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Documento 62007CJ0301

Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 6 ottobre 2009.
PAGO International GmbH contro Tirolmilch registrierte Genossenschaft mbH.
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta da Oberster Gerichtshof.
Causa C-301/07.

Raccolta della Giurisprudenza 2009 I-09429

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2009:611

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

6 ottobre 2009 ( *1 )

«Marchi — Regolamento (CE) n. 40/94 — Art. 9, n. 1, lett. c) — Marchio che gode di notorietà nella Comunità — Ambito geografico della notorietà»

Nel procedimento C-301/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberster Gerichtshof (Austria), con decisione 12 giugno 2007, pervenuta in cancelleria il , nella causa

PAGO International GmbH

contro

Tirolmilch registrierte Genossenschaft mbH,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. J.-C. Bonichot, K. Schiemann, J. Makarczyk e L. Bay Larsen (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 giugno 2008,

considerate le osservazioni presentate:

per la PAGO International GmbH, dall’avv. C. Hauer, Rechtsanwalt;

per la Tirolmilch registrierte Genossenschaft mbH, dall’avv. G. Schönherr, Rechtsanwalt;

per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. W. Wils e H. Krämer, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 aprile 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).

2

Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la PAGO International GmbH (in prosieguo: la «PAGO») e la Tirolmilch registrierte Genossenschaft mbH (in prosieguo: la «Tirolmilch»), in merito al marchio comunitario di cui la PAGO è titolare.

Contesto normativo

3

L’art. 1, n. 2, del regolamento dispone quanto segue:

«Il marchio comunitario ha carattere unitario. Esso produce gli stessi effetti in tutta la Comunità: esso può essere registrato (…), formare oggetto (…) di una decisione (…) di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per la totalità della Comunità. Tale principio si applica salvo disposizione contraria del presente regolamento».

4

L’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento enuncia quanto segue:

«1.   Il marchio comunitario conferisce al suo titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare in commercio:

(…)

c)

un segno identico o simile al marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali questo è stato registrato, se il marchio comunitario gode di notorietà nella Comunità e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio comunitario o reca pregiudizio agli stessi».

5

L’art. 5, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»), è così formulato:

«Uno Stato membro può inoltre prevedere che il titolare abbia il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico o simile al marchio di impresa per i prodotti o servizi che non sono simili a quelli per cui esso è stato registrato, se il marchio di impresa gode di notorietà nello Stato membro e se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio di impresa o reca pregiudizio agli stessi».

Causa principale e questioni pregiudiziali

6

La PAGO è titolare dal 2001 di un marchio comunitario figurativo avente ad oggetto, fra l’altro, bevande a base di frutta e succhi di frutta. Elemento essenziale del marchio è la raffigurazione di una bottiglia di vetro verde dall’etichetta e dal coperchio caratteristici. La PAGO vende in Austria un succo di frutta denominato «Pago» in bottiglie di questo tipo. Il marchio comunitario della PAGO gode di ampia notorietà in tale Stato membro.

7

Pure la Tirolmilch distribuisce in Austria una bevanda di siero di latte alla frutta denominata «Lattella». Detta bevanda era inizialmente venduta in recipienti di cartone. In seguito, essa è stata confezionata anche in bottiglie di vetro. Due raffigurazioni in bottiglia somigliano sotto diversi profili al marchio comunitario della PAGO. Nella propria pubblicità, la Tirolmilch utilizza un’immagine che, come il marchio comunitario della PAGO, mostra una bottiglia accanto ad un bicchiere colmo.

8

La PAGO ha proposto dinanzi all’Handelsgericht Wien un procedimento sommario, diretto a vietare alla Tirolmilch di pubblicizzare, offrire, immettere in commercio o utilizzare in altro modo la propria bevanda nelle bottiglie controverse, nonché di pubblicizzare la stessa mediante un’immagine delle bottiglie accanto ad un bicchiere colmo di succo di frutta.

9

L’Handelsgericht Wien ha accolto la domanda. A seguito di appello dell’ordinanza, la domanda della PAGO è stata respinta dall’Oberlandesgericht Wien. La PAGO ha quindi proposto un ricorso in cassazione («Revision») dinanzi all’Oberster Gerichtshof.

10

Detto giudice ritiene che non sussista rischio di confusione tra le bottiglie utilizzate dalla Tirolmilch ed il marchio comunitario della PAGO, anche sulla base di una valutazione complessiva, dal momento che le etichette apposte sulle bottiglie in questione riportano, rispettivamente, le denominazioni «Pago» e «Lattella», ambedue ben conosciute in Austria.

11

Tuttavia, poiché la PAGO afferma che, ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento, la Tirolmilch trae indebitamente vantaggio, senza giusto motivo, dal carattere distintivo o dalla notorietà, in Austria, del marchio comunitario della PAGO, l’Oberster Gerichtshof si interroga sulla portata dei termini «gode di notorietà nella Comunità», utilizzati dall’invocata disposizione del regolamento.

12

Esso presume che, per analogia con quanto affermato dalla Corte nella sentenza 14 settembre 1999, causa C-375/97, General Motors (Racc. pag. I-5421) con riguardo all’espressione «notorietà nello Stato membro», di cui all’art. 5, n. 2, della direttiva, è sufficiente che il marchio comunitario goda di notorietà in una «parte sostanziale» della Comunità.

13

Avendo tuttavia la PAGO chiesto un provvedimento inibitorio esteso a tutta la Comunità, ed essendo il suo marchio noto solamente in Austria, l’Oberster Gerichtshof si domanda se possa essere emesso un divieto totale quand’anche il marchio comunitario sia noto in un solo Stato membro, oppure se, in caso di notorietà in un solo Stato membro, si possa emettere un «divieto», ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), limitato a tale Stato.

14

In tale contesto, l’Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Se un marchio comunitario sia protetto in tutta la Comunità in quanto marchio che “gode di notorietà” ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), del [regolamento], anche se esso “gode di notorietà” solo in uno Stato membro.

2)

In caso di risposta negativa al primo quesito, se un marchio che “gode di notorietà” solo in uno Stato membro sia protetto nel medesimo Stato membro ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), del [regolamento], per cui possa essere emesso un divieto limitato solo a tale Stato membro».

Sulle questioni pregiudiziali

15

In via preliminare, si deve osservare che, nella causa principale, il marchio comunitario di cui la PAGO è titolare ha ad oggetto bevande a base di frutta e succhi di frutta e che il prodotto venduto dalla Tirolmilch è una bevanda di siero di latte alla frutta.

16

Dalla decisione di rinvio non risulta che il giudice nazionale abbia già espresso una valutazione sulla somiglianza o meno dei prodotti in questione.

17

Allo scopo di fornire a detto giudice una risposta valida in ogni caso, occorre rilevare che certamente, in base al suo testo, l’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento tutela un marchio comunitario per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali tale marchio è registrato.

18

Tuttavia, nonostante il suo tenore letterale e in considerazione dell’economia generale e degli obiettivi del sistema di cui l’art. 9, n. 1, lett. c), fa parte, la tutela dei marchi comunitari notori non può essere minore in caso di uso di un segno per prodotti o servizi identici o simili rispetto al caso di uso di un segno per prodotti o servizi non simili (v., per analogia, sentenza 9 gennaio 2003, causa C-292/00, Davidoff, Racc. pag. I-389, punti 24 e 25, a proposito, in particolare, dell’art. 5, n. 2, della direttiva).

19

Si deve pertanto ammettere che l’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento tutela ugualmente un marchio comunitario notorio per prodotti o servizi simili a quelli per i quali tale marchio è registrato (stessa sentenza, per analogia, punto 30).

Sulla prima questione

20

Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte, da un lato, di chiarire il significato dell’espressione «gode di notorietà nella Comunità», con la quale viene illustrato, all’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento, uno dei due requisiti che un marchio deve integrare per beneficiare della protezione prevista da tale disposizione e, dall’altro lato, di indicare se detto requisito, sotto il profilo geografico, sia soddisfatto qualora il marchio comunitario goda di notorietà solamente in uno Stato membro.

21

La nozione di «notorietà» presuppone un certo grado di conoscenza presso il pubblico pertinente.

22

Il pubblico pertinente è quello interessato al marchio comunitario, vale a dire, secondo il prodotto o il servizio posto in commercio, il grande pubblico ovvero un pubblico più specializzato, ad esempio un determinato ambiente professionale (v., per analogia, sentenza General Motors, cit., punto 24, a proposito dell’art. 5, n. 2, della direttiva).

23

Non si può esigere che il marchio comunitario sia conosciuto da una determinata percentuale del pubblico così definito (stessa sentenza, per analogia, punto 25).

24

Il grado di conoscenza richiesto deve essere considerato raggiunto se il marchio comunitario è conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contraddistinti da detto marchio (stessa sentenza, per analogia, punto 26).

25

Nell’esaminare tale condizione, il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti gli elementi rilevanti della causa, cioè, in particolare, la quota di mercato coperta dal marchio, l’intensità, l’ambito geografico e la durata del suo uso, nonché l’entità degli investimenti realizzati dall’impresa per promuoverlo (stessa sentenza, per analogia, punto 27).

26

Tenuto conto degli elementi della causa principale, spetta quindi al giudice del rinvio verificare se il marchio comunitario in questione sia conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti contraddistinti dal marchio.

27

A livello territoriale, il requisito relativo alla notorietà deve considerarsi soddisfatto qualora il marchio comunitario goda di notorietà in una parte sostanziale del territorio della Comunità (v., per analogia, sentenza General Motors, cit., punto 28).

28

Occorre rammentare che la Corte ha già affermato, con riferimento ad un marchio del Benelux, che ai fini dell’art. 5, n. 2, della direttiva è sufficiente che la notorietà sussista in una parte sostanziale del territorio del Benelux, che può corrispondere, eventualmente, ad una parte di uno degli Stati del Benelux (sentenza General Motors, cit., punto 29).

29

Trattandosi nel caso di specie di un marchio comunitario la cui notorietà sussiste nell’intero territorio di uno Stato membro, vale a dire quello dell’Austria, si può ritenere, tenuto conto delle circostanze della causa principale, che il requisito territoriale posto dall’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento sia soddisfatto.

30

Si deve dunque risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che l’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento deve essere interpretato nel senso che, per godere della protezione prevista da detta disposizione, un marchio comunitario deve essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio, in una parte sostanziale del territorio della Comunità, e che, tenuto conto delle circostanze della causa principale, il territorio dello Stato membro in questione può essere considerato parte sostanziale del territorio della Comunità.

Sulla seconda questione pregiudiziale

31

In considerazione della risposta fornita alla prima questione pregiudiziale, nonché delle circostanze della causa principale, non occorre risolvere la seconda questione.

Sulle spese

32

Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

 

L’art. 9, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario, deve essere interpretato nel senso che, per godere della protezione prevista da detta disposizione, un marchio comunitario deve essere conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o ai servizi contraddistinti dal marchio, in una parte sostanziale del territorio della Comunità europea, e che, tenuto conto delle circostanze della causa principale, il territorio dello Stato membro in questione può essere considerato configurare una parte sostanziale del territorio della Comunità.

 

Firme


( *1 ) Lingua processuale: il tedesco.

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