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Documento 62009CJ0212
Judgment of the Court (First Chamber) of 10 November 2011.#European Commission v Portuguese Republic.#Failure of a Member State to fulfil obligations - Articles 43 EC and 56 EC - Free movement of capital - Golden shares held by the Portuguese State in GALP Energia SGPS SA - Participation in the management of a privatised company.#Case C-212/09.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 10 novembre 2011.
Commissione europea contro Repubblica portoghese.
Inadempimento di uno Stato - Artt. 43 CE e 56 CE - Libera circolazione dei capitali - Azioni privilegiate ("golden shares") detenute dallo Stato portoghese nella GALP Energia SGPS SA - Intervento nella gestione di una società privatizzata.
Causa C-212/09.
Sentenza della Corte (Prima Sezione) del 10 novembre 2011.
Commissione europea contro Repubblica portoghese.
Inadempimento di uno Stato - Artt. 43 CE e 56 CE - Libera circolazione dei capitali - Azioni privilegiate ("golden shares") detenute dallo Stato portoghese nella GALP Energia SGPS SA - Intervento nella gestione di una società privatizzata.
Causa C-212/09.
Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2011:717
Causa C‑212/09
Commissione europea
contro
Repubblica portoghese
«Inadempimento di uno Stato — Artt. 43 CE e 56 CE — Libera circolazione dei capitali — Azioni privilegiate (“golden shares”) detenute dallo Stato portoghese nella GALP Energia SGPS SA — Intervento nella gestione di una società privatizzata»
Massime della sentenza
Libera circolazione dei capitali — Restrizioni — Diritto delle società — Normativa nazionale che istituisce a favore dello Stato diritti speciali nella gestione di un’impresa privatizzata
(Artt. 56, n. 1, CE, 58 CE e 86, n. 2, CE)
Viene meno agli obblighi che ad esso incombono ai sensi dell’art. 56 CE uno Stato membro che mantiene in una società per azioni diritti speciali previsti a favore di detto Stato e di altri organismi pubblici, attribuiti in connessione con azioni privilegiate («golden shares») detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società, attinenti, segnatamente, all’elezione del presidente del consiglio di amministrazione e conferenti a questi un diritto di veto sulla nomina di un numero di amministratori non superiore a un terzo del totale, nonché per le risoluzioni di modifica dello statuto della società, quelle intese ad autorizzare la conclusione di contratti di gruppo in rapporto di parità o di subordinazione e quelle suscettibili, in qualsiasi modo, di compromettere l’approvvigionamento del paese di petrolio, gas o prodotti derivati.
Il diritto di veto, infatti, in quanto conferisce a tale Stato un’influenza sulla gestione e sul controllo della società non giustificata dall’ampiezza della partecipazione da esso detenuta in detta società, è idoneo a scoraggiare gli operatori di altri Stati membri dall’effettuare investimenti diretti nel capitale sociale di quest’ultima, dato che non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo di tale società in proporzione al valore delle loro partecipazioni. Allo stesso modo, il diritto di veto in esame può avere un effetto dissuasivo sugli investimenti di portafoglio nella società, atteso che un eventuale rifiuto dello Stato membro di approvare una decisione importante, indicata dagli organi di tale società come rispondente all’interesse della stessa, può avere, effettivamente, un’influenza sul valore delle azioni di tale società e, quindi, sull’appetibilità di un investimento in siffatte azioni.
Per quanto riguarda il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione, esso configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali, dal momento che un simile specifico diritto costituisce una deroga rispetto al diritto societario comune, previsto da una misura legislativa nazionale ad esclusivo beneficio degli operatori pubblici. Sebbene sia vero che tale possibilità può essere attribuita dalla legge quale diritto di una minoranza qualificata, essa, in tal caso, deve essere accessibile a tutti gli azionisti e non deve essere riservata esclusivamente allo Stato. Difatti, limitando la possibilità degli azionisti diversi dallo Stato di partecipare al capitale sociale della società allo scopo di creare o di mantenere legami economici durevoli e diretti con la società stessa tali da consentire una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, il diritto di nominare un amministratore è idoneo a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dall’investire nel capitale di tale società.
Per quanto riguarda le deroghe consentite dall’art. 58 CE, certamente la necessità di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico dello Stato membro interessato in caso di crisi, di guerra o di terrorismo può costituire un motivo di pubblica sicurezza e giustificare, eventualmente, un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Tuttavia, le esigenze di pubblica sicurezza, in particolare in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ogni Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’Unione. Pertanto, la pubblica sicurezza può essere invocata solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività. Ove uno Stato membro si limiti a far valere il motivo attinente alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, senza precisare le ragioni esatte per cui ritiene che ciascuno dei diritti speciali controversi o l’insieme degli stessi consenta di evitare un simile pregiudizio a un interesse fondamentale quale l’approvvigionamento energetico, non si può accogliere la giustificazione fondata sulla pubblica sicurezza.
Peraltro, quanto alla proporzionalità della restrizione in oggetto, l’incertezza derivante dal fatto che l’esercizio dei diritti speciali che la detenzione di azioni privilegiate nel capitale sociale della società conferisce allo Stato non è assoggettato ad alcuna condizione o circostanza specifica ed oggettiva costituisce un grave pregiudizio alla libertà di circolazione dei capitali in quanto conferisce alle autorità nazionali, per quanto attiene alla facoltà di ricorrere a siffatti diritti, un margine di discrezionalità talmente ampio da non potersi ritenere proporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti.
Infine, l’art. 86, n. 2, CE non è applicabile alle summenzionate disposizioni nazionali e non può, pertanto, essere fatto valere quale giustificazione di tali disposizioni, in quanto queste configurano restrizioni alla libera circolazione dei capitali sancita dal Trattato. Infatti, l’art. 86, n. 2, CE, in combinato disposto con il n. 1 dello stesso articolo, consente di giustificare la concessione, da parte di uno Stato membro, ad un’impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale, di diritti speciali o esclusivi contrari alle disposizioni del Trattato, qualora l’adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purché lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione. Tuttavia, ciò non è oggetto di una normativa nazionale che attribuisce ad uno Stato membro diritti speciali in una società per azioni, in connessione con azioni privilegiate detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società.
(v. punti 57-60, 82-83, 85, 88, 90-92, 95, 97 e dispositivo)
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
10 novembre 2011 (*)
«Inadempimento di uno Stato – Artt. 43 CE e 56 CE – Libera circolazione dei capitali – Azioni privilegiate (“golden shares”) detenute dallo Stato portoghese nella GALP Energia SGPS SA – Intervento nella gestione di una società privatizzata»
Nella causa C‑212/09,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto l’11 giugno 2009,
Commissione europea, rappresentata dal sig. G. Braun, dalla sig.ra M. Teles Romão e dal sig. P. Guerra e Andrade, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica portoghese, rappresentata dal sig. L. Inez Fernandes, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti C. Botelho Moniz, M. Rosado da Fonseca e P. Gouveia e Melo, advogados,
convenuta,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. Safjan, presidente della Quinta Sezione, facente funzione di presidente della Prima Sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, E. Levits, J.-J. Kasel e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,
avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón
cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 gennaio 2011,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, mantenendo nell’ambito della GALP Energia SGPS SA (in prosieguo: la «GALP)» taluni diritti speciali dello Stato portoghese e di altri enti pubblici o del settore pubblico portoghese, attribuiti in relazione ad azioni privilegiate («golden shares») detenute da detto Stato, la Repubblica portoghese è venuta meno agli obblighi che ad essa incombono ai sensi degli artt. 43 CE e 56 CE.
Contesto normativo
La normativa nazionale
2 L’art. 15, n. 1, della legge 5 aprile 1990, n. 11, recante la legge quadro relativa alle privatizzazioni (Lei n. 11/90, Lei Quadro das Privatizações; Diário da República I, serie A, n. 80, del 5 aprile 1990; in prosieguo: la «LQP»), dispone quanto segue:
«In via eccezionale, e qualora motivi di interesse nazionale lo impongano, per salvaguardare l’interesse generale l’atto recante adozione dello statuto dell’impresa da privatizzare può prevedere che le delibere sociali relative a determinate materie debbano essere ratificate da un amministratore nominato dallo Stato».
3 L’art. 15, n. 3, della LQP prevede la possibilità di creare azioni privilegiate nei seguenti termini:
«In via eccezionale, l’atto [di approvazione dello statuto dell’impresa da privatizzare o da trasformare in società per azioni], di cui all’art. 4, n. 1, può altresì prevedere, ove motivi di interesse nazionale lo impongano, l’esistenza di azioni privilegiate destinate a restare di proprietà dello Stato e che, indipendentemente dal loro numero, attribuiscano ad esso un diritto di veto sulle modifiche statutarie e su altre delibere afferenti ad un determinato settore, debitamente specificato nello statuto».
4 In applicazione dell’art. 15 della LQP, il decreto legge 7 luglio 1999, n. 261-A/99, recante approvazione della prima fase del processo di privatizzazione del capitale sociale della GALP – Petróleos e Gás de Portogallo, SGPS SA (Decreto-Lei n. 261-A/99 aprova a 1.ª fase do processo de privatização do capital social da GALP – Petróleos e Gás de Portogallo, SGPS, SA, Diário da República I, serie A, n. 156, del 7 luglio 1999; in prosieguo: il «decreto legge n. 261-A/99»), prevede, al suo art. 4, n. 1, la possibilità di «creare azioni privilegiate mediante conversione di azioni ordinarie».
5 Ai sensi dell’art. 4, n. 2, di detto decreto legge, le azioni privilegiate non possono rappresentare più del 10% del capitale sociale della GALP prima dell’aumento di capitale e devono essere detenute in maggioranza da organismi pubblici.
6 Conformemente all’art. 4, n. 3, del medesimo decreto legge, le azioni privilegiate conferiscono un diritto di veto sulla nomina di un numero di amministratori non superiore a un terzo del totale. Esse conferiscono il medesimo diritto con riguardo alle risoluzioni di modifica dello statuto della società, a quelle intese ad autorizzare la conclusione di contratti di gruppo in rapporto di parità o di subordinazione e a quelle suscettibili, in qualsiasi modo, di compromettere l’approvvigionamento del paese di petrolio, gas o prodotti derivati.
7 L’art. 391, n. 2, del codice delle società commerciali (in prosieguo: il «CSC») prevede quanto segue:
«Il patto societario può disporre che l’elezione degli amministratori debba essere approvata con un numero di voti corrispondente a una frazione determinata del capitale o che l’elezione di taluni di essi, il cui numero non può essere superiore a un terzo del totale, debba parimenti essere approvata con la maggioranza dei voti conferiti da determinate azioni, ma il diritto di nominare gli amministratori non può essere attribuito a talune categorie di azioni».
Lo statuto della GALP
8 Il decreto legge 22 aprile 1999, n. 137-A/99 (Diário da República I, serie A, n. 94, del 22 aprile 1999), con il quale è stata istituita la GALP, prevede, in allegato, il testo dello statuto di detta società.
9 A termini dell’art. 4, n. 1, dello statuto della GALP, il capitale sociale di detta società è composto da 40 milioni di azioni di categoria A e da circa 789 milioni di azioni di categoria B.
10 L’art. 4, n. 3, dello statuto della GALP prevede che le azioni di categoria A siano dotate di taluni privilegi:
«a) l’elezione del presidente del consiglio di amministrazione deve essere approvata con la maggioranza dei voti connessi alle azioni di categoria A;
b) tutte le delibere che autorizzano la conclusione di contratti di gruppo in rapporto di parità o subordinazione, nonché quelle tali da compromettere, in qualsivoglia modo, l’approvvigionamento del paese in petrolio, gas, elettricità o prodotti derivati, per essere approvate, devono avere la maggioranza dei voti connessi alle azioni di categoria A.
(...)».
11 Inoltre, ai sensi dell’art. 18, n. 1, lett. b), dello statuto della GALP, devono essere approvate con la maggioranza qualificata dei due terzi degli amministratori, ivi incluso, necessariamente, il voto favorevole del presidente del consiglio di amministrazione, le delibere del consiglio di amministrazione della GALP in talune materie, tra le quali i disinvestimenti strategici, le acquisizioni di partecipazioni in settori non compresi tra le attività principali della società, la scelta di partner strategici, l’adozione e la modifica delle linee strategiche, del piano strategico e dei relativi ambiti di attività, la definizione della struttura di gestione e organizzativa di base, la definizione del margine di autonomia di gestione delle società controllate dalla GALP, le operazioni di scissione, di fusione o di scioglimento di società controllate dalla GALP e la distribuzione di dividendi da parte delle società controllate dalla GALP.
Il patto di azionariato della GALP
12 Il 4 ottobre 2006 è stato concluso un patto di azionariato tra diversi azionisti della GALP, vale a dire la Amorim Energia, l’ENI e la Caixa Geral de Depósitos SA (in prosieguo: la «CGD»), che è una banca di Stato. Tale patto è stato poi oggetto di vari adattamenti.
13 In forza di tale patto, in particolare, la CGD designa un amministratore che è obbligatoriamente il presidente del consiglio di amministrazione.
Fatti e fase precontenziosa del procedimento
14 Dal 1999 il settore energetico portoghese, segnatamente quello del petrolio e del gas naturale, è stato oggetto di un ampio processo di ristrutturazione sfociato, con l’adozione del decreto legge 22 aprile 1999, n. 137-A/99, nella costituzione della GALP, una società a capitale pubblico che raggruppa le partecipazioni dirette detenute dallo Stato in talune società pubbliche.
15 Il processo di privatizzazione della GALP ha avuto inizio con la sua istituzione e si è svolto in cinque fasi successive, nel contesto del regime fissato dalla LQP. Lo Stato detiene attualmente l’8% del capitale sociale della GALP, di cui il 7% attraverso la Parpública e l’1% attraverso la CGD.
16 Dagli atti di causa risulta che la GALP costituisce, attualmente, il principale gruppo integrato di prodotti petroliferi e di gas naturale in Portogallo.
17 Il 18 ottobre 2006 la Commissione ha inviato alla Repubblica portoghese una lettera di diffida con cui le addebitava di aver violato gli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 43 CE e 56 CE a causa della creazione, nel contesto della privatizzazione della GALP, di azioni privilegiate detenute da parte dello Stato portoghese che conferiscono diritti speciali, segnatamente il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione di tale società e il diritto di veto rispetto a talune decisioni importanti di tale società.
18 Ritenendo insufficiente la risposta fornita il 18 dicembre 2006 dalla Repubblica portoghese, il 29 giugno 2007 la Commissione ha emanato un parere motivato in cui reiterava i termini della suddetta lettera di diffida e invitava detto Stato membro a conformarsi a tale parere entro il termine di due mesi dalla sua ricezione.
19 Le autorità portoghesi hanno risposto a detto parere motivato con lettera datata 30 ottobre 2007. Non ritenendo soddisfacente tale risposta, la Commissione ha deciso di presentare il ricorso in esame.
Sulla ricevibilità del ricorso
Argomenti delle parti
20 Nelle sue osservazioni, la Repubblica portoghese contesta la ricevibilità del ricorso, sostenendo che esso è parzialmente irricevibile in quanto la Commissione ha introdotto nel suo ricorso nuove allegazioni che non erano contenute nel parere motivato, estendendo, pertanto, l’oggetto della controversia quale definito nella fase precontenziosa del procedimento.
21 La Repubblica portoghese si riferisce, al riguardo, da una parte, al diritto dello Stato di far sottoporre le decisioni del consiglio di amministrazione relative alla gestione della GALP all’approvazione del presidente del medesimo consiglio, nominato dallo Stato stesso, e al diritto di tale presidente di opporre il proprio veto a talune delibere del consiglio di amministrazione indicate all’art. 18, n. 1, lett. b), dello statuto della GALP, che devono essere approvate con la maggioranza qualificata dei due terzi degli amministratori. D’altra parte, essa fa valere che la Commissione le censura il mancato rispetto del principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, sancito dall’art. 12 CE, ove essa avrebbe agito in modo discriminatorio nel contesto delle diverse fasi di privatizzazione della GALP e della negoziazione del patto di azionariato concluso nel 2006.
22 Secondo tale Stato membro, quanto ai motivi nuovi rispetto a quelli contenuti nel parere motivato, tali motivi devono essere dichiarati irricevibili.
23 La Commissione respinge tali affermazioni nel loro complesso sostenendo che il ricorso in oggetto riguarda il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP e il diritto di veto sulle modifiche del patto societario e di altre decisioni relative a determinate materie definite nello statuto. Tali poteri speciali discendono dalla normativa portoghese, vale a dire dalla LQP, segnatamente dai suoi artt. 3 e 15, nonché dal decreto legge n. 261-A/99, segnatamente dal suo art. 4, n. 3.
24 Gli argomenti nuovi dedotti nel ricorso e considerati irricevibili dalla Repubblica portoghese sarebbero, da un lato, chiarimenti relativi alla competenza dell’amministratore designato dallo Stato, pertinenti per qualificare la situazione costituita da detta designazione quale provvedimento adottato dallo Stato e non derivante da una normale applicazione del diritto delle società. Dall’altro, secondo la Commissione, risulta chiaramente dal ricorso che, nel descrivere semplicemente una manovra della Repubblica portoghese, essa non ha richiamato l’art. 12 CE, ma ha censurato la creazione di diritti speciali dello Stato per mezzo di disposizioni generali indistintamente applicabili e l’applicazione di queste ultime in modo discriminatorio mediante strumenti di diritto privato. Inoltre, la Commissione ha chiarito nella sua replica di non voler più insistere su tale approccio che intendeva ricollocare l’oggetto del procedimento nel suo contesto.
25 Pertanto, secondo tale istituzione, dette considerazioni non costituiscono motivi nuovi rispetto a quelli contenuti nel parere motivato.
Giudizio della Corte
26 Si deve anzitutto ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’oggetto di un ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 258 TFUE, è fissato dal parere motivato della Commissione, cosicché il ricorso deve fondarsi sui medesimi motivi e mezzi di tale parere (v. sentenze 8 dicembre 2005, causa C‑33/04, Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I‑10629, punto 36; 9 novembre 2006, causa C‑236/05, Commissione/Regno Unito, Racc. pag. I‑10819, punto 10, e 8 luglio 2010, causa C‑171/08, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑6817, punto 25).
27 Tuttavia, tale esigenza non può giungere fino al punto di imporre in ogni caso una perfetta coincidenza tra l’esposizione degli addebiti nel dispositivo del parere motivato e le conclusioni del ricorso, purché l’oggetto della controversia, come definito nel parere motivato, non sia stato ampliato o modificato (v. sentenze 14 luglio 2005, causa C‑433/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6985, punto 28; Commissione/Regno Unito, cit., punto 11; Commissione/Portogallo, cit., punto 26, e 18 novembre 2010, causa C‑458/08, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑11559, punto 44).
28 Orbene, si deve constatare che, nella fattispecie, la Commissione non ha né ampliato né modificato l’oggetto della controversia quale definito nel parere motivato.
29 Al riguardo è sufficiente rilevare che la Commissione, tanto nel dispositivo del parere motivato quanto nelle conclusioni dell’atto introduttivo del ricorso, ha indicato chiaramente che essa addebitava alla Repubblica portoghese la detenzione, da parte dello Stato portoghese e di altri azionisti pubblici, di azioni privilegiate che conferiscono diritti speciali nel capitale sociale della GALP, ossia il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione che ha il potere di confermare le delibere degli organi sociali in materia di gestione e il diritto di veto rispetto alle decisioni importanti di detta società. La Commissione, facendo inoltre valere gli obblighi degli Stati membri derivanti dagli artt. 43 CE e 56 CE, ai quali la Repubblica portoghese non si sarebbe conformata, ha dunque definito l’oggetto della controversia in termini sufficientemente precisi.
30 È pur vero che solo nel ricorso la Commissione, da una parte, ha contestato alla Repubblica portoghese di aver agito in modo discriminatorio nel contesto delle diverse fasi della privatizzazione della GALP e della negoziazione del patto di azionariato e, dall’altra, si è fondata per la prima volta su talune disposizioni nazionali, in particolare sull’art. 18 dello statuto della GALP e sui diritti previsti da tale disposizione. Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dalla Repubblica portoghese, dagli atti di causa risulta che nel ricorso la Commissione non ha ritenuto che lo Stato portoghese detenesse nuovi poteri speciali, bensì ha fatto riferimento, quali argomenti supplementari diretti a illustrare la fondatezza delle proprie censure, non solo ad altre disposizioni nazionali di attuazione della LQP e del decreto legge n. 261-A/99, che costituiscono il fondamento dei poteri speciali detenuti dallo Stato, bensì parimenti alla genesi del patto di azionariato.
31 Pertanto, il fatto che la Commissione abbia specificato gli addebiti già fatti valere in maniera più generica nel parere motivato non ha modificato l’oggetto dell’inadempimento dedotto e non ha quindi inciso sulla portata della controversia (v., in tal senso, sentenze 27 novembre 2003, causa C‑185/00, Commissione/Finlandia, Racc. pag. I‑14189, punti 84‑87; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 29, e 11 novembre 2010, causa C‑543/08, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I‑11241, punto 23).
32 Alla luce di quanto precede, si deve respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica portoghese.
Nel merito
Sull’esistenza di restrizioni
Argomenti delle parti
33 La Commissione fa valere, segnatamente, che la detenzione, da parte dello Stato portoghese, di diritti speciali nella GALP, vale a dire il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione con potere di confermare le delibere degli organi sociali in materia di gestione, confermato dalle clausole del patto di azionariato negoziato dallo Stato portoghese con l’intermediazione della CGD, e il diritto di veto rispetto alle decisioni importanti di detta società, ostacola sia l’investimento diretto sia gli investimenti di portafoglio nel capitale sociale di tale società e costituisce, pertanto, una restrizione alla libera circolazione dei capitali nonché alla libertà di stabilimento.
34 Secondo tale istituzione, infatti, siffatti diritti speciali, da un canto, limitano la possibilità degli azionisti di partecipare effettivamente alla gestione e al controllo della società in questione in proporzione al valore delle azioni detenute e, dall’altro, dissuadono gli investitori di altri Stati membri dall’acquistare azioni della società stessa.
35 La Commissione precisa, al riguardo, che la creazione di diritti speciali connessi ad azioni privilegiate non è riconducibile ad una normale applicazione del diritto delle società, ma costituisce una misura statale, che ricade nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 56, n. 1, CE. Infatti, lo statuto della GALP che prevede i diritti speciali in questione sarebbe stato previsto con legge in un periodo in cui lo Stato portoghese deteneva la totalità del capitale di tale società e non potrebbe essere modificato senza il consenso di tale Stato.
36 La Repubblica portoghese fa valere, anzitutto, richiamandosi alla sentenza 26 marzo 2009, causa C‑326/07, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑2291, punto 39), che le disposizioni nazionali contestate dalla Commissione devono essere analizzate unicamente sotto il profilo dell’art. 43 CE, dal momento che, come nella controversia sfociata in tale sentenza, sia il diritto di veto sia quello di designare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP riguardano decisioni rientranti nella gestione della società e, pertanto, concernono soltanto azionisti in grado di esercitare un’influenza sicura sulla società.
37 Detto Stato membro sostiene poi che, in ogni caso, le disposizioni nazionali che prevedono diritti speciali dello Stato non ricadono nella sfera di applicazione degli artt. 43 CE e 56 CE in quanto non costituiscono alcuna restrizione alle libertà fondamentali in oggetto. Gli effetti sull’accesso al mercato delle misure nazionali in questione, infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte in materia di libertà di stabilimento, sarebbero meramente ipotetici e, in ogni caso, del tutto aleatori e indiretti (sentenza 20 giugno 1996, cause riunite da C‑418/93 a C‑421/93, da C‑460/93 a C‑462/93, C‑464/93, da C‑9/94 a C‑11/94, C‑14/94, C‑15/94, C‑23/94, C‑24/94 e C‑332/94, Semeraro Casa Uno e a., Racc. pag. I‑2975, punto 32). Dette misure nazionali potrebbero costituire misure restrittive ai sensi degli artt. 43 CE e 56 CE solo se condizionassero direttamente e sostanzialmente l’accesso degli investitori al mercato. A tal riguardo, la Repubblica portoghese invita la Corte a interpretare la nozione di «restrizione» alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento, segnatamente, alla luce della sentenza 24 novembre 1993, cause riunite C‑267/91 e C‑268/91, Keck e Mithouard (Racc. pag. I‑6097), relativa alle modalità di vendita riguardo alla libertà di circolazione delle merci.
38 Inoltre, in considerazione della struttura dell’azionariato della GALP e della sua evoluzione dal 1999, risulterebbe con evidenza che dall’esistenza di diritti speciali dello Stato in detta società non è derivato alcun effetto negativo né sugli investimenti diretti né sugli investimenti di portafoglio nel suo capitale sociale.
39 Quanto al carattere di provvedimento statale del diritto di nominare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP, prescrizione contenuta nel suo statuto nonché nel patto di azionariato, la Repubblica portoghese sostiene infine che tale diritto costituisce non già un provvedimento statale, bensì un atto di diritto privato che non ricade nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 56 CE.
40 In risposta a tali argomenti la Commissione replica, riguardo al riferimento operato dalla Repubblica portoghese alla menzionata sentenza Commissione/Italia, che sia il diritto di veto sia il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione conferiscono allo Stato poteri speciali su talune decisioni dell’assemblea generale che riguardano tutti gli azionisti e gli investitori potenziali e non solo quelli che esercitano un’influenza sicura sulle decisioni della società in questione. Pertanto, tale Stato membro non può contestare l’applicazione dell’art. 56 CE nella specie.
Giudizio della Corte
– Sull’applicabilità degli artt. 43 CE e 56 CE
41 Per quanto riguarda la questione se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle suddette libertà fondamentali, da consolidata giurisprudenza risulta che occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa in questione (v., in particolare, sentenze 24 maggio 2007, causa C‑157/05, Holböck, Racc. pag. I‑4051, punto 22; Commissione/Italia, cit., punto 33, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 40).
42 Ricadono nell’ambito di applicazione ratione materiae delle prescrizioni dell’art. 43 CE, relativo alla libertà di stabilimento, le disposizioni nazionali applicabili alla detenzione, da parte di un cittadino di uno Stato membro, nel capitale di una società stabilita in un altro Stato membro, di una partecipazione tale da conferirgli una sicura influenza sulle decisioni di tale società e da consentirgli di indirizzarne le attività (v., in particolare, sentenze 13 aprile 2000, causa C‑251/98, Baars, Racc. pag. I‑2787, punto 22; Commissione/Italia, cit., punto 34, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 41).
43 Ricadono nell’ambito delle prescrizioni di cui all’art. 56 CE, relativo alla libera circolazione dei capitali, in particolare, gli investimenti diretti, ossia gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati dalle persone fisiche o giuridiche ed aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti tra il finanziatore e la società cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica. Tale obiettivo presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (v., in particolare, sentenze 23 ottobre 2007, causa C‑112/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑8995, punto 18 e giurisprudenza ivi richiamata; Commissione/Italia, cit., punto 35, nonché 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 42).
44 Una normativa nazionale che non è destinata ad applicarsi esclusivamente alle partecipazioni tali da conferire una sicura influenza sulle decisioni di una società e da consentire di indirizzarne le attività, ma che si applica indipendentemente dall’entità della partecipazione detenuta da un azionista in una società può rientrare nell’ambito di applicazione sia dell’art. 43 CE sia dell’art. 56 CE (citate sentenze Commissione/Italia, punto 36, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 43).
45 Si deve necessariamente rilevare che nel presente ricorso per inadempimento non è escluso che le disposizioni nazionali in discussione riguardino tutti gli azionisti nonché i potenziali investitori e non solo gli azionisti in grado di esercitare una sicura influenza sulla gestione e sul controllo della GALP. Pertanto, le disposizioni controverse devono essere esaminate sotto il profilo degli artt. 43 CE e 56 CE.
– Sull’inadempimento degli obblighi derivanti dall’art. 56 CE
46 In via preliminare, va rammentato che, come risulta da una costante giurisprudenza, l’art. 56, n. 1, CE vieta in via generale le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri (v., in particolare, sentenze 28 settembre 2006, cause riunite C‑282/04 e C‑283/04, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I‑9141, punto 18 e giurisprudenza ivi richiamata; 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, cit., punto 17; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 48, nonché 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 45).
47 Difettando nel Trattato CE una definizione della nozione di «movimenti di capitali» ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, la Corte ha riconosciuto valore indicativo alla nomenclatura dei movimenti di capitali contenuta nell’allegato I della direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo [67] del Trattato [articolo abrogato dal Trattato di Amsterdam] (GU L 178, pag. 5). In tal senso la Corte ha dichiarato che costituiscono movimenti di capitali, ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, segnatamente, gli investimenti detti «diretti», vale a dire gli investimenti sotto forma di partecipazione a un’impresa mediante la detenzione di azioni che conferisce la possibilità di partecipare effettivamente alla sua gestione e al suo controllo, nonché gli investimenti detti «di portafoglio», ossia gli investimenti sotto forma di acquisto di titoli sul mercato dei capitali, effettuato soltanto per realizzare un investimento finanziario, senza l’intento di esercitare un’influenza sulla gestione e sul controllo dell’impresa (v. citate sentenze Commissione/Paesi Bassi, punto 19 e giurisprudenza ivi richiamata; 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, punto 18; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 49, nonché 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 46).
48 In relazione a tali due forme di investimento, la Corte ha precisato che devono qualificarsi quali «restrizioni», ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE, i provvedimenti nazionali che possono impedire o limitare l’acquisto di azioni nelle imprese interessate o che possono dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’investire nel capitale delle stesse (v. sentenza 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 47 e giurisprudenza ivi richiamata).
49 La Repubblica portoghese contesta il carattere di provvedimento nazionale dell’art. 4, n. 3, dello statuto della GALP nonché delle pertinenti clausole del patto di azionariato. Essa fa inoltre valere, segnatamente, che, secondo detto patto, il diritto dello Stato di designare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP è esercitato dalla CGD e non dallo Stato portoghese, la disposizione di cui trattasi non costituendo in tal modo una misura statale e non rientrando pertanto nell’ambito di applicazione degli artt. 43 CE e 56 CE.
50 Al riguardo deve rilevarsi che, da una parte, come risulta dagli atti di causa, lo statuto della GALP è stato istituito prima della conclusione della prima fase della privatizzazione della GALP, vale a dire in un’epoca nel corso della quale lo Stato portoghese deteneva la maggioranza del capitale sociale di quest’ultima. Parallelamente, un diritto specifico di veto a vantaggio di tale Stato, che si esercita, segnatamente, riguardo alle delibere di modifica dello statuto di detta società, è stato previsto anche per legge. In tal modo, la clausola relativa al diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP non può più essere annullata, ormai, dai soci in assenza del consenso dello Stato.
51 D’altra parte, quanto all’argomento dedotto dalla Repubblica portoghese in tale contesto in merito alla nomina del presidente del consiglio di amministrazione da parte della CGD, è sufficiente rilevare che, dal momento che quest’ultima è una banca il cui capitale è integralmente detenuto dallo Stato, lo Stato stesso esercita i suoi diritti mediante la CGD. Conseguentemente, riguardo al carattere privatistico del patto di azionariato, lo Stato portoghese si accorda, tramite la CGD, con gli azionisti di riferimento che esso ha scelto per mantenere la propria influenza sulla composizione e sulla gestione della GALP.
52 In tali circostanze si deve ritenere che la stessa Repubblica portoghese abbia, da un lato, mediante il legislatore nazionale, autorizzato la creazione di azioni privilegiate nel capitale sociale della GALP e, dall’altro, abbia deciso, nella sua qualità di autorità pubblica, in applicazione dell’art. 15, n. 3, della LQP, di introdurre azioni privilegiate in tale capitale, di attribuirle allo Stato e di definire i diritti speciali da esse conferiti.
53 Peraltro, si deve parimenti rilevare che la creazione del diritto dello Stato di designare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP non deriva dalla normale applicazione del diritto societario. Mentre il CSC fa espresso divieto di associare a talune categorie di azioni il diritto di nominare alcuni amministratori, il decreto legge n. 261-A/99 e lo statuto della GALP prevedono, al contrario, che l’approvazione della scelta del presidente del consiglio di amministrazione sia un diritto inerente alle azioni specifiche dello Stato. Si tratta quindi di un diritto specifico, derogatorio rispetto al diritto societario comune, previsto ad esclusivo beneficio degli operatori pubblici da una misura legislativa nazionale (v., in tal senso, sentenza 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, cit., punti 59‑61).
54 Pertanto, il diritto dello Stato di designare il presidente del consiglio di amministrazione della GALP va considerato imputabile alla Repubblica portoghese e ricade, conseguentemente, nella sfera di applicazione dell’art. 56, n. 1, CE.
55 Quanto alla natura restrittiva della detenzione, da parte dello Stato portoghese, di azioni privilegiate che conferiscono diritti speciali nel capitale sociale della GALP, prevista della normativa nazionale e, in parte, in combinato disposto con lo statuto di detta società, si deve rilevare che tali azioni sono idonee a dissuadere gli operatori di altri Stati membri dall’investire nel capitale di quest’ultima.
56 Infatti, per quanto riguarda il diritto di veto, dall’art. 4, n. 3, del decreto legge n. 261-A/99 risulta che l’approvazione di un numero notevole di importanti delibere concernenti la GALP è subordinata al consenso dello Stato portoghese. Al riguardo va precisato che il voto favorevole di quest’ultimo è necessario, in particolare, per ogni delibera recante modifica dello statuto della GALP, di modo che l’influenza dello Stato portoghese su tale società può essere diminuita solo ove lo stesso Stato lo consenta.
57 Pertanto, il predetto diritto di veto, dal momento che conferisce a tale Stato un’influenza sulla gestione e sul controllo della GALP non giustificata dall’ampiezza della partecipazione da esso detenuta in detta società, è idoneo a scoraggiare gli operatori di altri Stati membri dall’effettuare investimenti diretti nel capitale sociale di quest’ultima, dato che non potrebbero concorrere alla gestione e al controllo di tale società in proporzione al valore delle loro partecipazioni (v., in particolare, citate sentenze 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, punti 50‑52; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 60, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 56).
58 Allo stesso modo, il diritto di veto in esame può avere un effetto dissuasivo sugli investimenti di portafoglio nel capitale sociale della GALP, atteso che un eventuale rifiuto dello Stato portoghese di approvare una decisione importante, indicata dagli organi di tale società come rispondente all’interesse della stessa, può avere, effettivamente, un’influenza sul valore delle azioni di tale società e, quindi, sull’appetibilità di un investimento in siffatte azioni (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Paesi Bassi, punto 27; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 61, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 57).
59 Quanto al diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione, esso configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali, dal momento che un simile specifico diritto costituisce una deroga rispetto al diritto societario comune, previsto da una misura legislativa nazionale ad esclusivo beneficio degli operatori pubblici (v. citate sentenze 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, punto 61, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 62). Sebbene sia vero che tale possibilità può essere attribuita dalla legge quale diritto di una minoranza qualificata, è giocoforza rilevare che essa, in tal caso, deve essere accessibile a tutti gli azionisti e non deve essere riservata esclusivamente allo Stato.
60 Difatti, limitando la possibilità degli azionisti diversi dallo Stato portoghese di partecipare al capitale sociale della GALP allo scopo di creare o di mantenere legami economici durevoli e diretti con tale società tali da consentire una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, il diritto di nominare un amministratore, di cui agli artt. 15, n. 1, della LQP e 4, n. 3, del decreto legge n. 261-A/99, è idoneo a dissuadere gli investitori diretti di altri Stati membri dall’investire nel capitale di tale società.
61 Ne consegue che il diritto di veto rispetto a talune delibere dell’assemblea generale della GALP e il diritto di designare il presidente del consiglio di amministrazione configurano restrizioni alla libertà di circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE.
62 Tale constatazione non può del resto essere rimessa in discussione dagli argomenti fatti valere dalla Repubblica portoghese relativamente all’applicabilità della logica asseritamente sottesa alla menzionata sentenza Keck e Mithouard.
63 In proposito si deve rilevare che i provvedimenti nazionali in esame non sono analoghi alle normative concernenti le modalità di vendita che la Corte, nella menzionata sentenza Keck e Mithouard, ha ritenuto che esulassero dall’ambito di applicazione dell’art. 28 CE.
64 Difatti, secondo tale sentenza, non è idonea ad ostacolare il commercio tra gli Stati membri l’applicazione a prodotti provenienti da altri Stati membri di disposizioni nazionali che limitino o vietino, nel territorio dello Stato membro d’importazione, talune modalità di vendita, sempreché, innanzi tutto, si applichino nei confronti di tutti gli operatori interessati che esercitino la propria attività nel territorio nazionale e, in secondo luogo, incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sullo smercio dei prodotti nazionali e di quelli provenienti da altri Stati membri. Il motivo di ciò risiede nel fatto che essa non è atta ad impedire a questi ultimi l’accesso al mercato dello Stato membro d’importazione o ad ostacolarlo più di quanto non ostacoli quello dei prodotti nazionali (sentenza 10 maggio 1995, causa C‑384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I‑1141, punto 37).
65 Orbene, nel caso di specie, sebbene sia vero che le disposizioni nazionali in questione sono indistintamente applicabili sia ai residenti che ai non residenti, tuttavia si deve constatare che esse incidono sulla situazione dell’acquirente di una quota sociale in quanto tale e sono quindi idonee a dissuadere gli investitori di altri Stati membri dall’effettuare simili investimenti e, pertanto, a condizionare l’accesso al mercato (v. sentenze 13 maggio 2003, causa C‑463/00, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑4581, punto 61 e giurisprudenza ivi richiamata; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 67, nonché 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 68).
66 Peraltro, la constatazione secondo cui le suddette disposizioni nazionali configurano restrizioni alla libera circolazione dei capitali non può essere rimessa in discussione dall’argomento della Repubblica portoghese in base al quale i diritti speciali contestati sarebbero ininfluenti sugli investimenti diretti nonché sugli investimenti di portafoglio nel capitale sociale della GALP, dato che un gran numero delle azioni di tale società si trova in possesso di investitori di altri Stati membri.
67 È giocoforza rilevare che, come menzionato ai punti 58 e 61 della presente sentenza, le disposizioni nazionali controverse, istituendo strumenti idonei a limitare la possibilità degli investitori di partecipare al capitale sociale della GALP con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, tali da consentire una partecipazione effettiva alla gestione o al controllo di tale società, riducono l’interesse all’acquisto di una partecipazione in detto capitale (v., in tal senso, citate sentenze 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, punto 54, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 70).
68 Tale rilievo non è inficiato dalla presenza, in seno all’azionariato della GALP, di investitori diretti. Infatti, nel contesto del ricorso in oggetto, detta circostanza non è tale da contraddire il fatto che, a causa delle disposizioni nazionali controverse, taluni investitori diretti di altri Stati membri, attuali o potenziali, possano essere stati dissuasi dall’acquisire una partecipazione nel capitale di tale società al fine di parteciparvi con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con la società stessa, tali da consentire una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, pur avendo il diritto di beneficiare del principio della libera circolazione dei capitali e della tutela da esso instaurata a loro vantaggio (v., in tal senso, citate sentenze 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, punto 55, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 71).
69 Alla luce di quanto precede, si deve dichiarare che la detenzione, da parte dello Stato portoghese, di azioni privilegiate, combinata ai diritti speciali conferiti al loro titolare da siffatte azioni, configura una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’art. 56, n. 1, CE.
Sulla giustificazione delle restrizioni
Argomenti delle parti
70 La Commissione rileva che le restrizioni derivanti dai diritti speciali detenuti dallo Stato portoghese nella GALP non possono essere giustificate da alcuno degli obiettivi fatti valere dalla Repubblica portoghese e che esse, in ogni caso, contravvengano al principio di proporzionalità.
71 Essa fa valere che i diritti speciali dello Stato nella GALP non possono essere giustificati da ragioni di pubblica sicurezza, nel caso di specie la sicurezza dell’approvvigionamento energetico del Portogallo. Come risulta infatti dal decreto legge n. 31/2006, che fissa le regole generali dell’organizzazione e del funzionamento del sistema petrolifero nazionale (Diário da República I, serie A, n. 33, del 15 febbraio), nonché dal decreto legge n. 30/2006, che fissa le regole generali dell’organizzazione e del funzionamento del sistema del gas naturale (Diário da República I, serie A, n. 33, del 15 febbraio 2006), spetterebbe allo Stato e non alla GALP garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in petrolio e gas naturale.
72 Quanto al principio di proporzionalità, la Commissione fa valere che i diritti speciali detenuti dallo Stato nella GALP non sono adeguati al fine di garantire il buon funzionamento della rete di distribuzione di gas e l’attività di vendita al dettaglio di prodotti petroliferi della GALP. Tali diritti costituirebbero, in realtà, strumenti destinati a perseguire l’interesse privato della società e non l’interesse nazionale. Inoltre, contrariamente ai requisiti imposti dalla giurisprudenza della Corte in materia (v., in particolare, sentenza 4 giugno 2002, causa C‑483/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑4781, punti 50-53), non essendo stato fissato alcun criterio oggettivo e preciso che inquadri l’esercizio di tali diritti, la loro applicazione risulterebbe, nella prassi, del tutto discrezionale.
73 La Commissione fa valere, inoltre, che il diritto derivato dell’Unione non giustifica neanch’esso l’esistenza di diritti speciali dello Stato nella GALP.
74 Infatti, secondo la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 26 giugno 2003, 2003/55/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 98/30/CE (GU L 176, pag. 57), la responsabilità pubblica di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas naturale potrebbe imporre un intervento esterno dello Stato nella sua qualità di regolatore e non un intervento dello Stato dall’interno, nella sua qualità di azionista privilegiato delle imprese che operano sul mercato.
75 Quanto al settore del petrolio, la Commissione precisa che, conformemente alla direttiva del Consiglio 24 luglio 2006, 2006/67/CE, che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi (GU L 217, pag. 8), è del pari allo Stato, e non alle imprese private, che spetta la responsabilità pubblica di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento in prodotti petroliferi.
76 Infine, la Commissione contesta l’argomento della Repubblica portoghese secondo il quale l’art. 86 CE si applica alle misure in oggetto dal momento che, da una parte, tale disposizione è rivolta ad una certa categoria di imprese e non agli Stati membri e, dall’altra, il presente procedimento non ha ad oggetto diritti speciali che lo Stato avrebbe concesso alla GALP, bensì piuttosto diritti speciali dello Stato in tale società.
77 La Repubblica portoghese sostiene che, anche a voler riconoscere che le misure nazionali in oggetto costituiscano restrizioni alla libertà di stabilimento ed alla libera circolazione dei capitali, esse sarebbero tuttavia giustificate sulla base degli artt. 46 CE e 48 CE in quanto sono necessarie per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento del paese in gas naturale e in petrolio, consentendo di garantire tale approvvigionamento in modo adeguato, in considerazione, segnatamente, dell’assenza, al livello dell’Unione, di strumenti adeguati a tal fine.
78 Detto Stato membro precisa anche che l’esercizio dei diritti speciali in parola può essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo. In tal senso, se lo Stato esercitasse tali diritti senza fondarsi su una minaccia effettiva e grave per la sicurezza dell’approvvigionamento, commetterebbe un’infrazione che ogni azionista della GALP potrebbe far valere dinanzi ai giudici nazionali, sia amministrativi sia civili.
79 Inoltre, affermando che le disposizioni controverse rispettano il principio di proporzionalità, la Repubblica portoghese fa valere che, in ogni caso, la Commissione non ha fornito la prova dell’esistenza di misure meno restrittive che conferiscano allo Stato la possibilità di reagire in modo rapido ed efficace nelle ipotesi di lesione grave ed effettiva della sicurezza dell’approvvigionamento.
80 Infine, detto Stato membro sostiene che le disposizioni nazionali contestate sono comunque compatibili con il diritto dell’Unione ai sensi dell’art. 86, n. 2, CE, dal momento che esse sono necessarie perché la GALP svolga adeguatamente i compiti di gestione dei servizi di interesse economico generale attribuitile dallo Stato.
Giudizio della Corte
81 Secondo consolidata giurisprudenza, la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali che si giustificano per le ragioni di cui all’art. 58 CE o per motivi imperativi di interesse generale, purché siano idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non vadano oltre quanto necessario per il suo raggiungimento (v. citate sentenze 23 ottobre 2007, Commissione/Germania, punti 72 e 73 nonché giurisprudenza ivi richiamata; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 69, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 83).
82 Per quanto riguarda le deroghe consentite dall’art. 58 CE, non si può negare che l’obiettivo invocato dalla Repubblica portoghese di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento energetico di tale Stato membro in caso di crisi, di guerra o di terrorismo possa costituire un motivo di pubblica sicurezza (v. sentenze 14 febbraio 2008, causa C‑274/06, Commissione/Spagna, punto 38; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 72, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 84) e giustificare, eventualmente, un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. L’importanza data dagli Stati membri e dall’Unione europea alla tutela della sicurezza dell’approvvigionamento energetico si manifesta d’altronde, segnatamente, per quanto riguarda il petrolio, nella direttiva 2006/67 nonché, quanto al settore del gas naturale, nella direttiva 2003/55.
83 Tuttavia, è pacifico che le esigenze di pubblica sicurezza, in particolare in quanto deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali, devono essere intese in senso restrittivo, di guisa che la loro portata non può essere determinata unilateralmente da ogni Stato membro senza il controllo delle istituzioni dell’Unione. Pertanto, la pubblica sicurezza può essere invocata solamente in caso di minaccia effettiva e sufficientemente grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività (v., in particolare, sentenze 14 marzo 2000, causa C‑54/99, Église de scientologie, Racc. pag. I‑1335, punto 17; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 73, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 85).
84 A tal riguardo, la Repubblica portoghese fa valere, segnatamente, che sussistono attualmente preoccupazioni relative a taluni investimenti realizzati, in particolare, dai fondi sovrani o eventualmente connessi a organizzazioni terroriste in imprese dei settori strategici, che costituiscono una siffatta minaccia relativa all’approvvigionamento energetico. In considerazione del dovere di uno Stato membro di garantire la sicurezza di un approvvigionamento regolare e continuo in petrolio e gas naturale, sarebbe legittimo che tale Stato si doti dei mezzi necessari per garantire l’interesse fondamentale della sicurezza dell’approvvigionamento in caso di crisi, e spetterebbe ad esso vigilare affinché siano attuati strumenti adeguati che consentano di reagire rapidamente e con efficacia per garantire la sicurezza continua di tale approvvigionamento.
85 Orbene, nel caso di specie, dal momento che la Repubblica portoghese si è limitata a far valere il motivo attinente alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, senza precisare le ragioni esatte per cui essa ritiene che ciascuno dei diritti speciali controversi o l’insieme degli stessi consenta di evitare un simile pregiudizio a un interesse fondamentale quale l’approvvigionamento energetico, non si può accogliere, nella specie, la giustificazione fondata sulla pubblica sicurezza.
86 Inoltre, l’argomento della Repubblica portoghese, secondo cui il diritto dell’Unione, allo stato attuale, non garantisce in modo sufficiente la sicurezza dell’approvvigionamento energetico degli Stati membri, circostanza che la obbligherebbe ad adottare i provvedimenti nazionali adeguati a garantire la tutela di tale interesse fondamentale per la collettività, non può essere accolto.
87 Anche ammettendo l’esistenza, in virtù delle norme di diritto derivato dell’Unione, di un obbligo a carico degli Stati membri di garantire l’approvvigionamento energetico nel proprio territorio nazionale, come sostenuto dalla Repubblica portoghese, il rispetto di un simile obbligo non può essere invocato per giustificare una qualsivoglia misura in linea di principio contraria ad una libertà fondamentale (v. sentenza 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, cit., punto 89).
88 Per completezza, quanto alla proporzionalità delle disposizioni nazionali in esame, si deve rilevare, come correttamente osservato dalla Commissione, che l’esercizio dei diritti speciali conferiti allo Stato portoghese dalla titolarità di azioni privilegiate nel capitale sociale della GALP non è subordinato ad alcuna condizione o circostanza specifica ed obiettiva, contrariamente a quanto affermato dallo Stato membro convenuto.
89 Difatti, sebbene l’art. 15, n. 3, della LQP disponga che la creazione di azioni privilegiate nel capitale sociale della GALP, che conferiscono diritti speciali allo Stato portoghese, è subordinata alla condizione, formulata del resto in modo assai generico ed impreciso, che ciò sia imposto da motivi di interesse nazionale, tuttavia si deve necessariamente rilevare che né detta legge né lo statuto della GALP stabiliscono criteri in ordine alle circostanze specifiche in cui i predetti diritti speciali possono essere esercitati (v. citate sentenze Commissione/Italia, punto 51, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 91). Lo stesso rilievo si applica al n. 1 di detto art. 15, in quanto tale disposizione subordina la designazione di un amministratore da parte dello Stato portoghese ad una condizione, anch’essa formulata in modo assai generico ed impreciso, relativa alla salvaguardia dell’interesse generale.
90 Pertanto, una simile incertezza costituisce un grave pregiudizio alla libertà di circolazione dei capitali in quanto conferisce alle autorità nazionali, per quanto attiene alla facoltà di ricorrere a siffatti diritti, un margine di discrezionalità talmente ampio da non potersi ritenere proporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Italia, punto 52, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 92).
91 Infine, per quanto concerne la giustificazione relativa all’art. 86, n. 2, CE, si deve rilevare che questa disposizione, in combinato disposto con il n. 1 dello stesso articolo, consente di giustificare la concessione, da parte di uno Stato membro, ad un’impresa incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale di diritti speciali o esclusivi contrari alle disposizioni del Trattato, qualora l’adempimento della specifica missione affidatale possa essere garantito unicamente grazie alla concessione di tali diritti e purché lo sviluppo degli scambi non risulti compromesso in misura contraria agli interessi dell’Unione (sentenze 17 maggio 2001, causa C‑340/99, TNT Traco, Racc. pag. I‑4109, punto 52; 18 dicembre 2007, causa C‑220/06, Asociación Profesional de Empresas de Reparto y Manipulado de Correspondencia, Racc. pag. I‑12175, punto 78, e 1° ottobre 2009, causa C‑567/07, Woningstichting Sint Servatius, Racc. pag. I‑9021, punto 44).
92 Nel caso in esame, tuttavia, si deve necessariamente rilevare che non è questo l’obiettivo delle disposizioni previste dalla normativa nazionale di cui trattasi nell’ambito del presente procedimento per inadempimento avviato contro la Repubblica portoghese.
93 Infatti, come correttamente sostenuto dalla Commissione, dette disposizioni non vertono sulla concessione di diritti speciali o esclusivi alla GALP né sulla qualificazione delle attività di quest’ultima quali servizi di interesse economico generale, ma concernono la legittimità dell’attribuzione allo Stato portoghese, nella sua qualità di azionista di tale società, di diritti speciali connessi ad azioni privilegiate detenute da quest’ultimo nel capitale sociale della GALP.
94 In ogni caso, dato che lo Stato membro deve esporre in maniera circostanziata le ragioni per cui, nell’ipotesi di soppressione dei provvedimenti contestati, risulterebbe a suo parere pregiudicato l’assolvimento, in condizioni economicamente accettabili, delle funzioni di interesse economico generale di cui ha incaricato un’impresa (sentenza 13 maggio 2003, Commissione/Spagna, cit., punto 82), la Repubblica portoghese non ha in alcun modo chiarito per quale ragione ciò si verificherebbe nel caso di specie.
95 Ne consegue che l’art. 86, n. 2, CE non è applicabile ad una situazione come quella del caso di specie e non può, pertanto, essere fatto valere dalla Repubblica portoghese quale giustificazione delle disposizioni nazionali in esame, in quanto queste configurano restrizioni alla libera circolazione dei capitali sancita dal Trattato.
96 Deve quindi essere parimenti respinto l’argomento relativo all’art. 86, n. 2, CE.
97 Di conseguenza, si deve dichiarare che la Repubblica portoghese, mantenendo nella GALP diritti speciali come quelli previsti nel caso di specie dalla LQP, dal decreto legge n. 261-A/99 e dallo statuto di detta società a favore dello Stato portoghese e di altri organismi pubblici, attribuiti in connessione con azioni privilegiate detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE.
Sull’inadempimento degli obblighi di cui all’art. 43 CE
98 Quanto alla domanda della Commissione di dichiarare l’inadempimento degli obblighi che incombono alla Repubblica portoghese ai sensi dell’art. 43 CE, è sufficiente rilevare che, per giurisprudenza costante della Corte, laddove i provvedimenti nazionali in esame comportino restrizioni alla libertà di stabilimento, tali restrizioni sono la conseguenza diretta degli ostacoli alla libera circolazione dei capitali esaminati supra, da cui sono inscindibili. Pertanto, essendo stata riscontrata una violazione dell’art. 56, n. 1, CE, non è necessario esaminare in separata sede le predette misure alla luce delle norme del Trattato relative alla libertà di stabilimento (v., in particolare, citate sentenze 13 maggio 2003, Commissione/Spagna, punto 86; Commissione/Paesi Bassi, punto 43; 8 luglio 2010, Commissione/Portogallo, punto 80, e 11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, punto 99).
Sulle spese
99 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica portoghese, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica portoghese, mantenendo nella GALP Energia SGPS SA diritti speciali come quelli previsti, nel caso di specie, dalla legge 5 aprile 1990, n. 11, recante la legge quadro relativa alle privatizzazioni (Lei n. 11/90, Lei Quadro das Privatizações), dal decreto legge 7 luglio 1999, n. 261-A/99, recante approvazione della prima fase del processo di privatizzazione del capitale sociale della GALP – Petróleos e Gás de Portugal SGPS SA (Decreto-Lei n. 261-A/99 aprova a 1.ª fase do processo de privatização do capital social da GALP – Petróleos e Gás de Portugal, SGPS, SA), e dallo statuto di detta società a favore dello Stato portoghese e di altri organismi pubblici, attribuiti in connessione con azioni privilegiate («golden shares») detenute da tale Stato nel capitale sociale della suddetta società, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56 CE.
2) La Repubblica portoghese è condannata alle spese.
Firme
* Lingua processuale: il portoghese.