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Documento 62006CC0452

Conclusioni dell'avvocato generale Bot del 10 luglio 2008.
The Queen, su istanza di Synthon BV contro Licensing Authority of the Department of Health.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) - Regno Unito.
Codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano - Autorizzazione all’immissione in commercio - Medicinali essenzialmente analoghi - Procedura abbreviata - Procedura di mutuo riconoscimento - Motivi di rifiuto - Responsabilità di uno Stato membro - Violazione qualificata del diritto comunitario.
Causa C-452/06.

Raccolta della Giurisprudenza 2008 I-07681

Identificatore ECLI: ECLI:EU:C:2008:393

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 10 luglio 2008 ( 1 )

Causa C-452/06

The Queen, su istanza di:

Synthon BV

contro

Licensing Authority of the Department of Health

«Codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano — Autorizzazione all’immissione in commercio — Medicinali essenzialmente analoghi — Procedura abbreviata — Procedura di mutuo riconoscimento — Motivi di rifiuto — Responsabilità di uno Stato membro — Violazione qualificata del diritto comunitario»

1. 

Nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) (Regno Unito), chiede alla Corte di interpretare l’art. 28 della direttiva 2001/83/CE ( 2 ), che istituisce una procedura di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali.

2. 

La Corte è invitata, in sostanza, a pronunciarsi sull’ampiezza del potere discrezionale di cui dispone uno Stato membro allorché riceve una richiesta di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: lo «Stato membro interessato»), rilasciata da un altro Stato membro (in prosieguo: lo «Stato membro di riferimento») nell’ambito della procedura abbreviata di cui all’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva 2001/83. Tale procedura esonera il richiedente dall’obbligo di fornire, a sostegno della propria domanda, i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e cliniche quando possa dimostrare che il medicinale in questione è «essenzialmente analogo» a un medicinale già autorizzato nella Comunità e in commercio nello Stato membro cui si riferisce la domanda stessa. ( 3 )

3. 

Le questioni pregiudiziali sono state sollevate nell’ambito di una controversia tra la Synthon BV ( 4 ) e la Licensing Authority of the Department of Health, l’autorità britannica competente ( 5 ); quest’ultima ha respinto la domanda della Synthon BV diretta al mutuo riconoscimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata per il medicinale Varox dall’autorità danese competente, sulla base del rilievo che tale medicinale, a suo parere, non sarebbe essenzialmente analogo al medicinale di riferimento.

4. 

Nelle presenti conclusioni esporrò i motivi per i quali ritengo che il rigetto di una domanda di mutuo riconoscimento, in circostanze come quelle di cui alla controversia principale, sia in contrasto con l’art. 28 della direttiva 2001/83 e possa quindi integrare una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario.

I — Contesto normativo

A — Diritto comunitario

5.

Le questioni poste dal giudice del rinvio riguardano l’interpretazione dell’art. 28 della direttiva 2001/83. Quest’ultima era infatti in vigore all’epoca del deposito, da parte della ricorrente, il 21 novembre 2002, della sua seconda domanda di mutuo riconoscimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dall’autorità danese ( 6 ).

6.

Nondimeno, dalla decisione di rinvio risulta che sono applicabili anche le disposizioni delle direttive 65/65/CEE ( 7 ) e 75/319/CEE ( 8 ).

7.

Infatti, l’autorizzazione all’immissione in commercio del Varox è stata rilasciata dall’autorità danese competente nell’ambito della procedura abbreviata originariamente prevista all’art. 4, secondo comma, punto 8, lett. a), sub iii), della direttiva 65/65.

8.

Rilevo, inoltre, che la prima domanda di mutuo riconoscimento di tale autorizzazione è stata presentata dalla Synthon alla Licensing Authority sulla base dell’art. 9 della direttiva 75/319 ( 9 ).

9.

Nondimeno, nelle presenti conclusioni, per motivi di chiarezza, farò riferimento unicamente alle pertinenti disposizioni della direttiva 2001/83. Infatti, ciascuna delle disposizioni delle direttive 65/65 e 75/319 indicate ai paragrafi precedenti è stata codificata, in termini pressoché identici, agli artt. 10, n. 1, lett. a), sub iii), e 28 della direttiva 2001/83.

10.

Tale direttiva è volta al ravvicinamento delle legislazioni nazionali avviato dalle direttive 65/65, 75/318/CEE ( 10 ) e 75/319 allo scopo di eliminare gli ostacoli al commercio di medicinali nel mercato comune. Essa codifica le menzionate normative in un sistema maggiormente strutturato.

11.

Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva 2001/83, nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza previa autorizzazione all’immissione in commercio.

12.

Tale autorizzazione può essere concessa sia dalle autorità competenti di uno Stato membro, sia, dopo l’entrata in vigore del regolamento (CEE) n. 2309/93 ( 11 ), dalla Commissione delle Comunità europee.

13.

Gli artt. 8-12 della direttiva 2001/83 stabiliscono le condizioni cui è subordinato il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio.

14.

Conformemente all’art. 8, nn. 1 e 2, di tale direttiva, la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio va presentata all’autorità competente dello Stato membro interessato da un richiedente stabilito nella Comunità. Detta domanda dev’essere corredata delle informazioni e dei documenti indicati all’art. 8, n. 3, della medesima direttiva. Fra tali documenti figurano, alla lett. i), i risultati delle prove chimico-fisiche, biologiche, microbiologiche, tossicologiche, farmacologiche e cliniche del medicinale. La domanda dev’essere inoltre corredata di copia di ogni autorizzazione ottenuta all’immissione in commercio precedentemente ottenuta per il medicinale in un altro Stato membro [lett. l)].

15.

L’art. 10 della direttiva 2001/83 precisa inoltre i casi nei quali è possibile ricorrere alla procedura abbreviata.

16.

Ai sensi dell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), primo comma, di tale direttiva ( 12 ), il richiedente non è tenuto a presentare i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e cliniche se può dimostrare che il medicinale in questione è essenzialmente analogo a un medicinale già autorizzato da almeno sei anni nella Comunità e in commercio nello Stato membro cui si riferisce la domanda ( 13 ). Tale disposizione non riguarda l’ipotesi in cui il medicinale sia destinato a un impiego terapeutico diverso o debba essere somministrato per vie diverse o a differenti dosaggi rispetto agli altri medicinali in commercio. In tal caso, i risultati delle suddette prove devono essere forniti.

17.

L’art. 18 della direttiva 2001/83 istituisce una procedura di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio quando uno Stato membro venga avvisato, attraverso le informazioni e i documenti allegati a una domanda di autorizzazione, che il medicinale è già stato autorizzato da un altro Stato membro ( 14 ).

18.

Lo Stato membro interessato deve riconoscere tale autorizzazione entro 90 giorni dalla ricezione della relazione di valutazione dell’altro Stato membro, a meno che ritenga che detta autorizzazione possa presentare un rischio per la sanità pubblica ( 15 ). In tal caso, si applicano le procedure di concertazione e di arbitrato di cui agli articoli 29-34.

19.

La direttiva 2001/83 contiene inoltre un capitolo 4, intitolato «Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni». Tale capitolo, costituito dagli artt. 27-39, costituisce il fulcro della presente causa pregiudiziale.

20.

Ai sensi dell’art. 27 di detta direttiva, è istituito un comitato per le specialità medicinali, allo scopo di agevolare l’adozione di decisioni comuni da parte degli Stati membri riguardo all’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali nella Comunità ( 16 ). Esso è incaricato, in particolare, di esaminare tutte le questioni relative al rilascio, alla modifica, alla sospensione o alla revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio.

21.

L’art. 28 della detta direttiva riguarda poi il caso in cui uno Stato membro riceva una domanda formale di mutuo riconoscimento ( 17 ).

22.

Per poter ottenere il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da un altro Stato membro, il titolare dell’autorizzazione, ai sensi dell’art. 28, n. 2, della direttiva 2001/83, deve presentare una domanda di immissione in commercio all’autorità competente dello Stato membro interessato, allegandovi le informazioni e i documenti di cui agli artt. 8 (procedura di autorizzazione normale), 10, n. 1 (procedura di autorizzazione abbreviata) e 11 della detta direttiva. Egli deve dichiarare che tale domanda è identica a quella già accolta dallo Stato membro di riferimento, ovvero indicare, se del caso, qualsiasi eventuale aggiunta o modifica.

23.

L’art. 28, n. 4, di detta direttiva così recita:

«Tranne nel caso eccezionale previsto all’articolo 29, paragrafo 1, ciascuno Stato membro riconosce l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal primo Stato membro di riferimento entro novanta giorni dalla ricezione della domanda e della relazione di valutazione[ ( 18 )] (…)».

24.

La riserva prevista all’art. 29, n. 1, della direttiva 2001/83 riguarda il caso in cui «uno Stato membro ritenga che vi siano fondati motivi di presumere che l’autorizzazione del medicinale interessato presenti un rischio per la sanità pubblica» ( 19 ). In tal caso, lo Stato membro interessato deve informare immediatamente il richiedente, lo Stato membro di riferimento, gli altri Stati membri interessati dalla domanda nonché l’Agenzia europea di valutazione dei medicinali. Esso deve inoltre fornire una motivazione approfondita della propria posizione ed indicare i provvedimenti idonei a correggere le insufficienze della domanda.

25.

L’art. 29, n. 2, di detta direttiva prevede quindi una procedura di concertazione tra gli Stati membri interessati diretta a consentire loro il raggiungimento di un accordo sulle misure da prendere in merito alla domanda. In caso di disaccordo fra gli Stati membri in ordine alla qualità, alla sicurezza e all’efficacia di un medicinale, tale disposizione prevede una procedura arbitrale comunitaria le cui modalità sono stabilite dall’art. 32 della detta direttiva. Tale procedura, in cui il comitato svolge un ruolo fondamentale, deve consentire di procedere a una valutazione scientifica della questione per arrivare a una decisione univoca sull’oggetto del disaccordo, vincolante per gli Stati membri interessati ( 20 ).

B — Diritto nazionale

26.

In virtù della Section 6 della legge sui medicinali del 1968 (Medicines Act 1968) e alla regola n. 2 del regolamento del 1994 sui medicinali per uso umano [(Medicines for Human Use (Marketing Authorisations etc.) Regulations 1994], la Licensing Authority è responsabile per il rilascio delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle specialità medicinali nel Regno Unito.

27.

Tutte le domande di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali nel Regno Unito devono essere conformi alle disposizioni del regolamento sui medicinali per uso umano del 1994. La terza, la quarta e la quinta regola di detto regolamento precisano che la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio nel Regno Unito di un medicinale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 nonché il rilascio di quest’ultima da parte dell’autorità nazionale competente devono essere conformi alle disposizioni comunitarie applicabili.

II — Fatti e causa principale

28.

La Synthon è una società olandese operante nel settore farmaceutico. Essa svolge attività di sviluppo, registrazione, immissione in commercio e distribuzione di un’ampia gamma di medicinali.

A — L’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale rilasciato in Danimarca conformemente alla procedura abbreviata

29.

Il 23 ottobre 2000, la Synthon otteneva un’autorizzazione all’immissione in commercio in Danimarca di un medicinale denominato Varox. Tale medicinale contiene paroxetina mesilato. Detta autorizzazione veniva concessa dall’Agenzia danese dei medicinali conformemente alla procedura abbreviata, prevista all’epoca dei fatti della causa principale dall’art. 4, secondo comma, punto 8, lett. a), sub iii), della direttiva 65/65 [codificato nell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva 2001/83].

30.

Per ottenere la suddetta autorizzazione, la Synthon dimostrava, conformemente alle citate disposizioni, che il medicinale in questione era essenzialmente analogo a un medicinale già autorizzato nella Comunità da almeno sei anni e commercializzato dall’impresa farmaceutica SmithKline Beecham plc (in prosieguo: la «SmithKline») con la denominazione Seroxat (paroxetina cloridrato emiidrato). Poiché questi due medicinali contengono lo stesso principio attivo, ossia la paroxetina, la Synthon indicava il Seroxat quale medicinale di riferimento.

31.

L’Agenzia danese dei medicinali riteneva che fosse effettivamente soddisfatta la condizione dell’analogia essenziale tra i due medicinali e accordava quindi alla Synthon l’autorizzazione all’immissione in commercio del Varox.

32.

Il 30 ottobre 2000, la SmithKline contestava dinanzi all’Østre Landsret (Danimarca) la validità di tale autorizzazione all’immissione in commercio e, in particolare, la valutazione effettuata dall’Agenzia danese dei medicinali in ordine all’analogia essenziale dei due medicinali. Con decisione 19 febbraio 2003, detto giudice sospendeva il procedimento invitando la Corte a pronunciarsi, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, sulla questione se due medicinali aventi la stessa sostanza attiva, che si presenti però sotto forme diverse di sali, possano nondimeno essere considerati essenzialmente analoghi.

33.

Con la sentenza 20 gennaio 2005, SmithKline Beecham ( 21 ), la Corte ha dichiarato che una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale può essere esaminata nell’ambito della procedura abbreviata quando tale medicinale contenga la stessa frazione attiva sotto il profilo terapeutico del medicinale di riferimento, ancorché associata ad un altro sale.

B — La domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale nel Regno Unito conformemente alla procedura di mutuo riconoscimento

34.

Mentre era pendente il procedimento avviato dalla SmithKline, la Synthon presentava alla Licensing Authority una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del Varox nel Regno Unito conformemente alla procedura di mutuo riconoscimento di cui all’art. 28 della direttiva 2001/83. La domanda della ricorrente si basava sull’autorizzazione rilasciata dall’Agenzia danese dei medicinali.

35.

Con lettera 19 gennaio 2001, la Licensing Authority respingeva la domanda di mutuo riconoscimento presentata dalla Synthon, in base al rilievo che sali diversi dello stesso principio attivo (nella fattispecie la paroxetina mesilato e la paroxetina cloridrato emiidrato) hanno composizioni qualitativamente e quantitativamente diverse e pertanto non possono essere considerati essenzialmente analoghi.

36.

Il 12 febbraio 2001, la Synthon informava la Licensing Authority che anche il Regno di Spagna, la Repubblica portoghese e il Regno di Norvegia avevano rifiutato di riconoscere l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dalle autorità danesi, a causa di divergenze circa il fondamento normativo della domanda.

37.

Il 21 novembre 2002, la ricorrente presentava una seconda domanda di mutuo riconoscimento, che la Licensing Authority respingeva nuovamente.

38.

Il 28 febbraio 2003, la Synthon proponeva un ricorso dinanzi alla High Court of Justice, diretto a ottenere l’annullamento di tale decisione.

39.

La ricorrente sosteneva, in particolare, che la Licensing Authority fosse tenuta, ai sensi della direttiva 2001/83, a riconoscere entro 90 giorni l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dall’Agenzia danese dei medicinali, salvo che, a suo parere, esistesse un rischio per la sanità pubblica, che essa non avrebbe invocato nel caso di specie. Inoltre, la Synthon ha sostenuto che la prassi amministrativa della Licensing Authority, consistente nel ritenere che sali diversi dello stesso principio attivo non potrebbero, in quanto tali, essere considerati essenzialmente analoghi, fosse in contrasto con il diritto comunitario. A tale riguardo, la ricorrente ha fatto valere che il rifiuto delle autorità britanniche di riconoscere l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento costituiva una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario ai sensi della sentenza della Corte Brasserie du pêcheur e Factortame ( 22 ) e chiedeva, pertanto, il risarcimento dei danni.

40.

Dall’esposizione dei fatti fornita dal giudice del rinvio risulta che la Licensing Authority non ha respinto le domande della ricorrente per il motivo indicato all’art. 29 della direttiva 2001/83, relativo a un rischio per la sanità pubblica.

III — Questioni pregiudiziali

41.

A fronte di dubbi sull’interpretazione del diritto comunitario, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)

Nell’ipotesi in cui:

[lo Stato membro interessato] riceva una domanda, ai sensi dell’art. 28 della direttiva [2001/83], per il mutuo riconoscimento sul suo territorio di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale (…) rilasciata [dallo Stato membro di riferimento];

tale autorizzazione all’immissione in commercio sia stata rilasciata dallo Stato membro di riferimento ai sensi della procedura abbreviata di domanda di cui all’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva [2001/83] in quanto il [medicinale in questione] sia essenzialmente analogo [al medicinale di riferimento];

lo Stato membro interessato avvii una procedura di convalida della domanda durante la quale verifichi che essa contenga le informazioni e i documenti richiesti dagli artt. 8, 10, n. 1, lett. a), sub iii), e 28 della direttiva [2001/83], e che le informazioni fornite siano compatibili con il fondamento normativo su cui poggia la domanda;

a)

se sia compatibile con la direttiva e, in particolare, con il suo art. 28, il fatto che lo Stato membro interessato verifichi che il [medicinale in questione] sia essenzialmente analogo al medicinale di riferimento (senza effettuare alcuna valutazione di merito), si rifiuti di accettare e di esaminare la domanda e non riconosca l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento in quanto, a suo avviso, il [medicinale in questione] non sarebbe essenzialmente analogo al [medicinale di riferimento];

b)

se lo Stato membro interessato sia tenuto a riconoscere l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento entro 90 giorni dal ricevimento della domanda e della relazione di valutazione ai sensi dell’art. 28, n. 4, della direttiva [2001/83], a meno che lo Stato membro interessato invochi la procedura prevista dagli artt. 29-34 della direttiva (che è applicabile quando vi siano motivi per ritenere che l’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale possa presentare un rischio per la sanità pubblica ai sensi dell’art. 29 della direttiva).

2)

Qualora la questione sub 1 a) vada risolta in senso negativo e la questione sub 1 b) in senso affermativo, e nel caso in cui lo Stato membro interessato rigetti la domanda in fase di convalida in quanto il [medicinale in questione] non sarebbe essenzialmente analogo al [medicinale di riferimento], e non riconosca quindi l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento o non invochi la procedura prevista dagli artt. 29-34 della direttiva [2001/83], se il mancato riconoscimento da parte dello Stato membro interessato dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento nelle circostanze sopra esposte costituisca una violazione del diritto comunitario sufficientemente qualificata ai sensi della seconda condizione stabilita nella [citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame]. In subordine, quali fattori debba prendere in considerazione il giudice nazionale nell’accertamento se tale mancato riconoscimento costituisca una violazione sufficientemente qualificata.

3)

Nel caso in cui il mancato riconoscimento da parte dello Stato membro interessato dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento, come esposto nella questione n. 1 supra, sia basato su una prassi generale adottata dallo Stato membro interessato, secondo cui sali diversi di una stessa frazione attiva non potrebbero, dal punto di vista giuridico, essere considerati essenzialmente analoghi, se il mancato riconoscimento da parte dello Stato membro interessato dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento nelle circostanze sopra esposte costituisca una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario ai sensi della seconda condizione stabilita nella [citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame]. In subordine, quali fattori debba prendere in considerazione il giudice nazionale nell’accertamento se tale mancato riconoscimento costituisca una violazione sufficientemente qualificata».

42.

Sembrerebbe che, dopo il presente rinvio pregiudiziale, la Licensing Authority abbia modificato la sua prassi decisionale in seguito alle modifiche apportate alla direttiva 2001/83 dalla direttiva della Commissione 25 giugno 2003, 2003/63/CE ( 23 ). Attualmente, la detta amministrazione accetterebbe le domande basate su un’analogia essenziale tra medicinali contenenti sali diversi dello stesso principio attivo.

43.

La Synthon ha quindi presentato, nell’aprile 2005, una terza domanda di mutuo riconoscimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dalle autorità danesi per il Varox. La Licensing Authority ha autorizzato l’immissione in commercio di tale medicinale il 6 febbraio 2006.

IV — Analisi

44.

Dopo avere esaminato la prima questione pregiudiziale, analizzerò congiuntamente la seconda e la terza questione poste dal giudice del rinvio.

A — Sulla prima questione

45.

Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, di pronunciarsi sulla questione se uno Stato membro che abbia ricevuto, ai sensi dell’art. 28 della direttiva 2001/83, una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento nell’ambito di una procedura abbreviata possa respingere tale domanda sulla base del rilievo che il medicinale in questione non è, a suo parere, essenzialmente analogo al medicinale di riferimento.

46.

La Corte è quindi invitata a pronunciarsi sull’ampiezza del potere discrezionale di cui dispone uno Stato membro nell’ambito della procedura di mutuo riconoscimento di cui all’art. 28 della direttiva 2001/83.

1. Osservazioni delle parti

47.

Oltre alla Synthon, hanno presentato osservazioni sulle questioni poste dal giudice del rinvio la SmithKline, la Commissione, la Repubblica di Polonia, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché il Regno di Norvegia.

48.

La Synthon, la Commissione e la Repubblica di Polonia sostengono, in sostanza, che l’art. 28 della direttiva 2001/83 osti a che uno Stato membro respinga una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da un altro Stato membro sulla base della procedura abbreviata di cui all’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), di tale direttiva, in base al rilievo che il medicinale non sarebbe essenzialmente analogo al medicinale di riferimento. Essi ritengono, al contrario, che ogni Stato membro sia tenuto a riconoscere, entro 90 giorni, un’autorizzazione all’immissione in commercio concessa da un’altra autorità nazionale, salvo che venga invocata la deroga di cui all’art. 29, n. 1, della detta direttiva.

49.

Come la Commissione e la Repubblica di Polonia hanno ammesso, è pur vero che lo Stato membro interessato ha facoltà di applicare, in forza dell’art. 28 della direttiva 2001/83, una procedura di «convalida», diretta ad esercitare un controllo sulla regolarità amministrativa della domanda del richiedente. Tuttavia, tale procedura avrebbe solo carattere formale e non consentirebbe allo Stato membro interessato di effettuare nuovamente la valutazione compiuta da un altro Stato membro per stabilire se, effettivamente, il medicinale autorizzato sia essenzialmente analogo al medicinale di riferimento.

50.

Inoltre, la Synthon rileva che la posizione assunta dalla Licensing Authority si pone parimenti in contrasto con gli obiettivi perseguiti con l’istituzione di una procedura di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio e, in particolare, con l’obiettivo di evitare la ripetizione delle prove tossicologiche, farmacologiche e cliniche nell’ambito della valutazione del medicinale di cui trattasi.

51.

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e il Regno di Norvegia non condividono tale opinione. Essi ricordano anzitutto che, per poter ottenere il mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi dell’art. 28 della direttiva 2001/83, il richiedente deve presentare una domanda corredata delle «informazioni e [dei] documenti di cui all’articolo 8, all’articolo 10, paragrafo 1 e all’articolo 11» della detta direttiva. Pertanto, a loro parere, occorrerebbe che lo Stato membro interessato verifichi la validità giuridica della domanda. Di conseguenza, essi ritengono che, nell’ambito di una procedura abbreviata, lo Stato membro interessato debba controllare se il medicinale in questione sia essenzialmente analogo al medicinale di riferimento. In caso contrario, la domanda non soddisferebbe le condizioni di cui all’art. 28, n. 2, della detta direttiva e sarebbe quindi invalida.

52.

La SmithKline sottolinea la distinzione tra la valutazione scientifica approfondita del medicinale, che precede il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio, e la procedura di convalida, che fa invece parte della procedura di mutuo riconoscimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Per quanto riguarda quest’ultima procedura, la SmithKline sostiene che, nonostante le numerose modifiche regolamentari e le varie istruzioni pubblicate dalla Commissione, essa conserva le caratteristiche essenziali di un sistema di riconoscimento nazionale. Ne discenderebbe che gli Stati membri interessati resterebbero liberi di valutare la fondatezza delle autorizzazioni rilasciate da altre autorità nazionali.

2. Analisi

53.

Al pari della Synthon, della Commissione e della Repubblica di Polonia, ritengo che uno Stato membro, cui sia stata presentata, ai sensi dell’art. 28 della direttiva 2001/83, una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da un altro Stato membro nell’ambito di una procedura abbreviata, non possa respingere tale domanda in ragione del fatto che il medicinale di cui trattasi non è essenzialmente analogo al medicinale di riferimento.

54.

Tale valutazione si fonda non solo sul tenore letterale dell’art. 28 della detta direttiva, ma anche sull’economia e sullo scopo della procedura di mutuo riconoscimento prevista da tale disposizione.

55.

Prima di iniziare l’esame della detta disposizione, desidero sottolineare che l’art. 28 della direttiva 2001/83 si basa, al pari dell’art. 18 della medesima direttiva, sul principio di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio. Orbene, queste due procedure vanno tenute distinte.

56.

Infatti, l’art. 18 della detta direttiva riguarda l’ipotesi in cui un’autorità nazionale che abbia ricevuto una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale constati, attraverso l’esame dei documenti e delle informazioni allegati dal richiedente alla propria domanda, che per tale medicinale sia già stata concessa un’autorizzazione da un’altra autorità nazionale. Quest’ipotesi era prevista all’art. 7 bis della direttiva 65/65. Essa non ricorre tuttavia nella specie.

57.

L’art. 28 della direttiva 2001/83 riguarda, invece, l’ipotesi in cui uno Stato membro riceva formalmente una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio. Tale ipotesi è quella che ricorre nella presente causa. L’ambito e le modalità di applicazione di tale procedura erano definiti agli artt. 9 e 10 della direttiva 75/319 prima di essere codificati, in termini pressoché identici, negli artt. 28 e 29 della direttiva 2001/83.

a) Il tenore letterale dell’art. 28 della direttiva 2001/83, alla luce dell’economia della procedura istituita da tale disposizione

58.

Ricordo che l’art. 28 della direttiva 2001/83 si colloca nel capitolo 4, intitolato «Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni». Esso stabilisce le condizioni in cui un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da uno Stato membro può essere riconosciuta da un altro Stato membro.

59.

L’art. 28, n. 4, di tale direttiva precisa, lo ricordo, che, «[t]ranne nel caso eccezionale previsto all’articolo 29, paragrafo 1, ciascuno Stato membro riconosce l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dal primo Stato membro di riferimento entro novanta giorni dalla ricezione della domanda e della relazione di valutazione».

60.

La riserva di cui all’art. 29, n. 1, della detta direttiva si fonda, come si vedrà, sull’esistenza di un rischio potenziale per la sanità pubblica.

61.

L’art. 28, n. 4, della direttiva 2001/83 impiega una formulazione generica a favore del mutuo riconoscimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio.

62.

Il tenore di tale disposizione è inequivocabile. Si tratta, come ha rilevato il giudice comunitario, di un meccanismo vincolante ( 24 ).

63.

Pertanto, salvo sollevare la riserva di cui all’art. 29, n. 1, della direttiva 2001/83, uno Stato membro che riceva una domanda di mutuo riconoscimento è tenuto a riconoscere l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento.

64.

Per comprendere gli obblighi derivanti per uno Stato membro dall’applicazione di una procedura di mutuo riconoscimento, è necessario precisare il fondamento di tale procedura.

65.

La procedura di mutuo riconoscimento presuppone, anzitutto, l’unicità del diritto. Il riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio esige, infatti, che vi sia concordanza tra i vari regimi nazionali di autorizzazione all’immissione in commercio. La normativa farmaceutica comunitaria armonizza completamente le condizioni di immissione in commercio dei medicinali e, in particolare, le condizioni di rilascio delle autorizzazioni all’immissione in commercio. Essa stabilisce regole concernenti le norme e i protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici che gli Stati membri devono adottare per consentire alle autorità competenti di pronunciarsi sulla base di prove uniformate e secondo criteri comuni. Detta normativa stabilisce inoltre le condizioni in cui i medicinali devono essere prodotti, importati ed etichettati.

66.

La procedura di mutuo riconoscimento si fonda, inoltre, sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri.

67.

Infatti, nell’ambito di tale procedura, l’autorizzazione all’immissione in commercio non è più una decisione adottata in forza della normativa dello Stato membro interessato. Quest’ultimo deve infatti rimettersi all’esame e alla valutazione scientifica effettuati dalle autorità competenti dello Stato membro di riferimento.

68.

In tal senso, lo Stato membro interessato dispone di un margine di discrezionalità molto limitato. Alla luce dei termini dell’art. 28 della direttiva 2001/83, il suo ruolo consiste solo nel verificare la conformità della domanda di mutuo riconoscimento a quanto prescritto dal n. 2 di tale disposizione.

69.

Lo Stato membro interessato deve quindi assicurarsi che la domanda includa i documenti e le informazioni di cui agli artt. 8 e 10 di detta direttiva, nonché una sintesi delle caratteristiche del medicinale. Esso deve inoltre verificare che tale domanda sia identica a quella accettata dallo Stato membro di riferimento e che le aggiunte o le modifiche ivi contenute siano state indicate dal richiedente.

70.

A differenza del ruolo svolto nell’ambito dell’esame di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, precisato all’art. 19 della direttiva 2001/83, il controllo dello Stato membro interessato da una domanda di mutuo riconoscimento è limitato all’aspetto strettamente giuridico della domanda. Esso non può pertanto procedere, a mio parere, ad un nuovo esame nel merito della domanda di autorizzazione all’immissione in commercio e ripetere i controlli già svolti, a tale riguardo, dallo Stato membro di riferimento. Non può neppure decidere di assoggettare il medicinale a controlli supplementari o esigere che il richiedente completi il fascicolo al di là di quanto prescritto dall’art. 28, n. 2, della detta direttiva.

71.

Infine, la procedura di mutuo riconoscimento limita i motivi per i quali uno Stato membro può rifiutare di riconoscere un’autorizzazione all’immissione in commercio, il che osta all’esercizio di un potere discrezionale da parte di tale Stato.

72.

Infatti, ai sensi dell’art. 28, n. 4, della direttiva 2001/83, lo Stato membro interessato può solo far valere la riserva di cui all’art. 29, n. 1, di detta direttiva per non riconoscere, entro i termini, l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento. Esso deve quindi dimostrare che «vi siano fondati motivi di presumere che l’autorizzazione del medicinale interessato presenti un rischio per la sanità pubblica» ( 25 ).

73.

Tale riserva costituisce l’unica deroga prevista al principio del mutuo riconoscimento delle autorizzazioni all’immissione in commercio.

74.

Come ogni deroga a un principio, essa va interpretata restrittivamente.

75.

La nozione di «rischio per la sanità pubblica», ai sensi dell’art. 1, punto 28, della direttiva 2001/83, riguarda i rischi connessi alla qualità, alla sicurezza e all’efficacia del medicinale ( 26 ). Lo Stato membro interessato non è tenuto ad accertare l’esistenza di un pericolo per la sanità pubblica. Esso deve solo dimostrare, a norma dell’art. 29, n. 1, della detta direttiva, l’esistenza di «motivi» per presumerlo. A termini del dodicesimo ‘considerando’ della detta direttiva, tuttavia, tali motivi devono essere «fondati».

76.

Lo Stato membro interessato può quindi rimettere in discussione le valutazioni effettuate dallo Stato membro di riferimento nell’ambito della valutazione del medicinale ( 27 ), qualora sussistano elementi di natura scientifica tendenti a dimostrare che il medicinale di cui trattasi non soddisfi tutti i necessari requisiti di sicurezza, efficacia o qualità. Solo in tale contesto, a mio parere, uno Stato membro che riceva una domanda di mutuo riconoscimento può contestare la valutazione effettuata dallo Stato membro di riferimento, in virtù del principio di precauzione. Conformemente all’art. 29, n. 1, della direttiva 2001/83, lo Stato membro interessato deve quindi motivare dettagliatamente le proprie conclusioni nonché, secondo me, produrre i dati scientifici sulla cui base ritenga che l’immissione in commercio del medicinale possa comportare un rischio per la sanità pubblica.

77.

Il legislatore comunitario non ha previsto che lo Stato membro interessato, laddove nutra dubbi circa l’efficacia, la qualità o la sicurezza del medicinale, possa respingere di propria iniziativa la domanda di mutuo riconoscimento. Esso ha invece istituito, all’art. 29 della direttiva 2001/83, una procedura di concertazione fra tutti gli Stati membri interessati e di arbitrato comunitario ( 28 ).

78.

Tale procedura deve consentire agli Stati membri di adottare una posizione comune per quanto riguarda le autorizzazioni all’immissione in commercio. È quindi unicamente nel contesto di tale procedura che viene effettuata la valutazione scientifica dei punti controversi e si stabilisce quale seguito dare alla domanda di mutuo riconoscimento ( 29 ).

79.

Come rilevato dal giudice comunitario, si tratta, inoltre, di una procedura vincolante ( 30 ).

80.

Alla luce delle suesposte considerazioni, uno Stato membro al quale venga presentata una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi dell’art. 28 della direttiva 2001/83 dispone solo di un margine di discrezionalità molto limitato. Si deve necessariamente rilevare che tale disposizione non conferisce affatto allo Stato membro interessato la facoltà di subordinare il riconoscimento di un’autorizzazione a condizioni diverse da quelle previste all’art. 29, n. 1, della detta direttiva.

81.

Tale interpretazione dell’art. 28 della direttiva presuppone, a mio parere, che l’autorizzazione all’immissione in commercio sia stata rilasciata dallo Stato membro di riferimento nell’ambito della procedura ordinaria di cui all’art. 8 della direttiva 2001/83 o della procedura abbreviata di cui all’art. 10, n. 1, della detta direttiva ( 31 ).

82.

Quest’ultima procedura, lo ricordo, esonera il richiedente dall’obbligo di fornire i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e cliniche qualora dimostri che il medicinale di cui trattasi è «essenzialmente analogo» a un medicinale già autorizzato da almeno sei o dieci anni nella Comunità e in commercio nello Stato membro cui si riferisce la domanda. In tal caso, l’autorità competente si basa sulla documentazione tossicologica, farmacologica e clinica relativa al medicinale di riferimento. Detta procedura consente di ridurre il periodo di preparazione di una domanda di autorizzazione, dispensando il richiedente dall’obbligo di effettuare parte delle prove indicate all’art. 8, n. 3, lett. i), della direttiva 2001/83. Conformemente al decimo ‘considerando’ di quest’ultima, la procedura abbreviata consente inoltre di evitare, per motivi di ordine pubblico, la ripetizione di prove sull’uomo o sull’animale non motivate da un’esigenza imperativa.

83.

Tale procedura è espressamente prevista all’art. 28, n. 2, della direttiva 2001/83, il quale precisa, lo ricordo, le condizioni cui è subordinata la presentazione di una domanda di mutuo riconoscimento. Infatti, secondo tale disposizione, il titolare dell’autorizzazione deve allegare alla propria domanda di mutuo riconoscimento «le informazioni e i documenti di cui all’articolo 8, all’articolo 10, paragrafo 1 e all’articolo 11» ( 32 ). In tal modo, il legislatore comunitario ha quindi inteso consentire al richiedente di ottenere il riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio che avrebbe ottenuto sia nell’ambito di una procedura ordinaria, sia in quello di una procedura abbreviata.

84.

Inoltre, all’art. 28, n. 4, della direttiva 2001/83, il legislatore non fa alcuna distinzione nell’applicazione della procedura di mutuo riconoscimento a seconda che l’autorizzazione sia stata concessa in esito ad una procedura ordinaria o ad una procedura abbreviata.

85.

Ciò trova spiegazione nel fatto che un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata nell’ambito di una procedura abbreviata presenta le stesse garanzie in termini di sicurezza e di efficacia di un’autorizzazione accordata nell’ambito di una procedura ordinaria. Come già rilevato dalla Corte, la procedura abbreviata non rende meno rigorosi i criteri di sicurezza ed efficacia ai quali devono rispondere le specialità medicinali ( 33 ).

86.

Infatti, benché il richiedente sia esonerato dall’obbligo di fornire i risultati delle prove tossicologiche, farmacologiche e cliniche del medicinale, esso rimane nondimeno tenuto a dimostrare che quest’ultimo è «essenzialmente analogo» a un medicinale già autorizzato, secondo le disposizioni comunitarie in vigore, da almeno sei o dieci anni nella Comunità e in commercio nello Stato membro cui si riferisce la domanda.

87.

La nozione di medicinale «essenzialmente analogo» non è stata definita dal legislatore comunitario, ma è stata definita dalla Corte nella sentenza 3 dicembre 1998, Generics (UK) e a. ( 34 ).

88.

Alla luce di tale giurisprudenza, il richiedente che faccia valere l’analogia essenziale di due medicinali deve dimostrare che il medicinale di cui trattasi presenti la stessa composizione qualitativa e quantitativa in principi attivi e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento. Il richiedente deve inoltre provare che i due medicinali siano bioequivalenti ( 35 ) e che il medicinale per il quale venga chiesta l’autorizzazione all’immissione in commercio non presenti differenze significative in termini di sicurezza o di efficacia rispetto al medicinale di riferimento.

89.

Alla luce delle suesposte considerazioni e, in particolare, del tenore letterale dell’art. 28 della direttiva 2001/83, ritengo che uno Stato membro, al quale pervenga una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata nell’ambito di una procedura abbreviata, debba esaminare tale domanda allo stesso modo in cui esaminerebbe una domanda concernente un’autorizzazione all’immissione in commercio concessa nell’ambito di una procedura ordinaria.

90.

Tale esame effettuato dallo Stato membro deve quindi limitarsi alla verifica della conformità di tale domanda a quanto prescritto dall’art. 28, n. 2, della detta direttiva. In tal caso, lo Stato membro interessato non può neppure ricorrere a nuove valutazioni scientifiche del medicinale. Esso non può, a mio parere, ripetere i controlli già effettuati dallo Stato membro di riferimento e, in tale contesto, procedere a un nuovo esame dell’analogia essenziale del medicinale con il medicinale di riferimento. Siffatto comportamento sarebbe per sua stessa natura in contrasto con il principio del mutuo riconoscimento. Esso priverebbe inoltre di qualsiasi effetto utile la procedura di concertazione e di arbitrato istituita dal legislatore comunitario, il quale ha voluto che la valutazione scientifica dei punti controversi fosse effettuata a livello comunitario.

91.

Inoltre, lo Stato membro interessato dalla domanda resta tenuto a riconoscere tale autorizzazione, salvo che possa far valere una ragione oggettiva fondata sulla tutela della sanità pubblica. In tal caso, la direttiva 2001/83 non gli offre altra scelta se non quella di avviare la procedura prevista all’art. 29 della stessa.

92.

Ritengo, pertanto, che l’art. 28 della detta direttiva osti non solo a che uno Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento nell’ambito della procedura abbreviata, proceda a un nuovo esame dell’analogia essenziale tra i due medicinali, ma anche a che lo Stato medesimo possa respingere tale domanda in base al rilievo che il medicinale di cui trattasi non sarebbe essenzialmente analogo al medicinale di riferimento.

93.

Tale interpretazione dell’art. 28 della direttiva 2001/83 è avvalorata dallo spirito e dalla finalità della procedura di mutuo riconoscimento istituita dal legislatore comunitario.

b) Lo spirito e la finalità della procedura di mutuo riconoscimento

94.

L’art. 28 della direttiva 2001/83 deve essere parimenti interpretato alla luce degli obiettivi perseguiti dal legislatore comunitario ( 36 ).

95.

Come già rilevato, tale disposizione fa parte del capitolo 4 della direttiva 2001/83, intitolato «Mutuo riconoscimento delle autorizzazioni». Con l’istituzione di una procedura detta «di mutuo riconoscimento», il legislatore comunitario ha inteso perseguire vari obiettivi.

96.

Il sistema messo in atto deve anzitutto permettere di assicurare il massimo livello di protezione della sanità pubblica nella gestione delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali ( 37 ). Esso deve garantire ai cittadini europei che i medicinali autorizzati per essere immessi in commercio siano stati sottoposti a una valutazione fondata su norme scientifiche rigorose in materia di qualità, sicurezza ed efficacia e che tali medicinali saranno utilizzati in condizioni identiche in tutta l’Unione europea. La riserva di cui all’art. 29, n. 1, della direttiva 2001/83, basata sulla tutela della sanità pubblica, consente, in presenza di un’incertezza scientifica, di rimettersi a una valutazione scientifica comune agli Stati membri. Tale procedura consente, quindi, di garantire l’uniformità delle decisioni di autorizzazione all’immissione in commercio in tutto il territorio dell’Unione.

97.

A prescindere dalla tutela della sanità pubblica, la procedura di mutuo riconoscimento è parimenti volta a facilitare la libera circolazione dei medicinali nel mercato comune e ad incentivare lo sviluppo dell’industria farmaceutica ( 38 ). A tale fine, detta procedura mira ad armonizzare le autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio eliminando le valutazioni multiple e le valutazioni divergenti tra le autorità nazionali competenti. Essa permette quindi alle imprese farmaceutiche di accedere più rapidamente al mercato unico europeo, riducendo la durata delle procedure amministrative nazionali e consentendo un impiego più razionale delle risorse necessarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali ( 39 ).

98.

Alla luce degli obiettivi perseguiti dall’art. 28 della direttiva 2001/83, non posso aderire all’interpretazione suggerita dal Regno Unito, secondo cui uno Stato membro al quale venga presentata una domanda di mutuo riconoscimento potrebbe procedere a un nuovo esame della domanda e respingerla per motivi diversi dall’esistenza di un rischio potenziale per la sanità pubblica.

99.

Tale interpretazione equivarrebbe a svuotare di contenuto il principio di mutuo riconoscimento, che costituisce la chiave di volta dell’art. 28 della direttiva 2001/83.

100.

Infatti, se si consentisse allo Stato membro interessato di esaminare e valutare la domanda di mutuo riconoscimento allo stesso modo in cui esamina una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio, ciò priverebbe di senso la procedura di mutuo riconoscimento. Seguendo tale interpretazione si correrebbe il rischio di avere valutazioni divergenti a seconda delle autorità nazionali. Inoltre, il ricorso a nuove valutazioni scientifiche del medicinale da parte dello Stato membro interessato potrebbe essere interpretato come un segno di sfiducia nei confronti dei controlli già effettuati dalle autorità competenti dello Stato membro di riferimento. Tale comportamento condurrebbe, quindi, a minare la fiducia reciproca cui gli Stati membri devono ispirarsi in questa materia.

101.

Inoltre, se lo Stato membro interessato potesse respingere di propria iniziativa una domanda di mutuo riconoscimento, non si avrebbe alcuna uniformità tra le autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio e tale atteggiamento priverebbe di qualsiasi effetto utile la procedura di concertazione e di arbitrato istituita a tal fine dal legislatore comunitario.

102.

Infine, se si consentisse allo Stato membro interessato di far valere motivi diversi da quello espressamente previsto all’art. 29, n. 1, della direttiva 2001/83, per non riconoscere un’autorizzazione all’immissione in commercio, tale comportamento porterebbe a limitare la portata dell’obbligo sancito dall’art. 28, n. 4, della detta direttiva.

103.

In base a tutti i suesposti elementi, suggerisco quindi alla Corte di dichiarare che l’art. 28 della direttiva 2001/83 dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata dallo Stato membro di riferimento nell’ambito di una procedura abbreviata ai sensi dell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva medesima, è tenuto a riconoscere detta autorizzazione entro 90 giorni dalla ricezione della domanda e della relazione di valutazione, salvo che non sollevi la riserva di cui all’art. 29, n. 1, della medesima direttiva, fondata sull’esistenza di un rischio potenziale per la sanità pubblica.

104.

Di conseguenza, ritengo che l’art. 28 della direttiva 2001/83 osti a che lo Stato membro interessato proceda, nell’ambito dell’esame della domanda di mutuo riconoscimento, a un nuovo controllo dell’analogia essenziale fra i due medicinali e respinga la domanda stessa in base al rilievo che i due medicinali non sarebbero essenzialmente analoghi ai sensi dell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della detta direttiva.

105.

Il giudice del rinvio chiede inoltre se, in circostanze come quelle di cui alla controversia principale, lo Stato membro interessato abbia commesso una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario.

106.

Nei paragrafi seguenti esaminerò congiuntamente la seconda e la terza questione pregiudiziale.

B — Sulla seconda e terza questione

107.

Con la seconda e la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro che abbia respinto una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione nazionale all’immissione in commercio, in base al rilievo che il medicinale in questione non sarebbe essenzialmente analogo al medicinale di riferimento, negando così in tal modo il riconoscimento di tale autorizzazione secondo le modalità stabilite dall’art. 28 della direttiva 2001/83, abbia commesso una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario, conformemente alla seconda condizione enunciata dalla Corte nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame.

108.

Il giudice del rinvio chiede, inoltre, se tale condizione sia soddisfatta quando l’astensione dello Stato membro interessato si fondi su una prassi generale di detto Stato, secondo cui sali diversi della stessa frazione terapeutica non possono essere considerati, in diritto, essenzialmente analoghi.

1. Osservazioni delle parti

109.

La Synthon e la Repubblica di Polonia sostengono che, alla luce della chiarezza e della precisione del testo dell’art. 28 della direttiva 2001/83 e del limitato margine di discrezionalità di cui dispone la Licensing Authority, il diniego di quest’ultima di accogliere una domanda di mutuo riconoscimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio già rilasciata in un altro Stato membro costituisca una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario.

110.

Inoltre, la Synthon sostiene che la prassi amministrativa della Licensing Authority, su cui è fondato il rigetto della domanda di mutuo riconoscimento in questione, integri di per sé una violazione grave e manifesta del diritto comunitario, che giustificherebbe la concessione del risarcimento dei danni.

111.

La Commissione e il Regno Unito ritengono invece che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, i fattori da prendere in considerazione nella valutazione se la violazione del diritto comunitario sia «sufficientemente qualificata», vale a dire nella valutazione del margine di discrezionalità riservato agli Stati membri, il carattere intenzionale o volontario della trasgressione, nonché la scusabilità o inescusabilità dell’errore di diritto, rientrino nella competenza esclusiva del giudice nazionale. Pertanto, nell’ambito della controversia principale, la Corte non dovrebbe pronunciarsi in merito.

112.

In subordine, la Commissione e il Regno Unito sostengono che l’infrazione non debba essere considerata quale violazione qualificata del diritto comunitario, dato che le nozioni di «prodotto essenzialmente analogo» e di «prodotto generico» sono complesse e molto difficili da definire, ragion per cui la posizione assunta dalla Licensing Authority non sarebbe irragionevole.

113.

Il Regno Unito afferma inoltre che l’infrazione è stata commessa in modo involontario. L’autorità nazionale sarebbe stata in buona fede, tenuto conto del fatto che in tale materia non esisteva alcuna giurisprudenza comunitaria consolidata.

2. Analisi

114.

Ricordo che il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario loro imputabili è stato sancito dalla Corte nella sentenza 19 novembre 1991, Francovich e a. ( 40 ). Secondo la Corte, «[tale principio] è inerente al sistema del Trattato [CE]» ( 41 ).

115.

Tale principio ha conosciuto molti sviluppi successivamente alla citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, per quanto riguarda la responsabilità dello Stato per il comportamento del legislatore o dell’amministrazione. Il principio della responsabilità dello Stato — essendo inerente al sistema del Trattato — si applica a tutte le ipotesi di violazione del diritto comunitario, a prescindere dall’organismo dello Stato la cui azione od omissione sia all’origine dell’inadempimento ( 42 ).

116.

Occorre precisare al giudice del rinvio che, quando una violazione del diritto comunitario da parte di uno Stato membro sia imputabile a un’autorità pubblica, i singoli lesi hanno diritto al risarcimento laddove sussistano tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire loro diritti, che si tratti di una violazione sufficientemente qualificata e che esista un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito dai singoli ( 43 ). Fatta salva tale riserva, lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno arrecato dalla violazione del diritto comunitario ad esso imputabile nell’ambito della normativa interna sulla responsabilità, restando inteso che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di responsabilità per danni non possono essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghi rimedi di natura interna e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento.

117.

Nella causa principale, risulta chiaramente dalla decisione di rinvio e dal testo della questione posta che quest’ultima è limitata alla seconda condizione enunciata dalla giurisprudenza. La High Court of Justice non ha sollevato questioni in ordine alle altre due condizioni.

118.

La natura dell’infrazione di cui trattasi è stata precisata dalla Corte nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame. La Corte ha distinto due casi.

119.

In primo luogo, qualora lo Stato membro in questione, al momento in cui ha commesso l’infrazione, non si fosse trovato di fronte a scelte normative e disponesse di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata. È il caso, ad esempio, in cui il legislatore comunitario imponga al legislatore nazionale, in un settore disciplinato dal diritto comunitario, obblighi di risultato oppure obblighi di comportamento ( 44 ) o di astensione. Tale nozione ampia della responsabilità dello Stato è stata applicata a più riprese dalla Corte, segnatamente in ragione della mancata attuazione di una direttiva ( 45 ), di un’attuazione che limitava gli effetti nel tempo di una direttiva ( 46 ) e del rifiuto dell’amministrazione di rilasciare una licenza d’esportazione quando tale rilascio avrebbe dovuto essere quasi automatico, tenuto conto dell’esistenza di direttive di armonizzazione nel settore considerato ( 47 ).

120.

In secondo luogo, la Corte ritiene che, nel caso in cui uno Stato membro agisca in un settore nel quale dispone di un ampio potere discrezionale, la responsabilità di quest’ultimo può sorgere solo in caso di violazione sufficientemente qualificata, vale a dire quando, nell’esercizio della sua funzione normativa, esso abbia disconosciuto, in modo palese e grave, i limiti che si impongono all’esercizio dei suoi poteri ( 48 ).

121.

Tuttavia, sembra che tale distinzione non sia più pertinente, vista l’evoluzione della giurisprudenza della Corte. Infatti, quest’ultima si fonda attualmente su criteri analoghi per valutare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata, a prescindere dalla circostanza che si tratti dell’una o dell’altra ipotesi.

122.

Pertanto, per stabilire se una trasgressione del diritto comunitario costituisca una violazione sufficientemente qualificata, la Corte ritiene che occorra tenere conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione sottoposta al sindacato del giudice nazionale ( 49 ).

123.

Fra tali elementi figurano in particolare il grado di chiarezza e di precisione della norma violata e l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali, il carattere intenzionale o involontario dell’infrazione commessa o del danno causato, la scusabilità o inescusabilità di un eventuale errore di diritto e la circostanza che i comportamenti adottati da un’istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all’omissione, all’adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario ( 50 ).

124.

A questo punto si deve ricordare che, nella citata sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, la Corte ha dichiarato che essa «non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici nazionali, unici competenti ad accertare i fatti delle cause a quibus e a qualificare le violazioni del diritto comunitario di cui trattasi» ( 51 ).

125.

Nondimeno, essa «[ha ritenuto] utile richiamare alcune circostanze delle quali i giudici nazionali potrebbero tener conto» ( 52 ). Tale giurisprudenza è stata confermata a più riprese ( 53 ). Essa si applica pienamente nel caso di un’azione che metta in causa la responsabilità dello Stato per la violazione del diritto comunitario da parte di un’autorità pubblica. Sulla base della giurisprudenza citata, formulerò alcune osservazioni in merito al caso in esame, alla luce degli elementi disponibili.

126.

Come si è potuto constatare nell’ambito dell’esame della prima questione, l’art. 28 della direttiva 2001/83 lascia all’autorità nazionale competente un margine di discrezionalità particolarmente limitato.

127.

Come ho rilevato, i termini dell’art. 28, n. 4, di tale direttiva, a mio parere, sono molto chiari e precisi. Essi obbligano lo Stato membro che abbia ricevuto una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio a riconoscere detta autorizzazione entro 90 giorni dalla ricezione della domanda e della relazione di valutazione, a meno che faccia valere la riserva espressamente prevista all’art. 29, n. 1, della detta direttiva, fondata sull’esistenza di un rischio potenziale per la sanità pubblica.

128.

Ritengo, inoltre, che l’art. 29 della direttiva 2001/83 descriva, con tutta la necessaria chiarezza, la procedura che uno Stato membro è tenuto ad avviare qualora nutra dubbi in ordine alla qualità, alla sicurezza o all’efficacia di un medicinale.

129.

La Commissione e il Regno Unito rilevano che la nozione di medicinale «essenzialmente analogo» di cui all’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva 2001/83 è complessa e difficile da definire, per cui la violazione commessa dalla Licensing Authority non sarebbe irragionevole.

130.

Tale argomento non mi sembra pertinente. Il fatto che tale nozione abbia potuto dare luogo a difficoltà di interpretazione può effettivamente creare problemi per il rilascio, da parte dello Stato membro di riferimento, di un’autorizzazione all’immissione in commercio secondo la procedura abbreviata, ma non può, a mio parere, avere conseguenze sul riconoscimento di tale autorizzazione da parte dello Stato membro interessato. Si è infatti dimostrato che l’applicazione della procedura di mutuo riconoscimento è priva di ambiguità e non consente di rimettere in discussione la valutazione compiuta dallo Stato membro di riferimento per un motivo diverso da quello relativo all’esistenza di un rischio per la sanità pubblica.

131.

Di conseguenza, ritengo che non si possa accogliere l’interpretazione data dal Regno Unito all’art. 28, n. 4, della direttiva 2001/83.

132.

Procedendo nuovamente a un esame che lo Stato membro di riferimento aveva già svolto, respingendo la domanda di mutuo riconoscimento per un motivo diverso da quello espressamente contemplato dalla direttiva 2001/83 e omettendo di avviare la procedura di concertazione e di mutua assistenza prevista a tal fine dalla medesima direttiva, il Regno Unito ha adottato un’interpretazione che equivale, a mio avviso, a svuotare di contenuto e privare di qualsiasi significato il principio di mutuo riconoscimento e le procedure di concertazione e di arbitrato istituite dagli artt. 28 e 29 della direttiva 2001/83.

133.

Tale interpretazione ha quindi l’effetto di ridurre l’efficacia del diritto comunitario, il che è incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa di tale diritto.

134.

Di conseguenza, si può ritenere che, in circostanze come quelle di cui alla controversia principale, l’interpretazione adottata dallo Stato membro interessato in ordine al significato e alla portata dell’art. 28 della direttiva 2001/83 possa integrare una violazione qualificata del diritto comunitario.

V — Conclusione

135.

In base a tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni pregiudiziali poste dalla High Court of Justice:

«1)

L’art. 28 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, dev’essere interpretato nel senso che uno Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da un altro Stato membro nell’ambito della procedura abbreviata ai sensi dell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva medesima, è tenuto a riconoscere detta autorizzazione entro 90 giorni dalla ricezione della domanda e della relazione di valutazione, salvo che non sollevi la riserva di cui all’art. 29, n. 1, della medesima direttiva, fondata sull’esistenza di un rischio potenziale per la sanità pubblica.

2)

L’art. 28 della direttiva 2001/83 osta a che uno Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di mutuo riconoscimento di un’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata da un altro Stato membro nell’ambito della procedura abbreviata ai sensi dell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della medesima direttiva, proceda a un nuovo controllo dell’analogia essenziale fra i due medicinali e respinga la domanda di cui trattasi in base al rilievo che i due medicinali non sarebbero “essenzialmente analoghi” ai sensi di tale disposizione.

3)

In circostanze come quelle di cui alla controversia principale, l’interpretazione, data dallo Stato membro cui sia stata presentata tale domanda, al senso e alla portata dell’art. 28 della direttiva 2001/83 può costituire una violazione qualificata del diritto comunitario».


( 1 ) Lingua originale: il francese.

( 2 ) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), nella versione applicabile ai fatti della controversia principale. Nelle presenti conclusioni, il termine «medicinali» indicherà soltanto i medicinali per uso umano.

( 3 ) In prosieguo: il «medicinale di riferimento».

( 4 ) In prosieguo: la «Synthon» o la «ricorrente».

( 5 ) In prosieguo: la «Licensing Authority».

( 6 ) Decisione di rinvio (punto 14).

( 7 ) Direttiva del Consiglio 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU 22, pag. 369), come modificata dalle direttive del Consiglio 22 dicembre 1986, 87/21/CEE (GU 1987, L 15, pag. 36), e 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22; in prosieguo: la «direttiva 65/65»). La direttiva 87/21 ha stabilito le modalità di rilascio delle autorizzazioni all’immissione in commercio nell’ipotesi particolare di una procedura abbreviata. La direttiva 93/39 ha introdotto nella legislazione comunitaria preesistente una procedura di mutuo riconoscimento delle autorizzazioni nazionali all’immissione in commercio, unitamente a una procedura di concertazione e di arbitrato comunitari.

( 8 ) Seconda direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU L 147, pag. 13), come modificata dalla direttiva 93/39 (in prosieguo: la «direttiva 75/319»).

( 9 ) La decisione di rinvio non precisa la data esatta in cui la Synthon ha depositato tale domanda.

( 10 ) Direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le norme ed i protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di sperimentazione delle specialità medicinali (GU L 147, pag. 1).

( 11 ) Regolamento del Consiglio 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1). Tale regolamento istituisce una procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione in commercio a livello comunitario, che produce effetti giuridici uniformi in tutto il territorio dell’Unione europea, nonché un’Agenzia europea per la valutazione dei medicinali, incaricata di coordinare le risorse scientifiche esistenti messe a disposizione dagli Stati membri in vista della valutazione, del controllo e della farmacovigilanza dei medicinali.

( 12 ) Ex art. 4, secondo comma, punto 8, lett. a), sub iii), della direttiva 65/65, come modificata dalla direttiva 87/21.

( 13 ) Secondo questa stessa disposizione, il suddetto periodo può essere esteso a dieci anni quando si tratti di un medicinale di alta tecnologia o quando uno Stato membro ritenga — sulla base di una decisione comprendente tutti i medicinali immessi sul mercato del proprio territorio — che le esigenze della salute pubblica lo richiedano. Nondimeno, tale disposizione non sembra avere alcuna incidenza sull’obbligo di fornire le informazioni relative alla natura fisico-chimica del prodotto.

( 14 ) Tale procedura, applicabile a decorrere dal 1o gennaio 1998, è stata introdotta dalla direttiva 93/39 nell’art. 7 bis della direttiva 65/65. L’art. 18, primo comma, della direttiva 2001/83 riguarda specificamente i documenti e le informazioni presentati conformemente all’art. 8, n. 3, lett. l), della medesima direttiva, vale a dire, inter alia, una copia di ogni autorizzazione all’immissione in commercio ottenuta per detto medicinale negli altri Stati membri, l’elenco degli Stati membri ove sia in corso l’esame di una domanda, nonché una copia del riassunto delle caratteristiche del prodotto.

( 15 ) La nozione di «rischio per la sanità pubblica» è definita all’art. 1, punto 28, della direttiva 2001/83 quale «rischio connesso alla qualità, alla sicurezza e all’efficacia del medicinale».

( 16 ) Tale comitato, istituito dalla direttiva 75/319, fa parte dell’Agenzia europea di valutazione dei medicinali.

( 17 ) Tale procedura è stata introdotta dalla direttiva 93/39 nell’art. 9 della direttiva 75/319.

( 18 ) Conformemente all’art. 28, n. 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio chiede allo Stato membro di riferimento di preparare una relazione di valutazione in merito al medicinale di cui trattasi o, eventualmente, di aggiornare le relazioni di valutazione che già esistessero.

( 19 ) V. nota 15.

( 20 ) V. dodicesimo ‘considerando’.

( 21 ) Causa C-74/03 (Racc. pag. I-595).

( 22 ) Sentenza 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93 (Racc. pag. I-1029).

( 23 ) GU L 159, pag. 46.

( 24 ) Sentenza del Tribunale 31 gennaio 2006, causa T-273/03, Merck Sharp & Dohme e a./Commissione (Racc. pag. II-141, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

( 25 ) Tale riserva è l’espressione del principio di precauzione. Essa costituisce anche un motivo legittimo ai sensi dell’art. 30 CE.

( 26 ) V. anche gli orientamenti adottati dalla Commissione nel marzo 2006, relativi alla definizione di un rischio potenziale grave per la salute pubblica a norma dell’articolo 29, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/83 (GU C 133, pag. 5). Gli orientamenti fanno riferimento all’art. 29, nn. 1 e 2, della detta direttiva, come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE (GU L 136, pag. 34).

( 27 ) Ai sensi dell’art. 28, n. 1, della direttiva 2001/83, lo Stato membro di riferimento è tenuto a preparare, aggiornare e trasmettere allo Stato membro interessato una relazione di valutazione del medicinale. Conformemente all’art. 21, n. 4, della detta direttiva, tale relazione contiene le osservazioni formulate dallo Stato membro di riferimento per quanto riguarda i risultati delle prove analitiche, farmaco-tossicologiche e cliniche del medicinale interessato e dev’essere aggiornata «ogniqualvolta pervengano nuove informazioni rilevanti ai fini della valutazione della qualità, sicurezza o efficacia del medicinale di cui trattasi».

( 28 ) Conformemente a tale disposizione, gli Stati membri devono anzitutto tentare di giungere a un accordo sulle misure da prendere in merito alla domanda. Qualora non vi riescano, viene adito il comitato delle specialità farmaceutiche affinché emetta un parere motivato sulla questione sollevata, conformemente all’art. 32 della direttiva 2001/38. La decisione definitiva viene infine adottata dalla Commissione al termine della procedura di cui agli artt. 33 e 34 di detta direttiva.

( 29 ) V. dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 2001/83.

( 30 ) Sentenza Merck Sharp & Dohme e a./Commissione, cit. (punto 87 e giurisprudenza ivi citata).

( 31 ) Si deve infatti ricordare che, nel caso di specie, l’autorizzazione all’immissione in commercio rilasciata alla Synthon dall’Agenzia danese dei medicinali è stata concessa nell’ambito della procedura abbreviata prevista, all’epoca dei fatti, all’art. 4, secondo comma, punto 8, lett. a), sub iii), della direttiva 65/65 [codificato nell’art. 10, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva 2001/83].

( 32 ) Il corsivo è mio.

( 33 ) Sentenza 5 ottobre 1995, causa C-440/93, Scotia Pharmaceuticals (Racc. pag. I-2851, punto 17).

( 34 ) Causa C-368/96 (Racc. pag. I-7967, punto 36).

( 35 ) Due medicinali sono bioequivalenti se si tratta di prodotti farmaceutici equivalenti o alternativi e se la loro biodisponibilità (grado e celerità) dopo la somministrazione, nella medesima dose molare, è a tal punto simile che i loro effetti, sia dal punto di vista della loro efficacia sia da quello della loro sicurezza, sono essenzialmente gli stessi [v. guide de la Commission sur la réglementation des médicaments dans l’Union européenne (The Rules governing medicinal products in the European Union), Eudralex, vol. 3 C, Guidelines on medicinal products for human use, Efficacy, ed. 1998, pag. 235].

( 36 ) V., per un’applicazione recente da parte della Corte di tale metodo di interpretazione, sentenza 15 aprile 2008, causa C-268/06, Impact (Racc. pag. I-2483, punto 110 e giurisprudenza ivi citata).

( 37 ) Ricordo che, a tenore del secondo ‘considerando’ della direttiva 2001/83, la salvaguardia della sanità pubblica è considerata lo «scopo principale».

( 38 ) Terzo ‘considerando’ della direttiva 2001/83.

( 39 ) Quindicesimo ‘considerando’ di detta direttiva.

( 40 ) Cause riunite C-6/90 e C-9/90 (Racc. pag. I-5357, punto 37).

( 41 ) Ibidem (punto 35). Tale formula è stata invariabilmente ripresa dalla Corte, in particolare nelle sentenze Brasserie du pêcheur e Factortame, cit. (punto 31); 26 marzo 1996, causa C-392/93, British Telecommunications (Racc. pag. I-1631, punto 38); 23 maggio 1996, causa C-5/94, Hedley Lomas (Racc. pag. I-2553, punto 24); 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94 e da C-188/94 a C-190/94, Dillenkofer e a. (Racc. pag. I-4845, punto 20); 17 ottobre 1996, cause riunite C-283/94, C-291/94 e C-292/94, Denkavit e a. (Racc. pag. I-5063, punto 47); 24 settembre 1998, causa C-319/96, Brinkmann (Racc. pag. I-5255, punto 24); 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim (Racc. pag. I-5123, punto 26); 18 gennaio 2001, causa C-150/99, Stockholm Lindöpark (Racc. pag. I-493, punto 36); 28 giugno 2001, causa C-118/00, Larsy (Racc. pag. I-5063, punto 34), e 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler (Racc. pag. I-10239, punto 30).

( 42 ) Sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, cit. (punti 31 e 32). Tale formula è stata, in particolare, ripresa e ampliata dalla Corte nella sentenza 1o giugno 1999, causa C-302/97, Konle (Racc. pag. I-3099, punto 62), nonché nelle citate sentenze Haim (punto 27), Larsy (punto 35), e Köbler (punto 36).

( 43 ) V., in particolare, sentenza 25 gennaio 2007, causa C-278/05, Robins e a. (Racc. pag. I-1053, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

( 44 ) V. sentenza Francovich e a., cit. (punto 46, che fa riferimento al caso della mancata attuazione di una direttiva).

( 45 ) V. sentenza Dillenkofer e a., cit. (punto 26).

( 46 ) V. sentenza 15 giugno 1999, causa C-140/97, Rechberger e a. (Racc. pag. I-3499, punto 51).

( 47 ) V. sentenza Hedley Lomas, cit. (punti 18, 28 e 29).

( 48 ) V. sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, cit. (punti 45, 47, 51 e 55).

( 49 ) V. sentenza Robins e a., cit. (punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

( 50 ) Ibidem (punto 77 e giurisprudenza ivi citata). Segnalo che la Corte non ha stabilito alcuna gerarchia tra questi diversi criteri.

( 51 ) Punto 58. Successivamente confermata da una giurisprudenza costante [v., in particolare, citate sentenze British Telecommunications (punto 41), Brinkmann (punto 26), e Stockholm Lindöpark (punto 38)].

( 52 ) Sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, cit. (punto 58).

( 53 ) V., in particolare, le menzionate sentenze Konle (punto 59), Haim (punto 44), Stockholm Lindöpark (punto 38), e, recentemente, Robins e a. (punti 78-82). Desidero tuttavia precisare che, in alcune sentenze, la stessa Corte ha valutato se esistesse una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario. Mi riferisco, a tale riguardo, alle citate sentenze British Telecommunications (punto 41), Brinkmann (punto 26), e Larsy (punto 40). Nel caso in esame mi limiterò a definire alcuni orientamenti di cui il giudice nazionale potrà tenere conto nella sua valutazione, e ciò in considerazione dello spirito che anima il meccanismo di cooperazione giudiziaria costituito dal rinvio pregiudiziale.

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