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Documento 62009CC0027

Conclusioni dell'avvocato generale Sharpston del 14 luglio 2011.
Repubblica francese contro People's Mojahedin Organization of Iran.
Impugnazione - Politica estera e di sicurezza comune - Misure restrittive contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo - Posizione comune 2001/931/PESC - Regolamento (CE) n. 2580/2001 - Congelamento dei capitali applicabile ad un gruppo inserito in un elenco redatto, riesaminato e modificato dal Consiglio dell’Unione europea - Diritti della difesa.
Causa C-27/09 P.

Raccolta della Giurisprudenza 2011 -00000

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2011:482

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 14 luglio 2011 (1)

Causa C‑27/09 P

Repubblica francese


contro


People’s Mojahedin Organization of Iran

«Impugnazione – Misure restrittive finalizzate alla lotta contro il terrorismo – Congelamento di fondi e di capitali»






Indice


Introduzione

Contesto normativo

La normativa dell’Unione europea

Le norme in tema di diritti umani

Fatti

La PMOI

Eventi intervenuti immediatamente prima e durante l’adozione della decisione controversa

La sentenza impugnata

L’impugnazione

Sulla ricevibilità

Sul merito

Il primo motivo (presunta violazione dei diritti della difesa)

Il procedimento precedente l’adozione della decisione controversa: 1) il periodo compreso tra il 7 maggio 2008 e il 9 giugno 2008

Il procedimento precedente l’adozione della decisione impugnata: 2) il periodo compreso tra il 9 giugno 2008 e il 15 luglio 2008

L’obbligo di notifica alla PMOI

Il secondo e il terzo motivo

Il secondo motivo (presunta violazione dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931)

Il terzo motivo (presunta violazione del diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale)

Il primo argomento: «le informazioni non divulgate non sono state invocate»

Il secondo argomento: «le informazioni non comunicate erano riservate»

Il ruolo delle autorità nazionali degli Stati membri

Procedimento dinanzi al Consiglio

–       Se l’autorità nazionale competente era un’«autorità giudiziaria»

–       Se l’autorità nazionale competente era un’«autorità competente equivalente»

Il regolamento di procedura del Tribunale

–       Ambito d’applicazione

–       L’uso di prove riservate

–       La necessità di rispettare le garanzie per i diritti dell’uomo accordate dal diritto dell’Unione

–       La natura e l’intensità del controllo che dev’essere effettuato dal giudice dell’Unione

Osservazione conclusiva

Sulle spese

Conclusione


 Introduzione

1.        Con la presente impugnazione la Repubblica francese chiede alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado (ora il «Tribunale») (2) 4 dicembre 2008, causa T‑284/08, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (in prosieguo: la «sentenza impugnata») (3).

2.        Con detta sentenza il Tribunale ha annullato la decisione del Consiglio 2008/583/CE (in prosieguo: la «decisione controversa») (4) nella parte relativa alla People’s Mojahedin Organization of Iran (in prosieguo: la «PMOI»). Tale decisione ha avuto l’effetto di mantenere in vigore le disposizioni per il congelamento dei capitali e delle altre attività finanziarie e risorse economiche della PMOI all’interno dell’Unione europea.

3.        La sequenza di avvenimenti che hanno preceduto l’adozione della sentenza impugnata è complicata. Per semplificare, ho ricordato gli eventi principali nel corso delle presenti conclusioni e ho aggiunto una cronologia dettagliata in un allegato a parte.

4.        Gli antefatti del caso vanno intesi nel contesto del rilevante aumento del terrorismo internazionale negli anni recenti e delle risposte date dalle Nazioni Unite e dall’Unione europea alla minaccia che il terrorismo ha posto e continua a porre.

 Contesto normativo

5.        Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373 (2001). L’art. 1 di tale risoluzione dispone quanto segue: «(...) gli Stati (...) c) congelano senza indugio i capitali e gli altri strumenti finanziari o risorse economiche delle persone che commettono o tentano di commettere atti di terrorismo, li agevolano o vi partecipano, delle entità appartenenti a tali persone o da esse controllate direttamente o indirettamente, e delle persone ed entità che agiscono in nome o dietro istruzione di tali persone o entità (...)».

 La normativa dell’Unione europea

6.        Nell’ambito delle disposizioni relative all’attuazione della risoluzione 1373 (2001) all’interno dell’Unione europea, il Consiglio ha adottato la posizione comune 27 dicembre 2001, 2001/931 (5).

7.        Il settimo ‘considerando’ della posizione comune 2001/931 così recita:

«È necessaria un’azione della Comunità volta ad attuare alcune di dette ulteriori misure. È altresì necessaria un’azione degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda l’attuazione di forme di cooperazione di polizia e giudiziarie in materia penale».

8.        L’art. 1 della posizione comune 2001/931 così prevede:

«1.      La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell’allegato, coinvolti in atti terroristici.

2.      Ai fini della presente posizione comune per “persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici” si intendono:

–        persone che compiono, o tentano di compiere, atti terroristici o vi prendono parte o li agevolano,

–        gruppi ed entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone; e persone, gruppi ed entità che agiscono a nome o sotto la guida di tali persone, gruppi ed entità, inclusi i capitali provenienti o generati da beni posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone o da persone, gruppi ed entità ad esse associate.

3.      Ai fini della presente posizione comune per “atto terroristico” si intende uno degli atti intenzionali di seguito indicati, che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un’organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di:

i)      intimidire gravemente la popolazione, o

ii)      costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; o

iii)      destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un’organizzazione internazionale:


a)      attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;

b)      attentati gravi all’integrità fisica di una persona;


c)      sequestro di persona e cattura di ostaggi;

d)      distruzioni massicce di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private, che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;

e)      sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci;

f)      fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche e chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;

g)      diffusione di sostanze pericolose, cagionamento di incendi, inondazioni o esplosioni il cui effetto metta in pericolo vite umane;

h)      manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;

i)      minaccia di mettere in atto uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h);

j)      direzione di un’organizzazione terroristica;

k)      partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, anche fornendo informazioni o mezzi materiali o finanziandone in qualsiasi forma le attività, nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose del gruppo.

Ai fini del presente paragrafo, per “gruppo terroristico” s’intende l’associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici. Il termine “associazione strutturata” designa un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.

4.      L’elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell’elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.

Ai fini dell’applicazione del presente paragrafo, per “autorità competente” s’intende un’autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un’equivalente autorità competente nel settore.

5.      Il Consiglio si adopera affinché nell’elenco, in allegato, delle persone fisiche e giuridiche, dei gruppi o delle entità siano inseriti dettagli sufficienti a consentire l’effettiva identificazione di esseri umani, persone giuridiche, entità o organismi, in modo da discolpare più agevolmente coloro che hanno un nome identico o simile.

6.      I nomi delle persone ed entità riportati nell’elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell’elenco sia giustificato».

9.        L’art. 4 della posizione comune 2001/931 dispone quanto segue:

«Gli Stati membri si prestano, nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal titolo VI del trattato sull’Unione europea, la massima assistenza possibile ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per quanto riguarda le indagini e le azioni penali condotte dalle loro autorità nei confronti di persone, gruppi ed entità di cui all’allegato, essi si avvalgono appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell’Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni internazionali vincolanti per gli Stati membri».

10.      L’allegato alla posizione comune 2001/931 non comprende la PMOI.

11.      Ritenendo necessario un regolamento per dare attuazione a livello dell’Unione europea alle misure descritte nella posizione comune 2001/931, il Consiglio ha adottato il regolamento n. 2580/2001 (in prosieguo: il «regolamento») (6).

12.      L’art. 1, n. 6, del regolamento contiene la seguente definizione:

«“Controllo di una persona giuridica, gruppo o entità”:

a)      avere il diritto di nominare o destituire la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, di gestione o di controllo di una persona giuridica, gruppo o entità;

b)      aver nominato, solo esercitando i propri diritti di voto, la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, di gestione o di controllo di una persona giuridica, gruppo o entità rimasti in carica durante l’esercizio finanziario in corso e quello precedente;

c)      avere il controllo totale, previo accordo con gli altri azionisti o soci di una persona giuridica, gruppo o entità, della maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci in seno a detta persona giuridica, gruppo o entità;

d)      avere il diritto di esercitare un’influenza dominante su una persona giuridica, gruppo o entità, sulla base di un accordo concluso con detta persona giuridica, gruppo o entità o in virtù di una disposizione in tal senso inserita nel suo statuto, qualora la legge che disciplina detta persona giuridica, gruppo o entità consenta di assoggettarla a un accordo o a una disposizione di tal genere;

e)      potersi avvalere del diritto di esercitare un’influenza dominante, ai sensi della lettera d), pur non essendo il titolare di detto diritto;

f)      avere il diritto di utilizzare, integralmente o in parte, le attività di una persona giuridica, gruppo o entità;

g)      gestire una persona giuridica, gruppo o entità su base unificata, pubblicando nel contempo rendiconti consolidati;

h)      condividere, in modo congiunto e solidale, o garantire le passività finanziarie di una persona giuridica, gruppo o entità».

13.      L’art. 2 del regolamento così prevede:

«1.   Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:

a)      tutti i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;

b)      è vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell’elenco di cui al paragrafo 3, capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche.

(...)

3.      Il Consiglio, deliberando all’unanimità, elabora, riesamina e modifica l’elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in conformità delle disposizioni di cui all’articolo I, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune 2001/931/PESC. Tale elenco include:

i)      persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

ii)      persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;

iii)      persone giuridiche, gruppi o entità di proprietà o sotto il controllo di una o più delle persone fisiche o giuridiche, dei gruppi e delle entità di cui ai punti i) e ii);

iv)      persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità che agiscano per conto o su incarico di una o più persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità di cui ai punti i) e ii)».

14.      L’art. 8 del regolamento così recita:

«Gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e si comunicano le informazioni in loro possesso connesse al presente regolamento (…) e (…) le violazioni e i problemi di applicazione o le sentenze pronunciate dai tribunali nazionali».

15.      Con decisione 2001/927 (7) il Consiglio ha adottato l’elenco iniziale delle persone, gruppi o entità ai quali si applica il regolamento. Il nome della PMOI non vi compariva.

16.      Nell’allegato alla posizione comune 2 maggio 2002, n. 2002/340 (8), il Consiglio ha elaborato un elenco di persone, gruppi ed entità a cui si applica la posizione comune 2001/931. Il punto 2 di tale allegato, intitolato «Gruppi ed entità» conteneva un riferimento alla PMOI, che veniva identificata nel seguente modo: «Organizzazione Mujahedin-e Khalq (MEK o MKO) [eccetto il “Consiglio nazionale di resistenza dell’Iran” (NCRI)] [anche nota come Esercito di liberazione nazionale dell’Iran (NLA, ala militare del MEK), Mujahidin del popolo dell’Iran (PMOI), Consiglio nazionale di resistenza (NCR), Società musulmana degli studenti iraniani] [sic]».

17.      Con decisione anch’essa datata 2 maggio 2002, 2002/334 (9), il Consiglio ha adottato un elenco aggiornato di persone, gruppi ed entità cui si applica il regolamento. Il nome della PMOI compariva in questo elenco negli stessi termini impiegati nell’allegato della posizione comune 2002/340.

18.      Ai sensi dell’art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931, nonché dell’art. 2, n. 3, del regolamento, il Consiglio ha adottato una serie di ulteriori decisioni che elencano le persone, i gruppi e le entità ai quali si applicava la posizione comune. Il nome della PMOI compariva ancora negli allegati di tali decisioni.

19.      Il 15 luglio 2008 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Ancora una volta, il nome della PMOI compariva nell’allegato di tale decisione.

20.      Con decisione 2009/62 (10), che ha fatto seguito all’adozione della decisione impugnata il 4 dicembre 2008, il Consiglio ha adottato un elenco aggiornato di persone, gruppi ed entità ai quali si applicava il regolamento n. 2580/2001. Il nome della PMOI non compariva più nell’elenco.

 Le norme in tema di diritti umani

21.      L’art. 15, n. 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «Convenzione») dispone quanto segue:

«In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale».

22.      L’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») (11), intitolato «Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale», così recita:

«Ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo.

Ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare.

(...)».


 Fatti

 La PMOI

23.      La PMOI è un’organizzazione politica iraniana (12). Essa è stata fondata nel 1965, inizialmente con l’obiettivo di contrastare il regime dello Scià. Ha preso parte attivamente alle proteste in Iran che portarono alla fine alla caduta dello Scià nel 1979, per poi ben presto entrare in conflitto con il regime fondamentalista dell’Ayatollah Khomeini. Verso la fine del 1981 molti dei suoi membri e sostenitori sono stati esiliati e il loro principale luogo di rifugio è divenuto la Francia. Tuttavia, nel 1986, a seguito di negoziati tra le autorità francesi e quelle iraniane, il governo francese li ha di fatto trattati come stranieri indesiderati e la direzione della PMOI, con diverse migliaia di seguaci, è stata trasferita in Iraq. In tale paese l’organizzazione ha conservato un formidabile arsenale di armi, compresi carri armati e lanciarazzi, fino all’invasione di tale paese da parte delle forze della coalizione nel 2003. Dall’Iraq essa ha fornito sostegno militare al paese ospite nella guerra contro l’Iran fino alla sua conclusione e ha condotto operazioni violente all’interno dell’Iran fino al 2001.

24.      A partire dal 2001 e, più in particolare dall’occupazione dell’Iraq nel 2003, la PMOI ha continuato a condurre una campagna per legittimare il proprio status come movimento laico democratico finalizzato al sovvertimento pacifico dell’attuale regime iraniano. Durante un congresso straordinario svoltosi nel giugno 2001 in Iraq, la PMOI ha annunciato formalmente di aver deciso di rinunciare a qualsiasi azione o attività militare in Iran.

25.      Le attività terroristiche nelle quali in precedenza la PMOI era coinvolta hanno tuttavia portato alla sua proscrizione quale organizzazione terroristica in numerosi paesi. L’8 ottobre 1997 lo United States Secretary of State (Segretario di Stato degli Stati Uniti) ha proclamato la PMOI «organizzazione straniera terroristica» in tale paese (13). Con ordinanza 28 marzo 2001 il Secretary of State for the Home Department (Ministro dell’Interno del Regno Unito; in prosieguo: l’«Home Secretary») ha emanato un’ordinanza ai sensi del Terrorism Act del 2000, proclamando la PMOI organizzazione terroristica proscritta in tale Stato membro (14).

26.      Tali attività hanno condotto anche ad iniziative adottate in Francia contro i presunti membri della PMOI. Nell’aprile 2001 la procura antiterrorismo del Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale regionale di Parigi) ha avviato un’indagine (15) su reati di «associazione per delinquere finalizzata alla preparazione di atti di terrorismo» alle condizioni previste nel diritto francese dalla legge 22 luglio 1996, n. 96/647. L’indagine ha riguardato anche il «finanziamento di un gruppo terroristico» ai sensi della legge 15 novembre 2001, n. 2001/1062.

27.      Il 17 giugno 2003 gli uffici della PMOI di Auvers-sur-Oise, in Francia, sono stati perquisiti dalla polizia francese (16). Molte persone sono state fermate e alcune di esse poste in stato di arresto. Sebbene sia stata rinvenuta una notevole somma di denaro, non è stato avviato alcun procedimento penale.

28.      Oltre all’indagine citata al precedente paragrafo 26, il 19 marzo e il 13 novembre 2007 la procura antiterrorismo ha elevato imputazioni supplementari nei confronti di presunti membri della PMOI. Esse riguardavano, in particolare, presunti reati di «riciclaggio dei proventi diretti o indiretti di truffe a danno di soggetti particolarmente vulnerabili e di truffa in banda organizzata» in relazione ad attività terroristiche.

29.      Nel frattempo, nel Regno Unito, il 30 ottobre 2006 la PMOI aveva impugnato dinanzi alla Proscribed Organisations Appeal Commission [Commissione d’appello riguardo alle organizzazioni vietate, Regno Unito] (in prosieguo: la «POAC») una decisione dell’Home Secretary che rifiutava di revocare la sua proscrizione. Il punto essenziale su cui si incentrava il suo ricorso era che, a prescindere dalla natura delle attività svolte al momento della proscrizione, la PMOI aveva poi rinunciato al terrorismo e respinto ogni violenza.

30.      Con la sua decisione la POAC ha accolto il ricorso della PMOI, qualificando come «perverse» [«ingiusta»] la conclusione dell’Home Secretary che rifiutava di revocare la proscrizione della PMOI.

31.      Con sentenza 7 maggio 2008 (17) la Court of Appeal (England and Wales) [Corte d’appello (Inghilterra e Galles), Regno Unito] ha respinto la domanda con cui l’Home Secretary chiedeva di essere autorizzato a proporre impugnazione avverso la decisione della POAC, ordinandogli di revocare la proscrizione della PMOI.

 Eventi intervenuti immediatamente prima e durante l’adozione della decisione controversa

32.      Numerosi eventi si sono succeduti in modo rapido o relativamente rapido prima dell’adozione della decisione controversa.

33.      Il 9 giugno 2008 la Repubblica francese ha trasmesso al Consiglio una cosiddetta informazione supplementare relativa alla PMOI che, secondo tale Stato membro, giustificava il mantenimento della stessa nell’elenco di persone, gruppi ed entità di cui venivano congelati i capitali ai sensi dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dell’art. 2, n. 3, del regolamento.

34.      Successivamente si è svolta una serie di riunioni del gruppo di lavoro del Consiglio responsabile per l’attuazione della posizione comune 2001/931 (in prosieguo: il «gruppo di lavoro PC 931») (18). Successivamente all’approvazione della decisione controversa e all’esposizione dei motivi da parte del gruppo di lavoro il 4 luglio 2008, lo stesso giorno ha avuto luogo una riunione del gruppo di lavoro dei consulenti per le relazioni esterne (Relex) del Consiglio, nel corso della quale è stato raggiunto un accordo sul testo di una versione aggiornata della decisione controversa. Detto testo è stato a sua volta trasmesso al Comitato dei rappresentanti permanenti ed approvato da tale Comitato il 2 luglio 2008. La decisione controversa è stata adottata il 15 luglio 2008.

35.      Nel frattempo, con ordinanza 23 giugno 2008, entrata in vigore il 24 giugno 2008, l’Home Secretary, in risposta alla sentenza della Court of Appeal 7 maggio 2008, ha eliminato il nome della PMOI dall’elenco delle organizzazioni proscritte in tale Stato membro in base al Terrorism Act 2000.

36.      Con lettera 15 luglio 2008 il Consiglio ha notificato la decisione controversa alla PMOI. Alla lettera è stata allegata una motivazione (19).

37.      È assodato che il Consiglio non ha mai comunicato alla PMOI, in nessuna fase precedente l’adozione della decisione controversa, le nuove informazioni o i nuovi elementi inseriti nel fascicolo che, secondo il Consiglio stesso, giustificavano il suo mantenimento nell’elenco delle organizzazioni di cui venivano congelati i capitali ai sensi dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dell’art. 2, n. 3, del regolamento.

 La sentenza impugnata

38.      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 luglio 2008 la PMOI ha citato in giudizio il Consiglio chiedendo l’annullamento della decisione controversa nella parte in cui le era applicabile.

39.      La Repubblica francese e la Commissione europea sono state ammesse ad intervenire in tale procedimento.

40.      A titolo di provvedimento istruttorio, il Tribunale ha adottato un’ordinanza il 26 settembre 2008 (in prosieguo: l’«ordinanza 26 settembre 2008») con cui ha ordinato al Consiglio di produrre tutti i documenti relativi all’adozione della decisione controversa riguardanti la PMOI, pur restando riservata la comunicazione degli stessi alla PMOI, in questa fase del procedimento, nel caso in cui il Consiglio ne avesse invocato il carattere riservato.

41.      Il Consiglio ha ottemperato a tale ordinanza in due tempi. Anzitutto, il 10 ottobre 2008 esso ha fornito una risposta (in prosieguo: la «prima risposta all’ordinanza 26 settembre 2008») alla quale erano allegati otto documenti. Sette di essi, non qualificati come riservati, sono stati debitamente trasmessi alla PMOI. L’ottavo documento conteneva una versione riservata di uno dei documenti inclusi negli altri allegati, e non è stato trasmesso alla PMOI.

42.      Nella prima risposta all’ordinanza 26 settembre 2008 il Consiglio ha dichiarato di non essere in grado di produrre, in tale fase, alcuni ulteriori documenti che esponevano le nuove basi proposte per iscrivere la PMOI nell’elenco e che spiegavano le ragioni della sua proposta, dal momento che si trattava di documenti qualificati come riservati dalla Repubblica francese e che non potevano essere resi disponibili nel momento in cui la risposta veniva trasmessa. Tali documenti sono stati trasmessi al gruppo di lavoro PC 931 nella procedura sfociata nell’adozione della decisione controversa.

43.      Tali ulteriori documenti sono stati debitamente inclusi nell’allegato alla seconda risposta del Consiglio (in prosieguo: la «seconda risposta all’ordinanza 26 settembre 2008»), depositata il 6 novembre 2008. In tale risposta il Consiglio comunicava al Tribunale che la Repubblica francese, avendo completato le procedure interne necessarie per la declassificazione dei tre documenti di cui trattasi, aveva autorizzato la trasmissione dei primi due documenti nella loro versione integrale, e aveva consentito la comunicazione del terzo previa cancellazione di due passaggi. Tali passaggi comprendevano le informazioni indicate ai punti 3, lett. a), e 3, lett. f), dell’allegato 3 alla risposta [in prosieguo, rispettivamente: l’«informazione del punto 3, lett. a)» e l’«informazione del punto 3, lett. f)»].

44.      Con sentenza pronunciata il 4 dicembre 2008 il Tribunale ha accolto il ricorso della PMOI condannando il Consiglio alle spese.

45.      Dinanzi al Tribunale la PMOI ha fatto valere sei motivi. Per quanto rileva ai fini della presente impugnazione, veniva invocata in primo luogo la violazione dei diritti della difesa, in quanto il Consiglio ha adottato la decisione controversa senza prima comunicare alla PMOI le nuove informazioni o i nuovi elementi contenuti nel fascicolo che, secondo il Consiglio stesso, giustificavano il mantenimento della PMOI nell’elenco di persone, gruppi ed entità cui venivano congelati i capitali ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento.

46.      Il Tribunale ha affrontato tale motivo ai punti 36-47 della sentenza impugnata.

47.      Al punto 39 esso ha dichiarato quanto segue: «[i]l Tribunale ritiene che tale argomento del Consiglio non giustifichi assolutamente la presunta impossibilità in cui detta istituzione si sarebbe trovata di adottare la decisione impugnata secondo una procedura rispettosa dei diritti di difesa della ricorrente».

48.      Più specificamente, il Tribunale ha ritenuto che l’asserita urgenza non fosse stata minimamente dimostrata. Infatti, anche ammettendo che il Consiglio non fosse stato tenuto a cancellare immediatamente la ricorrente dall’elenco controverso a seguito della decisione della POAC 30 novembre 2007, in ogni caso a partire dal 7 maggio 2008, data della pronuncia della sentenza della Court of Appeal, era definitivamente venuta meno per esso la possibilità di basarsi ancora sulla decisione dell’Home Secretary che aveva costituito il fondamento della decisione iniziale di congelamento dei capitali della PMOI. Orbene, fra tale data del 7 maggio 2008 e quella dell’adozione della decisione impugnata, il 15 luglio 2008, erano trascorsi oltre due mesi. A tale riguardo, il Consiglio non aveva spiegato per quale motivo non avesse potuto avviare subito dopo il 7 maggio 2008 la procedura in vista della cancellazione della ricorrente dall’elenco controverso o del suo mantenimento in detto elenco sulla base di nuovi elementi (punto 40).

49.      Inoltre, anche ammettendo che i primi elementi relativi all’indagine preliminare avviata a Parigi nell’aprile 2001 fossero stati comunicati dalle autorità francesi al Consiglio solo nel giugno 2008, ciò non spiegava perché tali elementi nuovi non potessero essere comunicati subito alla PMOI, se il Consiglio intendeva ormai porli a carico di quest’ultima (punto 41).

50.      In fatto come in diritto era quindi errato affermare che, a seguito dell’entrata in vigore, il 24 giugno 2008, dell’ordinanza 23 giugno 2008 dell’Home Secretary e della comunicazione più o meno concomitante (20) di nuovi elementi da parte delle autorità francesi, occorreva adottare una nuova decisione di congelamento dei capitali con un’urgenza tale da non consentire di rispettare i diritti di difesa della ricorrente (punto 43).

51.      Il Tribunale ha poi respinto l’argomento del Consiglio secondo il quale l’esposizione dei motivi comunicata alla PMOI dopo l’adozione della decisione controversa consentiva a quest’ultima di esercitare il suo diritto ad un ricorso giurisdizionale e al giudice comunitario di effettuare il proprio controllo (punti 45 e 46).

52.      Ai punti 49-79 della sentenza impugnata sono stati esaminati i rimanenti motivi del ricorso della PMOI rilevanti per la presente impugnazione, vale a dire quelli vertenti su 1) una violazione dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dell’art. 2, n. 3, del regolamento nonché dell’onere della prova e su 2) una violazione del diritto della PMOI a una tutela giurisdizionale effettiva.

53.      Ai punti 49-55 della sentenza impugnata il Tribunale ha fatto riferimento alla sua precedente giurisprudenza. In particolare, dopo aver sottolineato che, ai sensi dell’art. 10 CE (ora sostituito, in sostanza, dall’art. 4, n. 3, TUE), i rapporti tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie sono regolati da doveri reciproci di leale cooperazione (punto 52), esso ha ricordato (al punto 53) la propria giurisprudenza (21) secondo la quale, in un caso di applicazione dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dell’art. 2, n. 3, del regolamento, il Consiglio ha l’obbligo «di rimettersi, nei limiti del possibile, alla valutazione dell’autorità nazionale competente, quanto meno quando si tratta di un’autorità giudiziaria, in particolare per quanto attiene all’esistenza delle “prove o indizi seri e credibili” sui quali si fonda la decisione di quest’ultima». Esso ha poi affermato (punto 54) che, pur gravando sul Consiglio l’onere della prova che il congelamento dei capitali era legalmente giustificato, tale onere aveva «un oggetto relativamente ristretto».

54.      Al punto 55 della sentenza impugnata il Tribunale ha continuato a richiamare la propria giurisprudenza secondo la quale, benché il Consiglio abbia un margine discrezionale nel decidere se adottare un ordine di congelamento di capitali, il giudice dell’Unione è comunque tenuto a controllare l’interpretazione dei dati rilevanti fornita da tale istituzione e deve «non solo (…) verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì (…) accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare la situazione e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte» (22).

55.      Ai punti 56-58 della sentenza impugnata il Tribunale ha così affermato:

«56      (…) il Tribunale constata che né gli elementi di informazione contenuti nella decisione impugnata, nella sua esposizione dei motivi e nella sua lettera di notifica, né tantomeno quelli contenuti nelle due risposte del Consiglio all’ordinanza 26 settembre 2008, recante provvedimenti istruttori, soddisfano le esigenze probatorie sopra ricordate, cosicché non è stato debitamente dimostrato che la decisione impugnata sia stata adottata in conformità delle disposizioni di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e all’art. 2, n. 3, del [regolamento].

57      Più specificamente, il Consiglio non ha comunicato al Tribunale alcuna informazione precisa né alcun elemento del fascicolo tali da dimostrare che l’indagine preliminare avviata dalla procura antiterrorismo di Parigi nell’aprile 2001 e le due indagini suppletive di marzo e novembre 2007 rappresentino nei confronti della ricorrente, come esso afferma senza peraltro giustificare le proprie asserzioni, una decisione che soddisfi la definizione di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931.

58      A tale riguardo occorre riprodurre integralmente i passaggi più pertinenti della prima risposta del Consiglio all’ordinanza 26 settembre 2008, recante provvedimenti istruttori:

“3.      Il gruppo di lavoro PC 2001/931 ha tenuto quattro riunioni preparatorie all’adozione della decisione in questione da parte del Consiglio – nella parte in cui riguardava la ricorrente – ossia il 2 giugno, il 13 giugno, il 24 giugno e il 2 luglio 2008. (…)

(…)

6.      Ai fini di tali riunioni la Repubblica francese ha inoltre distribuito alle delegazioni tre documenti che descrivevano la nuova base proposta per iscrivere la ricorrente nell’elenco, spiegando i motivi della sua proposta. Il terzo documento comprendeva, in parte, il testo che è divenuto l’esposizione dei motivi adottata dal Consiglio e che è già stato versato agli atti del caso di specie. Al momento della loro diffusione, tali documenti sono stati qualificati come riservati dalla Repubblica francese. Il Consiglio ha informato quest’ultima in merito all’ordinanza pronunciata dal Tribunale e detto Stato sta attualmente esaminando la possibilità di declassificare i documenti in questione. Il Consiglio è stato tuttavia informato che, in ragione della necessità di rispettare le esigenze del diritto nazionale, una decisione su tale punto non potrà essere adottata entro il termine fissato dalla cancelleria. Attualmente, pertanto, il Consiglio non può dare seguito all’ordinanza del Tribunale per quanto riguarda i suddetti documenti, dato che non è autorizzato a trasmetterli al Tribunale, neppure in via riservata. Esso chiede rispettosamente al Tribunale di essere comprensivo a tale riguardo e si impegna a informarlo non appena la Repubblica francese avrà preso una decisione sui documenti di cui trattasi.

(…)

11.      In particolare, il Consiglio tiene a sottolineare di non avere ricevuto alcun altro elemento di prova relativo all’indagine preliminare condotta in Francia oltre a quelli figuranti nell’esposizione dei motivi. Esso crede di capire che tali prove supplementari debbano restare riservate, conformemente al diritto francese, per l’intera durata dell’indagine. Esso ha riprodotto tutti gli elementi essenziali relativi all’indagine di cui disponeva per elaborare l’esposizione dei motivi. Uno dei documenti menzionati al punto 6 conteneva un elenco più dettagliato dei reati oggetto dell’indagine, ma questi ultimi rientrano tutti nella descrizione generale fornita nell’esposizione dei motivi (ossia una serie di reati tutti commessi in relazione, in via principale o per connessione, a un’attività collettiva finalizzata a turbare gravemente l’ordine pubblico con l’intimidazione o il terrore, nonché il finanziamento di un gruppo terroristico e il riciclaggio dei proventi diretti o indiretti dei reati di truffa a danno di soggetti particolarmente vulnerabili e di truffa in banda organizzata in relazione a un’attività terroristica).

12.      Il Consiglio non dispone di alcun’altra informazione oltre a quelle relative alla natura dei reati oggetto dell’indagine e alle precisazioni sulla data di inizio della stessa, nonché sulla data in cui sono state disposte le indagini suppletive. Esso non è stato informato in merito all’identità precisa delle persone sulle quali verte l’indagine e sa semplicemente che tali persone sono presunti membri della ricorrente, come indicato nell’esposizione dei motivi. Esso non dispone neppure di informazioni sulla possibile evoluzione dell’indagine. Riassumendo, quando è stata adottata la decisione impugnata, il Consiglio non disponeva di alcun’altra prova ‘dedotta contro la ricorrente’ nell’ambito dell’indagine oltre a quelle menzionate nell’esposizione dei motivi”».

56.      Il Tribunale ha poi esaminato l’argomento della PMOI secondo il quale la decisione nazionale si riferiva ai presunti membri dell’organizzazione e non si poteva considerare riguardante l’organizzazione stessa; nonché l’argomento contrario del Consiglio secondo cui, anche se la decisione di cui trattasi si riferiva ad individui, siffatta circostanza era «logica e appropriata», dal momento che reati come quelli presunti non avrebbero potuto essere commessi dall’organizzazione stessa, ma solo dai singoli che ne fanno parte e inoltre la PMOI non avrebbe potuto essere di per sé oggetto di procedimenti penali, dal momento che non aveva personalità giuridica. Il Tribunale ha dichiarato, in primo luogo, che tali spiegazioni contrastavano anzitutto con la lettera dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 (punto 64 della sentenza impugnata). In subordine, esso ha affermato che anche se tale interpretazione fosse stata errata, il Consiglio non aveva spiegato i «motivi specifici e concreti» per i quali, nel caso di specie, gli atti imputabili a singoli avrebbero dovuto essere imputati alla PMOI stessa. Tale spiegazione era «nella specie (…) del tutto assente» (punto 65).

57.      Ai punti 71-76 della sentenza impugnata il Tribunale ha così proseguito:

«71      Infine, il Tribunale rileva che, su domanda delle autorità francesi, il Consiglio ha rifiutato di “declassificare” il punto 3, lett. a), dell’ultimo dei tre documenti menzionati al precedente punto 58 [(23)], contenente la “sintesi dei principali punti che giustificano il mantenimento dell[a PMOI] nell’elenco europeo”, effettuata da tali autorità e portata all’attenzione di alcune delegazioni degli Stati membri. Secondo la citata lettera del [Ministero degli Affari esteri ed europei francese (MAEE)] al Consiglio del 3 novembre 2008, le informazioni in questione “presentano un aspetto di ordine pubblico che interessa la difesa nazionale e sono quindi oggetto di misure di tutela destinate a limitarne la diffusione, a norma dell’art. 413‑9 del codice penale”, per cui “il MAEE non può autorizzarne la comunicazione al Tribunale”.

72      L’affermazione del Consiglio secondo cui esso sarebbe tenuto a rispettare il principio di riservatezza invocato dalle autorità francesi non consente di comprendere per quale motivo tale principio verrebbe leso dalla comunicazione degli elementi del fascicolo in questione al giudice comunitario, ma non sia stato leso dalla comunicazione degli stessi elementi al medesimo Consiglio e successivamente ai governi degli altri 26 Stati membri.

73      In ogni caso, il Tribunale ritiene che il Consiglio non possa fondare la sua decisione di congelamento dei capitali su informazioni o elementi del fascicolo comunicati da uno Stato membro, se tale Stato membro non è disposto ad autorizzarne la comunicazione al giudice comunitario investito del controllo della legittimità di tale decisione.

74      A tale riguardo occorre ricordare che nella sentenza OMPI (punto 154) il Tribunale ha già dichiarato che il controllo giurisdizionale di legittimità di una decisione di congelamento dei capitali si estende alla valutazione dei fatti e delle circostanze addotti per giustificarla, nonché alla verifica degli elementi di prova e di informazione su cui è fondata tale valutazione, come il Consiglio aveva espressamente riconosciuto nelle sue memorie nella causa all’origine della sentenza del Tribunale 21 settembre 2005, causa T‑306/01, Yusuf e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. II‑3533), annullata in sede di impugnazione con sentenza della Corte 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I-6351) [(24)]. Il Tribunale deve anche accertarsi del rispetto dei diritti della difesa e del requisito della motivazione al riguardo nonché, eventualmente, della fondatezza delle ragioni imperative eccezionalmente fatte valere dal Consiglio per sottrarvisi.

75      Nel caso di specie, tale controllo appare tanto più indispensabile in quanto rappresenta la sola garanzia procedurale che consenta di assicurare il giusto equilibrio fra le esigenze della lotta al terrorismo internazionale e la tutela dei diritti fondamentali. Poiché le limitazioni apportate dal Consiglio ai diritti della difesa degli interessati devono essere bilanciate da un rigoroso controllo giurisdizionale indipendente e imparziale (…), il giudice comunitario deve poter controllare la legittimità e la fondatezza delle misure di congelamento dei capitali, senza che possano essergli opposti il segreto o la riservatezza degli elementi di prova e di informazione utilizzati dal Consiglio (sentenza OMPI, punto 155).

76      Nella specie, il rifiuto del Consiglio e delle autorità francesi di comunicare, anche al solo Tribunale, le informazioni contenute al punto 3, lett. a), dell’ultimo dei tre documenti menzionati al precedente punto 58 ha quindi l’effetto di impedire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità della decisione impugnata».

 L’impugnazione

58.      Nell’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale la Repubblica francese deduce tre motivi. Con il primo motivo essa sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto non avendo tenuto conto delle circostanze specifiche nelle quali la decisione controversa è stata adottata. Con il secondo motivo essa sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto avendo considerato che l’indagine giudiziaria avviata in Francia non costituisse una decisione rispondente alla definizione dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931. Con il terzo motivo si asserisce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando che il rifiuto del Consiglio di comunicare il punto 3, lett. a), delle informazioni non permetteva al Tribunale di controllare la legittimità della decisione controversa e violava il diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale. La Repubblica francese pertanto conclude che la sentenza impugnata dev’essere annullata.

59.      La PMOI, da parte sua, contesta ciascuno dei suddetti motivi di impugnazione e sostiene che l’impugnazione dovrebbe essere respinta.

60.      Contrariamente a quanto accaduto nei procedimenti che hanno dato origine alle sentenze OMPI e PMOI I nonché alla sentenza impugnata, nessuno Stato membro o istituzione ha chiesto di essere ammesso ad intervenire in alcuna fase della presente impugnazione. In risposta a quesiti scritti posti dalla Corte il 2 giugno 2010, con cui si chiedeva al Consiglio e alla Commissione europea di presentare osservazioni riguardo alla loro esperienza pratica nell’attuazione di taluni aspetti della sentenza della Corte nella causa Kadi I, il Consiglio e la Commissione hanno depositato risposte scritte rispettivamente il 28 giugno e il 24 giugno 2010. Tali risposte non hanno fornito alcun ausilio nell’analisi che segue e non vi farò ulteriore riferimento nelle presenti conclusioni.

 Sulla ricevibilità

61.      Prima di esaminare il ricorso nel merito, occorre analizzare gli argomenti addotti dalla PMOI per contestarne la ricevibilità.

62.      In sostanza, secondo la PMOI, poiché la Francia non ha cercato di impugnare la decisione 2009/62 e poiché l’atto che l’ha preceduta, ossia la decisione controversa, è stato abrogato e sostituito, la Francia non ha alcun interesse giuridico all’impugnazione. Di conseguenza, la presente impugnazione è irricevibile. In subordine, essa è priva di scopo e la Corte dovrebbe rinunciare a statuire su di essa.

63.      Tali argomenti non mi convincono.

64.      Anzitutto, l’art. 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia stabilisce, in effetti, che sia gli Stati membri sia le istituzioni dell’Unione che siano intervenuti dinanzi al Tribunale possono proporre impugnazione anche qualora la decisione del Tribunale non li concerna direttamente. Poiché la Repubblica francese è intervenuta nel procedimento di primo grado, tale disposizione si applica direttamente ad essa nel presente ricorso. Anche se così non fosse, la Repubblica francese avrebbe comunque un interesse a proporre impugnazione in forza del terzo comma dello stesso articolo, che permette ad uno Stato membro o ad un’istituzione di impugnare una sentenza del Tribunale anche se non sono intervenuti nel procedimento di primo grado.

65.      Le ragioni sono evidenti. L’interpretazione e l’applicazione del diritto dell’Unione sono di estrema importanza per gli Stati membri e per le istituzioni. Essi possono avere un interesse molto concreto a contestare un’interpretazione del diritto dell’Unione fornita dal Tribunale, anche qualora non abbiano partecipato al procedimento dinanzi ad esso.

66.      Si può validamente sostenere che, pur avendo la Repubblica francese un interesse a proporre la presente impugnazione, questa dovrebbe comunque essere dichiarata irricevibile perché priva di scopo?

67.      Non sono di questa opinione.

68.      In primo luogo, come sottolineato dalla Repubblica francese, la sentenza impugnata ha prodotto l’effetto di eliminare la decisione controversa (per lo meno nella parte in cui riguardava la PMOI) dall’ordinamento giuridico dell’Unione a partire dalla data di adozione di tale decisione, il 15 luglio 2008. Se accolta, l’impugnazione avrebbe l’effetto di reintrodurre la decisione in tale ordinamento giuridico per il periodo compreso tra il 15 luglio 2008 e la data di adozione della decisione 2009/62, che l’ha abrogata (26 gennaio 2009).

69.      In secondo luogo, e più sostanzialmente, la Repubblica francese si preoccupa per il futuro. L’esito del presente giudizio di impugnazione è direttamente rilevante per essa. L’annullamento della sentenza impugnata permetterebbe alla Repubblica francese, qualora lo ritenesse opportuno, di avviare un procedimento dinanzi al Consiglio per far reinserire la PMOI nell’elenco di persone, gruppi e entità i cui capitali debbono essere congelati ai sensi dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 e dell’art. 2, n. 3, del regolamento. Anche una decisione meno favorevole servirebbe comunque allo scopo. Alla luce della formulazione della sentenza della Corte, la Repubblica francese verrebbe a sapere se, per esempio, le informazioni fornite al Consiglio prima della decisione controversa erano sufficienti in diritto o se occorrevano informazioni ulteriori o diverse. Sarebbe inoltre chiaro se, come e su quali basi si dovevano fornire al Tribunale informazioni riservate o segrete.

70.      A mio parere, l’argomento della PMOI relativo all’irricevibilità si basa su un orientamento eccessivamente restrittivo quanto allo scopo perseguito da un chiarimento giuridico.

71.      Concludo pertanto a favore della ricevibilità dell’impugnazione.

 Sul merito

 Il primo motivo (presunta violazione dei diritti della difesa)

72.      Con il primo motivo la Repubblica francese afferma, in sostanza, che il Tribunale è incorso in errore dichiarando, al punto 47 della sentenza impugnata, che la decisione controversa era viziata da un’omessa notificazione alla PMOI delle nuove informazioni contenute nel fascicolo e dalla mancata attribuzione alla PMOI della possibilità di formulare osservazioni prima che la decisione stessa fosse adottata dal Consiglio.

73.      Secondo la Repubblica francese, l’urgenza della situazione derivante dall’ingiunzione dell’Home Secretary di rimuovere il nome della PMOI dall’elenco delle organizzazioni proscritte nel Regno Unito era tale da imporre l’adozione di misure immediate per il mantenimento del nome della PMOI nell’elenco del Consiglio. Il tempo non consentiva al Consiglio di adottare la decisione controversa seguendo un procedimento che gli avrebbe permesso di comunicare le nuove informazioni alla PMOI (25). Nelle circostanze specifiche, pertanto, l’orientamento seguito dal Consiglio nell’adottare la decisione controversa era corretto.

74.      L’atteggiamento del Tribunale nei confronti degli argomenti presentati dal Consiglio, in sostanza simili a quelli esposti dalla Repubblica francese nel presente giudizio di impugnazione, può ben essere descritto come insensibile. Esso ha dichiarato che gli argomenti del Consiglio «non giustifica[vano] assolutamente la presunta impossibilità in cui detta istituzione si sarebbe trovata di adottare la decisione [controversa] secondo una procedura rispettosa dei diritti di difesa della [PMOI]» (punto 39 della sentenza impugnata). Inoltre, «l’asserita urgenza non [era] stata minimamente dimostrata». Anche ammettendo che il Consiglio non fosse stato tenuto a cancellare immediatamente la PMOI dall’elenco a seguito della decisione della POAC 30 novembre 2007, a partire dal 7 maggio 2008, data della pronuncia della sentenza della Court of Appeal, era definitivamente venuta meno per esso la possibilità di basarsi ancora sulla decisione dell’Home Secretary. Fra tale data e quella dell’adozione della decisione controversa «[erano] trascorsi oltre due mesi» (punto 40). Anche ammettendo che le nuove informazioni fossero state comunicate al Consiglio solo nel giugno 2008, ciò non spiegava perché il Consiglio non le avesse comunicate subito alla PMOI (punto 41).

75.      Vale la pena di esaminare la situazione nel dettaglio.

 Il procedimento precedente l’adozione della decisione controversa: 1) il periodo compreso tra il 7 maggio 2008 e il 9 giugno 2008

76.      Per quanto riguarda il suddetto periodo, la situazione può essere spiegata in maniera semplice. Per lo meno a livello del Consiglio, non sembra sia accaduto nulla di rilevante. In sede di replica la Repubblica francese spiega che il motivo per cui non era stato possibile fornire le nuove informazioni fino al 9 giugno 2008 era la necessità per le autorità istruttorie francesi di rendere pubbliche tali informazioni. Prima di tale data, esse erano coperte dal cosiddetto «segreto istruttorio».

77.      Pertanto, in conclusione, uno dei due mesi teoricamente disponibili per adottare la decisione non era stato utilizzato allo scopo di accelerare il processo decisionale all’interno del Consiglio stesso. Aggiungo che lo stesso vale per il periodo compreso tra la data della decisione POAC 30 novembre 2007 – la quale, benché soggetta ad impugnazione, almeno aveva escluso con forte probabilità la possibilità di includere la PMOI nell’elenco sulla base delle informazioni fornite dal Regno Unito – e il 6 maggio 2008. Si può osservare che perdere tempo una volta per inoperosità può essere considerata sfortuna, ma perdere tempo due volte somiglia alla negligenza. Un simile risultato andrebbe evitato, se possibile.

78.      A mio parere, tale risultato si sarebbe effettivamente potuto evitare nelle circostanze di cui trattasi (26).

79.      È vero che la responsabilità di adottare decisioni di inserimento in un elenco, e quindi della procedura che porta all’adozione di tali decisioni, incombe al Consiglio, ma tale istituzione non può agire senza l’apporto e la partecipazione degli Stati membri.

80.      L’art. 4 della posizione comune 2001/931 e l’art. 8 del regolamento chiariscono che gli Stati membri sono tenuti a partecipare alla lotta contro il terrorismo. Detti Stati sono naturalmente soggetti al dovere generale di leale cooperazione sancito dall’art. 4, n. 3, TUE. Tale principio è di applicazione generale e si impone, in particolare, nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (27).

81.      A mio parere, dai suddetti requisiti deriva che, una volta che una persona, un gruppo o un’entità siano stati inseriti nell’elenco, gli Stati membri hanno l’obbligo di informarsi reciprocamente (e di informare il Consiglio) circa gli sviluppi, verificatisi all’interno dei rispettivi sistemi, a seguito dei quali il fondamento su cui si basa l’iscrizione di una persona, di un gruppo o di un’entità specifici quale organizzazione proscritta è venuto meno oppure, più in particolare, rischia di venir meno. Una volta ottenute tali informazioni, gli Stati membri debbono quindi comunicare al Consiglio tutti gli elementi che intendono far valere o che potrebbero far valere affinché tale iscrizione venga mantenuta. Trattandosi di questioni che possono divenire urgenti, gli Stati membri sono tenuti a farlo il prima possibile, così da facilitare il compito del Consiglio e, al tempo stesso, assicurare il rispetto dei diritti della difesa.

82.      Nel caso in esame risulta che, purtroppo, non vi è stata una siffatta cooperazione tempestiva.

 Il procedimento precedente l’adozione della decisione impugnata: 2) il periodo compreso tra il 9 giugno 2008 e il 15 luglio 2008

83.      Con l’ausilio di informazioni complete e aggiornate, il Consiglio si troverà in posizione migliore per adottare una decisione il più rapidamente possibile. Naturalmente, dovrà poi seguire le procedure opportune per l’adozione della decisione.

84.      Prima di tornare alla sequenza di eventi che hanno preceduto l’adozione della decisione controversa, può essere utile soffermarsi brevemente per esaminare il criterio giuridico che una decisione di questo tipo deve soddisfare per resistere ad un ricorso dinanzi ai giudici comunitari, e cosa questo criterio a sua volta implichi in termini di procedure in seno al Consiglio.

85.      Al riguardo, è opportuno richiamare l’attenzione sull’affermazione svolta dal Tribunale al punto 55 della sentenza impugnata secondo la quale, nel controllo delle decisioni di congelamento dei capitali, il giudice dell’Unione è tenuto non solo a «verificare» l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad «accertare» se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare la situazione e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte.

86.      Questo (doppio) criterio elaborato dal giudice dell’Unione riguarda la validità di qualunque decisione adottata dal Consiglio nell’ambito del congelamento di capitali. La decisione in questione deve soddisfare il suddetto criterio. In caso contrario, potrebbe essere annullata a seguito di un ricorso dinanzi al Tribunale.

87.      Quanto alla necessità di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova, la loro attendibilità e la loro coerenza, mi occuperò dei problemi relativi alla natura e alla portata dell’esame che dev’essere condotto dal Consiglio nel prosieguo delle presenti conclusioni (28). A questo punto dell’analisi, mi limito ad osservare che, a mio parere, mi sembra che un siffatto criterio non ammetta deroghe.

88.      Il secondo aspetto riguarda la portata degli elementi di prova in questione. L’autore della decisione è tenuto a stabilire se le prove addotte contengano tutte le informazioni pertinenti da prendere in considerazione al fine di valutare la situazione e se tali prove siano idonee a suffragare l’affermazione secondo cui la persona, il gruppo o l’entità interessata partecipano o agevolano il compimento di atti di terrorismo o rientrano comunque nell’ambito della posizione comune 2001/931 o nel regolamento.

89.      Da ciò deriva che il Consiglio deve tener debito conto di tutti gli elementi che gli sono forniti, poiché deve convincersi che gli elementi in questione contengono tutti i dati rilevanti e che le informazioni fornite sono sufficienti a giustificare una decisione di congelamento dei capitali. Inoltre, e salvo che la decisione di cui trattasi sia una decisione iniziale (29), fatte salve inoltre le questioni relative alle prove riservate (30), al fine di pervenire alla decisione il Consiglio è tenuto a fornire alla persona, al gruppo o all’entità cui può applicarsi la decisione in questione tutte le prove sulle quali intende basare la decisione stessa e a soppesare debitamente tutte le risposte fornite al riguardo (31).

90.      Ci si chiede fino a che punto le procedure seguite dal Consiglio nel caso di specie rispondano ai suddetti requisiti.

91.      Dalle risposte che il Consiglio ha fornito al Tribunale in esito all’ordinanza 26 settembre 2008 emerge quanto segue:

–        in primo luogo, risulta che il 13 giugno 2008 si era svolta una riunione del gruppo di lavoro PC 931. Secondo il verbale di tale riunione, erano state studiate nuove informazioni (relative alla PMOI) ed era stata fatta circolare una bozza di motivazione;

–        la successiva riunione del suddetto gruppo di lavoro si era svolta il 24 giugno 2008. Stando al verbale di tale riunione, erano state presentate altre informazioni (sempre relative alla PMOI) e gli Stati membri avevano chiesto altro tempo per esaminare la questione;

–        secondo il verbale della riunione successiva, svoltasi il 2 luglio 2008, alla luce di ulteriori informazioni fornite e delle motivazioni modificate che erano state fatte circolare, le delegazioni avevano ottenuto un termine fino al 4 luglio per indicare eventuali obiezioni all’iscrizione nell’elenco della PMOI sulle nuove basi proposte;

–        risulta quindi che il 4 luglio 2008 si era svolta una riunione del Gruppo di lavoro dei consulenti per le relazioni esterne (Relex) del Consiglio, nel corso della quale era stato raggiunto un accordo sul testo della decisione controversa;

–        tale testo era stato a sua volta trasmesso al Comitato dei rappresentanti permanenti e approvato da quest’ultimo il 9 luglio 2008;

–        la decisione controversa è stata adottata il 15 luglio 2008.

92.      Lasciando da parte il ruolo degli Stati membri nella procedura qui in esame, resta il fatto che, nel presente caso, fino al 9 luglio 2008 la Repubblica francese non ha fornito le nuove informazioni e i nuovi elementi al Consiglio. Ai fini dell’applicazione dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931, al Consiglio debbono essere forniti anzitutto i dettagli di «informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione». Il Consiglio non avrebbe quindi potuto avviare le procedure per l’adozione della decisione controversa prima del 9 luglio 2008.

93.      Inoltre, dai documenti prodotti dal Consiglio in risposta all’ordinanza del Tribunale 26 settembre 2008 emerge che le informazioni finali su cui si è basata la decisione controversa non erano state fornite al Consiglio, né erano state esaminate dal suo gruppo di lavoro fino alla riunione del 2 luglio 2008. A mio avviso, non sarebbe stato opportuno che il Consiglio trasmettesse informazioni alla PMOI prima che fosse chiaro, al di là di ogni dubbio, che quelle che venivano comunicate erano tutte le informazioni (e solo le informazioni) che sarebbero divenute rilevanti ai fini del processo decisionale del Consiglio.

94.      Anche se fosse stato possibile accelerare uno o alcuni aspetti della procedura seguita dal Consiglio dopo che la Repubblica francese aveva trasmesso le nuove informazioni e i nuovi elementi il 9 giugno 2008, ritengo improbabile che una simile accelerazione avrebbe avuto un impatto significativo sulla tempistica complessiva (32). Non ritengo che la procedura seguita dal Consiglio si possa definire sostanzialmente sbagliata in quanto non condotta in modo sufficientemente rapido.

95.      In particolare, mi sembra che la decisione del Tribunale non tenga conto del modo in cui il Consiglio ha dovuto operare in pratica. La decisione di cui trattasi richiedeva l’adozione all’unanimità. Alle riunioni di cui trattasi partecipavano rappresentanti degli Stati membri. È ragionevole supporre che tali rappresentanti avessero bisogno di istruzioni da parte delle loro autorità nazionali e/o dei loro governi. La procedura, per sua natura, è una procedura lunga (per non dire complessa). Dai verbali delle riunioni interessate risulta evidente che in questo caso una decisione immediata non era possibile. Oltre alla necessità di garantire che tutti gli Stati membri concordassero con la bozza di decisione proposta, il Consiglio, attraverso i propri servizi (tra cui, in particolare, il servizio giuridico), doveva formarsi un parere, prima che la decisione fosse infine adottata, circa la probabilità che essa potesse venire confermata in caso di sua impugnazione dinanzi al Tribunale.

96.      Pertanto, concludo che il Tribunale è incorso in errore dichiarando che il Consiglio aveva ampiamente il tempo, se la decisione controversa doveva essere adottata nei termini stabiliti dal Consiglio nel presente caso, di notificare alla PMOI le nuove informazioni e i nuovi elementi ottenuti dalla Repubblica francese e di dare alla PMOI l’opportunità di presentare osservazioni. Esaminerò più oltre se i suddetti termini costituissero, effettivamente, quel fattore limitante lamentato dal Consiglio nelle osservazioni presentate al Tribunale (33).

 L’obbligo di notifica alla PMOI

97.      Ci si chiede se il Consiglio avesse ragione ad affermare di non essere tenuto a notificare alla PMOI le nuove informazioni e a darle un’opportunità di presentare osservazioni prima dell’adozione della decisione controversa.

98.      Anche ammettendo che il Consiglio non fosse in grado di agire in modo significativamente più rapido durante il periodo compreso tra il 9 giugno 2008, quando aveva ricevuto le informazioni rilevanti dalla Repubblica francese, e il 15 luglio 2008, quando ha adottato la decisione di cui trattasi, rimane il problema di stabilire se il Consiglio potesse adottare la decisione stessa senza prima informare la PMOI e senza dare ad essa l’opportunità di presentare osservazioni.

99.      Ritengo che non potesse farlo.

100. In sostanza, secondo la giurisprudenza, una decisione di congelamento dei capitali che venga adottata per la prima volta deve, per sua stessa natura, poter beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato. Pertanto, essa non può essere notificata prima di essere attuata (34). Il caso è diverso nell’eventualità di una decisione successiva di congelamento degli stessi capitali. In tal caso, l’elemento sorpresa non è più rilevante. Una decisione del genere deve essere preceduta da una nuova possibilità di audizione e, eventualmente, da una comunicazione dei nuovi elementi a carico (35).

101. Poiché una decisione di congelamento relativa ai capitali della PMOI sussisteva dal 3 maggio 2002 (36), è evidente che la decisione di cui trattasi costituiva una decisione successiva e non iniziale. Pertanto, in base ad una mera applicazione della suddetta giurisprudenza, i nuovi elementi di prova dovevano essere comunicati alla PMOI e a quest’ultima doveva essere data un’opportunità di replicare agli stessi e di rendere noto il proprio parere.

102. Né può essere attribuito alcun valore all’argomento secondo cui, poiché la decisione controversa era basata su nuove informazioni, il termine, come di fatto è accaduto, ha iniziato a decorrere nuovamente, e di conseguenza non vi era bisogno di alcuna previa notificazione. Quel che importa non è tanto se le informazioni fossero nuove, ma piuttosto se fossero riferite al rinnovo della decisione di congelamento esistente anziché all’adozione di una decisione di congelamento iniziale. La decisione controversa riguardava il rinnovo di una decisione di congelamento. La sorpresa era pertanto inutile e irrilevante.

103. Dal punto di vista della PMOI, l’elemento di tutela garantito dal requisito della notificazione e dal diritto di presentare osservazioni prima dell’adozione della decisione controversa è fondamentale e, pertanto, essenziale per i suoi diritti della difesa. Pertanto, a mio avviso, il Tribunale ha agito correttamente nel respingere, ai punti 46 e 47 della sentenza impugnata, l’argomento del Consiglio secondo cui gli interessi della PMOI erano stati sufficientemente presi in considerazione notificando la decisione alla PMOI dopo la sua adozione e attribuendo a questo punto alla PMOI l’opportunità di presentare osservazioni. A prescindere dal fatto che si pongano o meno problemi di urgenza, il Consiglio semplicemente non può calpestare i diritti della difesa di una parte, così come ha fatto.

104. E cosa avrebbe dovuto fare, dunque, il Consiglio?

105. Nella situazione che il Consiglio ha dovuto affrontare erano coinvolti tre ordini di interessi. In primo luogo, vi erano quelli della PMOI. In secondo luogo, vi erano gli interessi del Consiglio, che a mio parere era legittimato a far sì, per quanto possibile, che la decisione controversa non potesse essere contestata per essere stata adottata in maniera precipitosa o con poca diligenza. In terzo luogo, vi erano gli interessi di altre persone, gruppi o entità i cui nomi comparivano nell’elenco dell’allegato alla decisione 2007/868 (37) (la decisione immediatamente precedente a quella contestata). Tali parti potevano godere del beneficio dell’obbligo, imposto al Consiglio dall’art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931, di riesaminare «regolarmente almeno una volta per semestre» i nomi delle persone, dei gruppi e delle entità i cui capitali erano congelati per garantire che vi fosse motivo di mantenerli nell’elenco.

106. È evidente che il Consiglio doveva contemperare questi interessi.

107. Ho già spiegato che, a mio avviso, la procedura con cui il Consiglio ha adottato la decisione controversa non era sostanzialmente sbagliata.

108. Per quanto riguarda le persone, i gruppi e le entità i cui nomi comparivano nell’elenco a parte la PMOI, mi sembra che il Consiglio avesse ragione a considerare il riesame dell’elenco contenuto nella decisione 2007/868 come una questione da affrontare in via prioritaria. Se l’adozione di una nuova decisione avesse dovuto essere rimandata per il tempo necessario a consentire la notificazione alla PMOI e la presentazione di sue osservazioni, il Consiglio avrebbe potuto giustamente essere censurato per non aver rispettato tale priorità (e quindi per non aver rispettato gli interessi di queste altre parti).

109. Resta la PMOI.

110. Gli argomenti che il Consiglio ha dedotto dinanzi al Tribunale riguardo all’urgenza dipendevano in modo decisivo dalla premessa secondo cui non esistevano procedure che permettessero al Consiglio di separare la PMOI, da un lato, e le persone, i gruppi e le entità restanti dall’altro lato, adottando decisioni distinte per l’una e per gli altri.

111. Non vedo perché questo dovesse avvenire nella fattispecie.

112. A mio parere, il Consiglio avrebbe potuto, in primo luogo, adottare una decisione relativa alle persone, ai gruppi e alle entità restanti rispettando i termini stabiliti dall’art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931. In secondo luogo, e al fine di tutelare i diritti della difesa della PMOI, avrebbe potuto rinviare l’adozione di una decisione relativa alla PMOI fino al momento in cui avesse avuto la possibilità di seguire le necessarie procedure iniziali a livello interno, quindi procedere alla notifica alla PMOI e darle un’opportunità di presentare osservazioni e, infine, prendere in esame tali osservazioni in modo completo e attento (sempre seguendo le necessarie procedure interne) prima di decidere se il nome della PMOI dovesse essere o meno mantenuto nell’elenco.

113. A mio avviso, non si trattava solo di un approccio che il Consiglio poteva seguire nelle circostanze che hanno portato all’adozione della decisione controversa: si trattava dell’approccio che il Consiglio avrebbe dovuto seguire in ogni caso. In questo modo, il Consiglio avrebbe assicurato la tutela dei diritti delle persone, dei gruppi e delle entità rimanenti. Inoltre, esso avrebbe garantito nel contempo il pieno rispetto delle proprie procedure e l’osservanza dei diritti della difesa della PMOI (38).

114. In altri termini, mi sembra che l’errore del Consiglio stia nell’aver ritenuto di dover stabilire se i nomi di tutte le persone, i gruppi e le entità elencati nell’allegato della decisione 2007/868 dovessero essere inseriti nuovamente nell’elenco dell’allegato alla decisione controversa entro un solo e unico termine. Questo errore ha portato il Consiglio a concludere che «non vi fosse tempo» per rispettare i diritti della difesa della PMOI prima dell’adozione della decisione controversa. Il requisito dell’urgenza in relazione alla PMOI era però un requisito insussistente. Il Consiglio era tenuto, evidentemente, a valutare rapidamente se la PMOI dovesse continuare ad essere inserita nell’elenco. Esso però non aveva alcun obbligo di completare tale processo contemporaneamente al riesame del resto dell’elenco.

115. Pur non concordando con una parte del ragionamento che il Tribunale ha seguito nella sentenza impugnata riguardo al procedimento precedente l’adozione della decisione controversa, ritengo comunque che il Tribunale sia giunto alla giusta conclusione dichiarando che la decisione controversa doveva essere annullata perché era stata adottata seguendo una procedura che non rispettava i diritti della difesa della PMOI.

116. Il primo motivo d’impugnazione dovrebbe pertanto essere respinto.

 Il secondo e il terzo motivo

117. Prima di occuparmi del merito di questi motivi, debbo sollevare una questione preliminare. Il Tribunale ha chiarito di fondare la propria decisione di accogliere il ricorso proposto dinanzi ad esso unicamente sulla base delle proprie constatazioni relative al quarto motivo fatto valere dalla PMOI, relativo ad una presunta violazione dei diritti della difesa (v. punto 48 della sentenza impugnata). Di conseguenza, i rilievi del Tribunale in merito agli argomenti di cui al secondo e al terzo motivo della Repubblica francese venivano svolti solo per ragioni di completezza.

118. Nell’esaminare comunque i suddetti motivi, terrò pienamente conto della giurisprudenza costante della Corte, secondo la quale le censure mosse in merito a una motivazione sovrabbondante di una sentenza del Tribunale non possono comportare l’annullamento della pronuncia e sono, quindi, inoperanti (39). Ritengo tuttavia che il secondo e il terzo motivo debbano essere esaminati.

119. Dico questo perché una mancata risposta alle questioni sollevate con questi motivi significherebbe, per la Repubblica francese, trovarsi esattamente di fronte alla stessa incertezza che l’ha inizialmente indotta a proporre l’impugnazione (40). La stessa incertezza potrebbe gravare su altri Stati membri in futuro (41).

120. Negare l’esame del secondo e del terzo motivo porterebbe ad un risultato non soddisfacente. Esaminerò pertanto diffusamente questi motivi. Poiché ritengo che la risposta agli stessi non debba pregiudicare l’esito del presente ricorso, lo farò in maniera più discorsiva.

 Il secondo motivo (presunta violazione dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931)

121. Con il presente motivo la Repubblica francese sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto dichiarando (al punto 57 della sentenza impugnata) che l’indagine avviata in Francia contro presunti membri della PMOI non costituiva una decisione rispondente alla definizione di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931.

122. Per il secondo motivo sono rilevanti le seguenti questioni, che emergono dall’analisi effettuata dal Tribunale nella sentenza impugnata.

123. In primo luogo, ci si chiede se il disposto dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 possa essere soddisfatto qualora la decisione dell’autorità competente ai sensi di detto articolo si riferisca ad una persona, un gruppo o un’entità che non siano la stessa persona, gruppo o entità individuati nella decisione adottata dal Consiglio in forza del suddetto articolo (primo punto). In secondo luogo, ci si domanda quale sia la corretta interpretazione da dare all’espressione «autorità competente» come utilizzata dall’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 (secondo punto). In terzo luogo, va verificato se il Tribunale abbia correttamente affermato che l’indagine non era basata «su prove o indizi seri e credibili» (terzo punto). In quarto luogo, e supponendo per fini immediati che la risposta al primo punto sia affermativa, deve chiarirsi entro quali limiti il Consiglio sia tenuto a fornire quella che il Tribunale ha definito, al punto 65 della sentenza impugnata, una spiegazione dei «motivi specifici e concreti per i quali» le parti in questione sarebbero «collegate» (quarto punto).

124. Per quanto riguarda il primo punto, osservo che non si può contestare la conclusione raggiunta dal Tribunale al punto 64 della sentenza impugnata, ove esso ha dichiarato che secondo un’interpretazione letterale dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 – ai sensi del quale una decisione dev’essere adottata «nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati» – la decisione dell’autorità competente dovrebbe essere adottata nei confronti della parte o delle parti individuate nella decisione adottata dal Consiglio in forza del suddetto articolo. Se tale interpretazione fosse corretta, la decisione controversa sarebbe per forza irrimediabilmente viziata, non essendo in discussione il fatto che le parti interessate dalla decisione dell’autorità competente e quelle cui si riferisce la decisione controversa non sono le stesse.

125. È corretta un’interpretazione letterale dell’art. 1, n. 4?

126. Non sono di questa opinione.

127. A mio avviso, alla luce dei motivi dell’adozione della posizione comune 2001/931 e del regolamento, occorre interpretare tale disposizione in modo ampio. È improbabile che le organizzazioni terroristiche intendano aiutare le autorità organizzandosi in una maniera facilmente identificabile. In realtà, si deve presumere che faranno l’esatto contrario. Come per ogni tipo di lotta condotta secondo linee di guerriglia, è essenziale un elemento di sorpresa e quindi di segretezza. Occorre pertanto un’interpretazione dell’art. 1, n. 4, che sia sufficientemente flessibile da conciliarsi con tale aspetto. Ritengo che il requisito di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 sia soddisfatto nel caso in cui esistano «prove o indizi seri e credibili» per ritenere che le parti nominate nella decisione dell’autorità competente e nella decisione del Consiglio di congelamento dei capitali siano fondamentalmente le stesse.

128. Questa tesi vale a maggior ragione quando, come nel caso di specie, la Repubblica francese sostiene che, per quanto di sua conoscenza, la PMOI non possiede personalità giuridica (42).

129. Un sostegno all’idea della necessità di un’interpretazione flessibile si può a mio avviso reperire anzitutto nella portata della definizione contenuta nell’art. 1, n. 6, del regolamento e nell’ampiezza dei termini utilizzati nell’art. 2, n. 3, dello stesso (43). Senza le difficoltà di identificazione a cui ho accennato, un simile orientamento ampio non sarebbe necessario. Un argomento in tal senso si può trovare inoltre, a mio parere, nel modo in cui sono frequentemente identificate le parti i cui capitali vengono congelati nelle decisioni del Consiglio in materia di congelamento di capitali. Infatti, nella decisione controversa, il riferimento nell’allegato alla PMOI è redatto nel modo seguente: «Organizzazione Mujahedin-e Khalq» – MEK o MKO – eccetto il “Consiglio nazionale di resistenza dell’Iran” – “NCRI” (anche nota come “Esercito di liberazione nazionale dell’Iran”) – “NLA” (l’ala militare del MEK), anche nota come “Mujahidin del popolo dell’Iran” – PMOI –, anche nota come “Società musulmana degli studenti iraniani”». Si tratta di un esempio tutt’altro che isolato. Il ricorso a una simile identificazione «frammentata» di persone, gruppi e entità contenute nell’elenco è frequente (44).

130. In conclusione, ritengo pertanto che la decisione controversa non fosse irrimediabilmente viziata perché la decisione dell’autorità competente non si riferiva specificamente alla PMOI, ma solo alle persone che si presumevano essere o essere state membri di tale organizzazione.

131. Per quanto riguarda, poi, il secondo e il terzo punto, che prenderò in esame congiuntamente, dalla lettera dell’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 risulta evidente che l’accertamento da parte di un giudice nazionale del compimento di un atto terroristico o del tentativo di commettere, partecipare o agevolare tale atto è una condizione sufficiente, ma non necessaria, per l’applicazione di tale articolo. Risulta altresì evidente, dal riferimento ad una decisione adottata riguardo all’«apertura di indagini o di azioni penali per [un atto di questo tipo]», che ivi sono compresi anche quelli che potrei definire, in maniera inappropriata, come i «precedenti» di tale accertamento. A meno che le «autorità giudiziarie» siano prive di competenza nel settore (una questione che non si pone nel caso dei procedimenti in Francia contro i presunti membri della PMOI), l’autorità competente in questione dev’essere un’autorità «giudiziaria». Inoltre, in mancanza di «condanna per tali fatti», l’«apertura di indagini» da parte della suddetta autorità competente dev’essere basata «su prove o indizi seri e credibili».

132. Cosa si intende di preciso con l’espressione «autorità giudiziaria»?

133. Considerata l’ampiezza dell’art. 1, n. 4, di cui ho accennato, è evidente che, almeno nella versione inglese, applicare il significato corrente di tale espressione, che normalmente indica che la decisione di cui trattasi deve contenere una pronuncia di colpevolezza, è eccessivamente limitato (45). Bisogna attribuire a tale espressione un significato più ampio, che comprenda le autorità inquirenti e quelle incaricate di promuovere l’azione penale nello Stato membro in questione.

134. È altresì evidente che una semplice decisione di avvio delle indagini non sarà, di per sé sola, sufficiente. Una decisione di questo tipo può essere basata su semplici sospetti. Le indagini in questione possono ovviamente portare all’accertamento di prove o indizi seri e credibili e, in tal caso, è presumibile che ne possa seguire un’accusa (anche se all’epoca dei fatti era possibile che ciò non fosse ancora avvenuto). Tuttavia è anche possibile che le indagini non abbiano alcun esito. Una siffatta decisione di avviare un’indagine non sarà pertanto sufficiente ai fini dell’art. 1, n. 4.

135. I sistemi giuridici degli Stati membri sono semplicemente troppo diversi perché sia possibile individuare un unico e preciso punto del procedimento in cui il criterio delle «prove o indizi seri e credibili» possa dirsi soddisfatto. Pertanto, mi accingo ad esporre quelli che ritengo essere i principi generali applicabili.

136. A mio avviso, l’osservanza del requisito dell’esistenza di «prove o indizi seri e credibili» è subordinata alla presenza, nel fascicolo, di elementi fortemente indicativi del compimento di un atto terroristico o del tentativo di compiere, partecipare o agevolare un atto di questo tipo. Non è necessario che gli elementi siano sufficienti a costituire la base di una successiva accusa, ma occorre che vi sia molto più di un semplice sospetto o di una semplice ipotesi. Come minimo, essi devono essere sufficienti ad indicare ad un soggetto contro cui può essere pronunciata una decisione di congelamento dei capitali le accuse fondamentali a cui dovrà rispondere; e tali accuse debbono essere formulate in maniera da permettere a tale soggetto di esercitare i suoi diritti della difesa (46).

137. Ci si chiede se il criterio sia stato soddisfatto nel presente caso.

138. Al punto 68 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che «nessun elemento agli atti consente di dimostrare che l’indagine preliminare avviata in Francia nell’aprile 2001 (…) si fondi (…) su prove o indizi seri e credibili, come richiesto dall’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931».

139. Nel suo ricorso la Repubblica francese fa leva in particolare sull’art. 80-1 del Code de procédure pénale [codice di procedura penale] francese, ai sensi del quale, perché un giudice istruttore possa avviare un’indagine, debbono sussistere elementi di prova gravi o concordanti. Ciò a suo avviso risponde al requisito stabilito dall’art. 1, n. 4, a tal riguardo.

140. Dato che la constatazione del Tribunale al punto 68 rappresenta un’affermazione di fatto, ritengo che l’argomento della Repubblica francese vada inteso nel senso che, nel compiere il suo accertamento, il Tribunale ha distorto il senso evidente degli elementi di prova dinanzi ad esso dedotti.

141. Per esaminare questo motivo, occorre analizzare le procedure avviate in Francia nel 2001 e nel 2007 nell’ambito delle norme di procedura penale francesi. Faccio questo con cautela. Non rivendico una particolare competenza che mi permetta di pronunciarmi autorevolmente su tali norme. Tuttavia, l’analisi è inevitabile se debbo occuparmi del secondo motivo.

142. Se ho ben compreso le norme di procedura penale francesi che regolano la fase investigativa dei procedimenti, per lo meno in casi tanto importanti da esigere il coinvolgimento di un giudice istruttore, tale fase verrà avviata dal pubblico ministero attraverso un «réquisitoire» [requisitoria] al giudice istruttore (47). In questo momento prenderà avvio l’indagine formale (48). Se il giudice istruttore ritiene che sussistano elementi di prova sufficienti per richiedere ulteriori indagini al fine di una piena cognizione di causa, avvierà una «mise en examen» [indagine] ai sensi dell’art. 80-1 del Code de procédure pénale. Come ho già detto, il giudice istruttore può avviare la «mise en examen» solo se sussistono «elementi di prova gravi o concordanti» sulla probabilità che la persona sottoposta ad indagine sia autrice del reato di cui trattasi (49). A mio avviso, pertanto, la «mise en examen» da parte del giudice istruttore costituisce una fase processuale che risponde al requisito dell’esistenza di «prove o indizi seri e credibili». Al contrario, il semplice avvio di un’indagine e del procedimento che porta a formulare un «réquisitoire», di cui è responsabile il pubblico ministero, non soddisfa il suddetto criterio.

143. Mi sono domandata se queste norme «ordinarie» della procedura penale francese si applichino sic et simpliciter alle indagini su persone e organizzazioni cui si riferisce l’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 tanto da legittimare il raggiungimento della suddetta conclusione. La Repubblica francese, però, ha specificamente invocato l’art. 80‑1 come fondamento del suo secondo motivo; mentre la PMOI non ha affermato di essere soggetta, in quanto organizzazione sospettata di partecipazione ad attività terroristiche, a norme diverse o più severe. Pertanto, proseguirò in base al principio secondo cui una «mise en examen» da parte del giudice istruttore costituisce la fase processuale nella quale è soddisfatto il criterio delle «prove o indizi seri e credibili».

144. Nel presente ricorso, è chiaro oltre ogni dubbio che tanto la procedura avviata in Francia nel 2001 quanto quella iniziata nel 2007 hanno raggiunto la fase della «mise en examen» da parte del giudice istruttore?

145. No.

146. Non sembrano esservi dubbi sul fatto che alla procedura avviata con l’indagine del 2001 abbia fatto seguito una «mise en examen» nel 2003. Tuttavia, in udienza la PMOI, senza essere contraddetta dalla Repubblica francese, ha affermato che l’indagine del 2007 non ha portato ad alcuna «mise en examen». Di conseguenza, il criterio non risulterebbe soddisfatto per quanto riguarda questa seconda procedura.

147. Poiché il ragionamento della Repubblica francese si fonda sull’esistenza di prove o indizi seri e credibili riguardo ad entrambe le procedure, ai fini del presente ricorso è necessario che il suddetto criterio risulti soddisfatto per entrambe. Non è così per quanto riguarda la procedura avviata nel 2007. Essa ha quindi omesso di dimostrare che il Tribunale è incorso in errore dichiarando che non esistevano prove sufficienti del fatto che le procedure avviate nella Repubblica francese soddisfacessero il criterio di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931. Pertanto, il secondo motivo d’impugnazione dovrebbe essere respinto.

148. Mi accingo infine ad esaminare il quarto punto. Ricordiamo che esso riguarda il rilievo del Tribunale (al punto 65 della sentenza impugnata) secondo cui non vi era alcuna spiegazione circa «i motivi specifici e concreti» per i quali, nel caso di specie, gli atti imputabili a singoli presunti membri o simpatizzanti della PMOI dovevano essere imputati alla PMOI stessa. Secondo il Tribunale, «nella specie tale spiegazione [era] del tutto assente».

149. La Repubblica francese sostiene che, in realtà, doveva essere evidente alla PMOI che le accuse contro i soggetti in questione implicavano l’organizzazione stessa. A suo avviso, dalla risposta all’ordinanza 26 settembre 2008 era chiaro che la situazione fosse questa e che l’alto numero di persone (24) sottoposte a indagine presupponeva necessariamente il coinvolgimento dell’organizzazione di cui trattasi.

150. Non ritengo convincente nessuno di questi argomenti.

151. In primo luogo, da un esame dei documenti prodotti in risposta all’ordinanza 26 settembre 2008 emerge che questi si riferivano, effettivamente, a persone che «potrebbero appartenere» alla PMOI e a «presunti membri» della stessa. Essi proseguono affermando che «alcuni membri di tale organizzazione (…) sono attualmente oggetto di procedimenti penali per attività criminose dirette al finanziamento delle loro operazioni». Si tratta in effetti di una serie di asserzioni da cui emerge che la Repubblica francese considerava le persone e la PMOI come collegate. Non viene però fornita la spiegazione che il Tribunale richiedeva, a mio avviso giustamente. Una serie di affermazioni generali secondo cui diverse persone sono membri di un’organizzazione «X» e sono oggetto di indagini o di procedimenti penali per attività criminose (non specificate) dirette al finanziamento delle loro operazioni non è sufficiente ad imputare la loro condotta all’organizzazione «X».

152. In secondo luogo, quanto alla conoscenza effettiva da parte della PMOI del contesto sotteso, in risposta ad una questione posta dalla Corte in udienza, l’avvocato della PMOI ha ammesso che, a seguito della perquisizione nei suoi uffici di Auvers-sur-Oise nel 2003, «la PMOI non poteva non sapere (“ne pouvait ne pas savoir”) che essa era indirettamente coinvolta». Anche se si ammettesse che questa consapevolezza di fatto da parte della PMOI fosse stata sufficiente ai fini dell’indagine avviata nel 2001, nessuna spiegazione è stata fornita riguardo alle indagini iniziate nel 2007. La PMOI ha sempre risolutamente sostenuto di non essere a conoscenza di alcun legame tra le indagini su taluni individui e l’organizzazione (50).

153. Per quanto riguarda il numero delle persone coinvolte, se questa fosse stata una delle molte, o almeno una delle varie, indicazioni relative al coinvolgimento della PMOI in quanto organizzazione, potrei forse essere convinta. Tuttavia, a mio avviso tale unico elemento non è sufficiente a sostenere l’argomento.

154. Alla luce di tutto quanto esposto, il secondo motivo andrebbe disatteso.

 Il terzo motivo (presunta violazione del diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale)

155. Con il terzo motivo la Repubblica francese critica in sostanza il Tribunale per aver dichiarato, ai punti 71-76 della sentenza impugnata, che il Consiglio non era legittimato a rifiutare la comunicazione di talune informazioni per motivi di riservatezza nel rispondere all’ordinanza 26 settembre 2008. Non essendoci stata una rinuncia alla riservatezza, il Tribunale ritiene di non aver potuto esercitare il suo controllo di legittimità sulla decisione controversa. Di conseguenza, è stato violato il diritto della PMOI ad un’effettiva tutela giurisdizionale.

156. A sostegno del suo motivo, la Repubblica francese deduce due argomenti principali.

 Il primo argomento: «le informazioni non divulgate non sono state invocate»

157. Al punto 73 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato che il Consiglio non poteva fondare la sua decisione di congelamento dei capitali su informazioni o elementi del fascicolo comunicati da uno Stato membro, se tale Stato membro non era disposto ad autorizzarne la comunicazione al giudice dell’Unione.

158. In tale ragionamento, è implicito che il Tribunale ha ritenuto che, di fatto, il Consiglio aveva basato la propria decisione in misura sostanziale su tali informazioni o elementi.

159. La Repubblica francese tenta di ribattere a tale accertamento di fatto. Essa sostiene che, nell’adottare la decisione di cui trattasi, il Consiglio non si è basato in realtà sulle informazioni che si era rifiutato di comunicare nella seconda risposta all’ordinanza 26 settembre 2008 (51). A suo avviso, questo emerge chiaramente dai punti 11 e 12 della prima risposta all’ordinanza 26 settembre 2008 (cit. al punto 58 della sentenza impugnata). Inoltre, la motivazione e i documenti presentati dal Consiglio in risposta a tale ordinanza erano sufficienti a dimostrare che quest’ultimo disponeva delle informazioni rilevanti necessarie per l’adozione della decisione controversa relativamente alla PMOI, sulla base di una decisione nazionale rispondente alla definizione di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931.

160. Ad una lettura attenta della seconda risposta all’ordinanza 26 settembre 2008 emerge che dall’allegato 3 a tale risposta sono stati rimossi due passaggi. Con riguardo al primo passaggio [ossia il punto 3, lett. a), delle informazioni], al punto 4 della risposta si afferma che «[la Repubblica francese] ha motivato tale cancellazione sostenendo che l’informazione in parola si riferisce alla sicurezza e alla difesa pubblica ed è pertanto soggetta a misure protettive che ne limitano la comunicazione (…)». Per quanto riguarda il secondo passaggio [ossia il punto 3, lett. f), delle informazioni], allo stesso punto si afferma che «la sua cancellazione è stata motivata con il fatto che esso non riguarda la PMOI, bensì altre entità incluse nell’elenco dell’UE delle persone e delle entità coinvolte in atti terroristici».

161. Le informazioni contenute nei passaggi cancellati rimangono riservate e non sono state fornite al Tribunale come parte del ricorso promosso dalla Repubblica francese.

162. Per contestare la valutazione fattuale di cui trattasi, la Repubblica francese sostiene a mio avviso che il Tribunale ha snaturato gli elementi di prova dinanzi ad esso dedotti. Se così non fosse, questa parte del motivo sarebbe manifestamente irricevibile (52).

163. Può affermarsi che la valutazione compiuta dal Tribunale ha snaturato in tal modo gli elementi di prova?

164. Per rispondere a questa domanda è necessario, innanzitutto, considerare i punti 11 e 12 della prima risposta all’ordinanza 26 settembre 2008.

165. Al punto 11 il Consiglio afferma che non gli sono state fornite prove ulteriori in merito all’indagine giudiziaria francese oltre a quelle indicate nella motivazione, prove ulteriori che, per il diritto francese, debbono rimanere riservate. Dichiara poi di aver riportato nella motivazione tutti gli elementi essenziali riguardanti l’indagine che gli erano stati messi a disposizione. Esso opera una riserva affermando che alcuni dettagli più specifici erano contenuti in uno dei documenti per i quali veniva invocata la riservatezza, per poi superare tale riserva dichiarando che tutti i suddetti dettagli rientravano nella descrizione generale contenuta nella motivazione.

166. Al punto 12 il Consiglio afferma, in effetti, di non disporre di altre informazioni o di elementi che sarebbe importante per il Tribunale conoscere. In particolare, esso non ha ottenuto informazioni circa la specifica identità delle persone sottoposte a indagine.

167. Qual è dunque il chiaro senso delle prove in tale contesto? Il tenore letterale dei punti 11 e 12 della prima risposta del Consiglio all’ordinanza 26 settembre 2008 è a dir poco oscuro. Se tale oscurità sia il risultato di un offuscamento intenzionale da parte del Consiglio o semplicemente sia espressione di un uso modesto della lingua non è problema che possa essere qui analizzato. A mio avviso, il Tribunale era legittimato ad effettuare un accertamento dei fatti, sulla base di una ponderazione delle probabilità, secondo cui il Consiglio aveva fondato la propria decisione in certa misura (non specificata) sugli elementi che al Tribunale non erano stati forniti.

168. In secondo luogo, considerando la motivazione e i documenti presentati dal Consiglio in risposta all’ordinanza 26 settembre 2008, il governo francese sostiene che entrambi erano sufficienti a dimostrare che il Consiglio possedeva le informazioni necessarie per l’adozione della decisione controversa per quanto riguardava la PMOI.

169. Questo è verosimile. Nel presente contesto, però, l’onere di dimostrare che il Consiglio aveva di fatto fondato la propria decisione soltanto sui suddetti elementi grava sulla Repubblica francese. Affermare che gli elementi erano sufficienti a dimostrare che il Consiglio disponeva delle necessarie informazioni non risponde al suddetto criterio.

170. Di conseguenza, a mio avviso, nulla di quanto affermato dalla Repubblica francese permette di concludere che, nel pronunciarsi come ha fatto, il Tribunale abbia snaturato manifestamente gli elementi di prova dinanzi ad esso addotti. Di conseguenza, il primo argomento del governo francese dev’essere respinto.

 Il secondo argomento: «le informazioni non comunicate erano riservate»

171. La Repubblica francese fa riferimento alla natura riservata delle informazioni contenute nel punto di cui trattasi (v. punto 71 della sentenza impugnata). In risposta all’osservazione del Tribunale al punto 72 della sentenza impugnata (secondo cui esso non comprendeva perché, di fatto, se il documento poteva essere comunicato al Consiglio e successivamente ai governi degli altri 26 Stati membri, non potesse essere trasmesso anche al Tribunale), la Repubblica francese osserva che, ai sensi dell’art. 67, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo prende in considerazione solo documenti e atti dei quali gli avvocati e gli agenti delle parti sono potuti venire a conoscenza o sui quali hanno potuto pronunciarsi. In altri termini, se ho ben compreso il punto sollevato dalla Repubblica francese, il Tribunale non richiederebbe la comunicazione di un documento a meno che non abbia intenzione di tener conto del contenuto di tale documento nella sua sentenza. Se effettivamente esso tiene conto di tali contenuti a tale scopo, dovrà per forza metterli prima a disposizione delle altre parti.

172. La Repubblica francese aggiunge poi che non viene messo in discussione il fatto che le autorità francesi si erano opposte, invocando la riservatezza, a che il documento in questione fosse comunicato alla PMOI. Di conseguenza, il Tribunale non avrebbe comunque potuto tenerne conto.

173. Il problema sollevato da questo capo del motivo della Repubblica francese è di interesse cruciale. Fino a che punto dev’essere possibile, per una parte in un procedimento dinanzi al Tribunale, insistere sul trattamento riservato di talune informazioni trasmesse al Tribunale stesso, con il risultato di non renderle disponibili all’altra parte o alle altre parti del procedimento? E, nel caso in cui l’informazione venga trattata come riservata, può (o dovrebbe) essere comunque tenuta in considerazione dal Tribunale ai fini della sua pronuncia?

174. È importante considerare la questione nel giusto contesto.

175. Due articoli del regolamento di procedura del Tribunale già contengono disposizioni sulla riservatezza (53). In primo luogo, ai sensi dell’art. 67, n. 3, una parte che ottempera ad un provvedimento istruttorio può invocare la riservatezza di tutta o parte dell’informazione comunicata nella sua risposta. Il Tribunale verifica quindi tale richiesta. Durante questa fase, il documento in questione non è comunicato alle altre parti del procedimento. Lo stesso articolo dispone che, quando un documento il cui accesso sia stato negato da un’istituzione è stato prodotto dinanzi al Tribunale nell’ambito di un ricorso relativo alla legittimità di tale diniego, il documento in questione non è comunicato alle altre parti.

176. In secondo luogo, ai sensi dell’art. 116, n. 2, su richiesta di una delle parti del procedimento, il Presidente del Tribunale può escludere documenti segreti o riservati dalle copie dei documenti da comunicare ad un interveniente ai sensi del suddetto articolo. Il punto 6 del medesimo articolo dispone che, se una parte chiede di intervenire dopo la scadenza del termine di sei settimane prescritto dall’art. 115, n. 1, le verrà comunicata una copia della relazione d’udienza. Non le verranno trasmessi i documenti forniti alle parti ai sensi dell’art. 116, n. 2. Per ovvie ragioni, la relazione d’udienza non conterrà elementi riservati.

177. Quel che manca nel regolamento di procedura del Tribunale è una disposizione che consenta a detto giudice di tener conto di elementi di prova riservati presentati da una delle parti di un ricorso proposto dinanzi ad esso senza che tali elementi di prova vengano comunicati all’altra parte o alle altre parti. Ai sensi dell’art. 67, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale, se un documento viene prodotto con richiesta di trattamento riservato, il Tribunale ha di fronte due opzioni. Esso può accogliere la richiesta, e in tal caso il documento non verrà comunicato all’altra parte o alle altre parti del procedimento né se ne terrà conto ai fini della pronuncia del Tribunale. In alternativa, il Tribunale potrà respingere la richiesta e, in tal caso, il documento verrà comunicato all’altra parte o alle altre parti e se ne potrà tener conto ai fini della pronuncia (54). Non vi sono altre soluzioni possibili. In altre parole, non esiste una «via di mezzo».

178. In casi relativi a ordinanze di congelamento dei capitali, tanto il Tribunale quanto la Corte hanno previsto che si sarebbe potuta avvertire la necessità di procedure specifiche che regolino l’introduzione di elementi di prova riservati.

179. Nella sentenza OMPI il Tribunale ha osservato che «il giudice comunitario deve poter controllare la legittimità e la fondatezza delle misure di congelamento dei fondi, senza che possano essergli opposti il segreto o la riservatezza degli elementi di prova e di informazione utilizzati dal Consiglio» (55). Esso ha poi affermato che «[l]a questione se il ricorrente e/o i suoi avvocati possano ricevere comunicazione degli elementi di prova e di informazione di cui si allega la riservatezza, ovvero se la comunicazione di questi ultimi debba essere riservata al solo Tribunale, secondo una procedura particolare che rimane da definire in modo da preservare gli interessi generali in causa pur accordando all’interessato un sufficiente grado di tutela giurisdizionale, rappresenta un problema distinto, su cui non occorre che il Tribunale prenda posizione nell’ambito del ricorso in esame» (56).

180. Nella sentenza Kadi I la Corte ha dichiarato che «talune considerazioni imperative riguardanti la sicurezza o la conduzione delle relazioni internazionali della Comunità e dei suoi Stati membri possono ostare alla comunicazione agli interessati di taluni elementi e, pertanto, all’audizione degli stessi in merito a tali elementi». Essa ha però aggiunto che «in casi simili, spetta al giudice comunitario attuare, nell’ambito del controllo giurisdizionale da esso esercitato, tecniche che consentano di conciliare, per un verso, le legittime preoccupazioni di sicurezza quanto alla natura e alle fonti di informazioni prese in considerazione nell’adottare l’atto di cui trattasi e, per altro verso, la necessità di concedere in maniera adeguata al singolo di beneficiare delle regole procedurali» (57).

181. In un diverso contesto, ossia quello degli appalti pubblici, la Corte ha osservato, nella sentenza Varec (58), che «in taluni casi, può essere necessario non comunicare talune informazioni alle parti per salvaguardare i diritti fondamentali di un terzo o tutelare un interesse pubblico importante». Essa ha quindi aggiunto che «[i]l principio della tutela delle informazioni riservate e dei segreti commerciali deve essere attuato in modo da conciliarlo con le esigenze di effettività della tutela giurisdizionale e con il rispetto del diritto di difesa delle parti della controversia (…) e, in caso di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un organo che è una giurisdizione ai sensi dell’art. 234 CE, in modo da garantire che il procedimento, nel suo insieme, rispetti il diritto ad un equo processo» (59).

182. Malgrado tutto ciò, l’art. 67, n. 3, del regolamento di procedura del Tribunale rimane in vigore (60). Non è stata definita alcuna procedura speciale; né sono state finora sviluppate tecniche specifiche per affrontare il problema di come occuparsi degli elementi di prova riservati in casi di questo tipo. Considerata la situazione, non si può contestare la conclusione del Tribunale secondo la quale il rifiuto del Consiglio di comunicare le informazioni riservate in questione conduceva all’impossibilità per il Tribunale di esercitare il suo controllo di legittimità sulla decisione controversa. Tuttavia, non ritengo che la posizione della Repubblica francese, che si è rifiutata di permettere al Consiglio di comunicare le prove riservate in parola come parte della risposta data da quest’ultimo all’ordinanza 26 settembre 2008, sia stata del tutto irragionevole.

183. Nell’ordinanza 26 settembre 2008 il Tribunale aveva informato il Consiglio che i documenti non sarebbero stati comunicati alla PMOI «in questa fase del procedimento». Esso non ha dato al Consiglio – né, se ben comprendo il regolamento di procedura, avrebbe potuto farlo – alcuna garanzia riguardo a quel che sarebbe potuto accadere in seguito.

184. In primo luogo, mi sembra che una parte terza nel procedimento (come la Repubblica francese), nelle circostanze del caso di specie, avrebbe potuto giustamente ritenere che il livello di tutela garantito alle informazioni di cui trattasi non fosse sufficiente per consentirne la comunicazione al Tribunale, per lo meno nel caso in cui il livello di riservatezza attribuito alle informazioni fosse elevato. È significativo sotto questo profilo il fatto che, rispondendo ad un quesito in udienza, l’avvocato della Repubblica francese abbia affermato che, se nel regolamento di procedura del Tribunale fossero state presenti all’epoca dei fatti disposizioni riguardanti la tutela delle prove riservate, egli riteneva che le informazioni di cui trattasi avrebbero dovuto essere messe a disposizione del Tribunale.

185. In secondo luogo, l’affidamento riposto dal Tribunale nel fatto che le stesse informazioni erano già state comunicate ai membri del Consiglio, e successivamente ai governi degli altri 26 Stati membri oltre alla Repubblica francese, appare sbagliato. Si può presumere che, nel mettere le informazioni a disposizione dei membri del Consiglio e degli Stati membri, non vi fosse alcuna intenzione che esse venissero comunicate o comunque rese pubbliche (61).

186. A mio avviso, alla luce di quanto sopra bisognerebbe seriamente pensare a modificare il regolamento di procedura del Tribunale in modo da prevedere la produzione di prove realmente riservate che il Tribunale possa esaminare in una maniera compatibile con la loro natura senza pregiudicare in maniera inaccettabile i diritti dell’altra parte o delle altre parti della controversia (62).

187. Le presenti conclusioni non sono la sede opportuna per affrontare un’approfondita discussione sui dettagli degli aspetti di simili modifiche. Tuttavia, descriverò schematicamente i problemi principali che a mio avviso potrebbero sorgere.

188. In ogni caso, prima che una domanda di annullamento di un regolamento che congela i capitali di una persona o di un’organizzazione sospettati di essere coinvolti o di partecipare ad atti di terrorismo giunga dinanzi al giudice dell’Unione, occorre un intervento preliminare del legislatore dell’Unione, basato su una decisione adottata, o su un’informazione fornita, da uno o da più Stati membri. È più agevole capire cosa deve accadere se si parte dall’inizio della vicenda anziché dalla sua fine.

189. Pertanto, inizierò la mia analisi considerando, anzitutto, il ruolo svolto dalle autorità degli Stati membri nell’adottare la decisione (o nell’avviare le indagini o l’azione penale) che costituirà la base della decisione di congelamento di capitali che il Consiglio potrebbe adottare. Prenderò quindi in considerazione la posizione del Consiglio nell’adottare tale decisione. Infine, analizzerò il ruolo del Tribunale nell’occuparsi di un ricorso promosso contro una decisione di questo tipo.

190. Nel far ciò, prenderò in esame i fattori che influenzano la gestione degli elementi sensibili che sono rilevanti, ma per il quale viene invocata la riservatezza (da parte del Consiglio o di uno Stato membro) nei confronti del ricorrente. Non sarebbe opportuno se fossi troppo precisa quanto alle soluzioni da adottare in ciascuna fase del processo. Il mio scopo nell’analizzare questi problemi è semplicemente quello di coadiuvare chi si trova a dover affrontare la questione di come precisamente gestire questo rompicapo – che sia a livello di uno Stato membro, del Consiglio o del Tribunale. Nel seguire un simile approccio, sono consapevole che la Repubblica francese ha espressamente spiegato che nella sua decisione di promuovere la presente impugnazione è stato decisivo l’obiettivo di chiarire il quadro normativo per il futuro (63).

 Il ruolo delle autorità nazionali degli Stati membri

191. Quando le autorità nazionali degli Stati membri adottano una decisione che costituirà la base di una decisione di congelamento di capitali adottata dal Consiglio, il ruolo svolto da tali autorità sarà diverso a seconda della natura di tale decisione nazionale e delle circostanze nelle quali essa viene adottata.

192. La decisione in questione può essere stata adottata nella fase dell’avvio delle indagini o dell’azione penale, oppure può rappresentare una «condanna», ossia un accertamento formale da parte di un giudice o di un altro organismo riguardo al compimento degli atti di cui trattasi.

193. È possibile inoltre che la decisione sia stata adottata solamente sulla base di prove non riservate messe a disposizione della parte contro cui si propone l’adozione della decisione di congelamento dei capitali. In alternativa, può essere stata adottata, in tutto o in parte, sulla base di prove, alcune delle quali considerate troppo sensibili e/o riservate per poter essere messe a disposizione in tal modo. Per semplicità, mi riferirò a prove di questo tipo come alle «prove riservate».

194. Può essere che la persona, il gruppo o l’entità soggetti alla decisione abbiano avuto la possibilità di contestare tali prove. Oppure, può non esservi stata alcuna possibilità effettiva di contestarle in base al diritto nazionale.

195. Come emerge chiaramente dalla sua struttura, l’art. 1, n. 4, prevede che la procedura all’interno dello Stato membro interessato abbia natura giudiziaria. Tuttavia, riferendosi al concetto di «autorità competente equivalente» esso esprime altresì il fatto che, in alcuni Stati membri, la procedura ha carattere esecutivo. Questa in effetti era la situazione riguardo alla originaria iscrizione della PMOI nell’elenco, quando la decisione di cui trattasi è stata adottata dall’Home Secretary. Per contro, i procedimenti che, nella Repubblica francese, hanno visto coinvolta la PMOI sono stati sempre di natura giudiziaria.

196. Nel caso in cui le procedure nazionali implichino che la decisione in questione sia adottata da un membro dell’esecutivo, la decisione potrebbe essere assunta senza che il soggetto interessato possa comprendere la natura della prova e senza che possa presentare osservazioni prima che la decisione venga adottata. Tuttavia, la normativa nazionale può prevedere un successivo ricorso dinanzi all’autorità decisionale esecutiva e/o dinanzi ai giudici dello Stato membro interessato.

 Procedimento dinanzi al Consiglio

197. Affinché una decisione di congelamento di capitali sia valida, il Consiglio è tenuto ad assicurarsi che tutti i requisiti previsti dall’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 siano soddisfatti.

198. Difatti, esso deve innanzitutto accertarsi che esistano informazioni o elementi precisi nel fascicolo rilevante, dai quali risulti l’adozione di una decisione da parte di un’autorità competente (64). In mancanza di una decisione di questo tipo, il Consiglio non può procedere oltre.

199. Dopodiché il Consiglio deve stabilire se la decisione di cui trattasi sia stata adottata nei confronti delle persone, dei gruppi e delle entità interessati nei cui confronti si prospetta l’emanazione di una decisione di congelamento dei capitali (65).

200. Quindi, deve verificare se a) la decisione riguardava l’avvio di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, oppure il tentativo di commettere, partecipare o agevolare un atto di questo tipo, nel qual caso dev’essere fondata su prove o indizi seri e credibili, o b) se la decisione costituiva una condanna per un atto del genere.

201. Il Consiglio deve poi stabilire se la decisione sia stata adottata sulla base di prove non riservate che sono state messe a disposizione della persona, del gruppo o dell’entità nei cui confronti viene proposta l’emanazione della decisione oppure se sia stata adottata sulla base di elementi di prova, alcuni dei quali fossero prove riservate.

202. Sebbene l’art. 1, n. 4, non contenga alcuna disposizione espressa in tal senso, a mio avviso esso esige implicitamente che la decisione nazionale di cui trattasi sia stata adottata su un fondamento che rispetti i diritti umani e fondamentali della persona, del gruppo o dell’entità dei cui capitali si propone il congelamento. Anche se il Consiglio, per definizione, non può controllare il rispetto di tali diritti in base al sistema giuridico nazionale dello Stato membro che ha adottato la decisione, esso è in grado di accertarsi del rispetto di tali diritti a livello dell’Unione europea. In realtà, dal momento che la stessa decisione del Consiglio di congelamento dei capitali deve rispettare tali diritti per resistere ad un ricorso successivo proposto dinanzi ai giudici dell’Unione (66), a mio avviso il Consiglio è tenuto ad assicurarsene personalmente prima di adottare la propria decisione.

203. Inevitabilmente, la procedura che il Consiglio dovrebbe seguire nell’adottare una decisione di congelamento di capitali sarà diversa a seconda della natura del procedimento seguito a livello nazionale.

204. Quelli che seguono sono, a mio avviso, i punti essenziali di cui si dovrebbe tenere conto, nonché le conseguenze che derivano dagli stessi (67).

–       Se l’autorità nazionale competente era un’«autorità giudiziaria»

205. Ai fini degli esempi che seguono, supponiamo inizialmente che l’autorità competente che ha adottato la decisione nazionale fosse un’autorità giudiziaria (68).

206. Nel caso in cui la decisione di tale autorità costituisca una «condanna» per gli atti di cui trattasi, il Consiglio deve stabilire se tale decisione sia stata adottata sulla base di prove non riservate, di prove riservate oppure di una combinazione delle due.

207. Nel caso in cui la condanna sia stata adottata sulla base di elementi di prova non riservati, la posizione del Consiglio è relativamente semplice (69). Esso non è tenuto a verificare se la decisione sia fondata su prove o indizi seri e credibili. Tale compito sarà già stato svolto dall’autorità competente al momento di adottare la propria decisione.

208. Di conseguenza, l’unico problema che il Consiglio deve affrontare è quello del rispetto dei diritti umani e fondamentali della persona, del gruppo o dell’entità in questione (70).

209. A meno che la decisione di congelamento di capitali non sia una decisione iniziale (71), le prove di cui trattasi (essendo interamente non riservate) potranno essere comunicate alla persona, al gruppo o all’entità interessati, i quali saranno in grado di presentare osservazioni adeguate al riguardo prima che il Consiglio adotti la sua decisione.

210. La situazione è meno semplice nel caso in cui la decisione nazionale si sia basata su una combinazione di prove riservate e di prove non riservate.

211. In tal caso, a mio avviso, il primo passo del Consiglio sarà quello di stabilire se esso possa fondare la propria decisione di congelamento dei capitali soltanto sulle prove non riservate. In tal caso, a mio parere, il Consiglio dovrebbe procedere unicamente sulla base di tali prove senza tener conto di quelle coperte da segreto. Di conseguenza, esso può procedere nella maniera indicata supra, ai paragrafi 207-209.

212. Nel caso contrario, oppure qualora le prove su cui la decisione nazionale era basata siano totalmente riservate, il Consiglio deve chiedere allo Stato membro interessato se sia favorevole all’ipotesi che le prove riservate vengano messe a disposizione del Tribunale nell’eventualità di un ricorso promosso contro la decisione del Consiglio. Se lo Stato membro non acconsente, il Consiglio (tanto ora quanto a seguito delle modifiche al regolamento di procedura del Tribunale da me auspicate nelle presenti conclusioni) non potrà andare avanti. La sua decisione non sopravvivrà ad un ricorso.

213. Nel caso in cui lo Stato membro acconsenta alla comunicazione al Tribunale (ove richiesta), il Consiglio procederà con l’adozione della decisione di iscrizione nell’elenco sulla base delle prove riservate senza poterle comunicare alla parte interessata. Di conseguenza, tale parte sarà inevitabilmente privata del pieno diritto di ricorso che altrimenti potrebbe esercitare in questa fase.

214. Per definizione, il Consiglio non può decidere se gli elementi di prova forniti da uno Stato membro a titolo riservato soddisfino veramente la definizione giuridica di «elementi di prova segreti e riservati» meritando così la tutela eccezionale accordata a questo tipo di elementi. Inoltre, esso non può gestire una procedura per l’esame di prove siffatte.

215. Entro questi limiti, tuttavia, il diritto della difesa dev’essere rispettato per quanto possibile. Pertanto, nel caso in cui siano implicate prove riservate, si dovrebbero applicare le seguenti ulteriori procedure.

216. In primo luogo, il Consiglio dovrebbe mettere a disposizione della parte interessata una sintesi non riservata delle prove, fornendo in tal modo alla suddetta parte un’indicazione dei motivi su cui intende basare la sua decisione. A mio parere, la comunicazione di una sintesi non riservata è una garanzia minima irrinunciabile in un’Unione di diritto. In mancanza di ciò, è impossibile che siano salvaguardati i diritti della difesa.

217. In secondo luogo, il Consiglio dovrebbe chiarire alla persona, al gruppo o all’entità interessati che sia la decisione nazionale sottostante, sia la decisione che il Consiglio intende adottare si basano su prove riservate, dando così loro la possibilità di impugnare la decisione del Consiglio dinanzi al Tribunale, nel caso in cui possano essere attivate procedure a tutela di tali prove.

218. La decisione nazionale di cui trattasi, naturalmente, può non costituire una condanna per i fatti in questione. Essa può semplicemente aver autorizzato indagini o azioni penali per i suddetti atti. A mio avviso, in questo caso, si pongono le stesse combinazioni e gli stessi problemi descritti supra, ai paragrafi 206-217, ma con l’aggiunta di un altro importante fattore.

219. Il Consiglio deve personalmente esaminare le prove dedotte a sostegno della decisione nazionale per assicurarsi che le prove stesse rispondano al criterio delle «prove e indizi seri o credibili» di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931. Se il Consiglio non raggiunge tale certezza, non può adottare una decisione di inserimento nell’elenco relativamente alla persona, al gruppo o all’entità interessati.

–       Se l’autorità nazionale competente era un’«autorità competente equivalente»

220. Rimane il problema del procedimento da seguire nel caso in cui l’autorità competente interessata non sia un’autorità giudiziaria bensì un’«autorità competente equivalente». Una decisione adottata da un’autorità di questo tipo può naturalmente costituire una condanna per gli atti di cui trattasi, oppure può trattarsi di una decisione adottata solo sulla base di indagini (per definizione, nel caso di un’autorità decisionale dell’esecutivo, il problema delle «azioni penali» non si pone).

221. In questo caso, a mio avviso, si pongono le stesse combinazioni e gli stessi problemi che insorgono nel caso in cui l’autorità nazionale competente sia giudiziaria. Faccio notare semplicemente che, non essendovi un’implicazione «giudiziaria» nel processo decisionale a livello nazionale, il Consiglio sarà tenuto ad esaminare la decisione nazionale con un’attenzione proporzionalmente maggiore, al fine di assicurarsi che i requisiti di cui all’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 siano stati soddisfatti.

 Il regolamento di procedura del Tribunale

222. Supponiamo ora che dinanzi al Tribunale venga proposto un ricorso avverso una decisione del Consiglio sul congelamento di capitali, ed esaminiamo quali modifiche al regolamento di procedura del Tribunale potrebbero essere necessarie per tener conto dei problemi che ho testé descritto. Inizierò con il delimitare la portata dell’applicazione delle modifiche a cui penso. Successivamente, prenderò in considerazione tali modifiche in rapporto con le seguenti questioni:

–        l’uso di prove riservate;

–        la necessità di rispettare le garanzie in materia di diritti umani previste dal diritto dell’Unione (e in particolare i diritti della difesa).

Infine, mi dedicherò alla natura e all’intensità del controllo che il giudice dell’Unione deve esercitare.

–       Ambito d’applicazione

223. I problemi delle prove riservate e coperte da segreto non si limitano alle accuse di coinvolgimento o partecipazione ad attività terroristiche. Ad esempio, tali problemi possono essere rilevanti in casi relativi ad appalti pubblici (in cui è notorio che un concorrente risultato non vincitore può tentare di impugnare l’attribuzione dell’appalto semplicemente per ragioni «esplorative» al fine di ottenere l’accesso ad informazioni che altrimenti non sarebbero disponibili (72)) e nel settore del diritto della concorrenza.

224. Tuttavia, è con riferimento alle attività terroristiche che i problemi sono particolarmente gravi.

225. Questo avviene a causa del conflitto eccezionalmente acuto che può insorgere tra le concorrenti rivendicazioni dei diritti della difesa e della tutela effettiva della sicurezza nazionale.

226. Pertanto, nel prosieguo mi concentrerò su problemi di prove riservate in quanto relative ad accuse di terrorismo e di coinvolgimento in attività terroristiche.

227. In ogni caso di mancata comunicazione di prove per motivi di riservatezza l’eventualità di un’attenuazione dei diritti della difesa può costituire un fattore rilevante. Qualsiasi limitazione di qualunque tipo su una prova accessibile ad una parte che cerca di difendersi rischia di compromettere i diritti di tale parte e di comprometterne i diritti di difesa.

228. Lo stesso vale però anche per la tutela effettiva della sicurezza nazionale. Chi è coinvolto nella sorveglianza e nella lotta ad attività terroristiche, in particolare se opera sul terreno, potrebbe essere esposto a pericoli personali come a torture o perfino alla morte se venissero trasmesse informazioni tali da fornire indizi riguardo alla sua attività o identità (73). Di conseguenza, per regola generale gli Stati membri insisteranno legittimamente sulla necessità di mantenere limitazioni concrete alla divulgazione di elementi tali da portare (direttamente, indirettamente o accidentalmente) all’identificazione di fonti o alla rivelazione di particolari tecniche di controllo.

229. È pertanto essenziale che qualunque modifica apportata alle regole relative alla produzione di prove dinanzi al Tribunale tenga pieno e debito conto di queste serie di interessi contrastanti.

–       L’uso di prove riservate

230. Qualunque eventuale nuova regola in materia di prove riservate dovrebbe essere applicata solo se, e nei limiti in cui, sia assolutamente necessaria.

231. Il principio esposto al precedente paragrafo implica che, nel caso in cui una decisione di congelamento si basi non tanto su prove riservate quanto su prove non riservate, il Tribunale dovrebbe sempre cercare di stabilire anzitutto se sia possibile decidere il caso tenendo conto soltanto delle prove non riservate, vale a dire senza ricorrere a quelle coperte da segreto. In questo caso, queste ultime dovrebbero semplicemente essere ignorate.

232. Occorre prestare attenzione al fatto che le prove riservate possono derivare da fonti inattendibili. Possono essere semplicemente false, benché ottenute in buona fede e con notevoli rischi per gli agenti sul campo. Può esservi, da parte degli Stati membri e dei loro servizi di sicurezza, una tendenza ad eccedere con la segretezza di informazioni tanto che quel che dovrebbe in realtà essere di dominio pubblico viene classificato come segreto. Così come, da parte dei giudici, può esservi una tendenza ad accettare siffatte informazioni come vere senza una vera e propria analisi o ponderazione. Sotto questo profilo, è essenziale che, nel caso in cui la prova di cui trattasi sia incerta o ambigua, qualsiasi dubbio o equivoco venga interpretato a favore della parte che non sia stata in grado di presentare osservazioni o di discutere al riguardo nella maniera più ampia possibile.

233. Il Tribunale ha inizialmente ritenuto che le misure di congelamento di capitali imposte a parti come la PMOI potessero avere al massimo un effetto di breve durata (74). Chiamato ad occuparsi del problema nelle conclusioni relative alla causa Kadi I (75), l’avvocato generale Poiares Maduro ha sostenuto che tali decisioni si risolvevano nel «congelamento dei beni di una persona a tempo indeterminato». Più recentemente, nella sentenza Kadi II (76), il Tribunale ha rilevato che le misure di congelamento di capitali erano «particolarmente oppressive», osservando che erano passati quasi dieci anni da quando i capitali del sig. Kadi erano stati congelati con la decisione iniziale. Esso ha ritenuto che fosse lecito chiedersi se non fosse giunto il momento di riconsiderare la sua valutazione originale secondo la quale siffatte misure sono di breve termine e/o temporanee (77).

234. Condivido questa tesi. Decisioni di questo tipo possono avere effetti gravi e penalizzanti sulle attività dei soggetti che subiscono il congelamento di capitali. In effetti, questa è la loro ragion d’essere.

235. I casi riguardanti accuse di coinvolgimento in attività terroristiche spesso suscitano forti emozioni. Dopo tutto, i terroristi dimostrano di non avere scrupoli nello spregio dei canoni consacrati della società civile. Può risultare difficile evitare, anche a livello inconscio, l’idea comune di potere, a nostra volta, attenuare l’ordinario rispetto per il giusto processo in casi che implicano accuse di questo tipo. Chi è accusato di coinvolgimento in attività terroristiche, secondo tale argomento, merita un grado di tutela giuridica minore rispetto a chi è accusato di reati più «tipici».

236. Ogni tentazione di cadere in questa trappola va evitata. Difatti, sono proprio gli emarginati, gli estranei, i reietti che richiedono la protezione accordata dal sistema giuridico e che ne hanno maggiormente bisogno (78). Il noto detto «chi per qualcuno è un terrorista, per qualcun altro è un combattente per la libertà» dimostra proprio quanto sia facile permettere alle reazioni soggettive di condizionare il giudizio oggettivo. Eppure, una società civile che opera in base al diritto è contraddistinta dal fatto che le normali tutele e garanzie non vengono abbandonate in conseguenza del fatto che gli antagonisti sociali non seguono le stesse regole civili.

237. La natura delle decisioni di congelamento di capitali implica che, di per se stesse, queste non comportano la necessità di derogare alla Convenzione. Val la pena di ricordare, in proposito, che deroghe specifiche da parte degli Stati contraenti in base alle disposizioni in caso di stato di urgenza ex art. 15 della Convenzione non rientrano in un «potere discrezionale illimitato» (79) degli Stati e debbono essere «imposte unicamente dalle esigenze della situazione concreta» (80). Non vedo alcun motivo per cui il criterio applicabile alle deroghe alle ordinarie regole in tema di prove per motivi di sicurezza debba essere meno rigoroso.

238. La tentazione di sospendere le garanzie per i diritti fondamentali deve quindi essere contrastata il più possibile. L’argomento secondo cui le esigenze della lotta contro il terrorismo internazionale possono, di per se stesse, giustificare un’attenuazione di tali garanzie è infondato (81).

239. Da ciò consegue, a mio avviso, che dovrebbero essere pochissimi i casi in cui vengono di fatto utilizzate le regole modificate in materia di uso di prove riservate da me auspicate nelle presenti conclusioni. Appare tuttavia fondamentale che tali regole vengano concretamente adottate.

–       La necessità di rispettare le garanzie per i diritti dell’uomo accordate dal diritto dell’Unione

240. Il rispetto dei diritti dell’uomo rappresenta una condizione di legittimità degli atti dell’Unione europea e non possono essere consentite misure incompatibili con il rispetto di questi ultimi (82).

241. La Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte di Strasburgo») si è occupata del problema delle prove riservate in numerosi casi relativi a ricorsi promossi contro Stati contraenti.

242. Da tale giurisprudenza risulta chiaramente che il diritto alla comunicazione di elementi di prova come parte dei diritti della difesa non è un diritto assoluto. Tale principio è stato affermato fin dal 1996 nella sentenza Doorson (83). Nella sentenza Jasper (84) la Corte di Strasburgo ha dichiarato che «in certi procedimenti penali possono esservi interessi concorrenti, come la sicurezza nazionale o la necessità di tutelare testimoni che rischiano rappresaglie o di mantenere segreti i metodi di polizia per le indagini sui reati, che vanno ponderati con i diritti dell’accusato (…). In alcuni casi può essere necessario negare determinate prove alla difesa per preservare i diritti fondamentali di un’altra persona o per tutelare un interesse pubblico importante» (85). Significativamente, però, la Corte di Strasburgo ha poi affermato che «le misure che limitano i diritti della difesa sono ammissibili ai sensi dell’art. 6, n. 1, [della Convenzione] solo ove siano strettamente necessarie (…). Inoltre, volendo garantire all’accusato un giusto processo, le difficoltà provocate alla difesa da una limitazione dei propri diritti devono essere compensate sufficientemente dalle procedure adottate dalle autorità giudiziarie» (86).

243. Nella sentenza Dowsett la Corte di Strasburgo doveva pronunciarsi sulla situazione causata dal fatto che lo Stato contraente aveva fatto valere per taluni elementi di prova un’immunità legata all’interesse pubblico e questi pertanto non erano stati comunicati alla difesa. Per di più, tali elementi di prova non erano stati trasmessi al giudice nazionale. Nel dichiarare che il ricorrente non aveva ottenuto un giusto processo, la Corte di Strasburgo ha ribadito quel che aveva definito come «la necessità che gli elementi rilevanti per la difesa vengano trasmessi al giudice di primo grado perché possa decidere le questioni riguardanti l’opportunità di divulgarli nel momento in cui possono essere utilizzati nel modo più efficace al fine di tutelare i diritti della difesa» (87).

244. Più di recente, la questione sollevata dinanzi alla Corte di Strasburgo nella causa A. e a. c. Regno Unito (88) verteva sulla compatibilità con la Convenzione del sistema del Regno Unito dei cosiddetti «avvocati speciali». Tale sistema opera in taluni casi relativi all’uso di prove riservate, compresi i casi implicanti accuse di coinvolgimento in attività terroristiche (89). La Corte ha riconosciuto che la percezione della necessità di proteggere la popolazione del Regno Unito da attacchi terroristici significava l’esistenza di un «forte interesse pubblico» a che fossero mantenute segrete fonti di informazione relative ad Al-Quaida e i suoi affiliati (90). Essa non ha dichiarato che il sistema in questione fosse di per sé non conforme (91). Al contrario, ha affermato che per rispondere ai requisiti della Convenzione, occorre che vengano comunicate quante più informazioni possibili riguardo alle accuse e agli elementi di prova contro ciascun ricorrente senza compromettere la sicurezza nazionale o la sicurezza altrui, che alle parti interessate vengano «fornite informazioni sufficienti sulle accuse mosse nei loro confronti per consentire loro di istruire efficacemente gli avvocati speciali» e che «le difficoltà provocate alla difesa da una limitazione dei propri diritti [debbano] essere compensate sufficientemente dalle procedure adottate dalle autorità giudiziarie» (92).

245. Questo a mio avviso rappresenta un requisito minimo irrinunciabile.

–       La natura e l’intensità del controllo che dev’essere effettuato dal giudice dell’Unione

246. Un controllo giurisdizionale adeguato della legittimità di merito di una misura dell’Unione di congelamento di capitali risulta indispensabile per consentire di assicurare un giusto equilibrio fra le esigenze della lotta al terrorismo internazionale e la tutela delle libertà e dei diritti fondamentali (93).

247. Pur essendo definite all’art. 1, nn. 2 e 3, della posizione comune 2001/931, le espressioni «atto di terrorismo» e «persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici» non possiedono significati uniformi in tutta l’Unione europea. Di conseguenza, ogni Stato membro può adottare le proprie definizioni, che possono essere ben diverse. Inoltre, in qualsiasi ricorso in ambito nazionale contro la decisione dell’autorità competente interessata, i giudici dello Stato membro di cui trattasi dovranno tener conto delle definizioni stabilite dal diritto interno (94).

248. Parimenti, in qualsiasi controllo svolto sul piano nazionale, i giudici dello Stato membro interessato seguiranno il livello di tutela dei diritti fondamentali vigenti nello Stato stesso. Tale livello non è necessariamente lo stesso seguito a livello dell’Unione.

249. Il Trattato rappresenta un insieme autosufficiente di norme che è stato definito un «sistema giuridico autonomo» (95). Nell’interpretare tale ordinamento giuridico, la Corte «si ispira alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri» per definire i diritti fondamentali che formano parte dei principi generali di diritto del sistema giuridico dell’Unione (96). È anche vero che ciascuno Stato membro è firmatario della Convenzione ed è pertanto tenuto ad applicarne le norme. Concludere però che i sistemi nazionali di tutela dei diritti fondamentali e l’equivalente sistema dell’Unione sono di conseguenza un’unica e sola cosa, mi sembra semplicemente sbagliato (97). Sotto questo profilo, debbo dissentire dall’opinione espressa dal Tribunale nella sentenza Kadi II, nella quale esso ha dichiarato quanto segue: «[s]ono proprio tali garanzie dei diritti della difesa esistenti a livello nazionale, soggette ad un controllo giurisdizionale effettivo, che dispensano le istituzioni comunitarie da qualsiasi obbligo di prevedere nuovamente garanzie vertenti sullo stesso oggetto a livello comunitario» (98).

250. A differenza delle autorità e dei giudici nazionali degli Stati membri, il Consiglio, da parte sua, è vincolato al rispetto dei livelli di tutela dei diritti fondamentali applicati nell’Unione, e solo di questi ultimi (99).

251. Da quanto precede deriva che l’esistenza di una decisione nazionale è un requisito preliminare essenziale per la legittimità di una decisione del Consiglio di adozione di un provvedimento di congelamento di capitali, ma non è di per sé sufficiente. È altresì necessario che la persona, il gruppo o l’entità interessati siano coinvolti in atti terroristici come definiti all’art. 1 della posizione comune 2001/931 e non solo ai sensi del diritto nazionale. Sotto questo profilo, il Consiglio non ha alcun margine discrezionale. O esistono informazioni sufficienti per inserire una persona, un gruppo o un’entità nell’elenco, oppure non esistono. Si tratta di una questione di fatto che dev’essere valutata applicando il criterio giuridico corretto.

252. È in questo contesto che il Consiglio deve intraprendere il suo processo decisionale. Parimenti, è in questo stesso contesto che il giudice dell’Unione deve esercitare il suo potere di controllo.

253. Di fronte a quanto detto, mi sembra del tutto inopportuno che il potere di controllo debba essere limitato ad un «intervento leggero». Al riguardo, non posso far di meglio che citare le conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro relative alla sentenza Kadi I (100), in cui questi ha affermato che «[l]’assunto che il caso di specie riguardi una “questione politica”, rispetto alla quale anche la minima interferenza giurisdizionale sarebbe inadeguata, è dal mio punto di vista insostenibile. L’affermazione che una misura sia necessaria per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale non può operare in modo da ridurre al silenzio i principi generali del diritto comunitario e privare i singoli dei loro diritti fondamentali. Questo non scredita l’importanza dell’interesse al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale; significa semplicemente che spetta ai giudici valutare la legittimità di misure che possono entrare in conflitto con altri interessi di altrettanto grande valore e la cui tutela è ad essi affidata (…). Certamente, circostanze straordinarie possono giustificare limitazioni delle libertà individuali che sarebbero inaccettabili in condizioni normali. Tuttavia questo non dovrebbe indurci ad affermare che “vi sono casi in cui bisogna mettere, per un istante, un velo sulla libertà, così come si coprono le statue degli Dei” (…). Né ciò significa, come sostiene il Regno Unito, che il sindacato giurisdizionale in tali casi dovrebbe avere soltanto “carattere estremamente marginale”. Al contrario, quando i rischi per la pubblica sicurezza sono ritenuti eccezionalmente elevati, particolarmente forte si rivela la spinta ad adottare provvedimenti inosservanti dei diritti individuali, soprattutto nei confronti di persone che hanno un accesso limitato o nessun accesso al processo politico. Pertanto, in tali situazioni, i giudici dovrebbero ottemperare con accresciuta attenzione al loro dovere di tutelare lo Stato di diritto. Così, le stesse circostanze che possono giustificare limitazioni eccezionali di diritti fondamentali richiedono altresì che i giudici accertino scrupolosamente se tali limitazioni si spingano oltre quanto necessario» (101).

254. Condivido questa tesi. Nel contesto del caso di specie, applicare questi principi significa che la Corte deve verificare se l’affermazione secondo cui una persona, un gruppo o un’entità specifici sono associati ad attività terroristiche è fondata e deve garantire che i provvedimenti adottati riflettano un’adeguata ponderazione tra la necessità di combattere il terrorismo e l’entità dell’incidenza di tali provvedimenti sui diritti fondamentali degli individui.

255. Questo non vuol dire che il Tribunale debba necessariamente controllare in dettaglio ogni aspetto di ogni causa di cui è investito. Per esempio, qualora sia evidente che tutte le procedure adottate a livello nazionale e dinanzi al Consiglio hanno pienamente rispettato le garanzie dei diritti dell’uomo previste dall’Unione europea, il controllo da parte del Tribunale sarà meno intenso. Quel che è fondamentale in ogni caso, comunque, è che il principio dell’effettiva tutela giurisdizionale sia pienamente rispettato (102).

 Osservazione conclusiva

256. Ritengo che si possa tracciare un certo parallelo tra il ruolo del giudice dell’Unione nel decidere ricorsi avverso le decisioni di congelamento dei capitali e i procedimenti dinanzi alla Corte di Strasburgo. Tale Corte opera sulla base del principio di sussidiarietà. In altri termini, si presume che gli Stati membri rispettino la Convenzione. I giudici nazionali di ogni Stato contraente svolgono un ruolo fondamentale nel garantire che i diritti sanciti da tale Convenzione siano di fatto rispettati. Solo in caso di presunta inosservanza dei suddetti diritti e solo qualora ogni altro rimedio sia stato esaurito verrà chiamata in causa la Corte di Strasburgo. Nelle circostanze sopra definite, il giudice dell’Unione europea è chiamato a svolgere la stessa funzione attribuita alla Corte di Strasburgo in forza della Convenzione. Il ruolo del giudice dell’Unione europea è quello di agire come arbitro finale e di garantire il rispetto dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione.

257. Sottolineo che l’analisi da me compiuta ai paragrafi 223‑256 delle presenti conclusioni costituisce un insieme di riflessioni per il futuro. Per i motivi esposti al paragrafo 182, ritengo che il terzo motivo dovrebbe essere respinto.

 Sulle spese

258. Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella causa in esame, ritengo che l’impugnazione debba essere respinta. Poiché la PMOI ha concluso in tal senso, la Repubblica francese dev’essere condannata alle spese.

 Conclusione

259. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di statuire come segue:

–        respingere l’impugnazione, e

–        condannare la Repubblica francese alle spese.


ALLEGATO

BREVE CRONOLOGIA

Data

Evento

8 ottobre 1997

La PMOI viene designata come «organizzazione straniera terroristica» da parte del Segretario di Stato degli USA

28 marzo 2001

Ordinanza del Secretary of State for the Home Department del Regno Unito, diretta a designare la PMOI come organizzazione terroristica proscritta in tale Stato membro

Aprile 2001

Avvio dell’indagine giudiziaria sulle attività di presunti membri della PMOI nella Repubblica francese

28 settembre 2001

Adozione della risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite

27 dicembre 2001

Il Consiglio adotta la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001. Il nome della PMOI non compariva nell’elenco contenuto negli allegati a tali misure

2 maggio 2002

Il Consiglio adotta la posizione comune 2002/340 e la decisione 2002/334. Il nome della PMOI compariva nell’elenco contenuto negli allegati a tali misure

26 luglio 2002

La PMOI promuove la causa T‑228/02 dinanzi al Tribunale

17 giugno 2003

Gli uffici della PMOI di Auvers-sur-Oise vengono perquisiti dalla polizia francese

12 dicembre 2006

Il Tribunale accoglie il ricorso della PMOI nella causa T‑228/02 nei limiti dell’annullamento della decisione 2005/930, nella parte in cui riguardava la PMOI. Il ricorso per il resto viene respinto

19 marzo 2007

L’ufficio antiterroristico di Parigi muove accuse supplementari contro presunti membri della PMOI (v. anche 13 novembre 2007)

28 giugno 2007

Il Consiglio adotta la decisione 2007/445, alla luce della sentenza del Tribunale nella causa T‑228/02. Il nome della PMOI rimaneva nell’elenco contenuto nell’allegato a tale decisione

16 luglio 2007

La PMOI promuove la causa T‑256/07 dinanzi al Tribunale. Il ricorso si riferisce sia alle decisioni del Consiglio precedenti alla decisione POAC sia a quelle successive a tale decisione

13 novembre 2007

V. 19 marzo 2007

30 novembre 2007

La POAC comunica la sua decisione di permettere il ricorso contro la decisione dell’Home Secretary che rifiuta di revocare la proscrizione della PMOI come organizzazione terroristica

20 dicembre 2007

Il Consiglio adotta la decisione 2007/868

7 maggio 2008

La Court of Appeal (England and Wales) respinge la domanda dell’Home Secretary di essere autorizzato a proporre impugnazione avverso la decisione POAC

9 giugno 2008

La Repubblica francese fornisce al Gruppo di lavoro PC 931 nuove informazioni sulle quali è stata basata la decisione di cui trattasi

13 giugno 2008

Prima riunione del Gruppo di lavoro PC 931

23 giugno 2008

L’Home Secretary cancella il nome della PMOI dall’elenco delle organizzazioni proscritte in tale Stato membro, con effetto dal 24 giugno 2008

24 giugno 2008

Seconda riunione del Gruppo di lavoro PC 931. Vengono presentate ulteriori informazioni sulla PMOI e i delegati richiedono altro tempo per studiare la questione

2 luglio 2008

Terza riunione del Gruppo di lavoro PC 931. Viene fatta circolare una diversa motivazione e si concede tempo ai delegati fino al 4 luglio per valutare eventuali obiezioni

4 luglio 2008

Riunione dei consulenti del Gruppo di lavoro del Consiglio per le relazioni esterne (Relex) durante la quale si raggiunge un accordo sul testo di una versione aggiornata della decisione di cui trattasi

9 luglio 2008

Riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti per approvare la decisione di cui trattasi

15 luglio 2008

Il Consiglio adotta la decisione di cui trattasi. La decisione, assieme alla motivazione, viene notificata alla PMOI nella stessa data

21 luglio 2008

La PMOI promuove la causa T‑284/08 dinanzi al Tribunale

23 ottobre 2008

Il Tribunale accoglie il ricorso della PMOI nella causa T‑256/07 annullando l’art. 1 della decisione 2007/868 nella parte in cui riguardava la PMOI. Il ricorso per il resto è stato respinto

4 dicembre 2008

Il Tribunale pronuncia la sentenza impugnata


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Il cambiamento di denominazione è avvenuto in seguito all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009. Per semplicità, nelle presenti conclusioni utilizzerò la seconda denominazione.


3 – Racc. pag. II‑3487.


4 – Decisione 15 luglio 2008, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga la decisione 2007/868/CE (GU L 188, pag. 21).


5 – Posizione comune del Consiglio 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344, pag. 93).


6 – Regolamento del Consiglio 27 dicembre 2001, n. 2580, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344, pag. 70).


7 – Decisione del Consiglio 27 dicembre 2001, 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344, pag. 83).


8 –      Posizione comune del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/340/PESC, che aggiorna la posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 116, pag. 75).


9 – Decisione del Consiglio 2 maggio 2002, 2002/334/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga la decisione 2001/927/CE (GU L 116, pag. 33).


10 – Decisione del Consiglio 26 gennaio 2009, 2009/62/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo, e abroga la decisione 2008/583/CE (GU L 23, pag. 25).


11 – All’epoca in cui è stato proposto il ricorso principale la Carta non aveva valore vincolante: v., per analogia, sentenza 27 giugno 2006, causa C‑540/03, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I‑5769, punto 38). A seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, con effetto dal 1° dicembre 2009, la Carta possiede forza di diritto primario (art. 6, n. 1, TUE).


12 – Per una descrizione più dettagliata delle presunte attività terroristiche della PMOI e della presunta rinuncia a tali attività, v. la decisione della Proscribed Organisations Appeals Commission of England and Wales [commissione d’appello riguardo alle organizzazioni vietate, Regno Unito] 30 novembre 2007 nella causa Lord Alton of Liverpool and Others v Secretary of State for the Home Department (in prosieguo: «la decisione POAC»), sul sito: http://www.siac.tribunals.gov.uk/poac/Documents/outcomes/PC022006%20PMOI%20FINAL%20JUDGMENT.pdf


13 – V. Designation of Foreign Terrorist Organizations, 62 Fed. Reg. 52,650 (1997).


14 – V. Terrorism Act (Proscribed Organisations) (Amendment) Order 2001. L’organizzazione viene descritta all’art. 2 di tale ordinanza come «Mujaheddin e Khalq».


15 – Per una discussione più dettagliata degli aspetti processuali rilevanti del diritto penale francese, tra cui, in particolare, la funzione del réquisitoire [requisitoria] e della mise en examen [sottoposizione ad indagine], v. infra, paragrafo 142.


16 – V. infra, paragrafo 152.


17 – V. Secretary of State for the Home Department v Lord Alton of Liverpool and Others [2008] EWCA Civ 443, disponibile all’indirizzo http://www.bailii.org/ew/cases/EWCA/Civ/2008/443.html


18 – Tali riunioni vengono elencate infra, al paragrafo 91 e nella cronologia esposta in allegato.


19 –      La lettera e la motivazione sono riprodotte rispettivamente ai punti 9 e 10 della sentenza impugnata.


20 – Di fatto, si trattava di un periodo di oltre un mese.


21 – V. sentenze 12 dicembre 2006, causa T‑228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio (Racc. pag. II‑4665, punto 124; in prosieguo: la «sentenza OMPI»), e 23 ottobre 2008, causa T‑256/07, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (Racc. pag. II‑3019, punto 133; in prosieguo: la «sentenza PMOI I»).


22 – V. punto 138 della sentenza PMOI I.


23 –      Vale a dire, il punto 3, lett. a), delle informazioni (v. supra, paragrafo 43). Nella sua sentenza il Tribunale non ha esaminato il punto 3, lett. f), delle informazioni. V. infra, paragrafi 160 e segg.


24 –      Nel prosieguo la sentenza verrà citata come «Kadi I».


25 – La decisione controversa aveva quale precedente immediato la decisione del Consiglio 20 dicembre 2007, 2007/868/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo e abroga la decisione 2007/445/CE (GU L 340, pag. 100). In forza dell’art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931, il Consiglio era tenuto a riesaminare i nomi delle persone ed entità elencati in tale decisione regolarmente almeno una volta per semestre.


26 – V., in particolare, l’argomentazione svolta ai paragrafi 97 e segg. infra.


27 –      V., al riguardo, sentenza impugnata, punto 52. Anche se, per ovvie ragioni, la sentenza impugnata faceva riferimento all’art. 10 CE, nella nuova versione dell’art. 4, n. 3, TUE non vi è nulla che pregiudichi il principio sottostante.


28 – V. infra, paragrafi 197 e segg.


29 – V. infra, paragrafi 97 e segg.


30 – V. infra, paragrafi 171 e segg.


31 – V. infra, paragrafi 197 e segg.


32 – Ad esempio, riducendo il periodo per la notifica, da parte delle delegazioni al gruppo di lavoro CP 931, del fatto che si sarebbe discusso di una persona, di un gruppo o di un’entità durante una riunione di tale gruppo, come disposto dal punto 11 dell’Allegato II al documento del Consiglio 10826/07, la cui versione declassificata è reperibile sul sito http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/st10826-re01en07.pdf


33 – V. infra, paragrafi 105 e segg.


34 – V. sentenze OMPI, cit. supra alla nota 21 (punto 128), e Kadi I, cit. supra alla nota 24 (punto 308).


35 – V. sentenza OMPI (punto 131).


36 – V. la decisione 2002/334, cit. supra alla nota 9.


37 – Cit. supra alla nota 25.


38 – In risposta ad un quesito della Corte, l’avvocato della PMOI ha dichiarato in udienza che tale organizzazione non aveva nulla da obiettare nel caso in cui il riesame del suo mantenimento nell’elenco non si fosse concluso entro i sei mesi indicati dall’art. 1, n. 6, della posizione comune 2001/931 qualora l’estensione del periodo operasse a suo vantaggio, per esempio permettendole di dedurre nuovi elementi di prova per esaminare le nuove informazioni e i nuovi materiali forniti da uno Stato membro.


39 – V., tra l’altro, sentenze 2 settembre 2010, causa C‑399/08 P, Commissione/Deutsche Post (Racc. pag. I‑7831, punto 75); 7 novembre 2002, causa C‑184/01 P, Hirschfeldt/EEA (Racc. pag. I‑10173, punto 48); 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione (Racc. pag. I‑5425, punto 148); nonché l’ordinanza 9 marzo 2007, causa C‑188/06 P, Schneider Electric/Commissione (punto 64).


40 – Nelle sue memorie (relative al secondo motivo) la Repubblica francese afferma che «il governo francese sottolinea in particolare il fatto che la Corte dovrebbe riconoscere che il [Tribunale] è incorso in un errore di diritto sotto questo profilo».


41 – V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro relative alla sentenza Kadi I, cit. supra alla nota 24 (paragrafo 16).


42 – A mio avviso, il fatto che la PMOI possieda o meno personalità giuridica va oltre il presente punto. La questione importante è che le autorità francesi non avevano alcun modo per conoscerne la vera posizione.


43 – V. supra, paragrafi 12 e 13.


44 – V. anche l’ordinanza del Tribunale 15 febbraio 2005, causa T‑229/02, PKK e KNK/Consiglio (Racc. pag. II‑539), in cui il Tribunale stesso, avendo rimarcato che i gruppi o le entità interessate dall’art. 1, n. 4, della posizione comune 2001/931 potevano «non [essere] legalmente esistenti, o non [essere] in grado di rispettare le norme di diritto normalmente applicabili alle persone giuridiche», ha fatto riferimento alla necessità di evitare un «formalismo eccessivo» (punto 28).


45 – Nella versione francese della posizione comune 2001/931 si usa l’espressione «autorité judiciaire». Il termine «judiciaire», nel Cornu, G., Vocabulaire juridique, PUF, Parigi, 2005, è definito nel modo seguente: «(dans un sens vague) qui appartient à la justice, par opposition à législatif et administratif. Ex.le pouvoir judiciaire, l’autorité judiciaire (cependant, même en ce sens, il ne s’agit que de la justice de l’ordre judiciaire); (dans un sens précis) qui concerne la justice rendue par les tribunaux judiciaires». [«(in senso vago): ciò che appartiene alla giustizia, in contrapposizione a legislativo e amministrativo. Per esempio, il potere giudiziario, l’autorità giudiziaria (tuttavia, anche in tal senso, si tratta solo della giustizia dell’ordinamento giudiziario); (in senso preciso), ciò che concerne la giustizia resa da tribunali giudiziari»]. Senza entrare nei dettagli dell’esatto significato dell’espressione francese, faccio notare che essa appare notevolmente più ampia del significato normalmente attribuito all’espressione inglese «judicial».


46 – Come esempio del tipo di situazione surreale che può determinarsi nel caso in cui non venga data risposta, cito il seguente caso, consistente nella trascrizione di parte di un’udienza di fronte ad una Commissione militare degli Stati Uniti, nella quale un detenuto sospettato di coinvolgimento in attività terroristiche veniva invitato a controbattere a prove riservate precedentemente presentate in un’udienza a porte chiuse (alla quale non aveva potuto partecipare): «Cancelliere del tribunale (leggendo una sintesi non classificata delle prove presentate nella sessione a porte chiuse): Durante il soggiorno in Bosnia, il detenuto ha avuto contatti con un noto agente di Al Quaida. Detenuto: Ditemi il suo nome. Presidente del tribunale: Non lo so. Detenuto: Come posso rispondere alla domanda? Presidente del tribunale: Conosceva qualcuno che fosse membro di Al Quaida? Detenuto: No, no. Presidente del tribunale: Mi scusi, qual è la sua risposta? Detenuto: No. Presidente del tribunale: No? Detenuto: No. Gli inquirenti me l’hanno detto molto tempo fa. Ho chiesto loro di dirmi di chi si trattasse. Poi potrei dirvi se posso aver conosciuto questa persona, ma non se fosse un terrorista. Forse lo conoscevo come amico. Forse era qualcuno che ha lavorato con me. Forse una persona che si trovava nella mia squadra. Ma non so se fosse un bosniaco, un indiano o altro. Se mi dite il suo nome, allora potrò rispondere e difendermi da questa accusa. Presidente del tribunale: Siamo noi a fare le domande e lei ci deve rispondere sul contenuto della sintesi non riservata» (cit. in Turner, S., e Schulhofer, S.J., The Secrecy Problem in Terrorism Trials, Liberty & National Security Project, NYU School of Law, 2005).


47 – L’art. 80-1 del Code de procédure pénale così recita: «Le juge d’instruction ne peut informer qu’en vertu d’un réquisitoire du procureur de la République » [Il giudice istruttore può informare solo in forza di una requisitoria del procuratore della Repubblica (…)].


48 – V. Delmas-Marty, M., «French and English Criminal Procedure», in The Gradual Convergence, Ed. Markesinis, B.S., Clarendon Press, Oxford, 1994, pag. 48: «il giudice istruttore ha un triplice compito: anzitutto, con l’aiuto della polizia giudiziaria, raccoglie le prove relative al reato e forma il fascicolo relativo al caso (…)» (il secondo e il terzo compito non rilevano ai nostri fini). V. anche Pradel., J., L’instruction préparatoire, Éditions Cujas, Parigi, 1990, pag. 7: «l’instruction préparatoire est la phase du procès pénal au cours de laquelle, l’action publique étant mis en mouvement, des organes judiciaires spécialisés, notamment le juge d’instruction … recueillent les éléments nécessaires au jugement et décident de la suite à donner à la poursuite» [L’istruzione preparatoria costituisce la fase del processo penale durante la quale, avviata l’azione pubblica, organi giudiziari specializzati, in particolare il giudice istruttore (…) raccolgono gli elementi necessari al giudizio e decidono del seguito da dare all’accusa].


49 – «À peine de nullité, le juge d’instruction ne peut mettre en examen que les personnes à l’encontre desquelles il existe des indices graves ou concordants rendant vraisemblable qu’elles aient pu participer, comme auteur ou comme complice, à la commission des infractions dont il est saisi» [A pena di nullità, il giudice istruttore può sottoporre ad indagine solo i soggetti nei cui confronti esistono indizi gravi o concordanti che rendano verosimile la loro partecipazione, in qualità di autori o di complici, alla commissione dei reati di cui sono accusati].


50 – Punti 66 e 67 della sentenza impugnata.


51 – V. supra, paragrafi 40-43.


52 – V., in tal senso, sentenza 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione (Racc. pag. I‑123, punto 49).


53 – Anche solo per completezza, cito altresì le disposizioni dell’art. 50, n. 2, che si applicano nell’ipotesi di riunione delle cause.


54 – L’art. 67, n. 3, è stato aggiunto al regolamento di procedura del Tribunale il 19 dicembre 2000 (GU L 322, pag. 4), al fine di dare effetto formale alla sentenza nelle cause «travi di acciaio» [sentenze 11 marzo 1999, causa T‑134/94, NMH Stahlwerke/Commissione (Racc. pag. II‑239); causa T‑136/94, Eurofer/Commissione (Racc. pag. II‑263); causa T-137/94, ARBED/Commissione (Racc. pag. II‑303); causa T-138/94, Cockerill-Sambre/Commissione (Racc. pag. II‑333); causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione (Racc. pag. II‑347); causa T‑145/94, Unimétal/Commissione (Racc. pag. II‑585); causa T‑147/94, Krupp Hoesch/Comissione (Racc. pag. II‑603); causa T-148/94, Preussag Stahl/Commissione (Racc. pag. II‑613); causa T-151/94, British Steel/Commissione (Racc. pag. II‑629); causa T‑156/94, Aristrain/Commissione (Racc. pag. II‑645), e causa T-157/94, Ensidesa/Commissione (Racc. pag. II‑707)]. V. anche le mie conclusioni relative alla sentenza 14 febbraio 2008, causa C‑450/06 Varec (Racc. pag. I‑581, paragrafi 52 e segg.).


55 – Punto 155.


56 – Punto 158; il corsivo è mio.


57 – Cit. supra alla nota 24 (punti 342 e 344).


58 – Cit. supra alla nota 54.


59 – V. punti 47 e 52. V. anche paragrafi 33 e segg. delle mie conclusioni relative alla stessa causa.


60 – A quanto sembra, in alcune occasioni una sorta di compromesso ad hoc è stato raggiunto ricorrendo alle disposizioni del capo 3, titolo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, relativo alle misure di organizzazione del procedimento. Per esempio, nella sentenza 14 dicembre 2005, causa T‑209/01, Honeywell International/Commissione (Racc. pag. II‑5527), si riporta che, in seguito a un’obiezione di una delle parti intervenienti in merito alla riservatezza di un allegato del ricorso, si era tenuta una riunione informale, dinanzi al presidente della Seconda Sezione del Tribunale, a titolo di misure di organizzazione del procedimento, in seguito alla quale la ricorrente aveva fornito una nuova versione non riservata di tale documento. Interrogata sul punto se intendesse mantenere la sua obiezione, tenuto conto di questa nuova versione, la parte interveniente non aveva risposto nei termini assegnati (punto 22). Una procedura di questo tipo non è formale e richiede, in sostanza, l’accordo di tutte le parti del procedimento che, ovviamente, non sarà dato in tutti i casi.


61 – Per una descrizione degli obblighi relativi alla riservatezza che regolano gli accordi di scambio di informazioni tra autorità degli Stati, v. la sentenza della Court of Appeal (England and Wales) in Mohamed v Secretary of State for Foreign and Commonwealth Affairs [2010] EWCA Civ. 158, punti 43 e 44 (v. http://www.bailii.org/ew/cases/EWCA/Civ/2010/65.html). Per quanto riguarda il gruppo di lavoro CP 931, secondo gli accordi che ne regolano le riunioni queste ultime debbono svolgersi in ambiente sicuro, così da permettere alla discussione di svolgersi fino al livello «SECRET UE» (v. documento del Consiglio 21 giugno 2007, n. 10826, relativo all’attuazione della posizione comune 2001/931, pag. 5).


62 – Aggiungo che bisognerà prestare analoga considerazione al regolamento di procedura della Corte riguardo alle udienze di impugnazione in caso di esame di elementi di prova riservati presentati dinanzi al Tribunale.


63 – V. supra, nota 40.


64 – Per una discussione del significato dell’espressione «autorità giudiziaria» nel presente contesto, v. supra, paragrafi 132 e segg.


65 – V. supra, paragrafi 124 e segg.


66 – Se non altro in forza dell’art. 6 TUE e dell’art. 51, n. 1, della Carta.


67 – Poiché questa parte delle presenti conclusioni ha scopi puramente indicativi, faccio qui ammenda qualora dovessi aver tralasciato o non debitamente esaminato una o più combinazioni eventualmente rilevanti. Ho tentato di coprire le principali possibilità e mi auguro di non aver omesso nulla, così da non nuocere allo scopo.


68 – Per quanto riguarda il caso in cui l’autorità competente non sia giudiziaria bensì un’autorità competente equivalente, v. infra, paragrafo 220.


69 – Purché, naturalmente, gli altri criteri indicati supra, ai paragrafi 198 e 199, siano soddisfatti.


70 – V. supra, paragrafo 202.


71 – V. supra, paragrafo 100.


72 – V., per esempio, sentenza Varec, cit. supra alla nota 54.


73 – È possibile inoltre che le prove di cui trattasi siano state ottenute da parte di un altro Stato membro in base ad accordi internazionali di reciproca cooperazione nel settore della lotta contro attività terroristiche. V., in proposito, l’art. 4 della posizione comune 2001/931 il quale impone agli Stati membri di prestarsi la massima assistenza possibile ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. È comprensibile che le forze di sicurezza siano riluttanti a condividere informazioni in questa maniera qualora abbiano fondati motivi di ritenere che esse non verranno tenute al sicuro da chi le riceve.


74 – Per esempio, al punto 133 della sentenza OMPI, cit. supra alla nota 21, il Tribunale ha dichiarato che «si controverte[va] di misure cautelari».


75 – Cit. supra alla nota 24 (paragrafo 47).


76 – Sentenza 30 settembre 2010, causa T‑85/09 (non ancora pubblicata nella Raccolta).


77 – Punti 149 e 150.


78 – Sull’influenza della percezione soggettiva della formulazione delle norme giuridiche, v. le mie conclusioni relative alla sentenza 23 settembre 2008, causa C‑427/06, Bartsch (Racc. pag. I‑7245, paragrafi 44-46).


79 –      V. sentenza A. e a. c. Regno Unito, [GC], n 3455/05, punto 173.


80 – Art. 15, n. 1. V. inoltre sentenze Aksoy e a. c. Turchia, nn. 14037/04, 14052/04, 14072/04, 14077/04, 14092/04, 14098/04, 14100/04, 14103/04, 14112/04, 14115/04, 14120/04, 14122/04 e 14129/04 (sez. 2), punto 68.


81 – V., al riguardo, le mie conclusioni relative alla sentenza 10 marzo 2009, causa C‑345/06, Heinrich (Racc. pag. I‑1659, paragrafo 100).


82 – V., tra l’altro, sentenza Kadi I, cit. supra alla nota 24 (punto 284).


83 – Doorson c. Paesi Bassi, Recueil des arrêts et décisions1996‑II, § 70.


84 – Jasper c. Regno Unito, [GC], n. 27052/95.


85 – Punto 52. La parte rilevante della suddetta causa è stata definita sulla base delle disposizioni dell’art. 6, n. 1, della Convenzione relativa alla gestione delle accuse penali, ma non vi è alcun motivo per limitare a tale settore l’affermazione di tale principio. V. inoltre sentenze Rowe e Davis c. Regno Unito, [GC], n. 28901/95, Corte eur. D.U., Recueil des arrêts et décisions 2000-II, § 61; Fitt c. Regno Unito, [GC], n. 29777/96, Corte eur. D.U., Recueil des arrêts et décisions 2000‑II, punto 45; e V. c. Finlandia, n. 40412/98, punto 75.


86 – Sentenza Jasper c. Regno Unito, cit. supra alla nota 84, punto 52.


87 – Sentenza Dowsett c. Regno Unito, n. 39482/98 (sez. 2), Corte eur. D.U., 2003‑VII, punto 50.


88 – Cit. supra alla nota 79.


89 – Il sistema degli avvocati speciali è complesso ma, in sostanza, riguarda la nomina di un legale speciale per rappresentare gli interessi di una parte che si contrappone allo Stato, in casi in cui tutte o parte delle prove che lo Stato propone di utilizzare contro la suddetta parte non possono essere comunicate per motivi di sicurezza nazionale. L’avvocato speciale deve aver ottenuto un nulla osta, che gli dà il diritto di esaminare le prove riservate (il cosiddetto «materiale segreto»). Egli può comunicare con il proprio cliente in qualunque momento prima di aver avuto accesso al materiale segreto, ma non dopo questo momento. Il cliente ha diritto di essere presente in tutte le fasi del procedimento in cui non vengono dedotte prove non riservate, ma non può partecipare quando la corte o il tribunale prendono in esame materiale segreto. Il sistema è stato introdotto con la creazione dello Special Immigration Appeals Tribunal (in prosieguo: il «SIAC») in risposta alle osservazioni della Corte dei diritti dell’uomo nella sentenza Chahal c. Regno Unito (Recueil des arrêts et décisions 1996‑V, § 131), in cui tale Corte ha dichiarato che il Regno Unito aveva violato l’art. 5, n. 4, della Convenzione perché alcuni elementi di prova non erano stati comunicati al giudice nazionale per motivi di sicurezza. Dalla sua introduzione il sistema ha subito adattamenti per adeguarsi alle obiezioni sollevate, ma questo non vuol dire che esso ora sia esente da aspetti critici. V., per esempio, Report of the House of Lords and House of Commons Joint Committee on Human Rights, Counter-Terrorism Policy and Human Rights (Sixteenth Report): Annual Renewal of Control Orders Legislation 2010, pag. 36. In detto rapporto si osserva, tra l’altro, che gli avvocati speciali non possono accedere in pratica alle prove o alle perizie che permetterebbero loro di rispondere alle valutazioni dei servizi di sicurezza, che non possono in alcun modo controbattere all’affermazione del governo del Regno Unito secondo cui tale comunicazione pregiudicherebbe l’interesse pubblico, con il risultato che le accuse del governo su ciò che può o non può essere comunicato sono di fatto incontestabili e quasi sempre accolte dai giudici e, in generale, che, ostacolando gli avvocati speciali nello svolgimento del ruolo ad essi attribuito, il sistema, così com’è attualmente, «crea il rischio di gravi errori giudiziari». Sottolineo, però, che tali osservazioni si riferiscono essenzialmente al funzionamento del sistema piuttosto che alla sua struttura essenziale, che in realtà si occupa del problema dell’assurdità e della vistosa assenza di diritti della difesa rappresentata dalla sentenza Dutschke v Secretary of State for the Home Department (appello n. TH 381/70 dinanzi all’Immigration Appeals Tribunal), che circa 30 anni or sono è divenuta un caso celebre tra gli avvocati del Regno Unito. In proposito, v. Hepple, B.A., «Aliens and Administrative Justice: the Dutschke Case», Modern Law Review Vol. 34 (settembre 1971), pagg. 501-519.


90 – Punto 216.


91 – La Corte ha in effetti dichiarato che «la possibilità di verificare le prove e di esporre argomenti per conto del ricorrente in camera di consiglio permette agli avvocati speciali di svolgere un ruolo importante per bilanciare la diffusione soltanto parziale di elementi probatori e l’assenza di un contraddittorio pieno e aperto » (punti 218 e 220).


92 – A. e a. c. Regno Unito, cit. supra alla nota 79, punti 205 e 220.


93 – V. sentenze 29 giugno 2010, causa C‑550/09, E e F (Racc. pag. I‑6213, punto 57), e Kadi II, cit. supra alla nota 76 (punto 137).


94 – Per un’approfondita analisi dei problemi rilevanti, v. la nota di E. Spaventa relativa alla sentenza PMOI I e alla sentenza impugnata in 46, CML Rev. 2009, pag. 1239.


95 – V. sentenza Kadi I, cit. supra alla nota 24 (punto 316).


96 – V., tra l’altro, sentenza 17 dicembre 1970, causa 11/70, Internationale Handelsgesellschaft (Racc. pag. 1125, punto 4), e, più di recente, sentenza Parlamento/Consiglio, cit. supra alla nota 11 (punto 35), nonché sentenza 8 settembre 2010, causa C‑409/06, Winner Wetten (Racc. pag. I‑8015, punto 58). V. inoltre Tridimas, T., «Judicial Review and the Community judicature: towards a new European constitutionalism?», in Principles of proper conduct for supranational, state and private actors in the European Union: towards a ius commune: essays in honour of Walter van Gerven, Intersentia, 2001, pag. 71, in cui l’autore definisce l’approccio seguito dalla Corte come «una dottrina costituzionale attraverso un metodo di common law».


97 – V. Spaventa, E., «Counter-terrorism and fundamental rights: judicial challenges and legislative changes after the rulings in Kadi and PMOI», (in corso di pubblicazione) in The EU and Global Emergencies, Antoniadis, A., Schütze, R., e Spaventa, E., (ed.), Hart Publishing, 2011, in cui l’autrice definisce il parere secondo cui i ricorsi contro gli inserimenti in elenco sono prima di tutto un problema delle autorità e dei giudici nazionali come un «approccio pilatesco» e prosegue sostenendo che tale approccio è «profondamente insufficiente poiché spetta solo al giudice comunitario valutare la legittimità degli atti dell’Unione, e soltanto chi è coinvolto in “atti terroristici” come definiti nella posizione comune 2001/931 può essere inserito nell’elenco. Non vi è alcun motivo per cui la Corte dovrebbe rinunciare al suo dovere interpretativo e giudiziario di controllare l’esistenza di prove sufficienti ad inserire una persona o un gruppo nell’elenco». V. altresì la relazione dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, National Human Rights Legislation, Strengthening the fundamental rights architecture in the EU I, 2010, in cui si osserva che «gli Stati membri hanno inoltre un approccio relativamente frammentario al controllo del rispetto con le diverse garanzie per i diritti dell’uomo» (pag. 5).


98 – Cit. supra alla nota 77 (punto 186).


99 – V., per esempio, art. 5, n. 1, della Carta. Per quanto riguarda l’obbligo di garantire il rispetto dei diritti fondamentali a livello di Unione europea, v. altresì sentenza Internationale Handelsgesellschaft, cit. supra alla nota 96 (punto 4), e, in merito alla distinzione tra diritto nazionale e diritto dell’Unione, sentenza 29 maggio 1997, causa C‑299/95, Kremzow (Racc. pag. I‑2629, punto 15). In generale, v. sentenza Kadi I, cit. supra alla nota 24 (punto 285).


100 – Cit. supra alla nota 24. Anche se la sentenza Kadi I riguardava decisioni di congelamento di capitali «convenzionali» ai sensi della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite 1333 (2000), non vedo motivo per cui non dovrebbero essere applicati gli stessi principi agli ordinamenti «autonomi» ai sensi della Risoluzione 1373 (2001).


101 – Paragrafi 34 e 35.


102 – V., in proposito, sentenza Kadi I, cit. supra alla nota 24 (punto 335).

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