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Documento 62009CJ0201

    Sentenza della Corte (grande sezione) del 29 marzo 2011.
    ArcelorMittal Luxembourg SA contro Commissione europea (C-201/09 P) e Commissione europea contro ArcelorMittal Luxembourg SA e altri (C-216/09 P).
    Impugnazione - Concorrenza - Intese - Mercato comunitario delle travi in acciaio - Decisione che accerta un’infrazione all’art. 65 CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento (CE) n. 1/2003 - Competenza della Commissione - Imputabilità del comportamento illecito - Autorità di cosa giudicata - Diritti della difesa - Prescrizione - Nozione di "sospensione" della prescrizione - Effetti erga omnes o inter partes - Difetto di motivazione.
    Cause riunite C-201/09 P e C-216/09 P.

    Raccolta della Giurisprudenza 2011 I-02239

    Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2011:190

    Cause riunite C‑201/09 P e C‑216/09 P

    ArcelorMittal Luxembourg SA

    contro

    Commissione europea

    e

    Commissione europea

    contro

    ArcelorMittal Luxembourg SA, già Arcelor Luxembourg SA, e altri

    «Impugnazione — Concorrenza — Intese — Mercato comunitario delle travi in acciaio — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 65 CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento (CE) n. 1/2003 — Competenza della Commissione — Imputabilità del comportamento illecito — Autorità di cosa giudicata — Diritti della difesa — Prescrizione — Nozione di “sospensione” della prescrizione — Effetti erga omnes o inter partes — Difetto di motivazione»

    Massime della sentenza

    1.        Concorrenza — Intese — Intese soggette ratione materiae e ratione temporis al regime giuridico del Trattato CECA — Scadenza del Trattato CECA — Mantenimento di un controllo da parte della Commissione che agisce sulla base del regolamento n. 1/2003

    (Art. 65, n. 1, CA; regolamento del Consiglio n. 1/2003)

    2.        Atti delle istituzioni — Applicazione nel tempo — Scadenza del Trattato CECA — Decisione della Commissione adottata nei confronti di un’impresa dopo la scadenza del Trattato CECA e riguardante fatti anteriori alla scadenza di detto Trattato — Principi della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento — Portata — Responsabilità delle imprese per i loro comportamenti che violano le norme in materia di concorrenza, nell’ambito della successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA — Norme sostanziali — Norme di procedura

    (Art. 65, n. 1, CA; regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 7, n. 1, e 23, n. 2)

    3.        Concorrenza — Regole dell’Unione — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione — Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100%

    (Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

    4.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Durata eccessiva del procedimento amministrativo — Sparizione degli elementi di prova rilevanti ai fini dell’esercizio dei diritti della difesa — Onere della prova

    (Regolamento del Consiglio n. 1/2003)

    5.        Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di azioni — Sospensione — Decisione della Commissione che costituisce oggetto di un procedimento pendente dinanzi alla Corte di giustizia — Portata

    (Regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 23, 25, nn. 3 e 6, e 26, n. 2; decisione generale n. 715/78, artt. 2, 3 e 4, n. 2)

    1.        Conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici. Tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione.

    Non sussiste, a tale riguardo, alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione avrebbe inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza del Trattato medesimo. La successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicura, al fine di garantire una libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, indipendentemente dal fatto che si sia verificato anteriormente o successivamente alla scadenza del Trattato CECA, il 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo.

    In tale contesto, risulterebbe contrario alla finalità nonché alla coerenza dei Trattati ed inconciliabile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione il fatto che la Commissione sia priva di legittimazione per garantire l’uniforme applicazione delle norme risultanti dal Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche successivamente alla scadenza di quest’ultimo. Pertanto, il Tribunale non commette errori di diritto interpretando il regolamento n. 1/2003 nel senso che consente alla Commissione di accertare e sanzionare, successivamente alla scadenza del Trattato CECA, le intese realizzate nei settori rientranti nella sfera di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis.

    (v. punti 62-66)

    2.        Il principio della certezza del diritto esige che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza. A tal riguardo, considerato che i Trattati definiscono chiaramente le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che possono essere inflitte alle imprese per infrazione alle norme in materia di concorrenza, i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali consentano loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato.

    Nel caso di una decisione della Commissione che riguardi una situazione giuridica definitivamente consolidatasi anteriormente alla scadenza del Trattato CECA e che sia stata adottata nei confronti di un’impresa successivamente alla scadenza di detto Trattato, il Tribunale non commette errori dichiarando, da un lato, che il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché le esigenze relative ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali previste all’art. 65, nn. 1 e 5, CA a fatti avvenuti prima della scadenza del Trattato CECA e che ricadono nella sua sfera di applicazione ratione materiae e ratione temporis. A tal riguardo, l’art. 65, nn. 1 e 5, CA, prevedeva un fondamento normativo chiaro per infliggere una sanzione per infrazione alle norme in materia di concorrenza, ragion per cui un’impresa diligente non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’art. 65 CA da essa commesse nel passato.

    Per quanto riguarda, d’altro lato, le disposizioni procedurali applicabili, il Tribunale ha correttamente concluso che la Commissione è competente ad esperire il procedimento conformemente agli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, la disposizione che costituisce il fondamento giuridico di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo e si presume, in linea generale, che le regole procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore.

    (v. punti 67-70, 73-75)

    3.        La nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. A tal riguardo, la Corte ha precisato, da un lato, che la nozione di impresa, collocata nel contesto del diritto della concorrenza dell’Unione, dev’essere intesa nel senso che essa designa un’unità economica ancorché, dal punto di vista giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche e, dall’altro, che tale entità economica, laddove violi le regole dettate in materia di concorrenza, è tenuta, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione.

    Il comportamento di una controllata può essere imputato alla società madre segnatamente quando, pur avendo una personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, ma applichi sostanzialmente le istruzioni impartitele dalla società madre, tenuto conto, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che uniscono questi due soggetti giuridici. Riguardo al caso particolare in cui una società madre detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme in materia di concorrenza, da un lato, tale società madre può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione iuris tantum secondo cui la società madre medesima esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata.

    Ciò premesso, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla società madre per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale della controllata medesima. La Commissione potrà poi ritenere la società madre solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, a meno che tale società madre, cui incombe l’onere di confutare detta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova, idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato. Altre circostanze, quali la mancata contestazione dell’influenza esercitata dalla società madre sulla politica commerciale della propria controllata e la rappresentanza comune delle due società durante il procedimento amministrativo, possono essere prese in considerazione dal giudice dell’Unione, senza con ciò condizionare l’applicazione della presunzione menzionata.

    (v. punti 95-99)

    4.        Spetta all’impresa che sostiene che la durata eccessiva del procedimento amministrativo abbia inciso sull’esercizio dei diritti della difesa fornire prova sufficiente del fatto che, per effetto di tale eccessiva durata, essa abbia incontrato difficoltà per difendersi contro le allegazioni della Commissione.

    Pertanto, una società diligente, destinataria di una decisione della Commissione che essa ha impugnato e avente lo status di parte in un primo procedimento dinanzi al giudice dell’Unione, dovrebbe conservare i documenti necessari ai fini della propria difesa. In mancanza, essa dovrebbe indicare in modo circostanziato, se non gli elementi di prova specifici venuti meno, quanto meno gli incidenti, gli avvenimenti o le circostanze che le abbiano impedito, nel corso del periodo considerato, di ottemperare al proprio obbligo di diligenza e che abbiano causato il preteso venir meno degli elementi di prova cui essa fa allusione. Infatti, solo esaminando tali indicazioni specifiche il giudice dell’Unione può valutare se l’impresa abbia fornito prova sufficiente di aver incontrato, per effetto di un’eccessiva durata del procedimento amministrativo, le difficoltà invocate nel difendersi contro le allegazioni della Commissione ovvero se, al contrario, tali difficoltà siano conseguenza della mancata osservanza dei propri obblighi di diligenza.

    (v. punti 118, 120-122)

    5.        Il fatto stesso che un ricorso sia pendente dinanzi al Tribunale o alla Corte giustifica la sospensione della prescrizione. Qualora un destinatario di una decisione della Commissione che infligge un’ammenda per infrazione alle norme della concorrenza decida di proporre ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione può essere investito solamente degli elementi della decisione che riguardino il destinatario stesso. Per contro, gli elementi riguardanti altri destinatari, e che non siano stati impugnati, non ricadono nell’oggetto della controversia che il giudice dell’Unione è chiamato a risolvere.

    Peraltro, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della decisione generale n. 715/78, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e dell’art. 26, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione in materia di esecuzione inizia a decorrere dal giorno in cui la decisione è divenuta definitiva. La Corte ha precisato che tale termine decorre quindi, segnatamente, a partire dalla scadenza dei termini di ricorso contro la decisione che ha statuito sull’infrazione e sull’ammenda, qualora nessun ricorso sia stato proposto. Dalle suesposte considerazioni emerge, da un lato, che nei confronti delle imprese che non hanno proposto ricorso avverso una decisione finale della Commissione con cui sia stata loro inflitta un’ammenda ex art. 65 CA ovvero ex art. 23 del regolamento n. 1/2003, tale decisione diviene definitiva e, dall’altro, che la definitività fa scattare nei loro confronti il termine di esecuzione di tale decisione, previsto all’art. 4 della decisione n. 715/78 e dall’art. 26 del regolamento n. 1/2003. Ne consegue che, nei confronti di dette imprese, il ricorso di un’altra impresa contro la stessa decisione finale non può produrre alcun effetto sospensivo.

    Inoltre, tanto il tenore dell’art. 3 della decisione n. 715/78 e quello dell’art. 25, n. 6, del regolamento n. 1/2003, quanto gli obiettivi perseguiti da tali articoli ricomprendono, al tempo stesso, i ricorsi proposti contro gli atti previsti dall’art. 2 della decisione n. 715/78 e dall’art. 25, n. 3, del regolamento n. 1/2003 che sono impugnabili, nonché i ricorsi diretti contro la decisione finale della Commissione. Pertanto, considerato che l’art. 3 della decisione n. 715/78 e l’art. 25, n. 6, del regolamento n. 1/2003 non operano alcuna distinzione tra le decisioni cui sono attribuiti effetti sospensivi, non possono essere attribuiti effetti erga omnes ai ricorsi proposti avverso gli atti di cui all’art. 2 della decisione n. 715/78 e all’art. 25, n. 3, del regolamento n. 1/2003 che sono impugnabili.

    (v. punti 141-147)







    SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

    29 marzo 2011 (*)

    «Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercato comunitario delle travi in acciaio – Decisione che accerta un’infrazione all’art. 65 CA successivamente alla scadenza del Trattato CECA, sulla base del regolamento (CE) n. 1/2003 – Competenza della Commissione – Imputabilità del comportamento illecito – Autorità di cosa giudicata – Diritti della difesa – Prescrizione – Nozione di “sospensione” della prescrizione – Effetti erga omnes o inter partes – Difetto di motivazione»


    Indice


    I – Contesto normativo

    A – Le disposizioni del Trattato CECA

    B – Le disposizioni del Trattato CE

    C – Il regolamento (CE) n. 1/2003

    D – Le disposizioni relative alla prescrizione in materia di azioni

    II – Fatti

    III – Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    IV – Procedimento dinanzi alla Corte

    V – Conclusioni delle parti

    VI – Sulla domanda volta alla riapertura della fase orale del procedimento

    VII – Sulle impugnazioni

    A – Sull’impugnazione della ARBED (causa C‑201/09 P)

    1. Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 97 CA e del regolamento n. 1/2003, ad uno sviamento di potere, ad un errore di diritto e a vizi di motivazione

    a) Argomenti delle parti

    b) Giudizio della Corte

    2. Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei principi della personalità giuridica delle società e del carattere individuale delle sanzioni, al difetto di motivazione, all’erronea interpretazione ed applicazione della giurisprudenza sull’imputabilità del comportamento di una controllata al 100% alla società madre nonché alla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata

    a) Sulla ricevibilità e sull’operatività del motivo

    i) Argomenti delle parti

    ii) Giudizio della Corte

    b) Sul merito

    i) Argomenti delle parti

    ii) Giudizio della Corte

    3. Sul terzo motivo, relativo alla violazione delle regole in materia di prescrizione e del principio dell’autorità di cosa giudicata nonché ad un vizio di motivazione

    a) Argomenti delle parti

    b) Giudizio della Corte

    4. Sul quarto motivo, relativo ad un vizio di motivazione ed alla violazione dei diritti della difesa e del principio dell’autorità di cosa giudicata

    a) Argomenti delle parti

    b) Giudizio della Corte

    B – Sull’impugnazione della Commissione (causa C‑216/09 P), con cui viene dedotto un motivo unico attinente ad errori di diritto nell’interpretazione della decisione n. 715/78

    1. Argomenti delle parti

    2. Giudizio della Corte

    VIII – Sulle spese

    Nei procedimenti riuniti C‑201/09 P e C‑216/09 P,

    aventi ad oggetto due impugnazioni ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposte, rispettivamente, in data 5 e 10 giugno 2009,

    ArcelorMittal Luxembourg SA, già Arcelor Luxembourg SA, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo), rappresentata dagli avv.ti A. Vandencasteele e C. Falmagne, avocats (causa C‑201/09 P),

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    Commissione europea, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e E. Gippini Fournier, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

    convenuta in primo grado,

    ArcelorMittal Belval & Differdange SA, già Arcelor Profil Luxembourg SA, con sede in Esch-sur-Alzette (Lussemburgo),

    ArcelorMittal International SA, già Arcelor International SA, con sede in Lussemburgo,

    ricorrenti in primo grado,

    e

    Commissione europea, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre, X. Lewis e E. Gippini Fournier, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo (causa C‑216/09 P),

    ricorrente,

    procedimento in cui le altre parti sono:

    ArcelorMittal Luxembourg SA, già Arcelor Luxembourg SA, con sede in Lussemburgo,

    ArcelorMittal Belval & Differdange SA, già Arcelor Profil Luxembourg SA, con sede in Esch-sur-Alzette, rappresentata dall’avv. A. Vandencasteele, avocat,

    ArcelorMittal International SA, già Arcelor International SA, con sede in Lussemburgo, rappresentata dall’avv. A. Vandencasteele, avocat,

    ricorrenti in primo grado,

    LA CORTE (Grande Sezione),

    composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot, K. Schiemann, A. Arabadjiev (relatore) e J.-J. Kasel, presidenti di sezione, dai sigg. E. Juhász, G. Arestis, A. Borg Barthet, T. von Danwitz e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

    avvocato generale: sig. Y. Bot

    cancelliere: sig.ra R. Şereş, amministratore

    vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 29 giugno 2010,

    sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 26 ottobre 2010,

    ha pronunciato la seguente

    Sentenza

    1        Con le presenti impugnazioni la ArcelorMittal Luxembourg SA, già Arcelor Luxembourg SA (causa C‑201/09 P), la Commissione europea (causa C‑216/09 P) nonché, con impugnazione incidentale, la ArcelorMittal Belval & Differdange SA, già Arcelor Profil Luxembourg SA, e la ArcelorMittal International SA, già Arcelor International SA (causa C‑216/09 P) chiedono alla Corte l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 31 marzo 2009, causa T‑405/06, ArcelorMittal Luxembourg e a./Commissione (Racc. pag. II‑771; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui è stato disposto l’annullamento parziale della decisione della Commissione 8 novembre 2006, C(2006) 5342 def., relativa ad un procedimento di applicazione dell’art. 65 [CA] avente ad oggetto accordi e pratiche concertate con produttori europei di travi d’acciaio (caso COMP/F/38.907 – Travi d’acciaio), di cui è stata pubblicata una sintesi sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 13 settembre 2008 (GU C 235, pag. 4; in prosieguo: la «decisione controversa»).

    2        Con la decisione controversa la Commissione ha accertato che l’impresa composta dalla ArcelorMittal Luxembourg SA, dalla ArcelorMittal Belval & Differdange SA e dalla ArcelorMittal International SA aveva partecipato, nel periodo compreso dal 1° luglio 1988 al 16 gennaio 1991, ad una serie di accordi e di pratiche concertate aventi ad oggetto ovvero per effetto di fissare i prezzi, ripartire i mercati e scambiare, su grande scala, informazioni sul mercato comunitario delle travi in acciaio, in violazione dell’art. 65, n. 1, CA, infliggendo alle società medesime, per tali infrazioni, un’ammenda di 10 milioni di euro in solido.

    I –  Contesto normativo

    A –  Le disposizioni del Trattato CECA

    3        L’art. 65 CA così disponeva:

    «1. È proibito ogni accordo tra imprese, ogni decisione d’associazioni d’imprese e ogni pratica concordata che tenda, sul mercato comune, direttamente o indirettamente, a impedire, limitare o alterare il giuoco normale della concorrenza e in particolare:

    a)      a fissare o determinare i prezzi;

    b)      a limitare o controllare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti;

    c)      a ripartire i mercati, i prodotti, i clienti o le fonti d’approvvigionamento.

    (...)

    4.      Gli accordi o le decisioni vietati per effetto della sezione 1 del presente articolo sono nulli di pieno diritto e non possono essere invocati avanti ad alcuna giurisdizione degli Stati membri.

    La Commissione ha competenza esclusiva, con riserva dei ricorsi avanti alla Corte, per pronunciarsi sulla conformità di tali accordi o decisioni con le disposizioni del presente articolo.

    5.      Alle imprese che abbiano concluso un accordo nullo di pieno diritto, eseguito o tentato d’eseguire, per mezzo di arbitrato, di penale, boicottaggio, o in qualsiasi altro modo, un accordo o una decisione nulli di pieno diritto, o un accordo la cui approvazione è stata rifiutata o revocata; oppure che abbiano ottenuto il beneficio d’una autorizzazione per mezzo di informazioni scientemente false o travisate; oppure che abbiano attuato pratiche contrarie alle disposizioni della sezione 1, la Commissione può infliggere ammende e penalità di mora al massimo uguali al doppio del volume d’affari ottenuto con i prodotti oggetto dell’accordo, della decisione o della pratica contrari alle disposizioni del presente articolo, senza pregiudizio, se il loro scopo è di limitare la produzione, lo sviluppo tecnico o gli investimenti, [di] un aumento del massimo così determinato fino al 10% del volume d’affari annuo delle imprese in argomento, per quanto concerne l’ammenda, e fino al 20% del volume d’affari giornaliero, per quanto concerne le penalità di mora».

    4        Conformemente all’art. 97 CA, il Trattato CECA è scaduto il 23 luglio 2002.

    B –  Le disposizioni del Trattato CE

    5        L’art. 305, n. 1, CE così recitava:

    «Le disposizioni del presente trattato non modificano quelle del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi degli Stati membri, i poteri delle istituzioni di tale Comunità e le norme sancite da tale trattato per il funzionamento del mercato comune del carbone e dell’acciaio».

    C –  Il regolamento (CE) n. 1/2003

    6        A termini dell’art. 4 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), «ai fini dell’applicazione degli articoli 81 [CE] e 82 [CE], alla Commissione sono attribuite le competenze previste dal presente regolamento».

    7        L’art. 7 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Constatazione ed eliminazione delle infrazioni», così dispone:

    «1.      Se la Commissione constata, in seguito a denuncia o d’ufficio, un’infrazione all’articolo 81 [CE] o all’articolo 82 [CE], può obbligare, mediante decisione, le imprese e associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. (...) Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata.

    (…)».

    8        Ai sensi dell’art. 23, n. 2, lett. a), del regolamento n.1/2003, la Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettono un’infrazione alle disposizioni degli artt. 81 CE o 82 CE.

    D –  Le disposizioni relative alla prescrizione in materia di azioni

    9        A tenore dell’art. 1, n. 1, della decisione della Commissione 6 aprile 1978, n. 715/78/CECA, relativa alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel campo di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (GU L 94, pag. 22), e dell’art. 25, n. 1, del regolamento n. 1/2003, il potere della Commissione di infliggere ammende per infrazioni alle disposizioni del Trattato o alle disposizioni di applicazione in materia di diritto alla concorrenza è soggetto, in linea di principio, ad un termine di prescrizione di cinque anni.

    10      Ai sensi dell’art. 1, n. 2, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione decorre dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione. Tuttavia, per le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui l’infrazione è cessata.

    11      Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 3, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione dell’azione è interrotta da qualsiasi atto della Commissione concernente l’istruzione o la repressione dell’infrazione. La prescrizione è interrotta dal giorno in cui l’atto è notificato ad almeno una parte che abbia partecipato all’infrazione. Costituiscono, segnatamente, atti interruttivi della prescrizione:

    –        le domande scritte di informazioni della Commissione, nonché le decisioni con cui la Commissione esige le informazioni richieste;

    –        i mandati scritti di accertamento rilasciati ai propri agenti dalla Commissione, nonché le decisioni con cui la Commissione ordina accertamenti;

    –        l’avvio di un procedimento da parte della Commissione;

    –        la comunicazione degli addebiti mossi dalla Commissione.

    12      Ai sensi dell’art. 2, n. 2, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 4, del regolamento n. 1/2003, l’interruzione della prescrizione vale nei confronti di tutte le imprese che abbiano partecipato all’infrazione.

    13      A termini dell’art. 2, n. 3, della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 5, del regolamento n. 1/2003, per effetto dell’interruzione ha inizio un nuovo periodo di prescrizione. La prescrizione opera, tuttavia, al più tardi allo spirare del doppio del termine previsto, se la Commissione non ha irrogato un’ammenda o una penalità di mora entro tale termine. Detto termine è prolungato della durata della sospensione.

    14      Ai sensi dell’art. 3 della decisione n. 715/78 e dell’art. 25, n. 6, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione dell’azione rimane sospesa per il tempo in cui pende dinanzi alla Corte un ricorso contro la decisione della Commissione.

    15      Dall’art. 4 della decisione n. 715/78 e dall’art. 26, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1/2003 emerge che il potere della Commissione di dare esecuzione alle decisioni che infliggono ammende ai sensi delle disposizioni del Trattato CECA ovvero dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003 è soggetto ad un termine di prescrizione quinquennale, ove tale termine decorre dal giorno in cui la decisione è divenuta definitiva.

    II –  Fatti

    16      I fatti all’origine della presente controversia, quali esposti ai punti 16‑37 della sentenza impugnata, possono essere così riassunti.

    17      La ARBED SA, che ha successivamente cambiato denominazione sociale divenendo Arcelor Luxembourg SA, quindi ArcelorMittal Luxembourg SA (in prosieguo: la «ARBED»), operava nella fabbricazione di prodotti siderurgici.

    18      La TradeARBED SA, che ha successivamente cambiato denominazione sociale per divenire Arcelor International SA, quindi ArcelorMittal International SA (in prosieguo: la «TradeARBED»), era stata costituita quale controllata al 100% della ARBED e si occupava della distribuzione dei prodotti siderurgici fabbricati da quest’ultima.

    19      La ProfilARBED SA, che ha successivamente cambiato denominazione sociale, per divenire Arcelor Profil Luxembourg SA, quindi ArcelorMittal Belval & Differdange SA (in prosieguo: la «ProfilARBED»), era stata costituita il 27 novembre 1992, quale controllata al 100% della ARBED, per svolgere, a decorrere da tale data, le attività economiche ed industriali della stessa ARBED nel settore delle travi.

    20      Nel corso del 1991 la Commissione effettuava, sulla base di decisioni adottate in forza dell’art. 47 CA, verifiche presso i locali di varie imprese, tra le quali la TradeARBED. Il 6 maggio 1992 inviava una comunicazione degli addebiti alle imprese interessate, tra le quali la TradeARBED, ma non la ARBED e la ProfilARBED. La TradeARBED partecipava a un’audizione tenutasi dall’11 al 14 gennaio 1993.

    21      Con decisione 16 febbraio 1994, 94/215/CECA, relativa ad una procedura ai sensi dell’articolo 65 del Trattato CECA concernente gli accordi e le pratiche concordate posti in essere dai produttori europei di travi (GU L 116, pag. 1; in prosieguo: la «decisione iniziale»), la Commissione accertava la partecipazione di 17 imprese siderurgiche europee, tra le quali la TradeARBED, ad una serie di accordi, decisioni e pratiche concordate per la fissazione dei prezzi, la ripartizione dei mercati e lo scambio di informazioni riservate sul mercato comunitario delle travi, in violazione dell’art. 65, n. 1, CA, infliggendo ammende a quattordici imprese di tale settore, tra le quali la ARBED (ECU 11 200 000), per infrazioni commesse nel periodo compreso tra il 1° luglio 1988 e il 31 dicembre 1990.

    22      Con sentenza 11 marzo 1999, causa T‑137/94, ARBED/Commissione (Racc. pag. II‑303), il Tribunale respingeva il ricorso di annullamento proposto dalla ARBED avverso la decisione iniziale, riducendo al contempo l’importo della relativa ammenda a 10 milioni di euro.

    23      Con sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑176/99 P, ARBED/Commissione (Racc. pag. I‑10687), la Corte annullava detta sentenza del Tribunale nonché la decisione iniziale, nella parte riguardante la ARBED, in considerazione di una violazione dei diritti della difesa.

    24      A seguito di tale annullamento, la Commissione decideva di avviare un nuovo procedimento relativo ai comportamenti anticoncorrenziali già oggetto della decisione iniziale. In data 8 marzo 2006, inviava alla ARBED, alla TradeARBED e alla ProfilARBED una comunicazione degli addebiti, informando le medesime che intendeva adottare una decisione in cui le dichiarava responsabili in solido delle infrazioni in questione, comunicazione cui le dette società hanno risposto in data 20 aprile 2006.

    25      L’8 novembre 2006, la Commissione emanava la decisione controversa la quale, agli artt. 1 e 2, dispone quanto segue:

    «Articolo 1

    «L’impresa composta da [ARBED, TradeARBED e ProfilARBED] ha partecipato, in violazione dell’art. 65, paragrafo 1, [CA], a una serie di accordi e di pratiche concordate aventi per oggetto o per effetto la fissazione dei prezzi, la ripartizione delle quote e lo scambio, su ampia scala, di informazioni sul mercato comunitario delle travi. La partecipazione accertata dell’impresa così composta a dette infrazioni è durata dal 1° luglio 1988 al 16 gennaio 1991.

    Articolo 2

    È inflitta un’ammenda di EUR 10 milioni ad [ARBED, TradeARBED e ProfilARBED] in solido per le infrazioni di cui all’articolo 1».

    III –  Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

    26      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 dicembre 2006, la ARBED, la TradeARBED e la ProfilARBED (in prosieguo, congiuntamente: il «gruppo ARBED») proponevano ricorso avverso la decisione controversa, sul fondamento degli artt. 33 CA e 36 CA, nonché degli artt. 229 CE e 230 CE.

    27      Con il primo motivo il gruppo ARBED sosteneva che la decisione controversa era priva di fondamento normativo e che la Commissione era incorsa in uno sviamento di potere. Il secondo motivo atteneva alla violazione delle regole relative all’imputazione delle infrazioni, il terzo alla violazione delle regole in materia di prescrizione delle azioni e il quarto alla violazione dei diritti della difesa.

    28      Il Tribunale, rilevando, in particolare, che i Trattati comunitari hanno istituito un ordinamento giuridico unico, che i Trattati CECA e CE perseguono l’obiettivo comune del mantenimento di un regime di libera concorrenza e che un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri è volto a garantire, in caso di cambiamenti normativi e salvo espressione di contraria volontà da parte del legislatore, la continuità degli istituti giuridici, ha respinto il primo motivo, affermando che gli artt. 7, n. 1, e 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 devono essere interpretati nel senso che consentono alla Commissione di accertare e di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese tra imprese realizzate nei settori ricompresi nella sfera di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis.

    29      Il Tribunale ha parimenti respinto il secondo motivo, sulla base del rilievo, da un lato, che tale motivo non era stato dedotto dalla TradeARBED e, dall’altro, che le considerazioni svolte dalla Commissione non apparivano viziate da errori di diritto laddove imputavano l’infrazione commessa dalla TradeARBED alla ARBED e, in quanto «successore economico» di quest’ultima, alla ProfilARBED, sulla base del fatto che la ARBED deteneva il 100% del capitale della TradeARBED e che elementi di prova confermavano sia l’influenza determinante della ARBED sul comportamento della TradeARBED sia l’uso effettivo di tale potere.

    30      Per quanto attiene al terzo motivo, il Tribunale ha escluso la pretesa violazione delle norme in materia di prescrizione delle azioni sanzionatorie riguardo alla ARBED, ritenendo che la decisione controversa fosse intervenuta, in considerazione della sospensione dei termini durante il primo procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte, entro i termini di prescrizione tanto quinquennale quanto decennale. Per contro, ritenendo che tale sospensione avesse solo un effetto inter partes e non erga omnes, il Tribunale ha dichiarato che, nei confronti della ProfilARBED e della TradeARBED, il termine di prescrizione decennale era trascorso, annullando conseguentemente la decisione controversa nella parte riguardante dette società.

    31      Il Tribunale ha infine respinto il quarto motivo, dedotto dalla ARBED, sulla base del rilievo che, considerato che quest’ultima si era limitata ad affermare che elementi di prova che avrebbero potuto essere a sua disposizione nel corso del 1990 erano venuti meno per effetto del tempo trascorso, la ARBED non aveva dimostrato sotto quale profilo la durata del procedimento amministrativo avesse potuto pregiudicare l’esercizio dei diritti della difesa.

    32      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha quindi annullato la decisione controversa nella parte riguardante la ProfilARBED e la TradeARBERD, respingendo il ricorso, quanto al resto, perché infondato.

    IV –  Procedimento dinanzi alla Corte

    33      Con ordinanza 10 settembre 2009, il presidente della Corte ha deciso di riunire i procedimenti C‑201/09 P e C‑216/09 P ai fini della fase orale e della sentenza.

    V –  Conclusioni delle parti

    34      Con la sua impugnazione (causa C‑201/09 P), la ARBED chiede alla Corte:

    –        di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui conferma, nei confronti della ARBED, la decisione controversa, e

    –        di condannare la Commissione alle spese del presente grado di giudizio nonché di quello svoltosi dinanzi al Tribunale.

    35      Nella propria comparsa di risposta la Commissione chiede alla Corte di:

    –        respingere l’impugnazione, e

    –        condannare la ARBED alle spese.

    36      Con la propria impugnazione (causa C‑216/09 P), la Commissione chiede alla Corte:

    –        di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato le ammende inflitte dalla decisione controversa alla ProfilARBED e alla TradeARBED;

    –        di respingere il ricorso della ProfilARBED e della TradeARBED, nonché

    –        di condannare la ProfilARBED e la TradeARBED alle spese.

    37      Nella loro comparsa di risposta la ProfilARBED e la TradeARBED hanno proposto impugnazione incidentale chiedendo alla Corte:

    –        di confermare la sentenza impugnata nella parte in cui ha annullato le ammende loro inflitte dalla decisione controversa in applicazione dell’effetto relativo della sospensione della prescrizione;

    –        in subordine e a titolo riconvenzionale, di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui:

    –        ha applicato, nei loro confronti, il Trattato CECA e il regolamento n. 1/2003;

    –        ha imputato il comportamento della TradeARBED alla ProfilARBED;

    –        non ha riconosciuto la prescrizione delle azioni nei confronti della ProfilARBED in applicazione delle norme relative all’interruzione della prescrizione;

    –        non ha riconosciuto la violazione dei diritti della difesa che la ProfilARBED può legittimamente invocare alla luce della durata particolarmente lunga del procedimento;

    –        di condannare la Commissione alle spese relative ai due gradi di giudizio.

    38      Nella propria comparsa di risposta la Commissione chiede alla Corte:

    –        di respingere l’impugnazione incidentale, e

    –        di condannare la ProfilARBED e la TradeARBED alle spese.

    VI –  Sulla domanda volta alla riapertura della fase orale del procedimento

    39      Con atto pervenuto presso la cancelleria della Corte il 27 ottobre 2010, la Commissione ha chiesto di disporre la riapertura della fase orale del procedimento ai sensi dell’art. 61 del regolamento di procedura della Corte, nell’ipotesi in cui quest’ultima dovesse affrontare la questione della responsabilità della ProfilARBED risultante dal proseguimento, da parte della stessa ProfilARBED, delle attività economiche della ARBED. Infatti, a suo parere, tale questione è stata esaminata dall’avvocato generale ai paragrafi 224‑235 delle conclusioni, senza peraltro costituire oggetto della controversia e senza essere stata dibattuta inter partes.

    40      In applicazione di tale disposizione, l’avvocato generale è stato sentito in merito a tale questione.

    41      A termini dell’art. 61 del proprio regolamento di procedura, la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale ovvero su istanza delle parti, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, qualora ritenga di non essere sufficientemente istruita ovvero che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le parti (v. sentenza 8 settembre 2009, causa C‑42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I‑7633, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

    42      La Corte ritiene di disporre, nella specie, di tutti gli elementi necessari per poter rispondere alla questione proposta dal giudice del rinvio e che la causa non debba essere esaminata alla luce di un argomento non dibattuto dinanzi ad essa.

    43      Conseguentemente, non vi è motivo per disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

    VII –  Sulle impugnazioni

    44      Con la propria impugnazione (causa C‑201/09 P), la ARBED deduce quattro motivi. Con il primo motivo, la ARBED deduce al violazione dell’art. 97 CA e del regolamento n. 1/2003, sviamenti di potere, errori di diritto e vizi di motivazione.

    45      Il secondo motivo attiene alla violazione dei principi della personalità giuridica delle società e del carattere individuale delle pene e delle sanzioni, a vizi di motivazione, ad un’erronea interpretazione ed applicazione di una giurisprudenza della Corte sull’imputabilità del comportamento di una controllata al 100% alla società madre nonché alla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata e della gerarchia delle norme.

    46      Il terzo motivo riguarda la violazione delle norme in materia di prescrizione ed il principio dell’autorità di cosa giudicata acquisita dalla decisione iniziale nonché vizi di motivazione. Con il quarto motivo, la ARBED contesta al Tribunale un vizio di motivazione nonché la violazione dei diritti della difesa e del principio dell’autorità di cosa giudicata acquisita dalla citata sentenza 2 ottobre 2003, ARBED/Commissione.

    47      Con la propria impugnazione (causa C‑216/09 P), la Commissione deduce un unico motivo attinente ad errori di diritto nell’interpretazione della decisione n. 715/78.

    A –  Sull’impugnazione della ARBED (causa C‑201/09 P)

    1.     Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 97 CA e del regolamento n. 1/2003, ad uno sviamento di potere, ad un errore di diritto e a vizi di motivazione

    a)     Argomenti delle parti

    48      In primo luogo, la ARBED rileva che l’art. 97 CA prevedeva che il Trattato CECA scadesse il 23 luglio 2002 e che la decisione controversa, fondata sull’art. 65 CA, è stata adottata l’8 novembre 2006. Il Tribunale, affermando che correttamente le pratiche di cui trattasi sarebbero state perseguite sulla base dell’art. 65 CA, sarebbe incorso in violazione dell’art. 97 CA e non avrebbe risposto agli argomenti dedotti dalla ARBED relativi all’assenza di fondamento normativo della decisione medesima.

    49      A parere della ARBED, il Tribunale ha commesso un errore di diritto laddove ha ritenuto che i Trattati comunitari abbiano istituito un ordinamento giuridico unico. Secondo l’art. 305, n. 1, CE, il Trattato CECA costituirebbe un regime specifico in deroga alle norme di portata generale stabilite dal Trattato CE e la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe determinato, a decorrere dal 24 luglio 2002, una modificazione dei fondamenti normativi, delle procedure e delle norme di base applicabili. L’obbligo per le istituzioni di interpretare i singoli Trattati in maniera coerente potrebbe essere assolto solamente nel rispetto dei limiti che i Trattati stessi fissano e non potrebbe, quindi, condurre le istituzioni a mantenere in vigore una disposizione di un Trattato, la cui scadenza sia stata prevista per il 23 luglio 2002, al di là di tale data.

    50      Le sentenze 25 febbraio 1969, causa 23/68, Klomp (Racc. pag. 43), e 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini (Racc. pag. I‑6199), richiamate dal Tribunale a sostegno della propria posizione, non potrebbero essere utilmente invocate per giungere ad una diversa conclusione. Infatti, la prima sentenza riguarderebbe una modificazione del diritto comunitario primario operata per effetto del Trattato di fusione e non la scadenza di un trattato, mentre la seconda verterebbe su una decisione emanata sulla base del Trattato CECA prima, e non successivamente, alla sua scadenza.

    51      In secondo luogo, la ARBED ritiene che, fondando la competenza della Commissione sul regolamento n. 1/2003, il Tribunale abbia commesso uno sviamento di potere e non abbia risposto agli argomenti da essa dedotti. A suo parere, il regolamento n. 1/2003 è stato emanato successivamente alla scadenza del Trattato CECA e, alla luce dell’art. 4 del medesimo ed in assenza di qualsivoglia menzione del Trattato CECA, non attribuisce competenza alla Commissione se non per perseguire le infrazioni agli artt. 81 CE e 82 CE.

    52      Il regolamento n. 1/2003, anche ammesso che attribuisse alla Commissione il potere per sanzionare infrazioni all’art. 65, n. 1, CA, violerebbe il Trattato CECA, considerato che, adottato unicamente sulla base del Trattato CE, pretenderebbe di apportare modifiche al Trattato CECA. Dalla giurisprudenza emergerebbe, infatti, che l’interpretazione coerente delle disposizioni di diritto sostanziale dei singoli Trattati non incide in alcun modo sulle competenze attribuite alle singole istituzioni dai Trattati medesimi, ove le istituzioni sono competenti, nel contesto di ogni singolo Trattato, per esercitare unicamente i poteri loro attribuiti da quel Trattato stesso.

    53      A parere della ARBED, l’impostazione accolta dal Tribunale si risolve, da un lato, nell’attribuire al Consiglio dell’Unione europea il potere di decidere quali siano le autorità competenti per dare attuazione all’art. 65 CA, laddove gli autori del Trattato CECA hanno esercitato tale potere e, dall’altro, nell’alterare la natura della competenza riconosciuta alla Commissione dal Trattato CECA, competenza esclusiva ai sensi dell’art. 65 CA e che si trova, invece, a concorrere con quella delle autorità nazionali competenti in materia di concorrenza e, nell’ambito del regolamento n. 1/2003, con quella dei giudici nazionali.

    54      L’interpretazione operata dal Tribunale delle norme relative all’applicazione della legge nel tempo pregiudicherebbe, quindi, l’identità giuridica propria di ogni singolo Trattato nonché le regole relative alla gerarchia delle norme. Il Tribunale sarebbe inoltre incorso in una confusione tra regola procedurale, regola sostanziale e attribuzione di competenza. Dalla giurisprudenza emergerebbe, da un lato, che la questione della competenza di un’istituzione è preliminare alla questione dell’accertamento delle norme materiali e procedurali applicabili e, dall’altro, che il fondamento normativo che autorizza l’istituzione dell’Unione ad emanare un atto deve essere in vigore nel momento dell’adozione del medesimo.

    b)     Giudizio della Corte

    55      In limine si deve rilevare, anzitutto, che qualsiasi accordo corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, che sia stato concluso o cui sia stata data esecuzione anteriormente alla scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002, poteva dar luogo, sino a tale data inclusa, ad una decisione della Commissione di irrogazione di ammende alle imprese che avessero concorso al detto accordo o alla sua esecuzione, sulla base dell’art. 65, n. 5, CA.

    56      Inoltre, si deve necessariamente rilevare che qualsiasi accordo corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, che sia stato concluso o cui sia stata data esecuzione tra il 24 luglio 2002 e il 30 novembre 2009, poteva dar luogo ad un’analoga decisione della Commissione, fondata sull’art. 81 CE e sugli artt. 15, n. 2, lett. a), del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), ovvero 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003.

    57      Infine, è parimenti pacifico che qualsiasi accordo corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, che sia stato concluso o cui sia stata data esecuzione successivamente al 1° dicembre 2009, può dar luogo ad una analoga decisione della Commissione, fondata sugli artt. 101 TFUE e 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003.

    58      Orbene, nella specie la ARBED contesta, sostanzialmente, il rilievo del Tribunale secondo cui la Commissione, con la decisione controversa adottata successivamente al 23 luglio 2002, sulla base del combinato disposto dell’art. 65, nn. 1 e 5, CA e degli artt. 7, n. 1 e 23, n. 2, lett. a), del regolamento n. 1/2003, poteva infliggerle un’ammenda per aver concorso, anteriormente al 23 luglio 2002, alla conclusione e all’esecuzione di un accordo corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA.

    59      In primo luogo, per quanto attiene alla competenza della Commissione, il Tribunale ha rilevato, ai punti 57 e 58 della sentenza impugnata, che il Trattato CECA costituiva, in virtù dell’art. 305, n. 1, CE, una lex specialis che derogava alla lex generalis costituita dal Trattato CE e che, per effetto della scadenza del Trattato CECA, avvenuta il 23 luglio 2002, la sfera di applicazione del regime generale istituito dal Trattato CE si è estesa, il 24 luglio 2002, ai settori inizialmente disciplinati dal Trattato CECA.

    60      Ai punti 59‑61 della sentenza impugnata il Tribunale ha precisato che la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA si collocava nel contesto della continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione e dei suoi obiettivi, ove l’istituzione ed il mantenimento di un regime di libera concorrenza costituisce uno degli obiettivi essenziali tanto del Trattato CE quanto del Trattato CECA. A tal riguardo, il Tribunale ha sottolineato che le nozioni di accordi e di pratiche concordate ai sensi dell’art. 65, n. 1, CA, corrispondevano a quelle di intese e di pratiche concordate ai sensi dell’art. 81 CE e che dette due disposizioni sono state interpretate dal giudice comunitario allo stesso modo.

    61      Al punto 62 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, occorre assicurare, in caso di modifica legislativa e salvo contraria volontà espressa dal legislatore, la continuità degli istituti giuridici, ritenendo che tale principio si applichi alle modifiche del diritto primario dell’Unione.

    62      Ai punti 63 e 64 della sentenza impugnata il Tribunale ha pertanto concluso che la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione esige che la Commissione assicuri, nei riguardi delle situazioni sorte sotto la vigenza del Trattato CECA, il rispetto dei diritti e degli obblighi che si imponevano, eo tempore, sia agli Stati membri, sia ai singoli in forza del Trattato CECA e che, conseguentemente, l’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 dev’essere interpretato nel senso che consente alla Commissione di sanzionare, successivamente al 23 luglio 2002, le intese realizzate nei settori rientranti nella sfera di applicazione del Trattato CECA ratione materiae e ratione temporis.

    63      Tali considerazioni non risultano viziate da alcun errore di diritto. Infatti, dalla giurisprudenza emerge, da un lato, che, conformemente ad un principio comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, le cui origini risalgono al diritto romano, qualora venga mutata la legge ed il legislatore non esprima una volontà contraria, è opportuno assicurare la continuità degli istituti giuridici e, dall’altro, che tale principio si applica alle modifiche del diritto primario dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Klomp, cit., punto 13).

    64      Orbene, come correttamente rilevato dalla Commissione, non sussiste alcun indizio del fatto che il legislatore dell’Unione avrebbe inteso sottrarre i comportamenti collusivi vietati dal Trattato CECA all’applicazione di qualsivoglia sanzione successivamente alla scadenza del Trattato medesimo.

    65      Inoltre, dai rilievi operati supra ai punti 55‑57, emerge che la successione dei Trattati CECA, CE e FUE assicura, al fine di garantire una libera concorrenza, che qualsiasi comportamento corrispondente alla fattispecie prevista dall’art. 65, n. 1, CA, a prescindere che si sia verificato anteriormente o successivamente al 23 luglio 2002, potesse essere sanzionato dalla Commissione e possa continuare ad esserlo.

    66      Ciò premesso, risulterebbe contrario alla finalità nonché alla coerenza dei Trattati ed inconciliabile con la continuità dell’ordinamento giuridico dell’Unione il fatto che la Commissione sia priva di legittimazione per garantire l’uniforme applicazione delle norme risultanti dal Trattato CECA che continuano a produrre effetti anche successivamente alla scadenza di quest’ultimo. (v., in tal senso, sentenza Lucchini, cit., punto 41).

    67      In secondo luogo, correttamente il Tribunale ha ritenuto, a quest’ultimo riguardo, ai punti 65, 66 e 68 della sentenza impugnata, che il rispetto dei principi che disciplinano l’applicazione della legge nel tempo nonché le esigenze relative ai principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento impongono l’applicazione delle norme sostanziali previste all’art. 65, nn. 1 e 5, CA ai fatti di specie, che ricadono nella sua sfera di applicazione ratione materiae e ratione temporis.

    68      In particolare, si deve ricordare che il principio della certezza del diritto esige che una normativa dell’Unione consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro, e che tali interessati possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza (sentenza 10 marzo 2009, causa C‑345/06, Heinrich, Racc. pag. I‑1659, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

    69      A tal riguardo, si deve sottolineare che, all’epoca dei fatti, l’art. 65, nn. 1 e 5, CA, prevedeva un fondamento normativo chiaro per la sanzione inflitta nella specie, ragion per cui la TradeARBED non poteva ignorare le conseguenze derivanti dal proprio comportamento. Peraltro, dai rilievi effettuati supra ai punti 55‑57 emerge che il medesimo comportamento sarebbe stato parimenti passibile in seguito, in qualsiasi momento, di analoga sanzione inflitta dalla Commissione.

    70      Orbene, considerato che i Trattati definivano chiaramente, già prima della data dei fatti, le infrazioni nonché la natura e l’entità delle sanzioni che potevano essere inflitte a tal titolo, tali principi non sono volti a garantire alle imprese che successive modifiche dei fondamenti normativi e delle disposizioni procedurali assicurino loro di sfuggire a qualsivoglia sanzione relativa ai loro comportamenti illeciti tenuti in passato.

    71      Si deve aggiungere che la Commissione ha rilevato, già prima della scadenza del Trattato CECA, l’assenza di una conseguenza di tal genere, avendo precisato, al menzionato punto 31 della comunicazione della Commissione relativa a taluni aspetti del trattamento delle pratiche in materia di concorrenza a seguito della scadenza del Trattato CECA, adottata il 18 giugno 2002 (GU C 152, pag. 5), che, laddove essa accerti un’infrazione in un settore ricompreso nella sfera del Trattato CECA, il diritto sostanziale applicabile, a prescindere dalla data di applicazione, è quello in vigore al momento in cui si sono prodotti i fatti costitutivi dell’infrazione ed il diritto procedurale applicabile, a seguito della scadenza del Trattato CECA, è quello dettato dal Trattato CE.

    72      D’altronde, il principio della lex mitior non si oppone, nella specie, all’applicazione dell’art. 65, n. 5, CA, considerato che l’ammenda imposta nella decisione controversa è, in ogni caso, inferiore al massimale previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 per l’erogazione di ammende per violazione della normativa dell’Unione in materia di concorrenza.

    73      Da tutti i suesposti elementi risulta che un’impresa diligente, nella situazione della ARBED, non poteva in alcun momento ignorare le conseguenze del proprio comportamento, né fare affidamento sul fatto che la successione del contesto normativo del Trattato CE a quello del Trattato CECA avrebbe prodotto la conseguenza di sottrarla a qualsiasi sanzione per le infrazioni all’art. 65 CA da essa commesse nel passato.

    74      Infine, per quanto attiene al fondamento normativo ed alle disposizioni procedurali applicabili, il Tribunale ha parimenti correttamente affermato, ai punti 65 e 67 della sentenza impugnata, che la competenza della Commissione per infliggere, con la decisione controversa, l’ammenda di cui trattasi discendeva dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e che occorreva svolgere la procedura prevista da tale regolamento.

    75      Infatti, dalla giurisprudenza risulta che la disposizione che costituisce il fondamento giuridico di un atto e legittima l’istituzione dell’Unione ad adottare l’atto medesimo dev’essere in vigore al momento dell’adozione di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza della Corte 4 aprile 2000, causa C‑269/97, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑2257, punto 45) e che si presume, in linea generale, che le regole procedurali si applichino dal momento della loro entrata in vigore (v., in tal senso, sentenze 12 novembre 1981, cause riunite 212/80‑217/80, Meridionale Industria Salumi e a., Racc. pag. 2735, punto 9, e 23 febbraio 2006, causa C‑201/04, Molenbergnatie, Racc. pag. I‑2049, punto 31).

    76      Si deve aggiungere che l’applicazione, da parte della Commissione, del regolamento n. 1/2003 non ha ridotto, bensì è stata piuttosto tale da estendere, le garanzie procedurali offerte dal contesto normativo del Trattato CECA alle imprese perseguite, cosa che d’altronde la ARBED non contesta.

    77      Ne consegue che, senza incorrere in errori di diritto, il Tribunale ha potuto concludere, ai punti 67 e 68 della sentenza impugnata, da un lato, che la competenza della Commissione per infliggere, con la decisione controversa, l’ammenda di cui trattasi risultava dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003 e che occorreva attenersi alla procedura indicata nel regolamento medesimo, e, dall’altro, che la normativa sostanziale che stabiliva la sanzione applicabile era costituita dall’art. 65, nn. 1 e 5, CA.

    78      In terzo luogo, laddove la ARBED deduce che il Tribunale non ha esplicitamente risposto a tutti gli argomenti da essa dedotti, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza l’obbligo di motivazione che incombe al Tribunale ai sensi degli artt. 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia non gli impone di fornire una spiegazione che segua esaustivamente e uno per uno tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi ed alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo giurisdizionale (sentenza 2 aprile 2009, causa C‑431/07 P, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione, Racc. pag. I‑2665, punto 42, nonché ordinanza 21 gennaio 2010, causa C‑150/09 P, Iride e Iride Energia/Commissione, punto 42).

    79      Orbene, il ragionamento seguito dal Tribunale è chiaro e tale da consentire tanto alla ARBERD di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha respinto il motivo di cui trattasi, quanto alla Corte di disporre di elementi sufficienti per esercitare il proprio sindacato giurisdizionale. Ne consegue che la sentenza impugnata non risulta viziata da difetto di motivazione.

    80      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo deve essere respinto.

    2.     Sul secondo motivo, relativo alla violazione dei principi della personalità giuridica delle società e del carattere individuale delle sanzioni, al difetto di motivazione, all’erronea interpretazione ed applicazione della giurisprudenza sull’imputabilità del comportamento di una controllata al 100% alla società madre nonché alla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata

    a)     Sulla ricevibilità e sull’operatività del motivo

    i)     Argomenti delle parti

    81      Nell’ambito della propria comparsa di risposta nella causa C‑201/09 P, la Commissione deduce che tale motivo, nella parte in cui è volto a contestare l’imputazione, di cui ai punti 106‑119 della sentenza impugnata, del comportamento della TradeARBED alla ProfilARBED, è irricevibile, tenuto conto che il ricorso non potrebbe validamente contenere un motivo riguardante un’altra parte del procedimento.

    82      La Commissione ritiene peraltro che il secondo motivo sia inoperante, considerato che riguarda unicamente l’applicazione della presunzione di esercizio di un controllo effettivo derivante dal possesso del 100% del capitale di una controllata e non il rilievo, operato dal Tribunale, del fatto che la Commissione aveva dimostrato l’esercizio effettivo di un’influenza determinante della ARBED sulla TradeARBED, tale da giustificare la conclusione secondo cui dette società costituivano un’unica entità economica.

    ii)  Giudizio della Corte

    83      Per quanto attiene alla ricevibilità del capo del motivo relativo all’imputazione del comportamento della TradeARBED alla ProfilARBED, si deve necessariamente rilevare che tale motivo non fa riferimento alla sentenza impugnata nella parte riguardante la situazione giuridica della ARBED. Orbene, come correttamente rilevato dalla Commissione, un ricorrente in sede di impugnazione non può dedurre un motivo a favore di un’altra parte del procedimento. Conseguentemente tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile nella parte in cui riguarda l’imputazione del comportamento della TradeARBED alla ProfilARBED.

    84      Per quanto riguarda l’operatività del secondo motivo, dal punto 99 della sentenza impugnata emerge che, nell’affermare l’esistenza di un’unità economica tra la ARBED e la TradeARBED, il Tribunale si è basato su tutte le considerazioni svolte precedentemente a tale punto, ivi compresa, conseguentemente, la presunzione iuris tantum, secondo cui una società madre che detenga il 100% del capitale della propria controllata esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento di quest’ultima.

    85      Ciò premesso, occorre esaminare il secondo motivo nel merito.

    b)     Sul merito

    i)     Argomenti delle parti

    86      In primo luogo, la ARBED rileva che il Tribunale ha affermato l’imputabilità del comportamento della TradeARBED alla ARBED sulla base del principio, sviluppato nell’ambito del diritto della concorrenza, secondo cui imprese giuridicamente distinte possono costituire un’unica entità economica. Orbene, tale principio sarebbe stato finora utilizzato solo al fine di sottrarre le imprese dalle conseguenze derivanti dall’esistenza di persone giuridicamente distinte, stabilendo che il divieto, di cui all’art. 81 CE, di accordi tra imprese non trova applicazione nei confronti delle imprese di uno stesso gruppo e escludendo dall’applicazione del regime delle concentrazioni le acquisizioni di imprese in seno ad un medesimo gruppo.

    87      Affermando la responsabilità collettiva delle imprese di un gruppo per effetto del comportamento di una di esse, il Tribunale avrebbe negato i diritti riconosciuti agli individui di esercitare le loro attività economiche mediante entità giuridiche distinte, ognuna munita, in quanto persona giuridica, di personalità propria con conseguente attribuzione di una responsabilità individuale.

    88      Inoltre, l’impostazione accolta dal Tribunale condurrebbe ad un risultato incoerente. Infatti, la doppia circostanza che l’illegittimo comportamento di una società appartenente ad un gruppo sia imputabile tanto alla società madre quanto ad una società consorella e che solamente la società madre disporrebbe della possibilità di contrastare la presunzione di influenza determinante si risolverebbe nell’imporre un regime più severo nei confronti della società consorella.

    89      Pertanto, a parere della ARBED, la sentenza impugnata viola i principi della personalità giuridica nonché del carattere individuale delle pene e delle sanzioni, sviluppando un’incoerenza logica interna equivalente ad una carenza di motivazione.

    90      In secondo luogo, la ARBED osserva che, ritenendo che la presunzione iuris tantum, secondo cui la società madre eserciterebbe un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata al 100%, giustifichi l’imputabilità del comportamento della controllata stessa alla società madre, il Tribunale ha violato i principi generali di diritto, discostandosi tanto dalla giurisprudenza della Corte quanto da quella del Tribunale, ai sensi delle quali la Commissione sarebbe tenuta a dimostrare la sussistenza di addebiti specifici nei confronti di ognuna delle imprese oggetto della decisione con cui vengono inflitte ammende.

    91      Le sentenze 25 ottobre 1983, causa 107/82, AEG-Telefunken/Commissione (Racc. pag. 3151), e 16 novembre 2000, causa C‑286/98 P, Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione (Racc. pag. I‑9925) non sarebbero idonee a giustificare la posizione del Tribunale, atteso che la prima non sarebbe pertinente e la seconda sarebbe stata interpretata erroneamente.

    92      Infatti, nella causa sfociata nella menzionata sentenza AEG-Telefunken/Commissione, la Corte doveva pronunciarsi, secondo la ARBED, non sulla possibilità di ascrivere ad una società madre un’infrazione commessa da una sua controllata, bensì sulla prova della partecipazione della società madre medesima all’infrazione. Inoltre, contrariamente alla situazione oggetto di tale causa, la normativa nazionale applicabile nella specie non prevederebbe che gli organi statutari di una controllata al 100% siano identici a quelli della società madre.

    93      Quanto alla causa sfociata nella menzionata sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, la ARBED deduce che la Corte non ha mai confermato che una partecipazione al 100% in una società sarebbe sufficiente per considerare la società madre responsabile del comportamento della propria controllata. Contrariamente alla ARBED, in detta causa la società madre aveva accettato, nell’ambito della fase amministrativa del procedimento, di accollarsi la responsabilità del comportamento della propria controllata. Inoltre, nella decisione della Commissione oggetto di tale sentenza, l’istituzione aveva adottato la linea di condotta consistente nell’infliggere la sanzione alla società madre in presenza di prove espresse della partecipazione della società madre medesima all’infrazione.

    94      In terzo luogo, la ARBED sostiene che, affermando tanto l’esistenza di un’influenza determinante della ARBED sulla TradeARBED quanto l’esercizio di tale influenza laddove, al tempo stesso, la decisione controversa e la decisione iniziale hanno riconosciuto che la ARBED non ha partecipato all’infrazione esercitando tale influenza, il Tribunale ha violato il principio dell’autorità di cosa giudicata attribuita alla decisione iniziale, sostituendo, al di là dei propri poteri, le proprie valutazioni a quelle della Commissione ed applicando erroneamente la giurisprudenza risultante dalle menzionate sentenze AEG-Telefunken/Commissione e Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione.

    ii)  Giudizio della Corte

    95      Secondo costante giurisprudenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. A tal riguardo, la Corte ha precisato, da un lato, che la nozione di impresa, collocata in tale contesto, dev’essere intesa nel senso che essa designa un’unità economica ancorché, dal punto di vista giuridico, tale unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche e, dall’altro, che tale entità economica, laddove violi le regole dettate in materia di concorrenza, è tenuta, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione (sentenza 20 gennaio 2011, causa C‑90/09 P, General Química e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 34‑36 e giurisprudenza ivi citata).

    96      Il comportamento di una controllata può essere imputato alla società madre segnatamente quando, pur avendo una personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo il proprio comportamento sul mercato, ma applichi sostanzialmente le istruzioni impartitele dalla società madre, tenuto conto, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che uniscono questi due soggetti giuridici (sentenza 10 settembre 2009, causa C‑97/08 P, Akzo Nobel e a./Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 58 nonché la giurisprudenza ivi citata).

    97      Riguardo al caso particolare in cui una società madre detenga il 100% del capitale della propria controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società madre può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione iuris tantum secondo cui la società madre medesima esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 60 nonché la giurisprudenza ivi citata).

    98      Ciò premesso, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla società madre per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale della controllata medesima. La Commissione potrà poi ritenere la società madre solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società madre, cui incombe l’onere di confutare detta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova, idonei a dimostrare che la propria controllata si comporti in maniera autonoma sul mercato (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 61 nonché la giurisprudenza ivi citata).

    99      Se è pur vero che, ai punti 28 e 29 della menzionata sentenza Stora Kopparbergs Bergslags/Commissione, la Corte ha indicato, oltre alla detenzione del 100% del capitale della controllata, altre circostanze, quali la mancata contestazione dell’influenza esercitata dalla società madre sulla politica commerciale della propria controllata e la rappresentanza comune delle due società durante il procedimento amministrativo, ciò non toglie che tali circostanze siano state rilevate dalla Corte solo con l’obiettivo di mostrare tutti gli elementi su cui il Tribunale aveva fondato il suo ragionamento, e non per subordinare l’applicazione della presunzione, menzionata supra al punto 97, alla produzione di indizi supplementari relativi all’effettivo esercizio di un’influenza della società madre (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit., punto 62).

    100    Da tali considerazioni emerge che, da un lato, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto laddove ha ritenuto che, quando una società madre detenga il 100% del capitale della propria controllata, sussista una presunzione iuris tantum secondo cui detta società madre esercita un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata e che, dall’altro, né il preteso principio della personalità giuridica delle società né quello della natura individuale delle sanzioni ostano, contrariamente a quanto sostenuto dalla ARBED, a che la Commissione possa infliggere ad una società madre un’ammenda per un’infrazione commessa da una propria società controllata al 100%.

    101    Infatti, qualora la società madre eserciti un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata e, segnatamente, sul comportamento anticoncorrenziale di questa, è l’impresa costituita dalla società madre e dalla propria controllata ad essere responsabile dell’infrazione alle regole dettate dal Trattato in materia di concorrenza risultante da tale comportamento, conformemente alla giurisprudenza rammentata supra al punto 95.

    102    Inoltre, il Tribunale ha rilevato, ai punti 94 e 96‑98 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva accertato nella decisione controversa che non era stato né dimostrato né tanto meno sostenuto che la TradeARBED determinasse la propria politica commerciale in modo autonomo rispetto alla ARBED e che ulteriori elementi di prova avevano confermato l’influenza determinante svolta dalla ARBED sul comportamento della TradeARBED nonché sull’uso effettivo di tale potere.

    103    Ciò premesso, gli argomenti della ARBED relativi all’erronea applicazione della giurisprudenza relativa all’imputabilità del comportamento di una controllata al 100% alla società madre e alla sostituzione, da parte del Tribunale, delle proprie valutazioni a quelle della Commissione devono essere respinti.

    104    Quanto all’argomento secondo cui l’imputazione del comportamento costitutivo di un’infrazione ad una società consorella si risolverebbe nell’imporre, nei confronti di tale società, un regime di responsabilità più severo di quello che si applica alla società madre, è sufficiente rammentare che, nella specie, la Commissione ha ascritto tale comportamento alla società consorella in considerazione del fatto che essa aveva ripreso le attività economiche della società madre e che, pertanto, atteso che la responsabilità della società consorella discende da quella della società madre, il regime di responsabilità imposto alla società consorella non è affatto più severo rispetto a quello applicato alla società madre.

    105    Quanto all’argomento relativo alla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata, è sufficiente rilevare che, in ogni caso, questa non può essere attribuita ad una decisione della Commissione, quale la decisione iniziale, nella parte riguardante la ARBED, tanto più che essa è stata annullata.

    106    Quanto alla carenza di motivazione risultante dalla pretesa incoerenza che vizierebbe il ragionamento del Tribunale, dalle suesposte considerazioni risulta che tale asserita incoerenza è frutto di una lettura erronea da parte della ARBED della giurisprudenza relativa all’imputabilità del comportamento di una controllata al 100% alla società madre. Pertanto, tale argomento dev’essere in ogni caso respinto.

    107    Ne consegue che il secondo motivo dev’essere respinto.

    3.     Sul terzo motivo, relativo alla violazione delle regole in materia di prescrizione e del principio dell’autorità di cosa giudicata nonché ad un vizio di motivazione

    a)     Argomenti delle parti

    108    Secondo la ARBED, ritenendo che la stessa ARBED avesse partecipato all’infrazione per effetto dell’imputabilità alla medesima di quella commessa dalla TradeARBED, il Tribunale, in primo luogo, si è contraddetto, distinguendo, al punto 100 della sentenza impugnata, la responsabilità per imputazione dalla responsabilità per partecipazione, in secondo luogo, non ha dimostrato che la ARBED soddisfacesse i requisiti che rendono ad essa opponibili gli atti interruttivi o sospensivi della prescrizione, in terzo luogo, ha operato un’applicazione erronea delle regole in materia di prescrizione e, in quarto luogo, ha violato il principio dell’autorità di cosa giudicata.

    b)     Giudizio della Corte

    109    Per quanto attiene all’argomento relativo al preteso contraddittorio ragionamento seguito dal Tribunale, è stato già rilevato, al punto 100 supra, che le asserite incoerenze sono frutto di una erronea lettura, da parte della ARBED, della giurisprudenza relativa all’imputabilità del comportamento di una controllata al 100% alla società madre. Pertanto, tale argomento dev’essere respinto.

    110    Ne consegue parimenti che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ARBED, gli atti interruttivi della prescrizione erano opponibili alla ARBED stessa, in considerazione di tale imputabilità e dell’esistenza di un’unità economica tra la TradeARBED e la ARBED.

    111    Infine, quanto all’argomento relativo alla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata, è stato già rilevato, al punto 105 supra, che, in ogni caso, questa non può essere attribuita ad una decisione della Commissione quale la decisione iniziale, nella parte riguardante la ARBED, tanto più che è stata annullata.

    112    Alla luce delle suesposte considerazioni, il terzo motivo dev’essere respinto.

    4.     Sul quarto motivo, relativo ad un vizio di motivazione ed alla violazione dei diritti della difesa e del principio dell’autorità di cosa giudicata

    a)     Argomenti delle parti

    113    La ARBED rileva di aver fatto valere, dinanzi al Tribunale, che gli elementi di prova pertinenti nell’ambito dell’inversione della presunzione di imputabilità dell’infrazione commessa dalla TradeARBED, presumibilmente a disposizione della ARBED nel corso del 1990, erano venuti meno a seguito del decorso di un lasso di tempo di sedici anni e che essa non era stata in grado di valutare la pertinenza delle informazioni potenzialmente utili nell’ambito del procedimento. L’argomento dedotto dalla ARBED avrebbe, quindi, riguardato l’impossibilità di fornire le prove necessarie ai fini dell’inversione della detta presunzione.

    114    Affermando che spettasse alla ARBED dimostrare che le prove relative alla reale natura delle relazioni intrattenute con la propria controllata fossero venute meno, il Tribunale avrebbe in tal modo preteso la prova di un fatto negativo, impossibile a fornirsi per definitionem, il che implicherebbe un vizio di motivazione della sentenza impugnata che costituirebbe violazione dei diritti della difesa.

    115    Laddove il Tribunale ha aggiunto, al punto 169 della sentenza impugnata, che la presunzione di responsabilità figurava già nella decisione iniziale, la ARBED replica che tale decisione non contiene alcun ragionamento in merito all’imputabilità di un’infrazione di una società ad un’altra, essendosi limitata ad affermare che la TradeARBED distribuiva travi per conto della ARBED e che, per garantire la parità di trattamento, la decisione iniziale era indirizzata alla ARBED.

    116    Quanto alle considerazioni svolte al punto 171 della sentenza impugnata, secondo cui la presunzione di responsabilità sarebbe stata avvalorata da elementi di prova nella decisione iniziale, la ARBED rileva che il punto 96 della citata sentenza del Tribunale 11 marzo 1999, ARBED/Commissione, riguarda il comportamento della ARBED successivamente all’infrazione e che, al successivo punto 98 il Tribunale ha espresso un’incertezza per quanto riguarda le responsabilità della ARBED e della TradeARBED.

    117    Inoltre, considerato che la decisione iniziale è stata annullata dalla Corte nella parte riguardante la ARBED, l’autorità di cosa giudicata renderebbe inoperante l’argomento accolto dal Tribunale. Infatti, a parere della ARBED, il ragionamento del Tribunale viola l’autorità di cosa giudicata attribuita alla citata sentenza 2 ottobre 2003, ARBED/Commissione, e si è fondato su una erronea lettura tanto della decisione iniziale, quanto della citata sentenza 11 marzo 1999, ARBED/Commissione, il che costituirebbe un vizio di motivazione.

    b)     Giudizio della Corte

    118    Per quanto attiene all’argomento relativo all’impossibilità di fornire le prove necessarie ai fini dell’inversione della presunzione d’imputabilità del comportamento della TradeARBED alla ARBED ed al fatto che sarebbe stata pretesa la prova di un fatto negativo, emerge dalla giurisprudenza che spetta all’impresa che sostiene che la durata eccessiva del procedimento amministrativo abbia inciso sull’esercizio dei diritti della difesa fornire prova sufficiente del fatto che, per effetto di tale eccessiva durata, essa abbia incontrato difficoltà per difendersi contro le allegazioni della Commissione (v., in tal senso, sentenza 21 settembre 2006, causa C‑113/04 P, Technische Unie/Commissione, Racc. pag. I‑8831, punti 60 e 61).

    119    Il Tribunale ha rilevato, al punto 168 della sentenza impugnata, che, nella specie, la ARBED aveva omesso di indicare sotto qual profilo la durata del procedimento amministrativo avesse potuto nuocere all’esercizio dei diritti della difesa, essendosi essa limitata ad affermare che gli elementi di prova di cui poteva disporre nel corso del 1990 erano venuti meno successivamente al decorso di un lasso di tempo così lungo.

    120    Tale rilievo non appare viziato da alcun errore di diritto. Si deve infatti ricordare che la ARBED era la destinataria della decisione iniziale e possedeva lo status di parte nel primo procedimento dinanzi al Tribunale ed alla Corte. Orbene, come correttamente dedotto dalla Commissione, tali circostanze dovevano indurre ogni società diligente a conservare i documenti necessari ai fini della propria difesa.

    121    Ne consegue che un’impresa che si trovi nella situazione della ARBED è tenuta ad indicare in modo circostanziato, se non gli elementi di prova specifici venuti meno, quanto meno gli incidenti, gli avvenimenti o le circostanze che le abbiano impedito, nel corso del periodo considerato, di ottemperare al proprio obbligo di diligenza e che abbiano causato il preteso venir meno degli elementi di prova cui la ARBED fa allusione.

    122    Infatti, solo esaminando tali indicazioni specifiche il Tribunale e la Corte possono valutare se l’impresa abbia fornito prova sufficiente di aver incontrato, per effetto di una eccessiva durata del procedimento amministrativo, le difficoltà invocate nel difendersi contro le allegazioni della Commissione ovvero se, al contrario, tali difficoltà siano conseguenza della mancata osservanza dei propri obblighi di diligenza.

    123    Pertanto, il Tribunale ha potuto correttamente dichiarare che un’affermazione così generica come quella fatta dalla ARBED non poteva costituire prova sufficiente di un’incidenza della durata del procedimento sull’esercizio dei diritti della difesa.

    124    Alla luce di tali rilievi, gli argomenti dedotti dalla ARBED avverso le considerazioni aggiuntive svolte dal Tribunale ai punti 169‑171 della sentenza impugnata sono inoperanti.

    125    Conseguentemente il quarto motivo dev’essere respinto.

    126    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che l’impugnazione della ARBED nella causa C‑201/09 P dev’essere respinta.

    B –  Sull’impugnazione della Commissione (causa C‑216/09 P), con cui viene dedotto un motivo unico attinente ad errori di diritto nell’interpretazione della decisione n. 715/78

    1.     Argomenti delle parti

    127    La Commissione ritiene che il Tribunale si sia fondato su un’interpretazione letterale erronea ed eccessivamente restrittiva degli artt. 2, n. 3, e 3, della decisione n. 715/78 laddove si è richiamato, per giustificare una distinzione tra l’effetto interruttivo e quello sospensivo della prescrizione, alla differenza che si riscontra nel tenore di tali disposizioni per quanto riguarda gli effetti erga omnes. L’assenza di una espressa menzione di effetti erga omnes nel tenore dell’art. 3 della decisione n. 715/78 non escluderebbe che tale disposizione attribuisca tali effetti alla sospensione, considerato che l’obiettivo comune dell’interruzione e della sospensione della prescrizione sarebbe quello di arrestare il decorso del tempo per tutte le imprese interessate.

    128    Nella sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (Racc. pag. I‑8375, punto 144), la Corte avrebbe respinto un’interpretazione letterale e restrittiva delle disposizioni relative ai termini di prescrizione, prendendo in considerazione, oltre al tenore della disposizione relativa alla sospensione della prescrizione, l’obiettivo da questa perseguito per affermare un’interpretazione estensiva della nozione di «decisione della Commissione», di cui all’art. 3 della decisione n. 715/78.

    129    In tale sentenza la Corte avrebbe rilevato che la sospensione tutela la Commissione contro gli effetti della prescrizione in situazioni in cui essa debba attendere la decisione del giudice dell’Unione. Così, tanto l’interruzione della prescrizione quanto la sua sospensione le consentirebbero di perseguire e di sanzionare efficacemente le infrazioni alle norme in materia di concorrenza.

    130    Parimenti, secondo la Commissione, un’interpretazione restrittiva degli effetti della sospensione della prescrizione non può essere dedotta dalla giurisprudenza citata dal Tribunale al punto 154 della sentenza impugnata. In particolare, nella sentenza 24 giugno 2004, causa C‑278/02, Handlbauer (Racc. pag. I‑6171, punto 40), la Corte avrebbe fondato la propria interpretazione sull’obiettivo perseguito dalle norme in materia di prescrizione.

    131    Quanto al riferimento operato dal Tribunale alla sentenza 14 settembre 1999, causa C‑310/97 P, Commissione/AssiDomän Kraft Products e a. (Racc. pag. I‑5363), la Commissione ritiene che la ratio di tale sentenza non sia applicabile alle misure di indagine quali le verifiche e le ispezioni, la cui contestazione interrompe o sospende la prescrizione.

    132    Infatti, contrariamente all’avvio di ricorsi contro le decisioni finali, per il quale non potrebbe essere escluso che la soluzione accolta dal Tribunale sia valida, la contestazione di tali misure potrebbe produrre effetti sulla capacità della Commissione di proseguire il procedimento nei confronti di tutte le imprese implicate nell’infrazione, ancorché queste siano formalmente rivolte ad una sola impresa. Pertanto, l’applicazione di tale sentenza alla sospensione della prescrizione pregiudicherebbe la corretta attuazione del diritto della concorrenza, mentre un’interpretazione che accolga l’effetto erga omnes sarebbe tale da salvaguardarne l’effetto utile.

    133    La Commissione precisa che la sentenza impugnata l’obbligherebbe, nel caso in cui una società abbia contestato una misura di indagine ad essa rivolta, a continuare l’indagine nei confronti delle altre imprese e società implicate e di utilizzare, nella decisione finale, documenti la cui utilizzazione legale risulterebbe incerta, a pena di annullamento della decisione stessa. Infatti, considerato che la prescrizione decorre nei confronti delle altre imprese, essa non potrebbe attendere l’esito del procedimento giudiziario relativo alla misura di indagine contestata.

    134    Conseguentemente, da un lato, nell’attesa che la questione della legittimità dell’indagine sia risolta dal giudice dell’Unione, la Commissione e le imprese interessate dovrebbero continuare a profondere risorse nel proseguimento di tale indagine e, dall’altro, le imprese che non abbiano proposto ricorso contro la misura di indagine de qua dovrebbero proporre ricorso contro la decisione finale deducendo l’illegittimità della misura stessa mediante più azioni giurisdizionali vertenti su una questione identica. Infatti, tali imprese, essendo giuridicamente colpite da detta misura di indagine, ancorché indirizzata ad una impresa distinta, dovrebbero poter far valere la pretesa illegittimità della misura stessa dinanzi a detto giudice.

    135    La Commissione ritiene parimenti che tale situazione non sia paragonabile a quella delle misure di indagine avverso le quali non sia esperibile ricorso, considerato che, da un lato, essa può rimediare, nel corso del procedimento ulteriore, ad eventuali problemi procedurali e, dall’altro, che non vi sono controversie pendenti dinanzi al giudice dell’Unione.

    136    Inoltre, la Commissione ritiene che la sentenza impugnata faciliti l’aggiramento del pagamento dell’ammenda. Considerato che la sospensione riguarda unicamente la società che ha proposto ricorso, questa potrebbe costituire oggetto di ristrutturazione o di trasferimento dei propria attivi, dieci anni dopo la fine dell’infrazione, ad un’altra società non interessata dalla sospensione, situazione che consentirebbe pertanto al gruppo di sfuggire all’irrogazione di un’ammenda.

    137    Peraltro, l’intreccio degli artt. 2 e 3 della decisione n. 715/78, che risulterebbe, da un lato, dal fatto che il detto art. 2, n. 3, rinvia, per quanto attiene alla ripresa del termine di prescrizione successivamente ad un’interruzione, al menzionato art. 3 e, dall’altro, dal fatto che quest’ultimo fa riferimento alla decisione della Commissione di cui al detto art. 2, n. 3, deporrebbe in senso contrario alla distinzione accolta dal Tribunale.

    138    La Commissione ritiene che i lavori preparatori del regolamento (CEE) del Consiglio 26 novembre 1974, n. 2988, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), confermino la sua interpretazione della decisione n. 715/78. L’istituzione rileva che la proposta iniziale prevedeva già che l’interruzione della prescrizione producesse effetti erga omnes, riflettendo un approccio in rem della prescrizione, contrariamente a l’approccio in personam, sostenuto da talune delegazioni. Un compromesso avrebbe infine consentito di accogliere il primo dei due approcci. La disposizione relativa alla sospensione della prescrizione sarebbe stata introdotta, su proposta di una delegazione, solamente in occasione della seconda proposta riveduta.

    139    La Commissione ne deduce che il Consiglio ha accolto l’approccio in rem della prescrizione per tutte le norme ad essa attinenti, ivi comprese quelle concernenti la sospensione. Il Consiglio non avrebbe apportato alcuna precisione a tal riguardo in quanto, essendo stata operata tale scelta riguardo alla natura della prescrizione, non sarebbe stato necessario specificarlo parimenti per la figura della sospensione.

    140    A parere della Commissione, tenuto conto che la prescrizione costituisce un’eccezione che sussiste solamente laddove sia prevista, il principio secondo cui le eccezioni devono essere interpretate restrittivamente tende parimenti ad avvalorare la sua posizione. Pertanto, le norme relative alla prescrizione non potrebbero essere interpretate in modo estensivo, favorevole alle imprese. Infatti, la giurisprudenza della Corte non avrebbe mai affermato un’interpretazione restrittiva delle regole in materia di sospensione della prescrizione.

    2.     Giudizio della Corte

    141    Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il fatto stesso che un ricorso sia pendente dinanzi al Tribunale o alla Corte giustifica la sospensione della prescrizione (sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 153).

    142    La Corte ha parimenti affermato che, qualora un destinatario di una decisione decida di proporre ricorso di annullamento, il giudice dell’Unione può essere investito solamente degli elementi della decisione che riguardino il destinatario stesso. Per contro, gli elementi riguardanti altri destinatari, che non siano stati impugnati, non ricadono nell’oggetto della controversia che il giudice dell’Unione è chiamato a risolvere (sentenza Commissione/AssiDomän Kraft Products e a., cit., punto 53).

    143    Peraltro, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della decisione n. 715/78 e dell’art. 26, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione in materia di esecuzione inizia a decorrere dal giorno in cui la decisione è divenuta definitiva. La Corte ha precisato che tale termine decorre quindi, segnatamente, a partire dalla scadenza dei termini di ricorso contro la decisione che ha statuito sull’infrazione e sull’ammenda, qualora nessun ricorso sia stato proposto (v., per analogia, sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 137).

    144    Dalle suesposte considerazioni emerge, da un lato, che nei confronti delle imprese che non hanno proposto ricorso avverso una decisione finale della Commissione, con cui sia stata loro inflitta un’ammenda ex art. 65 CA ovvero ex art. 23 del regolamento n. 1/2003, tale decisione diviene definitiva e, dall’altro, che la definitività fa scattare nei loro confronti il termine di esecuzione di tale decisione, previsto all’art. 4 della decisione n. 715/78 e dall’art. 26 del regolamento n. 1/2003.

    145    Ne consegue che, nei confronti di dette imprese, il ricorso di un’altra impresa contro la stessa decisione finale non può produrre alcun effetto sospensivo.

    146    Inoltre, tanto il tenore dell’art. 3 della decisione n. 715/78 e quello dell’art. 25, n. 6, del regolamento n. 1/2003, quanto gli obiettivi perseguiti da tali articoli ricomprendono, al tempo stesso, i ricorsi proposti contro gli atti previsti dall’art. 2 della decisione n. 715/78 e dall’art. 25, n. 3, del regolamento n. 1/2003, che sono impugnabili, nonché i ricorsi diretti contro la decisione finale della Commissione (v., per analogia, sentenza Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit., punto 146).

    147    Pertanto, considerato che l’art. 3 della decisione n. 715/78 e l’art. 25, n. 6, del regolamento n. 1/2003 non operano alcuna distinzione tra le decisioni cui sono attribuiti effetti sospensivi, effetti erga omnes non possono essere attribuiti, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, ai ricorsi proposti avverso gli atti di cui all’art. 2 della decisione n. 715/78 e all’art. 25, n. 3, del regolamento n. 1/2003, che sono impugnabili.

    148    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere che il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto laddove ha affermato che l’effetto sospensivo della prescrizione, attribuito ai procedimenti giudiziari dall’art. 3 della decisione n. 715/78 e dall’art. 25, n. 6, del regolamento n. 1/2003 si produce solamente inter partes.

    149    Orbene, nella specie, come è stato giustamente sostenuto dalla ProfilARBED e dalla TradeARBED, la decisione iniziale riguardava esclusivamente la ARBED e il procedimento giudiziario da cui è scaturito l’annullamento della decisione medesima, nella parte riguardante la ARBED, opponeva esclusivamente la ARBED alla Commissione. Ne consegue che nessun effetto sospensivo può essere dedotto da tale procedimento nei confronti della ProfilARBED o della TradeARBED.

    150    Ciò premesso, l’impugnazione della Commissione nella causa C‑216/09 P dev’essere respinta.

    151    Infine, considerato che la ProfilARBED e la TradeARBED hanno proposto la loro impugnazione incidentale nella causa C‑216/09 P in via di subordine, nell’eventualità in cui la Corte dovesse accogliere l’impugnazione della Commissione, non occorre procedere all’esame di tale impugnazione incidentale.

    VIII –  Sulle spese

    152    A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto del successivo art. 118, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. A norma dell’art. 69, n. 3, del regolamento stesso, la Corte può decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, o per motivi eccezionali.

    153    Considerato che la ARBED è rimasta soccombente nell’ambito dell’impugnazione nella causa C‑201/09 P, essa dev’essere condannata alle spese inerenti a tale impugnazione, conformemente alla domanda formulata dalla Commissione.

    154    Per quanto attiene all’impugnazione nella causa C‑216/09 P, la Corte ritiene che, alla luce delle specifiche circostanze della specie, la Commissione nonché la TradeARBED e la ProfilARBED debbano essere condannate a sopportare ciascuna le proprie spese.

    Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

    1)      Le impugnazioni sono respinte.

    2)      La ArcelorMittal Luxembourg SA sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea relative all’impugnazione nella causa C‑201/09 P.

    3)      La Commissione europea, la ArcelorMittal Belval & Differdange SA e la ArcelorMittal International SA sopporteranno ciascuna le proprie spese relative all’impugnazione nella causa C‑216/09 P.

    Firme


    * Lingua processuale: il francese.

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