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Documento 62009CJ0281

Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 24 novembre 2011.
Commissione europea contro Regno di Spagna.
Inadempimento di uno Stato - Direttiva 89/552/CEE - Attività televisive - Spot pubblicitari - Tempo di trasmissione.
Causa C-281/09.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2011:767

Causa C‑281/09

Commissione europea

contro

Regno di Spagna

«Inadempimento di uno Stato — Direttiva 89/552/CEE — Attività televisive — Spot pubblicitari — Tempo di trasmissione»

Massime della sentenza

Libera prestazione dei servizi — Attività televisive — Direttiva 89/552 — Nozione di spot pubblicitario

(Direttiva del Consiglio 89/552, art. 18, n. 2)

Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3, n. 2, della direttiva 89/552, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata dalla direttiva 97/36, lo Stato membro che tolleri che taluni tipi di pubblicità, quali i filmati pubblicitari, gli spot di telepromozione, gli spot pubblicitari di sponsorizzazione e i micro-annunci pubblicitari siano trasmessi sui canali televisivi nazionali per una durata superiore al limite massimo del 20% del tempo di trasmissione per ora d’orologio previsto dall’art. 18, n. 2, della richiamata direttiva. Tali tipi di pubblicità rientrano nella nozione di spot pubblicitari e sono pertanto soggetti ai limiti di tempo di trasmissione previsti da quest’ultima disposizione.

Infatti, qualsiasi tipo di pubblicità televisiva trasmessa tra un programma e l’altro o durante le interruzioni costituisce, in linea di massima, uno spot pubblicitario ai sensi della direttiva 89/552, a meno che il tipo di pubblicità di cui trattasi rientri in un’altra forma di pubblicità espressamente disciplinata da detta direttiva, come nel caso, segnatamente, della televendita, ovvero richieda, per via delle sue modalità di presentazione, una durata superiore a quella degli spot pubblicitari, a condizione che un’applicazione dei limiti previsti per detti spot finisca per svantaggiare la forma di pubblicità in questione rispetto agli spot pubblicitari senza una valida giustificazione. Di conseguenza, anche se un determinato tipo di pubblicità ha intrinsecamente, ossia per via delle sue modalità di presentazione, una durata leggermente superiore rispetto alla normale durata degli spot pubblicitari, tale fatto di per sé non può essere sufficiente per qualificarlo come «altra forma di pubblicità» ai sensi dell’art. 18, n. 1, della direttiva 89/552.

(v. punti 52-53, 55-56 e dispositivo)







SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

24 novembre 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva 89/552/CEE – Attività televisive – Spot pubblicitari – Tempo di trasmissione»

Nella causa C‑281/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 22 luglio 2009,

Commissione europea, rappresentata dalle sig.re L. Lozano Palacios e C. Vrignon, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Spagna, rappresentato dalla sig.ra N. Díaz Abad, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

sostenuto da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra S. Behzadi-Spencer e dal sig. S. Hathaway, in qualità di agenti,

interveniente,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. M. Safjan, M. Ilešič, E. Levits, e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 aprile 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, consentendo violazioni flagranti, reiterate e gravi delle disposizioni di cui all’art. 18, n. 2, della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 298, pag. 23), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE (GU L 202, pag. 60; in prosieguo: la «direttiva 89/552»), il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3, n. 2, di detta direttiva, in combinato disposto con l’art. 10 CE.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

2        Il ventisettesimo ‘considerando’ della direttiva 89/552 precisa che «per garantire un’integrale ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, è essenziale che la pubblicità televisiva sia sottoposta ad un certo numero di norme minime e di criteri e che gli Stati membri abbiano la facoltà di stabilire norme più rigorose o più particolareggiate (...)».

3        L’art. 1 della direttiva 89/552 così prevede:

«Ai fini della presente direttiva:

(...)

«c)      per “pubblicità televisiva” si intende ogni forma di messaggio televisivo trasmesso a pagamento o dietro altro compenso, ovvero a fini di autopromozione, da un’impresa pubblica o privata nell’ambito di un’attività commerciale, industriale, artigiana o di una libera professione, allo scopo di promuovere la fornitura, dietro compenso, di beni o di servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;

(...)

e)      per “sponsorizzazione” si intende ogni contributo di un’impresa pubblica o privata, non impegnata in attività televisive o di produzione di opere audiovisive, al finanziamento di programmi televisivi, allo scopo di promuovere il suo nome, il suo marchio, la sua immagine, le sue attività o i suoi prodotti;

«f)      per “televendita” si intendono le offerte dirette trasmesse al pubblico allo scopo di fornire, dietro pagamento, beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni».

4        L’art. 3, n. 2, della direttiva 89/552 così dispone:

«Gli Stati membri assicurano, con i mezzi appropriati, nell’ambito della loro legislazione, che le emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione rispettino effettivamente le disposizioni della presente direttiva».

5        Ai sensi del successivo art. 17, n. 1:

«I programmi televisivi sponsorizzati devono rispondere ai seguenti criteri:

a)      il contenuto e la programmazione di una trasmissione sponsorizzata non possono in nessun caso essere influenzati dallo sponsor in maniera tale da ledere la responsabilità e l’autonomia editoriale dell’emittente nei confronti delle trasmissioni;

b)      devono essere chiaramente riconoscibili come programmi sponsorizzati e indicare il nome e/o il logotipo dello sponsor all’inizio e/o alla fine del programma;

c)      non devono stimolare all’acquisto o al noleggio dei prodotti o servizi dello sponsor e di un terzo, specialmente facendo riferimenti specifici di carattere promozionale a detti prodotti o servizi».

6        L’art. 18 della direttiva 89/552, nella sua versione iniziale, così disponeva:

«1.      Il tempo di trasmissione dedicato alla pubblicità non deve superare il 15% del tempo di trasmissione quotidiano. Tuttavia questa percentuale può essere portata al 20% se comprende forme di pubblicità come le offerte fatte direttamente al pubblico ai fini della vendita, dell’acquisto o del noleggio di prodotti, oppure della fornitura di servizi, purché l’insieme degli spot pubblicitari non superi il 15%.

2.      Il tempo di trasmissione dedicato agli spot pubblicitari entro un determinato periodo di un’ora non deve superare il 20%.

(...)».

7        In seguito a modifica ad opera della direttiva 97/36, l’art. 18 della direttiva 89/552 così recita:

«1.      La proporzione di tempo di trasmissione destinata agli spot di televendita, spot pubblicitari e altre forme di pubblicità, ad eccezione delle finestre di televendita di cui all’articolo 18 bis, non deve superare il 20% del tempo di trasmissione quotidiano. Il tempo di trasmissione per spot pubblicitari non deve superare il 15% del tempo di trasmissione quotidiano.

2.      La proporzione di spot pubblicitari e di spot di televendita in una determinata ora d’orologio non deve superare il 20%.

3.      Ai fini del presente articolo, non sono inclusi nella nozione di “pubblicità”:

–        gli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi e ai prodotti collaterali da questi direttamente derivati;

–        gli annunci di servizio pubblico e gli appelli a scopo di beneficenza trasmessi gratuitamente».

 Il diritto nazionale

8        La direttiva 89/552 è stata recepita nell’ordinamento giuridico spagnolo per mezzo della legge 12 luglio 1994, n. 25/1994 (BOE n. 166, del 13 luglio 1994, pag. 22342), come modificata dalle leggi 7 giugno 1999, n. 22/1999, 9 luglio 2001, n. 15/2001, e 28 ottobre 2002, n. 39/2002 (in prosieguo: la «legge n. 25/1994»).

9        L’amministrazione spagnola applica la normativa in materia di pubblicità conformemente ai criteri interpretativi delle trasmissioni pubblicitarie applicati dalla sottodirezione generale per i contenuti della società dell’informazione nell’ambito dei suoi servizi di ispezione e controllo (criterios interpretativos de emisiones publicitarias aplicados por la subdirección general de contenidos de la S. I. en sus servicios de inspección y control), del 17 dicembre 2001 (in prosieguo: «i criteri interpretativi»).

10      Alla pagina 5 dei criteri interpretativi, al titolo «Forme di presentazione della pubblicità televisiva», viene operata una distinzione tra gli «spot» e le «altre forme di pubblicità», distinzione che, secondo tali medesimi criteri, «ha conseguenze notevoli per quanto attiene ai limiti quantitativi per un determinato tempo di emissione».

11      Alle pagine 25 e seguenti dei criteri interpretativi, i limiti quantitativi orari applicabili alla pubblicità sono rammentati come segue:

«Limite orario

Per ogni ora d’orologio naturale del giorno, il tempo di emissione dedicato alla pubblicità in tutte le sue forme e agli spot di televendita non supera i 17 minuti.

Nel rispetto dei limiti summenzionati, il tempo dedicato agli spot pubblicitari e agli spot di televendita, ad eccezione dell’autopromozione, non supera i 12 minuti per lo stesso periodo».

12      I limiti giornalieri sono fissati come segue nei criteri interpretativi:

«Il tempo di emissione totale dedicato all’emissione di pubblicità in tutte le sue forme e alla televendita, ad eccezione dei programmi di televendita disciplinati dal n. 3 del presente articolo, non rappresenta più del 20% del tempo di emissione quotidiano.

Il tempo di emissione dedicato agli spot pubblicitari non rappresenta più del 15% del tempo di emissione quotidiano totale».

13      I criteri interpretativi precisano il livello dei limiti giornalieri nei termini seguenti:

«Pubblicità (in tutte le sue forme) e spot di televendita: 20% del tempo di emissione quotidiano.

Tale limite concerne la pubblicità in tutte le sue forme e tutte le forme di televendita ad eccezione dei programmi di televendita.

Spot pubblicitari: 15% del tempo di emissione quotidiano.

Tale limite non si applica alle altre forme di pubblicità né agli spot e ai programmi di televendita».

14      I criteri interpretativi definiscono gli spot pubblicitari nei termini seguenti:

«Spot: annuncio pubblicitario audiovisivo di breve durata (normalmente tra 10 e 30 secondi) indipendente dai programmi. Si tratta di una produzione di stock (su supporto permanente) suscettibile di replica».

15      I criteri interpretativi definiscono le «altre forme di pubblicità» come segue:

«Filmato pubblicitario: annuncio pubblicitario di durata superiore agli spot, generalmente argomentativo, informativo o descrittivo. Esso costituisce, parimenti, una produzione di stock suscettibile di replica, sebbene, in ragione delle sue specifiche caratteristiche di durata e di argomentazione, essa non venga, generalmente, replicata.

Telepromozioni: annunci pubblicitari associati a un programma che utilizzano la stessa scenografia, la stessa ambientazione, la stessa messa in scena e/o gli stessi costumi del programma cui sono associati. Si tratta di una “produzione di flusso” destinata a essere replicata non in maniera indipendente ma soltanto nell’ambito della replica del programma nel quale essa è stata prodotta. Dato che le telepromozioni di un medesimo prodotto nelle edizioni successive di un programma corrispondono a registrazioni diverse (quelle dei diversi episodi del programma), esse non sono mai identiche.

Una telepromozione può consistere in un messaggio esclusivamente verbale del presentatore, purché esso abbia uno scopo pubblicitario. (...)

Spot pubblicitari di sponsorizzazione: su richiesta di alcuni operatori televisivi, il precedente segretario generale responsabile per le comunicazioni ha deciso che un tipo particolare di spot – l’“euroclaqueta”, denominazione utilizzata da un operatore – in cui l’annuncio della sponsorizzazione di un programma e la pubblicità dello sponsor sono effettuati simultaneamente, rientra nelle altre forme di pubblicità, purché soddisfi le tre condizioni seguenti:

–        durata massima di 10 secondi;

–        emissione immediatamente precedente o successiva al programma in questione;

–        caratteristiche di realizzazione che si distinguono nettamente dalla realizzazione degli spot convenzionali. (...)

Microspazi pubblicitari: i microspazi contenenti annunci pubblicitari sono considerati “un’altra forma di pubblicità” quando la loro durata sia superiore a 60 secondi ed essi non consistano in un semplice raggruppamento di spot legati da una generica trama comune».

 Il procedimento precontenzioso e il procedimento dinanzi alla Corte

16      La Commissione incaricava l’Audimetrie, società di consulenza indipendente, di effettuare uno studio sulla programmazione di vari grandi canali televisivi spagnoli per un periodo di riferimento di due mesi nel corso del 2005. Avendo constatato che, a suo avviso, erano state commesse un certo numero di violazioni degli artt. 11 e 18 della direttiva 89/552, la Commissione inviava al Regno di Spagna una lettera, datata 26 gennaio 2007, nella quale invitava tale Stato membro a presentare le proprie osservazioni in merito ai risultati di tale studio.

17      In seguito a una riunione tenutasi il 13 marzo 2007 tra i servizi della Commissione e l’amministrazione spagnola, il Regno di Spagna trasmetteva ai servizi della Commissione una lettera della direzione generale per lo sviluppo della società dell’informazione del Ministero dell’Industria, del Turismo e del Commercio, contenente precisazioni sulla prassi seguita dalle autorità spagnole. Da tale risposta la Commissione deduceva che il Regno di Spagna era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3, n. 2, della direttiva 89/552. Di conseguenza, essa inviava al Regno di Spagna una lettera di diffida in data 11 luglio 2007, invitandolo a presentare osservazioni entro un termine di due mesi.

18      In tale lettera, la Commissione formulava tre addebiti, il primo dei quali vertente sul fatto che il Regno di Spagna era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti per aver limitato in senso restrittivo la nozione di «spot pubblicitari» di cui all’art. 18, n. 2, della direttiva 89/552, interpretando la nozione «di altre forme di pubblicità» in maniera talmente ampia da includervi alcuni tipi di pubblicità che, secondo la Commissione, rientrano nella categoria degli spot pubblicitari. Poiché la Commissione ha successivamente rinunciato alle altre censure, esse non risultano pertinenti per la presente causa.

19      Il Regno di Spagna replicava alla suddetta lettera di diffida con lettera in data 26 ottobre 2007, allegando una relazione del Ministero dell’Industria, del Turismo e del Commercio. Per quanto concerne la nozione di spot pubblicitari, il Regno di Spagna confermava la persistenza di divergenze sull’interpretazione della medesima.

20      L’8 maggio 2008, ritenendo che da tale risposta emergesse che il Regno di Spanga non aveva adottato le misure necessarie per garantire il rispetto degli obblighi previsti dall’art. 18, n. 2, della direttiva 89/552, la Commissione trasmetteva un parere motivato allo Stato membro medesimo, invitandolo a prendere le misure necessarie per conformarvisi nel termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

21      Non ritenendo soddisfacente la risposta fornita in proposito dal Regno di Spagna l’8 settembre 2008, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

22      Il Regno di Spagna, nonché il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, intervenuto a sostengo dello Stato membro convenuto, chiedono il rigetto del presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

23      Occorre rammentare che il ricorso della Commissione verte su quattro tipi di pubblicità trasmesse sui canali televisivi spagnoli, ossia i filmati pubblicitari, le telepromozioni, gli spot pubblicitari di sponsorizzazione e i micro-annunci pubblicitari. La Commissione ritiene che la trasmissione in Spagna di questi quattro tipi di pubblicità rientri nella nozione di spot pubblicitari. Per contro, il Regno di Spagna asserisce che essi fanno parte delle «altre forme di pubblicità», e che, in quanto tali, godono di una durata di emissione soggetta a limiti orari e giornalieri diversi.

24      La Commissione sostiene che dalla sentenza 12 dicembre 1996, cause riunite C‑320/94, C‑328/94, C‑329/94 e da C‑337/94 a C‑339/94, RTI e a. (Racc. pag. I‑6471), è possibile dedurre l’esistenza di una presunzione secondo la quale, in linea di massima, qualsiasi forma di pubblicità trasmessa tra un programma e l’altro o durante le interruzioni costituisce uno «spot pubblicitario» ai sensi della direttiva 89/552 ed è, di conseguenza, soggetta al limite orario previsto dall’art. 18, n. 2, di tale direttiva. Soltanto la durata nettamente superiore di alcuni tipi di pubblicità, richiesta dalle loro modalità di presentazione, giustificherebbe in via eccezionale la loro esclusione dall’applicazione di detto limite.

25      La Commissione ritiene, quindi, che i quattro tipi di pubblicità in questione non abbiano, generalmente, una durata nettamente superiore a quella degli spot pubblicitari convenzionali. Essa aggiunge che, quando tale circostanza non ricorre, ciò non è affatto giustificato dalle modalità intrinseche di presentazione di tali tipi di pubblicità, visto che tali modalità sarebbero simili, se non identiche, a quelle degli spot pubblicitari convenzionali.

26      Alla luce di tali considerazioni, la Commissione sostiene che i quattro tipi di pubblicità in questione rientrano nella nozione di spot pubblicitari. Più in particolare, per quanto riguarda i filmati pubblicitari, dallo studio della società Audimetrie emergerebbe che essi sono trasmessi tra un programma e l’altro o durante le interruzioni, con frequenza di diffusione identica a quella degli spot. I filmati pubblicitari sarebbero d’altronde simili a taluni spot pubblicitari per quanto concerne la loro durata e il loro impatto suggestivo.

27      Per quanto attiene alle telepromozioni, la Commissione specifica che il suo ricorso riguarda solamente gli spot di telepromozione. Questi ultimi hanno una durata breve, di circa un minuto, che non può essere ritenuta come notevolmente superiore a quella degli spot pubblicitari convenzionali. Inoltre, gli spot di telepromozione si presenterebbero come «messaggi di stock» che, sebbene associabili a un programma particolare a causa della presenza di taluni attori e di elementi visivi particolari, sarebbero totalmente autonomi rispetto a tali programmi. Inoltre, sarebbero trasmessi su schermi pubblicitari e, al pari degli spot convenzionali, sarebbero concepiti per essere replicati, come in effetti avverrebbe molto frequentemente.

28      Quanto agli spot pubblicitari di sponsorizzazione, la Commissione basa il proprio ricorso sulla loro definizione contenuta nei criteri interpretativi, secondo la quale si tratta di un tipo particolare di spot, ossia l’«euroclaqueta», in cui l’annuncio della sponsorizzazione di un programma e la pubblicità dello sponsor sono effettuati simultaneamente, il che avrebbe l’effetto di incitare il pubblico ad acquistare prodotti o servizi dello sponsor. Orbene, la Commissione rammenta che, secondo l’art. 17 della direttiva 89/552, la qualificazione come «sponsorizzazione» è subordinata alla condizione che il messaggio non contenga nessun incitamento all’acquisto dei prodotti o dei servizi proposti dallo sponsor.

29      Per quanto riguarda i microspazi pubblicitari, la Commissione si fonda altresì sulla definizione di questi ultimi contenuta nei criteri interpretativi, secondo la quale i microspazi pubblicitari contenenti messaggi pubblicitari sono considerati come un’«altra forma di pubblicità» quando la loro durata sia superiore a 60 secondi e quando non consistano in un semplice raggruppamento di spot legati da una generica trama comune. Orbene, la Commissione sostiene che le modalità di presentazione e le caratteristiche di tali microspazi non richiedono affatto una durata superiore a quella degli spot convenzionali.

30      Di conseguenza, secondo l’Istituzione, l’inadempimento contestato al Regno di Spagna sussiste, poiché, dato che i quattro tipi di pubblicità in questione sono stati considerati come altre forme di pubblicità e non come spot pubblicitari, essi sono stati trasmessi sui canali televisivi spagnoli fino a 17 minuti per ora, ossia per una durata che, secondo la Commissione, supera del 50% il limite massimo di 12 minuti per ora d’orologio previsto dall’art. 18, n. 2, della direttiva 89/552.

31      Il Regno di Spagna afferma che l’art. 18 della direttiva 89/552 non definisce né la nozione di spot pubblicitari né quella di altre forme di pubblicità. Si tratterebbe di nozioni generiche e aperte che non ammetterebbero un numerus clausus e che rientrerebbero nella nozione più generale di «pubblicità televisiva». In particolare, le «altre forme di pubblicità» comprenderebbero diversi tipi di creazioni pubblicitarie che, vuoi per la loro durata e le loro caratteristiche particolari di realizzazione o di emissione, vuoi per la loro finalità o il loro collegamento a programmi determinati o ad attività dell’operatore televisivo, non sarebbero considerati come rientranti nella nozione tradizionale di spot pubblicitari.

32      Secondo detto Stato membro, la definizione della pubblicità televisiva fornita dalla direttiva 89/552 è una nozione generale molto ampia, comprendente una serie di annunci pubblicitari che raggruppa non soltanto gli spot pubblicitari o di televendita, ma anche altri tipi di annunci quali le telepromozioni, i filmati pubblicitari, le sovraimpressioni, gli annunci di sponsorizzazione, i micro-annunci assimilati a filmati pubblicitari, gli spot di autopromozione, la pubblicità virtuale e gli annunci del servizio pubblico, tipi di annunci che possono essere oggetto di un trattamento differenziato per quanto concerne il volume di emissione, le interruzioni di programmi e la trasmissione isolata o congiunta, il tutto in funzione degli obiettivi da raggiungere.

33      In effetti, l’interpretazione da fornire alle nozioni di spot pubblicitari e di altre forme di pubblicità, secondo il Regno di Spagna, deve essere ricercata in funzione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva 89/552. Tale obiettivo consisterebbe nel ricercare un equilibrio tra, da un lato, le esigenze di finanziamento degli operatori televisivi, il loro diritto alla libertà d’impresa e il rispetto della loro autonomia editoriale e, dall’altro, la protezione degli interessi dei consumatori, in quanto telespettatori, contro una pubblicità eccessiva. Per queste ragioni, la legge 25/1994 non solo avrebbe fissato un limite orario di 12 minuti per gli spot pubblicitari e di televendita, ma avrebbe altresì previsto un limite supplementare di 17 minuti per la trasmissione di qualsiasi forma di pubblicità calcolabile, ivi compresi gli annunci di autopromozione dei prodotti dell’operatore, senza che sia possibile cumulare questi due limiti nel corso di una stessa ora, dato che detta legge rispetta sempre il limite fissato a 12 minuti per gli spot pubblicitari e di televendita.

34      Il Regno di Spagna sostiene che i quattro tipi di pubblicità di cui trattasi non rientrano nella nozione di spot pubblicitari, in considerazione non solo della loro durata standard, bensì parimenti della loro minore aggressività commerciale, della loro ridotta capacità di suggestione nei confronti del consumatore, nonché della circostanza che essi comportano, per i telespettatori, una minore perturbazione nel godimento dei programmi.

35      Il Regno Unito asserisce che il ricorso della Commissione è fondato su un’interpretazione della nozione di spot pubblicitari che non rispetta le differenze fondamentali stabilite dalla direttiva 89/552 tra, da un lato, gli spot pubblicitari e, dall’altro, altre forme di pubblicità, ossia, in particolare, la sponsorizzazione e gli annunci dell’emittente relativi ai propri programmi, di cui all’art. 18, n. 3.

36      A parere del Regno Unito, la sponsorizzazione, laddove soddisfi i requisiti enunciati all’art. 17 della direttiva 89/552, non è soggetta ai limiti di cui all’art. 18 della direttiva medesima. L’approccio della Commissione, secondo cui gli spot pubblicitari di sponsorizzazione costituiscono spot pubblicitari, sarebbe dunque errato. Se uno spot pubblicitario di sponsorizzazione soddisfa i requisiti menzionati all’art. 17 della richiamata direttiva, il fatto che possa promuovere taluni prodotti o servizi proposti da uno sponsor non significherebbe che esso rappresenti uno spot pubblicitario.

37      Quanto ai messaggi trasmessi dall’emittente relativi ai propri programmi, il Regno Unito rileva che la Commissione non rispetta l’eccezione prevista dall’art. 18, n. 3, della direttiva 89/552 per quanto concerne detti messaggi. L’approccio della Commissione produrrebbe la conseguenza di far ricadere i messaggi dell’emittente nella nozione di spot pubblicitari per il solo fatto che essi costituiscono una promozione dei servizi forniti dall’emittente. Secondo il Regno Unito, tale approccio è erroneo, poiché priva di qualsiasi effetto l’esclusione prevista da detto art. 18, n. 3.

 Giudizio della Corte

38      Con il suo ricorso, la Commissione contesta al Regno di Spagna la violazione dell’art. 3, n. 2, della direttiva 89/552, per aver tollerato infrazioni reiterate delle regole enunciate all’art. 18, n. 2, di detta direttiva, che prevedono un limite orario del tempo di trasmissione per quanto riguarda, segnatamente, gli spot pubblicitari. In particolare, le autorità spagnole interpreterebbero in maniera errata ed eccessivamente restrittiva la nozione di «spot pubblicitari» prevista da detto art. 18, cosicché alcuni tipi di pubblicità televisiva trasmessi in Spagna, ossia i filmati pubblicitari, le telepromozioni, gli spot pubblicitari di sponsorizzazione e i micro-annunci pubblicitari sarebbero esclusi da tale nozione ed eluderebbero detto limite orario.

39      Di conseguenza, la questione sostanziale che occorre risolvere nella specie consiste nello stabilire se i quattro tipi di pubblicità in questione debbano essere qualificati come spot pubblicitari, come sostiene la Commissione, ovvero se costituiscano altre forme di pubblicità, come afferma il Regno di Spagna.

40      A tale proposito, è necessario esaminare il contenuto della nozione di «spot pubblicitari» riportata all’art. 18, nn. 1 e 2, della direttiva 89/552.

41      Si deve necessariamente rilevare che tale nozione non è definita dalla direttiva 89/552, che neppure richiama, a tale proposito, il diritto degli Stati membri.

42      Ciò premesso, occorre rammentare che dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di tale diritto che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione europea, di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze 18 ottobre 2007, causa C‑195/06, Österreichischer Rundfunk, Racc. pag. I‑8817, punto 24 e giurisprudenza ivi citata, nonché 20 ottobre 2011, causa C‑396/09, Interedil, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 42).

43      La portata che il legislatore dell’Unione ha inteso conferire alla nozione di «spot pubblicitari» ai sensi dell’art. 18, nn. 1 e 2, della direttiva 89/552 deve pertanto essere valutata con riferimento al contesto di tale disposizione e all’obiettivo perseguito dalla normativa in questione (v., per analogia, sentenza Österreichischer Rundfunk, cit., punto 25).

44      Orbene, dal ventisettesimo ‘considerando’ della direttiva 89/552, nonché dall’art. 18, nn. 1 e 2, di quest’ultima, risulta che tale articolo mira ad instaurare una tutela equilibrata degli interessi finanziari delle emittenti televisive e degli inserzionisti, da un lato, e degli interessi degli aventi diritto, ossia gli autori e i realizzatori, e della categoria di consumatori rappresentata dai telespettatori, dall’altro (v., per analogia, sentenza 23 ottobre 2003, causa C‑245/01, RTL Television, Racc. pag. I‑12489, punto 62).

45      A tale ultimo proposito, la Corte ha già avuto modo di sottolineare che la tutela della categoria di consumatori rappresentata dai telespettatori contro la pubblicità eccessiva costituisce un aspetto essenziale dell’obiettivo di detta direttiva (sentenza Österreichischer Rundfunk, cit., punto 27).

46      È proprio in considerazione di tale obiettivo che, come emerge dal ventisettesimo ‘considerando’ stesso, il legislatore dell’Unione ha voluto garantire un’integrale ed adeguata protezione degli interessi della categoria di consumatori costituita dai telespettatori, assoggettando le diverse forme di promozione, quali la pubblicità televisiva, la televendita e la sponsorizzazione, ad un certo numero di norme minime e di criteri (v., in tal senso, sentenza Österreichischer Rundfunk, cit., punto 26).

47      In particolare, la direttiva 89/552 non ha soltanto introdotto limiti al tempo di diffusione della pubblicità televisiva, come definita all’art. 1, lett. c), della medesima,ma ha anche operato, come risulta dal successivo art. 18, n. 2, una distinzione tra limiti giornalieri e limiti orari. Orbene, tale distinzione tiene conto del fatto che questi ultimi, contrariamente ai limiti giornalieri, incidono direttamente sulle ore di grande ascolto, ossia le ore in cui il bisogno di protezione dei telespettatori presenta un’importanza maggiore.

48      Vero è che, come rammenta il Regno di Spagna, nella sentenza 28 ottobre 1999, causa C‑6/98, ARD (Racc. pag. I‑7599, punti 29 e 30), la Corte ha dichiarato che le disposizioni della direttiva 89/552 che impongono una restrizione alla libera diffusione delle trasmissioni televisive, allorché non sono redatte in termini chiari e non equivoci, devono essere interpretate in maniera restrittiva.

49      Tuttavia, resta il fatto che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 75 delle       conclusioni, la nozione di «spot pubblicitari» che risulta dall’art. 18 della direttiva 89/552 dev’essere interpretata tenendo conto dell’obiettivo di quest’ultima, che si prefigge di conciliare l’esercizio della libertà di trasmettere messaggi di pubblicità televisiva con l’esigenza della protezione dei telespettatori contro una diffusione eccessiva della pubblicità.

50      A tale proposito, la Corte ha altresì precisato, come giustamente rilevato dalla Commissione, che gli spot pubblicitari costituiscono forme di promozione dalla durata solitamente assai breve, di forte impatto suggestivo, che sono presentati generalmente a gruppi secondo intervalli variabili all’interno di un programma o tra un programma e l’altro e vengono realizzati dalle stesse imprese fornitrici dei prodotti o dei servizi o da loro agenti pubblicitari, piuttosto che dalle stesse emittenti (sentenza RTI e a., cit., punto 31).

51      Nella citata sentenza RTI e a., nel contesto della delimitazione della nozione di spot pubblicitari rispetto a quella di forme di pubblicità quali le «offerte fatte direttamente al pubblico» prevista dalla direttiva 89/552 nella sua versione originaria, la Corte ha dichiarato che, in sostanza, la giustificazione di un’elevazione, in via eccezionale, del limite massimo di affollamento relativamente a tali offerte riguardava il fatto che la loro durata, per via delle loro modalità di presentazione, era superiore e che l’applicazione dei limiti di tempo di trasmissione previsti per gli spot pubblicitari portava a svantaggiare dette offerte rispetto a tali spot. Essa ha d’altronde sottolineato che tali criteri potevano essere utilizzati anche per altre forme di promozioni (v., in tal senso, sentenza RTI e a., cit., punti 32, 34 e 37).

52      Ne consegue che qualsiasi tipo di pubblicità televisiva trasmessa tra un programma e l’altro o durante le interruzioni costituisce, in linea di massima, uno «spot pubblicitario» ai sensi della direttiva 89/552, a meno che il tipo di pubblicità di cui trattasi rientri in un’altra forma di pubblicità espressamente disciplinata da detta direttiva, come nel caso, segnatamente, della «televendita», ovvero richieda, per via delle sue modalità di presentazione, una durata superiore a quella degli spot pubblicitari, a condizione che un’applicazione dei limiti previsti per detti spot finisca per svantaggiare la forma di pubblicità in questione rispetto agli spot pubblicitari senza una valida giustificazione.

53      Di conseguenza, anche se un determinato tipo di pubblicità ha intrinsecamente, ossia per via delle sue modalità di presentazione, una durata leggermente superiore rispetto alla normale durata degli spot pubblicitari, tale fatto di per sé non può essere sufficiente per qualificarlo come «altra forma di pubblicità» ai sensi dell’art. 18, n. 1, della direttiva 89/552.

54      Orbene, dagli atti, segnatamente dalla relazione dell’Audimetrie citata supra al punto 16, la cui esattezza in fatto non è stata validamente contestata dal Regno di Spagna, emerge che ognuno dei quattro tipi di pubblicità di cui trattasi nella fattispecie ha generalmente una durata non superiore a due minuti.

55      Dalle suesposte considerazioni discende che tali tipi di pubblicità rientrano nella nozione di spot pubblicitari e sono pertanto soggetti ai limiti di tempo di trasmissione previsti dall’art. 18, n. 2, della direttiva 89/552.

56      Alla luce di tutte le considerazioni esposte supra, si deve dichiarare che, consentendo che taluni tipi di pubblicità, quali i filmati pubblicitari, gli spot di telepromozione, gli spot pubblicitari di sponsorizzazione e i micro-annunci pubblicitari siano trasmessi sui canali televisivi spagnoli per una durata superiore al limite massimo del 20% del tempo di trasmissione per ora d’orologio previsto dall’art. 18, n. 2, della direttiva 89/552, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3, n. 2, della direttiva medesima.

 Sulle spese

57      A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna del Regno di Spagna, che è rimasto soccombente, quest’ultimo dev’essere condannato alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Consentendo che taluni tipi di pubblicità quali i filmati pubblicitari, gli spot di telepromozione, gli spot pubblicitari di sponsorizzazione e i micro-annunci pubblicitari siano trasmessi sui canali televisivi spagnoli per una durata superiore al limite massimo del 20% del tempo di trasmissione per ora d’orologio previsto dall’art. 18, n. 2, della direttiva del Consiglio 3 ottobre 1989, 89/552/CEE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 giugno 1997, 97/36/CE, il Regno di Spagna è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’art. 3, n. 2, della direttiva medesima.

2)      Il Regno di Spagna è condannato alle spese.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.

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