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Documento 62010CC0454

Conclusioni dell'avvocato generale Cruz Villalón del 14 luglio 2011.
Oliver Jestel contro Hauptzollamt Aachen.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundesfinanzhof - Germania.
Codice doganale comunitario - Art. 202, n. 3, secondo trattino - Sorgere dell’obbligazione doganale a seguito dell’introduzione irregolare di merci - Nozione di "debitore" - Partecipazione all’introduzione irregolare - Persona che ha agito quale intermediaria nella conclusione di contratti di compravendita aventi ad oggetto merci introdotte irregolarmente.
Causa C-454/10.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2011:488

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 14 luglio 2011 (1)

Causa C‑454/10

Oliver Jestel

contro

Hauptzollamt Aachen

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Unione doganale – Codice doganale comunitario –Regolamento (CEE) n. 2913/92– Nascita dell’obbligazione doganale – Irregolare introduzione di merci nel territorio doganale dell’Unione – Art. 202 – Nozione di debitore – Detentore di un negozio eBay che partecipa alla conclusione di contratti di vendita relativi a merci originarie di uno Stato terzo – Introduzione delle merci nel territorio doganale dell’Unione per via postale senza disbrigo delle formalità doganali – Partecipazione all’introduzione irregolare di merci nel territorio dell’Unione»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale solleva questioni di interpretazione di una disposizione del codice doganale dell’Unione europea (2) che la Corte ha già avuto modo di interpretare (3), definendo i debitori dell’obbligazione doganale sorta dall’introduzione irregolare di merci nel territorio doganale dell’Unione. La causa principale presenta tuttavia una configurazione inedita e la sua soluzione è idonea ad avere ripercussioni non trascurabili. La sua specificità consiste nel fatto che la partecipazione all’irregolare introduzione in parola è stata realizzata tramite Internet e che l’irregolarità controversa si è verificata nell’ambito del traffico postale. La soluzione della controversia nella causa principale può, in conseguenza di tale duplice fatto, riguardare un numero potenzialmente importante di persone, in ragione dello sviluppo senza precedenti degli scambi per corrispondenza realizzati tramite Internet (4) e dell’effetto moltiplicatore di quest’ultimo (5).

I –    Contesto normativo

2.        L’art. 202 del codice doganale così dispone:

«1.      L’obbligazione doganale all’importazione sorge in seguito:

a)      all’irregolare introduzione nel territorio doganale della Comunità di una merce soggetta a dazi all’importazione

(…)

Ai sensi del presente articolo, per introduzione irregolare si intende qualsiasi introduzione effettuata in violazione degli artt. da 38 a 41 e dell’art. 177, secondo trattino.

2.      L’obbligazione doganale sorge al momento dell’introduzione irregolare.

3.      I debitori sono:

–        la persona che ha proceduto a tale introduzione irregolare,

–        le persone che hanno partecipato a questa introduzione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che essa era irregolare,

–        le persone che hanno acquisito o detenuto la merce considerata e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce introdotta irregolarmente» (6).

II – Controversia nella causa principale

3.        Emerge dalla decisione a qua, nonché dalle osservazioni scritte presentate conformemente all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, che il sig. Jestel, il ricorrente nella causa principale, ha messo all’asta tra l’aprile 2004 ed il maggio 2006, sulla piattaforma Internet di vendite all’asta eBay tramite la quale gestiva due negozi elettronici a suo nome (7), numerose merci originarie della Cina.

4.        Il ricorrente nella causa principale operava quale intermediario per la conclusione dei contratti di compravendita delle merci, mediante corrispettivo per i servizi, segnatamente di ordine linguistico, così forniti attraverso i suoi negozi eBay. Era il fornitore cinese che provvedeva alla fornitura delle merci, stabiliva il loro prezzo e si incaricava della spedizione verso l’Unione, mentre le merci erano consegnate direttamente agli acquirenti stabiliti in Germania tramite la posta.

5.        Tale consegna delle merci sarebbe avvenuta senza che queste fossero state presentate alla dogana e, conseguentemente, senza che fossero stati assolti i dazi all’importazione, evidentemente sulla base di indicazioni false rese dal fornitore circa il contenuto ed il valore dei colli spediti.

6.        Ritenendo che il ricorrente nella causa principale avesse partecipato all’irregolare introduzione di merci nel territorio doganale dell’Unione ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, lo Hauptzollamt Aachen gli ha inviato un avviso di riscossione per una somma di circa EUR 10 000 quanto ai dazi doganali e di EUR 21 000 relativamente all’imposta sul valore aggiunto all’importazione.

7.        Il ricorrente nella causa principale ha presentato un reclamo avverso l’avviso di riscossione in cui faceva valere che la conclusione dei contratti di vendita su eBay e la trasmissione dei nomi e degli indirizzi degli acquirenti al fornitore cinese non potevano costituire una partecipazione all’introduzione irregolare delle merci ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, in quanto sarebbero operazioni compiute molto tempo prima della consegna delle merci e connesse esclusivamente al profilo causale del negozio.

8.        Il ricorrente, poiché il suo reclamo nella causa principale è stato respinto al pari del ricorso presentato avverso il rigetto di quest’ultimo dinanzi al Finanzgericht (Germania), ha interposto ricorso per cassazione dinanzi al Bundesfinanzhof.

III – Questioni pregiudiziali

9.        Interrogandosi sulla questione se la partecipazione del ricorrente nella causa principale alla conclusione dei contratti di compravendita delle merci tramite i suoi negozi elettronici su eBay potesse essere sufficiente per attribuire a quest’ultimo la qualità di debitore dell’obbligazione doganale ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, il Bundesfinanzhof ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un’obbligazione doganale, derivante dalla “partecipazione” all’irregolare introduzione di una merce nel territorio doganale dell’Unione europea ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, sorga a carico del soggetto che, senza prender parte direttamente all’introduzione stessa, assolva la funzione di intermediario per la conclusione di contratti di compravendita relativi alle merci di cui trattasi, prendendo in considerazione al riguardo l’ipotesi che il venditore fornisca le merci o parte di esse senza versare i relativi dazi all’importazione.

2)      Se sia eventualmente sufficiente che il soggetto in questione reputi la circostanza possibile ovvero se divenga debitore solo nel caso che preveda il suo verificarsi».

10.      Il giudice del rinvio precisa di non avere ancora risolto in maniera definitiva la questione se il ricorrente nella causa principale fosse partito dal presupposto che le importazioni sarebbero state realizzate nel rispetto delle formalità doganali, se avesse nutrito dubbi in proposito o se avesse previsto con certezza sin dall’inizio che esse sarebbero state effettuate senza osservare le suddette formalità.

11.      Hanno presentato osservazioni scritte il governo ceco nonché la Commissione europea.

12.      La Corte ha deciso di non tenere alcuna udienza, poiché nessuna domanda è stata formulata in tal senso, nei termini previsti all’art. 104, n. 4, del regolamento di procedura della Corte, dagli interessati che hanno depositato osservazioni scritte.

IV – Analisi

A –    Le questioni sollevate

13.      Attraverso tali due questioni, il giudice del rinvio pone in sostanza l’interrogativo se i fatti sottoposti al suo esame nella causa principale rientrino nel disposto dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale.

14.      Occorre sottolineare che il giudice del rinvio reputa acquisito che le merci controverse sono state introdotte irregolarmente nel territorio doganale dell’Unione, ai sensi dell’art. 202, n. 1, del codice doganale. Ciò che esso si chiede è se le circostanze in cui il ricorrente nella causa principale ha agito nelle operazioni sfociate nell’irregolare introduzione controversa possano permettere di considerarlo, sul fondamento dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, quale debitore dell’obbligazione doganale sorta dalla suddetta introduzione.

15.      Il giudice del rinvio indica espressamente di ritenere dubbio che un soggetto il quale, senza partecipare direttamente all’introduzione irregolare di una merce, assolve la funzione di intermediario per la conclusione del contratto di compravendita della suddetta merce, possa considerarsi partecipe di tale introduzione ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale.

16.      Peraltro esso pone la questione se una persona nella situazione del sig. Jestel possa qualificarsi debitore ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, dato che ha potuto prendere «in considerazione» («in Betracht ziehen») che le merci o una loro parte avrebbero potuto essere consegnate in frode ai dazi all’importazione. Con la seconda questione il giudice del rinvio si pone l’interrogativo, più precisamente, se sia sufficiente che la suddetta persona abbia potuto reputare la circostanza in parola «possibile» («für denkbar halten») o se occorra, al contrario, che la suddetta persona «preveda con certezza» («fest rechnen») che si verifichi una siffatta eventualità.

B –    La struttura dell’art. 202, n. 3, del codice doganale: il secondo trattino

17.      L’art. 202, n. 3, del codice doganale definisce tre categorie di persone che possono essere dichiarate debitrici dell’obbligazione doganale sorta dall’irregolare introduzione di una merce nel territorio dell’Unione. In primo luogo, gli autori dell’introduzione irregolare; in secondo luogo, le persone che hanno partecipato all’introduzione irregolare sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che essa era irregolare e, in terzo luogo, le persone che hanno acquistato o detenuto la merce considerata e sapevano o avrebbero dovuto sapere che tale introduzione era irregolare.

18.      Come la Corte ha dichiarato, dallo stesso tenore letterale dell’art. 202, n. 3, del codice doganale emerge che il legislatore ha inteso fissare in modo completo le condizioni per determinare le persone debitrici dell’obbligazione doganale (8) e definire in modo ampio le persone che possono essere riconosciute debitrici dell’obbligazione doganale (9), in caso d’irregolare introduzione di merci nel territorio doganale dell’Unione.

19.      È certo che il ricorrente nella causa principale non è la persona che ha materialmente (10) introdotto le merci controverse nel territorio doganale dell’Unione e non può quindi essere considerato debitore dell’obbligazione doganale sul fondamento dell’art. 202, n. 3, primo trattino, del codice doganale (11).

20.      È del pari certo che egli non ha acquistato o detenuto le merci controverse e non può essere ritenuto, neppure a questo titolo, debitore dell’obbligazione doganale sul fondamento dell’art. 202, n. 3, terzo trattino, del codice doganale.

21.      Con giusta ragione, dunque, il giudice del rinvio si pone interrogativi sull’applicabilità dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale ai fatti di cui trattasi nella causa principale.

C –    Chi è debitore ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale?

22.      La qualifica di «debitore» ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale è subordinata a condizioni che si basano su elementi di valutazione, in linea di principio, oggettiva, cioè la partecipazione all’introduzione delle merci controverse, e soggettiva, cioè la consapevolezza dell’irregolarità di siffatta introduzione. Come la Corte ha avuto modo di sottolineare in termini perfettamente sintetici, il debitore, persona fisica o giuridica, deve aver partecipato consapevolmente (12) alle operazioni di irregolare introduzione delle merci nel territorio doganale dell’Unione, essendo precisato che gli elementi di valutazione soggettiva sono tali da escludere, in certi casi, la qualificazione in parola (13).

23.      Si deve ricordare, prima di esaminare in dettaglio le condizioni di applicazione dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, che il giudice del rinvio prende le mosse dal principio che le merci sono state introdotte irregolarmente nel territorio dell’Unione, e quindi ponendo in non cale le formalità previste agli artt. 38‑41 del codice doganale. Esso non fornisce però maggiori informazioni al riguardo, proprio mentre tale introduzione ha avuto luogo nell’ambito del traffico postale. Orbene, il traffico postale è oggetto di disposizioni specifiche, di cui talune facenti capo al diritto internazionale, tali da esercitare un’influenza sulla soluzione della controversia nella causa principale. Una rapida presentazione delle principali disposizioni applicabili al traffico postale è di conseguenza necessaria prima di esaminare le due condizioni di applicazione dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale.

1.      Osservazioni preliminari sulla specificità del traffico postale

24.      A norma dell’art. 38, n. 1, lett. a), del codice doganale, le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità devono essere condotte senza indugio dalla persona che ha proceduto a tale introduzione all’ufficio doganale designato dall’autorità doganale o in altro luogo designato o autorizzato da detta autorità. L’art. 38, n. 4, del codice doganale prevede tuttavia un’eccezione a tale regola per il traffico postale, sempreché la vigilanza doganale e le possibilità di controllo doganale non risultino compromesse (14).

25.      La Corte non è mai stata chiamata, sinora, ad interpretare tale disposizione del codice doganale né, in maniera più ampia, a riflettere sulle regole doganali applicabili al traffico postale.

26.      Proprio gli artt. 237 e 238 del regolamento (CEE) della Commissione 2 luglio 1993, n. 2454, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2913/92 (15), i quali costituiscono la sezione 4, intitolata «Traffico postale», del titolo VII che comprende le disposizioni applicabili alla procedura normale di dichiarazione in dogana, dettano le principali regole specifiche applicabili, nel diritto dell’Unione (16), al traffico postale (17).

27.      Il regolamento (CEE) del Consiglio 28 marzo 1983, n. 918, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (18), prevedeva peraltro delle franchigie dai dazi all’importazione quanto alle spedizioni di un valore trascurabile, cioè non superiore ad EUR 22 (19), nonché alle spedizioni da privato a privato, più precisamente da un privato di un paese terzo ad un altro privato che si trovasse nel territorio doganale dell’Unione, purché si trattasse di importazioni prive di carattere commerciale (20).

28.      Tuttavia la decisione di rinvio non contiene alcuna menzione delle specifiche franchigie in parola, come neppure del regolamento n. 918/83. Il governo ceco deduce peraltro dalle circostanze di fatto presentate nella suddetta decisione che certamente le merci controverse sono state menzionate dal mittente, in altri termini dal fornitore, nella documentazione allegata ai pacchi spediti, cioè nei moduli CN21 o CN22, quali merci di valore trascurabile ammesse in franchigia dai dazi all’importazione in applicazione dell’art. 27 del regolamento n. 918/83. Della decisione di rinvio si può anche desumere che le importazioni controverse non possono comunque, data la loro frequenza, beneficiare delle franchigie in virtù di scambi tra privati.

29.      Spetta però al giudice del rinvio procedere agli accertamenti di fatti che gli consentano di trarre eventuali conclusioni al riguardo.

30.      Il presupposto da cui è necessario partire è che le spedizioni postali sono rette da regole particolari, fissate essenzialmente non dagli atti di diritto derivato dell’Unione menzionati supra, ma dalla convenzione dell’Unione postale universale, adottata il 10 luglio 1964 nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (21), e dalla convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali (22), firmata a Kyoto il 18 maggio 1973 (23), ed in particolare dal suo allegato F.4 riguardante le formalità doganali applicabili al traffico postale, accettato dalla decisione del Consiglio 8 dicembre 1994, 94/798/CE (24), come trasposte nei diversi ordinamenti nazionali (25).

31.      Risulta in particolare dalle disposizioni della convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali, e segnatamente dal suo allegato F.4 riguardante le formalità doganali applicabili al traffico postale, che il rispetto delle formalità doganali nell’ambito degli invii postali internazionali poggia principalmente sul mittente, il quale deve fornire i documenti richiesti, cioè il formulario di dichiarazione in dogana (inizialmente i formulari C2/CP3 nell’allegato F.4 e successivamente la dichiarazione in dogana CN22 o CN23 nel codice doganale), le fatture commerciali o pro forma richieste e qualsiasi altro documento eventualmente necessario (certificato di origine, certificato fitosanitario, autorizzazione all’esportazione, ad esempio).

2.      La partecipazione all’introduzione delle merci nel territorio doganale dell’Unione

32.      Come rilevato dal giudice del rinvio, la nozione di «partecipazione» ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale non è definita dal suddetto codice. Quest’ultimo non opera, d’altro canto, alcun rinvio al diritto degli Stati membri al fine di determinare il senso e la portata delle disposizioni in parola. Si tratta pertanto di una nozione autonoma del diritto dell’Unione che spetta alla Corte definire. La Corte ha infatti ripetutamente statuito che tanto l’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto il principio d’uguaglianza esigono che una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata deve normalmente dar luogo, nell’intera Unione, ad un’interpretazione autonoma ed uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa (26).

33.      Importa sottolineare di primo acchito che il disposto dell’art. 202, n. 3, del codice doganale mira non a determinare il «responsabile» dell’irregolare introduzione di merci nel territorio dell’Unione, ma più estensivamente a definire i debitori del debito sorto da siffatta introduzione irregolare, nel più generale interesse della tutela degli interessi finanziari dell’Unione.

34.      L’art. 202, n. 3, del codice doganale deve infatti essere letto alla luce dei precedenti paragrafi e, in particolare, del n. 1, lett. a), che definisce l’irregolare introduzione con riferimento alle disposizioni degli artt. 38‑41 del codice doganale. A norma dell’art. 202, n. 1, ultima frase, del codice doganale, l’introduzione di merci nel territorio dell’Unione è considerata irregolare quando non è oggetto di una presentazione in dogana conformemente alle disposizioni degli artt. 38‑41 del suddetto codice doganale.

35.      Tale disposizione conferma quindi il ruolo centrale svolto dalla dichiarazione in dogana, e per estensione dal dichiarante in dogana, nel codice doganale. Come la Corte ha avuto l’occasione di constatare, la qualità di debitore dell’obbligazione doganale dipende esclusivamente dalla formalità della dichiarazione in dogana risultando esclusivamente dagli effetti giuridici connessi alla formalità della dichiarazione (27). Il debitore dell’obbligazione doganale è di norma il dichiarante o, all’occorrenza, la persona in nome della quale è effettuata la dichiarazione (28) o ancora la persona su cui grava l’obbligo di dichiarazione (29). L’oggetto stesso dell’art. 202 del codice doganale è, in un’ottica siffatta, di estendere (30) la nozione di debitore dell’obbligazione doganale alle persone che non hanno osservato le disposizioni della normativa doganale dell’Unione relative alle dichiarazioni in dogana, così confermando in negativo il ruolo centrale di quest’ultima (31).

36.      Ciò precisato, si deve rilevare che i tre trattini dell’art. 202, n. 3, del codice doganale istituiscono un ordine traducente una certa graduazione nel «coinvolgimento» della persona riconosciuta come debitrice a causa della sua partecipazione all’irregolare introduzione di merci. Il primo trattino designa pertanto, in un certo senso quale debitore principale o di primo rango, la persona che ha proceduto all’introduzione irregolare, cioè quella che normalmente avrebbe dovuto svolgere le operazioni di sdoganamento e soddisfare gli obblighi del dichiarante in dogana. Il secondo e terzo trattino riguardano le persone le quali, benché non «responsabili» delle operazioni di sdoganamento a norma delle disposizioni del codice doganale, sono nondimeno coinvolte, sia prima sia immediatamente dopo l’introduzione irregolare.

37.      L’art. 202, n. 3, del codice doganale permette, con ciò, di definire varie categorie di debitori e, all’occorrenza, di codebitori in solido (32) dell’obbligazione doganale sorta dall’introduzione irregolare di merci, individuati in funzione del loro coinvolgimento nell’operazione controversa. Occorre insistere in proposito sul fatto che il codice doganale non istituisce alcuna priorità di una categoria di debitori rispetto ad un’altra, con la conseguenza che l’amministrazione doganale può indifferentemente rivolgersi al debitore che giudica maggiormente in grado di permettere la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla disposizione stessa, cioè il pagamento dei dazi doganali elusi in seguito all’inosservanza delle formalità doganali.

38.      La condizione oggettiva posta dall’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale è, in tale contesto, formulata in termini molto generali, manifestamente destinati a comprendere qualsiasi tipo di situazioni. Ciò che si esige è non una «partecipazione» effettiva ad «un’introduzione irregolare» di merci nel territorio doganale, e quindi un coinvolgimento più o meno diretto nell’irregolarità commessa, ma più semplicemente una «partecipazione» all’introduzione delle merci in quanto tale, cioè un coinvolgimento nel complesso delle operazioni che hanno contribuito alla presenza fisica delle merci nel territorio doganale dell’Unione.

39.      Come sottolineato dall’avvocato generale Tizzano nelle sue conclusioni nella causa all’origine della sentenza Spedition Ulustrans (33), citata, «tale requisito sussisterà ogniqualvolta un soggetto abbia dato un contributo materiale o morale all’introduzione della merce nella Comunità». Ciò significa sottolineare che l’ambito potenzialmente (34) coperto dalla disposizione in parola è particolarmente vasto e che possono esservi compresi tanto il contributo diretto all’introduzione fisica delle merci nel territorio doganale dell’Unione, vale a dire una complicità attiva nell’attraversamento fraudolento delle frontiere esterne dell’Unione (35), quanto un contributo indiretto, quale la partecipazione al finanziamento delle operazioni di importazione sfocianti nell’introduzione irregolare o ancora, come nella causa principale, la mera intermediazione nella conclusione del contratto di vendita della merce successivamente introdotta in maniera irregolare nel territorio doganale dell’Unione.

40.      Certo, come risulta dalla decisione di rinvio, l’introduzione delle merci nel territorio doganale dell’Unione ha avuto luogo nell’ambito del traffico postale ed il ricorrente nella causa principale non era né il mittente, né il destinatario degli invii postali costitutivi dell’introduzione stessa. Tali circostanze non possono tuttavia permettere di concludere che il ricorrente nella causa principale non ha «partecipato» all’introduzione controversa, dato che il fondamento dell’obbligazione doganale sorta da merci non dichiarate in dogana o dichiarate in dogana con una designazione inesatta (36) è l’art. 202 del codice doganale.

41.      La specificità del traffico postale deve certamente essere presa in considerazione nell’ambito dell’esame della condizione soggettiva richiesta dal secondo e dal terzo trattino dell’art. 202, n. 3, del codice doganale che esaminerò infra e la cui funzione è precisamente quella di relativizzare la severità della condizione oggettiva applicata a persone di norma non tenute all’osservanza degli obblighi gravanti sul dichiarante in dogana.

42.      Si deve quindi concludere che una persona che ha operato in qualità di intermediario per la conclusione di contratti di compravendita relativi a merci introdotte nel territorio dell’Unione ha «partecipato» all’introduzione in parola ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale.

3.      «Sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che essa era irregolare»

43.      La persona che ha «partecipato» all’introduzione delle merci nel territorio dell’Unione, nel senso testé descritto, può tuttavia essere qualificata debitore dell’obbligazione doganale solo a condizione che, conformemente all’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale, sia accertato che sapeva o, alternativamente, avrebbe dovuto, secondo ragione, sapere che l’introduzione in questione era irregolare. Il giudice del rinvio precisa al riguardo di non aver ancora proceduto ad un siffatto accertamento.

44.      Come sottolineato dalla Corte a molteplici riprese, nell’ambito di un procedimento in forza dell’art. 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale (37). Non spetta quindi alla Corte constatare essa stessa che la condizione soggettiva ricorreva nel caso di specie, che il ricorrente nella causa principale sapeva o «doveva, secondo ragione, sapere» che l’introduzione delle merci controverse era irregolare. Tuttavia, al fine di dare a quest’ultimo una soluzione utile, la Corte può, in uno spirito di cooperazione con il giudice nazionale, fornirgli tutte le indicazioni che reputa necessarie (38). Incombe di conseguenza alla Corte fornire al giudice del rinvio le indicazioni che gli permettano di effettuare l’accertamento in parola, informandolo al contempo sul metodo da seguire e sui criteri da utilizzare.

45.      La difficoltà principale sollevata dal secondo trattino dell’art. 202, n. 3, del codice doganale, peraltro al pari del terzo trattino, consiste incontestabilmente nel determinare che cosa debba intendersi per «“dovendo, secondo ragione, sapere” (39) che l’introduzione di merci era irregolare» (40).

46.      Con la seconda questione il giudice del rinvio ci prospetta un’alternativa, cioè due possibili soluzioni. Da una parte, si potrebbe considerare che una persona la quale ha partecipato all’introduzione irregolare di cui trattasi sia debitrice dell’obbligazione doganale dato che era in grado di concepire o immaginare che potesse verificarsi l’irregolarità in parola. Dall’altra, si potrebbe ritenere che la persona stessa è debitrice solo a condizione che sia praticamente certa che ciò possa verificarsi.

47.      Non sono del tutto convinto che il legislatore dell’Unione abbia avuto l’intenzione di permettere che una persona la quale abbia «partecipato» all’introduzione di merci nel territorio dell’Unione, nel significato molto ampio di «partecipazione» che ho proposto di accogliere supra, possa essere qualificata «debitore dell’obbligazione doganale» ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale dal momento che essa non era in grado di escludere che tale irregolarità potesse verificarsi, cioè, per riprendere la formulazione del giudice del rinvio, che la ritenga «concepibile» («denkbar»). Tuttavia non sono neppure sicuro del fatto che la qualificazione di «debitore dell’obbligazione doganale» ai sensi della stessa disposizione richieda il livello di certezza suggerito dall’idea che la persona in questione debba attendersi («fest rechnen») che si produca l’irregolarità in parola.

48.      Propendo quindi per l’idea che bisogna disancorarsi dall’alternativa che propone il giudice del rinvio e sforzarsi di ottenere un’interpretazione autonoma dell’espressione impiegata dal disposto dell’art. 202, n. 3, secondo e terzo trattino, del codice doganale (41).

49.      L’avverbio «raisonnablement» (secondo ragione) fa riferimento alla condizione di un operatore economico normalmente avveduto (42) e designa quello che ognuno, in circostanze normali, avrebbe dovuto sapere. Ciò che esige il requisito soggettivo è, in definitiva, una valutazione in concreto delle informazioni di cui la persona in questione disponeva o poteva disporre in circostanze normali, destinata a misurare la probabilità che essa abbia agito in frode alle regole doganali in conoscenza di causa.

50.      La condizione soggettiva prevista all’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale impone di conseguenza all’amministrazione doganale di provare, sotto il controllo dei giudici competenti, che la persona la quale ha partecipato all’introduzione irregolare delle merci controverse disponeva, doveva disporre o poteva disporre di informazioni che le permettevano di individuare l’irregolarità in questione, di prevederla e di impedirne, all’occorrenza, il verificarsi.

51.      Nell’ambito di tale valutazione, le autorità ed i giudici nazionali competenti possono prendere in considerazione elementi di ogni tipo. Si possono citare, in via indicativa e non esaustiva, lo status della persona in questione (semplice privato, operatore professionale o semiprofessionale) nonché la qualità con cui è intervenuto nell’operazione controversa, la natura delle attività ritenute come una «partecipazione» all’introduzione irregolare di cui trattasi ed anche la fase dell’operazione di importazione nel corso della quale sono state effettuate le attività stesse (finanziamento delle operazioni di importazione, organizzazione delle modalità di trasporto delle merci, conclusione dei contratti di compravendita), gli obblighi contrattuali eventualmente gravanti sulla persona o ancora, più semplicemente, le informazioni di cui si suppone che prenda conoscenza o che sono disponibili e facilmente accessibili.

52.      Spetta alle autorità ed ai giudici nazionali competenti valutare, ponderandoli, i diversi elementi pertinenti a loro disposizione idonei a provare che la persona di cui trattasi ha agito, con una sufficiente probabilità, in conoscenza di causa. Se un certo potere discrezionale deve essere loro riconosciuto al riguardo, incombe tuttavia ai medesimi svolgere tale valutazione nell’osservanza delle regole che disciplinano l’amministrazione della prova in situazioni comparabili, conformemente ai principi di equivalenza ed effettività (43).

53.      Ciò precisato, vorrei illustrare più concretamente, al solo fine di dare al giudice del rinvio una risposta utile alle sue questioni ed a titolo conclusivo, gli elementi idonei ad essere presi in considerazione nell’ambito della situazione nella causa principale.

54.      Come risulta dalle precisazioni fornite dal giudice del rinvio, la partecipazione del ricorrente nella causa principale all’irregolare introduzione delle merci controverse è avvenuta per il tramite dei suoi negozi elettronici eBay.

55.      La Commissione fa osservare in proposito che il ricorrente nella causa principale, da un lato, non può negare di aver in tal modo svolto, attraverso i suoi negozi eBay, con una certa regolarità ed a scopo di lucro, un’attività di commercializzazione di merci via Internet, organizzando e facilitando la conclusione di contratti di compravendita relativi a consegne di merci dalla Cina verso l’Unione, e, dall’altro, non poteva ignorare che consegne di tale natura facevano sorgere l’obbligo di assolvere dazi all’importazione. Essa si riferisce sul punto alla scheda d’informazione sull’ordinativo di merci via Internet (commercio elettronico) elaborata dall’amministrazione doganale tedesca. La Commissione ne inferisce che ci si poteva attendere che il ricorrente segnalasse al fornitore o ai suoi clienti l’esistenza delle disposizioni in vigore ed insistesse sulla loro osservanza se avesse avuto dubbi concernenti la regolarità dell’introduzione delle merci controverse nel territorio dell’Unione.

56.      Così agendo, la Commissione invoca due elementi, cioè, da una parte, la natura delle attività del ricorrente nella causa principale e nella fattispecie il carattere quasi professionale, quanto a durata e volume della sua attività su Internet, e, dall’altra, la diffusione al pubblico delle pertinenti informazioni relative alle regole doganali applicabili alle suddette attività, elementi che suscitano le seguenti osservazioni.

57.      Il primo elemento – conviene sottolinearlo – concerne meno lo status del ricorrente nella causa principale che la natura delle sue attività o le modalità con cui egli esercita le suddette attività. Non si tratta di determinare se quest’ultimo debba essere considerato come operatore professionale, semiprofessionale o semplice amatore, giacché una distinzione siffatta non trova alcun fondamento nel codice doganale. Se, invero, l’esercizio da parte di una persona fisica di un’attività a titolo professionale implica una presunzione che essa conosca l’insieme delle regole applicabili alla suddetta attività (44), l’esercizio da parte di una persona fisica di un’attività amatoriale non può, viceversa e per quest’ultima circostanza, liberarla dall’obbligo di osservare le regole doganali applicabili né esonerarla da qualsiasi responsabilità per la loro eventuale violazione.

58.      Invece il carattere continuativo dell’attività in questione, al pari del volume delle merci interessate, del numero e della frequenza degli invii postali effettuati, nonché la circostanza che questi ultimi lo siamo stati da parte di un solo e medesimo fornitore o di un numero molto ridotto di fornitori, sono certamente elementi di cui tener conto nell’ambito della valutazione in parola. Parimenti la circostanza che la persona in questione abbia modificato le modalità con cui esercitava la sua attività, proprio al fine di evitare di assolvere le formalità doganali è, in quest’ottica, idonea a rivestire un’importanza decisiva.

59.      Il secondo elemento, cioè la pubblicità data ad informazioni pertinenti, costituisce certamente il principale elemento da prendere in considerazione per valutare se si possa ragionevolmente ritenere che una persona abbia agito in frode alle regole doganali in conoscenza di causa. Il giudice del rinvio può, in proposito, certamente tenere conto delle informazioni destinate al grande pubblico facilmente identificabili ed agevolmente accessibili, quali la scheda di informazione sull’ordinativo di merci via Internet menzionata dalla Commissione. Esso deve anche essere in grado di fondarsi, con maggior sicurezza, sulle informazioni di cui il ricorrente nella causa principale era tenuto a prendere conoscenza su base contrattuale, cioè le condizioni di utilizzazione (45) ed i regolamenti specifici di eBay.

60.      Rientra, in particolare, in tale categoria di informazioni «obbligatorie» il «regolamento per i venditori» (46), che tutti i membri di eBay devono leggere e comprendere e che è diretto in particolare ad assicurare l’applicazione delle «leggi e normative locali». I venditori sono quindi contrattualmente tenuti a conoscere ed osservare le direttive per la messa in vendita a livello internazionale (47), che precisano la necessità per i venditori e gli acquirenti di rispettare le diverse normative applicabili. Tra le informazioni conseguentemente messe in rete da eBay nella sezione «Aiuto» del sito Internet, si trova in particolare, alle rubriche intitolate «Pagamenti e consegne», «Imballare e inviare un oggetto», «Consegnare su scala internazionale», un documento dal titolo «Documenti e formalità doganali» (48), che espone per sommi capi gli obblighi doganali incombenti ai venditori.

61.      Spetta tuttavia, come ho indicato supra, al giudice del rinvio determinare se, tenuto conto della natura delle attività del ricorrente nella causa principale, delle informazioni di cui egli era tenuto a prendere conoscenza e del contesto fattuale e normativo in cui le suddette attività si sono svolte, segnatamente il fatto che l’introduzione delle merci controverse è avvenuta nell’ambito del traffico postale, egli possa essere qualificato «debitore dell’obbligazione doganale sorta in seguito all’irregolare introduzione nel territorio doganale dell’Unione di merci» ai sensi dell’art. 202, n. 3, secondo trattino, del codice doganale.

V –    Conclusione

62.      Propongo quindi alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesfinanzhof nei termini seguenti:

«L’art. 202, n. 3, secondo trattino, del regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 novembre 2000, deve interpretarsi nel senso che un’obbligazione doganale derivante dalla partecipazione all’irregolare introduzione di una merce nel territorio doganale dell’Unione europea sorge a carico di una persona che, senza apportare direttamente il suo concorso alla suddetta introduzione, abbia partecipato a quest’ultima in qualità di intermediario per la conclusione dei contratti di compravendita relativi alle suddette merci, dal momento che sia provato che, date le informazioni di cui disponeva o potere disporre in circostanze normali, essa ha agito, con una sufficiente probabilità, in conoscenza di causa.

A tal fine spetta proprio alle autorità ed ai giudici nazionali competenti valutare e ponderare i diversi elementi pertinenti a loro disposizione, nell’osservanza delle regole che disciplinano l’amministrazione della prova in situazioni comparabili, conformemente ai principi di equivalenza ed effettività».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce un codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 novembre 2000, n. 2700 (GU L 311, pag. 17; in prosieguo: il «codice doganale»).


3 – V., in particolare, sentenze 4 marzo 2004, cause riunite C‑238/02 e C‑246/02, Viluckas e Jonusas (Racc. pag. I‑2141); 23 settembre 2004, causa C‑414/02, Spedition Ulustrans (Racc. pag. I-8633), nonché 3 marzo 2005, causa C‑195/03, Papismedov e a. (Racc. pag. I‑1667).


4 – Come rilevato, ad esempio, dal Comitato economico e sociale europeo nel suo parere in merito alla proposta di regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) [COM(2005) 608 def.] (GU 2006, C 309, pag. 22), «sta aumentando in modo esponenziale il volume degli acquisti di merci effettuati, via Internet o per corrispondenza, in paesi fuori dell’Unione».


5 – La presente causa può, detto in termini più ampi, incidere sullo sviluppo di tecniche commerciali quali il «drop shipment», che permette di vendere un prodotto acquistato presso un fornitore che assume egli stesso a suo carico le operazioni di consegna e quindi di liberarsi, tra l’altro, dei problemi di gestione degli stock, di logistica e di servizio assistenza ai clienti.


6 – Nel corso del periodo durante il quale si sono svolti i fatti di cui alla causa principale, cioè tra l’aprile 2004 ed il maggio 2006, il codice doganale è stato modificato, segnatamente dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 aprile 2005, n. 648, che modifica il regolamento n. 2913/92 (GU L 117, pag. 13). Le modifiche apportate al codice doganale da tale regolamento e, in particolare, quelle relative all’art. 40, non hanno però alcuna incidenza sulla soluzione della controversia nella causa principale.


7 – Si può precisare immediatamente che, malgrado il fatto che il ricorrente nella causa principale esercitasse le sue attività tramite Internet, non è applicabile la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1). Infatti, se è vero che l’attività di intermediario eBay rientra nella direttiva, ciò non si verifica, ai sensi dell’art. 2, lett. h), ii), della suddetta direttiva, per la «consegna di beni per i quali è stato concluso un contratto con mezzi elettronici», come constatato dalla Corte (v. sentenza 2 dicembre 2010, causa C‑108/09, Ker-Optika, Racc. pag. I‑12213, punti 29 e 30).


8 – Citate sentenze Spedition Ulustrans (punto 39), nonché Papismedov e a. (punto 38). V. anche sentenza 15 settembre 2005, causa C‑140/04, United Antwerp Maritime Agencies e Seaport Terminals (Racc. pag. I‑8245, punto 30).


9 – Citata sentenza Papismedov e a. (punto 38).


10 – Sarebbe ad esempio questo il caso dell’autista di un autotreno che avrebbe omesso di presentarsi con le merci da lui trasportate al primo valico doganale incontrato sul suo tragitto all’ingresso nel territorio dell’Unione, come nella causa all’origine della citata sentenza Viluckas e Jonusas.


11 – Citate sentenze Viluckas e Jonusas (punto 29), nonché Spedition Ulustrans.


12 – Citata sentenza Papismedov e a. (punto 40).


13 – Citate sentenze Spedition Ulustrans (punti 27 e 28), nonché Papismedov e a. (punto 40).


14 – V., anche, l’art. 45 del codice doganale.


15 – GU L 253, pag. 1. Il regolamento (CEE) del Consiglio 21 dicembre 1988, n. 4151, che stabilisce le disposizioni applicabili alle merci introdotte nel territorio doganale della Comunità (GU L 367, pag. 1), abrogato dal codice doganale, prevedeva già disposizioni specifiche per il traffico postale (v., in particolare, quinto ‘considerando’, nonché artt. 3, n. 4, e 10 del regolamento).


16 – Occorre tuttavia ricordare che, conformemente all’art. 8 della decisione del Consiglio 29 settembre 2000, 2000/597/CE, Euratom, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 253, pag. 42), applicabile all’epoca dei fatti della causa principale, le risorse proprie delle Comunità europee di cui all’art. 2, n. 1, lett. a) e b), della suddetta decisione, tra cui i dazi doganali, «sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa comunitaria».


17 – L’art. 237, n. 1, A, del regolamento n. 2454/93 precisa infatti che le spedizioni postali, e segnatamente i pacchi, sono «considerate» dichiarate in dogana per l’immissione in libera pratica, sia [ipotesi lett. a)] al momento della loro introduzione nel territorio doganale, se dispensate dall’obbligo di essere presentate in dogana, conformemente alle disposizioni adottate in applicazione dell’art. 38, n. 4, del codice, sia in subordine [ipotesi lett. b)] al momento della loro presentazione in dogana, sempreché siano scortate dalla dichiarazione CN22 e/o CN23. Inizialmente si trattava della dichiarazione C1 e/o C2/CP3. La disposizione è stata modificata dall’art. 1, punto 6, del regolamento (CE) n. 1602/2000 della Commissione 24 luglio 2000, recante modifica del regolamento n. 2454/93 (GU L 188, pag. 1), per tener conto del fatto che i moduli forniti dall’Unione postale universale per la dichiarazione delle spedizioni effettuate per lettera o pacco postale erano stati sostituiti (v., al riguardo, nono ‘considerando’ del suddetto regolamento).


18 – GU L 105, pag. 1, e rettifica GU 1986, L 271, pag. 31. Tale regolamento è stato modificato dall’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca, e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea – Protocollo n. 3 sulle zone di sovranità del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord a Cipro (GU 2003, L 236, pag. 940). Tale regolamento è stato successivamente abrogato dal regolamento (CE) del Consiglio 16 novembre 2009, n. 1186, relativo alla fissazione del regime comunitario delle franchigie doganali (GU L 324, pag. 23).


19 – V. artt. 27 e 28 del suddetto regolamento. L’esenzione riguardava le merci spedite direttamente da un paese terzo ad un destinatario che si trovasse nel territorio dell’Unione, ad eccezione dei prodotti alcolici, dei profumi e dell’acqua da toletta e dei tabacchi e prodotti del tabacco.


20 – V. artt. 29‑31 del suddetto regolamento.


21 – Tale convenzione, alla quale hanno aderito tutti gli Stati membri dell’Unione, istituisce il contesto normativo generale che disciplina le attività postali internazionali.


22 – Decisione del Consiglio 18 marzo 1975, 75/199/CEE, sulla conclusione della convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali e accettazione dell’allegato relativo ai depositi doganali (GU L 100, pag. 1).


23 – Con decisione del Consiglio 17 marzo 2003, 2003/231/CE, relativa all’adesione della Comunità europea al protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali (convenzione di Kyoto) (GU L 86, pag. 21), l’Unione ha aderito al protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali, adottato dal consiglio di cooperazione doganale il 26 giugno 1999. V. anche decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/485/CE, che modifica la decisione 2003/231/CE relativa all’adesione della Comunità europea al protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali (convenzione di Kyoto) (GU L 162, pag. 113). L’adesione riguarda il testo del suddetto protocollo di emendamento, ivi comprese le appendici I e II, ma esclusa l’appendice III.


24 – Decisione relativa all’accettazione, a nome della Comunità, degli allegati E.7 e F.4 della convenzione per la semplificazione e l’armonizzazione dei regimi doganali (GU L 331, pag. 11). Va notato che l’allegato in questione è stato tuttavia accettato con una riserva d’ordine generale e con riserve in merito alle norme 19 e 26 e alle prassi raccomandate 23, 24 e 25.


25 – V., al riguardo, le mie osservazioni alla nota a piè di pagina 16.


26 – V., in particolare, sentenze 18 gennaio 1984, causa 327/82, Ekro (Racc. pag. 107, punto 11); 19 settembre 2000, causa C‑287/98, Linster (Racc. pag. I‑6917, punto 43), e 27 febbraio 2003, causa C‑373/00, Adolf Truley (Racc. pag. I‑1931, punto 35).


27 – Sentenza 14 novembre 2002, causa C‑251/00, Ilumitrónica (Racc. pag. I‑10433, punti 32, 33 e 65).


28 – Per esempio, il datore di lavoro della persona che ha proceduto all’irregolare introduzione controversa in esecuzione di mansioni affidategli da quest’ultimo (v. citata sentenza Spedition Ulustrans).


29 – Citate sentenze Viluckas e Jonusas (punti 23 e 24).


30 – V., segnatamente, sentenza 2 aprile 2009, causa C‑459/07, Elshani (Racc. pag. I‑2759, punti 26‑28).


31 – Alla stregua degli artt. 203‑205, 210, 211 nonché 220 del codice doganale, che riguardano tutti situazioni caratterizzate da una violazione, da parte dell’operatore interessato, della normativa doganale dell’Unione (v. sentenza 31 marzo 2011, causa C‑546/09, Aurubis Balgaria, Racc. pag. I‑2531, punti 32‑34).


32 – Come accadeva nella causa all’origine della citata sentenza Spedition Ulustrans.


33 – Paragrafo 40 delle suddette conclusioni.


34 – Cioè con riserva dell’adempimento della seconda condizione soggettiva.


35 – Ciò si verifica per la responsabilità condivisa dell’autista dell’autotreno all’interno del quale le merci hanno attraversato le frontiere esterne dell’Unione non osservando le formalità doganali, e del suo datore di lavoro, come nella causa all’origine della citata sentenza Spedition Ulustrans.


36 – Citata sentenza Papismedov e a. (punto 36).


37 – V., segnatamente, sentenze 16 marzo 1978, causa 104/77, Oehlschläger (Racc. pag. 791, punto 4); 15 novembre 1979, causa 36/79, Denkavit Futtermittel (Racc. pag. 3439, punto 12), e 10 febbraio 2011, cause riunite C‑436/08 e C‑437/08, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (Racc. pag. I‑305, punto 41).


38 – V., segnatamente, sentenze 1° luglio 2008, causa C‑49/07, MOTOE (Racc. pag. I‑4863, punto 30); 4 giugno 2009, causa C‑142/05, Mickelsson e Roos (Racc. pag. I‑4273, punto 41); 15 aprile 2010, causa C‑433/05, Sandström (Racc. pag. I-2885, punto 35), nonché 22 dicembre 2010, causa C‑12/10, Lecson Elektromobile (Racc. pag. I‑14173, punto 15).


39 – In inglese, «reasonably have been aware», in tedesco, «vernünftigerweise hätten wissen müssen» e, in spagnolo, «debiendo saber razonablemente».


40 – Si deve osservare che il codice doganale contiene altre disposizioni che fanno ricorso a disposizioni vicine o identiche. L’art. 8, n. 1, primo trattino, concerne l’annullamento di una decisione favorevole presa in base ad elementi inesatti o incompleti. L’art. 201, n. 3, secondo comma, concerne le dichiarazioni in dogana basate su dati erronei. L’art. 203, n. 3, secondo e terzo trattino, concerne la sottrazione di merci al controllo doganale. L’art. 205, n. 3, concerne il consumo di una merce soggetta a dazi all’importazione in una zona franca o in un deposito franco. L’art. 210, n. 3, secondo trattino, riguarda l’uscita fuori del territorio doganale dell’Unione, senza dichiarazione in dogana, di una merce soggetta ai dazi all’importazione. La Corte ha impiegato essa stessa formule identiche nelle proprie sentenze (sentenza 17 marzo 2011, causa C‑23/10, Commissione/Portogallo). L’uso di formule simili è del pari assai diffuso negli atti che impongono sanzioni a Stati terzi o a talune persone fisiche o organismi («smart sanctions»), nei limiti in cui persone fisiche o giuridiche non possono ritenersi responsabili della violazione di un diritto se esse «non avevano alcun ragionevole motivo di sospettare» che le loro azioni avrebbero implicato una conseguenza siffatta [v., per esempio, art. 10, n. 2, del regolamento (UE) del Consiglio 9 maggio 2011, n. 442, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 121, pag. 1)].


41 – V., in proposito, le mie osservazioni al paragrafo 32 delle presenti conclusioni.


42 – La nozione di operatore economico normalmente avveduto ricorda senz’altro quella di consumatore medio o di internauta di regola informato e ragionevolmente attento ed accorto alla cui stregua si valuta, tra l’altro, il carattere distintivo di un marchio (sentenze 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips, Racc. pag. I‑5475, e 15 settembre 2005, causa C‑37/03 P, BioID/UAMI, Racc. pag. I‑7975). Il «consumatore medio, di regola informato e ragionevolmente attento ed accorto» è anche utilizzato in contesti diversi da quello del diritto dei marchi (v. sentenza 16 luglio 1998, causa C‑210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I‑4657). V., anche, in materia di tutela dei consumatori, sentenza 4 ottobre 2007, causa C‑457/05, Schutzverband der Spirituosen-Industrie (Racc. pag. I‑8075), nonché, in materia di pubblicità ingannevole, sentenza 8 aprile 2003, causa C‑44/01, Pippig Augenoptik (Racc. pag. I‑3095).


43 – V., al riguardo, in particolare, sentenze 10 aprile 2003, causa C‑276/01, Steffensen (Racc. pag. I‑3735, punto 80); 7 settembre 2006, causa C‑526/04, Laboratoires Boiron (Racc. pag. I‑7529); 24 aprile 2008, causa C‑55/06, Arcor (Racc. pag. I‑2931, punto 192), e 28 gennaio 2010, causa C‑264/08, Direct Parcel Distribution Belgium (Racc. pag. I-731, punti 32‑36 e 42‑47).


44 – Il carattere professionale dell’attività svolta può, al contrario e logicamente, essere preso in considerazione per valutare le informazioni a disposizione della persona di cui trattasi.


45 – http://pages.ebay.fr/help/policies/user-agreement.html.


46 – http://pages.ebay.fr/help/policies/seller-rules-overview.html.


47 – http://pages.ebay.fr/help/policies/seller-international.html.


48 – http://pages.ebay.fr/help/pay/customs.html.

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