Interno e della Salute (in precedenza Ministero dell’Interno e degli Affari sociali), in prosieguo: il «Ministero»], in merito al rifiuto di quest’ultimo di corrispondere al sig. Toftgaard il beneficio dell’indennità di disponibilità.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

3

I considerando 13 e 25 della direttiva 2000/78 sono formulati come segue:

«(13)

La presente direttiva non si applica ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non sono assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dall’articolo [157 TFUE] e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro.

(…)

(25)

Il divieto di discriminazione basata sull’età costituisce un elemento essenziale per il perseguimento degli obiettivi definiti negli orientamenti in materia di occupazione e la promozione della diversità nell’occupazione. Tuttavia in talune circostanze, delle disparità di trattamento in funzione dell’età possono essere giustificate e richiedono pertanto disposizioni specifiche che possono variare secondo la situazione degli Stati membri. È quindi essenziale distinguere tra le disparità di trattamento che sono giustificate, in particolare, da obiettivi legittimi di politica dell’occupazione, mercato del lavoro e formazione professionale, e le discriminazioni che devono essere vietate».

4

Ai sensi del suo articolo 1, tale direttiva «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

5

L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/78 così prevede:

«1.   Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.   Ai fini del paragrafo 1:

a)

sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga.

(...)».

6

L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Campo di applicazione», ai paragrafi 1 e 3 enuncia quanto segue:

«1.   Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)

all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(…)

(…)

3.   La presente direttiva non si applica ai pagamenti di qualsiasi genere, effettuati dai regimi statali o da regimi assimilabili, ivi inclusi i regimi statali di sicurezza sociale o di protezione sociale».

7

Ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2000/78, rubricato «Giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età»:

«1.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:

a)

la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;

(…)

2.   Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che la fissazione per i regimi professionali di sicurezza sociale di un’età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o all’invalidità, compresa la fissazione per tali regimi di età diverse per lavoratori o gruppi o categorie di lavoratori e l’utilizzazione, nell’ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali non costituisca una discriminazione fondata sull’età purché ciò non dia luogo a discriminazioni fondate sul sesso».

La normativa danese

8

La direttiva 2000/78 è stata trasposta nel diritto danese dalla legge del 22 dicembre 2004, n. 1417, che modifica la legge relativa al principio di non discriminazione sul mercato del lavoro (lov nr. 1417 om ændring af lov om ændring af lov om forbud mod forskelsbehandling på arbejdsmarkedet m. v.) (in prosieguo: la «legge antidiscriminazione»).

9

L’articolo 6a di tale legge attua l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78. Tale disposizione è formulata nel modo seguente:

«Fatti salvi gli articoli da 2 a 5, la presente legge non preclude la fissazione di limiti di età per poter accedere ai regimi professionali di sicurezza sociale o l’utilizzazione, nell’ambito di detti regimi, di criteri di età nei calcoli attuariali. L’utilizzazione di criteri di età non deve dar luogo a discriminazioni fondate sul sesso».

10

L’articolo 32, paragrafi 1 e 4, della legge sul pubblico impiego (tjenestemandlov), nella versione applicabile all’epoca del licenziamento del sig. Toftgaard disponeva quanto segue:

«1.   Il pubblico dipendente licenziato a causa di modifiche nell’organizzazione o nelle modalità di lavoro dell’amministrazione che hanno determinato la soppressione del suo posto, conserva per i tre anni successivi il diritto alla sua retribuzione corrente, fatti salvi i paragrafi da 3 a 5.

(…)

4.   Il diritto all’indennità di disponibilità non sorge se l’interessato:

1)

viene trasferito su un altro posto oppure gli viene proposto un posto che è tenuto ad accettare ai sensi degli articoli 12 e 13,

2)

ha compiuto 65 anni,

3)

ha raggiunto l’età richiesta per andare in pensione, o

4)

al momento del licenziamento non era in grado, a causa di malattia o di inidoneità, di occupare un posto che sarebbe stato tenuto ad accettare ai sensi degli articoli 12 e 13».

11

Dalla decisione di rinvio risulta che l’indennità di disponibilità viene pagata dall’ente pubblico datore di lavoro e che il dipendente è tenuto a restare a disposizione di tale ente durante il periodo in cui percepisce tale indennità.

12

In base alla legge n. 230, sulla previdenza dei dipendenti pubblici (tjenestemandspensionslov n. 230), del 19 marzo 2004, nella versione applicabile alla fattispecie di cui al procedimento principale, i dipendenti pubblici maturano il diritto alla pensione di vecchiaia nel corso della loro carriera. Tale diritto continua ad essere acquisito nel periodo in cui viene percepita l’indennità di disponibilità. Il diritto alla pensione di vecchiaia continua a maturare anche durante il periodo in cui il dipendente pubblico avrebbe avuto diritto, in linea di principio, all’indennità di disoccupazione, ma quest’ultima non gli è stata corrisposta a causa del limite di età previsto dalla legge sul pubblico impiego.

13

L’articolo 6, paragrafo 6, della legge sulla previdenza dei dipendenti pubblici dispone che questi ultimi possono fruire dell’importo della pensione di vecchiaia a partire dal compimento del sessantacinquesimo anno di età.

14

Il giudice del rinvio precisa che, oltre alla pensione di vecchiaia dei dipendenti pubblici, questi ultimi hanno diritto ad altre prestazioni di vecchiaia come, in particolare, la pensione statale di vecchiaia che si cumula alla pensione di vecchiaia dei dipendenti pubblici.

15

La legge n. 1005, relativa alla pensione statale di vecchiaia (lov n. 1005 om social pension), del 19 agosto 2010, fissa l’età di pensionamento per legge a 65 anni per gli individui nati prima del 1o gennaio 1959. Tuttavia, il versamento di tale pensione può, su richiesta dell’interessato, essere rinviato di dieci anni affinché quest’ultimo possa fruire, quando verrà il momento, di una pensione di importo superiore. Inoltre, è consentito cumulare l’esercizio di un’attività professionale con il godimento di una pensione statale di vecchiaia, purché i redditi da lavoro non superino determinate soglie, oltre le quali l’importo di tale pensione è ridotto, o addirittura azzerato.

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16

Il sig. Toftgaard è stato a capo dell’amministrazione provinciale di Vejle (Danimarca) fino al suo licenziamento, avvenuto l’8 maggio 2006, con effetto dal 31 dicembre 2006, a causa della soppressione del suo posto. In quel momento l’interessato aveva già compiuto 65 anni, per cui non poteva fruire dell’indennità di disponibilità, avendo diritto alle prestazioni previdenziali per i dipendenti pubblici a partire dal 31 dicembre 2006.

17

Al momento in cui il sig. Toftgaard aveva cessato di esercitare le sue funzioni il limite di età per il pensionamento obbligatorio dei dipendenti pubblici era fissato a 70 anni. Il sig. Toftgaard, che aveva allora 65 anni, avrebbe potuto quindi chiedere di godere della sua pensione, ma non era obbligato a farlo. Egli comunicava al Ministero che desiderava essere trasferito su un altro posto, indicando di essere pronto ad accettare eventualmente una riduzione di stipendio. Dopo il suo licenziamento, il sig. Toftgaard svolgeva alcuni incarichi onorifici che gli procuravano un reddito modesto.

18

Il sig. Toftgaard ritiene che il rifiuto di concedergli l’indennità di disponibilità costituisca una discriminazione in ragione dell’età. Per tale motivo il DJØF, che agisce a nome del sig. Toftgaard, ha proposto dinanzi all’Østre Landsret, un ricorso contro il suo datore di lavoro, cioè il Ministero. Poiché tale ricorso è stato respinto, il DJØF ha interposto appello dinanzi alla Højesteret, sostenendo, in particolare, che l’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sul pubblico impiego è incompatibile segnatamente con la direttiva 2000/78. Il DJØF ha sostenuto che l’indennità di disponibilità non costituisce un regime pensionistico di sicurezza sociale nel senso dell’articolo 6a della legge antidiscriminazione e dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78, e che il limite di età di 65 anni non costituisce un mezzo appropriato e necessario alla realizzazione di un obiettivo legittimo, nel senso dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva.

19

Il Ministero sostiene che l’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sulla previdenza dei dipendenti pubblici rientra nell’ambito di applicazione della deroga prevista dall’articolo 6a della legge antidiscriminazione e dall’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78, dal momento che l’indennità di disponibilità deve essere considerata un regime pensionistico di sicurezza sociale ai sensi di tali disposizioni. In subordine, il Ministero ha aggiunto che detto articolo 32, paragrafo 4, punto 2, soddisfa i requisiti posti dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

20

Alla luce di quanto sopra la Højesteret ha deciso di sospendere il processo e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti:

«1)

Se l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva [2000/78] debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri possono prevedere che la fissazione di un’età per poter accedere a regimi professionali di sicurezza sociale o per avere diritto alle relative prestazioni non costituisce una discriminazione solo allorché tali regimi riguardano prestazioni per la vecchiaia o l’invalidità.

2)

Se l’articolo 6, paragrafo 2, della suddetta direttiva debba essere interpretato nel senso che la facoltà di fissare limiti di età riguarda esclusivamente l’accesso ad un siffatto regime, oppure se la disposizione debba essere intesa nel senso che la facoltà di fissare un’età riguarda parimenti il diritto al pagamento delle prestazioni da parte di un siffatto regime.

3)

In caso di risposta in senso negativo alla prima questione:

Se la nozione di “regimi professionali di sicurezza sociale” di cui all’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva possa comprendere un regime come quello dell’indennità di disponibilità previsto dall’articolo 32, paragrafo 1, della legge sul pubblico impiego, secondo cui un dipendente pubblico, come tutela speciale in caso di licenziamento determinato dalla soppressione del posto, conserva per i tre anni successivi la sua retribuzione corrente e continua nel frattempo a maturare le sue aspettative pensionistiche, purché in cambio rimanga disponibile per un altro posto in sostituzione.

4)

Se l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che non osta ad una disposizione nazionale come l’articolo 32, [paragrafo 4, punto 2),] della legge sul pubblico impiego, ai sensi della quale non viene corrisposta l’indennità di disponibilità ad un dipendente pubblico che, nel momento in cui il suo posto viene soppresso, ha raggiunto l’età in cui può essergli corrisposta la pensione statale di vecchiaia».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

21

Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 debba essere interpretato nel senso che esso può applicarsi esclusivamente alle prestazioni di vecchiaia e di invalidità rientranti in un regime professionale di sicurezza sociale.

22

Per rispondere a tale questione occorre, anzitutto, esaminare se la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, asseritamente discriminatoria, rientri nel campo di applicazione della direttiva 2000/78.

23

Al riguardo, tanto dal titolo e dal preambolo quanto dal contenuto e dalla ratio di detta direttiva emerge che essa intende stabilire un quadro generale per garantire a tutti la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», offrendo una tutela effettiva nei confronti delle discriminazioni fondate su uno dei motivi di cui al suo articolo 1, tra i quali figura l’età (v. sentenza dell’8 settembre 2011, Hennings e Mai, C-297/10 e C-298/10, Racc. pag. I-7965, punto 49).

24

In particolare, dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78 risulta che essa si applica, nei limiti dei poteri conferiti all’Unione europea, «a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico», per quanto attiene, segnatamente, «all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione».

25

L’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 deve intendersi – alla luce dell’articolo 3, paragrafi 1, lettera c), e 3, di quest’ultima, letto in combinato disposto con il suo considerando 13 – nel senso che non si estende ai regimi di sicurezza sociale e di protezione sociale le cui prestazioni non siano assimilate ad una retribuzione, nell’accezione data a tale termine ai fini dell’applicazione dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE, e nemmeno ai pagamenti di qualsiasi genere effettuati dallo Stato allo scopo di dare accesso al lavoro o di salvaguardare posti di lavoro (sentenza del 1o aprile 2008, Maruko, C-267/06, Racc. pag. I-1757, punto 41, e del 10 maggio 2011, Römer, C-147/08, Racc. pag. I-3591, punto 32).

26

La nozione di retribuzione, ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE, comprende tutti i vantaggi, in contanti o in natura, attuali o futuri, purché siano pagati, sia pure indirettamente, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo (v., segnatamente, sentenza del 17 maggio 1990, Barber, C-262/88, Racc. pag.I-1889, punto 12).

27

Nel caso di specie, l’indennità di disponibilità, instaurata dalla legge sul pubblico impiego, è versata mensilmente per tre anni dallo Stato, che agisce in qualità di datore di lavoro, ai dipendenti pubblici che sono stati collocati in disponibilità per la soppressione del loro posto. L’importo di tale indennità corrisponde a quello dell’indennità che il dipendente pubblico percepiva prima di essere collocato in disponibilità.

28

Inoltre, occorre rilevare che, come contropartita del godimento dell’indennità di disponibilità, il dipendente pubblico è tenuto a restare a disposizione del suo datore di lavoro durante il periodo in cui percepisce tale trattamento. Qualora il datore gli proponga un posto adeguato in sostituzione, egli è tenuto ad accettarlo. Nel caso in cui non adempia a tale obbligo, il dipendente perde il beneficio dell’indennità.

29

Da tali elementi risulta che l’indennità di disponibilità costituisce un beneficio effettivo, pagato in contanti dal datore di lavoro al dipendente pubblico in ragione dell’impiego di quest’ultimo, e costituisce quindi una retribuzione ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 2, TFUE.

30

Di conseguenza, escludendo dal godimento dell’indennità di disponibilità tutta una categoria di dipendenti pubblici, l’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sul pubblico impiego incide sulle condizioni di retribuzione di tali dipendenti pubblici, nel senso di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2000/78. Pertanto, quest’ultima si applica ad una situazione come quella in esame nel presente procedimento principale.

31

Occorre, poi, verificare se la normativa di cui trattasi comporti una disparità di trattamento in base all’età ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

32

In forza di tale disposizione, il «principio della parità di trattamento» deve essere inteso come l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta, basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1 di tale direttiva, tra i quali è compresa l’età. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della stessa direttiva precisa che, ai fini dell’applicazione del suo paragrafo 1, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1 della direttiva in parola, una persona sia trattata in modo meno favorevole di un’altra in una situazione analoga, lo sia stata o lo sarebbe.

33

Nella fattispecie, poiché l’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sul pubblico impiego ha l’effetto di privare del beneficio dell’indennità di disponibilità i dipendenti pubblichi che hanno compiuto 65 anni di età, tale disposizione introduce una disparità di trattamento direttamente fondata sul criterio dell’età, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2000/78.

34

Infine, occorre esaminare la questione se gli Stati membri possano prevedere, fondandosi sull’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva, che una siffatta disparità di trattamento non costituisce una discriminazione in ragione dell’età.

35

Ai sensi di tale disposizione, nella versione in lingua francese, gli Stati membri possono prevedere, nonostante l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2000/78, che «ne constitue pas une discrimination fondée sur l’âge la fixation, pour les régimes professionnels de sécurité sociale, d’âges d’adhésion ou d’admissibilité aux prestations de retraite ou d’invalidité, y compris la fixation, pour ces régimes, d’âges différents pour des travailleurs ou des groupes ou catégories de travailleurs et l’utilisation, dans le cadre de ces régimes, de critères d’âge dans le calculs actuariels, à condition que cela ne se traduise pas par des discriminations fondées sur le sexe».

36

La versione in lingua danese dell’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva si discosta dal testo riprodotto al punto precedente della presente sentenza, in quanto non si riferisce, in particolare, «alle prestazioni pensionistiche o all’invalidità».

37

A tale riguardo occorre ricordare che risulta da costante giurisprudenza che le norme del diritto dell’Unione devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme alla luce delle versioni in tutte le lingue dell’Unione. In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo di diritto dell’Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte (v., in particolare, sentenza dell’8 dicembre 2005, Jyske Finans, C-280/04, Racc. pag. I-10683, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

38

Per quanto riguarda le versioni dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 nelle altre lingue dell’Unione, occorre rilevare che esse menzionano esplicitamente, come la versione in lingua francese riportata al punto 35 della presente sentenza, la fissazione, per i regimi professionali di sicurezza sociale, di limiti di età per poter accedere o aver titolo alle prestazioni pensionistiche o di invalidità. A titolo esemplificativo, la versione in lingua spagnola di tale disposizione recita «la determinación, para los regímenes profesionales de seguridad social, de edades para poder beneficiarse de prestaciones de jubilación o invalidez u optar a las mismas», la versione in lingua tedesca di tale disposizione utilizza i termini «bei den betrieblichen Systemen der sozialen Sicherheit die Festsetzung von Altersgrenzen als Voraussetzung für die Mitgliedschaft oder den Bezug von Altersrente oder von Leistungen bei Invalidität», la versione in lingua inglese della disposizione in questione menziona «the fixing for occupational social security schemes of ages for admission or entitlement to retirement or invalidiy benefits», mentre la versione in lingua polacca della medesima norma utilizza i termini «ustalanie, dla systemów zabezpieczenia społecznego pracowników, wieku przyznania lub nabycia praw do świadczeń emerytalnych lub inwalidzkich».

39

Il testo dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78, nelle versioni citate al punto precedente della presente sentenza, suggerisce inoltre che tale disposizione può applicarsi solo nei casi tassativamente elencati. Infatti, se il legislatore dell’Unione avesse voluto estendere l’ambito di applicazione di tale disposizione oltre i casi in essa espressamente menzionati, lo avrebbe indicato in modo esplicito, utilizzando, per esempio, l’avverbio «in particolare».

40

L’economia generale e la finalità della direttiva 2000/78 confermano tale conclusione. Infatti, tale direttiva attua nell’ambito dell’occupazione e delle condizioni di lavoro il principio di non discriminazione in base all’età che deve essere considerato un principio generale del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci, C-555/07, Racc. pag. I-365, punto 21). Il divieto di qualsiasi discriminazione fondata segnatamente sull’età è sancito inoltre dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, dal 1o dicembre 2009, ha il medesimo valore giuridico dei trattati.

41

Poiché l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 permette agli Stati membri di prevedere un’eccezione al principio di non discriminazione in ragione dell’età, tale disposizione deve essere oggetto di un’interpretazione restrittiva (v., per analogia, sentenza del 12 gennaio 2010, Petersen, C-341/08, Racc. pag. I-47, punto 60).

42

Orbene, un’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78, ai sensi della quale tale disposizione potrebbe applicarsi a qualsiasi tipo di regime professionale di sicurezza sociale, avrebbe l’effetto di ampliare l’ambito di applicazione di essa, in violazione del carattere restrittivo dell’interpretazione di cui tale disposizione deve essere oggetto.

43

Ne consegue che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 può applicarsi esclusivamente ai regimi professionali di sicurezza sociale che assicurano i rischi di vecchiaia e di invalidità.

44

Nel caso di specie, anche supponendo che l’indennità di disponibilità rientri nell’ambito di un regime professionale di sicurezza sociale, alla luce degli elementi esposti ai punti da 27 a 29 della presente sentenza è evidente che tale indennità non costituisce né una prestazione pensionistica né di invalidità. Di conseguenza, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 non si applica in circostanze come quelle di cui al procedimento principale.

45

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione che l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78 deve essere interpretato nel senso che esso può applicarsi esclusivamente alle prestazioni pensionistiche e di invalidità rientranti in un regime professionale di sicurezza sociale.

Sulla seconda e terza questione

46

Alla luce della soluzione della prima questione, non occorre risolvere la seconda e la terza questione.

Sulla quarta questione

47

Con la sua quarta questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale in forza della quale i dipendenti pubblici che hanno raggiunto l’età in cui può essere loro corrisposta una pensione di vecchiaia non possono, per questo solo fatto, fruire dell’indennità di disponibilità destinata ai dipendenti pubblici licenziati a causa della soppressione del loro posto.

48

In forza dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva una disparità di trattamento in ragione dell’età non costituisce discriminazione laddove essa sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.

49

Di conseguenza, occorre anzitutto esaminare la questione se la normativa in discussione nel procedimento principale persegua una finalità legittima. A tale riguardo, il governo danese afferma che detta normativa è diretta a conseguire un giusto equilibrio tra, da un lato, le esigenze dello Stato in materia di adeguamento, di ristrutturazione e di efficacia della pubblica amministrazione e, dall’altro lato, la tutela dei dipendenti pubblici da indebite pressioni personali e politiche. In particolare, tale normativa perseguirebbe una duplice finalità consistente, da un lato, nel mantenere la disponibilità dei dipendenti pubblici nella prospettiva di una loro riassegnazione ad un altro posto e, dall’altro, nel garantire l’indipendenza di questi ultimi, tutelandoli da ogni pressione esterna. L’esclusione dal beneficio dell’indennità di disponibilità dei dipendenti pubblici che sono stati ammessi a fruire di una pensione di vecchiaia sarebbe giustificata dalla necessità di prevenire abusi, poiché è poco probabile, in linea generale, che tali dipendenti siano disposti ad accettare un nuovo posto. Inoltre, tali dipendenti necessiterebbero di una protezione inferiore, potendo già fruire di un reddito sostitutivo adeguato, costituito dalla pensione di vecchiaia.

50

In tale contesto, giova ricordare che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, gli Stati membri così come, eventualmente, le parti sociali a livello nazionale dispongono di un ampio margine discrezionale nella scelta non soltanto di perseguire uno scopo determinato fra altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzare detto scopo (sentenza del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C-411/05, Racc. pag. I-8531, punto 68).

51

La finalità consistente nell’assicurare la disponibilità dei dipendenti pubblici e nel tutelarli in caso di soppressione del loro posto, pur limitando nel contempo la possibilità di fruire dell’indennità di disponibilità ai soli dipendenti che hanno bisogno di tutela e che rispettano il loro obbligo di disponibilità, rientra nella categoria dei giustificati obiettivi di politica del lavoro e di mercato del lavoro, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

52

Secondo quest’ultima disposizione, dette finalità possono giustificare, in deroga al principio di divieto delle discriminazioni basate sull’età, le disparità di trattamento che riguardano, in particolare, «la definizione di condizioni speciali (...) di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani (...), onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi».

53

Conseguentemente, obiettivi come quelli perseguiti dalla normativa nazionale oggetto del procedimento principale devono, in linea di principio, essere ritenuti idonei a giustificare «oggettivamente e ragionevolmente», «nell’ambito del diritto nazionale», come previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/78, una disparità di trattamento basata sull’età.

54

Occorre ancora verificare, secondo gli stessi termini di detta disposizione, se i mezzi impiegati per il conseguimento di tale finalità siano «appropriati e necessari».

55

Per quanto riguarda l’adeguatezza della normativa nazionale di cui si tratta nel procedimento principale, occorre rilevare che la concessione del beneficio dell’indennità di disponibilità ai soli dipendenti pubblici che, in particolare, non possono fruire di una pensione di vecchiaia non appare irragionevole con riferimento alla finalità perseguita dal legislatore, che consiste nel proteggere maggiormente i dipendenti pubblici che non dispongono di un reddito sostitutivo stabile e duraturo.

56

La normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale sembra altresì idonea a conseguire la finalità consistente nel garantire la disponibilità dei dipendenti pubblici in caso di soppressione del loro posto. Infatti, i dipendenti pubblici che non hanno ancora diritto ad una pensione di vecchiaia sarebbero costretti, in mancanza dell’indennità di disponibilità, a rientrare nel mercato del lavoro cosicché, quando fosse offerto loro un nuovo posto nell’amministrazione pubblica, potrebbero non essere più disponibili. Per contro, i dipendenti pubblici che possono già fruire di una pensione di vecchiaia sono, in linea di massima, meno disposti a rientrare a far parte del pubblico impiego per occuparvi un nuovo posto, in considerazione degli inconvenienti di carattere professionale e personale collegati a tale rientro.

57

Peraltro, l’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sul pubblico impiego consente altresì di limitare il rischio di abusi, consistenti nel fatto che un dipendente pubblico fruisca di un’indennità destinata a garantire la sua disponibilità, quando è sul punto di andare in pensione.

58

Di conseguenza, occorre considerare che una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale non risulta essere manifestamente inadeguata a conseguire le finalità legittime invocate al punto 49 della presente sentenza.

59

Occorre tuttavia verificare se tale misura non ecceda quanto necessario per conseguire tali finalità.

60

Il governo danese afferma a tale proposito che il beneficio dell’indennità di disponibilità dovrebbe essere strettamente limitato ai dipendenti pubblici che hanno veramente bisogno di tale trattamento e che sono effettivamente disponibili a rientrare eventualmente nell’amministrazione pubblica.

61

Come constatato al punto 56 della presente sentenza, è certamente vero che i dipendenti pubblici che hanno diritto al godimento di una pensione di vecchiaia sono per questo motivo generalmente meno disposti ad accettare di essere collocati in un altro posto.

62

Inoltre, risulta che tali dipendenti pubblici possono contare su un reddito sostitutivo stabile e duraturo, mentre i dipendenti che non hanno ancora diritto al godimento di una pensione di vecchiaia e il cui posto è stato soppresso richiedono, per tale ragione, una maggiore tutela. Infatti, i dipendenti pubblici appartenenti a questo secondo gruppo sono, in generale, più vulnerabili alle pressioni di ordine economico e sociale, poiché in mancanza dell’indennità di disponibilità, si troverebbero privati di una fonte di reddito stabile. L’indennità di disponibilità è quindi diretta a porre i dipendenti pubblici appartenenti al secondo gruppo al riparo da siffatte pressioni, procurando loro un reddito adeguato per un periodo di tre anni.

63

È necessario altresì sottolineare che il legislatore danese è intervenuto per attenuare gli effetti sfavorevoli della normativa in esame nel procedimento principale, prevedendo che i dipendenti pubblici che hanno compiuto 65 anni di età continuino ad accumulare diritti alla pensione di vecchiaia durante il periodo in cui avrebbero dovuto percepire l’indennità di disponibilità, ma non ne hanno effettivamente fruito a causa della loro età.

64

Pertanto, occorre rilevare che l’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sul pubblico impiego assimila ai dipendenti pubblici che percepiranno effettivamente una pensione di vecchiaia coloro che hanno diritto a tale pensione.

65

Orbene, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che all’età di 65 anni i dipendenti pubblici hanno diritto di andare in pensione, ma non sono obbligati a farlo.

66

Tuttavia, in forza della normativa di cui trattasi nel procedimento principale sono esclusi dall’indennità di disponibilità tanto i dipendenti pubblici che intendono andare in pensione e che, di conseguenza, percepiranno effettivamente una pensione di vecchiaia, quanto quelli che intendono continuare la loro carriera professionale all’interno dell’amministrazione pubblica oltre il loro sessantacinquesimo anno di età.

67

Così, nell’intento legittimo di evitare che tale trattamento vada a beneficio di dipendenti pubblici che non intendono occupare un nuovo impiego, ma che percepiranno un reddito sostitutivo consistente in una pensione di vecchiaia, la misura in esame perviene a escludere dal godimento di tale indennità i dipendenti pubblici che intendono rimanere sul mercato del lavoro, per il solo fatto che essi potrebbero, in particolare a causa della loro età, disporre di detta pensione.

68

Tale misura può quindi obbligare i dipendenti pubblici interessati ad accettare una pensione di vecchiaia di importo ridotto rispetto a quello cui potrebbero avere diritto restando attivi fino ad un’età più avanzata, in particolare nel caso in cui non abbiano versato contributi per un numero di anni sufficiente a fruire della loro pensione a tasso completo.

69

Inoltre, gli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa in esame nel procedimento principale sembrano atti ad essere conseguiti con mezzi meno costrittivi, ma altrettanto appropriati. Così, disposizioni che limitino l’indennità di disponibilità ai soli dipendenti pubblici che hanno rinunciato temporaneamente a fruire di una pensione di vecchiaia per continuare nella loro attività professionale, prevedendo nel contempo, nell’ipotesi in cui essi rifiutassero di occupare un nuovo posto adeguato, misure dirette a sanzionare le violazioni, permetterebbero di assicurarsi che tale indennità vada esclusivamente a favore dei dipendenti pubblici che sono effettivamente disponibili ad occupare un nuovo posto.

70

È certamente vero che in generale non si può esigere che una misura come quella del procedimento principale preveda un esame individuale di ciascun caso particolare per stabilire la soluzione che meglio risponde alle necessità del singolo dipendente pubblico, poiché la gestione di detto regime deve restare sostenibile da un punto di vista tecnico ed economico.

71

Tuttavia, detto esame individuale della disponibilità dei dipendenti pubblici con meno di 65 anni di età sembra già connaturato al regime instaurato dalla normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, poiché il collocamento dei dipendenti pubblici licenziati su nuovi posti dipende dalle competenze degli interessati rispetto alle specificità dei posti che vengono loro di fatto proposti. Inoltre, detto esame individuale è già previsto, come afferma il DJØF, dall’articolo 32, paragrafo 4, punto 4, della legge sul pubblico impiego.

72

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la normativa in esame nel procedimento principale va oltre quanto necessario per conseguire le finalità perseguite, poiché esclude automaticamente dalla possibilità di fruire dell’indennità di disponibilità i dipendenti pubblici che hanno diritto ad una pensione di vecchiaia.

73

Di conseguenza, la disparità di trattamento risultante dall’articolo 32, paragrafo 4, punto 2, della legge sul pubblico impiego non può essere giustificata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.

74

Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione che gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in forza della quale i dipendenti pubblici che hanno raggiunto l’età che consente loro di ricevere una pensione di vecchiaia non possono, per questo solo fatto, fruire dell’indennità di disponibilità destinata ai dipendenti pubblici licenziati a causa della soppressione del loro posto.

Sulle spese

75

Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

1)

L’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso può applicarsi esclusivamente alle prestazioni pensionistiche e di invalidità rientranti in un regime professionale di sicurezza sociale.

 

2)

Gli articoli 2 e 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in forza della quale i dipendenti pubblici che hanno raggiunto l’età che consente loro di ricevere una pensione di vecchiaia non possono, per questo solo fatto, fruire dell’indennità di disponibilità destinata ai dipendenti pubblici licenziati a causa della soppressione del loro posto.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il danese.

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