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Documento 62007CC0445
Opinion of Advocate General Kokott delivered on 12 February 2009. # Commission of the European Communities v Ente per le Ville Vesuviane (C-445/07 P) and Ente per le Ville Vesuviane v Commission of the European Communities (C-455/07 P). # Appeal - European Regional Development Fund (ERDF) - Development of infrastructure for the expansion of tourism in Regione Campania (Italy) - Closure of Community financial assistance - Actions for annulment - Admissibility - Local or regional entity - Measures of direct and individual concern to that entity. # Joined cases C-445/07 P and C-455/07 P.
Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 12 febbraio 2009.
Commissione delle Comunità europee contro Ente per le Ville Vesuviane (C-445/07 P) e Ente per le Ville Vesuviane contro Commissione delle Comunità europee (C-455/07 P).
Impugnazione - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) - Valorizzazione delle infrastrutture a fini di sviluppo dell’attività turistica nella Regione Campania - Chiusura di un contributo finanziario comunitario - Ricorso di annullamento - Ricevibilità - Ente regionale o locale - Atti che riguardano tale ente direttamente e individualmente.
Cause riunite C-445/07 P e C-455/07 P.
Conclusioni dell'avvocato generale Kokott del 12 febbraio 2009.
Commissione delle Comunità europee contro Ente per le Ville Vesuviane (C-445/07 P) e Ente per le Ville Vesuviane contro Commissione delle Comunità europee (C-455/07 P).
Impugnazione - Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) - Valorizzazione delle infrastrutture a fini di sviluppo dell’attività turistica nella Regione Campania - Chiusura di un contributo finanziario comunitario - Ricorso di annullamento - Ricevibilità - Ente regionale o locale - Atti che riguardano tale ente direttamente e individualmente.
Cause riunite C-445/07 P e C-455/07 P.
Raccolta della Giurisprudenza 2009 I-07993
Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2009:84
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
JULIANE KOKOTT
presentate il 12 febbraio 2009 ( 1 )
Cause riunite C-445/07 P e C-455/07 P
Commissione delle Comunità europee
Ente per le Ville Vesuviane
contro contro
Ente per le Ville Vesuviane
Commissione delle Comunità europee
«Impugnazione — Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) — Valorizzazione delle infrastrutture a fini di sviluppo dell’attività turistica nella Regione Campania — Chiusura di un contributo finanziario comunitario — Ricorso di annullamento — Ricevibilità — Ente regionale o locale — Atti che riguardano tale ente direttamente e individualmente»
I — Introduzione
1. |
Il presente procedimento trae origine da una controversia tra l’Ente per le Ville vesuviane (in prosieguo: l’«Ente») e la Commissione delle Comunità europee (in prosieguo: la «Commissione») in ordine alla chiusura del contributo finanziario ai progetti dell’Ente da parte del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). |
2. |
L’Ente è un consorzio di cui fanno parte lo Stato italiano, la Regione Campania, la Provincia di Napoli nonché vari comuni. Esso è stato istituito con legge 29 luglio 1971, n. 578, per la salvaguardia e la valorizzazione dei complessi monumentali costituiti dalle Ville Vesuviane del XVIII secolo e dalle relative pertinenze. |
3. |
Con sentenza 18 luglio 2007 (in prosieguo: la «sentenza impugnata») ( 2 ) il Tribunale di primo grado ha respinto in quanto infondato il ricorso con cui l’Ente aveva impugnato la decisione della Commissione sulla chiusura del contributo finanziario del FESR. |
4. |
In sostanza, con la sua impugnazione l’Ente persegue ancora il fine dell’annullamento di tale decisione. La Commissione ha proposto, a sua volta, un’impugnazione in cui deduce che il Tribunale di primo grado avrebbe dovuto dichiarare subito il ricorso irricevibile in quanto l’Ente non è direttamente interessato dalla decisione e quindi non è legittimato ad agire. |
5. |
Il presente procedimento ci offre quindi l’occasione di approfondire la questione dell’incidenza diretta sui ricorrenti di provvedimenti adottati nel contesto dei contributi del FESR. |
II — Contesto normativo
6. |
Ai punti 1-3 della sentenza impugnata, il Tribunale ha illustrato il contesto normativo nel modo seguente:
|
III — Fatti e procedimento di primo grado
7. |
Su istanza dell’Ente, lo Stato italiano ha chiesto alla Commissione un contributo finanziario a carico del FESR in favore di un investimento in infrastrutture destinato alla ristrutturazione di tre delle suddette ville. Con decisione 18 dicembre 1986, indirizzata alla Repubblica italiana (in prosieguo: la «decisione di concessione» ( 3 )), la Commissione ha pertanto concesso un contributo finanziario a carico del FESR per la valorizzazione a fini turistici di tali ville. |
8. |
Nella decisione di concessione l’Ente veniva designato sia come beneficiario dell’aiuto (terzo ‘considerando’ e art. 3 della decisione), sia come responsabile della domanda e della realizzazione del progetto (allegato alla decisione). |
9. |
Ai sensi dell’art. 4 della decisione di concessione, in caso di inosservanza delle condizioni menzionate in tale decisione, segnatamente di quelle relative allo scadenzario di realizzazione del progetto, la Commissione può ridurre o annullare il contributo finanziario, nonché esigerne la restituzione. L’art. 4 dispone inoltre che l’annullamento o le domande di rimborso possano essere effettuati soltanto dopo aver sentito il beneficiario a tal riguardo. |
10. |
In esecuzione di suddetta decisione, nel 1988 e nel 1990 la Commissione ha versato due anticipi. |
11. |
A norma dell’art. 12 del regolamento n. 4254/88, come modificato dal regolamento n. 2083/93, le richieste di pagamento definitivo per versamenti a carico del FESR dovevano essere presentate alla Commissione entro il 31 marzo 1995, fatti salvi i progetti sospesi per motivi giudiziari. |
12. |
Con lettera 29 marzo 1995, lo Stato italiano ha chiesto alla Commissione una proroga di tale termine invocando l’art. 12 del regolamento n. 4254/88, in quanto i progetti sarebbero stati sospesi per motivi giudiziari e pertanto non sarebbe stato possibile presentare una richiesta di pagamento definitivo nei termini previsti. |
13. |
Con lettera 12 ottobre 2001, la Commissione ha comunicato all’Italia che intendeva chiudere il contributo finanziario. La Commissione partiva dal presupposto che il termine per la liquidazione dei conti a norma dell’art. 12 del regolamento n. 4254/88 fosse scaduto e che, contrariamente a quanto ritenuto dalle autorità italiane, non sussistesse neppure un motivo per una proroga del termine di cui all’art. 12 del regolamento n. 4254/88. |
14. |
Con lettera 13 marzo 2002, la Commissione ha notificato all’Italia la sua decisione definitiva di disporre la chiusura del contributo finanziario del FESR in base alle domande di pagamento inoltrate prima del 31 marzo 1995 (in prosieguo: la «decisione impugnata» ( 4 )). |
15. |
Poiché, entro suddetto termine, l’Italia aveva presentato una sola domanda di pagamento relativa ad un importo parziale, inferiore alle somme già ottenute a titolo di anticipi, l’Italia, da un lato, è ormai tenuta a restituire il rispettivo scarto e, dall’altro, non può ottenere ulteriori erogazioni del FESR in favore del progetto controverso. |
16. |
Nella decisione impugnata la Commissione ha evidenziato che né tale decisione, né alcun’altra disposizione di diritto comunitario facevano obbligo allo Stato membro di chiedere all’Ente, in qualità di beneficiario, la restituzione delle somme già versate. |
17. |
L’Ente ha impugnato la decisione della Commissione 13 marzo 2002 dinanzi al Tribunale di primo grado chiedendone l’annullamento. |
IV — La sentenza impugnata
18. |
Nella sentenza impugnata il Tribunale di primo grado constata anzitutto che, contrariamente al giudizio della Commissione, il ricorso è ricevibile. La decisione impugnata riguarderebbe direttamente l’Ente, il quale sarebbe pertanto legittimato ad agire ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE. |
19. |
Nel merito, il Tribunale respinge il ricorso di annullamento dell’Ente in quanto infondato. Con il primo motivo, l’Ente aveva fatto valere che la Commissione avrebbe erroneamente negato la sussistenza dei requisiti di una proroga per motivi giudiziari ai sensi dell’art. 12 del regolamento n. 2083/93 e sarebbe quindi partita dal presupposto di una domanda di pagamento non presentata in tempo utile. Al riguardo, il Tribunale ha confermato la decisione impugnata della Commissione. |
20. |
Con il secondo motivo, l’Ente aveva dedotto di non essere stato sentito dalla Commissione prima dell’adozione della decisione impugnata e vi aveva ravvisato una violazione dei suoi diritti della difesa. Il Tribunale aveva statuito a tal riguardo che, sebbene all’Ente spettasse un diritto ad essere sentito, nella specie, la mancata audizione non avrebbe comportato l’annullamento della decisione impugnata. Infatti, nonostante il relativo invito da parte del Tribunale, l’Ente non avrebbe indicato alcun elemento che avrebbe potuto condurre ad una decisione diversa anche qualora la Commissione avesse sentito l’Ente. |
21. |
L’Ente aveva addotto inoltre un’insufficiente istruzione dei fatti da parte della Commissione nonché un difetto di motivazione della decisione impugnata. Il Tribunale ha tuttavia considerato il ricorso infondato anche sotto tale profilo. |
V — L’impugnazione
22. |
L’impugnazione dell’Ente si fonda su due motivi. Con il primo motivo esso adduce, in sostanza, una violazione dell’art. 12 del regolamento n. 4254/88. Con il secondo motivo, esso contesta la conclusione del Tribunale secondo cui, nell’emanazione della decisione impugnata, la Commissione non avrebbe violato i diritti della difesa dell’Ente. |
23. |
La Commissione ha proposto, a sua volta, un ricorso d’impugnazione. Con esso addebita al Tribunale il fatto di non aver dichiarato il ricorso irricevibile per difetto di legittimazione ad agire dell’Ente. |
24. |
Più esattamente, le parti chiedono quanto segue: |
25. |
Nella causa C-455/07 P, relativa all’impugnazione dell’Ente, quest’ultimo chiede,
Dal canto suo, la Commissione chiede il rigetto dell’impugnazione dell’Ente e la condanna dell’Ente alle spese. |
26. |
Nella causa C-445/07 P, relativa all’impugnazione della Commissione, quest’ultima chiede,
L’Ente chiede, da parte sua, il rigetto dell’impugnazione della Commissione nonché la condanna di quest’ultima alle spese. |
VI — Valutazione
A — L’impugnazione della Commissione
27. |
Nella sua impugnazione, la Commissione sostiene che il Tribunale non avrebbe dovuto statuire sul ricorso, bensì dichiarare quest’ultimo irricevibile. |
1. Ricevibilità dell’impugnazione
28. |
La ricevibilità dell’impugnazione della Commissione potrebbe essere dubbia, poiché il Tribunale, respingendo il ricorso in quanto infondato, in sostanza ha emesso una decisione favorevole alla Commissione. |
29. |
È vero che l’Ente per le Ville vesuviane non ha eccepito l’irricevibilità dell’impugnazione della Commissione. Tuttavia, questa deve essere esaminata d’ufficio ( 5 ). Nel suo atto d’impugnazione, anche la Commissione tratta ampiamente la questione della ricevibilità della sua impugnazione. |
30. |
Ai sensi dell’art. 56, primo comma, dello Statuto della Corte, può essere proposta impugnazione contro le decisioni del Tribunale che concludono il procedimento o contro pronunce che pongono termine ad un incidente di procedura. |
31. |
A giudizio della Commissione, la sua impugnazione contro la sentenza del Tribunale è ricevibile in quanto impugnazione contro una pronuncia che pone termine ad un incidente di procedura. |
32. |
Tale tesi non può essere accolta già perché non sussiste, nella specie, alcun incidente di procedura. A norma dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado ( 6 ), ai fini della sussistenza di un tale incidente, è indispensabile che l’eccezione di irricevibilità sia sollevata con atto separato ai sensi dell’art. 56, primo comma, dello Statuto. Ogni volta che la Corte ha riscontrato la presenza di una pronuncia che pone fine ad un incidente di procedura, risulta che l’eccezione di irricevibilità era stata proposta con atto separato ( 7 ). |
33. |
Il requisito dell’atto separato garantisce uno svolgimento trasparente del procedimento, assicurando che la domanda sia facilmente identificabile come tale. Ciò assume rilievo segnatamente in quanto l’incidente di procedura interrompe il procedimento principale. È pertanto necessario che con atto separato si evidenzi al Tribunale se viene o meno sollevata un’eccezione come oggetto di un incidente di procedura. Qualora un incidente di procedura potesse essere proposto nell’ambito delle altre memorie, non sarebbe chiaro ed esente da dubbi se si tratta di un incidente di procedura o meno. |
34. |
Tuttavia, nel caso di specie, è incontestabile che la Commissione non abbia eccepito l’irricevibilità del ricorso con atto separato. Pertanto, non sussisteva alcun incidente di procedura e, conseguentemente, la sentenza del Tribunale non può essere qualificata come pronuncia che pone termine ad un incidente di procedura. |
35. |
L’impugnazione della Commissione è nondimeno ricevibile in quanto impugnazione di una pronuncia del Tribunale che conclude il procedimento. Infatti, a termini dell’art. 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, un’impugnazione può essere proposta da una parte rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni. |
36. |
Nella specie, nel procedimento dinanzi al Tribunale, la Commissione ha chiesto in via principale la dichiarazione di irricevibilità del ricorso dell’Ente. Solo in subordine essa aveva chiesto che il ricorso fosse respinto in quanto infondato. |
37. |
Poiché nella sua sentenza il Tribunale ha dichiarato espressamente la ricevibilità del ricorso fondando il rigetto del medesimo unicamente sulla sua infondatezza, la Commissione è rimasta soccombente in ordine alla sua domanda principale, risultando vittoriosa soltanto in merito alla sua domanda subordinata. Tale parziale soccombenza comporta la ricevibilità dell’impugnazione della Commissione. |
38. |
Infatti, in un procedimento sommario, la Corte ha precisato i presupposti che devono ricorrere affinché un’eccezione di irricevibilità che non sia stata accolta configuri una parziale soccombenza su cui può essere fondata un’impugnazione ( 8 ). |
39. |
In tale procedimento, la ricorrente aveva contestato la ricevibilità della domanda originale nelle sue osservazioni dinanzi al Tribunale senza tuttavia «dedurre formalmente la sua irricevibilità» ( 9 ). La Corte era giunta alla conclusione che, in un’ipotesi del genere, in sede di impugnazione non si può far valere che la domanda è stata respinta soltanto in quanto infondata ma non già in quanto irricevibile. |
40. |
Se, come nel caso di specie, è stata presentata una domanda separata di dichiarazione di irricevibilità, essa configura una formale eccezione di irricevibilità, soggetta a impugnazione in caso di soccombenza su tale punto. |
41. |
Si deve di conseguenza affermare, a titolo di conclusione intermedia, che l’impugnazione della Commissione è ricevibile. |
2. Fondatezza dell’impugnazione
42. |
Nella sua impugnazione, la Commissione contesta al Tribunale il fatto di aver considerato l’Ente legittimato ad agire. |
43. |
A norma dell’art. 230, quarto comma, CE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro una decisione che, pur essendo presa nei confronti di un’altra persona, la riguarda direttamente ed individualmente. È incontestabile che la decisione impugnata non sia indirizzata all’Ente bensì allo Stato italiano. Sebbene l’Ente sia individualmente interessato dalla decisione impugnata, è tuttavia dubbio se tale incidenza sia anche diretta. |
44. |
In due sentenze riguardanti parimenti la chiusura di contributi finanziari a carico del FESR, la Corte è già stata chiamata a pronunciarsi in merito al criterio dell’interesse diretto ( 10 ). Si trattava, in ciascun caso, di ricorsi della Regione Siciliana avverso decisioni della Commissione con cui questa aveva disposto la chiusura del contributo finanziario a carico del FESR. |
45. |
In tali pronunce, la Corte ha fatto riferimento alla sua giurisprudenza costante secondo la quale la condizione di cui all’art. 230, quarto comma, CE, per cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dalla decisione che costituisce oggetto del ricorso, richiede che il provvedimento comunitario contestato produca direttamente effetti sulla situazione giuridica di tale persona e non lasci alcun potere discrezionale ai suoi destinatari in ordine all’attuazione, poiché l’adozione dei provvedimenti di attuazione avviene invece in modo meramente automatico e derivano dalla sola normativa comunitaria senza intervento di altre norme intermedie ( 11 ). |
46. |
Nelle sue sentenze «Regione Siciliana» la Corte era giunta alla conclusione che i ricorrenti non erano direttamente interessati dalla decisione della Commissione. Al riguardo, essa si era basata segnatamente sul fatto che la decisione di concessione designava le allora ricorrenti come «autorità responsabile della realizzazione del progetto FESR» ( 12 ), ovvero come «autorità responsabile della domanda di contributo finanziario» ( 13 ), ma non come «titolare del diritto al contributo» ( 14 ). Lo status di «autorità responsabile della domanda» non creerebbe un rapporto diretto tra la ricorrente di allora e il contributo comunitario, il quale è stato richiesto dal governo italiano ed è stato concesso alla Repubblica italiana ( 15 ). |
47. |
Nella presente causa, il Tribunale ha riscontrato differenze rispetto alle fattispecie su cui si fondavano le sentenze Regione Siciliana, che lo hanno indotto a riconoscere l’interesse diretto dell’Ente. In primo luogo, nella decisione di concessione l’Ente non sarebbe stato designato soltanto come responsabile della realizzazione del progetto, bensì espressamente come beneficiario. In secondo luogo, sarebbe privo di rilevanza il potere discrezionale spettante allo Stato italiano in merito alla decisione se richiedere la restituzione delle somme versate, atteso che già prima della decisione della Commissione lo Stato italiano aveva manifestato l’intenzione di richiedere la restituzione del denaro e di non intervenire. In terzo luogo, sarebbe necessario un diritto d’azione affinché l’Ente possa provvedere alla tutela dei suoi diritti della difesa. |
48. |
Tuttavia, le differenze evidenziate dal Tribunale nella sentenza impugnata rispetto alle fattispecie su cui si fondavano le cause Regione Siciliana, in sostanza, non comportano un giudizio che si discosti dalle suddette sentenze Regione Siciliana. |
49. |
Nella sua sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana, la Corte ha negato la legittimazione ad agire della Regione Siciliana, in quanto la funzione di autorità responsabile della realizzazione del progetto non implicava che la ricorrente stessa fosse «titolare del diritto al contributo». |
50. |
Nel caso di specie, nella decisione impugnata, la ricorrente è stata designata come beneficiaria. Dalla decisione impugnata non emerge tuttavia che all’Ente sia stata riconosciuta una pretesa di diritto comunitario al contributo. Nella sua motivazione neppure il Tribunale ha considerato l’Ente titolare di un diritto al contributo. Invece, è lo Stato italiano che ha chiesto alla Commissione un contributo del FESR per misure infrastrutturali da realizzare tramite l’Ente, contributo che è stato concesso a detto Stato. Nel presente caso, pertanto, risulta essere richiedente, titolare del diritto nonché destinatario della decisione della Commissione unicamente l’Italia. Correttamente, nella sua decisione di concessione anche la Commissione ha qualificato l’Ente unicamente come «beneficiario» e non invece come titolare del diritto. |
51. |
Nella specie, nella sua qualità di «beneficiario», l’Ente risulta tuttavia più strettamente connesso al contributo del FESR delle ricorrenti nelle cause Regione Siciliana nella loro qualità di mere «autorità responsabili». Dalla sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana, non si evince che solo il titolare di una pretesa di diritto comunitario al contributo possa essere legittimato ad agire. In essa è stato soltanto constatato che il responsabile del progetto, che non ha alcun diritto al contributo, non è legittimato ad agire. Nella sua giurisprudenza anteriore, la Corte ha tenuto conto del fatto che il provvedimento impugnato incideva sulla situazione giuridica di una persona ( 16 ). Occorre quindi accertare se la decisione impugnata si ripercuote sulla situazione giuridica dell’Ente in quanto beneficiario, pur non essendo quest’ultimo titolare di una pretesa di diritto comunitario al contributo. |
52. |
A tal riguardo, si potrebbe argomentare che la situazione giuridica dell’Ente viene intaccata nella misura in cui questo potrebbe trovarsi esposto alle domande di rimborso dell’Italia. Anche nell’ambito di decisioni della Commissione che impongono agli Stati membri di chiedere la restituzione di sovvenzioni incompatibili con il diritto comunitario, in definitiva viene riconosciuta la legittimazione ad agire delle imprese interessate, sebbene alle medesime non spetti alcun diritto alla sovvenzione. Tuttavia, l’Ente dovrebbe essere inoltre direttamente interessato dalla decisione della Commissione. |
53. |
Secondo una giurisprudenza costante, un soggetto che non sia destinatario di una decisione della Commissione è direttamente interessato soltanto allorquando il destinatario è tenuto all’attuazione dell’atto giuridico di diritto comunitario e tale attuazione avviene in modo puramente automatico, in quanto il destinatario non dispone al riguardo di alcun potere discrezionale ( 17 ). |
54. |
Non sussiste alcuna incidenza diretta qualora tra la decisione comunitaria e le sue ripercussioni sul ricorrente si interponga una volontà autonoma del destinatario ( 18 ). Laddove la decisione del destinatario non sia dettata giuridicamente né dal diritto comunitario né dalla decisione concreta della Commissione, ma poggi su una decisione autonoma dello Stato membro, non sussiste alcun nesso diretto tra la decisione della Commissione e il ricorrente. |
55. |
Nel caso di specie, è incontestabile che il governo italiano non era tenuto a chiedere all’Ente la restituzione dei contributi comunitari. Esso era invece libero di accollarsi i rimborsi a favore del FESR nonché di porre la parte disimpegnata del contributo comunitario a carico del suo bilancio per finanziare l’ultimazione dei lavori. Come messo anche esplicitamente in rilievo dalla Commissione nella decisione impugnata, il diritto comunitario non gli imponeva di chiedere all’Ente il rimborso delle somme versate. |
56. |
Come giustamente evidenziato dall’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle sue conclusioni relative alla causa Regione Siciliana, ciò corrisponde alla complessa struttura dei rapporti nella gestione dei fondi strutturali ( 19 ). Essa assegna agli Stati membri una posizione determinante, per cui una sovvenzione da parte del FESR dà origine ad un rapporto tra la Commissione e lo Stato membro ( 20 ). Dal punto di vista della Commissione, i progetti sovvenzionati sono pertanto progetti dello Stato membro. Di conseguenza, spetta allo Stato membro decidere se portare avanti il progetto di infrastrutture allorquando la Comunità pone termine al suo contributo finanziario. |
57. |
Nella sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che tale libertà dello Stato membro in sede di attuazione della decisione della Commissione sia irrilevante in quanto, prima dell’emanazione della decisione impugnata, il governo italiano aveva espresso la sua intenzione di non accollarsi l’importo da restituire, bensì di riscuoterlo presso l’Ente. Sarebbe quindi puramente teorico che l’Italia effettui, a carico del proprio bilancio, i corrispondenti versamenti, che non sarebbero più effettuati dal FESR. |
58. |
In tale contesto, il Tribunale invoca la giurisprudenza della Corte in cui, anche di fronte a decisioni discrezionali interposte da parte del destinatario, ha ammesso un’eccezione in casi in cui era chiaro fin dall’inizio che il ricorrente avrebbe subito ripercussioni anche dopo la decisione del destinatario. Qualora la facoltà spettante allo Stato membro di dare seguito ad un atto comunitario senza che vi siano ripercussioni sul ricorrente sia puramente teorica in quanto fin dall’inizio non vi sono dubbi che le autorità nazionali daranno attuazione all’atto comunitario in un modo del tutto diverso, il ricorrente è già direttamente interessato dall’atto comunitario ( 21 ). |
59. |
È dubbio se tale giurisprudenza possa essere applicata ad una fattispecie, come quella di cui trattasi, in relazione a contributi a carico del FESR. Secondo gli accertamenti del Tribunale, anche nel caso di specie, l’Italia, in qualità di destinataria della decisione impugnata, prima dell’adozione di quest’ultima, non aveva lasciato adito a dubbi in merito al fatto che avrebbe attuato la decisione in modo che avrebbe gravato sulla ricorrente. Prima facie appare dunque possibile un’applicazione analogica della citata giurisprudenza ( 22 ). |
60. |
Tuttavia, va notato che le cause in cui la Corte ha concluso che il potere discrezionale di attuazione spettante al destinatario di una decisione era puramente teorico in quanto non sussistevano dubbi in ordine alle modalità di attuazione, erano fondate su fattispecie ben specifiche. È lecito dubitare che quanto statuito in tali cause debba necessariamente essere trasposto a casi come quello in esame. |
61. |
Nella causa Piraiki-Patraiki ( 23 ), su istanza della Francia, la Commissione aveva autorizzato quest’ultima a limitare le importazioni dalla Grecia senza chiaramente imporre alla Francia un obbligo in tal senso. Che il destinatario di una decisione emanata conformemente alla sua domanda eserciti il proprio potere discrezionale di attuazione nel senso di non fare alcun uso della decisione da esso provocata appare di fatti puramente ipotetico. In tal caso, non sarebbe equo negare l’incidenza diretta della decisione della Commissione unicamente in base alla sussistenza, dal punto di vista giuridico, di un potere discrezionale in capo al destinatario della decisione. Conseguentemente, in suddetta causa, la Corte ha riconosciuto la legittimazione ad agire di determinati esportatori greci sotto il profilo dell’interesse diretto. |
62. |
Nella causa Dreyfus ( 24 ), in base ad una valutazione globale di circostanze oggettive estremamente complesse e tenuto conto del contesto socio-economico di una decisione della Commissione relativa alla concessione di un finanziamento comunitario per l’esportazione di prodotti agrari nella Federazione russa, la Corte di giustizia ha riconosciuto la sussistenza di un interesse diretto di un fornitore che, di fatto, dalla sua controparte contrattuale russa poteva aspettarsi soltanto pagamenti della stessa entità dei contributi concessi dalla Comunità, sebbene, sul piano del diritto privato, tale controparte fosse tenuta a pagamenti ulteriori. Anche in tale causa, la Corte ha considerato la possibilità puramente ipotetica che la controparte contrattuale del ricorrente adempiesse i suoi obblighi contrattuali pur perdendo, in tal modo, il suo finanziamento comunitario tanto remota da ritenere che la decisione della Commissione, in relazione a singole condizioni del finanziamento comunitario, avesse un’incidenza diretta sul fornitore ricorrente. |
63. |
In entrambe le cause, l’analisi della fattispecie concreta ha dunque indotto la Corte ad ammettere eccezioni strettamente circoscritte al principio che, nel caso in cui al destinatario della decisione sia riconosciuto un potere discrezionale, il terzo non è direttamente interessato dalla decisione della Commissione. |
64. |
Il caso di specie è tuttavia diverso. A differenza delle suddette cause, dall’insieme delle circostanze oggettive della specie non si possono trarre conclusioni altrettanto stringenti in merito al comportamento successivo del destinatario della decisione, tanto più che l’Italia stessa partecipa all’Ente. Si può fare leva unicamente sull’annuncio soggettivo dell’Italia, che non è vincolante e non impedisce affatto all’Italia di rinunciare, in concreto, a chiedere il rimborso ovvero a fare gravare d’ora in poi il sostegno dell’Ente sul proprio bilancio. Ciò premesso, sembra poco convincente dedurre l’assunto di un interesse diretto dell’Ente dal mero annuncio dell’Italia di voler chiedere all’Ente la restituzione delle somme erogate ( 25 ). Tra l’altro, così facendo, tramite un annuncio giuridicamente non vincolante in merito ad un futuro comportamento, uno Stato membro avrebbe la possibilità di decidere se l’interessato sia legittimato ad agire dinanzi ai giudici comunitari. |
65. |
In conclusione va quindi negato che l’Ente sia direttamente interessato, poiché l’Italia non era tenuta a chiedere al medesimo la restituzione delle somme erogate. |
66. |
Il Tribunale ha ravvisato una conferma complementare del suo assunto relativo alla legittimazione ad agire dell’Ente nel fatto che la decisione di concessione prevedeva che la decisione di chiusura del contributo del FESR fosse emanata previa audizione dell’Ente. Si deve convenire con il Tribunale che tale audizione, prevista a titolo obbligatorio, attribuiva all’Ente nell’ambito del procedimento una posizione più forte rispetto a quella ricoperta dalle ricorrenti nelle cause «Regione Siciliana». Tuttavia, dalla mera previsione dell’audizione di un terzo, tesa a garantire una base corretta per una decisione della Commissione indirizzata ad uno Stato membro, non si può dedurre un autonomo diritto di azione contro una decisione nel merito allorquando il terzo che deve essere sentito, come nel caso di specie, non sia direttamente interessato dal contenuto della decisione. |
67. |
In conclusione, occorre ancora esaminare se tale negazione della legittimazione ad agire integri un diniego di giustizia. A tal proposito, va ricordato che i singoli devono poter beneficiare di una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti loro riconosciuti dall’ordinamento giuridico comunitario ( 26 ). |
68. |
La tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che non possono impugnare direttamente, a causa dei requisiti di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, le decisioni come quella di cui trattasi, deve essere garantita efficacemente mediante rimedi giurisdizionali dinanzi ai giudici nazionali. Al riguardo, la Corte ha già rilevato che questi, in conformità al principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 CE, sono tenuti, per quanto possibile, ad interpretare e applicare le norme procedurali nazionali che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire alle dette persone di contestare in sede giudiziale la legittimità di qualsiasi provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario quale quello su cui verte la presente controversia, eccependone l’invalidità e inducendo così i giudici a sollevare dinanzi alla Corte questioni pregiudiziali a tale proposito ( 27 ). |
69. |
Si deve concludere che il ricorso dell’Ente era irricevibile già in primo grado per difetto di legittimazione ad agire. L’impugnazione della Commissione è pertanto fondata. |
B — L’impugnazione dell’Ente per le ville vesuviane
70. |
Stante l’irricevibilità del ricorso presentato dall’Ente dinanzi al Tribunale, l’impugnazione da questo proposta avverso la sentenza impugnata nella parte in cui statuisce sulla fondatezza del ricorso è divenuta priva di oggetto, cosicché non occorre esaminarla ( 28 ). Di conseguenza, non vi è luogo a statuire sulla sua impugnazione. |
71. |
Per l’ipotesi in cui la Corte dovesse giungere ad una valutazione diversa in ordine alla ricevibilità del ricorso, esaminerò in subordine, qui di seguito, la fondatezza dell’impugnazione dell’Ente. |
1. Esame, a titolo subordinato, dei motivi di impugnazione
a) Primo motivo di impugnazione
72. |
Con il primo motivo di impugnazione, l’Ente invoca un errore giuridico, un difetto di istruttoria nonché un difetto di motivazione in relazione all’art. 12 del regolamento n. 4254/88. Quest’ultimo stabilisce il termine entro cui le domande di pagamento devono essere presentate alla Commissione per poter essere prese in considerazione. L’art. 12 prevede una deroga al predetto termine per progetti sospesi per motivi giudiziari. |
73. |
A parere dell’Ente tale proroga del termine vale per l’intero progetto anche qualora la disposizione derogatoria di cui all’art. 12 riguardi soltanto una parte del progetto autorizzato, quindi anche solo una delle tre ville. |
74. |
Il Tribunale ha tuttavia giustamente considerato che, nel caso in cui il progetto sia divisibile, la disposizione derogatoria valga soltanto per le parti di un progetto che sono oggetto di sospensione per motivi giudiziari. La possibilità di prorogare il termine costituisce un’eccezione al principio che tutte le domande di pagamento devono essere inoltrate alla Commissione entro determinati termini. Il Tribunale ha pertanto ribadito, a buon diritto, che la proroga del termine prevista dall’art. 12 deve essere interpretata in senso stretto. Una programmazione finanziaria corretta e affidabile dei contributi del FESR richiede una pronta liquidazione delle somme da erogare. Nei limiti in cui un progetto sia scindibile e la disposizione derogatoria di cui all’art. 12 copra soltanto una parte del progetto, vale quindi incondizionatamente la regola che gli stralci già eseguiti del progetto devono essere liquidati entro i termini impartiti. |
75. |
Nella misura in cui l’Ente eccepisce inoltre che il Tribunale ha ritenuto erroneamente che il progetto autorizzato fosse divisibile, tale eccezione deve essere dichiarata infondata. Con essa viene infatti contestato un accertamento dei fatti da parte del Tribunale. Peraltro, non è ravvisabile alcun elemento che deponga contro una liquidazione separata dei lavori relativi a ciascuna delle tre ville. |
76. |
Il primo motivo di impugnazione dovrebbe pertanto essere respinto. |
b) Secondo motivo di impugnazione
77. |
Con il secondo motivo di impugnazione, l’Ente adduce che la Commissione non lo ha sentito prima dell’adozione della decisione impugnata. |
78. |
Nella sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che l’art. 4 della decisione di concessione attribuiva all’Ente un diritto ad essere sentito. Suddetto articolo dispone, infatti, che la Commissione non possa decidere la chiusura o la restituzione del contributo senza aver preventivamente sentito il beneficiario. |
79. |
Il Tribunale osserva inoltre che la Commissione non ha sentito l’Ente prima di emanare la decisione impugnata e avrebbe quindi violato il suo diritto al contraddittorio. Nondimeno, secondo il Tribunale, siffatta violazione del diritto al contraddittorio non giustifica l’annullamento della decisione impugnata, poiché in definitiva non ha influito sul contenuto di quest’ultima. |
80. |
Infatti, nel giudizio di primo grado l’Ente non avrebbe presentato obiezioni rilevanti che avrebbero costretto la Commissione ad una decisione diversa. |
81. |
L’Ente fa valere, a tal proposito, che il Tribunale avrebbe erroneamente considerato che i lavori di villa Ruggero sarebbero già stati ultimati nel 1992. L’Ente avrebbe presentato al Tribunale un’ampia documentazione dalla quale emergerebbe che i lavori di villa Ruggero sarebbero stati sospesi dal 1989 e almeno fino alla fine del 1996 per motivi giudiziari. |
82. |
Va rilevato, anzitutto, che la questione relativa al momento in cui sono terminati i lavori di villa Ruggero nonché agli impedimenti esistenti, costituisce una valutazione dei fatti, riservata esclusivamente al Tribunale e in via di principio non impugnabile. |
83. |
Solo nei casi in cui la valutazione dei fatti da parte del Tribunale configuri lo snaturamento degli elementi di prova la Corte è chiamata, in via eccezionale, a fondarvi un annullamento della sentenza. |
84. |
Nella specie, non è rilevante se l’accertamento dei fatti da parte del Tribunale in ordine al momento di ultimazione dei lavori di Villa Ruggero configuri uno snaturamento degli elementi di prova. Infatti, anche supponendo che dalla documentazione sottoposta al Tribunale si evincesse senza il minimo dubbio che tali lavori non sono terminati già nel 1992 bensì, come affermato dall’Ente, che tali lavori sono stati sospesi fino alla fine del 1996 per motivi giudiziari, nel 2002, al momento della decisione impugnata, la Commissione avrebbe potuto chiudere il contributo del FESR per mancata liquidazione dei conti entro i termini previsti. Dal carattere prettamente eccezionale, sopra descritto, della disposizione relativa al termine di cui all’art. 12 del regolamento n. 4254/88, si ricava che, ad ogni modo, il progetto doveva essere eseguito e liquidato senza indugio una volta venuti meno i motivi giudiziari. Tuttavia, l’Ente non ha dimostrato siffatta esecuzione e liquidazione senza indugio e peraltro non ha addotto elementi che depongano a favore della necessità del protrarsi dei lavori oltre l’anno 2000. |
85. |
Il motivo d’impugnazione dedotto non è pertanto idoneo a mettere in discussione la sentenza impugnata. In assenza di tale idoneità, si tratta di un motivo che non può raggiungere lo scopo dell’impugnazione e che, pertanto, è infondato. |
86. |
Anche il secondo motivo di impugnazione dell’Ente dovrebbe pertanto essere respinto. |
2. Conclusioni intermedie relative all’impugnazione dell’Ente
87. |
Occorre concludere che non vi è luogo a provvedere sull’impugnazione dell’Ente. |
VII — Sulle spese
88. |
Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento di impugnazione a norma dell’art. 118 del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 69, n. 6, di tale regolamento, parimenti applicabile al procedimento di impugnazione in virtù del detto art. 118, in caso di non luogo a provvedere la Corte decide sulle spese in via equitativa. |
89. |
Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, l’Ente, rimasto soccombente rispetto all’impugnazione della Commissione, va condannato alle spese relative a tale procedimento. |
90. |
Essendo fondata l’impugnazione della Commissione, l’impugnazione dell’Ente è divenuta priva di oggetto; l’Ente deve pertanto essere condannato anche alle spese dell’impugnazione da esso proposta. |
91. |
Poiché la Commissione ha chiesto altresì la condanna dell’Ente alle spese processuali di primo grado e il ricorso presentato dinanzi al Tribunale è irricevibile, l’Ente deve essere condannato alle spese relative al primo grado del giudizio. |
VIII — Conclusione
92. |
Propongo pertanto alla Corte di statuire come segue:
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( 1 ) Lingua originale: il tedesco.
( 2 ) Sentenza del Tribunale 18 luglio 2007, causa T-189/02, Ente per le Ville vesuviane (non pubblicata nella Raccolta, Racc. pag. II-89*, pubblicazione sommaria).
( 3 ) Decisione C(86) 2029/120 della Direzione generale «Politica regionale» della Commissione.
( 4 ) Decisione D(2002) 8101111 prot. 102504 della Direzione generale «Politica regionale» della Commissione.
( 5 ) Sentenza 26 febbraio 2002, causa C-23/00 P, Consiglio/Boehringer (Racc. pag. I-1873, punto 46).
( 6 ) Tale disposizione stabilisce che se una parte chiede al Tribunale di statuire sull’irricevibilità, sull’incompetenza o su un incidente, essa deve proporre la sua domanda con atto separato. La corrispondente disposizione del regolamento di procedura della Corte, contenuta nell’art. 91, ha il seguente tenore: «Se una parte chiede alla Corte di statuire su un’eccezione od un incidente senza impegnare la discussione nel merito, essa deve proporre la sua domanda con atto separato. La domanda deve esporre le ragioni di fatto e di diritto su cui è basata; (…)».
( 7 ) V., in merito a cause in cui sussisteva un incidente di procedura, sentenze 21 gennaio 1999, causa C-73/97 P, Francia/Comafrica e a. (Racc. pag. I-185), 22 febbraio 2005, causa C-141/02 P, Commissione/T-Mobile Austria (Racc. pag. I-1283, punti 50 e 51), nonché 7 giugno 2007, causa C-362/05 P, Wunenburger/Commissione (Racc. pag. I-4333).
( 8 ) Ordinanza del Presidente della Corte 17 dicembre 1998, causa C-363/98P (R), Emesa Sugar/Consiglio (Racc. pag. I-8787, punti 43 e segg.).
( 9 ) Ordinanza del Presidente (cit. alla nota 8, punto 44).
( 10 ) Sentenze 2 maggio 2006, causa C-417/04 P, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. I-3881), nonché 22 marzo 2007, causa C-15/06 P, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. I-2591).
( 11 ) V. sentenze 5 maggio 1998, causa C-404/96 P, Glencore Grain/Commissione (Racc. pag. I-2435, punto 41), 5 maggio 1998, causa C-386/96 P, Dreyfus/Commissione (Racc. pag. I-2309, punto 43), 29 giugno 2004, causa C-486/01 P, Front national/Parlamento (Racc. pag. I-6289, punto 34), 2 maggio 2006, causa C-417/04 P, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. I-3881, punto 28), nonché 13 marzo 2008, causa C-125/06 P, Commissione/Infront WM (Racc. pag. I-1451, punto 47).
( 12 ) Sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 29).
( 13 ) Sentenza 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 36).
( 14 ) Sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 30).
( 15 ) Sentenza 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 36).
( 16 ) Sentenza Glencore Grain/Commissione (cit. alla nota 11, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
( 17 ) V., tra le altre, sentenza 2 maggio 2006, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).
( 18 ) V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 12 gennaio 2006, causa C-417/04 P, Regione Siciliana/Commissione (Racc. pag. I-3881, paragrafo 76).
( 19 ) V. conclusioni Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafo 80).
( 20 ) Conclusioni Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafo 84).
( 21 ) Sentenze 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione (Racc. pag. 207, punti 8-10), e Dreyfus/Commissione (cit. alla nota 11, punti 43 e segg.).
( 22 ) Anche le considerazioni svolte dall’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nell’ambito delle sue conclusioni relative alla causa Regione Siciliana lasciano intendere che egli ha preso in considerazione un’applicazione analogica di tale giurisprudenza. In tale sede, egli argomenta infatti che la Commissione non era a conoscenza e non poteva essere a conoscenza di intenzioni in tal senso delle autorità italiane. In conclusione, nella causa Regione Siciliana tale aspetto era tuttavia privo di importanza. V. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer del 12 gennaio 2006, causa C-417/04 P, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 18, paragrafi 77 e segg.).
( 23 ) Sentenza Piraiki-Patraiki (cit. alla nota 21).
( 24 ) Sentenza Dreyfus/Commissione (cit. alla nota 11).
( 25 ) V., a tal riguardo, ordinanza 6 giugno 2002, causa T-105/01, SLIM Sicilia/Commissione (Racc. pag. II-2697, punto 52), la quale non considera sufficiente un’intenzione manifestata da uno Stato membro.
( 26 ) V. sentenza 1o aprile 2004, causa C-263/02 P, Commissione/Jégo-Quéré (Racc. pag. I-3425, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).
( 27 ) Sentenza 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 39, che rinvia alla sentenza Commissione/Jégo-Quéré, cit. alla nota 26, punti 30-32).
( 28 ) V. sentenza 22 marzo 2007, Regione Siciliana/Commissione (cit. alla nota 10, punto 44).